Giovanni Enrico
Appunti di Equitazione con 73 illustrazioni dell’autore, 85 fotografie e 9 sequenze fotografiche commentate
Questo file è solo un’anteprima del libro Appunti di Equitazione pertanto la maggior parte delle pagine sono mancanti. Il libro per intero è reperibile dal sito www.appuntidiequitazione.altervista.org Grazie
INDICE Introduzione....... .........................................................................7
PRIMA PARTE.............................................................13 Preparazione del cavallo e del cavaliere Capitolo I Capitolo II Capitolo III Capitolo IV Capitolo V Capitolo VI Capitolo VII Capitolo VIII
La schiena del cavallo........................................15 Lavoro alla corda con abbassatesta.....................19 Lavoro guidato a mano.....................................29 Abbassamento delle anche e flessione del treno posteriore..........................................................33 Posizione corretta in sella..................................37 Aiuti e azioni del cavaliere................................45 La ripresa d’equilibrio e la mezza fermata..........51 L’impulso.........................................................59
SECONDA PARTE.......................................................67 L’assetto leggero Capitolo I Capitolo II Capitolo III Capitolo IV Capitolo V
L’origine ..........................................................69 Posizione corretta, solidità ed elasticità...............75 Andature..........................................................85 Errori comuni.................................................101 Considerazioni sull’assetto leggero.....................107
TERZA PARTE...........................................................109 L’equitazione di campagna Capitolo I Capitolo II Capitolo III
L’istruzione alla campagna di Caprilli...............111 Preparazione attuale.......................................119 Tipologie di selle e il loro impiego.....................121
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QUARTA PARTE........................................................127 Il salto Capitolo I Capitolo II Capitolo III Capitolo IV Capitolo V
Il salto ostacoli moderno..................................129 Posizione sul salto...........................................143 Errori comuni................................................147 Esercizi..........................................................155 Conclusioni....................................................165
Bibliografia
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Introduzione L’Equitazione è uno sport bellissimo, forse perché è diverso dagli altri; è un’esperienza e un rapporto con un animale straordinario quale il cavallo. Di questa naturale bellezza se ne accorgono sempre più persone, cittadine di un mondo frenetico e moderno. In Italia negli ultimi anni sono sorti nuovi circoli ippici, sono aumentati i tesserati presso la Federazione Equestre e sono nate nuove riviste e siti internet dedicati al mondo equestre. L’Equitazione è uno sport unico nel suo genere: il contatto fisico con l’animale, caratteristica non riscontrabile in altre discipline sportive, instaura tra cavallo e cavaliere una comunicazione basata sul pensiero, qualche parola e poche azioni, generando sensazioni di benessere. Il cavaliere si ritrova con se stesso ma non da solo, cercando giorno dopo giorno di divenire una cosa sola col cavallo. L’Equitazione è l’unica disciplina sportiva che vede nelle competizioni uomini e donne1 alla pari, in quanto non necessita di forza, ma bensì di sensibilità e buona tecnica. Il cavallo, animale istintivo ed emotivo, è paragonabile ad un bambino di quattro o cinque anni che va educato con bontà, calma e, se necessario, con la giusta severità. Mai con violenza o maltrattamento di nessun genere. Dato che il cavallo porta e sopporta il cavaliere, per contribuire al suo benessere non è sufficiente accarezzarlo e coccolarlo ma è necessario prepararlo fisicamente e psicologicamente al meglio. Il cavaliere deve comprendere le paure, le ansie del cavallo e rassicurarlo, divenendo per lui tutto: amico e psicologo, infermiere e fisioterapista, allenatore e insegnante. Chi si ritrova in quanto detto è sicuramente un cavaliere capace di comprendere il proprio cavallo e di porsi al suo pari. Effettivamente, l’equitazione in questi anni si è sviluppata seguendo i suddetti principi ? 1 A eccezione del volteggio, pratica sportiva che consiste nell’eseguire esercizi ginnici su di un cavallo in movimento. Il cavallo lavora in circolo condotto alla corda dall’istruttore per la sicurezza dell’atleta.
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In realtà, si sono diffuse un po’ovunque molteplici discipline e metodi che hanno creato una certa confusione. Interpretazioni e scelte del tutto soggettive potrebbero disperdere la vera educazione equestre. La mia non è una protesta contro un particolare metodo, purché valido e che non stravolga la storia dell’equitazione. La perdita dell’educazione equestre tradizionale porta molte persone a sposare credenze del tutto infondate, come ritenere ogni razza equina affine soltanto ad una specifica disciplina e a un determinato tipo di sella. Alcune persone, senza aver mai visto un cavallo, decidono direttamente l’acquisto convinti che il problema principale sia la scelta della disciplina e della corrispettiva sella. Questo modo di pensare purtroppo si è diffuso con l’affermarsi della monta western, ritenuta da molti semplice e pratica. La bontà dei soggetti impiegati e l’utilizzo della particolare sella munita di pomello alto fa sembrare tutto facile, comodo e sicuro, dando così vita ad una equitazione fai da te. Ignorando i principi base dell’equitazione, molti aspiranti cavalieri corrono pericoli inutili, rischiando incidenti più o meno gravi. Di conseguenza, dopo un iniziale entusiasmo, perdono il desiderio di montare. Prima dell’avvento della monta western in Italia la maggior parte delle persone si avvicinavano al cavallo rivolgendosi a scuole specializzate, ritenendo l’equitazione una disciplina sportiva difficile. Purtroppo, la scarsa presenza di scuole nel territorio creava problemi logistici, costringendo gli interessati ad affidarsi ad amici esperti o alla letteratura del settore. Chi invece aveva la fortuna di frequentare una scuola di equitazione, poteva contare su ottimi cavalli e istruttori i cui insegnamenti erano il frutto di pensieri maturati nei secoli. Sin dai tempi di Senofonte2 il cavallo è stato studiato in ogni sua parte per comprenderne il carattere, conoscerne l’anatomia, per domarlo e affiancarlo all’uomo nelle varie guerre o nel lavoro nei 2 Senofonte (430/25-355 a.C.) storico e politico greco, discepolo di Socrate, scrisse gli unici trattati sull’equitazione dell’Antica Grecia giunti fino a noi. Si occupò anche di agricoltura e caccia. Mario Gennero, Omaggio a Senofonte, Collegno, Chiaromonte Editore, 2008
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Fig.1. Caprilli dimostra con la cavalla Itala di conoscere l’alta scuola impartita dai suoi Maestri
campi. A Napoli, nella seconda metà del Cinquecento, vengono stampati i primi trattati di equitazione ai quali viene fatta risalire la nascita dell’Equitazione Accademica, i cui principi sono la base di ogni disciplina equestre. Dal testo emerge un’equitazione fatta di piacere, non di agonismo o spettacolo. Non é da confondere con il dressage agonistico, i palii e nemmeno con le attività circensi. Nelle scuole venivano impartite le basi del lavoro in piano proveniente dal lavoro di scuola e veniva insegnata la nostra Equitazione, basata sul Sistema Naturale di Equitazione di Federico Caprilli3. 3 Federico Caprilli ( Livorno 1868- Torino 1907) militare Capitano di cavalleria, ideò il Sistema Naturale di Equitazione. Le principali informazioni sulla sua vita e sulla sua attività (spesso ricordate in questo libro) sono state tratte dai seguenti testi: Carlo Giubbilei, Federico Caprilli.Vita e scritti, Roma, Casa Editrice Italiana, 1909 Mario Gennero e Domenico Bergero, Federico Caprilli Cent’anni dopo, Noventa Padovana, Mia, 2007. Lucio Lami, Le Passioni del Dragone, Milano, Mursia, 2009. Luigi Gianoli, Il cavallo e l’uomo, Milano, Longanesi & C, 1967
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Fig.2. Caprilli al primo Concorso Ippico Internazionale di Torino del 1902 conquista in sella a Melopo il record del mondo superando l’ostacolo a m 2,09
Gli allievi potevano così intraprendere la via del concorso ippico4, del concorso completo di equitazione5, perfezionarsi nel dressage6 o uscire “semplicemente” in campagna, perché avevano ben chiaro cosa volesse dire montare a cavallo. L’obiettivo di questo libro non è di riscrivere ciò che è già stato studiato e scritto egregiamente negli anni, ma cercare di fare chiarezza su quelli che sono i principi base per praticare una buona equitazione. Pertanto, pur non scendendo in particolari troppo tecnici, non tralascerò di descrivere la corretta posizione in sella 4 Si intende la specialità del salto ostacoli. I concorrenti devono affrontare, all’interno di un campo di gara circoscritto (in erba o in sabbia, all’aperto o al chiuso), un percorso composto da ostacoli mobili costruiti in legno e composti da vari elementi come barriere, tavole, cancelli e balaustre. Gli ostacoli possono essere di vario tipo, definiti dritti se si sviluppano solo in verticale, larghi o triplici se presentano anche una profondità. 5 Noto come concorso completo o semplicemente completo. È una disciplina sportiva equestre olimpica che prevede il superamento di diverse prove. Le prove consistono in una ripresa di dressage, in un percorso di cross-country e nella prova finale di salto ostacoli; solitamente queste tre prove vengono svolte in tre giornate consecutive (una prova per giornata). La prova principale, che identifica la disciplina e contribuisce maggiormente alla classifica finale, è quella del cross-country. 6 Addestramento (dal francese). Il dressage è una disciplina olimpica che consiste nell’eseguire delle figure a cavallo, prestabilite da regolamento, all’interno di un rettangolo che solitamente misura mt. 20 x 60, oppure mt 20 x 40 in alcune circostanze.
