arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 15 | 23 aprile 2015 | www.arci.it | report @arci.it
21 aprile, piazza Montecitorio - Roma
L’Europa non ferma le stragi di Filippo Miraglia vicepresidente nazionale Arci
Controllare le frontiere, respingere i migranti, impedire che partano. Questi i principali impegni che i governi europei hanno assunto in occasione della riunione di giovedì del Consiglio d’Europa. Impegni in sintonia con quanto dichiarato in diverse occasioni dal nostro presidente del consiglio che, nel suo discorso alla Camera, a poche ore di distanza dalla strage più grande di sempre nel Mediterraneo, non ha nemmeno accennato al dovere dei governi italiano ed europei di farsi carico della protezione delle persone che fuggono da guerre e violenze. Centrali restano, dal suo punto di vista, la lotta agli scafisti e un’ulteriore stretta alle frontiere, con l’aggravante, che segna un’inedita convergenza tra i due Mattei (Renzi e Salvini), di dare priorità alla distruzione delle imbarcazioni usate per le traversate in mare. L’Unione Europea riprende, in sede di Consiglio, la proposta italiana, prevedendo anche la possibilità di un intervento militare per raggiungere l’obbiettivo, dimenticando però che in Libia c’è una guerra civile in corso e che il rischio di ‘danni collaterali’ è molto alto. Grande sintonia quindi tra il nostro governo e l’Europa dei 28 (ma anche con un pezzo dell’agenda politica della destra xenofoba) sulla gestione delle frontiere, con l’obiettivo, esplicitato soprattutto
negli accordi del processo di Khartoum e in quello di Rabat, così come negli accordi bilaterali che si vanno definendo in questi mesi, di trasferire ai Paesi della sponda sud la responsabilità di gestire i flussi di richiedenti asilo per bloccarli prima che arrivino alle nostre frontiere. Una convergenza che segna il punto più basso delle politiche migratorie, di fronte alle migliaia di cadaveri che giacciono sul fondo del Mediterraneo. Nell’ordine del giorno del Consiglio l’accoglienza viene affrontata come il meno importante dei problemi e la sbandierata solidarietà tra gli Stati Membri si riduce a progetti pilota di reinserimento per 5mila rifugiati, una cifra ridicola. La grande e potente Europa metterebbe in campo un progetto sperimentale per almeno (sic!) 5000 posti. Tanto per capire di che stiamo parlando, basti pensare che il piccolo e povero Libano o la piccola e povera Giordania accolgono circa un milione di persone a testa. L’Europa della Merkel, di Hollande e Renzi, della BCE di Draghi, 5000 posti. Vergogna! Esiste per fortuna un’altra Italia, che ha reagito subito con sdegno, portando in piazza migliaia di persone, cercando di restituire a quei morti la dignità che meritano e di esprimere un cordoglio ed una solidarietà fatta di proposte con-
crete. Non di vane parole e di cinismo. L’Italia dei sindacati, delle organizzazioni sociali religiose e laiche, di studenti e ambientalisti, che ogni giorno prova a contrastare il razzismo di stato. Una rete di associazioni che si è data appuntamento il 21 aprile davanti a Montecitorio a Roma e in altre 100 città per chiedere che il governo italiano attivi subito una operazione di ricerca e salvataggio (come Mare Nostrum), in attesa che tutta l’Europa si assuma questa responsabilità. Allo stesso tempo è stato chiesto che Italia e UE affidino all’Unhcr il trasferimento in sicurezza verso l’Europa di coloro che, nei paesi intorno al mediterraneo, aspettano di poter partire per chiedere protezione, con un’equa ripartizione tra i diversi stati. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati è infatti l’organizzazione che ha competenze, strumenti e mezzi per poter gestire legalmente il flusso di profughi, senza dover modificare leggi nè organizzare improbabili rappresentanze e campi di transito in Africa, col vero scopo di bloccarli lì. Nei prossimi giorni la mobilitazione continuerà e se l’Italia e l’Unione europea non cambiano direzione ci sarà una reazione ampia e unitaria, per fermare la strage e restituire forza e integrità alla nostra democrazia.
