arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 13 | 10 aprile 2015 | www.arci.it | report @arci.it
Vecchie e nuove povertà di Filippo Miraglia vicepresidente nazionale Arci
I dati sulla povertà negli ultimi anni sono sempre più preoccupanti e i fattori che, a partire dalla crisi globale che stiamo ancora attraversando, hanno determinato una dinamica sempre più negativa sono diversi. La riduzione del reddito, l’aumento della disoccupazione, una fragilità sociale crescente in molte categorie sociali (giovani, giovani coppie, anziani soli, minorenni) hanno contribuito a un aumento dell’esclusione e all’acuirsi di vecchie e nuove povertà. Alcuni di questi fattori dipendono dalle scelte sbagliate in materia di lavoro e occupazione. Altre hanno a che fare con la mancanza di strumenti d’intervento sociale che puntino a contenere l’esclusione sociale, riducendola per lo meno dal punto di vista delle conseguenze concrete più pesanti. C’è poi la solitudine sociale, ossia la mancanza di reti e legami che consentano di affrontare le difficoltà insieme ad altri. Per far fronte ad improvvise situazioni di difficoltà, c’è bisogno non solo di un intervento pubblico a sostegno del reddito, ma anche di relazioni che aiutino ad uscirne attraverso
un percorso di accompagnamento, di recupero e integrazione. I poveri, i nuovi poveri, i disoccupati, coloro che hanno un reddito instabile devono poter trovare anche nella comunità locale strumenti per ricostruire legami sociali e recuperare la capacità di prendere in mano la propria vita, insieme ad altri. Questo è il ruolo che oggi può svolgere un’organizzazione come l’Arci, con le sue basi sociali, la presenza sul territorio, contribuendo a restituire dignità e protagonismo alle persone. Dare e ottenere aiuto può rappresentare il modo non solo per uscire dall’isolamento, ma anche la via per ritrovare le motivazioni per reagire all’ingiustizia e all’esclusione agendo una vertenza sociale insieme ad altri. La nuova frontiera del mutuo aiuto, della promozione sociale intesa come fattore di emancipazione deve basarsi sulla costruzione di comunità solidali, di per sé già parte della soluzione se si pongono l’obiettivo di produrre un cambiamento. C’è la necessità di costruire legami e
coalizioni che affrontino, a partire dai territori e dall’individuazione di luoghi fisici dove si crea comunità - come spesso sono i nostri circoli - processi di emancipazione collettiva che consentano il protagonismo dei soggetti più colpiti dalla crisi. Per questo la nostra associazione è interessata a costruire, insieme ad altri, percorsi che, a partire dal radicamento sociale e dal ruolo delle comunità locali, propongano soluzioni alternative in grado di restituire dignità, proponendosi come forme di partecipazione collettiva. Nei giorni scorsi siamo entrati a far parte dell’Alleanza contro la povertà, promossa da molte organizzazioni sociali e sindacali per ottenere il reddito di inclusione sociale (REIS), uno strumento di lotta alla povertà assoluta che oggi riguarda circa l’8% dei residenti in Italia. L’Italia è l’unico Paese nell’Europa a 15, insieme alla Grecia, a non aver adottato una simile misura. Nei prossimi mesi l’Alleanza contro la povertà si trasformerà nel comitato promotore di una legge di iniziativa popolare che introduca il REIS. Insieme alla campagna Miseria ladra, promossa da Libera, ci impegneremo anche per l’introduzione del reddito di cittadinanza, altro strumento di lotta alla povertà, soprattutto alle nuove povertà. Infine stiamo partecipando alla discussione, lanciata dalla FIOM, per la costruzione di una Coalizione Sociale che metta in rete soggetti che agiscono a livello nazionale e locale, per contrastare le politiche che in questi anni hanno prodotto povertà, esclusione, disoccupazione, precarietà e fragilità sociale. Se e come starci lo decideremo in base alla discussione, alla quale vogliamo partecipare, su come concretamente si costruirà questa coalizione, quali obiettivi si darà e in che modo vorrà incrociare le nostre battaglie politico culturali e la nostra presenza sul territorio. Questo è un periodo di difficoltà per tutti, anche per le organizzazioni come la nostra. Ma abbiamo la possibilità che l’Arci, nel suo complesso e insieme ad altri, colga l’opportunità di una nuova stagione di protagonismo sociale proprio sul terreno della lotta alla povertà. Lo dovremo fare con spirito di servizio e con la passione che ci ha caratterizzati in questi anni, cercando di recuperare il tempo perduto e di motivare il nostro gruppo dirigente e la nostra base sociale.
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società/diritti
arcireport n. 13 | 10 aprile 2015
G8 di Genova: alla scuola Diaz ci fu tortura. La Corte europea condanna l’Italia
Il comunicato stampa dell’Arci La Corte europea dei diritti umani ha condannato il nostro paese non solo per le violenze e torture commesse nel 2001 dalle forze dell’ordine alla Diaz, ma anche per la mancanza di una legislazione adeguata a punire il reato di tortura. Si sancisce così, finalmente, a 14 anni dal G8 di Genova che, come denunciò subito Amnesty International, in Italia si assistette alla più grave sospensione della democrazia in un paese occidentale. La democrazia formale e sostanziale venne sospesa con un atto di imperio dall’allora governo Berlusconi per dare via libera alla brutale repressione dei movimenti di protesta che portò alla uccisione di Carlo Giuliani, al ferimento di molti manifestanti, alle violenze continue sui fermati, alla messa in stato di assedio di un’intera città. La Corte di Strasburgo ci dice oggi che si è potuti giungere a queste conclusioni
solo a diversi anni di distanza per la mancata collaborazione e il boicottaggio delle forze di polizia impegnate in quelle giornate, con la evidente copertura del ministeri competenti e del governo nel suo complesso. Quelle torture commesse
alla Diaz e a Bolzaneto contro manifestanti pacifici e inermi non sono mai state punite, dal momento che nel nostro codice penale il reato di tortura non è contemplato, a differenza della maggior parte dei paesi europei che lo prevedono come fattispecie specifica per i pubblici funzionari. La proposta di legge che introduce questo tipo di reato è all’esame del Parlamento da più di due anni. Qualsiasi rinvio non è più accettabile. Quel che è successo a Genova resta, per chi vi ha partecipato e per il nostro sistema democratico, una ferita aperta e insanabile. Non può quindi essere dimenticata. Per questo da anni chiediamo verità e giustizia. Lo dobbiamo alle vittime della repressione e alle loro famiglie, lo dobbiamo alla salvaguardia della democrazia nel nostro paese. Perché non possa mai più accadere. Il tempo è adesso.