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Fig.3. Momento di svago. Caprilli con un suo cavallo
del cavaliere e le azioni che deve compiere, evidenziando gli errori comuni e le posizioni scorrette. Metterò inoltre in evidenza quale debba essere la postura corretta del cavallo e quali parti della muscolatura dovrà migliorare per muoversi meglio con il cavaliere in sella e in perfetto equilibrio. La prima parte del libro si riferisce principalmente ad una equitazione classica, anche se sono convinto che gli esperti di altre discipline troveranno dei punti in comune, ed è dedicata al lavoro in piano e alla preparazione di base del cavallo e del cavaliere. La seconda parte è rivolta all’assetto leggero, la terza all’equitazione di campagna e la quarta parte al salto.
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Fig.4. sedia
Caprilli e Piccola Lark al salto di una Fig.5. Caprilli e Piccola Lark superano un reticolato di filo di ferro
Fig.6.
Caprilli nuota accanto ad un cavallo
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PRIMA PARTE Preparazione del cavallo e del cavaliere
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Capitolo I La schiena del cavallo È doveroso iniziare il capitolo parlando della schiena del cavallo e della migliore postura che deve assumere per portare una persona o qualsiasi carico. La colonna vertebrale, se inarcata, lavora come l’arcata di un ponte sottoposto al peso dei veicoli in transito. Diversamente, se la curvatura della colonna vertebrale si abbassa, il peso posto sulla schiena si scarica sulla massa corporea del cavallo, che si affatica.
Fig.1. Cavallo con schiena abbassata o concava
Fig.2. Cavallo con schiena inarcata o convessa
Nella figura 1 la linea tratteggiata indica l’abbassamento della colonna vertebrale del cavallo e la freccia rivolta verso il basso indica il cedimento. Le gambe posteriori del cavallo tendono a rimanere indietro e distanti dalla propria massa corporea (come indicato dalla freccia in basso a destra). Tale posizione arretrata dei posteriori non aiuta a sorreggere né la massa, né il carico, in quanto non appiombo1. Nella figura 2 il cavallo procede con la schiena inarcata. Stavolta la freccia è rivolta verso l’alto e indica la capacità di sorreggere il carico. Le gambe posteriori del cavallo avanzano sotto la sua massa corporea sorreggendola. Per capire meglio la differenza che esiste nel portare un peso con la 1 In veterinaria, allineamento verticale degli arti di un quadrupede rispetto a un piano orizzontale.
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Fig.3. Uomo con un sacco posizionato sui reni.
Fig.4.
Uomo con un sacco posizionato sulle spalle.
schiena concava e con la schiena convessa, facciamo un paragone con l’uomo. Nella figura 3 è rappresentato un uomo che procede trasportando un sacco posto sui reni con lo sguardo rivolto in alto e la schiena concava. Il peso posizionato sulla zona lombare e, di conseguenza, verso il basso, oltre a rendere concava la schiena impedisce alle gambe di camminare agevolmente e di sorreggere massa corporea e carico. Nella figura 4 l’uomo procede con il sacco posto sulle spalle, lo sguardo rivolto verso terra e la schiena convessa. Il peso posizionato verso l’alto è bilanciato, le gambe sono libere di muoversi con facilità e sono forti sotto la massa corporea, facilitandone il trasporto. La situazione è analoga per il cavallo con il cavaliere in sella2. Nella figura 5 il cavaliere siede indietro sulla sella caricando i reni del cavallo; spingendo le gambe avanti si aggrappa alle redini per mantenere l’equilibrio. Questa posizione in sella fa rilevare collo e testa del cavallo costringendolo a volgere lo sguardo verso l’alto. Il cavaliere seduto sulla zona lombare del cavallo, oltre a deformare la sella, fa abbassare la 2 Sedile, solitamente di cuoio, a forma concava, che si pone sul dorso del cavallo, di un mulo o di un asino per cavalcarlo.
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Capitolo II Lavoro alla corda con abbassatesta Il cavallo deve essere in grado di lavorare alla corda correttamente nelle due mani; tale lavoro va svolto in un luogo idoneo e sicuro curandosi di proteggere gli arti dell’animale. Muovere in circolo il cavallo alla corda1, senza seguire un piano di lavoro preciso non è sufficiente in quanto, anche in questa fase è necessario un lavoro mirato al miglioramento della muscolatura. Nel lavoro alla corda è indispensabile che il contatto tra la mano dell’addestratore e la bocca del cavallo riproduca il più possibile la stessa tensione che esiste nel lavoro montato con le redini. Le redini abbassatesta più idonee per questo tipo di lavoro sono la redine Gogue e Chambon2 che permettono al cavallo di lavorare con l’incollatura distesa verso il basso e l’inarcamento del tratto dorsolombare. Per garantirne l’efficacia il cavallo dev’essere indotto ad impegnare i posteriori; l’azione della frusta (anche se più appropriatamente, frustone o frusta lunga) provoca lo stesso effetto delle azioni di gamba del cavaliere inducendo il cavallo ad avanzare. Nel lavoro alla corda con la redine Chambon (parte delle stesse raccomandazioni valgono anche per la redine Gogue) bisogna prestare alcune attenzioni. Quando al cavallo viene indossata la redine, prima di agganciare i moschettoni al filetto3, è consigliabile lavorarlo alla corda per qualche minuto in scioltezza. Questo servirà a farlo entrare gradualmente in lavoro nonché a scaldarne la muscolatura. Solo in seguito i moschettoni verranno agganciati. La figura 7 mostra un giovane cavallo con Chambon tranquillo e 1 Nel linguaggio equestre italiano vengono usati dei francesismi per definire la parola corda, come longia, longhina o lunghina, derivanti dal francese “le travail à la longe”. La cui traduzione letteraria significa “il lavoro alla cavezza” (la longe è la corda corta che si aggancia alla cavezza, licol in francese); la longe de travail, è la corda lunga usata, appunto,per il lavoro alla corda. Ovviamente non è scorretto usare il termine francese longe per indicare la corda, ma è sen’altro scorretto volerla italianizzare. In Italiano sarebbe perciò preferibile usare il termine corda anziché longia o lunghina, e perciò dire, o scrivere, “il lavoro alla corda”. 2 La redine Gogue è stata ideata dall’Ing. Renè Gogue, cavaliere del Cadre Noir. La redine Chambon prende il nome da un ufficiale della Scuola Militare Francese di Equitazione. 3 Tipo di imboccatura
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Fig.7.