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migranti
“La nostra colpa? Essere nati dalla parte sbagliata del mondo” Awas Ahmed, somalo, rifugiato in Italia, racconta il senso della sua fuga e la necessità per tutti noi di guardare a chi scappa con occhi diversi. A chi chiede: «Non era meglio rimanere a casa piuttosto che morire in mare?», rispondo: «Non siamo stupidi, né pazzi. Siamo disperati e perseguitati. Restare vuol dire morte certa, partire vuol dire morte probabile. Tu che sceglieresti? O meglio cosa sceglieresti per i tuoi figli?». Due foto: sara prestianni giovani ieri sono stati uccisi a Mogadiscio perché si stavano baciando mare. Ma quei cadaveri non commuovono sotto un albero. Avevano vent’anni. Non perché non si vedono in Tv. Perché non c’è festeggeranno altri compleanni. Non si un giornalista che chiede ripetutamente baceranno più. A chi domanda: «Cosa quante donne e bambini sono morti, quansperavate di trovare in Europa? Non te erano incinte. Perché qui in Occidente c’è lavoro per noi figurarsi per gli altri», a volte sembra che l’orrore non basti, c’è rispondo: «Cerchiamo salvezza, futuro, bisogno di pathos. Mio cognato è morto cerchiamo di sopravvivere. Non abbiamo nel deserto. Per la fame. Dopo 24 giorni colpe se siamo nati dalla parte sbagliata e in cui nessuno ci ha dato da mangiare. A soprattutto voi non avete alcun merito di casa c’è una moglie che non si rassegna essere nati dalla parte giusta». Mio cognato e aspetta una telefonata che io so non scappava con me. Prima del mare c’è il arriverà mai. A casa c’è quel che resta di deserto che ne ammazza tanti quanti il un sogno, di un progetto, di una vita. Un
biglietto per due i trafficanti se lo fanno pagare caro e, loro, i soldi non li avevano. Se fosse restato, li avrebbero ammazzati tutti e due. Il suo ultimo regalo per lei è stata la vita. Lui è scappato e lei non era più utile, l’hanno lasciata vivere. A chi chiede: «Come si possono evitare altre morti nel Mediterraneo?», rispondo: «Venite a vedere come viviamo, dove abitiamo, guardate le nostre scuole, informatevi dai nostri giornali, camminate per le nostre strade, ascoltate i nostri politici. Prima dell’ennesima legge, dell’ennesima direttiva, dell’ennesima misura straordinaria, impegnatevi a conoscerci, a trovare le risposte nel luogo da cui si scappa e non in quello in cui si cerca di arrivare. Cambiate prospettiva, mettetevi nei nostri panni e provate a vivere una nostra giornata. Capirete che i criminali che ci fanno salire sul gommone, il deserto, il mare, l’odio e l’indifferenza che molti di noi incontrano qui non sono il male peggiore».
Unhcr: nel 2015 più di 35mila arrivati via mare e 1600 morti L’Alto Commissario António Guterres esprime il suo shock per le nuove tragedie nel Mediterraneo e per la perdita di centinaia di vite umane. Secondo le informazioni ricevute dalle autorità maltesi, sono circa 50 le persone salvate sulle circa 900 che erano a bordo in base alle testimonianze dei sopravvissuti nel naufragio di sabato notte. Se i numeri venissero confermati, l’incidente - avvenuto durante la notte - rappresenterebbe la più grande perdita di vite di rifugiati e migranti mai verificatasi in un singolo naufragio nel Mediterraneo. Questo episodio segue l’incidente della settimana precedente, in cui sono state perse 400 vite. Il disastro di Lampedusa dell’ottobre 2013 provocò quasi 600 morti in due incidenti separati. Le informazioni ricevute indicano che il barcone con 950 persone a bordo si è capovolto in acque libiche poco prima della mezzanotte di sabato, a circa 180 chilometri a sud di Lampedusa. Navi militari italiane e maltesi e mercantili hanno fatto parte delle circa 20 imbarcazioni
impegnate, insieme a diversi elicotteri, nelle operazioni di soccorso coordinato dalle autorità italiane. «Questo disastro conferma l’urgenza di ripristinare una robusta operazione di salvataggio in mare e di stabilire vie legali credibili per raggiungere l’Europa. In caso contrario, le persone in cerca di sicurezza continueranno a morire in mare - ha dichiarato António Guterres, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati - si evidenzia anche la necessità di un approccio europeo onnicomprensivo per foto:
sara prestianni
affrontare le cause profonde che spingono tante persone a questa tragica fine. Mi auguro che l’Unione Europea si dimostri all’altezza della situazione, assumendosi pienamente un ruolo decisivo per prevenire simili tragedie in futuro». L’Unhcr aveva già esortato l’Unione Europea a dare una risposta urgente al problema delle migliaia di persone che rischiano la vita per trovare la sicurezza in Europa. A tal proposito l’Agenzia ha condiviso una serie di proposte, tra cui l’istituzione di una estesa operazione europea di ricerca e soccorso e la creazione di alternative legali credibili per l’accesso in Europa quali reinsediamento, visti umanitari e ricongiungimenti familiari potenziati. Nei primi 4 mesi del 2015, più di 35mila richiedenti asilo e migranti sono arrivati in Europa meridionale via mare e, se il bilancio di questi giorni verrà confermato, i morti sono circa 1600. In tutto il 2014 circa 219 mila persone hanno attraversato il Mediterraneo, e le vittime sono state 3.500.
