arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XIV | n. 13 | 7 aprile 2016 | www.arci.it | report@arci.it
Per combattere le mafie servono coerenza e convinzione. Noi lo facciamo, anche con i campi della legalità di Francesca Chiavacci Presidente nazionale Arci
Le mafie, in tutte le loro manifestazioni, non si possono combattere se le si accreditano nei salotti televisivi di più larga diffusione. Ciò che è accaduto nella puntata di Porta a Porta di mercoledì scorso è stato proprio questo: il servizio pubblico radiotelevisivo, dopo un pomeriggio di dichiarazioni di parenti di vittime di mafia, il pronunciamento del Presidente del Senato, il silenzio pesante del Presidente della Repubblica, ha perseguito lo stesso questa scelta scellerata, accettando la volontà del conduttore di declinare l’invito a rinunciare di sua sponte alla messa in onda dell’intervista al figlio di uno dei capi di Cosa Nostra. D’altro canto, non è la prima volta che accade e perciò è ancora più grave. Non molto tempo fa sulle poltrone di Bruno Vespa si accomodarono il figlio e la nipote del boss Vittorio Casamonica, i cui funerali show il 20 agosto a Roma indignarono il paese intero. La nostra associazione è impegnata nel movimento dell’antimafia sociale, e lo fa prima di tutto valorizzando la cultura come strumento per la costruzione di una società che rifiuti il pensiero che sta alla base dell’agire mafioso.
Per questo utilizzare una trasmissione pseudogiornalistica, la scusa della presentazione di un libro (che libro! E quanti libri non vengono presentati…) rappresenta per noi un colpo durissimo, proprio a partire dalla nostra concezione di lotta alle mafie. Sappiamo che questa battaglia non si è realizzata solo attraverso l’utilizzo degli strumenti della repressione e del rispetto delle leggi. Il contrasto alle mafie è fortemente legato alle battaglie progressiste, per una cultura della legalità e della giustizia sociale, per i diritti. La repressione senza una cultura della legalità democratica ha il fiato corto. Così come la ricerca della sola legalità formale, che non contempli una giustizia piena e una società più equa, è destinata a fallire o a rimanere un’espressione vuota. Le mafie costituiscono un sistema più ampio delle azioni criminali commesse dai propri componenti. Hanno in sé diverse dimensioni del consenso: una è più evidente (quella verso i settori più deboli della popolazione), l’altra è più nascosta, camaleontica, ed è quella che conta di più e conferisce più forza. Oggi, che le organizzazioni mafiose si sono ramificate
in tutta Italia e in buona parte del mondo, la mafia non è più solo una declinazione particolare della questione meridionale. È qualcosa che si inserisce e cresce nella profonda crisi morale, etica, che il nostro Paese attraversa in tanti comparti della società e che trova un humus fertile nella profonda crisi della nostra democrazia, della sempre più grande separazione tra cittadini e politica. Se è così, l’impegno della nostra Associazione non può che essere ancora più forte di sempre, anche nella ricostruzione di un forte movimento di antimafia sociale, parlando soprattutto con le generazioni più giovani, che in questa crisi profonda sono nate e cresciute. Incontriamo molti giovani e ragazze nei nostri circoli e tante e tanti sono quelli che dedicano parte delle loro vacanze a lavorare e a vivere un’esperienza nei beni confiscati che associazioni e cooperative gestiscono ormai in tutta Italia. Lo faremo anche nell’estate del 2016, e invece di guardare Porta a Porta studieremo per capire insieme le ragioni vere (politiche, economiche, sociali e culturali) e non quelle ‘romanzate’ della forza delle mafie nel nostro paese.
2
arcireport n. 13 | 7 aprile 2016
migranti
Accordo UE-Turchia
Il vergognoso baratto di esseri umani con un paese né sicuro né democratico è cominciato di Filippo Miraglia Vicepresidente nazionale Arci
Il baratto degli esseri umani, formalizzato dall’Accordo UE-Turchia sui migranti, ha avuto formalmente inizio. La Turchia è di fatto considerata un paese terzo sicuro. Le prime duecento persone trasferite dalle isole greche di Lesvos e Chios sono perlopiù del Pakistan e del Bangladesh: nazionalità per le quali il ministro dell’Interno turco Ala si è affrettato a dire che è previsto il rimpatrio forzato nei paesi di provenienza. Diritto d’asilo? Cos’è? L’Europa ha affidato a un paese che da anni si macchia del crimine di persecuzione e violenza nei confronti del popolo curdo, alla Turchia che mette in galera chiunque osi denunciare le malefatte del governo, alla
Turchia dei campi di accoglienza concepiti come campi di deportazione - pensiamo ad esempio a quello di Askale- alla Turchia che non ha adottato la convenzione di Ginevra del 1951, a un paese con queste caratteristiche, l’UE ha affidato il destino di migliaia di migranti in fuga da persecuzioni per motivi religiosi, sociali, politici e ambientali. Alla discriminazione originaria dell’Agenda europea sull’immigrazione secondo la quale possono essere ricollocate esclusivamente persone con una nazionalità che registra un tasso medio di riconoscimento dello status di rifugiato pari al 75% - siriani, eritrei ed iracheni - si aggiunge una discriminazione sul comportamento adottato dal siriano in
fuga. Se per salvarti la vita l’hai messa a rischio su un gommone verso le coste greche, violando però le leggi di ingresso, allora sei un siriano di serie B il cui destino sarà il rientro in Turchia. Se invece sei un siriano attualmente presente in Turchia senza aver ancora tentato di raggiungere l’UE, allora sei un siriano di seria A che verrà accolto - grazie a un siriano di serie B – in un paese dell’UE. Da non credere se non fosse scritto nero su bianco. Una vergogna internazionale. Un simile accordo sarebbe illegittimo e politicamente inaccettabile anche se stipulato con un paese sicuro e democratico, figuriamoci con un paese che non è né sicuro né democratico!
