ANNO 3 / NUM. 2 MARZO / APRILE 2012
DISTRIBUZIONE GRATUITA
BIMESTRALE DI CULTURA E SOCIETA' Registro Tribunale di Padova n. 2201 del 18.11.2009 Tiratura cartacea: 500 copie
FONDATO DALL'ASSOCIAZIONE FUORI LUOGO
L'editoriale
Direttore Responsabile: Paola Pilotto Editore: Flavio Biffanti per l'Associazione "Fuori Luogo"
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I riscontri al numero di Fuori Luogo su Ceo Pajaro ci hanno fatto vedere alcune cose che sarà importante ricordare e che vogliamo condividere assieme a voi in questo nuovo editoriale: la velocità con cui sono andate ad esaurirsi le copie cartacee nei punti di distribuzione in paese, il numero di richieste di ricevere la copia digitale da conservare che ci hanno raggiunto, le lettere e le email di riconoscimento del valore di ciò di cui abbiamo deciso di parlare e l’affetto sincero e gratuito di un paese verso un’esperienza da cui tutti si sono sentiti e si sentono ancora accompagnati nel corso della loro vita. Tutto ciò sembra poterci aiutare nel porre, anche nel nostro micromondo di Brenta Superiore, alcuni paletti valoriali da cui noi carmignanesi non intendiamo prescindere nella scelta di ciò di cui è importante prendersi cura. Potremmo sommariamente provare a definire meglio questi paletti con il termine genuinità.
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Viale Martiri Quindi spontaneo, sincero, prendersi cura di ciò di cui ci si può fidare diventa una modalità per proteggere la “specie” da contraffazioni dell’identità, da ciò che, da dentro o da fuori, vuol minarne l’autenticità. In questo numero proseguiamo idealmente la ricerca di quello che si può riconoscere come genuino andando ad ascoltare il racconto di una maestra della scuola elementare “E. De Amicis” che da quasi quarant’anni accompagna e si fa accompagnare nel quotidiano lavoro di crescita di adulti e bambini di questo paese. Troverete anche la storia di Carlo, un giovane paesano partito dal nostro fiume per trovare il suo mare in riva ad un lago, e poi il commento all’opera più famosa di un grande autore italiano appena scomparso che aveva trovato la sua strada, anche lui, sulle sponde di un grande fiume portoghese, e torna la ricetta dello chef Andrea che ci propone un piatto semplice ma che, proprio per questo, troverà la sua specialità nella scelta della qualità dei suoi
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ingredienti. Troverete anche un racconto in questo numero di Fuori Luogo. Sarà pubblicato in 3 puntate e ci accompagnerà quindi per 3 numeri, fino all’Estate. L΄autore è uno scrittore appassionato di Carmignano che ha intitolato la storia “Vincent e Margot”, che sono i nomi dei due protagonisti la cui vicenda ci porterà a scoprire alcune profondità dell’animo di donne e di uomini. Concludiamo con un’annotazione di servizio; molti ci chiedono dove si possono trovare le copie di Fuori Luogo. Presto detto: per la copia cartacea potete cercarla all’interno delle attività che numero dopo numero sostengono la pubblicazione (i loghi li trovate nell’ultima pagina), se volete ricevere una copia digitale via e-mail vi basterà inviare una richiesta all’indirizzo redazione.fuoriluogo@alice.it Ci rivediamo a Giugno. Buona lettura!
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DAL FIUME AL MARE LA SVIZZERA DI CARLO: INFORMATICA E CIOCCOLATA
Carlo Cattani, ventisette anni, carmignanese che oggi vive a Zurigo. Proponiamo, qui di seguito, il racconto della sua esperienza all΄estero tra curiosità, sogni, spirito d΄osservazione, lavoro e voglia di conoscere il mondo.
si parlava tedesco. La strada fino alla cima della classifica era lunga, ma non mi veniva in mente molto altro. Eppure mi incuriosiva. Così quando ho ricevuto l’offerta di lavoro ho deciso di trasferirmi portando con me le più alte aspettative.
Dove ti trovi e che cosa fai? Vivo a Zurigo e lavoro come programmatore informatico.