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migranti
Una nave stracolma e la paura di essere ricondotti in Libia Un’operatrice dell’Arci, Sara Prestianni, ha raccolto la testimonianza di uno dei sopravvissuti al naufragio avvenuto il 14 aprile in cui 400 persone hanno perso la vita. Tra i morti ci sarebbero anche molti giovani, probabilmente minori. Solo 144 persone sono state salvate, dopo che il barcone su cui viaggiavano si è rovesciato. Di seguito il racconto del sopravvissuto. «Siamo partiti domenica mattina alle 5 dal porto Libico di Zuara. Eravamo in 600 su un barcone che ne avrebbe potuti contenere molti meno. Eravamo prevalentemente nigeriani, maliani, senegalesi, gambiani e del Corno d’Africa. La barca era a tre piani, uno sotto il livello dell’acqua e due sopra. Eravamo talmente sovraccarichi che non ci potevamo muovere. Nel primo pomeriggio del lunedì temevamo di aver perso la rotta e di essere in acque tunisine, invece eravamo
probabilmente già in acque internazionali. Abbiamo lanciato degli SOS alla guardia costiera italiana. Alle 17.30 abbiamo visto una nave avvicinarsi. Ce n’erano altre due all’orizzonte, una blu e una gialla. Una era vicina a noi, era bianca. Abbiamo temuto che fosse una barca dei libici e che quindi ci riportasse nelle prigioni in cui la maggior parte di noi erano stati torturati e da cui eravamo fuggiti. Tra di noi abbiamo discusso sul fatto che la
nave fosse italiana o libica. Quelli che erano nella stiva volevano salire per vedere. La nave davanti era vicina e i suoi motori creavano delle onde che arrivavano alla nostra nave. Il movimento creato da chi voleva salire e avvicinarsi per capire se fidarsi della nave di salvataggio ha fatto ondulare la nostra per due volte, alla terza si é capovolta. È stata una tragedia. Almeno 400 persone sono morte. Da un elicottero che stava sopra di noi e dalla nave ci lanciavano dei salvagenti. C’erano molte donne e bambini. Io, anche se non so nuotare, mi sono attaccato ad un pezzo di legno e ho resistito fino a quando mi hanno soccorso. C’erano tanti cadaveri in giro. Molti delle donne e dei bambini che viaggiavano con me. Alcuni dei miei amici sono morti. Siamo saliti a bordo della nave bianca. Poi ci hanno trasferiti in una nave militare e martedì in una terza nave che ci ha portato a Reggio Calabria».