L’Arci in visita all’hotspot di Pozzallo Il 1 aprile 2016 una delegazione composta da Arci e Caritas ha accompagnato l’onorevole Erasmo Palazzotto e il sindaco di Pozzallo Luigi Ammatuna in visita all’hotspot L’occasione era la presentazione del Festival Sabir, un evento che si terrà nel piccolo borgo di Pozzallo tra il 12 e il 15 maggio. A conclusione dell’iniziativa la delegazione ha raggiunto la struttura che ospitava, al momento della visita, quasi 200 persone, principalmente minori, dal momento che gli adulti vengono velocemente trasferiti in altri centri come i CAS (centri di accoglienza straordinaria) e i CARA (centri di accoglienza richiedenti asilo), e trascorrono a Pozzallo solo poche ore. Per i minori la situazione è diversa, perché resta difficile trovare loro una collocazione, nonostante la situazione di profonda vulnerabilità, e sono costretti a lunghi periodi di detenzione nel centro prima di ricevere accoglienza negli hub o presso il sistema SPRAR (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). La procedura prevede che, dopo lo sbarco, i migranti vengano tutti identificati all’ingresso dell’hotspot. L’identificazione è effettuata attraverso la compilazione di un modulo, il foglio notizie, da parte della polizia italiana in collaborazione con funzionari dell’agenzia Frontex e mediatori. In passato, sulla base della nazionalità e della compilazione di questo
documento si sono prodotti sistematici respingimenti differiti; ma in questa occasione la delegazione ha notato positivamente che di recente non ci sono stati altri casi di respingimenti differiti dal porto di Pozzallo ed in generale dagli hotspot siciliani. Resta, comunque, viva la preoccupazione verso la prassi di respingere in differita o espellere sistematicamente le persone in virtù dell’accordo di riammissione, senza che si proceda ad una reale analisi delle loro storie individuali. Questo procedimento è estremamente grave in particolare verso i cittadini egiziani, costretti a vivere in un sistema dittatoriale che non esita a fare ricorso alla tortura. Il centro è dotato ad oggi di 4 strumenti per la registrazione delle impronte digitali, in grado di effettuare 240 identificazioni in 24 ore. Alla luce di questi dati risulta quindi assolutamente inutile, oltre che illegale, prolungare la detenzione negli hotspot a cinque giorni, come annunciato dal Governo. La procedura d’identificazione è accompagnata da una informativa in cui appare un pericoloso, quanto illegale, riferimento al possibile uso della forza per l’acquisizione delle foto e delle impronte digitali.
Parlando con il personale di Polizia del centro, la nostra delegazione è stata informata dell’esistenza di operazioni che hanno l’obbiettivo di identificare presunti scafisti e relativi testimoni di giustizia già a partire dalle navi di salvataggio. Inoltre, nel caso specifico della nave Siem Pilot, impegnata nell’ambito dell’operazione Triton, si procede ad una vera e propria pre-identificazione. Riteniamo inumana la procedura di identificazione dei migranti in momenti così difficili, sulle navi di salvataggio e a poche ore dallo sbarco, quando oltre ad essere stremati dal viaggio e da difficilissime permanenze in Libia non hanno ricevuto ancora nessuna informativa. Ci sembra, poi, che possa essere una pratica molto pericolosa nel caso si voglia procedere ad una divisione sulla base della nazionalità tra migranti economici e richiedenti asilo. Salutando positivamente l’effetto delle denunce associative e delle direttive della circolare a firma del Prefetto Morcone che vedono una forte riduzione dei procedimenti di respingimenti differiti, l’Arci continuerà a monitorare le procedure alle frontiere italiane affinché non si verifichino ulteriori casi di violazione dei diritti dei migranti.
3
arcireport n. 13 | 7 aprile 2016
referendumnotriv
Un nuovo modello di sviluppo per salvaguardare l’ambiente e la salute di Ottorino Arbia presidente Arci Basilicata
L’inchiesta giudiziaria della Procura AntiMafia e della Direzione Distrettuale provinciale che ha prodotto l’arresto di cinque dirigenti Eni accusati di aver aggirato le norme sullo smaltimento dei rifiuti e sulle emissioni chiama tutta la società civile alla massima attenzione. È compito dell’Autorità Giudiziaria verificare le responsabilità e continuare gli accertamenti. Ma la notizia di reato, che riguarda in particolare lo smaltimento e il traffico illecito di rifiuti, rappresenta uno scenario preoccupante innanzitutto per l’ambiente e per la salute dei lucani. L’intreccio politico dannoso, che coinvolge dirigenti di Eni e Total e rappresentanti politici istituzionali locali, regionali e nazionali, che hanno gestito gli affari legati agli idrocarburi, ancora prima di conseguenze politiche, ha effetti sulla vita della popolazione. Le ripercussioni politiche, che si susse-
guono in queste ore, legate alle accuse di corruzione e concussione, riguardanti affidamenti e concessioni di lavori in appalto, sono ulteriore motivo di preoccupazione e richiedono pulizia all’interno del quadro istituzionale, affinché si recuperino credibilità e capacità di rappresentare le istanze dei cittadini. Ma in particolare non è più consentito, evidentemente, ritenere che la situazione sia sotto controllo né attendere, ulteriormente, l’esito giudiziario per attivare, in maniera urgente e straordinaria, nuove misure di monitoraggio e di analisi del contesto ambientale, nella Val d’Agri e in tutti i territori interessati dalle attività estrattive. Le sospensioni temporanee delle attività Eni a Viggiano e di Tecno Parco a Pisticci sono atti dovuti, ma non sufficienti.La società civile ha diritto ad avere chiarezza, finalmente, sulle conseguenze ambientali legate allo smaltimento dei
rifiuti reflui e alle emissioni. Le istituzioni e i governi, locali e nazionali, hanno l’obbligo di tutelare la popolazione da ulteriori rischi. E alla luce dei fatti siamo sempre più convinti che sia il momento di cambiare strada, rimettendo in discussione i presupposti dell’idea di sviluppo fin qui perseguita: ripensare i rapporti tra umani e natura, territorio, lavoro; immaginare un nuovo modo di vivere, produrre, consumare e agire le relazioni sociali. Un’economia compatibile coi limiti fisici del pianeta impone di cambiare i modelli di consumo e l’apparato produttivo che li sostiene. In questo contesto, il prossimo 17 aprile votiamo Sì al referendum, per limitare le attività estrattive, entro le dodici miglia, e rafforzare le politiche di ricerca e sviluppo sulle fonti alternative di approvvigionamento energetico.
