Arcireport n 13 2014

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arcireport

settimanale a cura dell’Arci | anno XII | n. 13 | 10 aprile 2014 | www.arci.it | report @arci.it

La Carovana Internazionale Antimafie riprende il suo viaggio di Alessandro Cobianchi coordinatore nazionale Carovana Antimafie

L’edizione numero venti della Carovana Internazionale Antimafie organizzata da Arci, Libera, Avviso pubblico con Cgil, Cisl, Uil e Ligue de l’enseignement è partita martedì da Roma. I nuovi schiavi: questo lo slogan che abbiamo scelto per raccontare il cammino dei furgoni attraverso l’Italia e l’Europa. Un cammino lungo e faticoso, che percorrerà 19 regioni in Italia fino al 15 giugno, giorno in cui, in Sicilia, la Carovana festeggerà il suo ventesimo compleanno proprio laddove, per la prima volta, si mise in strada all’indomani delle stragi di Capaci e Via D’Amelio. Da ottobre, la ‘coda’ internazionale: Francia, Romania, Serbia e Malta. Parleremo di tratta degli esseri umani. Per raccontare (e farci raccontare) le storture sociali di un tempo storico in cui tutto si mercifica, dando un prezzo anche all’umanità. Un’umanità che spesso è svenduta, abbandonata a un mercato del lavoro che si alimenta di sommersione e di sfruttamento. In questo sistema, a trarne beneficio è innanzitutto la criminalità organizzata, che ha fatto suo questo core business. Ed è un giro d’affari enorme. Si calcola che nel solo 2013, nei paesi dell’Unione Europea, i proventi delle attività di tratta si aggirino attorno ai 25 miliardi

di euro. Ma se c’è chi intasca, c’è anche chi subisce: sono gli 880 mila lavoratori forzati, costretti spesso a paghe da fame e a condizioni igienico-sanitarie e sociali addirittura peggiori rispetto a quelle da cui sono fuggiti. Relegati ai margini delle nostre città, alienati rispetto ad ogni diritto, privati dei documenti di riconoscimento. Schiavi nel nome del profitto. Schiavi. Come le 270mila vittime, in prevalenza donne (oltre il 95%), dello sfruttamento sessuale. Come i 400mila potenziali lavoratori in agricoltura (l’80% stranieri) che rischiano di confrontarsi ogni giorno con il caporalato, almeno 100mila dei quali già considerati in grave condizione di sfruttamento lavorativo. Ma ognuna di queste cifre, dietro la fredda matematica, nasconde delle storie. Storie per lo più negate. Ad esempio, quella di Jerry Masslo, il primo migrante ad essersi opposto alla protervia retrograda di un razzismo che non conosce morale e che, 25 anni fa, fu assassinato in Campania. O ancora quella di Hiso Teleray, che si oppose, in Puglia, ai caporali e che ha pagato con la vita la sua ribellione. E poi quelle dei tanti che, in un medioevo della civiltà, vivono a migliaia nelle masserie diroccate, in villaggi

provvisori, in ghetti sfibrati di scarti e cartone che fanno scricchiolare le conquiste acquisite con decenni di lotte e battaglie. Il dossier Agromafie e Caporalato, redatto dall’Osservatorio Placido Rizzotto, è esplicito sulle condizioni di lavoro cui sono costretti. Di fronte ad una media di 10-12 ore di lavoro massacrante, i braccianti percepiscono un salario giornaliero che oscilla tra 25 e i 30 euro. Somma da cui vanno sottratti quelli che sono veri e propri balzelli patronali: 3,50 euro per un panino, 1,50 euro per una bottiglia d’acqua e, soprattutto, 5 euro per il trasporto. Senza contare il fitto degli alloggi che, in taluni casi, definire fatiscenti è qualcosa di molto più che un eufemismo. Con il viaggio di Carovana, che quest’anno si fonde con il progetto europeo Cartt (che fa della lotta alla tratta il suo caposaldo), vogliamo portare all’emersione questi fenomeni. Ma guai a credere che la mera conoscenza possa, da sola, costituire lo strumento di contrasto. Occorre, e in fretta, fare uno scatto in avanti. Essere sì cittadini consapevoli. Ma essere anche cittadini corresponsabili. Imparare per imparare ad essere. www.carovanaantimafie.eu


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carovanaantimafie

Perchè la Carovana Ci si mette in viaggio quando si vogliono visitare luoghi diversi da quello in cui viviamo e operiamo e quando vogliamo conoscere persone che hanno da raccontare cose nuove che neanche si immagina di potere scoprire. A volte ci si mette in viaggio quando si vuole andare a trovare qualcuno e poter rafforzare con la presenza fisica la nostra intenzione di essere parte importante della sua esistenza e del suo percorso. Altre per portare qualcosa di noi nei luoghi che si attraversano. La Carovana antimafie si mette in viaggio esattamente per le ragioni intrinseche al viaggiare stesso. Non si tratta soltanto di una dislocazione di iniziative e lotte nel territorio collegate da un solo pensiero portante, si tratta soprattutto della possibilità di creare relazioni tra le persone e le reti comunitarie, puntando l’attenzione sulla questione della costruzione di luoghi di aggregazione, di spazi di socialità, di luoghi per combattere il degrado e la marginalità sociale - terreni in cui le mafie e la criminalità prosperano - attraverso l’ideazione di una mappa reale

attraversata da un viaggio vero. Il viaggio della Carovana antimafie attraversa il territorio con un percorso a tappe che si propone di portare solidarietà a coloro che in prima fila operano per la legalità democratica e la giustizia sociale, per dare opportunità di crescita sociale, per sensibilizzare le persone affinché tengano alta la tensione antimafia, per promuovere impegno sociale e progetti concreti. La Carovana si mette in viaggio e percorre migliaia di chilometri dunque per animare il territorio e porre l’accento su questioni che si legano a quelle della democrazia, della legalità, della lotta alle mafie, come uno strumento di contaminazione che permetta di sperimentare nuove forme di partecipazione, favorire dinamiche di coesione sociale e di produzione di beni relazionali. Per questo momenti salienti della Carovana sono proprio i passaggi del testimone da tappa a tappa, rappresentati fisicamente dall’arrivo e dalla partenza dei furgoni di Carovana con a bordo i carovanieri, ovvero i ‘narratori’ ufficiali del lavoro di antimafia

sociale, coloro che quotidianamente – attraverso gli incontri con i parenti delle vittime di mafia, partecipando ai campi della legalità sui beni confiscati, elaborando modalità e strumenti nuovi di lotta alle mafie - arricchiscono e si spendono sui propri territori. Dopo l’appello a Fare società (2012) e l’invito a capire e a fare: Se sai contare, inizia a camminare (2013), la Carovana quest’anno ha come filo rosso quello della lotta alla tratta degli esseri umani. Complice un progetto europeo (CARTT) che correrà parallelamente alla Carovana italiana: quest’anno nelle oltre 70 tappe si parlerà dei ‘nuovi schiavi’. Con un occhio a coloro che non hanno diritti, lacerati dalle logiche per cui il profitto conta più dell’essere umano. Ciascuna tappa sarà occasione per condividere idee, informazioni, approfondimenti sui temi affrontati, saldare le esigenze e le proposte dei territori con quelle elaborate nazionalmente, organizzare momenti pubblici di confronto, dare evidenza alle buone pratiche diffuse in tante parti di Italia.