Cimitero Mediterraneo I sommozzatori che scesero sul fondo a dare un’occhiata risalirono con le lacrime agli occhi, scioccati. Giù, nei resti di quella carretta capovolta, c’erano i corpi di uomini e donne che sembravano aspettare chi li liberasse, imprigionati nella stiva e in piedi, a fluttuare. I capelli delle donne mossi dalle correnti, come alghe. Era il naufragio del 3 ottobre 2013, 368 morti. Chissà se il ragazzino che ieri all’alba galleggiava a faccia in giù nella nafta aveva mai sentito parlare di quella strage... Chissà se sapeva a quali rischi andava incontro salendo sul barcone... L’hanno recuperato per primo e l’hanno messo sul ponte della Gregoretti, la nave della Guardia costiera. Nel giro di poche ore accanto a lui altri 23 sacchi, ciascuno una vita perduta. Ma di sacchi, in quell’angolo di Mediterraneo, ne sarebbero serviti 900. Novecento morti che quasi certamente nessuno ripescherà più dalle acque agitate al largo delle coste libiche. La strage più strage di sempre. Nelle comunicazioni interne dei soccorritori, accanto alla parola nazionalità c’è un generico «Africa subsahariana» e la sola cosa che si sa per certa è che uno dei sopravvissuti è eritreo. «Prima cerchiamo di recuperare il recuperabile, poi ci occupiamo del resto» ripetono i coordinatori delle ricerche. «Il recuperabile», cioè i
morti. Che anche stavolta galleggiavano fra rottami, vestiti, sacchetti di plastica, scarpe, nafta... Lo spettacolo spettrale dei corpi senza vita nell’acqua non cambia mai. Cambiano il luogo, la profondità, il numero delle vittime. Il primo naufragio dai grandi numeri avvenne la notte di Natale del 1996 nel Canale di Sicilia. Una barca carica di indiani, pachistani e cingalesi affondò ma di quella tragedia, 283 morti, nessuno seppe nulla per sei anni. Furono naufragi-fantasma anche quelli del 2011 nei quali, secondo stime non ufficiali, avrebbero perso la vita fra i 500 e i 700 tunisini. Secondo le loro madri, che nel 2013 fondarono un’associazione per cercarli, sarebbero partiti via mare ma mai arrivati a destinazione. Le loro storie, quindi, si conoscono soltanto dalle parole e dalle fotografie delle madri che continuano invano a cercarli. E poi ci sono le fotografie che non hanno nome né storie. Come quelle recuperate in mare dopo il naufragio del 2013. Fu un anno nerissimo, tutti giurarono «mai più» dopo i 368 morti del 3 ottobre e i 250 della settimana successiva (quasi tutti eritrei). A Lampedusa nessuno potrà mai dimenticare la lunghissima fila di bare allineate sul molo: per riconoscerle un numero e, nei casi più fortunati, un
nome. Erano sembrati tanti i 13 morti di Scicli di pochi giorni prima, ma quei numeri d’inizio ottobre erano spaventosi. Eppure più o meno la metà della cifra di sabato notte. Persone diventati numeri, appunto, senza nemmeno la dignità di un nome. Spesso morti a un passo dalla salvezza: per aver allungato le braccia in troppi verso una nave che li voleva salvare sbilanciando il loro barcone oppure per aver scambiato per terra ferma una secca. È successo tante volte: la carretta con cui arrivano si incastra quando non c’è luce per vedere la costa, loro scendono e finiscono nell’acqua alta morendo annegati perché quasi sempre non sanno nuotare. Forse è morta proprio così anche Samia Yusuf Omar, atleta somala di Pechino 2008 partita per l’Italia e mai arrivata. Di quanti modi si può morire in mezzo al Mediterraneo su una barca carica di disperati sono pieni i verbali dei sopravvissuti. Che raccontano di gente asfissiata nella stiva, di donne incinte buttate in acqua, di motori in avaria e barche alla deriva. Di umanità varia in balìa delle onde. L’Unhcr fa sapere che nel 2014 sono morti più di 3.000 migranti e che quest’anno dovremmo già essere oltre i 1.500. Persone, appunto. Prima che diventino numeri.