Il Coordinamento nazionale No Triv scrive al segretario nazionale del PD «Il Referendum popolare sulle trivelle del 17 Aprile è alle porte. I cittadini e le cittadine italiane potranno scegliere, votando Sì, di eliminare la norma introdotta di recente nell’ultima Legge di Stabilità. Una norma che permette alle compagnie del petrolio e del gas di godere di concessioni della durata illimitata entro le 12 miglia marine. Il suo invito al popolo italiano di disertare le urne ci sconcerta, fatto ancor più grave considerato che lei ricopre la doppia veste di Capo del Governo e di Segretario del maggiore partito italiano. Far fallire la consultazione popolare è un obiettivo che Lei sembra stia perseguendo con ostinazione. Le scriviamo per chiederLe di rendersi disponibile per un confronto pubblico con noi sostenitori delle ragioni del Sì. Crediamo che il popolo italiano meriti un confronto leale e trasparente. L’utilità dell’andare al voto sul quesito referendario del 17 aprile è stata stabilita prima dall’Ufficio Centrale per i referendum della Corte di Cassazione e poi dalla Corte Costituzionale, con Sentenza 17/2016. Entrambi hanno ritenuto l’e-
mendamento governativo, approvato dal Parlamento, sulla durata di vita utile del giacimento, una elusione di fatto, ex lege, del termine naturale delle concessioni, stabilite dalle regole comunitarie. Dunque, il referendum è utile e giusto. Lo hanno deciso le Istituzioni poste a garanzia della nostra Carta Costituzionale. Poi c’è il merito. Noi siamo convinti che Lei, il suo Governo ed il suo Partito abbiano piena consapevolezza dell’assoluta rilevanza delle tematiche ambientali e della necessità, in particolare dopo l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (sottoscritto da 195 Paesi tra cui l’Italia) di procedere speditamente verso la decarbonizzazione dell’economia. Dobbiamo impegnarci nel concreto per abbattere le emissioni di gas serra e perseguire con tenacia l’obiettivo concordato di limitare l’incremento della temperatura media globale a 1,5 gradi centigradi. Il referendum vuole essere un segnale anche e soprattutto in tal senso, di fronte all’assenza di strumenti o piani innovativi governativi in favore dell’efficienza e del risparmio energetici e delle fonti rinnovabili. Possiamo ancora permetterci
di sottovalutare queste tematiche, così fondamentali per il vero sviluppo economico, sociale, occupazionale nonché per la salvaguardia ambientale? Possiamo forse liquidarle con un’astensione? Nel gennaio 2015 Lei aveva lanciato l’idea di un Green Act, una grande innovazione normativa in materia ambientale che trattasse di energia, clima, sostenibilità, biodiversità, del quale tuttavia stiamo ancora attendendo di conoscerne i contenuti. Accetti la sfida che Le lanciamo. Le due ultime settimane di campagna referendaria utilizziamole per dibattere, coinvolgendo i cittadini, sulle scelte strategiche energetiche, industriali e ambientali, con relativi investimenti, che il nostro paese deve operare per affrontare la grande sfida del nostro tempo: combattere i cambiamenti climatici. Noi siamo pronti, ci faccia sapere giorno, ora e luogo del confronto. Nel frattempo, affermi pubblicamente e solennemente che andare a votare il 17 aprile è importante per la democrazia del nostro paese. Non si astenga dal futuro, signor Segretario. Dica Sì».
4
arcireport n. 13 | 7 aprile 2016
cultura
Le fonti audiovisive nell’era della rete
Quale accesso e quali riusi tra diritto d’autore, copyright, pubblico dominio, creative commons. Un incontro di studio di Vincenzo Vita presidente Amood
È venuto il momento di una vera e propria vertenza culturale sul tema della memoria. Siamo infatti vittime di una sorta di dittatura dell’istantaneo. Passato e futuro sono rimossi, in nome di un presente invasivo ancorché effimero. Eppure la rivoluzione digitale potrebbe offrire inedite opportunità: tanto nell’ampliamento della documentazione, quanto nel rilancio della qualità dei saperi a fronte dell’egemonia dei grandi oligopoli Archivio, dunque, come momento della modernità e non mero fardello di una nobile ma superata tradizione. L’ ‘archiviazione’, in virtù della domestication del nuovo ambiente digitale entrato a fondo nella produzione (e nella diffusione) dei saperi, è lo strumento essenziale per intervenire sui processi culturali di massa. Fu prefigurante Cesare Zavattini, che già nel 1980 scriveva: «L’Archivio audiovisivo del movimento operaio è un archivio più del presente che del passato, e i materiali valorosamente raccolti non stanno là nelle scaffalature in una indeterminata attesa …, ma sono invece percorsi da una viva impazienza di entrare nella dialettica odierna delle lotte democratiche, di contribuire a
creare una informazione più libera fin dalla sua radice». Il racconto attraverso l’audiovisivo, infatti, può diventare l’alternativa concreta alla decostruzione e alla decontestualizzazione dell’immagine, ridotta spesso a puro riempitivo del flusso veloce dell’informazione. È in corso una vera e propria lotta per l’egemonia nella società della conoscenza, che si esprime innanzitutto attraverso la conquista e il controllo dei dati, dei testi, delle voci e delle immagini. Nell’era del capitalismo cognitivo la conquista dell’immaginario collettivo è il principale oggetto del desiderio. Gli aggregatori di contenuti - i cosiddetti Over the Top - sono i detentori pressoché incontrastati della Biblioteca dell’età post-analogica. Si tratta di Google, Yahoo, Facebook e così via. Chi detiene l’ ‘algoritmo’ ha il potere. È la contemporanea ‘stanza dei bottoni’: tra dramma e videogioco. O, al contrario, l’opportunità per una diffusione attiva, cosciente e critica dei cittadini - non più telecorpi - prosumer (consumatori e pure produttori) nell’universo potenzialmente partecipato indotto dalle tecniche digitali (web 2.0). L’Archivio sul web nel e del nuovo millennio è, dunque, una
necessità, prima ancora di una scelta soggettiva. Tuttavia, il discorso ha bisogno di un respiro ampio: attraverso coordinamenti, collaborazioni, un lavoro culturale comune. Per costruire un aggregatore diverso dall’algoritmo prevalente, fondato sulla Biblioteca consapevole e ‘mediata’ dall’attività intellettuale e dei professionisti, gli operatori culturali negli archivi, nelle biblioteche, nei centri di documentazione... Conoscere con modalità condivise, grazie al web e ai social network, mettendo in discussione la logica del copyright, a partire dai Creative commons. È uno dei tratti distintivi su cui lavorare, per impostare pratiche solide e di lungo periodo. È una sfida di identità. Al seminario del 14 aprile parteciperanno numerose personalità del mondo dei media e degli archivi, nonché la direttora generale del settore delle Biblioteche e degli Istituti culturali del Ministero Rossana Rummo, e il presidente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Angelo Cardani. L’Arci sarà presente con Carlo Testini. L’intenzione è di lanciare una Carta degli archivi in rete, da condividere attraverso un confronto pubblico.
