Le basi dell'interazione

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Le basi dell’Interazione Un primo approccio all’Interaction Design Anna Rodighiero


Ho consegnato questo documento per l’appello d’esame del 17 febbraio 2012 del corso Teorie dell’interazione, tenuto da Gillian Crampton Smith con Philip Tabor alla Facoltà di Design e Arti, Università Iuav di Venezia. Per tutte le sequenze di parole che ho copiato da altri fonti, ho: a) riprodotte in corsivo, o messo virgolette di citazione al loro inizio e fine, inoltre b) indicato, per ogni sequenza, il numero della pagina o lo URL del sito web della fonte originale. Per tutte le immagini che ho copiato da altri fonti, ho indicato: a) l’autore e/o proprietario, inoltre b) il numero della pagina o lo URL del sito web della fonte originale. Dichiaro che tutte le altre sequenze e immagini di questo documento sono state scritte o create esclusivamente da me.

10/02/2012

Anna Rodighiero


Le basi dell’Interazione Un primo approccio all’Iteraction Design

Anna Rodighiero Università Iuav di Venezia Facoltà di Design e Arti Corso di Teorie dell’interazione Professori: Gillian Crampton Smith, Philip Tabor



Indice //Dichiarazione d’originalità ........................................... 2 //Start ............................................................................7 //Ricerca Opportunità ......................................................................................10 Intervista ........................................................................................... 12 //Rifletti Brainstorming ..................................................................................16 Personas ............................................................................................18 //Progetta Flowchart .......................................................................................... 20 Affordance .........................................................................................24 Metafore ............................................................................................ 26 //Crea Prototipo ........................................................................................... 30 //End ......................................................................................................33 //Bibliografia ...................................................................................... 34 //Siti web di riferimento ................................................................ 34 //Colophon .......................................................................................... 35


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Start/Ricerca/Rifletti/Progetta/Crea/End


Start

Durante tutto il corso delle nostra giornata veniamo a contatto con un’immensa quantità di interazioni con diversi dispositivi tecnologici, sono così tante e sono così radicate nella nostra routine quotidiana che non ce ne rendiamo nemmeno conto. Interagiamo con un’oggetto quando azioniamo la maniglia per aprire la porta del treno, quando prendiamo un caffè alle macchinette o ricarichiamo il nostro cellulare attraverso una scheda prepagata.

Uno dei principali scopi dell’interaction design è di facilitare le scambio di informazioni tra utente e macchina, ma non è un lavoro semplice, il designer infatti deve confrontrarsi e analizzare molteplici aspetti e problematiche al fine di soddisfare tutti i bisogni del fruitore di un determinato oggetto o servizio. Spesso ci troviamo davanti a oggetti, dispositivi, interfacce che non riusciamo a far funzionare perché non “comunicano con noi”, il compito del designer è quello di utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione per colmare queste lacune e creare interazioni funzionali e modellate in base alle esigenze dell’utente. Progettare un’interazione non è tanto lavorare sulla tecnologia, ma focalizzarsi su come il nostro sistema verrà usato , da chi verrà usato e come. Questo libretto cerca di dare una panoramica generale sulle varie fasi e procedure apprese all’interno del corso di Teorie dell’Interazione utili a portare a termine un progetto

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RICE


ERCA


Opportunità

Problema e opportunità sono due parole più simili di quanto si pensi, infatti da un problema si può creare un’opportunità

Per poter dare inizio ad un progetto bisogna innanzitutto individuare un problema, se non ci fossero problemi da risolvere i designer a quest’ora sarebbero tutti disoccupati. Spesso però i clienti non sanno bene nemmeno loro di cosa hanno bisogno, in questo caso il designer avrà il compito di individuare i problemi e se ne ha la possibilità trasformarli attraverso il suo pensiero creativo in opportunità. Quando il cliente si presenta a noi e ci chiede la risoluzione di determinati problemi dobbiamo innanzitutto scoprire se è effettivamente quel determinato tipo di problema che determina l’insuccesso di un prodotto o di un servizio, o se invece vi sono altre problematiche nascoste tenendo a mente che la risoluzione di un problema non è unica e assoluta, ma attraverso l’analisi profonda degli aspetti su cui bisogna intervenire il designer potrà capire dove e come agire per poter far funzionare il progetto.