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25aprile
“L’antifascismo come nuovo orizzonte dell’umanità” di Luciano Guerzoni vicepresidente nazionale vicario Anpi
Siamo a settant’anni dalla Liberazione, dalla dittatura fascista e dall’oppressione straniera nazista. E l’antifascismo, propulsore e guida politica e morale della Resistenza e della guerra di Liberazione, ha più storia. L’evento, la fine della guerra e la conquista della pace, dell’unità nazionale, della libertà e della democrazia, segnano l’avvio della nostra storia contemporanea. Tutto si condensa nella Costituzione. Nei suoi valori. Nei suoi principi. Nel suo progetto di convivenza civile, coesione sociale, di libertà e giustizia e di trasformazione repubblicana. Il 25 aprile del Settantesimo è dunque carico della memoria di anni di tragedia, di storia e di riflessioni sul presente. E deve essere una festa, come si fece nel ’45. Certo i moniti non devono mancare. Perché nei settanta anni del nostro cammino, il progetto di democrazia e società della Costituzione, ha incontrato ed ancor oggi incontra i triboli propri dell’inadempienza, dell’elusione quando non del suo stravolgimento. Ma soprattutto perché è urgente oggi riprendere, con determinazione, quel cammino per una Liberazione: dalla crisi economica sociale
che ci attanaglia, dalle disuguaglianze insopportabili, dalle guerre con le miserie disumane che innescano oltre che dalla pressante necessità di pulizia etica e morale che viviamo quotidianamente con sofferenza, sdegno e protesta. È solo nell’alveo della Costituzione, dei suoi principi e dei suoi valori, dell’antifascismo e nella memoria dei partigiani e della Resistenza che la politica, le istituzioni e la società possono rigenerarsi e rinnovarsi e scrollarsi di dosso il passato. Quei valori, quei principi non vanno ‘rottamati’. Sono l’anima delle riforme e della modernità di cui abbiamo bisogno. Il 25 aprile del Settantesimo deve essere occasione per rinnovare l’alleanza delle nuove generazioni con l’antifascismo. È sempre avvenuto in questi settanta anni in occasione delle gravi, alle volte drammatiche, crisi vissute dalla democrazia. Sempre sono state vinte con salti in avanti della democrazia e della società. Studio, lavoro come diritti e fonti dei diritti necessari per la realizzazione di sé e per il progetto di vita di ciascuno e la democrazia come partecipazione, possono incontrarsi con il bisogno delle nuove generazioni di essere protagoniste ed artefici della
loro esistenza. Per rinnovare l’alleanza con le nuove generazioni, l’antifascismo storico deve fare la sua parte, non solo come testimone di storia e memoria ma innanzitutto liberandosi da paternalismi, piaggerie e rinnovarsi nella sua cultura affinché il ‘diritto alla felicità’ che le nuove generazioni rivendicano con prepotenza, alle volte con arroganza, sia percepito, non con l’ostilità o la diffidenza con le quali si giudicano egoismo e individualismo. Né con il fastidio che provoca l’utopia. Bensì come una necessità storica. Una necessità dell’umanità. A guardar bene si tratta di un bisogno maturato lungo un percorso di lotte sociali, politiche, di battaglie culturali e ideali e di profonde trasformazioni. L’antifascismo di tutto ciò è stato artefice fondamentale. È dunque un bisogno di futuro prorompente. Una necessità di realizzare se stessi e di percorsi di vita nei quali studio, lavoro, partecipazione civile, arte e cultura, non più separati, si compenetrino, dando luogo ad una esistenza degna di essere vissuta. È il partigiano Giuseppe Dossetti che definì l’antifascismo come nuovo orizzonte dell’umanità.
A 70 anni dalla Liberazione Il ricordo e l’impegno Sono passati settanta anni dal quel 25 aprile del 1945 in cui il nostro paese, grazie alla lotta partigiana, si liberò dal nazifascismo. Da allora l’Italia ha conosciuto un grande sviluppo civile, democratico ed economico, grazie al contributo e alle lotte del movimento operaio, dei movimenti sociali e delle formazioni politiche democratiche. Il settantesimo della Liberazione non è quindi solo il momento del ricordo, ma dell’impegno, in altri modi e condizioni, per gli stessi ideali di democrazia e di giustizia sociale che animarono coloro che combatterono con il sacrificio della loro vita il nazifascismo. Sarà un anniversario particolarmente ricco di iniziative, moltissime quelle organizzate da circoli e comitati Arci. Il Cinema Vekkio di Corneliano d’Alba (CN), in collaborazione con Officine di Resistenza, organizza presso i locali del circolo la Festa della Liberazione con concerti, djset, cibo e, l’incontro con Elia Somenzi, partigiano della Resistenza