L’Arci deplora l’atto vandalico alla lapide di Pier Paolo Pasolini all’Idroscalo di Ostia e lancia una sottoscrizione per ripararla La notte del 31 marzo alcuni appartenenti al movimento di estrema destra Militia, già noto per una serie di atti vandalici di stampo razzista ed antisemita, hanno danneggiato il monumento dedicato a Pier Paolo Pasolini all’Idroscalo di Ostia, dove l’artista fu brutalmente assassinato nella notte tra il primo e il due novembre del 1975. Ad accorgersi dell’accaduto sono stati i volontari che gestiscono l’oasi Chm - Centro Habitat Mediterraneo, sorta proprio nei pressi dell’Idroscalo di Ostia. La scultura commemorativa ha riportato gravi danni: i teppisti hanno spaccato le lastre di marmo dove sono incise le poesie di Pasolini e hanno infranto i vetri dei cartelli con le indicazioni del percorso bibliografico. Nell’area sono stati lasciati, infine, striscioni recanti frasi ingiuriose contro la memoria del’artista. L’Arci ha espresso tutta la propria indignazione per questo gesto di profonda inciviltà, perpetrato allo scopo di macchiare la memoria viva di un intellettuale che ha saputo interpretare integralmente e con coraggio il suo ruolo: quello di ritrarre la coscienza critica di un paese che non vuole piegarsi al
potere, ma neanche adagiarsi sterilmente sull’onda della sua contestazione. Si tratta di un atto di vandalismo greve ed esplicito, compiuto a pochi giorni dalla chiusura delle commemorazioni per il quarantesimo dalla morte del grande intellettuale friulano, con la complicità di tanti atteggiamenti d’intolleranza diffusa. Riteniamo doveroso cancellare questa vergogna al più presto, e restituire dignità alla figura di uno dei più scomodi, anticonformisti, profondi e lucidi tra gli osservatori del nostro paese e del suo tessuto sociale. Abbiamo quindi lanciato una sottoscrizione, per riparare la lapide e supportare tutte le iniziative in ricordo di Pasolini che verranno promosse. Per effettuare le donazioni: • Banca: BANCA POPOLARE ETICA • BIC: CCRTIT2T84A • Conto: ASSOCIAZIONE ARCI IT36A0501803200000000000041 • Causale: Memoria Pasolini
5
paceedisarmo
arcireport n. 13 | 7 aprile 2016
Servizio Civile Universale una vittoria da consolidare di Licio Palazzini presidente nazionale Arci Servizio civile
Con il voto del Senato in seconda lettura, il testo del disegno di legge delega del Governo, di riforma del Terzo Settore e di istituzione del Servizio Civile Universale, ha trovato, con molta probabilità, la sua versione definitiva. L’art. 8 è quello che tratta del Servizio Civile Universale, con una formulazione che lo colloca finalmente nell’alveo costituzionale del diritto dovere di promuovere la pace con modalità civili e non armate e a questo riconduce gli altri riferimenti alla Costituzione. È una vittoria di cui essere fieri e consapevoli, che non guarda solo alle lotte degli obiettori di coscienza ma anche alla natura dei conflitti che pesano sul nostro domani. È una nuova conferma che, anche nelle istituzioni, è arrivata la nostra visione culturale, dopo quanto detto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 3 marzo scorso. «Sono stati gli obiettori di coscienza al servizio militare obbligatorio ad aprire la strada, talvolta con contrasti e incom-
prensioni, ad ampliare il significato e le modalità di servizio alla Patria» in uno spirito di non delegittimazione di chi compie scelte diverse per la stessa finalità. Nello stesso articolo, altra vittoria culturale rilevante, viene fissato il diritto dei giovani, italiani e stranieri residenti in Italia di vivere questa esperienza, e il dovere dello Stato di organizzare il loro impiego tramite gli enti accreditati. Viene potenziato il servizio civile all’estero in direzione anche di un servizio civile europeo. Viene stabilita una governance statale, dopo i conflitti e le duplicazioni dell’attuale modello. Restano incognite sia sul finanziamento (a cominciare dal 2017) che sulle concrete modalità di salvaguardare la funzione educativa e formativa con i giovani e di costruzione di un partenariato con le organizzazioni accreditate, a cominciare da quelle del Terzo Settore. L’iscrizione all’Aula della Camera nel mese di Maggio sembra esprimere la
volontà del Governo e della maggioranza di avere la riforma prima dell’estate e da più parti si dice che uno dei primi decreti delegati sarà quello sul servizio civile. Un processo di definizione del Decreto che veda coinvolti anche le organizzazioni sociali e i rappresentanti dei giovani. In quella sede le tante vaghezze del testo legislativo dovranno essere chiarite. Quale durata dei progetti? Per ASC e la CNESC dodici mesi è la durata giusta, con durate inferiori su singole attività. La formazione dei nostri operatori alla sfida della certificazione delle competenze dei giovani dovrà essere una funzione pubblica. La sfida di accogliere tutti i giovani non sarà una passeggiata. Alcune delle sfide davanti a noi. Che sapremo meglio vincere se, già con questo giugno, incrementeremo la progettazione e la inseriremo meglio negli obiettivi associativi. Penso ai migranti, alle aggregazioni giovanili, ai luoghi dei beni culturali.