Ed eccomi qua, due anni dopo, completamente innamorato di questa città. È efficiente, pulita, sicura e precisa come la migliore tradizione svizzera e allo stesso tempo giovane, artistica, vivace e trasgressiva come il melting pot di nazionalità che la abitano. Un terzo dei cittadini di Zurigo sono stranieri. Il prestigioso politecnico attira studenti e ricercatori da tutto il mondo. E molte posizioni nelle grosse aziende non richiedono la conoscenza del tedesco offrendo la possibilità di lavorare in inglese.
Come mai hai deciso di partire? Era un’idea che avevo fin dai tempi del liceo. Nei miei primi viaggi all’estero sono andato a trovare degli amici che si erano trasferiti in Danimarca e Irlanda. Sono rimasto colpito dall’atmosfera giovane e multietnica di Copenhagen e dal verde dei paesaggi irlandesi e mi sono promesso che un giorno in Irlanda ci sarei andato a vivere. Dopo aver lavorato a Carmignano per un paio d’anni, ho fatto un’esperienza di un anno a Bologna prima di trovare lavoro in un paesino sulla costa est dell’Irlanda. Cinque anni fa l’economia irlandese era ancora in crescita e c’erano molte offerte nel settore informatico. Sono rimasto per tre anni finché la curiosità di scoprire cosa facesse di Zurigo una delle città più vivibili al mondo mi portò in Svizzera. Le tue impressioni sulla Svizzera? Da un lato le classifiche mettevano Zurigo al primo posto come qualità della vita, dall’altro nei miei venticinque anni in Italia non ricordavo di averla sentita nominare spesso. Londra, Amsterdam, Parigi e Barcellona erano le opzioni vincenti. A Zurigo c’erano le banche, il lago e
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Zurigo offre servizi, infrastrutture e intrattenimento di una grande città ad una popolazione di neanche 400 mila abitanti. Ti dà la possibilità di trovare un concerto dal lunedì alla domenica, praticare il tuo sport preferito, scegliere tra più di trenta musei, trovare un locale che fa per te sia se arrivi in Ferrari che in skateboard. E allo stesso tempo ti puoi godere la natura e la tranquillità di una piccola città. Ad esempio, io lavoro per una grossa banca e soltanto nella mia sede ci sono tremila dipendenti. Gli uffici sono a soli dieci minuti di treno dal centro storico, eppure attorno ci sono fattorie e boschi. In pausa pranzo decine di persone escono a fare jogging in riva al fiume e a passeggiare nel verde.
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I trasporti pubblici sono eccellenti e adoro la libertà di poter vivere comodamente senza macchina. Per il mio tragitto casalavoro impiego venti minuti porta a porta e posso scegliere tra quattro tram e quattro autobus all’ora, praticamente un mezzo ogni otto minuti. Sempre allo stesso preciso minuto, ogni giorno, ogni ora, dalle cinque di mattina a mezzanotte. Al weekend ci sono servizi aggiuntivi dall’una di notte alle cinque di mattina che assicurano di riportare a casa anche il più festaiolo della compagnia. Penso di non avere mai impiegato più di mezz'ora per raggiungere un qualsiasi altro punto di Zurigo. Treni, tram e autobus sono frequenti e incredibilmente puntuali; si riescono a prendere coincidenze anche quando si hanno solo due minuti per cambiare mezzo. A facilitare ancora di più le cose c’è un sistema di tariffazione a zone all’interno delle quali con un singolo biglietto si può usare qualsiasi tipo di mezzo: treno, tram, autobus o barca.
INDICE 2
Dal Fiume al mare
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Lavoro "liquido"
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Omaggio a Antonio Tabucchi
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Osteria Fuori Luogo
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Vincent e Margot
La Svizzera di Carlo: informatica e cioccolata Una maestra di Carmignano racconta la sua passione Recensione del libro “Sostiene Pereira” Pasta con zucchine, speck e zafferano Parte prima
Per completare il quadro delle classifiche, ce n’è un’altra che vede Zurigo al top: quella di città più cara al mondo, il che potrebbe renderla meno attraente agli occhi di un turista. La tua visione dell’Italia è cambiata dopo esserti trasferito all’estero? Diciamo che tendo a notare le piccole cose che funzionano diversamente, nel bene e nel male. La coda alle poste e il ritardo del treno sembrano ancora più lunghi quando ti abitui a non dover aspettare, ma una pizza non è mai stata così buona come a casa! Ti è mai capitato di essere oggetto di pregiudizi o discriminazioni perché straniero? Zurigo è così internazionale che magari saranno gli svizzeri a sentirsi discriminati. A parte gli scherzi, non sono mai stato vittima di pregiudizi né in Svizzera né tantomeno in Irlanda. Gli irlandesi sono persone aperte e accoglienti e mi hanno sempre fatto sentire come a casa.