La Carovana 2014 è partita I primi diari dei carovanieri Davanti il mare, di fronte i Balcani di

A Vasto tra creatività, musica e progetti e

La prima tappa ci ha portato ad attraversare il centro Italia, dal caos del Gra di Roma alla meraviglia dell’Appennino, per arrivare alla costa adriatica di Pescara. In città abbiamo partecipato ad un incontro tra Arci, Libera, Cgil ed altre realtà locali che racchiudeva in sé uno dei principali significati della carovana, ossia la costruzione ed il potenziamento di una rete, in passato disgregata e quindi poco incisiva sul territorio. Le problematiche più urgenti sulle quali la Carovana ha acceso i riflettori sono quelle delle badanti e della prostituzione. In sala ci circonda la mostra sui nuovi schiavi, mentre una fumetteria di un altro quartiere ospita quella delle graphic novel. L’ultima tappa è un bistrot invaso dai volti delle vittime di mafie della mostra. Guardiamo il video I volti dell’antimafia, si beve e si chiacchiera con Tiberio, Enrico, Damiano, Ersilia, Alessandra, Lucio, Valeria, Gabriele e Federico. Davanti il mare, di fronte i Balcani...la Carovana è partita!

carovanieri

La terza tappa della Carovana ci porta verso il sud dell’Abruzzo, a Vasto. Accolti splendidamente da Lino e Francesco, trascorriamo la mattinata tra gli studenti dell’istituto Pantini-Pudente, creativi, vogliosi di far conoscere il loro territorio tramite l’arte. A tal riguardo è nato un progetto con l’Arci per lanciare al coordinatore Cobianchi, anch’egli intervenuto nel dibattito, l’idea di far realizzare agli studenti la mostra ed i materiali che in futuro potranno accompagnare il viaggio della Carovana. Il pomeriggio scorre tranquillamente nel caffè ‘L’abitudine’ tra musica, chiacchiere e la visione del filmato I sogni hanno gambe. Tra un impegno e l’altro troviamo il tempo per fare spese nella bellissima bottega equo solidale di Lino. A chiudere questa tappa ci pensa un pezzo di Puglia, di profondo sud. La musica di Daniele Di Maglie, ricca di melodie e di profondo significato, accompagna la fine della giornata e ci proietta verso il prossimo viaggio!


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migranti

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Non lasciamo che ci derubino del sistema d’accoglienza integrata! di Valentina Itri ufficio Immigrazione e Asilo Arci nazionale

Tutte le volte che abbiamo denunciato l’inadeguatezza di un sistema di accoglienza parallelo a quello dello Sprar lo abbiamo fatto riferendoci a luoghi e persone. Il rispetto almeno degli standard minimi sull’accoglienza non può in nessun caso esser bypassato. Non dovrebbe esserci emergenza che ne giustifichi il mancato rispetto: di fatto, in questi anni, non c’è stata alcuna emergenza che avrebbe potuto. Hanno però voluto dare questo nome all’arrivo massiccio di persone in fuga dalle lotte che hanno caratterizzato il periodo delle primavere arabe: emergenza nord Africa. Ed ecco che una nuova sigla si è aggiunta alle già numerose sigle che indicano i centri di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati: centri ENA. Centri che hanno fatto danni. Hanno ‘conservato’ una condizione di non autonomia delle migliaia di persone accolte. Hanno esaurito tutti i fondi disponibili per poi chiudere improvvisamente e lasciare le persone per strada. Dopo due o tre anni. Due anni uguali a due

giorni laddove non c’è stato un corso di italiano, un orientamento ai servizi, un percorso di integrazione. Hanno lasciato comuni feriti, comuni che hanno avuto paura di investire il proprio capitale sociale per il nuovo bando Sprar: troppo brutta l’esperienza dei centri ENA, delle tendopoli prefettizie, delle caserme improvvisate ostelli e degli hotel scampati al fallimento sulle spalle dei profughi. E poi l’amara questione degli enti gestori improvvisati. La fame di lavoro è tanta e comprensibile. Ma la dignità delle persone non può e non deve esser fagocitata. Il delirio di onnipotenza, con il quale la maggior parte degli operatori sociali si è confrontato e che tutti quelli esperti e con una formazione adeguata e aggiornata hanno saputo controllare, gestire e annullare, ha fatto vittime. Non lasciamoci derubare del sistema di accoglienza integrata per il quale abbiamo lavorato negli ultimi vent’anni. Le ultime circolari del Ministero dell’Interno hanno lasciato l’Arci interdetta. Non riusciamo a dare una risposta di buon

senso all’intenzione di voler riabilitare le strutture alberghiere nella gestione dell’accoglienza di richiedenti protezione internazionale, prevedendo addirittura una copertura finanziaria superiore ai 30 euro pro capite pro die non quantificata. Alcuni comitati territoriali dell’ Arci hanno accettato il loro coinvolgimento promuovendo una convenzione nella quale gli standard di riferimento fossero quelli dello Sprar e non quelli dei CARA. Così in Veneto, Lombardia, Toscana, Umbria, Abruzzo e Puglia l’Arci ha imboccato la strada parallela del sistema di accoglienza prefettizio chiedendo che questa confluisca in quella ordinaria dello Sprar. Laddove non siamo direttamente coinvolti nell’accoglienza siamo comunque in prima linea per garantire tutela legale e sociale a tutte quelle persone ospitate in strutture dove non è previsto nemmeno un mediatore linguistico. Ma siamo stanchi, vorremmo un Ministero dell’Interno che faccia tesoro delle esperienze pregresse e di un passato affatto remoto.

Fermiamo ‘Io sono io e tu sei tu’ Un appello firmato da Arci Catania e Arci Sicilia Come realtà impegnate sul fronte dell’accoglienza, dell’integrazione, dell’educazione all’antirazzismo e della difesa dei diritti dei migranti esprimiamo profonda preoccupazione su quanto sta avvenendo attualmente intorno al CARA di Mineo. L’intensa attività di propaganda messa in opera dai privati gestori di quel campo ha l’evidente obiettivo di mascherare una realtà completamente diversa, di cui la stampa ha riportato più volte eventi drammatici: il suicidio del ventunenne eritreo Mulue Ghirmay il 14 dicembre scorso, i casi di prostituzione di alcune donne ospiti (nonostante le timide smentite), le rivolte contro governo e gestori per le lunghe attese burocratiche, la mancanza d’assistenza sanitaria, il cibo scadente. Per non parlare delle condizioni strutturali: l’enorme capienza tollerata di oltre 4000 ospiti e la notevole distanza dal più vicino centro abitato, ‘qualità’ che rendono il CARA un vero e proprio ghetto, distante anni luce dall’idea di reale inserimento sociale propagandata. Per promuovere la millantata ‘buona prassi’ del CARA, i gestori di questo

centro hanno finanziato la produzione e la distribuzione del docu-film Io sono io e tu sei tu. Il progetto è quello di proiettarne una riduzione di 20 minuti (la sola fiction) in tutte le scuole elementari e medie siciliane, proponendo quindi l’approccio e le prassi del CARA come strumento educativo e come modello da replicare. La promozione del docu-film e del CARA da parte dei privati gestori non finisce qui. Il Comune di Catania infatti si è fatto promotore di una partita di calcio allo stadio Massimino tra la nota nazionale attori e la meno nota squadra formata dai richiedenti asilo del CARA (patrocinatori della partita sono anche il cantautore Franco Battiato e l’attore Bruno Torrisi). Ci chiediamo se Istituzioni e personalità coinvolte siano al corrente di una realtà diametralmente opposta da quella rappresentata nel documentario e promossa anche attraverso questa partita di calcio. La sensazione che vorremmo fosse smentita dai fatti è che una lobby trasversale sia rispetto ai partiti sia rispetto ai dovuti confini tra pubblico appaltante e privato gestore, stia

portando avanti una serie di iniziative volte ad ammantare di perbenismo e di una presunta morale dell’accoglienza politiche e prassi assolutamente degradanti per chi le vive. Io sono io e tu sei tu avrebbe l’intento di proporre valori e azioni volte all’integrazione e al supporto dei diritti dei migranti che noi non mettiamo in dubbio (prova ne sia l’impegno che da anni ci distingue in questo campo), ma è certo che tali valori e tali azioni non possono essere diffusi da fondazioni private evidentemente collegate a chi questi contenuti non li mette in pratica nella realtà. Chiediamo dunque che il Provveditorato agli studi blocchi la distribuzione del film presso le scuole che rappresenta come Istituzione, per evitare di rendersi partecipe di un’opera di propaganda tutt’altro che educativa, ma tesa piuttosto a legittimare un modello d’accoglienza basato sopratutto sull’interesse di chi lo gestisce e che appare funzionare solo nella finzione del docu-film. Tra le organizzazioni firmatarie dell’appello anche Arci Catania e Arci Sicilia.


