Kit lettura tavole parolibere

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ANNA FOLLO

KIT DI LETTURA PAROLIBERE



IL SUPPORTO IL FORMATO LA CORNICE IL TITOLO LA LETTURA E LA PERCEZIONE LA QUANTITÀ DI ELEMENTI E LA DISTRUBUZIONE IL DISEGNO MANUALE E LA TIPOGRAFIA I TEMPI DI REALIZZAZIONE LA VARIETÀ TIPOGRAFICA IL PUNTO DI VISTA



Questo apparato nasce per essere un supporto, il più possibile semplice e veloce, per la lettura delle tavole parolibere futuriste, infatti “proprio per una difficoltà di focalizzazione, opere siffatte assai raramente sono rese oggetto di interpretazione articolata e puntuale” (1). La complessità di questi testi richiede un’analisi che non faccia uso delle sole categorie critiche della letteratura, ma anche di quelle dell’arte. I dieci punti sviluppati in questo breve lavoro servono appunto per riflettere su alcune caratteristiche delle tavole parolibere. Nello scegliere dei testi che potessero essere esplicativi di quanto stessi scrivendo ho esaminato un buon numero di parolibere, ma nel lavoro ho deciso di non inserirne troppe, ma di citare le stesse tavole nella spiegazione di più punti, per evitare che una grossa varietà avesse un effetto troppo distraente. Ancora una precisazione: la semiotica plastica è quel linguaggio secondo che viene elaborato a partire dalla dimensione figurativa di un linguaggio primo (nel caso delle tavole parolibere abbiamo un misto di linguaggio pittorico e letterario). Per questo tutti i punti di analisi individuati nel mio lavoro interrogano solamente il piano figurativo delle tavole parolibere. L’analisi del piano espressivo si mette poi via via in relazione con il piano del contenuto, che va stabilito attraverso confronti tra le categorie.

(1) Marcello Carlino, Filosofie della prassi sinestetica tra tavole parolibere e poesie visive, in Marcello Carlino, Scritture in vista, Bulzoni editore, Roma.



IL SUPPORTO



“Io inizio una rivoluzione tipografica diretta contro la bestiale e nauseante concezione del libro di versi passatista e dannunziana, la carta a mano seicentesca, fregiata di galee, minerve e apolli, di iniziali rosse a ghirigori, ortaggi, mitologici nastri da messale, epigrafi e numeri romani”. (2) Con questa affermazione Marinetti esprime un’ulteriore volontà di rottura con il passato anche per quanto riguarda i supporti di stampa. Questa rivoluzione coinvolge in maggior misura il libro, non solo considerato nella sua veste di contenitore, ma come oggetto tout-court. Contro la sostanziale obsolescenza del libro il Futurismo mutuò all’interno dell’editoria le tecniche allora disponibili per sperimentare nuove soluzioni. Presero corpo i progetti più diversi, spesso realizzati con mezzi di fortuna e senza un pensiero editoriale a lungo termine (anzi a volte impegnati a creare pubblicazioni di consumo da sfogliare e buttare), oppure volti a una sperimentazioni di supporti del tutto innovativi, come nel caso delle litolatte. Ne è un esempio la raccolta “Parole in libertà futuriste olfattive tattiche termiche”, in cui Marinetti collaborò con il grafico Tullio D’Albisola, il quale accostò parole e frasi a formare figure e giochi grafici, incisi sul recto delle pagine metalliche. Nel 1927 Fortunato Depero pubblicò il volume “Depero futurista”, in cui si ritrovò a dare alcune ironiche indicazioni su dove riporre il volume. Si trattava infatti di un libro imbullonato (disparati tipi di carta tenuti insieme da due grossi bulloni). Nella seconda di copertina si fornivano le seguenti indicazioni: “Imbullonato come un motore / PERICOLOSO / può costituire un’arma proiettile /INCLASSIFICABILE / non si può collocare in libreria [...] e neppure sugli altri mobili che potrebbe scalfire [...] deve essere adagiato sopra un coloratissimo e soffice-resistente CUSCINO DEPERO”. (3) Per quanto concerne le tavole parolibere il campo d’azione aperto alla sperimentazione sul supporto era piuttosto ristretto, infatti le composizioni dei “paroliberi futuristi” erano destinate alla pubblicazione su riviste come “L’Italia futurista” (Firenze), “Vela latina” (Na-


