Arcireport n 14 2016

Page 1

arcireport

settimanale a cura dell’Arci | anno XIV | n. 14 | 14 aprile 2016 | www.arci.it | report@arci.it

di Filippo Sestito coordinatore nazionale Arci Ambiente, difesa del territorio, stili di vita

Siamo oramai giunti a poche ore dal voto referendario. È stata una breve ma intensa campagna referendaria, con pochissimi mezzi e del tutto autofinanziata. Un esempio di generosità, coraggio e lungimiranza politica. Un buon segno e un buon auspicio per questa lunga e decisiva stagione referendaria che vedrà il suo culmine in autunno, quando un vasto ed eterogeneo schieramento di forze politiche, associazioni, movimenti e singoli cittadini proverà a contrapporre all’azzeramento della dimensione democratica e all’accentramento dei poteri una nuova stagione di partecipazione popolare e di protagonismo dei territori. In questi pochi giorni di campagna referendaria abbiamo avviato un dibattito pubblico sull’utilizzo del petrolio, una fonte energetica vecchia, obsoleta e inquinante, disvelando gli interessi e gli intrecci, spesso opachi, delle lobbies del petrolio, da sempre amiche di chi governa e nemiche dei territori. Abbiamo posto l’attenzione sui cambiamenti climatici che impongono a tutti noi di puntare verso il risparmio e l’efficienza energetica, verso la produzione di energie rinnovabili e sicure, verso un modello energetico pu-

lito e democratico, nuovi posti di lavoro, un’economia non più al servizio di pochi spregiudicati ma utile a tutti. Abbiamo ricevuto dai sostenitori dell’astensione argomentazioni sprezzanti e strumentali. Si è utilizzato l’argomento più delicato per la vita delle persone, la perdita di posti di lavoro. Sono arrivati a dire che se vincesse il Si decine di migliaia di lavoratori perderebbero il posto di lavoro. Falso. Nessuna piattaforma si fermerà se dovessimo vincere il referendum. Le estrazioni cesserebbero alla fine delle concessioni già in essere. Vogliamo invece costruirne tanti di posti di lavoro, investendo realmente sulla ricerca e sulle energie alternative. Posti di lavoro qualificati e puliti che potrebbero trainare il nostro Paese verso un nuovo modello economico, alternativo a questo neoliberismo che divora le vite dei lavoratori e distrugge l’ecosistema per trarne il massimo profitto. Il Governo Renzi ha limitato al massimo i tempi della campagna referendaria e i cittadini non stanno affatto ricevendo un’informazione adeguata e quelle poche tribune referendarie che la televisione di Stato manda in onda sono infarcite

di associazioni ambientaliste farlocche. Il governo e il PD sostengono che per molto tempo ancora gran parte del nostro fabbisogno energetico dovremo soddisfarlo con una percentuale altissima di fonti energetiche fossili. Perché allora ha sottoscritto il documento alla COP21 di Parigi che si pone l’obiettivo di superare velocemente l’utilizzo delle fonti fossili? Ad ogni modo, un risultato questo Referendum lo ha già raggiunto, ha mobilitato nuovamente tante e tanti cittadine e cittadini. Il contrario di chi, tradendo la propria storia, lancia appelli all’astensione. Ed è per questo motivo che dobbiamo moltiplicare gli sforzi contro tutte le forze neoliberiste, sempre più subalterne agli interessi dei poteri forti. Chi tenta con tutti i mezzi di perpetuare un sistema basato sugli interessi delle multinazionali del petrolio e del gas porta avanti una politica vecchia, stantia, del passato a cui il Governo sta andando incontro con tutta la velocità di cui si fa vanto. Il 17 Aprile raggiungere il quorum è alla nostra portata. Andiamo, dunque, tutti a votare e VOTIAMO Sì, per decidere, insieme, della strategia energetica nazionale e avviarci con fiducia verso il futuro.


2

arcireport n. 14 | 14 aprile 2016

riformacostituzionale

Una riforma che non ci piace di Francesca Chiavacci Presidente nazionale Arci

In un’aula semideserta si è concluso l’iter di approvazione della riforma costituzionale. La Costituzione è da sempre ispiratrice del nostro agire e faremo il possibile per alimentare la discussione e promuovere la conoscenza sull’oggetto del referendum. Continueremo a svolgere il ruolo che è proprio di uno spazio pubblico: creare occasioni di dibattito nei nostri circoli, fuori da una logica di schieramento politico. Siamo consapevoli che la seconda parte della Costituzione ha bisogno di modifiche per aiutare un processo di riavvicinamento tra i cittadini e la politica. Ma la necessità di una riforma non può indurre ad accettare qualsiasi proposta. Questa riforma non ci piace. E la prima cosa che non ci piace è il tentativo di impostare l’appuntamento referendario come un ‘plebiscito’ sul consenso al Governo e al premier. C’è poi un’altra grossa questione: c’è stata una sorta di tradimento di uno dei punti fondanti della democrazia costituzionale nel momento in cui si è voluto riformare la Carta con una iniziativa del Governo, e non del Parlamento. E non ci è parso un buon esercizio nemmeno brandire ‘mediaticamente’ la riduzione dei costi della politica come uno dei motivi principali per il superamento del bicameralismo perfetto

(tra l’altro, allora, si sarebbe potuto ridurre il numero dei deputati e prendere decisioni diverse sulla composizione del Senato). Ma quel che consideriamo più negativo è l’abbinamento di questa riforma a una legge elettorale come l’Italicum. Tramite questo combinato, il rischio di un accentramento di poteri nelle mani del Governo diventa realtà, e si sceglie di privilegiare la cosiddetta ‘governabilita’ a scapito della rappresentanza e della centralità del Parlamento. L’effetto finale è quello di una riduzione sostanziale del potere di decisione dei cittadini (solo chi prenderà il premio di maggioranza avrà deputati scelti dai cittadini; per il resto saranno eletti solo i capilista bloccati, decisi dalle segreterie dei partiti), quando invece le società democratiche complesse hanno oggi bisogno di recuperare alla partecipazione milioni di cittadine e cittadini che si sono allontanati dalla politica e dalle istituzioni. In virtù di questo combinato disposto, diventa concreto il pericolo che chi prenderà la maggioranza possa votarsi Presidente della Repubblica, membri della Corte costituzionale, Commissione di vigilanza Rai. Il Senato viene escluso nelle deliberazioni dello Stato di guerra. L’intero impianto insomma si fonda sull’idea di una democrazia decidente,

che potrà comprimere ulteriormente la partecipazione e la volontà dei cittadini. E per l’Arci questi non sono aspetti secondari. Al centro della nostra identità c’è la promozione della partecipazione, e dunque ci preoccupa molto che questo tema sia stato trascurato. Conosciamo fatica e fascino dell’esercizio della democrazia, soprattutto se ad agirla sono persone impegnate volontariamente ad animare le proprie comunità, per offrire risposte ai bisogni e ai desideri di cittadine e cittadini. Sappiamo come in questi anni tutto si sia modificato, quanta frammentazione e sfiducia nelle istituzioni e nella politica attraversi la società italiana. Ma sappiamo anche che qualsiasi riforma della Costituzione, del funzionamento degli organi dello Stato, dei meccanismi elettorali e, più in generale, delle regole alla base della nostra democrazia, non può risolvere nessuna crisi se non tiene conto della complessità del nostro Paese, dei processi di selezione della classe dirigente, della stessa democrazia dei partiti. Per questo in questi mesi inviteremo il più ampio numero di persone a confrontarsi. Spiegheremo le ragioni del nostro dissenso e ribadiremo che la nostra Costituzione «non è scritta sulla sabbia».