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cultura

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Libera cultura in liberi spazi di Carlo Testini

Qualche tempo fa abbiamo realizzato un adesivo dell’Arci con la frase Libera cultura in liberi spazi. Era un grido d’allarme che veniva dai tanti che nel nostro Paese cercano di realizzare attività artistiche e culturali senza chiedere per forza sovvenzioni pubbliche. Le forme di auto-organizzazione di artisti e creativi vengono da lontano e si intrecciano con la storia del movimento associativo e culturale non profit. Già agli inizi del ‘900 nelle Case del popolo e nelle Società di mutuo soccorso si ospitavano progetti artistici, rassegne di cinema e teatro, mostre di artisti più o meno noti. Il nostro Paese, come molti altri in Europa, è sempre stato terreno di sperimentazione di forme organizzative nel campo della cultura e dell’arte che hanno permesso ad artisti, operatori e lavoratori della cultura di trovare casa.

pulsanti della comunità in cui si vive. Oggi più che mai c’è una domanda di spazi che abbiano costi accessibili per contrastare la scarsità di risorse e promuovere l’accesso alla cultura messo in crisi dalla diminuzione del reddito delle famiglie. Ma c’è anche una forte spinta a riappropriarsi di spazi di proprietà pubblica che sono della collettività e che possono essere riconvertiti in luoghi di condivisione e di innovazione attraverso progetti culturali ed artistici. L’8 agosto del 2013 veniva approvato un decreto legge a nostro avviso importante perché dava un segnale di cambiamento nelle politiche culturali italiane dopo molti anni di tagli e di triste declino. Il decreto n.91, denominato ‘Valore Cultura’, era a firma del Ministro Massimo Bray e l’articolo 6 aveva per titolo ‘Disposizioni urgenti per la realizzazione di centri di

zie sulla lentezza del censimento degli immobili pubblici e incredibili dati sul loro utilizzo. L’Istituto Bruno Leoni ha calcolato che il valore degli immobili pubblici «potenzialmente liberi, quindi non necessari ai fini istituzionali né affittati ad altri» ammonta a 42 miliardi di euro. Un patrimonio gigantesco utilizzato male. Nel DEF (Documento di Economia e Finanza) approvato martedì 8 aprile, nel capitolo dedicato alle privatizzazioni, si legge che si vuole accelerare il trasferimento dei beni immobili demaniali non utilizzati alle amministrazioni locali per rafforzare il cosiddetto ‘federalismo demaniale’. Processo assolutamente condivisibile visto il ruolo fondamentale delle politiche culturali territoriali, anche se rischia di svuotare di senso l’articolo 6

Soprattutto quando era più difficile parlare di contemporaneo con le istituzioni culturali nazionali e territoriali. Per questo, al di là delle statistiche ufficiali su spettacoli e produzioni artistiche, abbiamo sempre sostenuto che esiste un vasto e straordinario mondo, diffuso e dinamico, che produce e promuove cultura in modo indipendente e spesso più interessante di molti percorsi istituzionali e accademici. Il dibattito sul ruolo della cultura e, più in generale, delle politiche culturali in Europa e nel nostro Paese è ancora vivace ed è parte del ragionamento sullo sviluppo territoriale futuro. Ma per dare gambe ad un progetto culturale di qualsiasi tipo, c’è sempre bisogno di uno spazio. Dove progettare, produrre, condividere con altri, incontrare i cittadini del proprio quartiere, ospitare produzioni e artisti di altri Paesi. Uno spazio che diventa uno dei cuori

produzione artistica, nonché di musica, danza e teatro contemporanei’. Nella legge si dava mandato al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT) di individuare, insieme al Ministero dell’Economia, spazi del demanio che potessero essere ristrutturati e messi a disposizione di progetti scelti con bandi. Il 25 novembre si è svolto al MIBACT un importante incontro con molte organizzazione del settore culturale, comprese quelle dell’associazionismo culturale no profit, per un confronto sulla norma e sull’operatività della stessa. Dopo quella data nulla è più accaduto. Sembra essersi tutto arenato al Ministero dell’Economia (MEF). Per questo in queste settimane il circolo Fanfulla di Roma ha lanciato una campagna di mail bombing che chiede agli artisti di inviare una lettera al MEF per sbloccare la situazione. Nel frattempo leggiamo sui giornali noti-

di ‘Valore cultura’ se una percentuale di questi immobili non viene vincolata agli usi previsti dalla legge. L’altro grave rischio è che gli enti locali, strangolati dal patto di stabilità e dalla crisi, facciano cassa vendendo gli immobili statali a loro trasferiti. Beni pubblici che dovrebbero essere messi a disposizione della collettività e potrebbero davvero ospitare progetti di imprenditorialità culturale profit e non profit. Se si vogliono davvero sostenere politiche culturali che valorizzano le esperienze innovative e diffuse, è necessario che si acceleri ogni provvedimento utile a dare spazi (e spazio) all’arte e alla creatività. Deve essere un impegno del Governo, dell’ANCI, delle Regioni e delle forze politiche che in questi anni hanno sostenuto la necessità di fare della Cultura uno dei pilastri per rilanciare il Paese e rafforzare la nostra democrazia.


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cinema

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Da Arci Movie nasce a Napoli il progetto FILMaP

Arci Movie, storico circolo napoletano di Ponticelli, ha presentato alla stampa, lo scorso 7 aprile, il progetto FILMaP - Centro di formazione e produzione cinematografica a Ponticelli, finanziato con il sostegno di Fondazione con il Sud, nell’ambito del bando ‘Progetti speciali e innovativi 2010’. Il progetto è stato illustrato, attraverso un ampio dibattito, da Roberto D’Avascio, presidente di Arci Movie, Maria Teresa Panariello e Antonio Borrelli, coordinatori della progettazione, Leonardo Di Costanzo, regista e coordinatore scientifico del progetto, Antonella Di Nocera, presidente di Parallelo 41 Produzioni e da Carlo Borgomeo, presidente di Fondazione con il Sud. Hanno portato il loro contributo anche esponenti dei partner produttivi, quali Teatri Uniti e Figli del Bronx, Greta Barbolini, presidente di Ucca, e dirigenti scolastici. FILMaP nasce quale centro di formazione e produzione cinematografica a Ponticelli nella masseria Morabito, sede storica di Arci Movie, quale esito di un lavoro culturale e sociale che l’associazione svolge da 25 anni sul vasto territorio della periferia orientale di Napoli. Arci Movie, nata nel 1990 per scongiurare la chiusura del cinema Pierrot, unica sala della zona orientale di Napoli, ha da sempre caratterizzato la sua azione di promozione sociale e culturale con cineforum, rassegne, arene estive, attività educative e formative. In particolare, i laboratori di cinema realizzati con i giovani e le scuole hanno incontrato da sempre una straordinaria partecipazione. Da qui l’idea di un cinema ‘leggero’, promosso con la cooperativa Parallelo 41 Produzioni, realizzato con costi bassissimi, tecnologie digitali, troupe ridotte, location di strada, attori e talenti

provenienti dalla realtà al fine di creare film scritti e diretti da ragazzi, coinvolti in prima persona in un ampio processo che, attraverso la dimensione del lavoro collettivo, ha cercato di valorizzare le singole competenze. A questa esperienza, nel corso del tempo, si è affiancata la promozione del cinema documentario napoletano e nazionale, particolarmente vivace negli ultimi 15 anni, attraverso AstraDoc - Viaggio nel cinema del reale, rassegna sul documentario d’autore che Arci Movie organizza dal 2009 in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II, riaprendo lo storico Cinema Academy Astra di Napoli. Giunta alla sua quinta edizione, Astradoc è oggi per il pubblico napoletano e per i documentaristi italiani un appuntamento importante ed un’apprezzata occasione di promozione delle loro opere.