poli), “Dinamo” (Roma), ecc... che non avrebbero potuto sostenere i costi degli esperimenti futuristi. Non mancano comunque alcuni tentativi fatti su supporti diversi dalla carta; ad esempio in “Lettere umanizzate: 4 carabinieri, 5 gobbi, 2 balie , 1 ballerino” (vedi tavola 1) composta da Francesco Cangiullo nel 1913. Nell’angolo in basso a destra della tavola Cangiullo denuncia che quello è il suo primo studio per le “Lettere umanizzate”, effettuato a Napoli nella fabbrica di mobili del padre. In accordo con il luogo, il supporto è una tavoletta di legno, sulla quale il pittore ha disegnato le lettere e successivamente applicato una didascalia cartacea. Ulteriore esempio di sperimentazione è dato dalla tavola a quattro mani di Marinetti e Cangiullo “La signorina Flic-flic Chiapchiap (complesso plastico)” (vedi tavola 2); come il titolo denuncia la tavola è composta applicando sul foglio dei pezzi di carta sagomati che hanno il compito di completare il disegno.

(2) Filippo Tommaso Marinetti, Distruzione della sintassi. Immaginazione senza fili. Parole i libertà – 11 maggio 1913, in Luciano De Maria (a cura di), F. T. Marinetti. Teoria e invenzione futurista, Mondadori editore, 2005. (3) Fortunato Depero, Libro imbullonato, in Giogo Maffei (a cura di), Il libro d’artista, Sylvestre Bonnard editore, 2003.


Tavola 1 - Francesco Cangiullo, Lettere umanizzate: 4 carabinieri, 5 gobbi, 2 balie , 1 ballerino, 1913


Tavola 2 - Francesco Cangiullo, Filippo Tommaso Marinetti, La signorina Flic-ic Chiap-chiap (complesso plastico) , 1914




IL FORMATO



Rivoluzionare l’oggetto-libro significa non solo cercare nuovi supporti stampabili, ma anche riorganizzare i formati della pagina. È importante considerare che sebbene i formati standard ISO 216 siano stati ufficialmente sanciti in Germania dal DIN (Deutsches Institut für Normung - Istituto tedesco per la standardizzazione) nel 1922 già con la Rivoluzione francese erano stati fissati dei formati standard per atti e documenti, e in seguito anche per le pubblicazioni. Questa standardizzazione era stata fortemente voluta soprattutto dagli editori e dagli stampatori, che, avendo formati fissi riuscivano a impostare l’organizzazione del lavoro su di essi, diminuendo i tempi di lavorazione e di conseguenza riducendo i costi di produzione. La libertà espressiva necessaria ai futuristi per esprimere con forme nuove i loro nuovi contenuti non poteva essere soddisfatta dai comuni editori, per ovviare a questo problema Marinetti fonda a Milano nel 1909 la collana “Edizioni futuriste di POESIA”, con diverse sedi sparse per l’Italia. Dieci anni dopo (nel 1919), Marinetti pubblica presso questa casa editrice “Le mots en liberté futuristes”, dove è reso esplicito il limite della pagina avvertito dai futuristi. Infatti l’ultima segnatura del volume è sostituita con una serie di fogli di grande formato, piegati in modo da rientrare nei confini della copertina, su cui sono stampate le tavole parolibere dell’autore. Come per i libri anche alcune tavole parolibere presentano formati inconsueti. Un esempio è la terza versione di “Pisa” (vedi tavola 4) di Francesco Cangiullo, del 1915. In generale le tavole parolibere si sviluppano in cornici molto regolari, per lo più quadrati o rettangoli, infatti, come precedentemente detto, erano pensate per essere inserite in pagine di giornali (vedi tavola 3). “Pisa” di Cangiullo è invece inserita in una forma trapezoidale irregolare, come se volesse ricordare la forma di un locomotore (non a caso la tavola inizia con l’arrivo alla stazione di un treno). Presenta un formato sostanzialmente irregolare anche una delle tavole di Paolo Buzzi estratta dalla raccolta “Conflagrazione (1915-18)”


(vedi tavola 5). Nel centro del supporto un grosso punto interrogativo ricavato in negativo. Il formato, non lineare, ma seghettato, dentellato, sembra esprimere lo stesso dubbio del segno di punteggiatura protagonista della tavola parolibera.