Cavallo fermo e ignaro dell’azione della redine (Chambon)
Fig.8. Giovane cavallo indietreggia rapidamente per l’improvvisa azione della redine (Chambon).
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fermo con l’incollatura distesa. Nel momento in cui l’addestratore richiede al cavallo di avanzare, questi rileva spontaneamente l’incollatura, avvertendo così l’azione della redine abbassatesta sulla bocca. Nonostante la maggior parte dei cavalli pongano lo sguardo verso terra, così da far cessare tale azione, alcuni, sentendosi improvvisamente trattenuti, reagiscono d’istinto e indietreggiano velocemente (figura 8), rischiando serie conseguenze. Questo è un momento delicato nel quale l’addestratore deve intensificare con rapidità e sollecitudine l’azione del frustone inducendo il cavallo a camminare. Il cavallo, nel volgere lo sguardo a terra per osservare dove mettere i piedi, pone fine all’azione della redine sulla bocca. Basteranno pochi passi per far apprendere il metodo al cavallo e a non fargli sollevare l’incollatura. L’addestratore nel lavoro alla corda deve sempre indurlo ad impegnare i posteriori favorendo così l’inarcamento del dorso. Con il passare del tempo il cavallo raggiunge l’equilibrio con la testa bassa, la schiena inarcata e l’impegno dei posteriori. Il frustone è sempre e solo un aiuto per l’addestratore. Nel lavoro alla corda deve essere tenuto basso soprattutto con soggetti giovani in modo che ne comprendano l’utilizzo senza intimorirsi, pertanto è buona norma farglielo conoscere prima. Ponendosi di fronte al cavallo (senza che indossi alcuna redine abbassatesta) con l’impugnatura del frustone possiamo strofinargli la fronte, il fianco, la groppa e il collo, mantenendo all’inizio la debita distanza dalle orecchie e dalla nuca per non spaventarlo. Nel lavoro alla corda il frustone non deve mai essere usato realmente contro l’animale se non in alcuni rari casi di estrema necessità. In questi casi va rivolto con cautela in direzione dei posteriori sulla natica appena sopra i garretti come rimprovero educativo. Se usato con cattiveria e senza motivazione, il cavallo perde la serenità non assimilando più il lavoro; cesserebbe quel rapporto basato sulla fiducia. Pertanto l’azione del frustone serve soltanto a sollecitare l’azione in avanti del cavallo, senza toccarlo, con sistematico movi21
Fig.9. Il cavallo inizia a camminare abbassando l’incollatura, inarcando la schiena e portando i posteriori sotto la massa.
Fig.10. Il cavallo procede con la testa bassa e i posteriori che avanzano sotto la massa sorreggendola
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Capitolo VII La ripresa d’equilibrio e la mezza fermata Il cavaliere deve essere in grado di far avanzare il cavallo, di rallentarlo e di fermarlo senza alterare troppo il suo equilibrio. Tirare solamente le redini per riprendere o fermare un cavallo non serve, poiché questi si scompone e perde l’atteggiamento che finora gli abbiamo richiesto. Nella figura 44 vediamo un cavallo che per sottrarsi all’azione di mano violenta del cavaliere abbassa la schiena, allunga la falcata e perde i posteriori. Nella figura 45 il cavaliere tira forte le redini e si siede “sulle reni” del cavallo che, per sottrarsi al dolore, non può fare altro che rovesciare la testa, portare avanti il petto, allontanare i posteriori e abbassare la schiena. Per entrambi i cavalieri rappresentati nelle figure sarà difficile far riprendere velocemente l’equilibrio al proprio cavallo per le successive richieste. Per capire meglio come riprendere il cavallo durante il galoppo è bene sapere che in questa andatura vi è un momento di massi-
Fig.44. Il cavaliere spinge avanti i piedi, blocca una mano sul garrese e con l’altra tira. Freno d’emergenza.
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Fig.45. Il cavaliere spinge avanti i piedi e tira a mani pari le redini.
mo squilibrio in avanti, precisamente nel terzo tempo del galoppo, quando la base di appoggio è unipodale, ovvero quando il cavallo riceve su di un solo anteriore tutto il peso della massa (figura 46). In questa fase il cavallo, sebbene abbia rilevato naturalmente l’incollatura per compensare lo squilibrio e alleggerire il treno posteriore (il quale è sollevato dal suolo ed è più alto del treno anteriore), espira l’aria e grava maggiormente sulla mano del cavaliere. Durante il galoppo il cavaliere deve seguire il movimento del bilanciere1 in modo tale che il cavallo mantenga una cadenza regolare. Alcuni cavalieri invece, alla fine del terzo tempo di galoppo, avvertendo il peso sulla mano, tendono a bloccare le mani sul garrese ondeggiando con le spalle. Così facendo, bloccano il movimento basculante dell’incollatura gravando ulteriormente il treno anteriore del cavallo, il quale tenderà ad accelerare. Nell’ipotesi che il cavallo aumenti la velocità dell’andatura, il cavaliere, per rallentarlo e rimetterlo in cadenza, deve fargli riprendere 1 Testa e collo del cavallo formano il bilanciere, così chiamato perché funge come tale oscillando durante l’andatura del passo e del galoppo.