C’è una giustizia in Europa. Non in Italia di Patrizio Gonnella presidente di CILD e Associazione Antigone
C’è una giustizia in Europa. Non in Italia. A quattordici anni dalle brutalità della Diaz è arrivata la sentenza di condanna da parte della Corte europea dei diritti umani. Come già aveva scritto nero su bianco la Corte di Cassazione in Italia non si può punire per tortura in quanto manca il crimine. Così i giudici di Strasburgo ci hanno condannato per violazione dell’articolo 3 che proibisce la tortura e ogni forma di trattamento inumano o degradante ma anche perché a causa dell’assenza del delitto nel nostro codice in Italia vi è l’impunità per i torturatori. Nei prossimi giorni la Camera discuterà la proposta di legge approvata oramai molti mesi fa al Senato. Non è il migliore dei testi. È incoerente rispetto al dettato Onu, eppure bastava tradurre dieci righe dall’inglese in italiano. Alla scuola Diaz e al carcere illegale di Bolzaneto si è ritenuto che si potesse instaurare uno stato di eccezione. Il film Diaz di Daniele Vicari ha il merito di avere fatto conoscere a molti giovani di oggi, che nel 2001 erano poco più
che bambini, cosa accadde a Genova in quei giorni. Una vergogna nazionale. Uno Stato che non si è costituito parte civile nei procedimenti penali a Genova nei casi Diaz e Bolzaneto, ad Asti per le violenze in carcere, a Roma nel caso della morte di Stefano Cucchi, a Ferrara nel caso Aldrovandi, a Lecce nel caso Saturno etc. etc.. Non solo. Gli imputati in questi procedimenti penali hanno spesso fatto passi in avanti nella carriera nel corso del processo, o quanto meno non hanno subito alcuna sanzione disciplinare. Il messaggio è in questi casi devastante. È un messaggio inequivocabile di legittimazione e incentivazione alla perpetrazione di pratiche illegali di tortura. Un messaggio che serve a segnare la forza del potere punitivo incontenibile rispetto a ogni anelito illusorio e ingenuo di legalità democratica. Se queste sono le reazioni dei vertici istituzionali - solidarietà pubblica oppure impunità per i torturatori - di conseguenza non si può ragionevolmente e
correttamente sostenere che la tortura sia una questione di mele marce. La tortura non è mai una questione di mele marce salvo non venga incrinato quello spirito di corpo che dal basso arriva sino all’alto e che si propaga dal singolo poliziotto sino alle più alte cariche istituzionali. La tortura e i torturatori si insinuano là dove trovano spazio e terreno fertile, là dove il sistema consenta che alberghi. La tortura è possibile se non trova resistenze istituzionali, contrasto, sanzioni, giudizio pubblico. La lotta alla tortura richiede, oltre alla previsione di un reato imprescrittibile che la punisca, anche una amministrazione dello Stato disposta a sanzionare in tutte le sedi i presunti torturatori. Richiede anche forze di polizia il cui lavoro non sia ispirato al machismo ma alla prevenzione sociale. Richiede infine la rinuncia allo spirito di corpo e la dismissione di squadre e corpi speciali. Il crimine, anche quello più spietato, lo si deve sconfiggere nella legalità e con gli strumenti ordinari del diritto.
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l’aquila
Progetti, sogni e speranze nonostante tutto: L’Aquila sei anni dopo di Ciro Cannavacciuolo Arci L’Aquila e circolo Arci Querencia
La sera, con il buio, appare tutto più chiaro. Perché, se si osservano di sera le finestre delle case appena ristrutturate, è davvero impressionante notare quante poche luci sono accese. È da un po’ che mi chiedo: «Ma dove sono le persone che abitavano qui?». La periferia, perché, sia chiaro è di questa che parliamo, lentamente riprende forma, uguale nel bene e nel male a quella di prima, e percorrendola c’è da chiedersi se non fosse stato il caso di ‘approfittare’, come tanti urbanisti avevano auspicato, del terremoto per riqualificarla con infrastrutture e servizi. Ma non è stato e non sarà così. Basta pensare al destino dei manufatti del progetto C.A.S.E., oggi fatiscenti e domani allora? Cosa potranno mai essere, chi li potrà mai abitare? E il centro? Il centro è ancora tutto ingabbiato. Prigioniero come in un incantesimo. Lentamente, inspiegabilmente a mac-
chia di leopardo, avanzano i lavori dei cantieri, ma contrariamente a quello che si era sempre dichiarato, e cioè che sarebbe stato indispensabile organizzarsi per zone, a partire dall’asse centrale della città, resta un mistero questa
Le proposte culturali, sociali ed artistiche delle associazioni di Elena Bianchi Arci L’Aquila e associazione Bibliobus L’Aquila
In un contesto territoriale in continuo mutamento, L’Aquila non ha smesso di confrontarsi con le comuni trasformazioni sociali e culturali, primo tra tutti il tema dell’inclusione quindi della convivenza e dell’integrazione tra persone con origini di paesi diversi. L’esperienza positiva del comitato territoriale Arci L’Aquila, che dal 2011 gestisce un progetto SPRAR, lavorando quotidianamente per favorire l’accoglienza nella comunità locale di persone provenienti da numerosi paesi del mondo, ha favorito la nascita di progettualità specifiche, promosse da enti e da associazioni del territorio e con la collaborazione attiva del comitato Arci, con l’obiettivo di stimolare i cittadini ad una seria riflessione sulla tematica della diversità. Nascono quindi il progetto Unidiversità, promosso dall’Università dell’Aquila, dove gli studenti partecipanti sono stati chiamati ad assumere un ruolo complesso come ‘Tutori della convivenza’ attraverso momenti di formazione e di acquisizione
di competenze necessarie per attivare efficaci azioni di dialogo interculturale e creando, attraverso tavoli di lavoro e di partecipazione attiva, nuovi spazi di incontro tra realtà immigrate, studenti e società. Il progetto L’Aquila contro i confini, promosso dall’associazione Bibliobus L’Aquila, si pone l’obiettivo di valorizzare le diversità e le similitudini tra culture utilizzando come mezzo il racconto e la narrazione di sé. Mettendo in relazione fiabe nate da laboratori con bambini di classi elementari, storie di studenti della facoltà di Scienze della Formazione e racconti di vita di alcuni ragazzi richiedenti asilo, si è attivato un interessante processo di conoscenza di sé che spinge ad aprire il proprio sguardo verso l’altro. Queste sono solo alcune delle proposte culturali, sociali ed artistiche nate all’Aquila sulla spinta di un positivo flusso di energia, che esprime una necessità di reazione al lento sistema di ricostruzione materiale della città.
scelta partorita tra solite burocrazie e clientelismi. Il sindaco, forse perché più provato di tutti i suoi cittadini da questa lunga e logorante attesa, sembra in stato confusionale ed alterna dichiarazioni dai contenuti e sentimenti opposti. Nei giorni pari straborda ottimismo, dichiarando che i soldi ci sono e non aspetta altro che migliaia di ‘braccia’ per restituire entro due anni agli aquilani uno dei «più bei centri storici del mondo», ma ahimè nei giorni dispari l’umore cambia, e così i soldi scompaiono insieme ai sogni. Intanto la magistratura continua incessante il proprio lavoro. Si susseguono arresti e rinvii al giudizio, non solo di imprenditori impegnati nella ricostruzione sospettati di collusioni mafiose, ma anche di poliziotti e addirittura del comandante della stazione carabinieri. Questa città, temo, non sarà mai più la stessa, qui si vive male e in un luogo dove le persone sono tristi vince l’infelicità e la depressione. Ma non posso negare che, nonostante tutto questo triste quadro, qualche luce c’è e si fa largo in quel mondo sommerso, quello delle persone libere, vittime sì, ma libere da apparati. Mi riferisco a quel mondo dove siamo abituati a muoverci, il più delle volte nonostante tutto, liberando energie indomabili e come sempre nonostante tutto, a realizzare progetti, sogni e speranze. Questo mondo è il nostro mondo. Quel mondo dove l’Arci è in prima fila, ma di ciò che l’Arci sta realizzando qui vi invito a leggere l’articolo di approfondimento in pagina.