Nella pagina precedente: la foto di Carlo e uno scorcio del lago A sinistra: il tram che attraversa Zurigo Sotto: un’altra immagine del lago
La tua prossima destinazione? Mi piacerebbe provare a vivere un paio d’anni fuori dall’Europa, al momento Vancouver e Sydney sarebbero le mie preferenze. La prima perché l’ho visitata l’estate scorsa e mi ha dato l’impressione di avere molto da offrire, l’altra perché sarebbe un’ottima base per esplorare quella parte di mondo. Ma per adesso mi godo la Svizzera e, visto che Zurigo non sembra una città che si lascia tanto facilmente, probabilmente tra trent’anni sarò ancora qua a tentare di imparare lo Züritüütsch.
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LAVORO “LIQUIDO” le forme della professionalità
UNA MAESTRA RACCONTA LA SUA PASSIONE
“Mi piace ancora tanto insegnare, l’idea di andare in pensione mi rattrista. A volte penso che dovrei farlo per lasciare spazio ai giovani e per occuparmi di più della mia famiglia. Tuttavia il pensiero di dover interrompere il contatto quotidiano con la scuola, con i bambini, mi trasmette molta ansia. Da alcuni anni lavoro con un team di persone giovani con le quali ho instaurato un rapporto di collaborazione e amicizia che mi fa sentire piena di vitalità e in grado di dare ancora.” Inizia così il nostro incontro con una maestra elementare di Carmignano che ha insegnato a circa 750 alunni, compresi noi di Fuori Luogo. Con la curiosità e la gioia di reincontrare qualcuno che non si vedeva da tanto, ma anche con un po’ di imbarazzo nell’ ”interrogare” la nostra maestra, abbiamo raccolto le sue impressioni sull’universo scuola. Quel che segue è la testimonianza della sua passione per l’insegnamento, iniziato ben 39 anni or sono. Quali sono le differenze maggiori nell’insegnare oggi rispetto ad anni fa? Rispetto ad anni fa la scuola e’ molto cambiata. I bambini affrontano l’esperienza scolastica con una motivazione diversa, hanno maggior senso critico, sono più consapevoli di ciò che fanno, del perché delle cose. Ciò ha comportato anche un cambiamento nel modo di fare lezione: tempo addietro la maestra spiegava e gli alunni ascoltavano ed interiorizzavano ciò che avevano sentito; oggi, invece, la lezione è più interattiva. Il sapere, in un certo senso, viene costruito insieme. I bambini diventano più padroni delle conoscenze che rimangono nel
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tempo, come bagaglio, e permettono così di affrontare la vita con una sicurezza diversa. La scuola purtroppo non sempre e non per tutti occupa il primo posto nella scala dei valori. Anche i ragazzi vivono lo stress di cui sono vittime la famiglia e la società. Nel pomeriggio sono impegnati in troppe attività che tolgono loro il tempo materiale per poter giocare, rivedere e approfondire quanto fatto a scuola. Rispetto a qualche anno fa, sento la famiglia un po’ meno sensibile alle problematiche scolastiche; spesso i genitori ricorrrono alle più svariate motivazioni per giustificare la superficialità con cui viene affrontato l’impegno scolastico. Meglio il maestro unico o più insegnanti? Oggi c’è il maestro “quasi unico” che insegna gran parte delle discipline. Da 15 anni, ormai, sono insegnante prevalente. In precedenza mi occupavo soprattutto dell’area logico matematica e scientifica, attualmente anche di quella linguistica. Entrambe le tipologie di organizzazione comportano vantaggi e svantaggi. Lavorando per aree si ha maggiore opportunità di aggiornarsi e si riesce a rispettare meglio l’orario, collegialmente concordato ad inizio anno, da riservare ad ogni disciplina. Il bello di essere insegnante prevalente è che i bambini si affezionano a te in modo speciale, hai un rapporto privilegiato con loro dal momento che trascorri insieme gran parte del tempo scuola. Tuttavia, se non si è creato un buon team con gli insegnanti che operano nella stessa classe o in quelle parallele, si rischia di lavorare da soli, precludendo la possibilità di un confronto, di una valutazione condivisa e di un’efficace soluzione di eventuali problematiche che possono emergere all’interno di una classe.