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Fig.46. Il terzo tempo del galoppo
l’equilibrio. Mantenendo una mano passiva, una mano che resiste o che contiene con delicatezza, tale da mantenere al cavallo un’incollatura elastica e distesa, il cavaliere deve sollevare la testa ed arretrare il busto, spingere i talloni verso il basso e caricare bene il peso sulle staffe. Facendo attenzione a non spingere la gamba in avanti, deve intensificare la pressione delle gambe per impegnare i muscoli del tronco del cavallo. Il cavallo viene così spinto dall’indietro in avanti (nella mano passiva del cavaliere) e il suo baricentro viene spostato verso il treno posteriore. La figura 47 mostra la fase di ripresa di equilibrio. Il cavallo, spostato il baricentro verso il treno posteriore, rileva la nuca inspirando, alleggerendo le spalle e facendo diminuire l’appoggio della bocca sulla mano del cavaliere. Per il cavaliere non è sempre sufficiente compiere una sola volta la sequenza delle azioni sopra descritte per far sì che il cavallo rallenti e si rimetta immediatamente in equilibrio, soprattutto se questi ha aumentato molto la cadenza. In questo caso, le azioni possono
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Fig.47. Fase di ripresa d’equilibrio
essere ripetute nell’ordine più volte con maggiore o minore intensità a seconda della risposta del cavallo. Il cavaliere inizia ad esercitare le suddette azioni nel momento in cui il cavallo sta per appesantire maggiormente il treno anteriore (momento di massimo squilibrio, immagine 46), per poi rilasciarle nel momento in cui i posteriori sono avanzati sotto la massa (figura 47). Le falcate, prima lunghe, vengono accorciate con diminuzione della velocità e il cavallo può procedere in cadenza, leggero alla mano e in perfetto equilibrio. Nei concorsi ippici la ripresa d’equilibrio è indispensabile in quanto permette di mantenere fluidità e continuità durante il percorso ripristinando eventuali squilibri che si sono venuti a creare. Ad esempio, nell’affrontare una riviera2, il cavallo allunga le falcate aumentando così la velocità dell’andatura per poter superare un ostacolo largo in estensione, ritrovandosi oltre lo specchio d’acqua con il baricentro spostato in avanti. Per poter affrontare l’ostacolo successivo, ad esempio un elemento verticale, e perciò un salto in elevazione, deve poter ritrovare l’equilibrio in modo tale da impegnare i posteriori e far scaturire quella ipotetica molla che gli consente di ottenere la spinta verso l’alto e in avanti. Se il cavaliere è 2 Ostacolo formato da uno specchio d’acqua di larghezza minima di metri 2,50 a massima di metri 4,50 preceduta da una siepe, da un muretto o da un cancello, di non oltre centimetri 50 da terra.
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Fig.48. Esempio di mezza fermata durante l’andatura del galoppo. Il cavaliere arretrando il busto e intensificando le azioni delle gambe, con le mani che contengono, fa impegnare i posteriori del cavallo e rilevare l’incollatura.
in grado di eseguire una ripresa d’equilibrio, il cavallo supererà con facilità l’elemento verticale. Diversamente, se il cavaliere dovesse intervenire tirando solamente le redini, il cavallo rovescerebbe la testa (come nella figura 45) e affronterebbe l’ostacolo sbilanciato. Nel caso in cui le falcate dalla riviera all’ostacolo successivo fossero poche, il cavaliere può, se necessario, esercitare una mezza fermata. La mezza fermata è un’azione rapida e tempestiva con cui il cavaliere induce il cavallo a riprendere velocemente equilibrio e ritmo a qualsiasi andatura. Tale azione preparatoria, segnala al cavallo una nuova richiesta da parte del cavaliere (sia essa una transizione, un’azione più complessa o una ripresa d’equilibrio fine a se stessa). Le azioni che il cavaliere compie, sono pressappoco le stesse che esercita per la ripresa di equilibrio ma in modo quasi simultaneo. Il cavaliere arretra il busto e la testa spostando il suo baricentro indietro, le mani eseguono una azione di contenimento verso l’alto. Contestualmente il cavaliere compie un oscillazione del bacino dall’indietro in avanti esercitando una azione simultanea delle gambe per indurre il cavallo ad impegnare velocemente il treno posteriore. Per capire meglio una ripresa d’equilibrio rapida, possiamo servirci di alcuni fotogrammi che rappresentano il superamento di un ostacolo (provenendo da mano sinistra) ed alcune falcate successive al salto prima di una girata a mano destra.
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3 Nei fotogrammi 1, 2 e 3 il cavallo completa la parabola sul salto e compie la prima falcata.
4 La prima falcata si conclude con il terzo tempo del galoppo, dove a posare a terra è il solo anteriore sinistro (base d’appoggio unipodale, momento di massimo squilibrio). Il cavaliere, con le mani passive, inizia ad arretrare il busto incrementando la spinta dei talloni verso il basso.
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Nella fase di sospensione I il cavallo sta per iniziare la seconda falcata. Il naso e le anche sono sulla stessa linea orizzontale. Il cavaliere, con mano passiva, alta e in direzione della bocca (precisamente in direzione delle commessure labiali II), intensifica le azioni delle gambe ponendo lo sguardo alla traiettoria da seguire. Il cavallo, per intraprendere la seconda falcata, ha abbassato vistosamente le anche, impegnando fortemente i posteriori, rilevando l’incollatura e alleggerendo il treno anteriore (si può notare il cambiamento di piede degli anteriori per intraprendere il galoppo destro).
La seconda falcata pone al termine. Il cavallo pur avendo a terra un solo anteriore (ora quello destro) né si ribella con la testa alla mano del cavaliere, né grava sulla stessa, in quanto ha già trovato un discreto equilibrio. Il cavaliere ora arretra maggiormente il busto e sposta ulteriormente indietro il suo centro di gravità. Inizia la terza falcata (con il primo tempo del galoppo). La nuca del cavallo si è rilevata e le sue spalle sono libere di muoversi. Il cavallo avanza con i posteriori e il giusto appoggio sulla mano del cavaliere, lo sguardo del cavallo è attento, sereno e rivolto avanti, pronto ad eseguire le successive richieste da parte del cavaliere.
I Sospensione o sostegno: è la fase nelle andature saltate (trotto e galoppo) in cui nessun arto del cavallo è a contatto con il terreno. II L’angolo che si forma dall’unione del labbro inferiore con il superiore.
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Fig.49. Ripresa di equilibrio con evidente abbassamento delle anche, rilevamento della nuca e libertà di movimento delle spalle.
Nelle immagini risulta ben visibile come il cavallo, dopo il superamento dell’ostacolo, in sole due falcate è in grado di ritrovare il suo equilibrio diminuendo la velocità dell’andatura senza interventi bruschi da parte del cavaliere. Le azioni sono inoltre atte a infastidire il meno possibile l’animale, trattandosi nello specifico di un soggetto ardente e sensibile. I fotogrammi dimostrano l’efficacia delle azioni che il cavaliere compie per una rapida ripresa d’equilibrio, dove risulta evidente l’adeguarsi del cavallo allo spostamento, benché minimo, del baricentro del cavaliere. Il cavallo infatti, con l’impegno dei posteriori, rileva l’incollatura (senza rovesciare la testa, il punto più alto è la nuca) che si avvicina al busto del cavaliere (ben visibile nell’assetto leggero) divenendo più leggero alla mano. Questo gli permette di acquistare maggior movimento delle spalle ritrovando più facilmente equilibrio e ritmo. Se il cavaliere fosse intervenuto tirando solamente le redini, non avrebbe potuto, in due sole falcate di galoppo, diminuire la velocità dell’andatura e riprendere l’equilibrio del cavallo, nemmeno utilizzando un imboccatura più severa di quella adottata (un semplice filetto snodato ad anelli 3). Sicuramente il cavallo si sarebbe ribellato allungando la falcata e abbassando la schiena, come illustrato in alcune precedenti rappresentazioni. 3
Imboccatura tra le più delicate, anche impiegata su giovani cavalli.