milanese. A Lecco alle 10 si muoverà il corteo con partenza da piazza Manzoni, che raggiungerà il monumento di Largo Montenero per la commemorazione dei Caduti della Lotta di Liberazione. In serata, Concerto Resistente con Arci Lecco, Associazione Risuono, circolo Libero Pensiero e Anpi Lecco. Arci Mantova e tanti circoli provinciali propongono un ricco calendario di iniziative, fino al 30 maggio, con incontri pubblici, letture partigiane, concerti, pranzi e cene sociali, djset e molto altro ancora. A Padova, a partire dal pomeriggio del
26 aprile, Appunti resistenti. Percorso teatrale su memoria e libertà. Al termine della giornata verrà messa in scena pubblicamente un’azione, ispirata ad avvenimenti accaduti nel periodo della Resistenza. Il circolo Arci Accatà di San Giovanni in Persiceto (Bologna) promuove dal 26 marzo al 25 aprile l’iniziativa Settant’anni. Settanta libri. Settanta luoghi, un calendario di 70 letture pubbliche in 70 luoghi diversi per celebrare la Resistenza in occasione del 70° anniversario della Liberazione. E ancora, a Viterbo e a Rieti vari appuntamenti con il Festival Resist; a Ferrandina (MT) al Linea Gotica il laboratorio creativo sulla diversità Tutti diversi, tutti uguali. Dalla Resistenza all’art.3 della Costituzione; a Bari incontro istituzionale al Palazzo della Provincia e a seguire performance di musica e danza dal titolo Corpi liberi in tempi nuovi diretta da Claudia Drago e Giuseppe Berlen. Elenco completo su www.arci.it
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Settant’anni di Libertà di Andrea La Malfa referente Arci su Memoria e Antifascismo
I valori di libertà e democrazia vengono ricordati ogni anno a noi tutti grazie alle diverse iniziative che cadono il 25 aprile. Questi sono momenti di impegno e di assunzione di responsabilità, perché la Libertà è un valore che va preservato. Quest’anno la Resistenza e la Liberazione compiono settant’anni: una data che la nostra associazione è impegnata a festeggiare. Le tantissime iniziative sul territorio ci ricordano come l’Arci sia in prima linea nel promuovere la Memoria e la Storia del nostro Paese. Il settantesimo è un anniversario importante anche perché ci interroga sul nostro modo di raccontare la Liberazione. La generazione che ha
vissuto da protagonista quegli anni volge alla sua conclusione, portandosi con sé i propri ricordi e le proprie esperienze. In questi anni gli storici hanno svolto un impegnativo lavoro di raccolta audio-video delle testimonianze, anche se certamente non esaustivo. Risulta sempre più difficile raccontare ai giovani la Storia con le testimonianze dirette. E ammettiamo a noi stessi che un pezzo di quella Storia sembra alle giovani generazioni incredibile: incredibile pensare che in Italia ci siano stati i campi di concentramento, le leggi razziali, le fucilazioni sommarie di partigiani e civili. Eppure questo è accaduto, questo abbiamo il dovere di ricordare.
Non dobbiamo vivere la ricerca di nuovi linguaggi e nuovi modi come una concessione che faremo allo spirito del tempo o uno snaturamento. La cultura di sinistra in Italia ebbe ad esempio un forte slancio quando, con l’arrivo delle prime radio locali, capimmo subito la forza di questo nuovo strumento. Permettetemi di ringraziare le volontarie e i volontari che in questo 25 aprile lavoreranno alla buona riuscita delle iniziative culturali e politiche che mettiamo in campo. Grazie perché è questa la forza della nostra associazione, il suo forte radicamento e la generosità che ci fa essere un punto di riferimento per tutta la cittadinanza.