Di questo percorso educativo, formativo e produttivo FILMaP è stato il naturale sviluppo. Il progetto prevede tre fondamentali attività: Movielab, Atelier di Cinema del Reale, Service e Produzioni. La prima consiste in laboratori gratuiti di cinema per bambini e ragazzi dai 10 ai 18 anni condotti da filmmakers napoletani, con oltre 200 partecipanti, 60 ore di didattica per ogni modulo, circa 40 scuole coinvolte e 20 cortometraggi da realizzare. La produzione di cortometraggi sarà indirizzata a promuovere un’alfabetizzazione al linguaggio audiovisivo e cinematografico a partire dalle scuole. La seconda attività si riferisce a un percorso annuale gratuito di formazione e produzione cinematografica per 16 giovani dai 18 ai 28 anni, coordinato dal regista Leonardo Di Costanzo. Sono previste 400 ore di full immersion formativa per un totale di 10 settimane; 22 giornate di master class con professionisti del cinema; 200 ore di stage da svolgersi presso i partner di produzione cinematografica del progetto; 20 film

documentari da realizzare con i partecipanti che saranno registi, operatori, montatori, tecnici del suono. Il percorso formativo, orientato al cinema documentario, sarà per i giovani partecipanti una reale occasione di esperienza formativa, creativa e professionale. I partner produttivi, dopo la fase di formazione, seguiranno il percorso di sviluppo e realizzazione di 4 lungometraggi documentari con 4 troupe formate dai 16 partecipanti. L’Atelier si concluderà con una presentazione pubblica di tutte le opere realizzate, che, grazie al coinvolgimento di partner distributivi, saranno diffuse attraverso i circuiti nazionali ed internazionali dei festival di cinema. L’ultima attività sarà caratterizzata dalla gestione di attrezzature di ripresa e montaggio professionali, che permetteranno di produrre lavori audiovisivi di alta qualità, proponendo FILMaP quale centro innovativo del cinema indipendente napoletano e polo culturale e produttivo di riferimento del Sud Italia. Un progetto complesso quindi, che mira a moltiplicare esponenzialmente le singole azioni messe in campo da Arci Movie nel corso degli anni, spesso come risposta emergenziale ai vuoti istituzionali, culturali, sociali, familiari del territorio di riferimento: il tempo pieno assente nelle scuole; l’audiovisivo ancora non previsto nei programmi scolastici ministeriali; una formazione specifica sul documentario d’autore, che oggi vince i festival di settore e si afferma come genere cinematografico; la mancanza di uno spazio fisico quale centro di aggregazione culturale e sociale nella periferia napoletana, dove i talenti possono convergere e trovare i mezzi e gli strumenti necessari per dare vita ai sogni e costruire occasioni professionali. Il bando completo del progetto FILMaP è sul sito www.arci.it


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arenapace

All’Arena di Verona va in scena la Pace di Mao Valpiana presidente nazionale Movimento Nonviolento

Il 25 aprile il popolo della pace, della solidarietà, del volontariato, torna a riunirsi. È stato scelto il giorno della liberazione e della resistenza, per riviverne e rinnovarne i contenuti, questa volta per liberarsi dalle armi e resistere con la nonviolenza. Convocarsi all’Arena di Verona ha un forte carattere evocativo e simbolico. Non si tratta di una marcia, per manifestare, né di un corteo di protesta. In Arena si farà un’assemblea e sarà anche una festa. I vari movimenti stringeranno un patto per avanzare proposte e dar vita ad iniziative comuni che proseguiranno dopo l’Arena, per costruire politiche di pace e di disarmo. Il principio fondamentale del ‘ripudio della guerra’ affermato dai Costituenti deve ancora essere applicato. La guerra non è ripudiata, anzi è accuratamente preparata e spesso realizzata producendo profonde lacerazioni non solo alla Carta costituzionale, ma alla sicurezza civile e sociale della comunità, alla quale vengono sottratte preziose risorse: in Italia sono presenti 18,5 milioni di poveri e oltre 3,3 milioni di disoccupati. Le spese per gli armamenti che preparano le guerre, rende così inermi sia cittadini che i principi fondamentali della Costituzione repubblicana. Dunque ripudiare la guerra, ristabilire i principi costituzionali, promuovere la difesa civile e sociale dei diritti è compito che spetta alla nostra generazione. Domandiamoci: quali sono oggi i veri pericoli? Un’invasione nemica, o non piuttosto la povertà crescente, la mancanza di servizi sociali, la scuola abbandonata a se stessa, la sanità che non funziona bene? Queste sono le vere ‘minacce’ alla pace. La peggior minaccia in assoluto è quella

della preparazione di una nuova prossima guerra che porterà morte e distruzione per tutti. E dunque il primo passo, per noi, è cominciare dal disarmo. Distruggere le vecchie armi, non produrne di nuove. Liberare risorse per difendere la pace. Ecco la vera difesa. L’art. 52 della Costituzione afferma che è sacro dovere dei cittadini difendere la patria. È un principio che non è mai stato attuato davvero, perché per difesa si è sempre e solo intesa quella armata, affidata ai militari. Una delega in bianco che ci ha espropriati di un nostro diritto/ dovere. Le grandi battaglie per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza e del servizio civile iniziate fin dal dopoguerra hanno portato al riconoscimento nel nostro ordinamento giuridico che la difesa della patria è molto più articolata ed estesa di quella semplicemente militare. Noi oggi sappiamo che la difesa della patria è difesa della vita, dell’ambiente, del territorio, dei diritti, della dignità, della famiglia, del lavoro. Come ha denunciato il Segretario generale Ban Ki-moon, l’ONU ha un bilancio annuale pari alla metà di quanto si spende ogni giorno nel mondo per gli armamenti, cioè per preparare e fare le guerre. In un pianeta dove i governi non hanno mai speso tanto globalmente per armarsi, come documenta anno dopo anno il rapporto internazionale del SIPRI, siamo ancora prigionieri della follia della ‘logica di potenza’. L’Italia è tra le prime dieci potenze per spese militari, mentre siamo tra gli ultimi in Europa per le spese dedicate all’istruzione. Dall’Arena di Verona verrà lanciata la campagna per il disarmo e la difesa civile, centrata sulla presentazione di una proposta di legge di iniziativa popolare per istituire un Dipartimento che coordini il servizio civile, la protezione civile, un Istituto di ricerche sulla pace ed i corpi civili di pace. Il finanziamento della nuova difesa civile dovrà avvenire grazie all’in-

troduzione della ‘opzione fiscale’, cioè dare la possibilità ai cittadini, in sede di dichiarazione dei redditi, di destinare una quota alla difesa nonviolenta, togliendola dai finanziamenti per quella armata. All’Arena di pace e disarmo saranno presenti molti testimoni e tanti musicisti, ma i veri protagonisti saranno i costruttori di pace che decideranno di togliere definitivamente il loro consenso al militarismo, per disarmare l’economia, la politica, l’esercito. www. arenapacedisarmo.org

il programma Ridurre le spese militari, investire nella prevenzione dei conflitti armati, costruire i corpi civili di pace, rilanciare il servizio civile, smilitarizzare i territori: saranno alcuni dei temi forti dell’evento che vedrà, tra gli altri, la presenza di Alex Zanotelli, Lidia Menapace (partigiana e femminista), don Luigi Ciotti, Alice Mabota (leader pacifista del Mozambico), con molte testimonianze sulle iniziative promosse dal movimento per la pace in Italia e all’estero. Sarà anche una giornata di festa, con tanta musica, proposta dagli artisti che hanno aderito: Simone Cristicchi, Grazia De Marchi, Vittorio De Scalzi, Farabrutto, Eugenio Finardi, Deborah Kooperman, Alessio Lega, Alessandro Mannarino, Nardo Trio, Alberto Patrucco, Pippo Pollina, David Riondino e con la partecipazione delle Bocche di rosa. Si inizierà alle ore 12 in piazza Bra con l’inaugurazione di mostre fotografiche e pittoriche, mentre la piazza si animerà di flash mob realizzati dagli studenti e dai giovani in servizio civile e arriveranno le biciclettate Resistere-pedalare-resistere degli Amici della Bicicletta. Alle 14 inizierà lo spettacolo con alternanze di testimonianze, musica, letture, video; alle 18 verrà presentata la nuova campagna Disarmo e difesa civile non armata e nonviolenta e poi proseguirà la maratona musicale fino a sera.