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Capitolo VIII L’impulso Nei capitoli precedenti si è parlato più volte della necessità da parte del cavallo di “avanzare con impulso”. Ma cos’è l’impulso ? L’impulso viene interpretato in vari modi e si potrebbe genericamente definire come il desiderio, la volontà del cavallo, di avanzare con energia. L’impegno energico dei posteriori determina l’impulso e un movimento del cavallo senza impulso non è Equitazione. Il cavallo può avere un impulso naturale o un impulso acquisito con l’addestramento. Il cavaliere deve agire in modo da far emergere questa condizione nel cavallo. Ovviamente la volontà ad avanzare energicamente non coincide con l’aumento della velocità del cavallo. L’impulso si ottiene e si mantiene sia a cavallo fermo che in azione. Il cavallo che lavora con impulso può procedere in cadenza, riunito, rotondo con l’impegno dei posteriori e l’incollatura rilevata, senza che il cavaliere debba intervenire sulle redini ma soltanto
Fig.50. Cavallo piazzato con impulso
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Fig.51. Cavallo rotondo, raccolto con impulso e messo in mano.
fissando l’assetto corretto e un contatto costante. Il cavaliere, intensificando l’azione delle gambe e avanzando con il bacino in avanti, fa rilevare l’incollatura al cavallo, che si muoverà correttamente e giusto in mano. Non sarà la mano del cavaliere a rilevare l’incollatura, ma l’insieme dei movimenti eseguiti con impulso. I cavalli che lavorano privi d’impulso sono scomposti. Alcuni tendono a gravare il treno anteriore perdendo i posteriori, altri, mancando il desiderio di avanzare, si muovono come cavalli a dondolo e tendono ad arrotondare o a piegare l’incollatura verso il basso, tendono cioè ad incappucciarsi1. Perché il cavallo non deve essere incappucciato? La testa e il collo del cavallo formano il “bilanciere” che, oscillando ad altalena attorno al fulcro naturale (il garrese), permette al cavallo di bilanciarsi e di equilibrarsi. Il cavallo che s’incappuccia accorcia il suo bilanciere. Il collo, divenuto più corto e piegato verso il petto, oscilla meno e di conseguenza il cavallo fatica a bilanciarsi. Con il muso rivolto verso il petto, il cavallo tende a pesare sulla 1 Viene definito cavallo incappucciato quando il profilo della fronte oltrepassa la perpendicolarità col terreno verso il basso.
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Fig.52. Cavallo incappucciato dove il profilo della fronte ha oltrepassato verso il basso la linea tratteggiata
Fig.53. Cavallo incappucciato grava sulla mano del cavaliere. L’imboccatura agisce sulla lingua e sulle barre.
Fig.54. Contrazione della mano: il cavaliere contrae la mano facendo contrarre muscoli dorsali e cervicali del cavallo.
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Capitolo I L’origine L’assetto leggero, che consente al cavaliere di montare in leggerezza e seguire il movimento del cavallo, viene introdotto nella nostra equitazione attraverso gli insegnamenti di Federico Caprilli e del suo Sistema Naturale di Equitazione. Per comprendere meglio l’importanza di questo metodo, vediamo rapidamente ciò che successe poco prima della sua applicazione e come avvenne il cambiamento. Agli inizi dell’Ottocento, i metodi d’insegnamento nell’arma della cavalleria erano due: quello tedesco e quello austriaco. La cavalleria Austriaca era ritenuta una delle migliori d’Europa tanto che un Ufficiale tedesco scriveva: “Noi chiamiamo questo metodo [austriaco], il metodo naturale, mentre il nostro metodo [tedesco] può essere definito artificiale”1. Il metodo tedesco era basato sull’addestramento impartito all’interno delle cavallerizze2 e finalizzato a rendere il cavallo “alla mano”, pronto al servizio in campagna e capace di rispondere agli ordini del suo cavaliere; quello austriaco pretendeva un cavallo franco e ubbidiente, preparato ad affrontare la campagna e al superamento di ostacoli naturali. La scuola austriaca fu oggetto di studio e di visite da parte di tutte le più importanti cavallerie europee che sentivano la necessità di rinnovarsi. Verso la metà del XIX secolo, la Scuola di Cavalleria di Pinerolo in Piemonte venne riordinata in Scuola Normale di Cavalleria ed istituito uno squadrone allievi istruttori con il compito di formare docenti da immettere nei reggimenti. Si doveva lasciare la vecchia scuola tedesca ed ispirarsi all’insegnamento austriaco. Nel 1867 fu inviata a Vienna una commissione presieduta dal Colonnello Lanzavecchia di Buri3 con l’intento di cercare un ufficiale 1 Mario Gennero, Cesare Paderni Lezioni d’equitazione, Taylor Torino Editore,1996, pag. 9 2 Luogo recintato destinato all’insegnamento e alla pratica dell’Equitazione. 3 Il 27 settembre 1865 il Col. Lanzavecchia di Buri veniva nominato comandante della Scuola di Applicazione di Cavalleria, proponendosi di intraprendere un addestramento equestre più attinente alle necessità di allora. Visitando e osservando le Scuole di Vienna, Berlino e Saumur acquisì preziosi insegnamenti. Ciò contribuì a far nascere un maggiore interesse per l’equitazione di campagna.
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Capitolo II Posizione corretta, solidità ed elasticità Testa alta e sciolta, spalle aperte, busto elastico, leggermente inclinato in avanti e pronto ad assecondare i movimenti del cavallo, braccia naturalmente cadenti e leggermente piegate al gomito, in modo che l’avambraccio risulti diretto verso il garrese, mani nella stessa direzione dell’avambraccio, polsi snodati, pugni chiusi senza sforzo, con la seconda falange delle dita parallela al garrese e quasi a suo contatto. Sedere leggermente posato sulla sella, cosce oblique in avanti e a contatto della sella con la loro faccia interna, ginocchia spinte in basso, aderenti alla sella e snodate, reni in avanti e flessibili, gambe naturalmente cadenti, piedi introdotti nella staffa fino all’incavo e ben appoggiati sulla panca, tallone basso, suola in fuori.1 Federico Caprilli Come per tutte le discipline sportive, anche in equitazione la perfezione non esiste o raramente la si può riscontrare. Abbiamo visto nella prima parte di questo testo che per ottenere una posizione corretta in sella2 il cavaliere deve essere sciolto, disinvolto e dritto, senza essere impettito. L’assetto leggero, come qualunque altro assetto, deve dare la massima solidità ed elasticità in sella, permettendo di compiere le azioni nel momento e nell’intensità voluta. Questa solidità ed elasticità permetterà al nostro corpo di smorzare le reazioni del movimento del cavallo senza compromettere le nostre azioni e permetterà di stare sopra al baricentro assecondando il suo equilibrio; il nostro centro di gravità si muoverà con il centro di gravità del cavallo. Nell’assetto leggero, non bisogna confondere il concetto di “concedere la libertà al cavallo” con “fare niente”. Il cavaliere deve concedere la libertà al cavallo montando con il giusto assetto ed un contatto costante con la bocca del cavallo. Il contatto serve a sentire il cavallo, per comunicare con lui, per comprenderlo e per educarlo, impedendogli inoltre di fare ciò che vuole. Solo con 1 2
Col. Gianluigi Nomis di Cossilla, Gente di cavalli, Roma, Edizioni Mediterranee, 1962 Vedi prima parte, capitolo V, Posizione corretta in sella.