Spese militari mondiali in crescita. Rete Disarmo: occorre cambiare direzione Pubblicati i dati SIPRI relativi al 2015: il totale dei fondi destinati ad armi ed eserciti cresciuto dell’1% in termini reali Una nuova ripresa della spesa militare a livello mondiale. È questa la situazione suggerita dai dati pubblicati oggi dall’Istituto SIPRI di Stoccolma. Dopo tre anni di relativa stasi la crescita misurata nel 2015 si attesta circa sull’1% in termini reali. L’ammontare complessivo delle spese militari è stimato dai ricercatori svedesi in 1.676 miliardi di dollari, equivalenti al 2,3% del prodotto interno lordo mondiale. Nel complesso i primi 15 paesi di questa speciale classifica spendono per gli eserciti e le armi almeno 1.350 miliardi di dollari, equivalenti all’81% del totale. In testa alla classifica come sempre gli Stati Uniti d’America che da soli investono poco meno di 600 miliardi di dollari e contribuiscono al 36% della spesa militare complessiva (quota minore del recente passato grazie alla crescita robusta di altri Paesi). Dietro di loro la Cina, che ha visto una crescita annuale del 7,4% (complessivi 215 miliardi di dollari) e poi, superando anche la Russia, l’Arabia Saudita che ha fatto crescere la propria spesa militare del 5,7% (ad oltre
87 miliardi di dollari). Una crescita dovuta soprattutto agli investimenti diretti per la guerra in Yemen che coinvolgono anche acquisti di bombe italiane. Pur superata dal budget Saudita la Russia ha comunque incrementato la propria spesa militare del 7,5% (oltre 66 miliardi di dollari totali). «Come al solito dobbiamo considerare questi dati soprattutto dal punto di vista dei trend generali, perché non è mai semplice valutare fino in fondo le effettive spese militari pubbliche - commenta Francesco Vignarca coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo - le indicazioni sono però chiare sia per quanto riguarda il mondo nel suo complesso sia per quanto riguarda l’Europa occidentale: dopo qualche anno di rallentamento causato dalla crisi finanziaria è all’orizzonte una ripresa degli investimenti militari». Una tendenza, quella del 2015, probabilmente stimolata e giustificata agli occhi dei decisori politici dagli eventi terroristici in Europa ed in Occidente e che continua quindi nel solco delle scelte sbagliate di questo millennio. Va ricordato infatti come la spesa militare
mondiale sia stata in continua e robusta crescita dal 2000 in poi, con un aumento di oltre il 50% in termini reali proprio a seguito della ‘guerra al terrore’ dichiarata dopo l’11 settembre 2001. Una ‘risposta armata’ che però non ha contribuito a risolvere i problemi, come appare chiaro dalla cronaca di questi tempi, ma è servita solamente a far crescere i fatturati delle aziende a produzione militare. Non va infine dimenticato che tali cifre sono relative ai bilanci statali, da cui sfuggono i valori relativi alle forniture di armi a titolo gratuito (si pensi ad esempio a tutte le milizie coinvolte nei confitti aperti) e ai traffici clandestini di armi piccole e leggere, che alimentano confitti in varie aree geografiche. «Riteniamo poi significativa e preoccupante anche l’impossibilità esplicitata da parte dei ricercatori del SIPRI di valutare nel complesso la spesa militare del Medio Oriente data la situazione d’instabilità diffusa e la difficoltà nel reperire dati affidabili» commenta Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo.
6
società
arcireport n. 13 | 7 aprile 2016
Al via la seconda fase di (im)PATTO SOCIALE Con una risoluzione presentata ai Parlamentari per porre fine alle politiche di austerità e chiedere di escludere la spesa sociale dal Patto di Stabilità in vista della discussione del Def (Documento di Economia e Finanza), prende il via la seconda fase della campagna imPATTO SOCIALE - promossa da Libera, Gruppo Abele, Sbilanciamoci!, Arci, Rete della Conoscenza e dalle centinaia di realtà sociali che fanno parte della rete Miseria Ladra. Se in nome della lotta al terrorismo Juncker ha dato la possibilità ai governi di derogare al patto di stabilità non inserendo nel conteggio del deficit le spese per la sicurezza, crediamo sia ancora più urgente e utile derogare al patto di stabilità per le spese relative ai servizi sociali, fondamentali per il contrasto alle diseguaglianze e all’esclusione sociale di cui il terrorismo si nutre per diffondere i suoi messaggi di odio. Le politiche sociali rappresentano infatti un investimento sulla coesione sociale e sulla sicurezza ancor più necessario in questa fase dinanzi all’esplosione
delle diseguaglianze e alle contraddizioni e tensioni che questo comporta. Il terrorismo lo si sconfigge soprattutto combattendo le diseguaglianze ed investendo in diritti sociali, istruzione e cultura, le vere armi in grado di isolare socialmente e politicamente l’ideologia del terrore e della guerra. Nella proposta di risoluzione, presentata a tutte le forze politiche, si dà risalto a come i dati (Istat, Oxfam, Eurostat e Svimez) sull’aumento delle diseguaglianze e sull’aumento delle grandi ricchezze private dimostrino come il problema della povertà in Europa e in Italia non consista nella scarsità di risorse, ma nel modo in cui la ricchezza è distribuita, nei tagli al welfare e nella perdita della centralità delle politiche sociali e fiscali come strumento di contrasto alle diseguaglianze. Per questo i promotori della Campagna vogliono fornire al mondo della politica un utile strumento che impegni il governo ad escludere dal Patto di stabilità la spesa sociale; ad aumentare le risorse per i fondi sociali nazionali, a dismettere la politica dei
tagli lineari agli enti locali e alla spesa sanitaria, ad aumentare la spesa per l’istruzione e per la cultura portandole almeno al livello della media europea, a rimodulare il sistema del diritto allo studio, prevedendo la sua estensione universale, a introdurre una misura strutturale di sostegno al reddito di entità almeno pari al 60% del reddito mediano pro-capite e ad impegnarsi a livello europeo affinché siano abbandonate le politiche di austerità a vantaggio degli interventi a sostegno dei consumi e della domanda interna, della crescita, dell’occupazione e dell’inclusione sociale. Ricucire quello che l’austerità ha logorato perchè i diritti civili non hanno valore senza diritti sociali. La campagna si rivolge anche agli amministratori locali con la richiesta di approvare una delibera di impegno a sostegno della proposta della campagna imPATTO SOCIALE. Sono già oltre una ventina i Comuni che hanno aderito all’iniziativa tra cui Napoli, Palermo, Asti, Pisa, Monterotondo, Licata, Fabriano, Campi Bisenzio.