Costituzione #nonèscrittasullasabbia Un compositore, un musicista e un disegnatore raccontano la nascita della Costituzione in un video per l’Arci di Davide Giove presidente Arci Puglia

Riconoscere il valore del sacrificio delle madri e dei padri della repubblica può tradursi in cifra estetica ma mai ridursi in vuota retorica. Costituzione #nonèscrittasullasabbia nasce così, dalla volontà di tre giovani artisti, distanti due generazioni dalla guerra di Liberazione, di raccontare in 150 secondi le radici della Carta Costituzionale italiana. Lo abbiamo fatto attraverso quadri semplici, immediati, che descrivono il cammino dei partigiani, la condivisione popolare della bandiera della libertà, la prima scheda elettorale segnata dalla mano di una donna, il fiore del partigiano; quadri disegnati sulla sabbia, con le mani e la tecnica di Vito Furio, sulle note del tema di Bella Ciao sapientemente variato dal giovane compositore Umberto Galante ed eseguite al flauto solo da Davide Giove; un espe-

diente, quello della costrizione nei tempi di un video web, per coniugare la lentezza dell’arte del disegno e della variazione sul tema con la velocità di un mondo social sempre più disabituato ai messaggi che richiedono riflessione e tempo. Il lavoro nasce in un laboratorio affiliato Arci, La Tana del Bianconiglio, fucina di idee e realizzazioni, arti e artigianati, situato in una provincia, quella di Taranto, dove residenza fa sempre più forte rima con resilienza. Sulla costa ionica sappiamo bene a cosa la sabbia serva e a cosa no. Sin da bambini impariamo ad usarla per stupirci con fantastici castelli, cunicoli e giochi d’acqua e a lei affidiamo i disegni che il vento rapisce e conserva, lontano dagli occhi, tra gli odori della macchia mediterranea. Sappiamo anche che sono ormai troppe le processioni stanche dove,

tra i flauti, si accompagnano i cadaveri delle utopie. Costituzione #nonèscrittasullasabbia vuol dire proprio questo, ribadire l’attualità del messaggio della Carta Costituzionale e del patto sociale che essa rappresenta. Circoli, Comitati, singoli cittadini potranno utilizzare il video come meglio riterranno, condividendolo, proiettandolo, presentandolo, unendolo alle proprie attività, liberamente. Abbiamo infatti deciso di non tutelare i diritti dell’opera d’ingegno e di donare gratuitamente questo piccolo lavoro ad Arci nazionale, il luogo naturale dell’incontro delle cittadine e dei cittadini, la nostra casa comune dove quando si parla di Costituzione lo si fa dalle radici e fino ai petali dei fiori del partigiano, senza falsi scopi, senza imminenti tornaconti elettorali, senza approssimazione e sciatteria.


3

5x1000

arcireport n. 14 | 14 aprile 2016

Non possiamo stare fermi

Cosa si fa nei circoli e nei comitati Arci: alcune esperienze raccontate per promuovere la campagna del 5xmille. Sul sito www.5x1000arci.it schede complete e testimonianze

Arci Milano: ‘Arrivano i nonni’

Arci Salerno: Fuori Tratta - Caracol

Una buona pratica sociale orientata a valorizzare esperienza, talenti, abilità delle persone ‘diversamente giovani’. Si tratta di un patrimonio prezioso, da trasmettere in modo ludico-educativo a bambini e bambine. Un’attività utile sia per ridare un ruolo sociale a chi per cause anagrafiche è spesso emarginato, sia per trasmettere saperi che altrimenti andrebbero perduti ai giovanissimi. I nonni/e trascorrono un paio d’ore in una delle scuole che hanno aderito al progetto e svolgono con i bambini attività che fanno parte della loro storia. Ci sono i nonni/e artisti che propongono attività di pittura o scultura; i nonni /e multilingue che propongono giochi e racconti nelle lingue del mondo; nonni/e atleti che insegnano attività motorie; nonni/e danzatori per ballare insieme; nonni/e creativi per costruire oggetti riciclando; nonni/e botanici per scoprire il giardinaggio e la natura; nonni/e che amano raccontare. Finora sono stati coinvolti nel progetto 71 anziani, 42 scuole dell’infanzia, quasi 8mila bambini. http://www.arcimilano.it/

Nati nel 2008, i progetti Fuori tratta-Caracol sono finalizzati all’emersione, la segnalazione, l’identificazione delle vittime di tratta e grave sfruttamento e al loro invio ai servizi di assistenza e protezione. A partire dal primo contatto, in strada, gli operatori forniscono accoglienza residenziale protetta e individualizzata per garantire un luogo sicuro; assistenza sanitaria, psicologica e legale per superare la forte vulnerabilità delle vittime; accompagnamento per ottenere il permesso di soggiorno, la regolarizzazione della persona e il raggiungimento di una vera autonomia; formazione e attività mirate all’inserimento socio-lavorativo. Gli interventi vedono la partecipazione di figure professionali e mediatori linguistico culturali che dispongono di un’unità mobile dell’Arci. Viene fornita assistenza sia alle donne vittime di tratta che alle persone che subiscono sfruttamento lavorativo. Dal 2008, a Salerno e provincia, il progetto Fuori tratta ha contattato in strada circa 2474 persone (quasi 200 persone nuove ogni anno), di cui 1189 uomini. Gli accompagnamenti ai servizi territoriali sono stati 901, di cui 284 accompagnamenti sanitari; il progetto ha realizzato 166 programmi di assistenza rivolti in particolare a donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale.