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Fig.60. Un’interpretazione di assetto Caprilliano
queste basi il cavaliere può montare concedendo libertà di movimento al cavallo. Se non vi è contatto permanente fra la bocca e la mano del cavaliere, non vi è collegamento, così come avviene al telefono quando è abbassato il microfono. […]. L’equitazione naturale racchiude in sé la soluzione di due problemi essenziali: uno che consiste nel modo di trasmettere e far comprendere al cavallo gli ordini relativi al da fare e l’altro nel non rendergli difficile, o impossibile, la loro esecuzione. I due problemi comprendono quello delle azioni della mano e dell’assetto che si traducono in quello di stare a cavallo, nell’assecondare il cavallo, nel cedere, nel formare un tutt’uno. Il cavallo nasce in campagna e sa perfettamente come regolarsi; è il cavaliere invece che deve imparare ad “andare insieme al cavallo”, senza imporgli fatiche superiori al necessario, senza ostacolarlo o disturbarlo. E’ pertanto il cavaliere che deve essere istruito mentre il cavallo vi viene esercitato 3. Gen. Mario Badino Rossi 3 Mario Badino Rossi, “Il sistema e la sua dottrina”, in Complemento alle melanconie, Scuola Tipografica Padri Giuseppini, Pinerolo, 1956
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Fig.61. Raimondo D’Inzeo su Meteor, cavallo del tedesco Fritz Thiedemann durante la finale a quattroI del campionato del mondo ad Aquisgrana nel 1956. Raimondo D’Inzeo in quella circostanza si aggiudicò la medaglia d’oro in sella a Merano.
Oggi la monta in assetto leggero è sinonimo di monta inglese e della corrispettiva sella. La denominazione “monta inglese” pare derivi da un’equitazione naturale praticata in Inghilterra all’inizio dell’Ottocento. Però chi realmente la pratica applica i principi di base del Sistema Naturale di Equitazione di Federico Caprilli. Vista l’evidente origine italiana, se si vuol contrapporsi alla monta Western (nata in America da esigenze diverse), sarebbe stato più opportuno ricorrere alla denominazione di “monta europea”. Stessa cosa dicesi per la sella. La “sella inglese” è adatta a chi applica i principi del metodo Caprilliano. Infatti nel 1903 lo stesso Caprilli fu consulente di un artigiano milanese per un innovativa tipologia di sella ancora oggi prodotta e utilizzata in tutto il mondo4. 4 Mario Cassinelli, Annuario dati sull’equitazione 2007, Caprilli nel centenario della morte, p. 130 I La prova che aggiudica il vincitore del campionato del mondo è la finale a quattro. La prova prevede che i primi quattro finalisti delle prove precedenti eseguano un percorso prestabilito col proprio cavallo e a rotazione con i cavalli degli altri finalisti. Colui che porta a termine i quattro percorsi con il minor numero di penalità è decretato vincitore. Ogni finalista prima di effettuare il percorso ha a disposizione tre minuti di tempo per montare il cavallo dell’avversario in campo prova, effettuando non più di due salti.
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Capitolo IV Errori comuni Posizione arretrata in sella
Fig.89. Posizione in sella contratta
Nella figura 89 possiamo notare che l’amazzone nell’intento di ottenere una compostezza delle gambe, arretra il bacino accentuando la lordosi del tratto lombare e reclina il busto avanti comprimendo l’inguine. Sedendo in sella in questo modo, un improbabile allineamento tra tallone e anca risulta forzato. Alla vista, la staffatura adottata dall’amazzone non sembra essere giusta, pare corta, in quanto la coscia non scende parallela alla spalla del cavallo e il ginocchio è alto. Se pur la staffatura non del tutto adeguata, l’amazzone avrebbe dovuto portare quanto possibile il bacino avanti e drizzare le spalle. In questo modo l’assetto nel suo complesso sarebbe risultato più solido, con il bacino maggiormente mobile e in grado di oscillare dall’indietro in avanti per mobilità delle vertebre lombari qualora il cavallo si fosse messo a camminare. Non riuscendo a fare tutto ciò, il suo assetto, oltre che instabile, risulta rigido nella zona lombare e le gambe forzatamente spinte indietro non sono in grado di svolgere le loro azioni. 101
Si curerà, specialmente in principio di far poche correzioni a riguardo alla posizione affinché il cavaliere non prenda l’abitudine di irrigidirsi, e nel richiedere la posizione si dovrà tener calcolo della costruzione della recluta1. Federico Caprilli Il trotto con la pancia
Fig.90. Trotto con la pancia
Precedentemente abbiamo visto che nel trotto esiste un momento in cui il movimento del cavallo fa sollevare il cavaliere dalla sella. L’errore di trottare con la pancia avviene più frequentemente con quei soggetti che spingono molto in alto il proprio cavaliere. In questi casi, il cavaliere per seguire il trotto si solleva dalla sella portando la pancia avanti fino a collocare il bacino sopra l’arcione per poi solitamente sedersi indietro sulla sella, sulla paletta. La pancia proiettata avanti, con il bacino sopra l’arcione grava, se pur di poco, il cavallo sulle spalle. Trottare con la pancia è un errore piuttosto frequente generato dall’incapacità di piegarsi all’inguine e di scendere nell’inforcatura correttamente. Esiste anche l’errata convinzione che tale movimento in avanti del bacino favorisca l’estensione del trotto. Nulla di più falso poiché il 1 Gli scritti di Caprilli riportati in questa parte, sono stati tratti da Luigi Gianoli, Il cavallo e l’uomo, Milano, Longanesi & C, 1967 pp 129 – 148.
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TERZA PARTE L’equitazione di campagna
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Capitolo I L’istruzione alla campagna di Federico Caprilli Caprilli con l’applicazione del Sistema Naturale di Equitazione ripropose il cavallo come mezzo pratico e sportivo. Applicando egli stesso il Sistema con metodo e attenzione, preparò con successo reclute e allievi provenienti non solo dall’Italia ma da tutta Europa. A tal scopo Caprilli lasciò degli scritti sull’istruzione dei cavalli alla campagna di cui riporto alcuni passi importanti. NORME INTORNO AL METODO PER L’ISTRUZIONE PRELIMINARE DEI CAVALLI E DEI CAVALIERI ALLA CAMPAGNA Per abituare i cavalli alla campagna senza rovinarli e renderli di cattivo umore, si debba approfittare sempre degli istinti naturali dell’animale, assecondarne i movimenti e le andature e produrgli il minor fastidio possibile sulla bocca, sulle reni e sul costato. […] Una volta a cavallo, si curerà che la recluta tenga le ginocchia ferme contro i quartieri, e che gli staffili siano lunghi tanto da permettere al cavaliere di appoggiare sempre comodamente l’incavo del piede sulla panca della staffa….Se gli staffili sono corti più del bisogno, si ha un assetto molte volte poco sicuro, se troppo lunghi lo stesso con l’aggravante che il cavaliere per cercare con il piede la staffa, e di ciò preoccupandosi, viene ad avere un cattivo equilibrio, e le ginocchia e le gambe, e quindi tutto il resto del corpo, poco fermi. Si ricordi che dare una giusta staffatura, è uno dei primi requisiti perché l’istruttore possa ottenere dagli allievi fermezza in sella ed assetto sicuro. Si curerà, specialmente in principio di far poche correzioni a riguardo alla posizione affinché il cavaliere non prenda l’abitudine di irrigidirsi, e nel richiedere la posizione si dovrà tener calcolo della costruzione della recluta1. Federico Caprilli 1 Gli scritti di Caprilli riportati in questa parte, sono stati tratti dal libro Luigi Gianoli, Il cavallo e l’uomo, Milano, Longanesi & C, 1967 pp 129 - 148