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rom&sinti
Una legge per la tutela di rom e sinti di Claudio Graziano Arci Roma
L’8 aprile si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale dei rom e dei sinti, istituita in ricordo dell’8 aprile del 1971, quando a Londra si riunì il primo Congresso internazionale del popolo rom e si costituì la Romani Union, la prima associazione mondiale dei rom riconosciuta dall’ONU. In occasione della Giornata internazionale delle popolazioni rom, l’Arci, insieme ad altre decine di associazioni di rom e sinti, lancia la campagna Se mi riconosci mi rispetti, una raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare intitolata ‘Norme per la tutela e le pari opportunità della minoranza storico-linguistica dei rom e dei sinti’. Abbiamo voluto far coincidere il lancio della raccolta di firme con la Giornata internazionale, per dare senso e ampiezza alla nostra iniziativa. Per cogliere l’occasione di una giornata che parla il romanes, la lingua di una popolazione che e la più grande minoranza europea, la più discriminata, ma anche la più pacifica. Culturalmente ricca di contaminazioni e stratificazioni accumulate in secoli di cammino attraverso il mondo, con una cultura straordinariamente feconda ad esempio nella musica e nella danza. La legge che proponiamo vuole dare dignità e riconoscimento ad un popolo che viene segregato e discriminato da istituzioni e razzismi emergenti. Per noi dell’Arci sarà un’occasione per
portare nei territori un racconto diverso di questo popolo, perchè è di un popolo che stiamo parlando. Raccoglieremo le firme ma non solo: parleremo delle chiusura dei campi; delle tante esperienze positive di inserimento scolastico e lavorativo; di come la politica utilizzi le condizioni di
i numeri
emarginazione nelle quali molti di loro sono costretti a vivere, per un mercato di odio e intolleranza funzionale ad un facile consenso elettorale. Cercheremo di contrastare gli stereotipi dei quali
I rom oltre gli stereotipi: il documentario ‘Fuori campo’ In Italia la parola rom è quasi sempre associata a una condizione di precarietà e al ‘campo nomadi’. Circa 40mila rom vivrebbero in situazioni di disagio abitativo, che siano baracche, container, centri d’accoglienza in muratura o edifici fatiscenti occupati. La maggior parte dei rom, invece, non vive nei campi, ma nelle case e affronta i problemi quotidiani come tutti. Fuori Campo di Sergio Panariello racconta alcune di queste storie, diverse tra loro, nelle premesse, nel contesto, nelle prospettive, ma tutte qui e ora, nell’Italia di oggi. Il documentario, metaforicamente, si pone ‘fuori’ dal campo visuale classico degli stereotipi sui rom e ‘fuori’ dal campo nomadi, cercando e raccontando
sono vittime attraverso la valorizzazione della cultura della quale sono portatori. Il 16 e 17 aprile a Messina ci sarà un primo momento pubblico di carattere nazionale nel quale con un gruppo di giovani rom, con i rappresentanti delle loro associazioni e le istituzioni, con le parole e la narrazione positiva, con la denuncia, e insieme alla loro musica, l’Arci farà il suo mestiere di tessitura e promozione sociale.
la vita quotidiana di donne e uomini rom in Italia: la casa, i rapporti familiari, il lavoro, la crisi, le battaglie vinte e quelle perse. Un lavoro collettivo di ricerca e documentazione il cui obiettivo è contribuire a scardinare i pregiudizi radicati nell’opinione pubblica e nelle amministrazioni e, anche, a spronare i rom a credere nelle proprie forze e nella possibilità di un cambiamento. Con l’intento di rovesciare il registro del dibattito attuale. Da Cosenza a Bolzano, passando per Firenze e Rovigo, la telecamera del regista Sergio Panariello segue le vite dei protagonisti (Sead Dobreva, Kjanija Asan, Leonardo Landi, Luigi Bevilacqua) svelandone a poco a poco la loro quotidianità.
180mila in Italia Rom e Sinti che vivono in Italia: metà hanno la cittadinanza italiana. L’aspettativa di vita è di 10 anni in meno del resto della popolazione. 40mila nei campi Quattro su 5 vivono in regolari abitazioni, studiano e lavorano come tutti. Nei campi delle nostre città vivono soltanto 40mila tra Rom e Sinti. 230 sgomberi Gli sgomberi forzati dei campi rom, tra Roma e Milano, sono stati 230 nell’ultimo anno. 20 milioni di euro stanziati per progetti emergenziali. 20% senza istruzione Ogni 5 bambini che vivono nei campi, uno non inizia nemmeno il percorso scolastico. Alle superiori accede l’1%, quasi nessuno va all’università.
ciao Livia Apprendiamo con grande dolore della prematura scomparsa di Livia Mezzapesa dell’Arci di Taranto. Tutta l’Arci si stringe intorno ai suoi familiari, alle compagne e ai compagni di Arci Taranto e Arci Puglia in questo triste momento.
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In bassa Sabina arriva ‘Resist’, il Festival dedicato alla Resistenza Il Teatro delle Condizioni Avverse, in collaborazione con Arci nazionale, Libera, Arci Rieti, Arci Poggio Mirteto, Anpi Rieti e i Comuni di Montopoli, Poggio Mirteto e Poggio Catino, promuove Resist, una serie di appuntamenti dedicati alla Resistenza. Con questo Festival, si vogliono mettere insieme gli eventi e i luoghi che più di tutti simboleggiano la lotta delle genti sabine contro il nazifascismo e quello che sembra divenire il nuovo occupante: la mafia imprenditoriale che oggi più che mai volge il suo sguardo speculativo verso un territorio ancora intatto naturalisticamente che, per la sua vicinanza con Roma, è divenuto assai appetibile per speculatori e ‘palazzinari’. Gli eventi avranno inizio il 7 aprile e proseguiranno fino al 6 giugno. Tra questi, due sono gli appuntamenti in programma il 25 aprile: il primo inizierà alle 11.30, quando sarà inaugurata la nuova sede del comitato Arci di Rieti in via Cintia 73. In questa occasione sarà proiettato Osterei. Operazione Uovo di Pasqua, un video documentario sulla Resistenza in Sabina a cura
del Teatro delle Condizioni Avverse. Il documentario è stato realizzato nel 2003 da Andrea Maurizi, Gabriella Torre e Giovanni D’Artibale per la regia di Andrea ed Elisa Maurizi. Il video prende il nome di osterei, che in tedesco significa ‘uovo di Pasqua’: questo era il nome dato all’operazione militare che, dal 29 marzo al 7 aprile 1944, coinvolgeva tutto l’Appennino centrale. Attraverso la voce dei Partigiani e di testimoni del periodo, il video racconta le vicende della Sabina legate al contesto nazionale durante il periodo settembre 1943 – giugno 1944: dalla battaglia dell’Arcucciola sul Monte Tancia all’eccidio dei civili a Monte San Giovanni fino al cannoneggiamento da parte dei tedeschi, in fuga da Poggio Mirteto, il 10 giugno 1944, giorno in cui le truppe alleate arrivarono in Bassa Sabina. Il secondo appuntamento si terrà a partire dalle 17.30 presso la biblioteca comunale ‘Angelo Vassallo’ di Montopoli Sabina: qui ci sarà lo spettacolo La banda del gobbo. Mito e Resistenza popolare nei mesi dell’occupazione nazista di Roma di e con Emiliano
Valente. Ingresso gratuito. La banda del gobbo nasce all’interno di un progetto realizzato nel 2005, durante il mese della Memoria, con un gruppo di studenti delle scuole medie. Il testo nasce dalla fusione dello studio bibliografico, con le esperienze dirette raccolte in numerose interviste effettuate nei quartieri di Centocelle, Alessandrino e Quarticciolo. Analizzando la vita di un personaggio leggendario della periferia romana, il Gobbo del Quarticciolo, si ripercorrono le vicende di una Roma sotto assedio, invasa dai tedeschi, bombardata dagli americani, abbandonata dagli uomini di potere. È nella Roma più povera e popolare delle borgate come il Quarticciolo, che uomini e donne combattono contro l’ ingiustizia e l’ oppressione. È lì che nascono gli eroi involontari di questa storia: sora Cettina, Giggetto, zio Franchino, Er Pigna, Neganè, Er Carota... uomini e bambini di borgata, trasformati in combattenti dagli eventi tragici che li colpiscono.