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esteri

Ungheria sempre più a destra Vince Orbàn e il partito neonazista Jobbik supera il 20% Secondo l’ufficio elettorale ungherese la lista governativa Fidesz-KDNP avrebbe ottenuto il 44,36% dei voti, seguita dall’Alleanza Democratica a quota 25,89%. Terzo il partito di estrema destra Jobbik col 20,46% dei consensi, quarti i liberali ambientalisti dell’LMP col 5,24% e quindi fuori dal Parlamento. Il vero vincitore è dunque Viktor Orbán, 50 anni, capo del governo fra il 1998 e il 2002, e poi tornato alla guida del paese nel 2010, quando è riuscito ad accreditarsi come l’unico politico capace di difendere gli interessi nazionali. Chi lo sostiene afferma che con lui l’Ungheria ha imboccato la strada dello sviluppo e ritrovato la sua dignità. Prima del voto, Orbàn aveva chiesto agli ungheresi di sostenerlo per portare avanti la «lotta per la libertà» del paese dai tecnocrati dell’Ue, dalle banche e dalle multinazionali. In molti gli hanno dato fiducia. L’affluenza alle urne è stata bassa, intorno al 62%, inferiore a quattro anni fa. «Chi sta a casa regala un voto a Orbán» aveva detto il leader socialista Attila Mesterházy, membro dell’Alleanza Democratica che ha riconosciuto la sconfitta. Già ben prima delle elezioni l’opposizione di centrosinistra aveva denunciato di disporre di pochissimo spazio durante la campagna elettorale e di essere penalizzata da un sistema elettorale nuovo, studiato dall’esecutivo sulla base dei suoi interessi, con una ridefinizione delle circoscrizioni a vantaggio delle forze di governo. Gli appelli dell’opposizione a bocciare un potere antidemocratico e antisociale, a mandare a casa un esecutivo che sta rendendo il paese sempre più dipendente da Mosca sul piano energetico non hanno funzionato. Hanno prevalso la capacità del premier di toccare corde alle quali gli ungheresi sono sensibili, l’assenza di soluzioni alternative e anche una certa rassegnazione. Tutto questo in un paese diviso su tutto. Gli elettori del Fidesz sottolineano che con Orbán l’economia ha ripreso a crescere, l’inflazione è diminuita, il deficit di bilancio è sotto il 3% ed è stato dato all’Unione europea un segnale chiaro: «Qui sono gli ungheresi a comandare». Il primo ministro è indubbiamente abile a rilevare le contraddizioni esistenti nell’Ue, la sua distanza dalle popolazioni dei diversi paesi e dai loro bisogni. Orbán appare così ai suoi connazionali come

quello che ha saputo opporsi all’arroganza di Bruxelles e all’invadenza del Fondo Monetario Internazionale. Da una parte lui, dall’altra un’opposizione guidata da figure impopolari come Gyurcsány o poco carismatiche come il giovane Mesterházy che hanno cercato di controbattere ai proclami del premier definendo non concreta e non sostenibile la pretesa crescita economica dell’Ungheria. Secondo lo scrittore Gyögy Konrád ci sarà pure crescita nel paese ma sono aumentate anche le disuguaglianze e il divario fra ricchi e poveri. Secondo stime recenti un terzo degli ungheresi soffre la povertà e però, fanno notare gli oppositori del Fidesz, il governo costruisce stadi di calcio mentre ci sono altre priorità come la scuola e la sanità. Ma per Fidesz l’Ungheria è rinata

e Budapest non è mai stata così bella, con le opere che sono state realizzate, facciate ristrutturate, piazze nuove. A cominciare da quella del parlamento che è stata reinterpretata in chiave autocelebrativa. Preoccupa poi il risultato di Jobbik, segnale della crescita dell’ultranazionalismo. Il partito non è riuscito a diventare la seconda forza politica, ma è cresciuto rispetto al 2010 passando dal 16,7% a quasi il 21% e in questi ultimi anni si è distinto per esternazioni e proposte di carattere antisemita, iniziative anti-Rom, performance antieuropeiste con tanto di rogo della bandiera Ue e realizzazione di un busto in onore di Horthy, installato nella chiesta protestante di Budapest, a poca distanza dal parlamento.

Libertà per i media in Turchia Il premier turco Erdogan governa la Turchia in un clima di inaccettabili minacce alla libertà di stampa e di espressione. Al centro di scandali finanziari gravissimi, ha tradito la democrazia imponendo la censura sui media. Ha oscurato i social network, irrigidito il controllo sulle televisioni e posto sotto tutela i principali quotidiani, che hanno licenziato giornalisti ‘scomodi’ anche in Italia. I 74 milioni di cittadini turchi oggi non hanno accesso libero a facebook e youtube, mentre un tribunale è riuscito a ripristinare, non sappiamo quanto stabilmente, le comunicazioni via twitter. Media Initiative, l’Iniziativa Europea per il Pluralismo dei Media, esige il rispetto del diritto di tutti ad usare ogni mezzo di comunicazione e di libera espressione. L’Unione Europea, che ha in gestione il dossier per l’eventuale adesione della Turchia, deve esercitare ogni tipo di pressione per garantire la libertà dei media e le libertà digitali. I cittadini turchi che si ribellano contro il mediacidio in corso non devono essere lasciati soli, ma

devono sapere che l’Europa è con loro. E sarà più forte quando avrà approvato una direttiva europea a tutela delle libertà dei media e del pluralismo dell’informazione, come si può chiedere firmando su www.iniziativamedia.it Per queste ragioni, l’8 aprile si è tenuto un partecipato sit-in di protesta davanti all’Ambasciata della Turchia a Roma, a cui hanno aderito EuropeanAlternatives, Arci, Slc-Cgil, Fnsi, Articolo 21, Tilt e AllianceInternationaledesJournalistes. Erano presenti esponenti della comunità turca, tra cui la giornalista YaseminTaskin, licenziata in tronco per rappresaglia, su imput del governo turco, dalla testata per cui lavorava come inviata in Italia.


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benicomuniambiente

Basta austerità! Basta privatizzazioni! Appello del Forum italiano dei movimenti per l’acqua per la costruzione di una manifestazione nazionale il 17 maggio Una nuova stagione di privatizzazione dei beni comuni, di attacco ai diritti sociali e alla democrazia è alle porte. Se la straordinaria vittoria referendaria del 2011 ha dimostrato la fine del consenso all’ideologia del ‘privato è bello’, e se la miriade di conflittualità aperte sulla difesa dei beni comuni suggeriscono la possibilità e l’urgenza di un altro modello sociale, la crisi, costruita attorno alla trappola del debito pubblico, ha riproposto con forza e ferocia l’ideologia del ‘privato è obbligatorio e ineluttabile’. L’obiettivo è chiaro: consentire all’enorme massa di denaro accumulata sui mercati finanziari di potersi impossessare della ricchezza sociale del Paese, mercificando i beni comuni e alienando i diritti di tutti. Le conseguenze sono altrettanto chiare: un drammatico impoverimento di ampie fasce della popolazione, sottoposte a perdita del lavoro, del reddito, della possibilità di accesso ai servizi, con preoccupanti segnali di diffusione di disperazione individuale e sociale. Il governo Renzi, sostenuto dall’imponente