Arci Valle Susa: Centro Donna

Arci Abruzzo: Progetto Nova Terra

Il Centro Donna nasce nel 2001 da un progetto del Comune di Collegno e di Arci Valle Susa. L’obiettivo, creare un luogo per dare ascolto, sostenere e accompagnare il disagio femminile, un luogo dove le donne, di qualsiasi età e condizione, trovano informazioni e possono agire in tutela dei propri diritti violati. I servizi che il Centro offre, oltre all’ascolto e all’orientamento, sono: la consulenza legale, con la presenza di un’avvocata civile esperta in diritto di famiglia e/o di un’avvocata penalista; il sostegno psicologico, con la presenta di una psicologa che aiuta le utenti che devono elaborare situazioni di particolare sofferenza; consulenza e ricerca attiva di lavoro; gruppi di mutuo aiuto. E ancora, prevenzione primaria nelle scuole con laboratori sui temi della violenza, della differenza di genere, dell’affettività e della sessualità; iniziative pubbliche di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne; formazione per volontarie e operatrici. Ogni anno il Centro accoglie più di 200 donne. Dalla nascita, ha accolto, accompagnato e sostenuto più di 2500 donne, di cui il 25% vittime di violenza. www.arcipiemonte.it/vallesusa/affiliati/centro-donnadicollegno

Il progetto vuole formare e informare le persone sulle buone prassi per lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile. Beneficia di mille metri quadrati di terreno coltivabile su cui applicare i principi di un’agricoltura condotta con metodi biologici e biodinamici. Prevede inoltre, per lo sviluppo di una low carbon farm, 8 porzioni di terreno uguali da destinare alle attività di cooworking. In una costruzione di circa 150 metri quadrati possono invece riunirsi persone e soci, e possono essere riposti gli attrezzi necessari al lavoro nei campi. Sono previste lezioni da parte di docenti qualificati. Ci sono due tipologie di ambienti orticoli: uno destinato all’orto sociale e uno destinato all’esperienza di cooworking agricolo. Nel primo, tutti i beneficiari potranno dedicarsi alle pratiche agricole nel rispetto della natura e i prodotti verranno suddivisi in base a un criterio di proporzionalità col lavoro svolto. Nel secondo, il coworker, che potrà scegliere liberamente i prodotti da coltivare, può tenerli per sé o cederli allo spaccio aziendale generando crediti spendibili per le attività dell’associazione. L’iniziativa è centro di eccellenza per il concetto di orto sociale e cooworking agricolo a livello locale.


4

arcireport n. 14 | 14 aprile 2016

casoregeni

Caso Regeni. Privacy e tortura di Paola Caridi giornalista e blogger

Fa una strana impressione leggere le indiscrezioni sull’infruttuoso incontro tra gli inquirenti italiani e i magistrati egiziani a Roma sull’omicidio di Giulio Regeni. Privacy inviolabile: questa la giustificazione degli egiziani per evitare di consegnare i tabulati telefonici richiesti. Per chi è stato per un po’ di tempo al Cairo, il concetto di privacy ha poco a che vedere con la inviolabilità. L’esperienza parla di una vita pedinata, ascoltata, registrata. Le intercettazioni erano così diffuse che durante la rivoluzione di piazza Tahrir l’allora ministro dell’Interno si era scusato in tv affermando che l’era dell’intercettazione delle telefonate private era finita. La privacy non è stata ripristinata con la caduta di Mubarak. Anzi. Durante il regime di al Sisi, alla diffusione capillare

di informatori si è sommata la sorveglianza del web, delle comunicazioni. E però niente tabulati in nome di una privacy difesa dalla Costituzione egiziana. Dove si afferma che deve essere garantita l’inviolabilità delle comunicazioni, ma con le eccezioni del caso. I magistrati egiziani avrebbero dunque potuto violare la privacy in presenza di fondate ragioni. Singolare poi che non abbiano tenuto in considerazione un altro articolo della Costituzione, secondo il quale «La tortura in tutte le sue forme e tipi è un crimine che non è soggetto a prescrizione». Se la tortura è un crimine, se mette in gioco la ‘dignità’ dei cittadini come dice un altro articolo della Costituzione, non sono ragioni bastanti perché i magistrati potessero derogare al rispetto della privacy? Il problema, dunque, non era la privacy, ma ciò che le comunicazioni avrebbero

I genitori di Giulio Regeni sottoscrivono l’appello per la scarcerazione immediata di Shawkan Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, hanno firmato l’appello che chiede la scarcerazione immediata di Mahmoud Abu Zeid, fotogiornalista conosciuto col soprannome di Shawkan, arrestato dalle forze di sicurezza egiziane il 14 agosto 2013, mentre stava documentando il violento sgombero di un sit-in convocato dalla Fratellanza musulmana a Rabaa al-Adawiya, quartiere del Cairo. Alcune delle pretestuose accuse che il regime militare muove a suo carico sono: adesione a un’organizzazione criminale, partecipazione a un raduno a scopo di intimidazione, per creare terrore e mettere a rischio vite umane, ostacolo ai servizi pubblici, omicidio. Mahmoud Abu Zeid ha denunciato di essere detenuto illegalmente nel complesso penitenziario di Tora, a sud del Cairo, e di essere stato torturato più volte. Dopo che gli è stata diagnosticata l’epatite C gli sono state ripetutamente negate le cure mediche; di conseguenza la sua salute si è deteriorata. La famiglia ha invano chiesto, più volte, che venisse rilasciato per

motivi di salute. Se sarà riconosciuto colpevole, il giovane rischia la pena di morte. Le informazioni che giungono in Italia su questa vicenda filtrano grazie ai contatti tra Mahmoud e Amnesty International, l’organizzazione che ha promosso il seguente appello per il suo rilascio immediato: «Egregio Procuratore, Sono un sostenitore di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque siano violati. Mahmoud Abu Zeid è un prigioniero di coscienza, in carcere solo per aver esercitato il modo pacifico il diritto alla libertà d’espressione e aver svolto la sua attività professionale. Le chiedo che Mahmoud Abu Zeid sia rilasciato, che le accuse nei suoi confronti vengano annullate e che, in attesa del rilascio, riceva tutte le cure mediche di cui possa aver bisogno. La ringrazio per l’attenzione». Per sottoscrivere l’appello online: http://www.amnesty.it/egittoshawkan-tortura