‘Liberi anche di cantare e di ballare’, le iniziative Arci Cresce il numero delle iniziative promosse da comitati e circoli Arci per la sera del 24 aprile in occasione di Liberi anche di cantare e ballare. Tra le tante città che si aggiungono a quelle già annunciate c’è Modena, dove, al circolo Vibra, uno degli storici dj della musica afro-funk-disco italiana, Daniele Bandelli, animerà una serata di musica e ballo a partire dalle ore 22.30. Firenze si sta preparando con più eventi che si terranno in diversi luoghi. Tra tutti segnaliamo l’iniziativa La Nuova Resistenza, che si terrà a Tavarnelle Val di Pesa, promossa da Arci La Rampa, Anpi e Spi Cgil di Tavarnelle e Barberino, in collaborazione con la sezione soci COOP locale e il patrocinio dell’unione comunale. Si inizierà alle ore 17.30, presso il Cinema Olimpia in via Roma, con la presentazione del dvd Terre di Musica prodotto da Il parto delle nuvole pesanti in collaborazione con Arci e Libera, per poi proseguire con una cena sociale al circolo La Rampa.
La serata si concluderà con il concerto de Il parto delle nuvole pesanti che darà il via al coro di mezzanotte. Presso il cortile del Castello di Bellusco (MB) si terrà lo spettacolo Canto Ribelle,
un percorso musicale tra i canti della Resistenza italiana e brani di autori che, in tempi diversi, hanno raccolto l’eredità partigiana proponendo in chiave musicale la storia dei giovani ribelli. Al circolo Arci Cas*Aupa di Udine alle 21.30 prende il via la serata di musica nella terra della Libera Repubblica della Carnia. Infine ad Artena (Rm) nell’iniziativa promossa dal circolo Montefortino 93 sarà una lunga jam-session di musicisti locali ad accompagnare i partecipanti alla mezzanotte. Nei prossimi giorni, chi lo ritenesse utile per promuovere i propri eventi, potrà scaricare dal sito dell’Arci nazionale i manifesti e le locandine di Liberi anche di cantare e ballare, mentre chi volesse segnalare le iniziative in programma nelle sue città può farlo scrivendo un’email a castagnini@arci.it. Tutti gli aggiornamenti sulle iniziative locali su www.liberidicantareballare.it e su www.arci.it
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arcireport n. 13 | 10 aprile 2015
cooperazioneinternazionale
Tregua immediata al campo profughi di Yarmouk per attivare corridoi umanitari L’appello dell’Arci
L’Arci segue con sgomento l’insopportabile aggravarsi della situazione umanitaria nel grande campo profughi di Yarmouk, alla periferia sud di Damasco, nuovo episodio di una guerra che dura da quattro anni e di cui è vittima la popolazione civile, milioni di persone assediate e coinvolte nei combattimenti in Siria e milioni di profughi in cerca di scampo. Yarmouk, che rappresentava un esempio della possibilità di rendere umano un campo profughi, un luogo di attività culturali e centro di elaborazione politica per l’intero Medio Oriente, dopo giorni di intensi combattimenti che seguono una situazione di assedio di fatto cominciata nel dicembre 2012, è ormai un enorme cumulo di macerie. Delle oltre centomila persone che popolavano Yarmouk ne rimangono solo 18mila, intrappolate nel perimetro stradale che circonda l’area e impossibilitate alla fuga. La profonda penetrazione delle milizie integraliste nel campo (di cui ne è stato occupato il 90% lo scorso 4 aprile) è dovuta al coalizzarsi di Jaish al Islamcon, il Free Syrian Army con l’IS e all’appoggio logi-
stico assicurato da Al Nusra (che pure si dichiara neutrale). La fortissima resistenza palestinese del Fronte Popolare, di Fatahal Intifada e del Palestine Liberation Army, con l’appoggio dell’esercito siriano, ha permesso ai palestinesi di recuperare negli ultimi giorni il controllo del 40% del campo e di evacuare circa 2000 persone. Nelle ultime ore si registra una diminuzione dei combattimenti, ma proseguono assassinii sommari e l’attività dei cecchini. Non sono confermate le notizie di una tregua trattata da Nusra. In tutto ciò la situazione della popolazione civile è gravissima. Mancano cibo, acqua e forniture mediche ed igieniche. I centri sanitari sono distrutti e non è possibile evacuare
i feriti. Gli operatori sociali e sanitari delle Ong siriane e palestinesi attive nel campo sono stati oggetto di aggressione ed assassinio e molti di loro sono dispersi. Le associazioni umanitarie attive nel campo denunciano che 3500 bambini sono a rischio della vita e chiedono che venga proclamata immediatamente una tregua umanitaria che permetta la loro evacuazione e quella dei feriti. L’Arci si unisce alla voce della società civile siriana e a quella delle associazioni palestinesi e chiede al Governo Italiano ed alla comunità internazionale di fare la massima pressione sugli aggressori perché si dichiari immediatamente una tregua che permetta l’apertura di corridoi umanitari per far arrivare nel campo acqua, cibo e medicinali e che soprattutto consenta l’evacuazione dei minori, dei feriti e dei civili. L’Arci chiede inoltre che la comunità internazionale proceda immediatamente a concedere uno status speciale alla popolazione civile palestinese da decenni profuga in Siria rimuovendo i limiti per i quali non può varcare i confini in cerca di salvezza.
Dove vanno i soldi per gli interventi civili del decreto missioni militari all’estero? di Silvia Stilli direttrice Arcs
Per quest’anno abbiamo una legge di stabilità decisamente penalizzante rispetto alla prospettiva di una nuova cooperazione internazionale italiana che esprima appieno le potenzialità di trasversalità nelle politiche di sviluppo, vigili sulla loro coerenza e rilanci la diplomazia della solidarietà, della pace, dei diritti: da agosto abbiamo una nuova legge che mette nero su bianco questi principi e proponimenti, ridefinendo attori e priorità della cooperazione internazionale, la L.125/2014. Il semestre di Presidenza italiana dell’UE si è ormai chiuso, segnalando positivamente un protagonismo vero, una spinta vitale delle organizzazioni sociali, dalle Ong al mondo del cooperativismo, con la realizzazione di molte iniziative sui temi chiave del post-2015, sul ruolo dell’Europa per la costruzione di un mondo più giusto, sostenibile, con obiettivi concreti per contribuire globalmente alla lotta a tutte le povertà, ai cambiamenti climatici, alle
guerre e conflitti. Ma, ripetiamolo, teniamolo bene a mente, purtroppo all’oggi le risorse finanziarie sono del tutto insufficienti per prevedere e definire l’efficace contributo dell’Italia. La stessa vicenda dell’impegno spostato per gli interventi civili dallo stanziamento complessivo per le missioni militari all’estero, una conquista importantissima della società civile che ‘data’ ormai un compleanno decennale, è una delusione effettiva e concreta nella sua trasformazione in azioni e programmi da parte del MAECI, delegato a investire queste risorse aggiuntive. Pochissimi i fondi per i programmi di emergenza che vedono protagoniste le Ong, in aree di crisi dove esse ‘resistono’ nell’impegno umanitario soprattutto nella relazione con le Agenzie internazionali; eccessiva dispersione dell’azione in vari Paesi ‘beneficiari’ e troppo spesso investimenti diretti nella cooperazione bilaterale in senso stretto, cioè quella che ha al centro il trasferimento di risorse
dal nostro Governo a quelli locali, senza possibilità da parte della società civile di esprimersi; latitante condivisione rispetto a queste decisioni nei tavoli di confronto e discussione pubblico-privato, al momento della definizione delle linee guida programmatiche pluriennali e aggiornamenti annuali. Non serve entrare nel merito delle singole voci di impegno di queste risorse derivate dal decreto-missioni con definizione semestrale: l’impostazione deficitaria sopra citata dà l’idea di come una conquista, ripeto, delle organizzazioni sociali della cooperazione internazionale, sia alla fine ‘scemata’ o rischi in alcuni casi di risultare un boomerang. Si sta aspettando la convocazione del Consiglio Nazionale, con tutti gli attori, pubblici e privati, previsto dalla nuova legge, che tarda ad arrivare:di fronte a scadenze di emergenze umanitarie e di prospettiva strategica del post-2015, che sono un fatto concreto. Le Ong non avranno ancora molta pazienza.