Il passo successivo alla definizione del problema e delle opportunità è la ricerche delle eventuali soluzioni, cominciando con semplici domande quali: “Come funziona?”, ““Perché una persona ne avrebbe bisogno?”, “Chi è l’utente?”, “Quando può essere utilizzato?”, “Come potrebbe utilizzarlo?”, “Cosa dovrebbe essere in grado di fare?”. Da queste si può iniziare a definire il progetto definendone gli obiettivi, il contesto d’uso, l’utente con i suoi bisogni e tutte quelle parti fondamentali di cui si dovrà tener conto per creare un buon prodotto.

L’esercizio presente nella pagina a fianco chiedeva di pensare ad un possibile network d’oggetti che potesse migliorare un aspetto della vita di un utente. Rispondendo a questa serie di domande si è reso possibile l’individuazione del problema e la successiva proposta per un possibile network d’oggetti che potesse aiutare una madre single a controllare meglio i suoi figli a casa, attraverso il controllo di determinati dispositivi come la tv o il forno per scaldare il pranzo direttamente dall’ufficio. I successivi capitoli di questo pubblicazione spiegano come affrontare un progetto passo dopo passo in maniera completa.

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fonti A

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Nelle prime fasi del progetto è bene cominciare con domande semplici come: “Chi?“, “Come?“, “Perché?”, “Quando?“, “Cosa?“

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Intervista

Uno dei più grande errori che fa un designer quando progetta per un determinato range d’utenti è quello di pensare di sapere cosa questi vogliono e di cosa hanno bisogno, mentre spesso le nostre intuizioni iniziali sono errate o sono troppo superficiali. Ecco perché un lavoro di ricerca iniziale è indispensabile per un buon progetto.

L’interaction designer non deve solo pensare all’artefatto, ma deve concentrarsi soprattutto sulle persone che lo useranno. Uno dei principali metodi di ricerca per scoprire i bisogni e i desideri degli utenti sono le interviste partecipative. L’intervista è il primo collegamento tra il designer e l’utente, soprattutto quando progettiamo per utenti con cui non abbiamo familiarità e abbiamo un maggior bisogno di comprendere al meglio le necessità che hanno, soprattutto se abbiamo a che fare con la progettazione di servizi o prodotti non ancora esistenti è molto utile per scoprire i reali ed effettivi i bisogni delle persone.

L’intervista deve essere condotta in maniera informale, con domande ben pensate precedentemente, cercando di evitare quelle che richiedono una semplice risposta si/no, ma concentrandosi invece su quelle che comprendono chi, come, cosa e perché, in modo da far parlare il più possibile la persona, non ponendo solo domande, ma dando anche input per stimolare la creatività delle persona e farla pensare a nuove idee, nuovi servizi o prodotti. Un altro punto importante è cercare di non mettere in soggezione o a disagio l’intervistato, ma dare libero spazio alle sue idee ed emozioni, anche se ci troviamo in disaccordo con la sua visione, perché se non si sentirà libero di dire ciò che pensa l’intervista avrà fallito il suo scopo e noi non avremmo le informazioni di cui abbiamo bisogno. Spesso le persone non riescono ad articolare verbalmente ciò che realmente vogliono intendere, ecco perché il designer non ha solo il compito di porre delle domande, ma deve anche osservare il linguaggio del corpo delle persone che ha davanti, ciò che ci comunicano e intendere anche lo stato d’animo dell’intervistato. In questo modo il designer potrà capire non solo i bisogni di un determinato tipo d’utente, ma anche il come comunicare con quel determinato tipo. É per questo che non è consigliabile svolgere interviste via mail o telefono, perché non si ha uno scontro diretto di come reagisce la persona e non potremmo notare certe sfumature o certi cambiamenti di carattere. Una cosa da non dimenticare durante l’intervista è annotare le osservazioni e le risposte, visto che la mente umana tende spesso a dimenticare le cose, inoltre annotando tutto in un taccuino cartaceo, o su altri supporti, con nome della persona intervistata assieme a quando e dove è stata fatta l’intervista sarà molto utile quando bisognerà andare a ripescare le informazioni per sviluppare il progetto o per costruire le persona.