Tavola 3 - Filippo Tommaso Marinetti, Montagne + Vallate + Strada x Joffre, 1915


Tavola 4 - Paolo Buzzi, da “Conflagrazione 1915-18”


Tavola 5 - Francesco Cangiullo, Pisa, 1915



LA CORNICE



“La cornice separa l’immagine da tutto ciò che non è immagine. Definisce quanto da essa inquadrato come mondo significante, rispetto al fuori-cornice, che è il mondo del semplice vissuto. Dobbiamo tuttavia porci la domanda: a quale dei due mondi appartiene la cornice?”. (4) Il problema della cornice non riguarda solamente l’oggetto-quadro, ma anche le tavole parolibere. La scelta di riquadrare o meno una tavola è un mezzo attraverso cui l’artista decide come farci vedere il soggetto, serve inoltre per chiudere una narrazione. Il problema della cornice rimanda anche all’importanza della firma e alla sua posizione all’interno della rappresentazione. Lucio Venna in “Sintesi di città” del 1917 (vedi tavola 6) ci offre uno spazio completamente contenuto nei quattro lati di un rettangolo. Inoltre il titolo della tavola e la firma dell’autore sono confinate al di fuori della cornice, non hanno alcuna interazione con l’immagine raffigurata. Delineando così rigidamente i limiti della rappresentazione si ha l’impressione che Venna stia porgendo allo spettatore una fotografia, una cartolina, qualcosa di fissato, che non lascia ulteriori possibilità di sviluppo. Diverso procedimento è seguito da Luciano De Nardis in “Curiosa” del 1917 (vedi tavola 7). Nello stabilire le estremità della tavola ne lascia aperto un lato; in questo modo lo sguardo del lettore sul lato destro non viene arrestato, ma può idealmente proseguire lungo la stanza mostrata da De Nardis. Inoltre, trattandosi di una scena intima, alla quale si assiste di nascosto, è significativo il fatto che l’autore abbia posto la sua firma e il titolo all’interno dei limiti spaziali, come a voler sancire la sua complicità con lo spettatore. Francesco Cangiullo adotta la stessa strategia di apertura in “Canzonetta in voga” del 1916 (vedi tavola 8) con una differenza fondamentale: invece di chiudere le immagini con delle linee utilizza delle scritte: “TAVOLA PAROLIBERA di CANGIULLO”. Inoltre è interessante notare che l’artista inserisce nuovamente il suo nome (scritto a mano, come le firme) accanto al titolo della tavola, entrambi inseriti all’interno dei limiti dell’immagine. Gino Soggetti con “Atleti dell’aria” del 1917 (vedi tavola 9) non de-


limita in una cornice (o in elementi che abbiano questa funzione) le sue immagini. La sua scelta si può leggere in relazione al contenuto della tavola; Soggetti disegna le evoluzioni di aviatori futuristi nello spazio aperto (non concluso in limiti spaziali) del cielo. Corrado Govoni in “Specchio” del 1915 (vedi tavola 10) presenta una sorta di cornice nella cornice. Lo specchio “può, quando si trovi a essere quadro, riflettere qualcosa che sia nella rappresentazione oppure qualcosa che ne stia al di fuori” (5), nel caso di Govoni abbiamo un ritratto/epigrafe dell’autore stesso, che però non è direttamente presente nella raffigurazione se non appunto in forma di riflesso.

(4) Victor Stoichita, L’invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Il Saggiatore, 1998. (5) Victor Stoichita, L’invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, op. cit.