rivelato. Le ipotesi che si possono fare sono quelle già uscite più volte su parte della stampa italiana. Il coinvolgimento di settori importanti del regime egiziano, che verosimilmente vanno oltre i diversi servizi di sicurezza e di informazione coinvolti. Viste la gravità dei depistaggi e dei rinvii, c’è chi pensa che l’Italia abbia aspettato troppo prima di richiamare l’ambasciatore Massari per consultazioni. Per una volta tanto, invece, io ritengo che la tempistica sia stata quella giusta. Inutile, anzi dannoso, indurire immediatamente le posizioni. Era necessario, invece, costringere gli egiziani a mostrare veramente cosa volevano fare. O non fare. Sono state le autorità egiziane a sommare un ritardo all’altro, una ipotesi investigativa fantasiosa a una ricostruzione degli eventi senza capo né coda, la promessa di duemila pagine di indagini e la mancata presentazione dei documenti richiesti da Roma. Per non parlare dei cinque egiziani uccisi e qualificati come responsabili dell’uccisione di Giulio Regeni. Solo dopo questa serie di brutte figure, l’Italia ha avuto buon gioco, e il richiamo dell’ambasciatore a Roma è stato un atto dovuto, contro il quale il regime di al Sisi non ha potuto reagire indossando i panni della vittima. La domanda sul dopo investe due attori. Il primo è l’Italia che in queste settimane è stata ferma nella richiesta di verità per Giulio. Fermezza dovuta anzitutto all’atteggiamento della famiglia Regeni. E dovuta poi a quel sentimento diffuso di sentire Giulio come il figlio delle tante famiglie che hanno mandato i propri ragazzi a studiare all’estero. Questa parte dell’Italia, trasversale e diffusa, può fare pressioni in molti modi: boicottando le spiagge egiziane e premendo sul governo perché la nostra presenza economica sia legata al rispetto dei diritti umani e civili. Vi è poi il governo italiano, che deve consolidare il proprio ruolo politico nel Mediterraneo, ed evitare di essere tutt’uno con i soggetti economici italiani. La nostra politica estera e il nostro ruolo internazionale possono andare in parallelo con le politiche economiche delle grandi imprese, ma non essere uno strumento nelle mani di chi investe in Egitto. Ne va del nostro ruolo futuro, non solo del nostro potere contrattuale odierno nei confronti del regime di Al Sisi.


5

arcireport n. 14 | 14 aprile 2016

legalitàdemocratica

Acquisire saperi e costruire cittadinanza di Davide Vecchiato coordinatore nazionale Arci Antimafia sociale e legalità democratica

La formazione nazionale rivolta ai coordinatori dei campi della legalità, svoltasi lo scorso 9 e 10 aprile a Roma, dal titolo Acquisire saperi e costruire cittadinanza, è stata fondamentale nello sviluppo qualitativo ed educativo del sistema campi nazionale. Gli incontri annuali sono stati suddivisi in livelli nazionali e regionali. Si è cercato di dare una risposta a una domanda semplice e allo stesso tempo complessa: perché facciamo i campi della legalità? La motivazione che ci potremmo dare è che l’Arci - ed è tra i punti fondamentali del mandato congressuale - mobilita tantissimi ragazzi all’insegna della partecipazione attiva e della responsabilità civile. Ma non sarebbe esaustivo. Potremmo aggiungere che l’obiettivo è sostenere sempre più il riutilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi per restituirli alla collettività. Potremmo dire ancora che è una sfida attuale, un’azione di impegno diretto e un approfondimento concreto su un fenomeno che è andato oltre i confini geografici regionali, ed è necessario organizzare una nuova idea di società civile che possa opporsi alla violenza

mafiosa e alle ingiustizie. Noi dell’Arci ci stiamo mobilitando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori (Cgil, Flai), dei pensionati (Spi), degli studenti (RSM e Udu) e con altri movimenti associativi e studenteschi coordinati a livello territoriale e con Libera. Cambiare si può. Ma lasciatemi dire che a vent’anni dalla legge 109/96 sul riuso dei beni confiscati e a trent’anni dall’inizio del maxi processo di Palermo, qualche sera fa nel programma Porta a Porta su Rai1 si è attuata una strategia che ha innescato un pensiero insostenibile:«la mafia non esiste»; un salto all’indietro di decenni che il nostro paese non può permettersi. Il figlio di Riina nell’intervista - che come Saviano ha ricordato «è stato un messaggio mafioso netto in uno studio televisivo» - non si pretende che si misuri con la memoria dei martiri provocati da ‘Cosa Nostra’, e che abbia dato solo un giudizio di valore su uno dei periodi più bui e dolorosi della nostra storia è, oltre che osceno e disgustoso, una ferita per tutti. Ecco perché la memoria diventa un valore quando viene vissuta come un fatto collettivo, un patrimonio condi-

viso. Ci siamo infatti definiti ‘espansori di memoria’. Stiamo dicendo che tramandare la memoria dei drammi della storia umana significa trasmettere ‘assenza di netraulità’, ovvero impegno, partecipazione e scelta. L’Arci c’è. Ecco perché stiamo collaborando con chi si occupa di memoria, antifascismo e resistenza nell’associazione per la realizzazione di un progetto editoriale sull’antimafia sociale siciliana, forse anche in risposta a Sciascia quando diceva che l’Italia si era ‘sicilianizzata’; e anche con chi si occupa di accoglienza e immigrazione per unire i percorsi di legalità e giustizia democratica alle diaspore umane mediterranee e balcaniche. La nostra associazione è impegnata nel movimento dell’antimafia sociale e lo fa prima di tutto valorizzando la cultura, per ribadire che noi non siamo trafficanti di valori, bensì siamo promotori di teatro, arti visive, comunicative e musicali. E se la cultura e l’arte sono enzimi che agiscono con lentezza, sono entità che producono effetti soltanto con il tempo per sentirsi dalla parte buona della vita, i campi della legalità sono un’ottima occasione per migliorare.

Iniziamo da questo numero la pubblicazione delle schede descrittive dei campi della legalità. Per ulteriori informazioni campidellalegalita@arci.it - 0641609274

Il giardino della legalità

Liberarci dalle spine

A Campolongo Maggiore (Venezia), dal 29 agosto al 9 settembre, si tiene il laboratorio Il giardino della legalità. Il laboratorio è realizzato in collaborazione con Spi-Cgil, Auser Insieme di Campolongo Maggiore, Libera della riviera del Brenta, Rete Degli Studenti Medi, Affari Puliti, Arcisolidarietà Veneto, Venezia Lega 3 c, Uisp Venezia, Comune di Campolongo Maggiore, Giustizia Minorile, IIS Valle-Padova, Camera di Commercio di Venezia e delta lagunare. Le attività si svolgeranno nelle ville confiscate all’ex boss Felice Maniero e alla ex villa Donà e saranno così articolate: incontri con testimonianze del territorio, visite in altre strutture confiscate, laboratorio di comunicazione su criminalità e corruzione, esperienza di lavoro nel laboratorio di stampa 3 D, attività di gestione tra cui lo zoo ‘tiger experience’, sistemazione dello spazio esterno alla sede - ‘il giardino della legalità’ - e del parco dell’ex villa Donà, visite guidate a Venezia, incontri con scrittori e associazioni antimafia, festa/concerto ‘un giardino per tutti’ con i partecipanti e gli abitanti.