grancassa dei mass-media e in piena continuità con gli esecutivi precedenti, sta accelerando l’approfondimento delle politiche liberiste, nel tentativo di rendere irreversibile la spoliazione dei beni comuni e la precarizzazione del lavoro e della vita delle persone. Dentro questo disegno, viene messa in discussione la stessa democrazia, con la trasformazione autoritaria delle istituzioni legislative, e con l’attacco alla funzione pubblica e sociale degli enti locali territoriali. Tutto ciò in piena sudditanza con i vincoli delle elite politico-finanziarie che governano l’Unione Europea e che, attraverso l’autonomia monetarista della Bce, il patto di stabilità, il fiscal compact e il recente trattato di libero scambio Usa-Ue (TTIP), cercano di imporre la fine di qualsivoglia stato sociale e la piena mercificazione dei beni comuni. A tutto questo è giunto il momento di dire basta. In questi anni, dentro le conflittualità aperte in questo paese, sono maturate esperienze di lotta molteplici e variegate ma tutte accomunate da un comune sentire: non vi sarà alcuna

uscita dalla crisi che non passi attraverso una mobilitazione sociale diffusa per la riappropriazione sociale dei beni comuni, della ricchezza sociale prodotta, di una nuova democrazia partecipativa. Sono esperienze che, mentre producono importantissime resistenze sui temi dell’acqua, dei beni comuni e della difesa del territorio, del diritto all’istruzione, alla salute e all’abitare, del contrasto alla precarietà della vita e alla mercificazione della società, prefigurano la possibilità di una radicale inversione di rotta e la costruzione di un altro modello sociale e di democrazia. Vogliamo fermare la nuova stagione di privatizzazioni e di precarietà. Vogliamo costruire assieme una nuova possibilità di futuro. Per questo, come Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, proponiamo a tutte queste realtà ed esperienze di provare a costruire assieme un momento di mobilitazione comune, aprendo un luogo collettivo di riconoscimento reciproco e promuovendo una manifestazione nazionale a Roma per sabato 17 maggio.

Un movimento contro il Terzo Valico di Alfredo Simone Arci Liguria

Sono in molti a pensare che una delle ragioni dell’accanimento governativo, di tutti i governi, nei confronti dell’ultraventennale movimento No Tav risieda nella ‘colpa’ di aver contribuito a far crescere/ rafforzare la coscienza ambientalista, con la conseguente nascita di forti movimenti in tutto il paese che si oppongono alle ‘grandi opere’ decise sulle loro teste. E aver scelto la strada delle repressione, spesso preventiva e ingiustificata, invece di quella del confronto nel merito non aiuta certo a rasserenare il clima. Anche in Liguria è nato un forte movimento dal basso contrario alla realizzazione del Terzo Valico - una nuova rete ferroviaria per collegare Genova e Milano che possiamo definire una ‘costola’ della Tav valsusina - nato spontaneamente nei singoli centri interessati e che si definisce NoTav TerzoValico. Ne fanno parte migliaia di cittadini, compresi compagne e compagni dei circoli sul territorio che all’ultimo congresso provinciale hanno infatti fatto approvare un ordine del giorno in cui si impegnava la direzione

provinciale a sostenere la giornata nazionale di lotta all’Alta Velocità, in solidarietà alla Val Susa e ai quattro militanti arrestati con l’accusa di terrorismo e a stimolare la partecipazione della base associativa alla manifestazione di sabato 22 febbraio a Genova, in Piazza San Lorenzo. Come per la Tav valsusina anche il progetto Terzo Valico affonda le sue radici indietro nel tempo, precisamente nel 1991, non casualmente l’ultimo anno della ‘grandeur’ craxiana che dall’anno successivo sarebbe stata spazzata via da Mani pulite. Ricostruire in poche righe tutta la vicenda è ovviamente impossibile ma chi fosse interessato ad approfondirne la conoscenza può consultare - come abbiamo fatto noi - questo link - http:// www.notavterzovalico.info/lassurdita-del-terzo-valico/ - in cui troverà i documenti di progetto del Tav - Terzo Valico e l’opuscolo che spiega «le ragioni etiche, tecniche, economiche e ambientali dell’opposizione all’opera da parte del Movimento No Tav - Terzo Valico». Due aspetti sconcertanti saltano comunque

all’occhio. Innanzitutto quello economico. Il costo a preventivo dei 54 chilometri del ‘Terzo Valico’ - di cui 39 in galleria - è di 6 miliardi e 200 milioni di euro, ossia 115 milioni di euro al km. Costi che, si legge sul sito NoTavterzovalico «non verranno coperti neanche per un centesimo dai privati ai quali è stata affidata, senza alcuna gara di appalto, la progettazione, la realizzazione e la verifica dei lavori». E poi il ‘management’ del Cociv. Sempre dal sito NoTavTerzoValico si apprende che «Rubegni Alberto condannato a due anni e mezzo per omessa bonifica per il Tav del Mugello ha rivestito la carica di Presidente del Cociv fino a fine del 2012, Guagnozzi Giovanni, condannato a due anni e mezzo per omessa bonifica per il Tav del Mugello, ha rivestito la carica di Procuratore in qualità di Direttore del Cociv fino a Marzo del 2013, e Marcheselli Pietro Paolo, condannato a quattro anni e mezzo per traffico illecito di rifiuti, riveste attualmente la carica di Procuratore in qualità di Direttore del Cociv». C’è di che riflettere.


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Diver Time, il progetto per l’inclusione di giovani disabili Quartier generale delle attività il circolo Arci Barabini di Trasta Come la mitologica Araba fenice, il progetto Diver Time rinasce periodicamente dalle proprie ceneri per ripartire con rinnovato slancio nel cercare di dare una risposta al bisogno di socializzazione dei giovani disabili della Valpolcevera. Dall’ormai lontano 2003 gli animatori del progetto hanno affrontato problemi complessi, compresa la trasformazione in cooperativa sociale - fino ad arrivare, cinque anni dopo, a raggiungere l’obiettivo di una sede stabile nei locali della vecchia Società di mutuo soccorso Club Amici Barabini, a Trasta. Fatti i necessari lavori di ristrutturazione, racconta Midi Rapallo che si occupa di Diver Time sin dall’inizio, «è iniziata una lunga ed estenuante trattativa con l’amministrazione pubblica per il riconoscimento di quest’attività sperimentale unica in Liguria e molto rara sul territorio nazionale». Filosofia di Diver Time, infatti, è stata sin dall’inizio quella di considerare il tempo libero dei giovani disabili non come un ‘vuoto da riempire’ ma come ‘il risultato dell’acquisita capacità di gestire se stessi nel divertimento e nell’interazione con gli altri, dove esprimere la propria personalità sentendosi parte di un gruppo’. Nell’ottica di aprirsi al quartiere e a tutta la cittadinanza, nel 2011 si è così riattivato il circolo Arci con attività sociali, politiche e culturali che prevedevano anche la partecipazione dei ragazzi disabili e delle loro famiglie. La scelta si è rivelata lungimirante perché nel 2013, preso atto dell’impossibilità ad ottenere un contributo istituzionale costante e sufficiente al mantenimento del servizio che veniva svolto, la cooperativa