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Quali sono le maggiori difficoltà nella scuola, oggi? Sono molteplici le difficoltà in cui la scuola oggi si trova ad operare. I tagli effettuati al personale e alle risorse finanziarie stanno avendo delle ripercussioni negative: eliminare le ore di compresenza e ridurre all’estremo gli insegnanti di sostegno vuol dire prestare poca attenzione ai bambini svantaggiati. Un altro grosso problema è quello dell’insufficienza degli spazi: mancano aule attrezzate per specifiche attività, non vengono rinnovati e aggiornati i sussidi didattici. Purtroppo la situazione, soprattutto dal punto di vista economico, non è delle migliori. Gli sforzi degli insegnanti, ma anche della amministrazione comunale, abbastanza sensibile ai problemi della scuola, talvolta sono poco incisivi. Si tenga presente inoltre che con l’aumento dell’immigrazione c’è stato un forte incremento di iscritti negli ultimi anni; non è aumentato il numero delle sezioni ma quello degli alunni per classe. A proposito di stranieri: com’è il rapporto con i compagni? Si verificano problemi di integazione? I bambini stranieri sono in media 5-6 per classe. Se sono nati in Italia non hanno alcun problema, né di inserimento, né di apprendimento. Se invece sono arrivati da poco hanno, ovviamente, enormi difficoltà linguistiche e, non essendoci un insegnante che si occupa esclusivamente di loro, sono pochi i momenti in cui ricevono una individualizzazione dell’insegnamento. Il rapporto con i compagni invece è splendido: da questo punto di vista i bambini ci insegnano moltissimo nell’accettare “il diverso”. Come reagiscono i bambini nei confronti di chi è in difficoltà ? Non fanno nessun tipo di distinzione, il loro comportamento è assolutamente spontaneo e libero da pregiudizi. Non si chiedono mai perché qualcuno svolge un lavoro personalizzato, differente dal loro. Quando in classe c’è un compagno in difficoltà non glielo fanno pesare, anzi, se quest’ultimo ha un successo scolastico sono i primi a metterlo in evidenza. Non ci sono bambini emarginati, la classe è una sorta di grande famiglia in cui tutti si prendono cura degli altri vicendevolmente. Qualche episodio particolare? Mi ricordo di un ragazzo che aveva la capacità di trasmettere per filo e per segno tutte le problematiche di
casa. Un giorno uggioso di maggio, vedendolo assorto nei suoi pensieri, gli chiesi a cosa stava pensando, e lui mi rispose: «Maestra, dizito che i slarga el madego stamattina?». Io stavo spiegando e lui pensava al fieno! Un’altra volta ho dato come compito un testo in cui dovevano usare tutti i dati sensoriali. A distanza di anni ricordo ancora il suo lavoro, breve ma in cui diceva tutto. Si intitolava “Serate in famiglia”: «Era una sera d’estate, la luna si specchiava nella busa del pisso. A un certo punto abbiamo sentito splash. La càvera era caduta nella busa del pisso». Un altro episodio divertente è quello del “gato reciòn”. Avevo dato un tema sull’animale domestico. Un bambino parla del suo gatto e scrive: «Quando il mio gatto sente i morosi che lo chiamano miagolando vuole andare fuori». Convinta che si trattasse di una gatta corressi tutti i maschili in femminili. Quando riconsegnai il tema il bambino fu subito pronto a precisarmi che il suo gatto era maschio. A questo punto intervenne un secondo alunno: «Aeora el to gato xè reciòn!». Un terzo immancabilmente mi chiede: «Cosa vuol dire “reciòn”?» Io imbarazzata rispondo che significa che ha le orecchie grandi. Immediatamente il secondo alunno mi fissa sbalordito e, in segno quasi di commiserazione, scuote la testa quasi a dirmi : «Semo messi ben!». Altri bei ricordi sono legati all’allestimento del carro mascherato della classe in occasione delle sfilate di carnevale o alle feste sportive di fine anno che organizzavo con l’aiuto di qualche volonterosa collega e di un bel gruppo di genitori. L’organizzazione costava sempre tanto tempo e grande fatica, ma erano momenti che davano pure innumerevoli soddisfazioni. Per concludere: un consiglio a chi sta per intraprendere la carriera di insegnante? L’unico consiglio che mi sento di dare a chi si avvia ad intraprendere la carriera di insegnante è di amare il lavoro perché le fatiche, l’impegno e le rinunce, che talvolta pesano anche sulla famiglia, richieste da questa professione non sempre sono riconosciute né economicamente, né dal giudizio della gente comune. Non c’è nulla però di più gratificante di uno sguardo che si illumina perché ha capito quello che gli stai spiegando, di un sorriso che si apre da un orecchio all’altro quando riconosci i suoi progressi e di un abbraccio caloroso quando coglie tutto l’affetto che provi per lui.