* Dan Saffer, Design dell’interazione, Paravia Bruno Mondadori Editori, pag 80-81

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fonti A

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INTERVISTA AD UNA GIOVANE COPPIA CON UN FIGLIO PICCOLO

“I designer devono essere aperti, non giudicare mai, e non devono presumere di conoscere le risposte in anticipo” * BISOGNI E IDEE EMERSI DURANTE L’INTERVISTA

Trovare il supermercato con i prezzi più bassi. o dove vi sono prodotti per i neonati in offerta, soprattutto pannolini e omogeneizzati.

Network con consigli su eventuali baby-sitter o asili nido

Scambiarsi o vendere attrezzature che una volta che il bambino è cresciuto non vengono più utilizzate, quali sterilizzatori o bilance

Consigli generali su come comportarsi quando il bambino sta male, come per esempio fargli passare le coliche ecc

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RIFL


ETTI


Brainstorming

Il brainstorming serve a generare il maggior numero di idee possibili. Generalmente avviene con un gruppo di persone riunite attorno a un tavolo che discutono di un determinato problema letteralmente attaccandolo da diverse direzioni ponendosi rapide domande con lo scopo di trovare una giusta soluzione. Tutto questo con l’utilizzo d i liste, schizzi, diagrammi, disegni, o come durante il corso con l’uso di post-it! Il brainstorming aiuta il designer a definire il problema, soprattutto quando abbiamo a che fare con argomenti complessi, facendo poi emergere eventuali idee e in seguito dare l’inizio al progetto. Per esempio se dobbiamo pensare a dei nuovi prodotti per la cucina sarà meglio prima cercare quali sono i problemi delle persone all’interno della cucina, in questo modo i partecipante saranno spinti a pensare ai loro problemi quotidiani e da quelli poi iniziare una discussione sulle possibili soluzioni.

Innanzitutto bisogna definire un tempo limite, le persone infatti tendono ad essere più produttive se sanno che la sessione di brainstorming non durerà per sempre, o ci si può fissare un obiettivo a livello di quantità di idee, per esempio: trovare cento nuovi modi per utilizzare un determinato oggetto. In questo modo le persone saranno portate a proporre idee fino al raggiungimento dell’obiettivo stabilito. Tutto ciò che emerge durante il brainstorming è importante, soprattutto in quelli di gruppo è importante far sentire tutti a proprio agio, in maniera che nessuno si senta escluso, in soggezione o intimidito nel proporre nuove idee o il proprio punto di vista. Molto spesso infatti è dalle idee più banali che al primo approccio ci sembrano irrealizzabili che nascono le idee più vincenti. Per questo trovo che i brain-storming di gruppo siano molto utili, perché più sono le idee che nascono più ogni membro del gruppo è stimolato dal pensiero degli altri e si crea una catena di associazioni di idee impossibile in un brainstorming condotto da un singolo individuo. Non bisogna dare troppa importanza alla qualità delle idee, ma cercare di generarne la maggior quantità possibile, la scrematura di quelle che si considerano più o meno interessanti avverrà in un secondo momento, quando il brainstorming è finito.

Bisogna ricordarsi di documentare tutto il risultato del brainstorming, altrimenti si corre il rischio di dimenticare tutto appena finita la sessione, questo ritornerà molto utile nel caso che durante il progetto si voglia riprendere in considerazione una determinata idea.

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fonti A

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Durante il brainstormin si può utilizzare di tutto, post-it, pennarelli, fogli e foto.É possibile anche appendere materiale alle pareti per stimolare la creativitĂ .

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Ăˆ importante far sentire tutti a proprio agio durante il brainstorming senza criticare le idee o i punti di vista degli altri componenti del gruppo.

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Personas

Dopo aver condotto un certo numero di interviste e raccolto tutte le informazioni è la definizione il passo successivo è la definizione dell’utente tipo, in questi momenti spesso ci ritroviamo sommersi da una quantità di caratteristiche, situazioni e bisogni che ci rendono difficile gestire tutte queste informazioni al meglio. Ecco perché dobbiamo creare delle personas e focalizzarci su di esse. La persona è un “personaggio archetipico che descrive una determinata tipologia d’utente” * trasformandoli in vere e propri essere umani identificabili. Una persona non è un personaggio reale, ma potrebbe esserlo, infatti possiede molte caratteristiche appartenenti a persone realmente esistente che magari sono emerse durante le interviste. Bisogna ricordare che però il concetto di persona è ben diverso dal concetto di stereotipo, questo infatti non si basa su dati reali, ma su semplici idee generali e banali che spesso le persone associano a un determinato tipo di utente.