L’Italia fanalino di coda in Europa per investimenti in spesa sociale a cura di Antonio Di Maria Arci
Uno dei cinque obiettivi che l’Unione Europea si è data nell’ambito della strategia Europa 2020 è la riduzione del rischio di povertà e dell’esclusione sociale. Con questa espressione si indicano le persone che possiedono almeno una di queste caratteristiche: hanno un reddito disponibile equivalente al di sotto del 60 per cento di quello mediano del paese nel quale risiedono; versano in uno stato di grave deprivazione materiale; i componenti di età compresa tra i 18 e i 59 anni (esclusi gli studenti con meno di 25 anni) lavorano in media meno di un quinto del tempo disponibile in un anno. Secondo questo parametro di valutazione, il welfare italiano si conferma non all’altezza dei sistemi di protezione degli altri paesi dell’unione. Il nostro paese investe sul proprio stato sociale il 51,2% del PIL, contro il 52,7% dell’Austria, il 55,1% del Belgio o il 57,5% della Francia. Oltre ad essere tradizionalmente contenuta, la spesa in servizi sociali in Italia risulta molto differenziata sul territorio, si va
dai 160 euro pro capite spesi in media dai comuni del nord-ovest ai 50 euro nei comuni del sud. Spesso si riscontra un insufficiente coordinamento tra gli interventi dei diversi soggetti istituzionali, con moltiplicazione dei costi amministrativi. Il problema, dopo la crisi scoppiata nel 2008, è perciò diventato un’urgenza sociale oltre che economica. Le persone a rischio di povertà ed esclusione sociale nel nostro paese supera ormai la quota dei 17 milioni di persone, oltre il 28% della popolazione. Tra i principali paesi dell’UE quello italiano risulta essere il valore più alto dopo la Spagna. Se si prendono in considerazione i dati relativi ai livelli di povertà assoluta e relativa, nel 2014 si toccano le soglie di 4 milioni 102 mila poveri assoluti (il 6,8% della popolazione) e 7 milioni 815 mila persone in situazione di povertà relativa (il 12,9% della popolazione). Oltre ad accrescere il numero dei poveri, la crisi ne ha anche in parte modificato la composizione. L’incidenza della povertà, sia quella as-
soluta che quella relativa, è più elevata nel mezzogiorno, nel 2014 quasi la metà dei poveri in senso assoluto risiedeva nel sud Italia, e nelle famiglie nelle quali il capofamiglia è senza occupazione, anche se avere un lavoro non necessariamente mette al riparo dal rischio. Uno degli effetti della crisi, infatti, è stato il forte aumento del part time involontario. Se guardiamo alle caratteristiche del capofamiglia, prima della crisi l’incidenza della povertà era maggiore tra le persone sole con almeno 65 anni. Dopo la crisi, per effetto della maggiore stabilità dei redditi da pensione rispetto a quelli da lavoro, l’incidenza della povertà è rimasta sostanzialmente invariata per tale tipologia familiare, mentre è aumentata per tutte le altre tipologie, specialmente tra i nuclei con figli. Per quanto riguarda i minori, sono oltre un milione quelli che vivono in condizioni di povertà assoluta (si tratta del 10 per cento della popolazione complessiva di pari età).
7
ucca
arcireport n. 13 | 7 aprile 2016
I film di UCCA per il 25 aprile In occasione della Giornata della Liberazione, UCCA ha predisposto un pacchetto di titoli disponibili per tutti i circoli Arci che prevedono di programmare proiezioni sul tema nelle loro sedi. I primi due film, essendo recenti e appena entrati nel circuito commerciale, possono essere noleggiati al costo di 100 euro; gli altri 3 mediometraggi possono invece essere richiesti e proiettati gratuitamente. I film vanno richiesti a Sabrina Milani (milani@arci.it; 06 41609501) entro e non oltre il 18 aprile, per consentire le spedizioni in tempi utili. IL NEMICO - Un breviario partigiano di Federico Spinetti (2015, 80’)
Quanto è stereotipata, quanto è viva la parola ‘partigiano’? Massimo Zamboni, chitarrista e co-fondatore dei CSI, a quindici anni dallo scioglimento della storica band post-punk italiana vorrebbe riunire i membri attorno a un nuovo progetto sul tema partigiano, condividendo pensieri e canzoni. Non una reunion, forse un nuovo inizio. Su proposta del regista Federico Spinetti, i componenti del gruppo, Massimo Zamboni, Giorgio Canali, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli con la cantante Angela Baraldi e il batterista Simone Filippi si incontrano nella splendida cornice del teatro di Gualtieri. Massimo propone un testo da mettere in musica: Il nemico. Il film intreccia l’elaborazione musicale con la storia personale di Massimo Zamboni, tragicamente segnata da uno sparo. Un film musicale sulla Resistenza e le sue rappresentazioni.
RINO - La mia ascia di guerra di Andrea Zambelli (2015, 56’)
Andrea da bambino aveva un eroe: ‘il Rino’. Rino è stato il mentore di Andrea. Partigiano, comunista: diverso da tutti. Da anni Andrea pensava a un film su Rino partigiano. Ma oggi Rino non può più raccontare: ha il morbo di Alzheimer. Andrea comincia a rivedere le decine di cassette con registrate le storie dell’amico, trova documenti e filmati Super 8 di Rino emigrato in Svizzera. Il rapporto di Andrea con Rino cambia, l’eroe di ieri è oggi un uomo da accudire, Andrea deve affrontare la propria nuova fase, la maturità. Anche il progetto filmico cambia direzione: sarà più complesso, più profondo, più sofferto.
IL SOLE CONTRO di Giuliano Bugani (2015, 60’)
7 luglio 1960, Reggio Emilia. La polizia del governo Tambroni (Dc-Msi) spara sui manifestanti. Cinque i morti: Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli. Un’ottantina i feriti. Il sole contro riapre il dibattito su una delle tante stragi italiane sulle quali il segreto di Stato aveva per anni fatto calare
il silenzio. Il documentario di Giuliano Bugani, attraverso le voci dei presenti in piazza quel giorno, degli avvocati difensori e dei familiari delle vittime, ricostruisce i fatti di Reggio. Non un episodio isolato, non un evento casuale, ma l’apice di una serie di provocazioni avvenute in altre città. Ad oggi, a 55 anni di distanza, non c’è ancora un colpevole. La strage è impunita.
NON CI È STATO REGALATO NIENTE Storia di una partigiana di Eric Esser (2014, 56’)
Annita Malavasi aveva 22 anni quando nel 1943 le truppe tedesche occuparono l’Italia fino a quel momento alleata. La partigiana ‘Laila’ ha trasmesso informazioni, trasportato armi, si è mossa tra le unità combattenti prendendo personalmente parte alla lotta armata. Per oltre un anno è rimasta sui monti dell’Appennino Reggiano a combattere contro l’occupante tedesco, dovendosi inoltre imporre in quanto donna tra gli uomini delle comunità montane dell’epoca. Sul finire della guerra Laila è stata una delle poche donne comandanti della Resistenza italiana. Il film racconta la storia di un percorso di emancipazione lungo tutta una vita ed iniziato con la lotta di liberazione contro il fascismo. Laila e due sue compagne, Gina ‘Sonia’ Moncigoli e Pierina ‘Iva’ Bonilauri, raccontano della propria esperienza nella Resistenza e di cosa essa abbia significato per loro e per molte altre donne.