Il campo Liberarci dalle spine si tiene a Corleone (Palermo), con turni da inizio maggio a metà ottobre. È realizzato in collaborazione con la Cooperativa sociale Lavoro e non solo, Arci, Cgil, Spi-Cgil, Flai-Cgil, Rete degli studenti medi, Associazione I girasoli, Unicoop tirreno, comune di Corleone, Consorzio sviluppo e legalità, Regione Toscana. Le attività del campo si svolgono su un vasto terreno agricolo che la cooperativa ha avuto in affidamento, insieme a due grandi edifici confiscati alla mafia. Consistono in lavori agricoli nei terreni confiscati, studio, conoscenza e formazione sull’impegno nell’antimafia sociale, animazione nelle comunità locali, pratiche di stili di vita sani. L’alloggio dei partecipanti è a ‘Casa Caponnetto’, un edificio confiscato al clan Grizzafi, sede della cooperativa e dell’ostello. L’altro edificio, confiscato al boss Provenzano e sede del Laboratorio della legalità, è intitolato al giudice Borsellino e agli agenti della scorta. All’interno sono esposti 50 quadri del maestro Gaetano Porcasi, ispirati ai crimini mafiosi e ai movimenti antimafia.


6

arcireport n. 14 | 14 aprile 2016

migranti

Il Festival Sabir a Pozzallo dal 12 al 15 maggio Il Festival Sabir - promosso da Arci, Caritas, A Buon Diritto, Asgi, Carta di Roma e Acli e organizzato da Arci in collaborazione con il comune di Pozzallo e con il patrocinio dell’Anci - nasce come evento diffuso, spazio di riflessione nei luoghi simbolo delle porte d’Europa. Dopo l’esperienza di Lampedusa, Sabir si sposta a Pozzallo, luogo di approdo ma anche ponte culturale nel bacino mediterraneo. Partendo dall’esperienza della prima edizione del Festival, tenutasi nel 2014 a Lampedusa, la seconda edizione vedrà le ‘alternative mediterranee’ al centro di spettacoli, dibattiti, incontri internazionali e laboratori che animeranno la cittadina siciliana. La collocazione geografica in Sicilia ha anche un forte valore simbolico, perché al largo di quest’isola sono avvenute alcune tra le più grandi stragi di migranti. Solo nel 2015 hanno perso la vita più di 3500 persone, tra cui tanti bambini. La responsabilità è in gran parte riconducibile alle scelte politiche dell’Italia e dell’Europa in materia d’immigrazione ed è paradigmatica di un’idea di relazioni internazionali e

di democrazia che ha determinato fino ad oggi comportamenti dell’Unione europea contrari a molti dei principi contenuti nella Carta di Nizza e nelle Costituzioni che furono scritte dopo il 1945. La responsabilità politica diventa ancora più evidente oggi, con le decisioni europee e del governo italiano di trasformare, attraverso l’istituzione degli hotspot, i luoghi di approdo - Lampedusa, Pozzallo, Trapani, Augusta, Porto Empedocle - in luoghi di detenzione, dove le impronte digitali vengono prese ricorrendo alla forza e da dove si continuano a praticare respingimenti di massa. Il Festival manterrà la stessa formula che ha caratterizzato l’edizione 2014, che vedeva attività culturali e laboratori interattivi, musicali e teatrali alternarsi a incontri internazionali, secondo una formula molto dinamica che ha suscitato l’interesse sia della popolazione locale sia di chi, anche dall’estero, ha scelto di partecipare al Festival. L’obiettivo è infatti quello di dare voce agli abitanti, ai migranti accolti sul territorio, ai partecipanti: le tante iniziative culturali,

soprattutto i laboratori e gli spettacoli, sono infatti rivolti innanzitutto a loro. La presenza di rappresentanti della società civile delle due rive del Mediterraneo permetterà di proseguire la riflessione sulla crisi della democrazia europea nel contesto del Mediterraneo. Una crisi che intreccia sempre più le diverse emergenze sociali, dai conflitti che incendiano la regione, agli estremismi nazionali che emergono, alle urgenze ambientali, fino ai diritti culturali e alla libertà di espressione sempre più in pericolo. Nell’ambito dell’immigrazione emerge la necessità urgente di una risposta politica alle tragedie del mare e alla politica europea di gestione delle frontiere, rimettendo in discussione alcune decisioni sempre più centrate sulla criminalizzazione e la repressione. La comunicazione dell’evento permetterà di portare il Festival fuori dai confini di Pozzallo. L’obiettivo resta infatti quello di valorizzare una rappresentazione pubblica alternativa della società civile del Mediterraneo, dando visibilità ai tentativi di costruzione di democrazia dal basso.

Alt Brenner - ultima fermata Europa di Sergio Bonagura Arci Bolzano

La ‘frontiera naturale’ del Brennero è un confine giovane. Fino alla conclusione del primo conflitto mondiale semplicemente non esisteva; era parte integrante del Tirolo, una regione alpina dell’Impero Asburgico confinante a nord con la Baviera e a sud con Lombardia e Veneto. Con lo sgretolamento dell’Impero e l’annessione del Sudtirolo al Regno d’Italia il Brennero divenne confine di stato. La frontiera sopravvisse anche alla seconda guerra mondiale e solo con l’ingresso dell’Austria nell’Unione Europea il 1 Gennaio 1995 si crearono le condizioni per andare oltre l’assetto che la Grande Guerra aveva creato. Sempre negli anni ’90, infatti, fu costituita l’Euroregione formata dal Land Tirole dalle Province Autonome di Trento e di Bolzano. L’adesione dell’Austria all’accordo di Schengen portò sia all’abolizione dei controlli al Brennero sia alla costruzione di questo spazio europeo di cooperazione transfrontaliera a livello economico sociale e culturale, che cul-

minò nel 2009 con la creazione di un organismo formale, il GECT. Il percorso di europeizzazione delle regioni alpine ha subito in questi mesi una battuta d’arresto significativa. La chiusura del Brennero, oltre ad essere un fatto anacronistico, è la dimostrazione dell’incapacità dell’Austria e dell’Europa di affrontare un fenomeno epocale come quello dei richiedenti asilo e dei migranti. Le reazioni austriache in vista delle elezioni politiche del 24 aprile 2016 sono state sproporzionate e hanno portato alla costruzione di un muro al Brennero ed alla proposta di limitare il diritto d’asilo. Ciò che l’intuizione europea aveva aiutato a superare, in 30 anni, è stato ripristinato in peggio nel giro di qualche mese. Questa involuzione politica e sociale nel cuore dell’Europa può determinare una crisi irreversibile del progetto europeo stesso. Il Brennero non è un luogo qualsiasi. Da confine conteso, e luogo di scontro, si è trasformato in un ponte tra il