Per creare un’archetipo funzionale, che aiuti veramente il designer, bisogna individuare innanzitutto una serie di comportamenti simili tra le persone su cui si è eseguita la ricerca preliminare, dargli poi un volto e un nome per farlo assomigliare il più possibile ad una persona reale. L’utilizzo di una foto è di grande aiuto perché ci è più facile associare ad un volto i bisogni e le necessità per cui stiamo progettando, piuttosto di un lungo e anonimo elenco di informazioni.

Durante lo sviluppo del progetto il designer potrà immaginare i modelli mentali e quindi le reazioni della persona, ponendosi domande del tipo “come vorrà usare questo servizio Maria? “ o “Quali sono le necessità di Francesca?” Anche se il range d’utenti è molto ampio non dobbiamo creare troppe personas, il numero ottimale è tra uno e sette personas per progetto, perché altrimenti ci risulterebbe difficile ricordarci i bisogni e le necessita di ogni singolo. Per esempio se stiamo progettando un’applicazione che raccoglie e propone ricette di cucina ci potrebbe bastare distinguere tre tipi di utenti, le persone che si approcciano per la prima volta alla cucina, le persone esperte di cucina e chi ha bisogno di ricette per una cena speciale. Ecco che in questo caso il numero di archetipi necessari allo sviluppo della mia ricerca sarà di almeno tre personas. Le personas non servono solo durante lo sviluppo del progetto, ma sono un’utile strumento da inserire negli storyboard o negli scenari perché permettono di evidenziare al meglio agli stakeholder il perché di alcune scelte.

* Dan Saffer, Design dell’interazione, Paravia Bruno Mondadori Editori, pag 96 ** Dan Saffer, Design dell’interazione, Paravia Bruno Mondadori Editori, pag 97

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POSSIBILI PERSONAS PER UN’APPLICAZIONE CHE PROPONE RICETTE DI CUCINA

Riccardo

Francesca

Maria

Nome

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3

4

Età

57

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Professione

Casalinga

Studentessa delle superiori

Agente di Borsa

Interessi

Adora giocare a carte con le sue amiche almeno due volte a settimana

Studia danza da 8 anni e adora andare a correre, è molto attenta all’alimentazione

È appassionato di macchine e moto, segue tutte le nuove uscite del mercato

Routine giornaliera

Tutte le mattine va a fare la spesa al mercato per avere sempre ingredienti freschi, il pomeriggio fa le pulizie e aspetta suo marito che ritorni a casa per cena

La mattina fino alle 13.00 è a scuola, il martedì è giovedì pomeriggio ha le lezioni di danza, il sabato pomeriggio si ritrova con le amiche per andare a fare shopping

Appena sveglio controlla l’andamento dei mercati mondiali, si reca poi in ufficio fino alle 18.30, spesso rimane fino alle 20.00 per finire il lavoro

Rapporto con la tecnologia

Ha ricevuto uno smartphone da suo figlio a Natale, ma non lo sa usare molto bene

Adora tutto ciò che è tecnologico ed è sempre aggiornata sulle ultime attività, possiede uno smartphone

Possiede molti dispositivi tecnologici, quali smartphone e tablet perché vuole essere sempre aggiornato dei movimenti in borsa ovunque vada

Cosa cerca

Cerca delle ricette che non contengano glutine in quanto è intollerante e che possano stupire i suoi ospiti, non ha paura di elaborazioni difficili in quanto è una cuoca esperta

Vuole imparare a cucinare dei piatti base perché dall’anno prossimo si trasferirà in una nuova città per seguire l’Università. Preferisce ricette facili e con pochi ingredienti

Vuole preparare una cena romantica per la sua fidanzata che è celiaca, non è però a conoscenza di tutti gli ingredienti che contengono glutine

“I documenti che descrivono i profili archetipici devono riportare chiaramente comportamenti, motivazioni e obiettivi che differenziano un archetipo dall’altro.” **