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Il Sistema Naturale è attento a curare l’assetto tenendo conto della costruzione della recluta e a non procurare inutili sofferenze al cavallo utilizzando principalmente come imboccatura il filetto. L’uso del filetto favoriva la recluta in quanto poteva contare su una sola redine per mano anziché due. NORME PER CAVALCARE IN CAMPAGNA SUPERANDO LE DIFFICOLTA’ DEL TERRENO In una quindicina di giorni di ben inteso lavoro in cavallerizza, l’istruttore può mettere le reclute a cavallo in guisa che non riesca pericoloso portarle all’aperto. Egli avrà loro insegnato in questo periodo preparatorio a girare, trattenere, fermare e avanzare, nel modo e colle norme stabilite. Dopo questo periodo potrà portare le reclute all’aperto, per i primi tempi in terreno piano e unito. Quivi metterà i cavalieri a frotte e a volontà, e avrà somma cura di distaccare sovente ciascun cavaliere dal gruppo. Federico Caprilli Da notare come Caprilli non facesse correre rischi inutili alle reclute portandole subito in campagna ma pretendeva una minima preparazione in cavallerizza. I primi lavori all’aperto consistevano in trotti e piccoli galoppi, con l’obbligo di mantenere cadenza regolare e direzione rettilinea. Lo scopo di questa prima parte di istruzione all’aperto è far apprendere ai cavalieri a stare calmi e a conservare la cadenza alle diverse andature, a lasciar lavorare i cavalli coll’incollatura distesa, conservando un leggerissimo appoggio e sapendo cedere e avanzare le mani quando il cavallo mostri di volere una maggiore estensione. Questa cosa si verifica sempre quando il cavallo, cambiando equilibrio, ha bisogno di spostare il centro di gravità in avanti, ed è talvolta (unito al portarsi avanti delle orecchie) un momento di attenzione. Quest’ultimo caso accade in modo particolare quando il cavallo, guarda un punto di terreno su cui deve mettere il piede. Tale movimento d’attenzione non deve essere contrariato ma anzi favorito.[…] L’atteggiamento d’incollatura distesa parallelamente al terreno, oltre 112
Fig.94. Il Tenente Bonacossa scende secondo il Sistema una scarpata. Busto avanti,cavallo appena appoggiato, tallone basso, inforcatura salda e baricentro naturalmente in basso Fig.95. Discesa esemplare del Tenente Guido Luigi
ad essere utilissimo, perché con esso il cavallo presta maggior attenzione e guarda meglio il terreno sul quale deve passare, è di sommo vantaggio anche per un’altra ragione. Esso infatti permette al cavallo di inarcare le reni e di sgravare queste e i garretti di una parte del peso, e, essendo le reni e i garretti quelli che fanno nel lavoro la fatica maggiore, è bene alleggerirli e risparmiarli, sia perché possano compiere più efficientemente la loro azione, sia perché si logorino il meno possibile. Inoltre con le reni inarcate il cavallo sopporta con minor fatica un peso maggiore. Questa cosa è evidentissima e la proviamo noi stessi che ci curviamo per portare un peso sulle spalle. Federico Caprilli Caprilli fa notare come il cavallo con la schiena inarcata, oltre a portare meglio il cavaliere in sella, si affatica e si logora meno. Gli allievi seguiti da Caprilli montavano in campagna per diverse ore o per l’intera giornata. Le loro selle davano la possibilità di sollevarsi sulle staffe liberando il tratto dorso-lombare del cavallo. 113
Fig.109. Riva del fiume
andature raccorciate per non procurargli danni (ad eccezione del passo che lo richiedevo sostenuto anche per tratti discretamente lunghi). Ad esempio, nel trotto medio e ancor di più nel trotto allungato la posata del bipede è piuttosto violenta e, se eseguito per lunghi tratti su terreni duri come stradine inghiaiate o asfalto, procura danni a tendini e nodelli. Per questo motivo ho sempre preferito eseguire un piccolo trotto, su terreni buoni. Per le stesse motivazioni anche il galoppo era contenuto e la cadenza era dettata ovviamente dal terreno e dalle ore che presumevo trascorrere in sella. Pur montando in avanti e concedendo libertà d’incollatura ho sempre cercato di tenere attivi i posteriori in modo che il cavallo procedesse con equilibrio e impulso, con il treno anteriore leggero e le spalle libere di muoversi. Quando il cavallo deve salire sopra una ripa tagliata a picco o in muratura, se non è troppo alta, egli eleva l’anteriore e lo posa sulla ripa stessa, quindi per salire punta sulle anteriori, nello stesso tempo porta quanto può più innanzi e in basso la testa, scatta quindi coi muscoli e porta su il posteriore. È necessario in questo caso che la ceduta sia completa e, se è d’uopo, l’aiuto delle gambe siano dati solamente quando il cavallo ha già le anteriori sulla ripa. Federico Caprilli
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Fig.110. Fig.111. Superamento di ostacoli naturali di campagna
Pur rispettando le esigenze dei miei cavalli, laddove il terreno e la situazione permetteva, nulla mi ha mai proibito di raggiungere la massima velocità per ogni andatura e di superare ostacoli naturali. Mi sono limitato in questo mio studio a tracciare alcune norme principali e avrò certamente lasciato molte lacune, ma il principio che mi sono studiato di mettere in evidenza e che, secondo me, è il fondamento dell’equitazione di campagna, è di assecondare sempre e favorire gli istinti e le attitudini naturali del cavallo, evitando di produrgli durante il lavoro inutili sofferenze. Federico Caprilli
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QUARTA PARTE Il salto
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Capitolo I Il salto ostacoli moderno Se cavaliere e cavallo non sanno saltare, non combineranno mai nulla: occorre che almeno uno dei due sappia come si deve andare: il cavallo addestrato insegni al cavaliere principiante. Federico Caprilli
Fig.112. Cesare Paderni
Come per l’assetto leggero, la tecnica per saltare è derivata dalle tecniche caprilliane che si imposero nel Novecento a discapito delle tecniche allora esistenti. Nella figura 112 il Cav. Cesare Paderni1 supera un ostacolo naturale. La tecnica adottata aveva la funzione di non gravare il treno anteriore del cavallo e prevedeva che il cavaliere, spingendo avanti le gambe, reclinasse il busto indietro tirando con forza le redini, in modo da tenere sollevati la testa, il collo, e gli arti anteriori del cavallo. La bocca del cavallo diveniva cosÏ il punto d’appoggio del cavaliere per mantenersi in equilibrio. 1
Vedi seconda parte, capitolo I
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do il peso sulle staffe per l’intera parabola del salto. Dagli scritti di Caprilli, riguardante lo studio del cavallo che salta in libertà, al fine di comprendere meglio cavallo e cavaliere in prossimità del salto, osserviamo nel dettaglio ciò che avviene servendoci di una sequenza fotografica che ritrae il Colonnello Piero D’Inzeo su The Rock durante l’Olimpiade di Roma del 1960. 1
Arrivando in prossimità dell’ostacolo il cavaliere dovrà permettere al cavallo di distendere il collo e la testa avanzando alquanto i pugni, senza però togliere o diminuire l’appoggio e mantenendo sempre la stessa tensione di redini.
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In seguito, quando il cavallo ritrae la testa e il collo e sposta il proprio centro di gravità indietro caricando i posteriori, il cavaliere ritrarrà alquanto le mani senza aumentare troppo la tensione delle redini.