Sud ed il Nord, in grado di garantire il passaggio di persone, idee e progetti, che sembravano rendere possibile il superamento delle divisioni del passato nel nome di un ideale, l’Europa unita. Oggi il Governatore della Provincia di Bolzano è costretto a chiedere aiuto a Roma contro una decisione austriaca, paese da sempre legato alla minoranza linguistica sudtirolese. Il Brennero rischia di diventare una terra di nessuno. Una Idomeni del Nord. Oggi con la chiusura della frontiera rischiamo che la situazione si aggravi ulteriormente. Solo i professionisti della xenofobia e le organizzazioni che lucrano sulla tratta degli esseri umani posso guadagnare da questa situazione. Occorre una risposta sociale e politica, composta, unitaria e coinvolgente. Che non faccia sentire soli gli amministratori locali, le organizzazioni di volontariato, molti cittadini e tutte le realtà che si impegnano per un Brennero aperto. L’Europa dei diritti può nascere o morire lungo questo confine.


7

arcireport n. 14 | 14 aprile 2016

società

Il 7 maggio in piazza a Roma per fermare il TTIP di Monica Di Sisto vicepresidente di Fairwatch, tra i portavoce della campagna Stop TTIP Italia

Il 7 Maggio tutti a Roma: da Piazza Esedra a Piazza del Popolo sfileranno associazioni, sindacati e tutte le persone che vogliono fermare il TTIP. Contro le liberalizzazioni selvagge di servizi essenziali, sicurezza alimentare e sociale, l’abbattimento delle regole di protezione ambientale contenute nel Trattato commerciale tra Stati Uniti ed Europa, che entro luglio di quest’anno potrebbe essere concordato tra la Commissione Europea e il Congresso degli Stati Uniti. Per ribadire il nostro no, e per far conoscere ai media nazionali le ragioni della preoccupazione e della contrarietà che attraversano l’Europa ma anche gli Stati Uniti, dal 14 al 16 aprile la Campagna Stop TTIP Italia (www.stop-ttip-italia.com) ha invitato a Roma Sharon Treat, ex parlamentare

democratica, 22 anni a rappresentare il Maine tra Parlamento e Congresso, che sostiene, dall’altra parte dell’Atlantico, i motivi per cui è importante fermare i negoziati prima che la legislatura presidenziale di Obama arrivi al termine. «I legislatori nazionali, e quelli dei governi locali - ha spiegato Treat - dovrebbero essere preoccupatissimi di come il TTIP cambierà il modo di decider le regole del gioco democratico in tutti i settori della produzione e dei diritti. Gli interessi dei Governi e delle imprese straniere entreranno di diritto nelle politiche interne. Per questo dobbiamo fermare insieme il trattato». La Campagna Stop TTIP, per coinvolgere nella mobilitazione verso la manifestazione nazionale tutti i territori e

Verso la manifestazione del 7 maggio: gli appuntamenti e le cose da fare Per contribuire al lancio della manifestazione, e incontrare la ex deputata democratica Sharon Treat, da sempre critica verso il TTIP, queste le principali informazioni. Venerdì 15 aprile, dalle 11 alle 13 nell’Aula 211 della Università Luiss, SharonTreat (che insegna diritto ambientale ed è analista di politiche pubbliche) terrà un seminario dal titolo Il TTIP e le regole democratiche: il caso agroalimentare. Sarà l’occasione per presentare l’ultimo dossier della Campagna Stop TTIP Italia, redatto da una dei portavoce, Monica Di Sisto, vice presidente di Fairwatch, che indaga proprio le potenziali ricadute su questo settore, con particolare riguardo al nostro Paese. Nel pomeriggio, alle 14,30, presso la sala stampa della Camera dei deputati, avrà luogo una conferenza stampa promossa dalle organizzazioni della Campagna Stop TTIP Italia allo scopo di lanciare la mobilitazione nazionale. Insieme ad esponenti di Arci, Attac, Cgil, Legambiente, Progressi, Movimento consumatori, Slow Food, interverrà anche Sharon Treat. Grazie alla sua esperienza come deputata e senatrice del Maine, metterà in luce gli effetti sull’ambiente, sulla salute dei cittadini, sulle politiche agricole di un’eventuale approvazione del TTIP: la Treat, durante la sua attività ha avuto modo in diverse occasioni di esprimere le proprie preoccupazioni ai negoziatori del trattato. Sabato 16 aprile, alle 17.00 presso S.Cu.P. (via della Stazione Tuscolana 84), la nostra ospite incontrerà invece le organizzazioni sociali e i movimenti di cittadini in un dibattito. A seguire, cena di autofinanziamento della Campagna Stop TTIP e dell’esperienza di S.Cu.P (Prenotazioni stopttiproma@gmail.com – Evento Facebook http://bit.ly/1MsiNj5). Per chiedere informazioni su come aderire alla manifestazione, come arrivare e per i materiali da scaricare www.stop-ttip-italia.net email stopttipitalia@gmail.com

gli amministratori locali e nazionali, ha lanciato di recente sulla piattaforma non profit Progressi la nuova petizione Fuori il TTIP dalla mia città (www.progressi. org/fuorittip) che ha superato già le 7mila firme e chiede ad amministratori locali e nazionali di esprimere con risoluzioni e atti d’indirizzo ufficiali la propria preoccupazione sull’impatto negativo ormai certo del trattato sull’economia e la tenuta sociale e ambientale del Paese. In occasione dell’arrivo di Sharon Treat, infatti, la Campagna presenterà Faq: Il TTIP fa bene all’agricoltura italiana?, il nuovo rapporto elaborato da Fairwatch e che risponde, dati alla mano, a 5 domande tra le più diffuse sull’impatto del TTIP su uno dei pochi settori economici, quello agroalimentare, che ancora cresce e assicura occupazione nel Paese. Le esportazioni agroalimentari bastano ad assicurare la tenuta dell’agricoltura italiana? Gli USA sono il partner potenzialmente più interessante per l’agrifood italiano? La liberalizzazione offre maggiori opportunità di scelta ai consumatori europei e statunitensi? Il TTIP ci aiuterà a proteggere meglio i prodotti di qualità e ad Indicazione geografica protetta? Il TTIP è una grande occasione per le piccole e medie imprese del settore? A tutte e cinque queste domande bisogna rispondere no. Innanzitutto, ad esempio, perché due terzi delle imprese italiane del settore esportano appena in Italia, al massimo in Europa e, non avendo alcuna chance di aprire commerci con gli Usa, vedrebbero gli scaffali e i banchi dei nostri mercati riempirsi di prodotti a minore costo, e spesso bassa qualità, con aumenti, per alcuni settori, fino al 5mila per cento in più. In secondo luogo perché, per proteggere negli Usa un numero molto ristretto di prodotti a denominazione d’origine italiani, saremo costretti ad ammettere anche nel nostro mercato la circolazione delle copie di tutti gli altri, ma anche di tutti quei prodotti che sono stati registrati fino ad oggi con un marchio che somigli a quelli italiani più famosi. A parte che per i formaggi e in piccola parte per il vino, che già oggi stravince sul mercato americano senza bisogno del TTIP, cereali, olio, latte, frutta, verdura, carni e salumi subirebbero una concorrenza terribile e molto dannosa sia negli Usa, sia in Europa, e addirittura in Italia. Tutti a Roma il 7 maggio: fermiamo il TTIP finché siamo in tempo.