Nelle immagini: la scuola elementare di Carmignano di Brenta in un΄uggiosa giornata primaverile.
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OMAGGIO A ANTONIO TABUCCHI
RECENSIONE DEL LIBRO "SOSTIENE PEREIRA" di Gilmar Pavan
Siamo a Lisbona, nell’estate del 1938. Pereira è un anziano giornalista che lavora per la pagina culturale del “Lisboa”. La pagina che egli stesso segue e cura, esce a cadenza settimanale ed è per questo motivo che Pereira ha la possibilità di usufruire di un ufficio in Rua Rodrigo de Fonseca, staccato dalla redazione centrale del giornale. Stanco ed annoiato dalla calura estiva, Pereira inizia a prendere in considerazione l’idea di assumere un nuovo collaboratore che lo aiuti nella stesura della sua particolarissima rubrica intitolata “Ricorrenze”, nella quale si celebrano la storia e le opere di importanti figure letterarie del passato. L’idea di assumere un aiutante si trasforma in realtà quando Pereira, dopo aver letto su un’altra rivista una profonda riflessione sulla morte che lo aveva molto impressionato, decide di chiamare l’autore di quest’ultima, il Sig. Monteiro Rossi. Queste sono le vicende iniziali di una storia dalla quale Pereira uscirà completamente e irrimediabilmente trasformato. Per come si presenta agli occhi del lettore, infatti, Pereira è un anziano grasso, vedovo, incurante del futuro che lo aspetta e completamente adagiato, in attesa del pieno completamento della sua vita terrena. Non ha più nulla che lo interessi, non ha mai avuto la volontà di esprimere la propria opinione, è sempre vissuto nel timore di essere giornalisticamente giudicato o censurato. Egli sembra completamente disinteressato da tutto ciò che esce dal suo “campo visivo”. Tuttavia, dopo aver ascoltato al telefono la voce del giovane Monteiro Rossi, la coscienza di Pereira inizia a rivitalizzarsi. Nonostante
questa sua cocciutaggine nel vivere l’abitudine, il suo destino ha deciso di riservargli un incontro sorprendente che lo porterà a sovvertire la sua scala di valori e conseguentemente la sua quotidianità. Pereira rimane “fulminato” dal modo in cui Francesco Monteiro Rossi vive la sua gioventù e la sua vita: egli, infatti, non ha bisogno di reprimere i suoi sentimenti e le sue vere passioni perché tutte le sue azioni sono dettate dal cuore. Due estremi si ritrovano faccia a faccia: l’attempato giornalista che fino a quel momento, pur di accomodarsi al sistema, riusciva a mordersi la lingua ed ingoiare il boccone amaro rivede nei comportamenti di Monteiro Rossi una giovinezza ormai fuggita via e mai pienamente vissuta. Il libro è un continuo susseguirsi di opposti: la vecchiaia e la giovinezza, la vita e la morte, l’azione e la passività, il camminare in una direzione chiara o il lento trascinarsi subendo gli eventi. Tutto ciò che succede dopo il primo incontro tra i due personaggi consente a Pereira di maturare una nuova visione della vita e della Storia. Tutti i personaggi che si susseguono fino alla fine del libro in qualche modo stimolano il cambiamento