Tavola 6 - Lucio Venna, Sintesi di cittĂ , 1917


Tavola 7 - Luciano De Nardis, Curiosa , 1917


Tavola 8 - Francesco Cangiullo, Canzonetta in voga ,1916


Tavola 9 - Gino Soggetti, Atleti dell’aria,1917


Tavola 10 - Corrado Govoni, Specchio, 1915



IL TITOLO



Quando si analizza un’opera d’arte il titolo, o la sua assenza, sono elementi importanti per l’analisi e la comprensione del soggetto o delle intenzione dell’autore. In una tavola parolibera il titolo ha importanza non solo per comprendere il contenuto, ma eventualmente anche per stabilire un possibile senso di lettura del testo. Il titolo può essere una parte integrante nella lettura, come ad esempio in ”Sole Vittoria” del 1915 di Corrado Govoni (vedi tavola 11) il titolo coincide con i primi versi della parolibera. Più estremo in questo senso è il ragionamento di Emilio Notte nella tavola del 1918 “Natura morta = Venezia” (vedi tavola 12), il titolo è sempre al contempo verso iniziale, ma è interessante notare come sia integrato e non separato dal resto della tavola, il lettore attribuisce alla prima frase il valore di titolo perché è scritta con caratteri più evidenti e marcati rispetto al resto del testo, e inoltre è scritta tutto in maiuscolo. In altri casi il titolo non coincide con i versi, ma diventa una chiave più o meno esplicita per interpretare il testo, come nel caso di “Atleti dell’aria” (vedi tavola 13) di Gino Soggetti. Un altro aspetto molto interessante è come l’autore ha posizionato il titolo rispetto al testo, se internamente o esternamente e come lo ha “separato” dal resto della tavola. Rispetto all’inclusione del titolo nella tavola abbiamo già citato “Natura morta = Venezia” di Emilio Notte. Per quanto riguarda l’esclusione del titolo dal testo (che in un certo senso è un modo per metterlo in risalto, per dargli peso maggiore e portare il lettore a riconoscerlo appunto come titolo) possiamo citare la parolibera di Corrado Govoni “Campana di chiaro di luna” (vedi tavola 14) del 1915, dove il titolo, in testa, è staccato dal resto del testo a mezzo di una linea nera. Segue lo stesso principio “Bombardamento aereo” (vedi tavola 15) di Paolo Buzzi del 1915, solo che il titolo è insolitamente posto al fondo della tavola (come se l’autore non volesse suggerirci una chiave di lettura, ma tirare le conclusioni del testo che ha precedentemente esposto).


Tavola 11 - Corrado Govoni, Sole vittoria, 1915


Tavola 12 - Emilio Notte, Natura morta = Venezia , 1918


Tavola 13 - Gino Soggetti, Atleti dell’aria, 1917


Tavola 14 - Corrado Govoni, Campana di chiaro di luna, 1915


Tavola 15 - Paolo Buzzi, Bombardamento aereo, 1915




LA LETTURA E LA PERCEZIONE



“(...) noi formiamo talvolta delle tavole sinottiche di valori lirici, che ci permettono di seguire leggendo contemporaneamente molte correnti di sensazioni incrociate o parallele”. (6) La simultaneità, la percezione simultanea sono parole d’ordine per il Futurismo. Le tavole parolibere sono però concepite secondo modalità differenti, infatti non tutti i paroliberi futuristi cercano di suggerire sensazioni in simultanea. È il caso ad esempio di “Sole Vittoria” (vedi tavola 16) di Corrado Govoni. La tavola sembra voler descrivere un episodio trascorso, in questo senso le diverse percezioni (vista/arcobaleno, gusto/gelato, udito/campane, ecc...) vengono ricordate una ad una, come a voler rendere la struttura di un ricordo che affiora pezzo per pezzo. La lettura del testo, che procede in modo lineare, segue questo principio. Al contrario Filippo Tommaso Marinetti in “Après la marne Joffre visite le front en auto” (vedi tavola 17) del 1915 cerca di rendere simultaneamente tutti gli stimoli che Joffre riceve visitando il fronte dopo la battaglia della Marna. Questa tavola è particolarmente complessa da interpretare anche il virtù del fatto uno dei primi problemi di analisi da affrontare riguarda proprio il senso di lettura, come , da che parte si inizia a leggere il testo. Un altro fattore può aiutare nella lettura delle parolibere; capire se presentano una tendenza maggiormente figurativa o narrativa. “Sintesi di città” (vedi tavola 18) di Lucio Venna propone il tema del paesaggio inversione parolibera, ci propone un’istantanea di Firenze. Nella parolibera, sempre di Venna, “Circo equestre” (vedi tavola 19) del 1917 al contrario entriamo in una narrazione in medias res, sentiamo le acclamazioni del pubblico e il silenzio, l’attesa, prima che l’acrobata compia il suo numero. In questa tavola Venna ci racconta un episodio facendoci sentire parte del pubblico che descrive.