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PROG


GETTA


Flowchart

La flowchart è un diagramma di flusso che permette di rappresentare graficamente in maniera sintetica e codificata varie azioni e situazioni permettendoci di vedere le cause e l’effetto in una determinata sequenza temporale. È molto utile perché ci permette di visualizzare l’intero percorso dell’interazione attraverso ogni singola fase del processo, in questo modo ci si può rendere conto se il livello complessità che essa può raggiungere è troppo elevato. L’importante è inserire tutte le variabili e i dati all’interno della flowchart, perchè solo avendo il quadro completo sarà possibile individuare i passaggi che ci sembrano troppo complessi o errati. La flowchart può avere il punto di vista sia dell’utente che quello della macchina, o in caso di interfacce utilizzate da più persone contemporaneamente può illustrare come l’interfaccia mette in comunicazioni due o più utenti.

L’utilizzo dei post-it durante lo sviluppo di una flowchart facilita notevolmente il lavoro, perché permettono una rapida correzione nei punti in cui si identificazioni azioni che andrebbero riviste.

La costruzione di una flowchart richiede solo poche e semplici regole per esempio la rappresentazione delle sue componenti Un ovale che identifichi l’inizio e la fine Un rettangolo per le azioni da compiere Un rombo per identificare i punti in cui bisogna prendere una decisione Le frecce per indicare il flusso dell’azione Dal rombo essendo un punto decisionale possono partire due frecce, una per ogni possibile risposta, mentre dal rettangolo sono una.

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FLOWCHART CHE ILLUSTRA I VARI PASSAGGI PER CUCINARE DEGLI SPAGHETTI ALLA CARBONARA

Esercizio svolto in classe Gruppo di lavoro: Filippo Battistella Simone Capano Davide Dalla Libera Anna Rodighiero Giacomo Zonta

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Affordance

L’affordance è una delle caratteristiche che più caratterizza un buon design da uno cattivo, infatti un’evidente affordance determina l’uso corretto e naturale di un determinato oggetto, riscontrando una facilità d’utilizzo da parte dell’utente che non si sentirà frustato perché non riesce a capire il giusto funzionamento. Ma che cos’è veramente l’affordance?

L’affordance è una proprietà dell’oggetto che comunica come dovremmo interagire con esso. A primo impatto l’aspetto visivo di un oggetto dovrebbe fornirci degli indizi sul suo corretto utilizzo e su come dovremmo comportarci con esso. É per questo che l’aspetto visivo è una delle caratteristiche più importanti, perché attraverso questo l’oggetto ci parla e comunica con noi, l’aspetto visivo non è solo la forma dell’oggetto, ma anche il peso, le dimensioni, il colore e le proporzioni. Un oggetto ha un’elevata affordance quando capiamo subito come utilizzarlo, senza fogli illustrativi, istruzioni, tentativi a vuoto o quant’altro, mentre quando non capiamo subito come utilizzarlo, o lo capiamo tramite svariati tentativi, l’affordance è bassa. Un esempio comune sono i fornelli che abbiamo tutti in cucina, ogni ditta di produzione utilizza un modo di disporre la manopola che controlla i fuochi in maniera diversa, spesso infatti quando ci troviamo davanti a un fornello che non è il nostro andiamo a tentativi, accendendo spesso il fuoco sbagliato.

Bisogna inoltre tener conto che non sono solo le caratteristiche intrinseche dell’oggetto che giocano un ruolo fondamentale nella comprensione del suo utilizzo, ma anche i vincoli culturali hanno la loro importanza, provate a dare delle bacchette cinesi ad un occidentale che non le ha mai viste, non saprà come comportarsi e come utilizzarle e rimarrà confuso, mentre un intero continente le utilizza tutti i giorni senza problemi. Un altro esempio che di sicuro è capitato ad ognuno di noi è quando ci troviamo davanti ad una porta che non riusciamo ad aprire, invece di spingere tiriamo o viceversa, non siamo noi che non capiamo come funziona una porta, ma semplicemente lei non ci comunica il giusto modo per poterla usare. Ecco che a questo proposito spesso vengono applicate scritte come “tirare” o “spingere”, ma questo serve solo ad aggirare il vero problema: la porta, o più precisamente la maniglia, non interagisce nella maniera corretta con l’utente Possiamo parlare quindi di buona affordance e di buon design quando l’utente capisce immediatamente tramite la forma e le caratteristiche intrinseche dell’oggetto il giusto funzionamento, ed essendo uno dei primi aspetti con cui l’utente interagisce è importante svilupparlo al meglio in quanto un’evidente affordance determina l’uso corretto dell’oggetto e lo rende maggiormente usabile