del protagonista: da padre Antonio, che è il primo a scuotere Pereira descrivendogli terrorizzato gli ultimi avvenimenti accaduti a Lisbona, al Professor Silva che, invece, cerca di convincere Pereira che tutto ciò che sta accadendo sia lontano, inoffensivo e che sia inopportuno intervenire per stravolgere il corso degli eventi. Scosso dal modo di fare di Silva, Pereira decide di riattivarsi, di spronarsi e di agire con voglia. Scatta in lui la molla dell’azione, dell’operosità. Il vecchio Pereira diventa un altro uomo, conscio che il momento storico che l’Europa sta attraversando merita di essere attivamente vissuto. A confermare l’avvenuta rinascita delle sue convinzioni fin lì sopite c’è la figura del Dottor Cardoso il quale stimola il protagonista a schiudere il suo vero IO, che fino a quel momento era rimasto magistralmente represso. Pereira, ora, ascolta con un animo più intraprendente i rimproveri fatti al telefono dal direttore del “Lisboa” o le domande impertinenti fatte dalla portinaia spiona che gestisce l’androne del palazzo in cui ha sede la sua redazione. Proprio nella parte finale della sua esistenza Pereira capisce di aver finalmente realizzato una sua personalissima scelta che, inconsciamente, covava in lui da chissà quanto tempo. Finalmente e per la prima volta, Pereira assapora il gusto di una sfuggente libertà.
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OSTERIA FUORI LUOGO UN TAVOLO PER QUATTRO DA CHEF ANDREA di Andrea Poli
Cari amici, dopo la pausa del numero di Gennaio, in cui le mie ricette sono state idealmente sostituite dai celeberrimi panini di Ceo Pajaro, torno a tutti i lettori di Fuori Luogo proponendo una ricetta tanto semplice quanto d’effetto. Come tradizione, per questa ricetta per quattro persone non spenderete più di 10 € totali come da scontrino, vi resterà da aggiungere solo pochi ingredienti che sicuramente non mancheranno nella vostra cucina. Iniziamo e... buon divertimento!
Ingredienti
Preparazione
PASTA CON ZUCCHINE, SPECK E ZAFFERANO In una pentola portate ad ebollizione abbondante acqua salata e cuocete gli spaghetti.
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Lavate e mondate le zucchine, tagliatele in piccoli cubetti e saltatele successivamente in una padella con olio extravergine di oliva. Fate attenzione a non cuocerle troppo: dovranno risultare croccanti! (figura 1) Nel frattempo sminuzzate a listarelle lo speck (di tipo morbido, tagliato non troppo sottile), unitelo quindi alle zucchine e fate rosolare il tutto per 5 minuti. (figura 2) A questo punto unite la panna fresca da cucina e lo zafferano, saltate bene tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto non troppo liquido. (figura 3) Aggiungete una bella macinata di pepe. Scolate la pasta e aggiungetela al sugo. Spadellate per bene e unite del formaggio Grana. (figura 4) Fate attenzione affinché la pasta non risulti troppo asciutta. Un piccolo segreto per ottenere ciò: non scolate completamente l’acqua di cottura della pasta. Buon appetito!