(6) Filippo Tommaso Marinetti, Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica – 18 maggio 1914, in Luciano De Maria (a cura di), F. T. Marinetti. Teoria e invenzione futurista, op. cit


Tavola 16 - Corrado Govoni, Sole vittoria , 1915


Tavola 17 - Filippo Tommaso Marinetti, Après la Marne Joffre visite le fronte en auto, 1915


Tavola 18 - Lucio Venna, Sintesi di cittĂ , 1917


Tavola 19 - Lucio Venna, Circo equestre, 1917



LA QUANTITÀ DI ELEMENTI E LA DISTRUBUZIONE



Per leggere le tavole parolibere può essere d’aiuto valutare il numero di elementi presenti nella tavola, almeno può essere utile una distinzione sommaria per distinguere le parolibere con un basso numero di elementi da quelle molto caotiche e capire come la maggiore o minore presenza di oggetti entri in relazione con i contenuti che la tavola vuole esprimere. Inoltre a partire dalla cornice (quando è presente), si può segmentare il testo tracciando degli assi e delimitando diverse all’aree all’interno della tavola; possiamo capire se gli elementi sono disposti in alto o in basso, la loro vicinanza al centro e l’eventuale orientamento (categorie topologiche). Ad esempio in “Après la marne Joffre visite le front en auto” (vedi tavola 20) una delle prime cose che colpisce l’attenzione del lettore è la quantità di elementi che compongono la tavola. Questa parolibera comunica un senso di caos generalizzato e di disordine. Inoltre lo spazio risulta essere molto fitto, denso in tutte le sue parti. Più rilevante potrebbe essere considerare come elementi così eterogenei siano orientati nello spazio. Al contrario “Curiosa” (vedi tavola 21) di Luciano De Nardis è composta da un numero assolutamente esiguo di elementi ordinati ad hoc per creare l’effetto voluto. Tracciando le diagonali e le mediane a partire dalla cornice (anche se su un lato è incompleta) si nota che lo spazio centrale è vuoto, ma il peso della pagina (dato dall’intreccio delle lettere T e A, dal titolo e dalla firma dell’autore ) è tutto spostato sulla destra. Sulla sinistra, dove si ha l’impressione che di formi uno spigolo nell’ambiente, si intravede solo il frammento di una lettera (che non è possibile distinguere).


Tavola 20 - Filippo Tommaso Marinetti, Après la Marne Joffre visite le fronte en auto, 1915


Tavola 21 - Luciano De Nardis, Curiosa , 1917



IL DISEGNO MANUALE E LA TIPOGRAFIA



Di grande interesse sono le modalità con cui vengono realizzate le tavole parolibere. Anche se Marinetti in “Distruzione della sintassi. Immaginazione senza fili. Parole in libertà” parla espressamente di caratteri tipografici in molte paroliberi sopravvivono dei disegni o delle scritte fatte a mano, anzi alcune tavole sono interamente realizzate in questo modo. Corrado Govoni in “Sole Vittoria” (vedi tavola 22) dispone le lettere della parola “arcobaleno” a riprodurne la forma. Al contempo però disegna a mano le campane, il loro “din-don” e delle violette. Quindi accanto alla sperimentazione tipografica permangono degli elementi disegnati che hanno un puro valore illustrativo. Lo stesso discorso vale per “Specchio” (vedi tavola 23) sempre di Govoni. In questo caso però il discorso è ancora più estremo, perché la tavola è realizzata interamente a mano. In questo caso l’uso della calligrafia suggerisce temi più intimi, più raccolti, proprio come l’autoritratto che tracciato da Govoni. Sul versante opposto Ferdinando Caioli con “Piazzadarmi + Soldati + Ore5emezzo” (vedi tavola 24) del 1917 compone tutta la tavola utilizzando solamente lettere e altri segni tipografici. Il materiale che affronta è trattato in modo da escludere ogni risvolto emotivo. Più singolare è il caso di Francesco Cangiullo con le lettere umanizzate, ad esempio nella tavola del 1917 “Monache” (vedi tavola 25). Il nome stesso della serie suggerisce il loro contenuto. Cangiullo crea delle illustrazioni a partire dalle lettere alfabetiche e dai segni tipografici più diversi, che ruotati e accostati vanno a formare delle figurine antropomorfe.