* Dan Saffer, Design dell’interazione, Paravia Bruno Mondadori Editori, pag 51

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fonti A

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Forchetta

“Le affordance sono costentuali e culturali” *

Bacchette cinesi (chopstick)

BUONE AFFORDANCE

CATTIVE AFFORDANCE

Pentola

Apriscatole

Manopola

Magic Mouse (Apple©)

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Metafore

La metafora ci può aiutare quando dobbiamo comunicare in modo chiaro e semplice argomenti complessi. Attraverso le metafore possiamo attribuire ad un qualsiasi elemento uno coerente parallelo, stereotipato, già presente all’interno dell’immaginario dell’utente. Soprattutto se abbiamo a che fare con modelli molto complessi attraverso le metafore l’informazione risulterà molto più immediata e fruibile. Le metafore hanno molta più forza se fanno riferimento a modelli mentali conosciuti e con cui gli utenti hanno già un certo grado di familiarità.

Uno dei sistemi che lavora attraverso le metafore più riusciti è sicuramente il desktop del computer, che produce la scrivania reale con tanto di cestino, cartelle ecc…, o come avviene per alcuni software che ripropongono lo sfogliare dei libri mentre si legge un documento digitale. Attraverso queste metafore il computer comunica con noi sfruttando il modello mentale della scrivania che già conosciamo. L’importante è che una volta che si è cominciato a far riferimento ad un certo modello mentale, le metafore devono essere coerenti e far riferimento solo a quel determinato modello per tutto il processo. Se per esempio mentre stiamo utilizzando il computer apparisse sul desktop l’icona di un cesto di frutta di sicuro a prima vista non sapremmo a cosa possa servire, perché il cesto di frutta non fa parte del modello mentale della scrivania, è totalmente fuori luogo e provocherebbe solo confusione all’utente.

Grazie alle metafore quindi possiamo illustrare anche concetti astratti o sistemi che non hanno una forma fisica autonoma. Nella pagina a fianco è rappresentato attraverso una metafore la mia situazione economica da studente universitario. Il lago rappresenta i soldi totali a disposizione mensilmente, i quali provengono dai fiumi (i miei genitori), che fanno parte delle entrate fisse, che possono essere integrate da eventuali entrate variabili dovute a qualche lavoro di graphic design, illustrazione o altro. I soldi presenti nel lago si dividono in tasse universitarie, i quali possiamo identificarli come un “investimento” grazie al quale posso ottenere e svolgere alcuni lavori da freelance e che quindi possono tornare al lago attraverso la pioggia. Un’altra uscita variabile sono le mucche che vanno ad abbeverassi al lago, queste rappresentano gli hobbies e lo svago in generale. Infine abbiamo le uscite fisse quali l’affitto, il costo dei trasporti e i bisogni di prima necessità quali cibo e vestiario.

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METAFORA DELLA SITUAZIONE FINANZIARIA DI UNO STUDENTE Entrate Uscite

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CR


EA


Prototipo

Prima di procedere alla realizzazione effettiva di un prodotto è bene cercare di testarlo su un certo numero di utenti attraverso dei prototipi, per capire al meglio le dinamiche con cui gli utenti lo utilizzano e i possibili miglioramenti che si possono effettuare. Il prototipo racchiude tutto il lavoro del designer, dalle interviste, le persona, lo studio delle affordance, le flowchart d’utilizzo ecc, insomma tutto ciò su cui ha lavorato confluisce nel prodotto finale e il prototipo è un passo importante prima della fase di realizzazione. Lo scopo principale del prototipo è la scoprire se il prodotto che abbiamo progettato svolge tutte le funzioni che avevamo pensato e se è funzionale per gli utenti. Ecco che spesso attraverso l’utilizzo del prototipo ci accorgiamo che alcune cose non funzionano e che andrebbero riviste, tutte queste osservazioni ci serviranno poi per correggere ciò che non funziona all’interno del progetto e successivamente creare un nuovo prototipo migliorato, questo finché non raggiungiamo il risultato desiderato.