8

arcireport n. 14 | 14 aprile 2016

Lecco. Nasce lo sportello d’ascolto per gay e per le loro famiglie Arci Lecco, in collaborazione con l’associazione Renzo e Lucia, promuove uno sportello di ascolto sulle tematiche che riguardano l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Il nuovo servizio è rivolto a tutte le persone omosessuali e transessuali che vogliono avere la possibilità di un confronto con una figura professionale, per parlare di sé e della realtà che vivono. Non solo: lo sportello è rivolto anche alle persone che vivono intorno e con le persone LGBT, ai loro partner o familiari, per problemi di natura psicologica, emotiva e relazionale. Il servizio sarà aperto a tutte le persone maggiorenni, gli utenti minorenni vi si possono rivolgere soltanto con il consenso scritto di entrambi i genitori. «Lo sportello di ascolto - spiegano i promotori - è uno spazio di accoglienza e ascolto libero da pregiudizi, tutelato da segretezza professionale, in cui con l’aiuto di una psicologa e consulente in sessuologia è possibile affrontare le tematiche riguardanti le persone LGBT, come l’esplorazione e l’accettazione del proprio orientamento sessuale, le difficoltà legate alla definizione della propria identità di genere, l’omofobia interiorizzata, il coming out negli ambienti significativi, la sessualità e le relazioni di coppia e familiari». I primi due colloqui psicologici sono gratuiti. Nel caso si decida insieme alla psicologa di intraprendere un percorso di aiuto più approfondito, il costo dei successivi incontri sarà contenuto, per consentire a chiunque di potervi accedere. «Abbiamo voluto chiamare questo sportello di ascolto Skateboard

- spiegano le associazioni - perché vuole essere un’opportunità per muoversi più agilmente e velocemente fra il traffico della vita di tutti giorni, un mezzo per attivare le nostre risorse e liberare le nostre potenzialità». Davide Ronzoni, presidente dell’Arci Lecco, che sostiene l’iniziativa : «Il servizio con l’associazione Renzo e Lucia ci aiuta a completare un percorso di definizione di nuove esigenze e di nuovi diritti sul nostro territorio. L’Arci ha sostenuto con vigore la battaglia per i diritti delle persone LGBT ritenendola da sempre un’estensione delle libertà personali che nulla sottraggono alle libertà già esistenti. Tutto ciò si aggiunge agli interventi nelle scuole organizzati da oltre un decennio dalla nostra associazione e sempre ben accetti da parte di insegnati e genitori oltre che dagli studenti stessi, ed alle campagne nei confronti dei parlamentari perché si estendano i diritti a tutti con la campagna È già famiglia». Lo sportello è attivo ogni martedì dalle ore 16 alle ore 18 presso la sede dell’Arci in via Cesare Cantù 18 a Lecco. Non è necessario fissare un appuntamento. Responsabile dello sportello è la Dottoressa Serena Gambin.

gambin.serena@gmail.com    3334928638

A Modena torna il ‘Cinemamme’, al cinema con i neonati Anche quest’anno il ‘Cinemamme’ è dedicata alle mamme, nonne, tate e anche i papà che possono andare al cinema con i propri neonati per guardare un film senza il timore di disturbare il pubblico. La sala del cinema Raffaello di Modena sarà attrezzata per le carrozzine, si potrà allattare, le luci saranno soffuse e il volume del film più basso. Il progetto nasce per rispondere all’esigenza di creare socialità e condivisione in un momento della vita in cui spesso le donne si trovano sole ad affrontare nuovi problemi e hanno difficoltà a conciliare responsabilità e momenti

di svago. Proprio per dare l’opportunità di incontrare altre mamme e passare del tempo insieme sono stati organizzati momenti informativi a margine dei film. La rassegna, che si è aperta mercoledì 13 aprile con il film Mister Chocolat di Roschdy Zem, proseguirà il 20 aprile con la commedia Nemiche per la pelle di Luca Lucini con Margherita Buy e Claudia Gerini. Ultimo appuntamento mercoledì 27 aprile con Zona d’ombra di Peter Landesman e a seguire si parlerà di vaccini con gli operatori della Pediatria di comunità. Prezzi scontati con tessera Arci.

daiterritori

in più La città dei narratori Vizzolo Predabissi (Mi)

Il 15 e 16 aprile, all’Auditorium comunale di Vizzolo Predabissi, l’associazione Arci Ponti di Memoria e l’associazione Il Picchio presentano La città dei narratori, quarta edizione di un grande festival di musica, teatro, reading, letterature e narrazioni intorno al 71esimo anniversario della Liberazione. Si comincia il 15 aprile alle 21 con la proiezione de I Carnefici, di Daniele Biacchessi e Giulio Peranzoni. A seguire il concerto dei Gang Sangue e cenere. Il 16 aprile, alle 11.30, assemblea dei soci di Ponti di Memoria e Il Picchio. Alle 14 concerti, reading, presentazione di libri e testimonianze. Tra gli ospiti, GANG, Massimo Priviero, Daniele Biacchessi, Andrea Sigona, Paolo Borrometi, Giulio Peranzoni, Gino Marchitelli, Adele Marini, Tiziana Di Masi, Beppe Giampà, Paola Roccoli, Luca Maciacchini, Fulvio Bella, Michele Fusiello, Giordano Sangiorgi, Giuliano Mori e Opm con Riccardo Fancini e numerosi altri. Ingresso a sottoscrizione. info@daniele biacchessi.it

Le energie sociali sul diritto alla città Roma - Il 16 aprile, dalle 10 alle 17,

alla Città dell’altra economia, Arci Roma e il Centro per la Riforma dello Stato organizzano I beni di Roma, il forum delle energie sociali sul diritto alla città. Quattro tavoli di lavoro per un confronto partecipato con i candidati sindaco Virginia Raggi, Roberto Giachetti, Stefano Fassina e diversi esponenti della società civile, per discutere e mettere in campo nuove idee su cultura, beni comuni, rigenerazione urbana, spazi, inclusione e accoglienza, amministrazione condivisa e partecipazione. Il percorso che s’intende portare avanti nasce dall’esigenza di far confluire tutte le manifestazioni di creatività, intelligenza sociale e capacità di resistenza che attraversano la città di Roma nel tentativo di soddisfare da una parte alcuni bisogni sociali, come quelli di far fronte al diseguale accesso ai servizi della città (dai trasporti alla cultura, dalla formazione all’ambiente) e dall’altra di dare vita a relazioni e nuove collaborazioni. Lavorare insieme, quindi, per far sì che la città di Roma possa diventare la capitale europea dell’economia collaborativa (coworking, fablab, dalle tecnologie alla cultura, dal sociale ai servizi avanzati) e riappropriarsi di quello che si potrebbe definire il diritto alla città.


