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DEL CANTO
Premessa di Giovanni Leone
L’architettura negli angoli è un libro piacevolmente scorrevole nonostante la spigolosità del tema.
Così com’è nella natura aperta e bifronte dell’angolo - che è spazio contenuto tra due semirette, in questa o dall’altra parte - questo testo non è esaustivo, nel senso che non esaurisce e chiude l’intero corpo tematico ma ne definisce l’ambito con una utile incursione che apre, indica traiettorie e nuovi percorsi da imboccare, intrigando il lettore anche non specialistico a cui viene offerta la possibilità di comprendere una questione architettonica. Il professionista o lo studente di architettura può invece trovarvi proprie vie d’approfondimento nella ricerca di soluzioni, già, perché l’angolo è tema cardine che va risolto nel progetto di architettura per legare tra loro le parti, dando vita a dialoghi introversi (tra le parti al loro interno) ed estroversi (con l’intorno, con lo spazio circostante, il contesto). Se non lo si affronta e risolve si rischia di realizzare un’architettura scomposta.
Sul contenuto del testo preferisco non indugiare ma girandoci intorno mi auguro d’invogliare alla lettura, facendo ac-cantonare ogni timore. È un libro strutturato in parti precisamente definite, quindi, basta scorrere l’indice per stabilire le soste da fare ai vari incroci che s’incontrano lungo la via e decidere la direzione da imboccare. Non abbiate timore di prendere una cantonata, leggendolo vi troverete in un campo aperto, quello del sapere. Si viene condotti dietro e dentro l’angolo preso da più lati, in un percorso sinuoso che si sviluppa tra matrici, radici, modelli e applicazioni, smussando le asperità di approccio a una figura estremamente significativa sotto il profilo architettonico che ha carattere relazionale (in quanto convergenza) e natura complessa (come generatore di forme).
Per questo è stata felice la scelta di adottare nel titolo la preposizione articolata “nel” piuttosto che “del”.
L’architettura dell’angolo? No, l’architettura nell’angolo! “Del” avrebbe indicato qualcosa che l’angolo possiede come attributo, “nel” indica invece un fattore identitario da ricercare al suo interno, nell’intimità.
Gli angoli sono determinanti in ogni forma geometrica, sia in quelle formate da spezzate ma anche nel cerchio, circuito privo di soluzione di continuità. A confermarlo basti pensare alla radice indoeuropea da cui deriva, ak, nasalizzata in ank che è l’azione del piegare (azione repentina e violenta, maschile) o del curvare (azione morbida e prolungata, femminile). Dal canto mio, cerchio e triangolo stanno l’uno ac-canto all’altro. L’angolo ha poi anche correlazione con il latino canthus e con il greco κανϑός che è angolo, orbita dell’occhio e cerchio della ruota, una ricca varietà di condizioni spaziali. Lo spigolo come canto, dunque.
A seconda della loro disposizione quattro angoli possono dare forma a figure opposte: chiusa nel quadrangolo, o aperta a incrocio in luoghi definiti spesso “i quattro canti”.
Da canto derivano anche cantone (che nel caso svizzero è usato con il significato di posto preciso, angolo come luogo di nicchia con proprie peculiarità) e cantuccio (angolo appartato), o scantonato (evitato, aggirato) da scantonare (che è appunto evitare di andare a sbattere sull’angolo e per estensione metaforica svignarsela svicolando, per aggirare un argomento impegnativo e rognoso; ma scantonare è anche proteggere il canto collocando pietre d’angolo oppure smussandolo, con arrotondamento della superficie dello spigolo o perfino svuotandolo per agevolare la manovra dei mezzi di trasporto).
Per quanto attiene alla sua genesi l’angolo è una perturbazione della traiettoria provocata dall’applicazione di una forza esogena che ne devia la direzione, come bene illustra Kandinsky in Punto, linea e superficie in cui descrive l’origine della forma manifesta nel punto - con evidenti affinità con il bindu indiano - che si presenta come una ‘macchia’ o un pieno contenuto ma che è in realtà una circonferenza dal raggio infinitamente piccolo. Applicando una forza al punto si genera la linea, che può essere a sua volta soggetta all’azione di altre forze trasversali. Il paradosso di questa genesi dinamica è che questo moto conferisce alla semiretta stabilità; infatti, per migliorare la resistenza di una superficie si fanno pieghe, come nel caso dei tubi corrugati o di una lamiera grecata. Sembra quasi che la forza sia incapace di girare l’angolo e inciampi in questo luogo d’incontro e di sosta, qui si blocca e passa il testimone alla successiva semiretta che può andare per i fatti propri, lasciando la forma aperta o convergere su altro vertice a formare un poligono o a definire quel campo che Kandinsky definisce superficie.
Si definisce angolo una porzione di piano compresa tra due semirette convergenti al suo vertice, per questo è un vero luogo d’incontro. Altro elemento indispensabile per descriverlo è il punto di vista, che può stare da questa o da quell’altra parte. In quanto generato dalla convergenza di semirette può avere carattere introverso e chiuso quando è acuto, oppure estroverso e aperto quando è ottuso, ma in tutti i casi è figlio legittimo dell’angolo giro di cui è sempre una porzione.
La ricerca della soluzione architettonica più appropriata al caso specifico richiede senso della misura, senza con ciò volersi riferire alla misura quantitativa dell’ampiezza in gradi o come radiante, ma al senso come significato, attributo qualificante l’architettura che è disciplina umanistica e non solo tecnico-scientifica. L’angolo è ciò che consente prima alla forma di venire concepita e poi di costruire un universo relazionale; quindi, è figura capace di tenere insieme la dimensione individuale con quella sociale.
Si dice andare per la retta via ma in realtà una via sempre retta condannerebbe alla solitudine privando degli incroci e della sorpresa d’incontro che si può avere cambiando direzione. D’altro canto, ogni tanto è bene dare una svolta! Non aggiungo altro, a questo punto non resta che dedicarsi alla lettura e al bel canto.