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arcireport n. 13 | 10 aprile 2015
esteri
Il patrimonio culturale appartiene a tutti. Servono azioni volte a tutelarlo di Gianluca Mengozzi presidente Arci Toscana
Quando il 12 marzo 2001 a Bamiyan si dissipò la nuvola di polvere ocra prodotta dalle cannonate talebane e le enormi nicchie, che avevano custodito per quasi duemila anni le gigantesche raffigurazioni di Buddha scolpite dagli artisti Lokottaravadin, apparvero desolatamente vuote, la comunità internazionale si accorse che qualcosa di nuovo e terribile era definitivamente successo. L’arte prima delle guerre degli anni ’90 in ex Yugoslavia non era mai stata oggetto di una determinata volontà di distruzione. Certo, la storia era stata piena delle razzie dello ius predae napoleonico, nazista, o di quello italiano che aveva sottratto gli obelischi nelle colonie. Ma si trattava di altro, di qualcosa che non era mirato alla distruzione delle opere ma alla loro vendita per lucro o al loro violento e primitivo appropriarsene. La sistematica demolizione dei minareti e dei campanili ad opera dei serbi, croati e musulmani di Bosnia, la distruzione delle antiche chiese ortodosse da parte dei miliziani albanesi dell’UCK, posero questioni che non erano state previste dalla convenzione dell’Aja del 1954 sulla protezione del patrimonio storico in area di guerra, scritta dopo le distruzioni della Seconda Guerra Mondiale. Dagli anni ‘90 l’arte entrava in guerra accanto alla popolazione civile. Si teorizzò la distruzione del patrimonio culturale prima come simbolo dell’appartenenza ad un gruppo etnico e poi, in seguito, come attestazione di idolatria o credenze la cui memoria andava cancellata. Il 30 marzo scorso l’Arci Toscana in un convegno internazionale organizzato con la Regione nel quadro del programma europeo ENPI T-NET a Firenze ha voluto attualizzare una riflessione su questi temi, anche in seguito alle gravissime notizie che arrivano dalla Siria e dall’Iraq che aggiungono ai massacri della popolazione civile la distruzione del ricchissimo patrimonio storico lasciato dal succedersi di tante civilizzazioni. Il patrimonio culturale è universale, appartiene a tutti. E tutti si sentono offesi nella propria sensibilità, e sgomenti di fronte alle demolizioni dei monumenti antichi operate dalle milizie dell’IS. Ma non si tratta solo delle
distruzioni operate da una fanatica e crudele interpretazione dell’Islam, più visibile sui media: i conservatori dei monumenti siriani, iracheni, giordani e libanesi intervenuti al convegno ci hanno riportato le notizie di scavi clandestini e spoliazioni sistematiche dei siti archeologici fatte con la protezione armata delle milizie, senza altro motivo che quello di mettere sul mercato illegale dell’arte bassorilievi, pezzi di mosaico o tavolette cuneiformi. E arricchire gli antiquari criminali che offrono queste opere nelle capitali europee e nordamericane, talvolta trasportate (ed è una denuncia dell’Unesco) anche nelle valigie diplomatiche di funzionari senza scrupoli. Il rappresentante dell’Ufficio Unesco dell’Iraq ha affermato nella sua relazione che è ora di sottoporre ad una profonda revisione la nozione tradizionale di ‘patrimonio dell’Umanità’: non va protetta solo l’eccellenza, i grandi musei o i monumenti, perché da una lato se ne fanno dei simboli la cui distruzione dà ai criminali il risalto mediatico cercato,
e da un altro, concentrando l’attenzione solo sui grandi siti, diminuisce il controllo del patrimonio solo in apparenza minore diffuso sul territorio. Nel convegno si è affermato che è l’ora di mettere definitivamente in crisi i principi usciti dal secondo conflitto mondiale e dare finalmente voce a chi per difendere il patrimonio storico dalle nuove barbarie rischia ogni giorno la vita, mettendo al centro dell’azione le sapienze accumulate in anni di sacrifici da persone che in prima linea difendono l’arte, e con essa il diritto dei popoli e delle future generazioni alla storia e alla cultura. Gli ospiti esteri al convegno fiorentino ci hanno chiesto che l’Arci si faccia promotrice di una azione congiunta delle associazioni culturali italiane presso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale perché siano stanziati fondi per azioni di aiuto volte alla tutela del patrimonio storico in aree di conflitto e di crisi socioeconomica. Crediamo sia necessario procedere subito.
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reteeuromed
La Rete Euromed per il rafforzamento della società civile tunisina di Raffaella Bolini Relazioni internazionali Arci
Arrivano lunedì prossimo portando con sé quattro pagine di raccomandazioni. Sono richieste puntuali, rivolte al Parlamento e al Governo Italiano. Avranno modo di presentarle direttamente, in una fitta agenda di incontri istituzionali. Sono le stesse rivendicazioni che stanno nelle nostre piattaforme per un Mediterraneo della dignità. Non a caso, con loro lavoriamo da anni, li abbiamo incontrati da poco a Tunisi nel FSM del quale sono stati i principali organizzatori. Sono Messaoud Romdhani, vicepresidente del Forum Tunisino dei Diritti Economici e Sociali e Sadok Ben Hadj Hassine, autorevole rappresentante dell’Unione Generale Tunisina del Lavoro, la UGTT. Con loro saranno Lilia Rebai, coordinatrice del programma Tunisia della Rete Euromediterranea dei Diritti Umani e Rami Salhi, che per la Rete Euromed dirige l’ufficio regionale Maghreb. L’Arci aderisce alla Rete, siede nel suo comitato esecutivo e partecipa ad alcuni dei suoi gruppi di lavoro. La missione si tiene nell’ambito del progetto di rafforzamento della società civile che la Rete Euromed sta realizzando
in Tunisia. Il progetto ha permesso di consolidare reti che coinvolgono tutti gli attori democratici su quattro aree tematiche: la giustizia transizionale, l’uguaglianza uomo-donna, i migranti e i diritti economici e sociali. La missione in Italia si concentra sui migranti e sull’accordo di libero scambio completo e approfondito (ALECA) che l’Unione Europea sta cercando di imporre alla Tunisia. Accompagnati da Arci, Arcs e dalla Cgil avranno incontri con la Commissione Esteri della Camera, in una sessione aperta alla partecipazione di tutti i parlamentari e degli intergruppi interessati. Vedranno diversi responsabili del Ministero degli Interni. Avranno un incontro ad alto livello con il Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale. Stiamo aspettando le conferme dalla Presidenza del Consiglio e dalla Commissione Diritti Umani del Senato. La risposta delle istituzioni, a differenza di altre volte, è stata sempre rapida e positiva. Dopo l’attentato al Bardo, la Tunisia è tornata in auge e cercheremo di fare in modo che l’interesse non si spenga. La Tunisia è un piccolo paese,
ma la sua capacità di difendere la transizione democratica mentre è circondato da crisi, conflitti e oscurantismi ne fanno un luogo importante da difendere, da sostenere, da proteggere. Il governo italiano ha, nei giorni dopo l’attentato, cancellato una parte del debito tunisino. Ed è stato un buon segnale. Ma bisogna evitare che con una mano si dia e con l’altra si tolga mille e mille volte tanto, come accadrebbe se con l’ALECA la Tunisia diventasse ancora di più terreno di scorribande senza freno per i predoni del libero mercato. E, come ci hanno detto a Tunisi mentre preparavamo la delegazione nei giorni del FSM, non c’è Mediterraneo della dignità se le merci attraversano liberamente il mare e le persone, invece, ci muoiono dentro affogate e fatte scomparire dalle frontiere dell’Europa fortezza. Mercoledì 15 aprile alle 17.30 in un incontro pubblico aperto a tutti gli interessati, avremo modo di discutere insieme come continuare a fare «non un passo indietro», e magari qualche passo avanti per una vera alternativa mediterranea, necessaria come il pane a tutti noi.