LA MIA BANDIERA La Resistenza al femminile di Giuliano Bugani, Salvatore Lucchesi (2011, 52’)
La Resistenza per quanto grande potesse essere il coraggio e la determinazione degli uomini, non sarebbe stata possibile senza le donne. Per molte l’adesione al movimento di liberazione ha rappresentato la presa di coscienza della propria condizione, l’assunzione di responsabilità e di ruoli che andavano oltre la sfera domestica a cui solitamente erano relegate. Dalle testimonianze delle Partigiane, uniche protagoniste del documentario, si ha uno spaccato inedito delle esperienze di lotta e di vita quotidiana come rivoluzionarie ma anche come madri, figlie e sorelle. Erano partigiane. Erano Donne.
8
arcireport n. 13 | 7 aprile 2016
daiterritori
Tuttinfolk per la Siria Domenica 10 aprile, dalle 15 alle 21.15 a Dalmine, in provincia di Bergamo, si tiene un grande concerto e ballo di musiche e danze tradizionali dal titolo Tuttinfolk per la Siria. L’evento avrà luogo all’ ‘Arca’ dell’oratorio San Giuseppe, in viale Betelli 3, ed è organizzato per raccogliere fondi da destinare all’associazione Syrian children relief di Bolzano. Gli organizzatori spiegano: «Nella guerra civile che ormai da circa cinque anni insanguina la Siria, i bambini stanno pagando il prezzo più alto. In una nazione dove una scuola su quattro è distrutta, danneggiata o occupata, e il 70% della popolazione non ha regolare accesso all’acqua potabile, sono sempre di più le persone che hanno bisogno di tutto: cibo, acqua, coperte e assistenza. A causa del conflitto sono ormai decine di migliaia i bambini che hanno perso i genitori. Per noi un bambino siriano a cinque anni dovrebbe essere felice e prepararsi a iniziare l’asilo o la scuola, mentre oggi questi bambini hanno vissuto solo cinque anni di guerra e sofferenza». Di fronte a questo dramma, un gruppo di musicisti, associazioni e appassionati di musiche e danze tradizionali ha deciso di unire le forze e offrire ad amici e appassionati del mondo folk un’occasione particolare per vivere una giornata speciale, conciliando lo spirito
di aggregazione e convivialità, tipico delle feste da ballo, con un alto fine solidaristico e di sensibilizzazione. Nel pomeriggio, i re s pons abili dell’associazione altoatesina avranno modo di illustrare direttamente ai partecipanti la situazione attuale e i progetti che li vedono coinvolti e ai quali destineranno le donazioni raccolte durante il concerto, considerando che Syrian Children Relief dal 2012 a oggi ha realizzato diversi progetti, come la creazione di un asilo, di una ludoteca per 150 bambini e la distribuzione di latte in polvere per le mamme che hanno perso il latte a causa dello stress da bombardamento. Il Ballatoio, BandaBrisca, Bifolc, Controcanto, D’altro Canto, Trans An Ball, Stefano Valla, Daniele Scurati, Vincenzo Caglioti, Roberto Carlotti, Gabriele Coltri, Tiziano Menduto, Luca Rampinini, sono solo alcuni dei nomi dei gruppi e dei musicisti che, condividendo lo scopo della kermesse, parteciperanno e si esibiranno fino a sera. L’evento è promosso da Comitato Bellezza Folk, Arci Nova, Arci Pessina, Arci Scighera, Arci Tambourine, RoxRecords e le associazioni Aria di danze, BandaBrisca, Concordanza, Ethnica, Fardanza, Gruppo Danze Monza, Gruppo Folk, John O’Leary, Osmanto, Ritmosio, Sandegoga, Selene, Vie d’aqua e WeFolk - Libero contatto.
A Sesto Fiorentino ‘Il deserto intorno’ Il deserto intorno è un libro fotografico sui campi profughi Saharawi realizzato dal fotografo Giulio Di Meo. Il libro, prodotto dall’Arci Nazionale, è dedicato alla memoria di Tom Benetollo. Una raccolta di immagini che racconta il quotidiano di persone costrette a vivere da rifugiati, da ben 39 anni, in uno dei luoghi più ostili della Terra. Qui sopravvivono grazie agli aiuti umanitari, nell’attesa di poter tornare nel proprio territorio. Parte del ricavato delle vendite sarà destinata all’Associazione ‘Afapredesa’, nata per sostenere i cittadini saharawi dei territori occupati del Sahara
Occidentale, vittime delle continue violazioni dei diritti umani perpetrate dal Governo marocchino. L’Arci Nazionale e la Libreria Rinascita di Sesto Fiorentino, con il Coordinamento Toscano di solidarietà al popolo saharawi, hanno organizzato la presentazione del volume per sabato 9 aprile alle ore 11.00 presso la Libreria ‘Rinascita’ di Sesto Fiorentino. Parteciperanno Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci, Fatima Mahfud, rappresentante del Rasd, Gianni Gianassi, associazione Ban Slout Larbi. Sarà presente Abdallahe M. Salem, rappresentante Rasd in Toscana.
in più Biciclettata ‘ferma trivelle’ Roseto degli abruzzi (TE) - Domenica 10 Aprile si svol-
gerà una grande biciclettata sulla costa teramana per fermare le trivelle e chiedere di votare Sì al referendum del 17 aprile prossimo. Le partenze sono previste da Martinsicuro e da Silvi; l’arrivo nel parco di Villa Filiani di Pineto. Alla biciclettata parteciperanno numerose associazioni ambientaliste e movimenti, tra cui Arci, Fiab, Legambiente, No Triv, Greenpeace, Udu, Fai, Teramo 3.0, WWF, Slow Food. L’appuntamento a due ruote partirà alle 9.30 da Martinsicuro al molo della foce del Tronto, per fare poi tappa alle 10 ad Alba Adriatica presso la rotonda Da Nilo, alle 10.40 a Tortoreto alla fine del lungomare Sud, alle 11 a Giulianova presso piazza Dalmazia, alle 11.20 a Cologna Spiaggia presso il ponte ciclopedonale sul Tordino, alle 12 a Roseto all’altezza del Lido Celommi, alle 12.30 a Scerne all’inizio della pista ciclopedonale, per arrivare a Pineto alle 13. La partenza da Silvi, presso piazza Fermi, è prevista alle 12.30.