Liberi anche di cantare e di ballare L’Arci è tra i promotori, il 24 aprile, di Liberi anche di cantare e ballare, insieme ad Anpi, Insmli e Radio Popolare, un modo gioioso di ricordare la Liberazione anche sulle note di Bella Ciao, nell’arrangiamento di Paolo Fresu. Di seguito un primo elenco. Su www.arci.it tutte le iniziative realizzate per festeggiare il 25 aprile e per Liberi anche di cantare e di ballare e i materiali grafici. ★ CROTONE Dalle 21.30 al circolo Arci LeCentoCittà, ci sarà Memorie libertarie. Letture e canzoni sul concetto di libertà, un recital di e con Michele Scerra e Andrea Giuda. Da Fausto Amodei a Franco Antonicelli, passando dai classici libertari a letture che raccontano i giorni della resistenza antifascista. A seguire, aspettando la mezzanotte di Liberazione, djSet ed animazione a cura di Radio Barrio. ★ BARI Alle 17.30, presso l’Aula consiliare della Città metropolitana in via Spalato 19, dibattito dal titolo Resistenza è sempre. 25 aprile è domani. A seguire, nella stessa location, la performance di danza e musica Corpi liberi, tempi nuovi, a cura di Arci Studiodanza con la direzione di Claudia Drago. Infine appuntamento fino a mezzanotte per il canto resistente, con la Classe di Batteria jazz del Conservatorio di Bari diretta dal Maestro Giuseppe Berlen. ★ AGGARBATO (TA) Il 24 aprile del circolo Arci Aggarbato comincia alle ore 18 con la proiezione del film documentario di Eric Esser sulle donne nella Resistenza Non ci è
stato regalato niente. A seguire serata di canti e balli fino a mezzanotte. ★ ROMA Serate di canto e ballo presso i circoli Arci 30 formiche, in via del Mandrione 3, e Klamm, via Antonio Raimondi 59/61. ★ CALCATA (VT) In Piazza Vittorio Emanuele II a partire dalle ore 18.30 Liberi di ballare, con musiche e danze popolari a cura di Pizzicanto e Jesce Sole. ★ PISA Al circolo E.Curiel La Vettola alle 18, apposizione di una targa in ricordo di Eugenio Curiel a 70 anni dalla morte del partigiano e fisico italiano; saranno presenti il Sindaco di Pisa e rappresentanti dell’Anpi e Arci. In collaborazione con Anpi Pisa e con il patrocinio del Comune di Pisa. A seguire, cena di solidarietà e Liberi anche di ballare e cantare. Dalle 21.30 alle 24 in piazza XX settembre Musica dalla radio, aspettando insieme il 25 aprile. ★ SINALUNGA (SI) Il programma inizia alle 21 con lo spettacolo 1914 - 1918, la guerra degli ultimi, interpretato da Daniele Biacchessi (voce narrante, regia, adattamento testo) e Massimo Priviero (voce, chitarra), tratto dal testo di Fulvio Bella, nel centenario della prima guerra mondiale. Dalle 22,30, si prosegue con lo spettacolo dei Whisky Trail, nel grande ballo irlandese della Liberazione. ★ RAVENNA Presso il Teatro Alighieri, il circolo Arci Mama’s organizza alle ore 21 L’amore sacro e l’amor profano, dalla Buona
Novella a Bocca di rosa, uno spettacolo di musica e parole con Bandeandrè, Quartetto Vocale Myricae; Roberto Mercadini. Alle ore 24 si canta tutti assieme canzoni di Resistenza. ★ POGGIO BERNI (RN) Alle 20.30, al Teatro Il Lavatoio, proiezione del filmato prodotto dalla classe terza della scuola media Franchini inerente al progetto Memoria dei luoghi, memoria delle voci; a seguire rappresentazione dell’Antoine mi ha venduto il suo destino tratto dal libro di Sony Labau Tansi. Dalle 22.30 e fino a dopo mezzanotte, sotto il Loggiato del Municipio (c/o sede Anpi) Liberi anche di cantare e di ballare. ★ SOLIERA (MO) Presso il circolo Arci Soliera, alle ore 21.30, Reading Resistente (letture musicate sulla liberazione), a cura di Banda Popolare dell’Emilia Rossa. A seguire, presso il circolo Arci Dude, in via Grandi, DJSET by Isla Bonita. ★ TRIESTE Arci Trieste e il circolo L’Officina promuovono, dalle 22, Voci arcutinate. Coro sociale, con canti partigiani e a seguire una prova aperta per chi ha voglia di unirsi al coro. L’iniziativa si svolge presso il circolo Officina, via Manzoni 9-11. ★ VERBANIA Alle 21 fiaccolata con partenza da Piazza Cavour. A conclusione presso la tettoia del vecchio imbarcadero cori e canti partigiani con il coro Volante Cucciolo. Promuovono Arci Verbania, Associazione Casa della Resistenza, Anpi provinciale, Libera, Ass. A Distinguere, Città di Verbania.