La Spagna imbavaglia la libertà di espressione e di manifestazione e restringe il diritto di asilo Nonostante la forte opposizione della società civile, di tutti i partiti di opposizione, dell’opinione pubblica spagnola, e nonostante la condanna delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa, la Spagna ha adottato la legge fondamentale per la protezione della sicurezza pubblica il 26 marzo scorso. La Rete euromediterranea per i diritti umani, l’Organizzazione mondiale contro la tortura, la Federazione internazionale per i diritti umani, l’Associazione europea per la difesa dei diritti umani e le loro organizzazioni aderenti condannano fermamente la ‘legge bavaglio’, e confermano le loro preoccupazioni circa le restrizioni crescenti al diritto di libertà di espressione e di manifestazione pacifica in Spagna. Con il pretesto di assicurare la sicurezza pubblica, la legge bavaglio introduce sanzioni amministrative, alcune molto severe, finalizzate a dissuadere i cittadini dall’esprimersi attraverso manifestazioni pubbliche. La legge criminalizza le nuove forme di
azione collettiva che si sono sviluppate negli anni recenti, incluse le escraches (manifestazioni finalizzate a denunce pubbliche), i sit-in, l’occupazione di spazi pubblici, il circondare pacificamente i parlamenti e i ‘concerti di pentole’. La Legge impone multe agli organizzatori di incontri e manifestazioni senza notifica preventiva. Anche le assemblee pacifiche nelle vicinanze del Congresso, del Senato o delle Assemblee legislative delle Regioni Autonome possono essere considerate ‘reati gravi’ punibili con alte multe. La diffusione di immagini degli agenti della polizia e della sicurezza di Stato saranno considerati ‘reati gravi’, e questo può compromettere la documentazione di abusi commessi dalle forze dell’ordine. La legge consolida anche la pratica di espulsione sommaria dei migranti dalle enclaves spagnole di Ceuta e Melilla, restringendo il diritto d’asilo e violando il principio di non respingimento e il divieto di espulsioni collettive. Espone inoltre i
migranti a rischi di maltrattamenti poiché gli nega la possibilità di denunciare le forze dell’ordine in caso di abusi. Il 23 febbraio cinque esperti di diritti umani delle Nazioni Unite hanno chiesto alla Spagna di rigettare la legge perché essa viola il diritto di manifestazione penalizzando un vasto numero di comportamenti essenziali per l’esercizio di questo diritto. Preoccupazioni ha espresso anche il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa. Le nostre organizzazioni fanno appello alla Spagna perché abroghi questa legge, che viola la Costituzione spagnola e la legislazione internazionale ed europea sui diritti umani e i rifugiati. Facciamo anche appello alle istituzioni europee affinchè prendano una chiara posizione a favore della protezione dei valori fondamentali sui quali è basata l’Unione Europea, e a prendere provvedimenti per assicurare che essi non siano violati negli Stati membri.
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La campagna di solidarietà in più #IOSTOCONVINCENZO Nata a Palermo per sostenere il socio Arci Vincenzo Rao accusato di diffamazione Si chiama #IOSTOCONVINCENZO la campagna di solidarietà nata a Palermo e presto diffusasi in tutta Italia per raccogliere fondi e scambiare informazioni in merito al processo per diffamazione a Vincenzo Rao, socio del circolo Arci ‘NZocchè di Palermo. La vicenda ha inizio nel 2007, quando un’insegnante di Palermo viene denunciata dai genitori di un suo alunno perché gli aveva fatto scrivere sul quaderno per 100 volte «sono un deficiente». L’insegnante spiegò che aveva voluto punire il suo alunno perché aveva impedito ad un compagno di classe di entrare nel bagno dei maschi definendolo gay e femminuccia. Questa vicenda processuale attirò l’attenzione della stampa e diversi furono gli attestati di solidarietà nei confronti dell’insegnante, tra questi, il sit in davanti al Tribunale di Palermo nel giorno della sentenza organizzato dall’associazione omosessuale di Palermo Articolo Tre. L’insegnante venne assolta in primo grado e la stessa associazione diramò un comunicato di grande apprezzamento nei confronti della sentenza, che evidenziava i limiti di un sistema scolastico impreparato e non di rado indifferente nell’affrontare i fenomeni di bullismo, soprattutto quelli a sfondo omofobico. Il dottor Ambrogio Cartosio, nelle funzioni di Pubblico Ministero, scriveva un atto di appello contro la sentenza di assoluzione ed anche questo balzava agli onori della cronaca, perché si leggeva che i metodi educativi dell’insegnante palermitana erano da paragonare a metodi da rivoluzione culturale cinese del 1966 e che «è nozione di comune esperienza che i giovani, dai più piccoli ai più grandi, e in tutte le aree geografiche d’Italia sono soliti apostrofarsi reciprocamente (e, spesso, semplicemente per scherzo) con espressioni omofobiche. Si tratta di un’abitudine non commendevole, quanto largamente diffusa e si può anche dire largamente tollerata dalla società». In seguito ai comunicati e alle dichiarazioni di sdegno anche da parte di illustri esponenti del movimento LGBT nazionale e di parlamentari, l’associazione Articolo Tre diramava un comunicato in cui scriveva che «la nostra associazione esprime profonda indignazione, non per il legittimo diritto al ricorso in appello, ma per la grettezza machista, omofoba
e misogina che costituiscono l’impianto ideologico su cui si fonda tale ricorso». Questi elementi spingeranno il dottor Ambrogio Cartosio a sporgere denuncia per diffamazione: il processo viene istruito contro Vincenzo Rao, all’epoca dei fatti membro del direttivo dell’Associazione Articolo Tre, ed in primo grado (il 19 maggio del 2014) viene emessa una sentenza di condanna dal Tribunale di Caltanissetta a 4 mesi di reclusione, al pagamento delle spese processuali e ad un risarcimento danni da quantificare in sede civile su una richiesta della parte lesa di 30mila euro. Il giudice monocratico motiva questa condanna perché considera il comunicato un mero attacco personale nei confronti di un nemico giurato della propria ideologia, preso di mira solo perché aveva fatto ricorso in Appello, senza menzionare i passi di quell’atto giudiziario che avevano motivato la critica contenuta nel comunicato. Inoltre, nella sentenza di condanna, si legge che un atto giudiziario non può essere sottoposto a critiche metagiuridiche, soprattutto da parte di chi, comune cittadino e non addetto ai lavori, probabilmente non è nemmeno in grado di comprenderne il significato. La pena inflitta, si legge infine, ha uno scopo deterrente nei confronti dell’imputato. Il 17 marzo del 2015 si svolge l’udienza di Appello in cui Vincenzo Rao rinuncia ad avvalersi della prescrizione del reato già sopraggiunta e la Corte di Appello di Caltanissetta conferma la condanna per diffamazione, modificando la pena inflitta da 4 mesi di reclusione a 1000 euro di ammenda, più spese processuali e risarcimento danni. Le motivazioni di questa seconda condanna saranno depositate entro 60 giorni dalla data del pronunciamento della sentenza. Il prossimo passo sarà il ricorso in Cassazione e, se tale condanna dovesse ancora essere confermata, alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Chi vuole contribuire a questa battaglia, che non è solo processuale e personale ma anche politica e collettiva, può farlo anche con una sottoscrizione, inviando un bonifico con la causale #IOSTOCONVINCENZO utilizzando il seguente IBAN: IT84N0359901899050188523492 La carta è intestata a Tommaso Gullo, presidente Arci Palermo. fb #IOSTOCONVINCENZO