9

arcireport n. 14 | 14 aprile 2016

azionisolidali le notizie di arcs

a cura di Francesco Verdolino

REFLEXIONES ANTAGÓNICAS Si terrà a Cuba dal 3 maggio al 3 giugno la mostra fotografica di Giulio Di Meo. Quelli cubani sono la prima parte di un progetto molto più vasto, Riflessi Antagonisti, che riguarderà l’intera America latina. «Il titolo nasce dalla constatazione che la situazione sudamericana è la conseguenza, il riflesso appunto, della politica di sfruttamento attuata prima dai colonizzatori europei e successivamente dai governi e dalle lobby economiche statunitensi» spiega il fotografo Giulio Di Meo. Paesi con ampie zone al limite del sottosviluppo costantemente depredati delle proprie risorse naturali. In Sudamerica il 30% della popolazione è costretto a vivere con meno di un dollaro al giorno. «Ho deciso di iniziare il mio progetto da Cuba come luogo simbolo di un continente che ha sempre cercato di ribellarsi». Cuba è un paese sottoposto da oltre 25 anni ad embargo da parte degli U.S.A., quindi sicuramente la condizione economica cubana ha subito notevoli ‘riflessi’ e conseguenze. Nonostante quest’infamia dell’embargo, Cuba ha raggiunto importanti traguardi sociali: ha la media di vita più alta del continente (oltre 70 anni) e la più bassa mortalità infantile (9 per mille), la più alta alfabetizzazione dell’America Latina (96%, in Italia abbiamo il 98%). All’uscita dell’aeroporto dell’Avana c’è un cartello che dice «Oggi 200 milioni di bambini nel mondo dormono per strada, nessuno è cubano». È propaganda politica, ma è un dato inconfutabile. Se il primo riflesso riguarda le drammatiche conseguenze sulla popolazione dell’embargo, il secondo ha invece una concezione più interiore: «Ogni scatto non è la realtà, ma soltanto una sua rappresentazione, è il fotografo che dà la propria interpretazione attraverso l’obiettivo, fermando nel tempo un preciso e irripetibile momento storico. Chi guarda una foto non sta guardando una fetta di realtà-verità; ma più semplicemente solo il modo del fotografo di interpretare, raccontare, guardare, inquadrare quella determinata realtà». Quindi fotografie come semplici riflessi, prodotto ultimo del guardare di un fotografo, con lo scopo nobile di spingere chi le ‘guarda’ a riflettere a sua volta… ad osservare, interpretare, semplicemente pensare. www.arcsculturesolidali.org

società

Garantire diritti e salute previsti dalla legge 194, ce lo chiede l’Europa di Ornella Pucci coordinatrice nazionale Arci Politiche di genere

Dopo tre anni dal reclamo collettivo del 2013 ad opera della Cgil sulla violazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza presentato al Consiglio d’Europa, il comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio ha di nuovo riconosciuto e denunciato che il nostro paese viola i diritti delle donne che intendono interrompere la gravidanza alle condizioni previste dalla legge 194/78. È stata inoltre accertata la violazione dei diritti dei medici non obiettori di coscienza a causa dell’elevato numero di medici obiettori (crescente negli ultimi anni), della disorganizzazione degli ospedali e delle regioni. Infatti i medici non obiettori debbono affrontare un insieme di svantaggi sul posto di lavoro direttamente e indirettamente, con pesanti carichi di lavoro e ridotte prospettive di carriera. Questa sentenza, che è la seconda in pochi anni, deve costituire un’importante occasione per prendere finalmente coscienza dei problemi concreti di applicazione della legge, più volte denunciati da organizzazioni femminili e sindacato nel totale disinteresse delle istituzioni preposte, tant’è che in molte regioni anche amministrate dal centrosinistra non in tutti gli ospedali viene garantito il servizio. I medici obiettori sono il 70% con punte ancora più elevate al sud. Anche il ministro alla Sanità Lorenzin, donna, nega l’evidenza e sfugge il tema. Purtroppo a più di trent’anni dall’approvazione della legge ancora oggi è necessario ribadire che essere a favore della legalizzazione dell’interruzione di gravidanza non significa essere a favore dell’aborto, ma che la legge 194, confermata dagli elettori anche attraverso un referendum, nasce per mettere fine agli aborti clandestini e per promuovere la maternità consapevole. Questa legge voluta dalle donne per salvare la vita delle donne ancora oggi subisce gli stessi attacchi culturali e politici di 30 anni fa, anzi forse ‘il movimento per la vita’ è cresciuto anche perchè gli si è data la possibilità di spadroneggiare con la sua propaganda spesso delirante anche negli ospedali pubblici e addirittura nei consultori, traditi così clamorosamente nel loro scopo istituzionale. Lo scopo era quello di realizzare programmi e progetti di educazione e informazione tali da eliminare le cause che portano all’aborto, a partire dalle adolescenti. Ovvero,

come dice la legge: lo Stato si impegnava a garantire il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconoscere il valore sociale della maternità e tutelare la vita umana fin dal suo inizio. Eppure tra mille difficoltà questa legge ha funzionato, è diminuita la mortalità da aborto e negli anni è anche diminuito il numero degli aborti in assoluto. All’epoca si viveva una grande stagione di partecipazione delle donne anche attraverso i comitati di gestione, cancellati negli anni successivi dalle leggi sanitarie. Adesso invece, che ce lo dice L’Europa, è ora di ricominciare a creare nuovi luoghi di rappresentanza. il cordoglio dell’arci È morto Pietro Pinna, fondatore del Movimento nonviolento. È ricordato come il primo obiettore ‘politico’ italiano. Dal suo rifiuto dell’uso delle armi, che gli costò anni di carcere, è nata la campagna per la nascita del Servizio civile. Organizzò con Aldo Capitini la prima marcia Perugia-Assisi.

arcireport n. 14 | 14 aprile 2016 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 18 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.