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Vincent e Margot
un racconto in tre puntate di Carlo Cervato - Prima Parte Aveva piovuto tutta la notte. La città si stava svegliando accompagnata da un soffocante grigiore novembrino. Vincent sembrava una spugna di mare, bagnato fradicio ma vivo, felice in quel “suo” ambiente naturale. In quella poca gente che incontrava per la strada, notava gli sguardi spenti, tutti erano seri e pensavano ai fatti loro, nessuno salutava, nessuno sorrideva e tutti si muovevano in fretta, passi scanditi quasi meccanici, per andare dove? Mah, chissà. La pioggia rimbalzava per la strada come palline da ping-pong, Vincent pensava a lei, i suoi occhi lo avevano stregato, era bella, bellissima, di una bellezza particolare che si trova solo negli arcani geroglifici egiziani, profili esteticamente perfetti, linee e curve plasmate per il piacere dello sguardo, visi disegnati da una mano che amava la pura ed eterea bellezza femminile. Quando si trovò davanti alla porta del bar, Vincent aveva il cuore che batteva a mille, non si sa’ se per la spedita camminata o per il semplice e onesto fatto che Margot era lì, seduta al tavolino, che leggeva il giornale. Il locale era semivuoto e buio, la fioca lampadina che pendeva sopra di lei, risaltava il suo viso, e tutta la sua bellezza, i suoi occhi sapevano di un oriente misterioso e affascinante, le carnose labbra rosse e il nasino all’insù, spiccavano nella nera notte dei suoi lisci e corvini capelli lucenti... “Dio mio, quanto era bella”. Vincent, tanto era meravigliosamente incantato, che sembrava davanti ad un aurora boreale, lo sguardo fisso ed ebete come quando si è in preda ad euforia alcolica, sorrise, guardò l’orologio le otto e un quarto. “Porcatroia!” La bottega di merceria apriva alle otto e mezza e quel rompicoglioni del capo non ammetteva ritardi. Aveva solo una decina di minuti per dirle che l’amava, che la desiderava dal primo minuto che l’aveva incontrata, che voleva far l’amore con lei, baciarla, stringerla forte tra le sue braccia e piangerle addosso di gioia, ma aveva poco tempo, troppo poco tempo, per dirle quello che solo l’amore per l’amore dice “Ti amo, ti amo Margot”. Vincent aprì la logora e untuosa porta del bar e si diresse verso il vecchio bancone. ”Buongiorno a tutti, un caffè lungo, grazie”. Si girò verso di lei e disse: “Bu...buongiorno Margot, come va? Tutto bene?” “Buongiorno Vincent, sì bene, tutto bene” rispose Margot senza alzare lo sguardo, assorta nella lettura e quasi indifferente al saluto. “Il caffè, signore” disse l’oste con la svogliatezza tipica di chi lavora esclusivamente per forza. Vincent si voltò verso il bancone del bar, quasi salvato da quel imbarazzante situazione, “Sì , il caffè, sì grazie, grazie” rispose. Il caffè quella mattina per Vincent non era nè caldo nè freddo, nè amaro nè dolce, ma soprattutto non sapeva di caffè, quel liquido tiepido che gli scendeva nella gola sembrava acqua, priva di qualsiasi gusto e profumo, acqua, acqua come quella che in quel momento scendeva sui vetri opachi delle piccole finestre del bar. Vincent sentiva il morso dell’inverno dentro di lui, ora sentiva il peso freddo della pioggia nelle sue scarpe, sentiva l’amaro odore di quell’umida aria viziata del bar, voleva volare via, andarsene, scappare, fuggire. Fece rotolare l’euro del caffè nella mano dell’oste che ringraziò e sorrise, Vincent ricambiò il gesto con fatica e disse “Buonagiornata”. “Buonagiornata” rispose l’oste “Buonagiornata” disse Margot “Buonagiornata un cazzo” pensò Vincent. Uscì da quello squallido bar, guardò l’ombrello appoggiato al muro, non lo prese, alzo la testa al cielo e chiuse gli occhi, sentiva le gocce di pioggia che gli scendevano nel cuore e gli gelavano l’anima, sembrava la fine di un bellissimo sogno, scosse la testa, ERA LA FINE DI UN BELLISSIMO SOGNO, incominciò a camminare come un disperato che vaga senza sapere dove andare, tra persone e pioggia che non lo vedevano e non lo capivano. “Non sono niente, non sarò mai niente, a pare questo ho dentro me tutti i sogni del mondo” F.P. Un’altra giornata di ordinario lavoro con forzati, ipocriti e svogliati sorrisi, mentre la pioggia rigava il suo viso mischiando il dolce, al salato delle sue lacrime. continua
Direttore Responsabile: Paola Pilotto; Editore: Flavio Biffanti per Associazione “Fuori Luogo” Redazione: Roberto Pivato, Flavio Biffanti, Fabio Marcolongo Fotografie: Efrem Pen Progetto grafico: Anna Marcolongo Hanno collaborato: Carlo Cervato, Gilmar Pavan, Andrea Poli, Stampato c/o Flyeralarm SRL Via Druso 256 (BZ)
PER INVIARE MATERIALE O CONTRIBUIRE ALLA REDAZIONE:
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