incontro su vittò VENTIMIGLIA In occasione del
70° anniversario della Liberazione, l’Arci XXV Aprile promuove, il 10 aprile alle 16.30 nella Biblioteca Civica Aprosiana, un incontro pubblico su Vittò, Comandante della seconda divisione partigiana Liguria. Interverranno, tra gli altri, Giovanni Rainisio, Presidente dell’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Imperia; Romano Lupi, giornalista e scrittore, autore della biografia del Comandante Vittò; Roberto Moriani, ricercatore storico sulla lotta di Resistenza nel Ponente. imperia@arci.it
camminata partigiana SAN POLO D’ENZA (RE)
Nuove iniziative dedicate alla Resistenza al circolo Arci Pontenovo: domenica 12 aprile ci sarà La memoria in cammino. Camminata sui sentieri partigiani, per il 70° anniversario della Liberazione, da Pontenovo a Caverzana. Ritrovo alle 9.30 presso il circolo Pontenovo, arrivo alle 11.30 a Caverzana, dove si concluderà con un aperitivo antifascista. La camminata sarà accompagnata da canti e musiche partigiane con Paolo Simonazzi ed Emanuele Reverberi. Durante il cammino si leggeranno le biografie dei partigiani ed antifascisti sampolesi. arcipontenovo@gmail.com
corso per baby sitter ROMA Arci Solidarietà, in collabora-
zione con il Centro di formazione Mutamenti, organizza un corso di formazione professionale per baby sitter. Il corso si svilupperà nell’ambito di 3K Europe, progetto di inclusione lavorativa per i giovani promosso da Fundaciòn Esplai e sviluppato in Spagna, Portogallo e Italia. Il corso, completamente gratuito, prevede 300 ore suddivise in 230 ore di formazione in aula e 70 ore di tirocinio in strutture dedicate all’infanzia. Iscrizioni entro il 24 aprile. segreteria@mutamenti.org
racconti horror LUCCA L’associazione VAGA (Visio-
ni Atipiche Giovani Artisti) che aderisce all’Arci Lucca, promuove il concorso per racconti horror dedicato al terrore, all’orrore, al mistero, al grottesco, all’arabesco e al fantastico. Bando e info su www.associazionevaga.it
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‘Giovani memorie resistenti’ La rassegna Liberarci 2015. Giovani memorie resistenti, promossa da Arci e Anpi Cremona in occasione della Festa della Liberazione del XXV aprile, entra nel vivo delle iniziative proposte quest’anno che approfondiscono il tema ‘Una memoria attiva per la pace contro la guerra’. Sabato 11 aprile alle 17 si terrà l’inaugurazione della mostra Fumetti Partigiani a cura di Emiliano Rabuiti, con una riflessione di Pierluigi Rizzi. L’iniziativa si realizza in collaborazione con il circolo Arcicomics e con il Centro Fumetto ‘Andrea Pazienza’. Domenica 12 aprile alle 18 è prevista una performance teatrale a cura di Teatro Itinerante, con Carla Provaglio, dal titolo La brigantessa: una storia, mille storie. Le iniziative si terranno presso la sede del circolo proletario Arci Carlo Signorini a Cremona che, nato a pochi mesi dalla Liberazione, proprio quest’anno festeggia i settant’anni dalla sua fondazione. www.arcicremona.it
Incontro sui campi antimafia L’11 e 12 aprile a Roma, presso la sede nazionale Arci, si terrà l’incontro di formazione per i coordinatori dei campi antimafia promossi dall’Arci con Cgil, Spi Cgil, Flai Cgil e Libera. Durante i due giorni di lavori, si discuterà e ci si confronterà a proposito degli obiettivi dei campi, dell’inquadramento normativo, dei luoghi e della storia dei beni confiscati interessati. Giunti alla nona edizione, i campi saranno organizzati in Lombardia, Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Puglia, Campania, Calabria e Sicilia. Si comincerà, dalla fine di aprile, col campo di Corleone per poi proseguire nelle varie località fino alla fine di settembre. campidellalegalita@arci.it
Ucca distribuisce ‘Triangle’ A partire dal 9 aprile è possibile richiedere ad Ucca il film Triangle di Costanza Quatriglio. Il film, vincitore del Nastro d’Argento 2015 per il miglior documentario nella categoria cinema del reale, mostra due tragedie tra loro speculari che fanno riflettere sulla condizione del lavoro oggi e sui diritti della classe operaia. Barletta, 2011: a cento anni dall’incendio della fabbrica Triangle, quando nel 1911 prese fuoco l’ottavo piano del grattacielo di New York tra Washington Square e Greene Street, le operaie tessili ancora oggi muoiono sotto le macerie di un maglificio fantasma. Estratta viva da quelle macerie, l’unica sopravvissuta ci fa rivivere il ritorno alla condizione preindustriale e la necessità di un nuovo inizio. Dalla New York di un secolo fa all’Italia di oggi poco sembra essere cambiato per le donne lavoratrici. Le musiche del film sono di Teho Teardo. Triangle è prodotto da DocLab e Factory Film con Rai Cinema in associazione con Istituto Luce Cinecittà, con il sostegno del MiBACT – Direzione Generale per il Cinema e di Apulia Film Commission, Aamod, Inail, Udi. Per informazioni e prenotazioni contattare Ucca allo 0641609501- ucca@arci.it
‘Dominio Pubblico’ a Viterbo Ultimo appuntamento a Viterbo, per la stagione 2015, con il progetto Dominio Pubblico, promosso da Teatro Argot, Teatro dell’Orologio e Associazione Teatrale Comuni del Lazio, in collaborazione con Arci Viterbo e Officina Culturale Distretto Creativo. Sabato 11 aprile alle 21 presso lo spazio MAT di via del Ganfione 16/18 sarà in scena RedReading #6 Come fratelli e sorelle, vite profughe, esistenze partigiane di e con Tamara Bartolini e Michele Baronio. Il RedReading è un progetto che viene di volta in volta riformulato su un testo e un nuovo parterre di ospiti: è un incontro intimo con il pubblico e con il territorio, un esercizio di vicinanza, un viaggio sentimentale e appassionato tra letteratura e teatro. In questo RedReading si raccontano foto che parlano di un fratello e una sorella, immagini che raccontano l’identità di scelte partigiane, di vite che resistono ai razzismi, ai poteri, agli stereotipi, alle guerre. Sfogliando i ricordi di Isabella e Giorgio Marincola, sbirciando dentro quelle vecchie foto ingiallite di «bambini italiani dalla pelle scura», ritroviamo anche le nostre foto, ci guardiamo e ci riconosciamo, come fossimo fratelli e sorelle sul filo di una frontiera sbarcati per cantare una memoria oltre i confini. «Siamo tutti profughi, senza fissa dimora nell’intrico del mondo. Respinti alla frontiera da un esercito di parole, cerchiamo una storia dove avere rifugio». culturavt@arci.it
daiterritori