Con Ballarò. contro ogni forma di violenza Palermo - Quello che è suc-
cesso sabato sera in via Fiume è solo l’ultimo e il più grave di una serie di episodi di violenza che stanno tornando a colpire Palermo. Un balordo ha sparato alla testa a un ragazzo solo perché si era ribellato alla sua prepotenza in stile mafioso. Il ragazzo colpito si chiama Yusupha, ma si sarebbe potuto chiamare Giuseppe, Calogero o Salvatore, e tornava da un pomeriggio trascorso a riqualificare un campetto di calcio abbandonato nel quartiere di Ballarò e destinato a tutti i giovani del territorio. L’Arci di Palermo invita tutte e tutti a partecipare alla manifestazione che attraverserà il quartiere di Ballarò sabato 9 aprile, con partenza alle 10.30 da Piazza Bologni. «Dalla parte di chiunque in questo momento è oppresso da questo clima di prevaricazione e violenza. Non permetteremo a nessuno di trasformare un quartiere libero, vivo, che ha voglia di futuro, in un luogo di paura e morte». info@arcipalermo.it
9
arcireport n. 13 | 7 aprile 2016
società
Il Senato approva il Ddl di riforma del Terzo settore di Maurizio Mumolo Arci, Reti di Terzo settore e Fondazioni
Il Senato ha finalmente licenziato il Ddl sul Terzo settore che ora passa di nuovo alla Camera e probabilmente al varo definitivo. Riprendiamo il commento dagli altri articoli approvati. L’art. 6 tratta dell’impresa sociale. È una delle parti del provvedimento che ha subito le maggiori modifiche rispetto al testo originario. L’ipotesi iniziale vedeva un forte investimento nello sviluppo di questo soggetto giuridico che in realtà, dal 2005 (anno di nascita della legge) ad oggi, non ha incontrato molta fortuna, stante le pochissime imprese sociali che si sono costituite. Nel testo approvato al Senato le finalità sono assimilate a quelle degli altri soggetti di terzo settore, c’è una forte limitazione alla remunerazione del capitale sociale, sono ribaditi i requisiti di trasparenza e partecipazione. Positiva è anche l’automatica acquisizione della qualifica da parte delle cooperative sociali. L’art 7 tratta delle attività di monitoraggio e controllo degli enti. Quello dei controlli è stato uno degli argomenti più trattati. Le funzioni generali vengono attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali. Una soluzione migliore di quella originaria che prevedeva la costituzione di una struttura presso la presidenza del consiglio. Positivo il riconoscimento del ruolo delle reti nazionali che potranno accreditarsi con il Ministero per svolgere attività di autocontrollo nei confronti dei propri aderenti. L’art. 8, sul servizio civile universale, modifica il testo approvato alla Camera accogliendo quasi tutte le richieste degli enti di servizio civile (su questo punto rimandiamo all’approfondimento pubblicato a pag. 5 di Arcireport). L’art 9, misure fiscali e di sostegno economico, interviene su un materia regolata da decine di norme fiscali diverse. Viene prevista una razionalizzazione della normativa a partire dalla definizione di ente non commerciale, che tuttavia non perde il suo legame con le finalità dell’ente. Interessante la costituzione di un fondo di sostegno delle attività delle associazioni di promozione sociale, di volontariato e fondazioni, come pure la facilitazione delle procedure di assegnazione di beni pubblici inutilizzati. L’art 10 sulla Fondazione Italia Sociale è
il libro
stato introdotto all’ultimo momento dal Governo. Un’iniziativa che ha suscitato critiche e perplessità. La cosiddetta IRI del sociale sembra una pericolosa invasione di campo di un soggetto parapubblico: non si capisce la necessità di un mediatore (che è anche catalizzatore di risorse) tra donatori privati e organizzazioni di terzo settore. Gli artt 11 e 12 trattano di copertura finanziaria e di relazione alle camere. Tenendo conto del testo originario, possiamo riconoscere che una parte importante delle osservazioni e delle proposte del terzo settore ha trovato risposta. Altre questioni che potevano portare a conseguenze pericolose sono state ridimensionate. Rimangono tuttavia ombre su argomenti importanti, che verranno trattati nei decreti attuativi la cui scrittura diventa determinante. Il complicato iter del provvedimento ha dimostrato la necessità di coinvolgere il terzo settore nella definizione delle norme che lo andranno a regolare. È questo il prossimo obiettivo politico delle organizzazioni e dei soggetti di rappresentanza.
arcireport n. 13 | 7 aprile 2016
Manuale antiretorico dell’Unione Europea
In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara
di Luciana Castellina
Direttore responsabile Emanuele Patti
Da dove viene (e dove va) quest’Europa Edizioni Manifestolibri Protagonista da sempre della politica europea e delle battaglie europeiste, Luciana Castellina, Presidente onoraria dell’Arci, una delle esponenti più acute ed eterodosse della sinistra italiana, ripercorre in questo libro sessant’anni di storia dell’Unione Europea, e sottolinea la necessità di rilanciare il progetto dell’Unione superando le scelte sbagliate e antidemocratiche con le quali Bruxelles ha risposto alla crisi e ai flussi migratori. Quanti sanno che i federalisti ispirati dai padri del Manifesto di Ventotene quando, al teatro Adriano di Roma, nel marzo del 1957, venne celebrata con tutte le autorità la nascita della Comunità Europea, oggi diventata Unione, dal loggione gettarono volantini di protesta per dire che la neonata era un mostriciattolo? Quasi 60 anni di questa storia sono stati coperti da una narrazione spudoratamente retorica. Questo libro racconta le tantissime verità occultate: dai primi vagiti dell’europeismo ufficiale alla cosiddetta «legislazione d’emergenza» (espedienti e sotterfugi privi di qualsiasi legittimazione democratica) dei nostri giorni. E, ciononostante, abbandonare il progetto - scrive l’autrice - significherebbe annegare nell’oceano globale, perdendo ogni speranza di recuperare un controllo politico democratico sul nostro futuro. Luciana Castellina politica, scrittrice e giornalista, è stata tra i fondatori del gruppo del Manifesto. Parlamentare per più legislature in Italia e in Europa. Dal 2014 è Presidente onoraria dell’Arci. Tra i suoi ultimi libri La scoperta del mondo (2011, finalista al Premio Strega), Siberiana (2012), Guardati dalla mia Fame (scritto con Milena Agus, Premio FiuggiStoria 2014), tutti editi da Nottetempo.
Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 18 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/