I prototipi possono essere di vari tipi, si spazia da un semplice prototipo creato con con del cartoncino a prototipi che si avvicinano quasi totalmente alla forma finale dell’oggetto, ma l’importante è che svolga le stesse funzioni del prodotto che stiamo progettando. Ad uno stadio iniziale della progettazione infatti potrà bastare un prototipo semplice e grezzo creato con del cartoncino per testare la funzionalità e capire in che direzione è meglio muoversi. Se per esempio dobbiamo testare la navigazione di un sito web potremo farlo anche semplicemente con dei fogli di carta che rappresentano le varie pagine del sito, in questo modo, con poco tempo e risorse limitate, potremmo testare la navigabilità e l’usabilità attraverso una navigazione fittizia, ma fedele all’originale. La fase di test è quindi molto importante perché è in questa che i designer scoprono ciò che funziona e ciò che invece va rivisto. Per poter far capire al meglio l’utilizzo di un prodotto per esempio agli stakeholder è anche possibile creare un video, basandosi su scenari tipo, ricreando una possibile ambientazione ed utilizzando i prototipi degli oggetti. In questo modo è possibile trasmettere come veramente l’oggetto può essere utilizzato dagli utenti e attraverso questo scoprire anche eventuali correzioni da apportare al prodotto.

* Dan Saffer, Design dell’interazione, Paravia Bruno Mondadori Editori, pag 118

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“L’esecuzione dei test è anche il momento in cui qualsiasi conclusione sbagliata durante la riceca di design può essere corretta” *

Progetto di un sistema che permette l’acquisto di biglietti per il vaporetto accessibile a persone non vedenti Gruppo di lavoro: Gaspare Barraca Francesco Degl’Innocenti Dante Fusco Anna Rodighiero

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End

L’interaction design è più di ogni altra disciplina di design in continua evoluzione, si muove con gli utenti e deve saperne guidare prevedere le scelte. Il compito dell’interaction designer è quello di risolvere i problemi di tutti i giorni, trovando nuove soluzioni e nuovi strumenti per farlo, rendendo così più semplice la vita delle persone, soprattutto in questo momento in cui i dispositivi tecnologici stanno diventando sempre più complessi e pieni di funzioni il designer deve saper proporre esperienze d’uso positive e non frustanti per l’utente offrendo un veloce e fruibile accesso alle informazioni. In questi capitoli sono stati descritti solo una parte delle tecniche e dei concetti che possono essere utili ad un designer che si approcci all’interaction design, ma bisogna tenere conto che è una disciplina in continua evoluzione ed è quindi più una guida con dei concetti di base che poi ogni designer potrà implementare ed utilizzare nel modo a lui più convenevole.

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Bibliografia A

Dan Saffer 2007 Design dell’interazione Creare applicazioni intelligenti e dispositivi ingegnosi con l’interaction design Paravia Bruno Mondadori Editori

B

Bill Moggridge 2006 Designing interactions Cambridge The Mit Press

C

Donald Norman 1990 La caffettiera del masochista Milano Giunti Editore

D

Ellen Lupton, editor Graphic design thinking: beyond brainstorvming 2011 New York Princeton Architectural Press

Siti web Immagini: 1. http://www.flickr.com/photos/rufflemuffin/4011798725 2. http://www.flickr.com/photos/question_everything/3740785785 3. http://www.flickr.com/photos/26081675@N06/5461451409 4. http://www.flickr.com/photos/karin_in_paris/2456542323


Colophon Font utilizzato Titoli sezioni: PT Sans bold italic pt 200 Titolo capitoli: PT Sans bold italic pt 155 Testo: PT Sans regular/bold pt 10 Didascalie: PT Sans italic pt 10 Indice a fondo pagina: PT Sans italic pt 12 font by Paratype Software Utilizzati Impaginazione: Adobe InDesign™ CS5 Elaborazione immagini: Adobe Photoshop™ CS5 Illustrazioni vettoriali: Adobe Illustrator™ CS5 Colori utilizzati 71, 63, 56, 48 86, 85, 79, 100 0, 0, 0, 25 19, 1, 86, 3 35, 1, 12, 11 65, 0, 45, 0 7, 70, 53, 0


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