Amico Fragile L’associazione Ostinata e contraria, in collaborazione con Arci Cesena e Scuola di musica popolare di Forlimpopoli presenta, sabato 11 aprile alle 21 al Teatro Petrella di Longiano (FC), l’iniziativa Amico Fragile 2015, un omaggio a Fabrizio De Andrè con Artenovecento e Max Manfredi. Lo spettacolo parte da Genova, città natale sia di Faber che di Max, e si perde tra i vicoli della città vecchia e del mondo, in un susseguirsi di storie e canzoni che si mescolano insieme come buoni vini d’annata. Storie di anime salve che non si finiscono mai di scoprire, raccontate da Manfredi e Artenovecento sotto una luce nuova. www.arcicesena.it
Seminario a Genova Le Società di Mutuo Soccorso tra nuovi bisogni e riforme è il titolo del seminario promosso da Arci Liguria che si svolgerà a Genova presso Casa 25 aprile il 10 aprile alle 16. Il disegno di legge delega per la riforma del Terzo Settore sta per concludere il suo iter parlamentare: tra le novità importanti si discute «del riordino e alle revisione organica della disciplina vigente» anche «in materia di mutuo soccorso», oltre che «di attività di volontariato, di promozione sociale». Si riapre così la possibilità che nuove norme sostituiscano quelle in vigore, raccogliendo il bisogno forte di una ridefinizione del concetto di mutualità ai nostri tempi e, soprattutto, il superamento delle problematiche che hanno provocato e provocano molte incertezze per il futuro delle stesse Società. Sarà anche l’occasione per presentare la proposta di legge sulle Società di Mutuo Soccorso che vede come primo firmatario Paolo Beni. Introduce Luigi Picena, responsabile mutualità Arci Liguria; partecipano Stefano Kovac, presidente Arci Genova, Mario Tullo, parlamentare PD e Paolo Beni, parlamentare PD primo firmatario della proposta di legge sulle SMS; conclude Walter Massa, presidente Arci Liguria. fb Arci Liguria
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società
Troppe le domande ancora senza risposta. Verità e giustizia non sono state fatte di Walter Massa presidente Arci Liguria
Credo non ci siano dubbi sul fatto che viviamo in un paese in cui la verità, quando riguarda lo Stato e/o suoi pezzi, é sempre nascosta da cortine fumogene, depistaggi etc e quando, a volte, emerge é ormai svuotata di senso pratico perché vanificata dalla prescrizione. Da Piazza Fontana ad Ustica, di cui si parla in questi giorni, dal G8 ad Incalza. È facile, quindi, partire da un argomento - la sentenza della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo che condanna l’Italia per tortura nei confronti dei manifestanti vittime del massacro della Diaz - per poi trovarsi ad allargare il discorso. Ma restiamo sulla sentenza della Corte di Strasburgo. La tortura in questo paese - é ormai un fatto accertato - viene praticata da decenni con il beneplacito dello Stato. Emblematica, in proposito, la vicenda della liberazione del generale Usa Dozier grazie alle torture praticate da una squadretta specializzata mandata dal ministero. Sembra però che per la classe politica che ci governa i tempi non siano ancora maturi per introdurre nel codice penale il reato di tortura. Eppure il tempo ‘di
il libro
maturazione’ non é mancato visto che solo nel 2012 l’Italia ha firmato l’apposita Convenzione adottata dall’Assemblea Generale dell’Onu nel 1984 ed entrata in vigore nel giugno 1987. Un altro aspetto da non trascurare è legato ad una recente iniziativa del legale del Sap - ‘casualmente’ in seguito alla sentenza della Corte dei conti che impone ai quattro agenti i risarcimento di 560mila euro allo Stato - a favore dei 4 agenti che uccisero Federico Aldrovandi. In sostanza il legale fa riferimento alle tecniche di addestramento citando manuali ufficiali, non mostrati durante la conferenza stampa, tra cui il «manuale del 1994 sussidio D» e concludendo quindi che la responsabilità é del ministero dell’interno e non degli agenti che avrebbero diligentemente applicato gli insegnamenti ricevuti. Ovviamente non ci interessa discutere di questo ‘coniglio dal cappello’, estratto, peraltro tardivamente ed in epoca alquanto sospetta, dai legali dei quattro poliziotti condannati per l’uccisione di ‘Aldro’. Dobbiamo però domandarci: c’é qualcuno che esercita un controllo sull’addestra-
mento delle forze dell’ordine? E in tal caso, come lo esercita e a chi riferisce? Ci sono poi domande, rimaste senza risposta, che restano d’attualità. Perché non si é voluto varare una commissione parlamentare d’inchiesta sul G8? E com’é possibile che l’Arma dei Carabinieri, che pure scatenò i disordini di piazza aggredendo a freddo il corteo quando ancora era distante dalla zona rossa, non abbia mai figurato nelle inchieste? E come mai non si é voluto fare un processo per accertare cause ed eventuali responsabilità per la morte di Carlo Giuliani? In conclusione, un’ultima annotazione. Il presidente del partito di governo definisce una vergogna la nomina di De Gennaro a presidente di Finmeccanica, voluta da un presidente del consiglio del suo partito e ratificata dal successore di quest’ultimo, dello stesso partito. Legittimo dissenso, certo. Forse dovrebbe domandarsi come mai si permette ai ‘servitori dello Stato’ di diventare tanto potente da essere ‘intoccabili’. De Gennaro non é certo il solo, Incalza docet. E se questo accade il dubbio é che in fondo faccia comodo.
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I carnefici di Daniele Biacchessi Sperling&Kupfer Editore
«Sono un sopravvissuto. Uno che ha visto l’orrore. Uno che non vuole dimenticare.» In una tiepida sera di fine estate, nel cortile di una cascina a Monte Sole, un vecchio mostra al nipote un tesoro fatto di vecchie fotografie, mappe militari ingiallite, cartine geografiche, carte processuali segnate dall’uso. Testimonianze e ricordi di una storia avvenuta settant’anni fa, di cui il nonno, nella sua comunità, è diventato il custode. È la storia di una lunga estate di sangue, quella del 1944: per contrastare l’avanzata delle truppe alleate, i tedeschi rinforzano le difese lungo la linea Gotica e intanto pianificano una persecuzione spietata delle brigate partigiane. Il compito è assegnato a una divisione speciale delle SS combattenti, che viene lanciata contro i «banditi» come su un fronte di guerra: i borghi in cui si nascondono i ribelli devono essere rasi al suolo, la popolazione eliminata come complice. Nei piccoli paesi dell’Appennino fra Toscana ed Emilia - Sant’Anna di Stazzema, Bardine, Vinca, Casaglia, Marzabotto - il beffardo suono di un organetto annuncia l’arrivo dei militari della divisione assassina e dà inizio al martirio di centinaia di vecchi, donne e bambini. Il nonno ha ancora negli occhi l’orrore conosciuto nella sua infanzia, ma il suo racconto ha la lucidità di chi per decenni si è dedicato a ricostruire i fatti e individuare le responsabilità dei singoli, a seguire i processi e denunciare i silenzi e le omissioni di giudici e politici. Daniele Biacchessi, giornalista e presidente del circolo Arci Ponti di Memoria, impegnato da anni a portare in libreria e in teatro le pagine più drammatiche, oscure e controverse della storia italiana, offre, in questo libro, una narrazione delle stragi naziste che rende la memoria pulsante e viva. www.danielebiacchessi.it
In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 16 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
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