è stata ‘congelata’ passando la gestione del progetto direttamente al circolo ed inserendole in un più ampio contesto di integrazione sociale. «Pur mantenendo le caratteristiche educative di base – spiega ancora Midi Rapallo - si è così giunti ad attribuire al circolo Arci Barabini di Trasta – per definizione luogo di promozione sociale – il ruolo di promotore di attività atte a favorire l’inclusione di tutte le persone ed in particolare di quelle che più faticano ad inserirsi in contesti abituali». L’impegno è gravoso ma la grinta di Midi e dei suoi ‘pochi ma buoni’ - come lei ama chiamare compagne e compagni del circolo che con lei affrontano questa avventura – è grande e la fantasia non manca. Così, ad esempio, affrontando il nodo economico, è stato elaborato un piano articolato in cui il circolo sosterrà il progetto facendosi carico dei costi relativi alla sede e mettendo a disposizione l’impegno dei suoi volontari, i familiari dei ragazzi a loro volta verseranno un contributo determinato consensualmente per la partecipazione alle iniziative. Accanto a questo c’è poi Diver Chef, l’iniziativa di cene che serviranno all’autofinanziamento del progetto ma anche alla sua diffusione nella base associativa Arci e non. E infatti, dopo tre cene in sede, è stata organizzata un’iniziativa in una struttura non aderente all’Arci, la SOMS Fratellanza artigiana del Lagaccio, quartiere sulle alture sopra la stazione di Principe. Il prossimo appuntamento con Diver Chef sarà in maggio, perchè il circolo in aprile è tradizionalmente impegnato nei festeggiamenti della Liberazione. comunicazione@arciliguria.it

Verranno a chiederti del nostro Faber A quindici anni dalla sua scomparsa, una due giorni dedicata alla musica e alla poesia di Fabrizio De André con l’iniziativa Verranno a chiederti del nostro Faber, promossa dal circolo Arci Calypso Sava presso il Laboratorio Mediterraneo di Sava (TA). Il 17 aprile alle 20.30, presso il Laboratorio del Mediterraneo, il ‘concerto teatrale’ I colori che non so, con la compagnia Primo Teatro - Piccola Bottega Popolare, all’interno della rassegna teatrale Scene madri. Il repertorio scelto viaggia tra le canzoni

meno conosciute fino ai ‘classici’, in una versione che ne esalta il senso e significato. Il 18 aprile alle 21, presso la Sala Carmelo Bene, si continua con una serata per ricordare chi e cosa è stato Fabrizio De André e riflettere sull’eredità che la sua poesia ha lasciato. Verranno proiettati estratti da documentari, apparizioni tv, concerti e interviste. Inoltre, chitarre libere e anarchiche per chi vorrà omaggiare, a modo suo, il grande Faber...Ingresso con tessera Arci. fb Arci Calypso Sava

in più palestina raccontata TORINO Al Caffè Basaglia, ap-

puntamento l’11 aprile alle 19.30 con Palestina Raccontata: proiezione no-stop di vari video a cura del regista Rosario Citriniti del centro di documentazione Invicta Palestina. Alle 21.30 Elisabetta Donini presenta l’ultimo libro di Patrizia Cecconi, attivista per i diritti umani,Vagando di erba in erba. Racconto di una vacanza in Palestina. www.caffebasaglia.org

laboratorio teatrale IMOLA Lunedì 14 aprile avrà ini-

zio la seconda parte del laboratorio teatrale T.I.L.T. condotto dal regista Tanino De Rosa. Il laboratorio avrà cadenza bisettimanale e sarà finalizzato alla realizzazione di uno spettacolo che si terrà il 6, 7 e 8 giugno presso il Teatro Lolli di Imola. Il testo scelto per la realizzazione dello spettacolo è Uccelli di Aristofane. Parallelamente al lavoro teatrale, verrà sviluppato anche un percorso sul canto condotto dal Maestro Marco Caronna, musicista, cantante e compositore, che si alternerà al regista Tanino De Rosa e preparerà, con una parte degli allievi, interventi cantati da inserire nello spettacolo conclusivo. Un’occasione straordinaria per mettersi alla prova con un percorso teatrale articolato e completo e per lavorare con due grandi professionisti del teatro e della musica. Chi è interessato a partecipare può contattare fino al 13 aprile il circolo Arci all’indirizzo mail di seguito. info@tiltonline.org

Un po...di cultura PIACENZA Primo appuntamento

per la rassegna Un Po...di cultura, presso il circolo Arci Amici del Po di Monticelli, con l’illustratore e scrittore curdo Fuad Aziz, che vive e lavora in Italia. Autore di numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero e di opere permanenti in varie città, da alcuni anni scrive e illustra libri per ragazzi. Ha partecipato a numerose mostre di illustrazione e ha pubblicato con diverse case editrici: Fatatrac, Biblioteca di Pace, Arianna, Sinnos. L’incontro, organizzato in collaborazione con l’associazione Favoleinfesta, si terrà venerdì 11 aprile alle 21.30. www.amicidelpo.eu


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La liberazione va in collina

A Certaldo la seconda festa dell’Arci Ponti di Memoria Due giorni di cultura e spettacolo ‘per non dimenticare’ La seconda festa dell’associazione Arci Ponti di Memoria si terrà a Certaldo, in provincia di Firenze, il 18 e 19 aprile, presso la Fattoria Bacio. Così spiega la decisione di tenere la festa in Toscana Daniele Biacchessi, fondatore e presidente di Arci Ponti di Memoria: «La seconda festa della nostra associazione si tiene in uno dei momenti più delicati della storia italiana, nei giorni in cui si mette mano alla nostra Costituzione nata dalla Resistenza. La nostra scelta è stata quella di andare in Toscana, in una delle regioni che ha pagato a caro prezzo il suo antifascismo durante la guerra di Liberazione. A Certaldo narreremo, suoneremo, reciteremo e presenteremo libri, soprattutto progetteremo il futuro della memoria, cioè quella memoria viva, del presente, che parla alle nuove generazioni. L’associazione Arci Ponti di Memoria è composta da artisti

e spettatori, da operatori culturali tra i migliori in Italia. Quindi il nostro è un punto di vista, un angolo, ma intendiamo portarlo avanti con grande entusiasmo e partecipazione». Si comincia il 18 aprile alle 21 con il teatro canzone di Daniele Biacchessi e Massimo Priviero in 19141918. La guerra degli ultimi. Diario di un alpino. A seguire Cisco acustic live set. Il 19 aprile, alle 14, si terrà l’assemblea dell’associazione che dovrà approvare il bilancio e il progetto sul futuro della memoria. Dalle 15 Giordano Sangiorgi del Mei presenterà il bando La cultura contro le mafie, realizzato con l’associazione da Sud e Arci Ponti di Memoria. Sarà poi la volta di Anpi Firenze che presenterà il progetto di Radio Cora, emittente web della Toscana. Seguirà la presentazione del libri: Basterebbe il cielo (Zona Edizioni) di Ugo Capezzali, sul post terremoto all’Aquila;

Di pura razza italiana. L’Italia ariana di fronte alle leggi razziali (Baldini Castoldi Dalai editore) di Mario Avagliano; La guerra non era finita (Laterza) sulla Volante Rossa, di Francesco Trento; Io ho visto (Nutrimenti), il racconto dei superstiti delle stragi nazifasciste, di Pier Vittorio Buffa; A Milano si muore così (Fratelli Frilli editori), di Adele Marini; Educazione e Pace, dalla Shoah al dialogo interculturale e Un racconto di vita partigiana di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici; Cento colpi e le sbucciature (Florence Art Edizioni) sulla Resistenza in Toscana, di Fulvia Alidori; Come non piangenti (Marcos y Marcos), raccolta di poesie di Cristina Alzati; Da casa a casa e Nel vetro incandescente del mio vivere (Leonida) di Fulvio Bella. Dalle 17.30: Angela Villa e Scala minore napoletana reading; Monesi Bros le radici del folk; Tiziana Di Masi in Tutto falso teatro civile; Matteo Passante in Storie di oggi. Dalle 20.30: Corte dei miracoli live set folk rock e dalle 21.15 Daniele Biacchessi - Gang in Giovanni e Nori, una storia di amore e Resistenza teatro canzone. Dalle 23.15 Alfonso De Pietro in canzoni per la legalità e infine dalle 24,15 alle 02,00 Guacamaya, con Joe Strummer nel cuore e Niutaun, tributo ai Ramones. Con il patrocinio di Regione Toscana e il sostegno di Arci nazionale, Arci Empolese Valdelsa, Anpi Firenze, Libera Toscana, Unicoop Firenze, Comune di Certaldo. Ingresso libero con tessera Arci. pontidimemoria.it