Tavola 22 - Corrado Govoni, Sole vittoria , 1915


Tavola 23 - Corrado Govoni, Specchio, 1915


Tavola 24 - Ferdinando Caioli, Piazzadarmi+Soldati+ore5emezzo, 1917


Tavola 25 - Francesco Cangiullo, Monache , 1917



I TEMPI DI REALIZZAZIONE



L’uso della scrittura tipografica piuttosto che quello della scrittura manuale possono anche rivelare diversi tempi di composizione della tavola parolibera, reali o simulati. È possibile inserire dei disegni con funzione illustrativa ultimata la composizione tipografica; o viceversa si possono inserire segni tipografici su uno sfondo realizzato. In “Curiosa” (vedi tavola 26) di De Nardis, ad esempio, le letteredisegno (come la A, la T e la lettera nascosta) sono disegnate manualmente, infatti De Nardis ne ha distorto le forme alfabetiche per ottenere l’effetto desiderato, mentre il titolo e la firma sono stampati con caratteri tipografici. Un altro esempio interessante è dato dalla tavola di Marinetti “Après la marne Joffre visite le front en auto” (vedi tavola 27). Gli elementi sono praticamente tutti dattiloscritti, ad eccezione di una specie di baffo, o meglio un patogramma, sulla parola “PRUSSIENS” e un “TOUMB-TOUM” scritto a mano (entrambi in basso a sinistra). Probabilmente Marinetti vuole far credere al lettore che ha aggiunto il segno, in un impulso di rabbia contro i Prussiani (i nemici), dopo aver ultimato la tavola. Totalmente all’opposto è la parolibera “Monache” (vedi tavola 28) di Francesco Cangiullo. Come reso evidente dalla lunga didascalia di delucidazioni scritta dall’autore stesso il contenuto della parolibera è stato messo bianco su nero soltanto dopo uno studio accurato, per cui non ha richiesto/provocato alcun tipo di intervento successivo.


Tavola 26 - Luciano De Nardis, Curiosa , 1917


Tavola 27 - Filippo Tommaso Marinetti, Après la Marne Joffre visite le fronte en auto, 1915


Tavola 28 - Francesco Cangiullo, Monache , 1917




LA VARIETÀ TIPOGRAFICA



“Noi useremo perciò in una medesima pagina, tre o quattro colori diversi d’inchiostro, e anche 20 caratteri tipografici diversi, se occorra”. (7) La differenza dei caratteri e le variazioni seriali degli stessi all’interno delle tavole parolibere sono solitamente elementi di grande importanza. Anche se Marinetti propone degli abbinamenti tra diversi caratteri e sensazioni “corsivo per una serie di sensazioni simili o veloci, grassetto tondo per onomatopee violente, ecc” i futuristi generalmente si sono mossi molto liberamente, senza attenersi ad un sistema preciso e univoco. Prendiamo per esempio la tavola parolibera di Gino Soggetti “Atleti dell’aria” (vedi tavola 29). L’autore usa due tipi di carattere, un grassetto molto pesante senza grazie e un carattere più sottile graziato, che usa in tre diverse dimensioni. Il carattere più pesante è quello che rappresenta gli aeroplani, gli oggetti più pesanti della rappresentazione. Il carattere graziato, usato tutto in maiuscolo, rappresenta il cielo, l’aria; usato con una dimensione leggermente inferiore segnala invece le scie lasciate dagli aeroplani. Il carattere graziato, usato molto piccolo e tutto maiuscolo, fornisce invece una spiegazione del contenuto della tavola. Si può indicare come ulteriore esempio “Circo equestre” (vedi tavola 30) di Lucio Venna. Le serie tipografiche impiegate sono tre. Il pubblico dello spettacolo è sempre individuato da un carattere graziato usato sempre in maiuscolo. Un secondo carattere è riferito allo spettacolo e al clima di tensione che si crea aspettando lo svolgimento del numero. Man mano che la difficoltà sale il carattere tipografico diventa più grosso e più spesso. Il movimento dell’acrobata è invece individuato da un terzo carattere, molto imponente e posto al centro della composizione. (7) Filippo Tommaso Marinetti, Distruzione della sintassi. Immaginazione senza fili. Parole i libertà – 11 maggio 1913, in Luciano De Maria (a cura di), F. T. Marinetti. Teoria e invenzione futurista, op. cit.