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Non appena il cavallo è scattato, il cavaliere accompagnerà col busto lo spostamento del centro di gravità in avanti, senza però distaccar troppo il sedere dalla sella, nel medesimo tempo con l’avanzare quanto più può i pugni cedendo completamente le redini e lasciandole anche, se necessario, scorrere fra le dita, permetterà al cavallo di distendere l’incollatura: movimento questo essenzialissimo e importantissimo perché il cavallo possa compiere bene e senza dolore il salto. Si noti che questo movimento di ceduta quando il cavallo si trova per aria è della più grande importanza; il minimo urto in questo tempo da parte del cavaliere, oltre a compromettere l’esito del salto,produce altresì un azione dolorosa sul cavallo che si proroga dalla bocca alle reni e che spesso lo costringe a battere col posteriore sopra l’ostacolo. Montato senza ceduta per aria e senza che si accompagni col busto lo spostamento del centro di gravità in avanti, il cavallo si disgusta e ne derivano quindi innumerevoli inconvenienti. Federico Caprilli
Da tanta descrizione e da degne immagini c’è ben poco da aggiungere. Il cavallo affronta l’ostacolo come se fosse libero e il suo cavaliere asseconda il movimento mantenendo il baricentro basso, vicino al seggio della sella, e sopra al baricentro del cavallo, con il busto reclino in avanti, le braccia distese in direzione della bocca ed un leggero contatto. Per tutto il Novecento, la validità del Sistema Naturale di Equitazione consentì ai più audaci cavalieri di esibirsi su ostacoli difficili e di fantasia. 133
Fig.118. Il tenente Lizzato salta un automobile con disinvoltura e nella perfetta applicazione del sistema.
Fig.119. Il sottotenente Bagnetti supera una tavola imbandita
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Fig.120. Il Ten. Col. Mario Pedrelli supera un ostacolo montando un cavallo privo d’imboccatura, testiera e redini.
Una estrema espressione di libertà fu ottenuta dal Ten. Col. Mario Pedrelli, che era solito montare il cavallo privo di imboccatura, redini e testiera, non solo passeggiando per la Città di Caserta o in concorso ippico e dressage, ma anche durante la guerra nei Balcani. Di lui scriveva Lucio Lami nella prefazione del libro Senza redini3: Fu l’estate del 1958 che il tenente colonnello di cavalleria Mario Pedrelli si presentò in campo al concorso ippico di Caserta, in sella ad una cavalla,Ulla, completamente scapezzata, priva cioè di testiera e di imboccature. La giuria ebbe qualche attimo di sgomento, poi qualcuno suonò la campana. Ulla partì spedita e Pedrelli la condusse sorridendo di ostacolo in ostacolo fino alla fine del percorso, che risultò netto. La gente applaudì, come si applaude al circo, ma pochi capirono che Pedrelli aveva portato il caprillismo alle sue estreme conseguenze, visto che non può esserci maggiore libertà di bocca oltre a quella ottenuta con l’abolizione dell’imboccatura, né maggiore libertà d’incollatura che quella ottenuta con l’abolizione della testiera. Lucio Lami 3
Mario Pedrelli, Senza redini, L.L. Edizioni Equestri, Milano 1981
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Fig.121. Carlo Defendente Pogliaga su Firiem
Come Mario Pedrelli anche Carlo Defendente Pogliaga4 nel 1976, all’età di 73 anni, portò a compimento un percorso di 12 ostacoli privo di testiera in sella ad una cavalla di soli 4 anni, Firiem. Altri cavalieri montarono cavalli privi di imboccatura, con le redini direttamente allacciate alla capezzina di testiera del filetto, come il Col. Stefano Angioni su Aberali, cavallo purosangue inglese che passò poi sotto la sella dell’amazzone americana Kathy Kusner5 con la quale, sempre privo di imboccatura, superò il muro di metri 2,10 vincendo la categoria di potenza ad Aquisgrana nel 1967. A tal proposito è necessario fare una riflessione. Essendo il Sistema Naturale di Equitazione mirato ad alleviare le sofferenze del cavallo, logorandolo di meno e rendendolo meno di cattivo umore, si può arrivare a dare questo aspetto un significato etologico6. Caprilli, 4 Carlo Defendente Pogliaga, nato a Vergiate (VA) nel 1903, fu allievo della scuola militare di cavalleria di Pinerolo fino al 1923, anno in cui si trasferì a Tor di Quinto (Roma). Atleta di spicco tra le due guerre mondiali, nel 1964 all’età di sessant’anni disputò la Coppa delle Nazioni di Lucerna. Morì all’età di 97 anni. 5 Kathy Kusner fu medaglia d’argento a squadre ai Giochi Olimpici di Monaco del 1972. Fa piacere ricordare che Aberali e Kathy Kusner furono rispettivamente protagonista e controfigura nel film Il cavallo in doppiopetto, prodotto dalla Walt Disney nel 1968. 6 Etologia: moderna disciplina scientifica che studia il comportamento animale nel suo ambiente naturale
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Capitolo II Posizione sul salto
Fig.125. Parabola del salto
In questo capitolo cerchiamo di definire con maggior precisione quale debba esssere la posizione del cavaliere in sella durante il compimento di un salto. La figura 125 evidenzia le fasi della parabola del salto: la parte ascendente, la parte discendente e la ricezione. La fase in cui il cavallo stacca gli arti da terra e passa sopra l’ostacolo si chiama planata. La fase in cui il cavallo si trova all’apice dell’ostacolo e parallelo al terreno viene chiamato “vertice” o “culmine” della parabola. Durante queste fasi, il cavaliere deve rimanere sollevato dalla sella spostando il suo centro di gravità assieme a quello del cavallo, per arrecare minor squilibrio possibile. Per verificare la posizione in sella del cavaliere sul salto è bene analizzare le seguenti fasi: l’avvicinamento, il compiersi dell’intera parabola e la prima falcata successiva al salto stesso. Come per il galoppo leggero1, in alcuni momenti il cavaliere è più vicino alla sella e, in altri, più distaccato. Vediamo i passaggi. 1
Seconda parte, capitolo II
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Bibliografia BACCA Baldo, Equitazione Italiana, Milano, Edizioni Equestri, 1990 (ed.originale: Dell’arte dell’Equitare,1937) BADINO Rossi Mario, “Il sistema e la sua dottrina” in BADINO Rossi Mario, Complemento alle melanconie, Pinerolo, Scuola Tipografica Padri Giuseppini,1956 BERGERO Domenico e GENNERO Mario, Federico Caprilli Cent’anni dopo, Noventa Padovana, Mia, 2007 CASSINELLI Mario, Annuario dati sull’equitazione 2007 Caprilli nel centenario della morte, 2007 COSSILLA Gianluigi Nomis , Gente di cavalli, Roma, Edizioni Mediterranee, 1962 GENNERO Mario (a cura di), Omaggio a Senofonte, Collegno, Chiaromonte Editore, 2008 GENNERO Mario, Cesare Paderni - Lezioni d’equitazione, Torino, Taylor,1996 GENNERO Mario, Torino 1902 - 1° concorso ippico internazionale, Torino, Piazza, 1984 GIANOLI Luigi, Il cavallo e l’uomo, Milano, Longanesi & C, 1967 GIUBBILEI Carlo, Federico Caprilli. Vita e scritti, Roma, Casa Editrice Italiana,1909 LAMI Lucio, Le Passioni del Dragone, Milano, Mursia, 2009 PEDRELLI Mario, Senza redini, L.L. Edizioni Equestri, Milano,1981
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