Beppe e Gisella, il film di Arci Piacenza sulla donazione e il trapianto degli organi Il film breve Beppe e Gisella. E l’intrepida ricerca di un pezzo di vita scritto e diretto da Andrea Canepari è stato realizzato all’interno della campagna Una scelta consapevole promossa dal comitato Arci di Piacenza per informare e sensibilizzare la popolazione sul tema donazione e trapianto di organi tessuti e cellule. «Dare una chiara e corretta informazione su argomenti delicati, attorno ai quali resistono ancora oggi molti pregiudizi e paure ataviche, era l’esigenza prioritaria - spiega Piero Verani, presidente dell’associazione culturale Cinemaniaci che ha prodotto il film insieme all’Arci Piacenza - il mezzo attraverso il quale si è deciso di fare questa operazione è il lin-

guaggio cinematografico, e precisamente la produzione di un film breve, Beppe e Gisella. A differenza di molte altre opere analoghe per tematiche affrontate, questo film evita l’accento fortemente drammatico e il didascalismo che spesso caratterizzano prodotti di questo genere; il prodotto si caratterizza, quindi, per il fatto di trattare un argomento pesante con leggerezza, attraverso la metafora della Vespa. Beppe e Gisella è una commedia che con il suo tono surreale tenta di parlare di temi complessi a tutti e soprattutto ai più giovani, infatti il video è già utilizzato nelle scuola. La speranza è quella di contribuire alla diffusione e promozione della cultura della donazione per i trapianti. Affinché

donazione e trapianto siano una scelta consapevole». Dopo l’anteprima al Congresso nazionale dell’Arci e la prima proiezione piacentina (oltre 600 persone al Cinema Politeama), sono già in calendario alcune proiezioni di prestigio nell’ambito di Expo Sanità (in maggio, Bologna) e della Giornata europea per la donazione e il trapianto di organi (11 ottobre, Roma). Il film, che è stato realizzato con l’aiuto di tecnici professionisti, è disponibile anche in dvd. Tutti coloro che fossero interessati ad averne una copia possono scrivere all’indirizzo info@cinemaniaci.org fb Beppe e Gisella


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culturascontata i tanti vantaggi della tessera Arci

w w w. a r c i / a s s o c i a r s i . i t a cura di Enzo Di Rienzo

Frida Kahlo Roma - Scuderie del Quirinale, fino

al 31 agosto. Frida Kahlo la ribelle, l’ocultadora, l’ironica pasionaria dell’arte, fu il simbolo dell’avanguardia e dell’esuberanza artistica della cultura messicana del Novecento. La mostra presenta l’intera carriera artistica di Frida Kahlo riunendo i capolavori assoluti delle principali collezioni, raccolte pubbliche e private, provenienti da Messico, Europa e Stati Uniti. Oltre 40 straordinari capolavori, tra cui il celeberrimo Autoritratto con collana di spine e colibrì del 1940, per la prima volta esposto in Italia. www.scuderiequirinale.it

Gianni Berengo Gardin Storia di un fotografo Genova - Palazzo Ducale, fino

all’8 giugno. La rassegna antologica conta circa 200 fotografie che ripercorrono la carriera del grande maestro italiano dagli anni cinquanta a oggi. Conosciuto in Italia e all’estero come il poeta della fotografia, Gianni Berengo Gardin ha saputo restituire e rinnovare il linguaggio visivo del nostro paese: Venezia, Milano, i manicomi e la legge Basaglia, la Liguria, l’entusiasmante esperienza con Renzo Piano, il grande reportage ‘dentro le case’, la Biennale d’arte di Venezia, ma anche New York, Vienna, la Gran Bretagna. www.mostraberengogardin.it

Regina Josè Galindo Estoy Viva Milano - PAC - Padiglione d’Arte

Contemporanea, fino all’8 giugno. Galindo è tra le artiste più rappresentative del continente latinoamericano. Estoy viva è articolata in cinque sezioni, intese non come monadi concettuali ma categorie permeabili ed interdipendenti tra loro: Politica, Donna, Violenza, Organico e Morte. www.civita.it

My Own War di Loredana Longo Palermo - Galleria d’Arte Mo-

derna, fino al 5 maggio. My Own

War invade il ‘contesto’ architettonico, modificandolo, ribaltando le prospettive, e avvalendosi di linguaggi pertinenti non solo alle arti visive ma anche al teatro, alla letteratura e alla cultura visiva. Loredana Longo, artista siciliana, è regista di sé stessa, alterna azione e riflessione, visione e movimento, creando un’esperienza senza dubbio sensoriale e inaspettata. www.civita.it

società

Un decreto che va migliorato di Paolo Campione vicepresidente nazionale Arciragazzi

Il 6 aprile scorso è entrato in vigore il Decreto legge di attuazione della Direttiva europea contro l’abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori. La Direttiva prevede l’inasprimento delle pene per tali tipologie di reati e dovrebbe potenziare gli strumenti di prevenzione. La norma nel suo complesso appare utile e condivisibile. L’articolo 2 del Decreto è invece formulato in modo approssimativo, risultando inefficace, se non dannoso. Nata per tutelare la salute psicofisica dei minori, la norma ha infatti rischiato di bloccare l’attività di migliaia di realtà attive nella promozione del benessere di bambini e ragazzi. la Direttiva europea, tra le altre cose, prevede il diritto per imprese, organizzazioni ed enti in genere «di essere informati, al momento dell’assunzione per un impiego che comporta contatti diretti con minori, delle condanne esistenti per reati sessuali a danno di minori…». In Italia invece il Decreto dispone che tutti i «soggetti che intendano impiegare una persona per lo svolgimento di attività professionali o volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori», abbiano ‘l’obbligo’ di richiedergli il certificato del casellario giudiziale, pena una sanzione tra i 10 e i 15 mila euro. Solamente una settimana prima della sua entrata in vigore, è il mondo del Terzo Settore ad accorgersi che qualcosa non funziona. In base all’interpretazione letterale del testo, a partire da lunedì scorso tutti gli operatori (dipendenti o volontari) di scuole, asili, parrocchie, palestre, ludoteche, carceri minorili, ospedali ecc. sarebbero stati fuori legge se sprovvisti del certificato. Molte associazioni hanno subito individuato le contraddizioni più evidenti poste dalla norma: l’impossibilità di rilasciare migliaia di certificati in tempi brevi; il loro costo; la tutela della privacy degli operatori, costretti a richiedere un certificato dove sono riportate anche informazioni su eventuali altri tipi di reato. Attraverso gli interventi del Forum del Terzo Settore, singole associazioni e Parlamentari che hanno promosso interrogazioni urgenti, il tema è stato portato all’attenzione di Governo e opinione pubblica. Arci e Arciragazzi hanno chiesto una proroga dei tempi della norma, per permettere nel frattempo di superare le problematiche individuate.

La mobilitazione ha dato i suoi frutti: nel giro di 48 ore sono state emanate diverse Circolari Ministeriali per chiarire alcuni aspetti del Decreto. È stato precisato che la norma si applica solo ai lavoratori dipendenti, non ai volontari; non riguarda i rapporti di lavoro già in essere alla data del 6 aprile; il certificato può essere richiesto anche dal datore di lavoro, con un apposito modello; in attesa del rilascio del certificato si può presentare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal Comune, dove si attesta di non aver riportato condanne per i reati contemplati dal Decreto. Questi chiarimenti hanno evitato il caos burocratico, accogliendo parzialmente alcune delle richieste. Arci e Arciragazzi chiedono però ulteriori interventi, auspicando nell’attesa una sospensione della norma. È necessario infatti prevedere l’esenzione dei costi del certificato per le organizzazioni di volontariato o di promozione sociale; garantire la tutela della privacy; stabilire che la richiesta del certificato non sia un obbligo.

arcireport n. 13 | 10 aprile 2014 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Carlo Testini Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Paolo Beni Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 18 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/


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