Tavola 29 - Gino Soggetti, Atleti dell’aria,1917


Tavola 30 - FLucio Venna, Circo equestre, 1917



IL PUNTO DI VISTA



Ancora una riflessione nel tentativo di trovare degli strumenti per analizzare le tavole parolibere: il punto di vista. Capire quale visione l’autore sta proponendo può aiutare a dare un significato a tutto il testo. Le tavole parolibere offrono in generale due punti di vista: la vista dall’alto (la mappa) o la visione frontale, in cui lo spettatore ha un punto di vista interno alla rappresentazione. Ferdinando Caioli in “Piazzadarmi + Soldati + Ore5emezzo” (vedi tavola 31) ricostruisce una visione dall’alto della piazza dove i soldati svolgono l’addestramento. Guardando la parolibera come una mappa lo spettatore è tenuto al di fuori della rappresentazione, o meglio, al di sopra. Ferdinando Cairoli in “Atleti dell’aria” (vedi tavola 32) abbiamo sempre una visione, distaccata, a mappa, però rovesciata rispetto al solito. Infatti lo spettatore, da terra, osserva le evoluzioni dei piloti futuristi. Questo punto di vista è suggerito dalla freccia sulla destra orientata verso l’alto e dalla frase “SOTTO LA” capovolta verso il lato dello spettatore. Quando invece condivide un punto di vista interno è in un certo senso coinvolto come nel caso di “Curiosa” (vedi tavola 33) di Luciano De Nardis, dove lo spettatore, guardando all’interno della stanza dal piano frontale ne percepisce la profondità. Anche nella parolibera “Canzonetta in voga” (vedi tavola 34) lo spettatore osserva frontalmente la scena. Dalla visione proposta dall’autore il punto di vista appartiene probabilmente ad una persona su una barca al largo, che ha così modo di vedere la costa e un’altra imbarcazione in mare.


Tavola 31 - Ferdinando Caioli, Piazzadarmi+Soldati+ore5emezzo, 1917


Tavola 32 - Gino Soggetti, Atleti dell’aria,1917


Tavola 33 - Luciano De Nardis, Curiosa , 1917


Tavola 34 - Francesco Cangiullo, Canzonetta in voga ,1916



BIBLIOGRAFIA Maurizio Calvesi, Le due avanguardie. Dal futurismo alla pop art, Laterza editore, 2004. Marcello Carlino, Scritture in vista, Bulzoni editore, Roma. Luciano Caruso, Stelio Maria Martini (a cura di), Tavole parolibere futuriste, Liguori editore, 1974. Ester Coen, Futurismo, Giunti editore, 1998. Lucia Corrain (a cura di), Semiotiche della pittura, Meltemi editore, 2005. Matteo D’Ambrosio, Futurismo e altre avanguardie, Liguori editore, 1999. Luciano De Maria (a cura di), F. T. Marinetti. Teoria e invenzione futurista, Mondadori editore, 2005. Giogo Maffei (a cura di), Il libro d’artista, Sylvestre Bonnard editore, 2003. Paola Pettenella, Elena Cassotto (a cura di), Futurismo. Dall’avanguardia alla memoria, Skira editore, 2004. Victor Stoichita, L’invenzione del quadro. Arte, artefici e artifici nella pittura europea, Il Saggiatore, 1998.




UNIVERSITÀ IUAV DI VENEZIA / FDA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN PROGETTAZIONE E PRODUZIONE DELLE ARTI VISIVE / CLAS AV SEMIOTICA DELLE ARTI PROF. PAOLO FABBRI PROF. TIZIANA MIGLIORE ANNA FOLLO / 260418 A.A. 2005/06


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