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scuola
arcireport n. 15 | 23 aprile 2015
Il 5 maggio difendiamo la scuola per difendere la democrazia di Massimo Cortesi coordinatore Sistema educativo, infanzia e adolescenza
Da mesi si sta cercando un’interlocuzione con il Governo per cercare tutti assieme (docenti, studenti, personale Ata, genitori, cittadini) di rendere più forte, più accogliente, più condivisa e più attuale la nostra scuola. Un’interlocuzione per migliorare un Disegno di Legge che non piace a tanti. Ma il Governo non dà segnali di attenzione e continua la sua sorda marcia. E allora non vi era altra scelta che quella di uno sciopero generale della scuola, uno sciopero di tutti per provare a fermare questa assurda corsa. Una corsa che vuole costruire una scuola che amplia le diseguaglianze superando il pensiero universale della costruzione del cittadino consapevole e partecipe; una scuola che si vuol sottomettere al privato. Un Disegno di Legge che purtroppo non intende parlare di democrazia, società, beni comuni, futuro, perché non entra a fondo nelle problematiche che minano da anni la regolarità della didattica. Perché non lavorare sulla qualificazione e motivazione dei docenti e del perso-
nale Ata? Perché non rivedere l’attuale modello di diritto allo studio che non sta riducendo l’abbandono scolastico? Perchè non riformare i cicli scolastici? Sono tanti i perché senza una risposta. O meglio la risposta c’è: questo Governo non ha intenzione di operare una riforma scolastica che sia nel contempo una delle leve nella costruzione dello stato sociale e del cittadino, bensì vuole spostare l’asse della scuola, il suo cuore pulsante, verso il ‘mercato’ (da qui anche l’apertura sul privato). Lo sciopero del 5 maggio è anche il momento che vuol dimostrare al Presidente del Consiglio che su una cosa ha ragione: «..noi non lasceremo la scuola ai sindacati, la scuola è delle famiglie e degli studenti». E per questo motivo studenti e famiglie saranno assieme ai sindacati il 5 maggio, anzi per far presente con forza che la scuola è un’istituzione dello Stato che ha come fine l’interesse generale dei cittadini, di tutti i cittadini e non solo di una parte di essi. Dobbiamo tutti fare la nostra parte e
riportare al centro dell’attenzione la legge d’iniziativa popolare scritta e sostenuta realmente da tutta la scuola dopo un vero confronto, e non solo tramite una campagna unidirezionale come accaduto per il progetto renziano, scritto da pochi, della Buona Scuola. In questa Lip ci sono tutti gli elementi che difendono e rafforzano la scuola della Costituzione, i diritti di studenti, docenti, personale Ata, famiglie. Il tutto realizzando condizioni di uguaglianza per tutti. Dobbiamo chiedere al governo che ci sia un investimento costante del PIL come da media Ocse degli altri paesi; che ci sia l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 18 anni; che ci sia l’integrazione degli alunni con disabilità e non solo il sostegno; che si aboliscano le classi pollaio e si investa sull’edilizia scolastica in modo efficace e tanto altro ancora, dal tema della formazione a quello della partecipazione; dai programmi alla trasparenza. Il 5 maggio tutti in piazza dunque, perché assieme alla scuola difendiamo la democrazia!
Il rapporto annuale di Almalaurea
31esimi nell’indice di progresso sociale
Forse solo quelli che si laureano oggi vedranno la luce in fondo al tunnel. Chi invece la tesi l’ha discussa nei peggiori anni dell’economia italiana, è rimasto nel pantano. È la prima evidenza che emerge dal Rapporto annuale di Almalaurea, il consorzio interuniversitario cui aderiscono 72 università. Dopo aver intervistato 490mila ragazzi a uno, a tre e a cinque anni dalla fine degli studi, questi i risultati: un anno dopo aver chiuso i libri, lavorano 66 laureati triennali e 70 magistrali su cento, e il 49% di magistrali a ciclo unico. Cinque anni dopo l’occupazione, indipendentemente dal tipo di laurea, è prossima al 90%, anche se risulta in calo rispetto al passato. Per chi si è laureato tra il 2007 e il 2013, però, l’impatto della crisi è irreversibile: chi è uscito dall’università ‘nel momento sbagliato’, ha cercato un impiego per più tempo, si è dovuto accontentare, ha avuto un avvio di carriera più accidentato e meno opportunità. Certo, con la laurea si minimizzano i danni e il differenziale tra il tasso di disoccupazione di neolaureati e neodiplomati è passato da 3,6 a 12,3 punti percentuali, a conferma delle migliori opportunità lavorative dei primi rispetto ai secondi. Ma i nostri laureati sono ancora troppo pochi: tra i 55/64enni il 66% ha al massimo la scuola dell’obbligo: tra i 25/34enni i dottori sono 22 su cento, contro il 37% degli europei e il 39% della media Ocse. C’è poi quell’8% di giovani che scelgono altri Paesi perché altrove si lavora e si guadagna di più, mentre siamo totalmente in-attrattivi verso chi si laurea fuori dai nostri confini.
Non è solo questione di Pil. Il progresso che manca in Italia è prima di tutto sociale. Tant’è che il Social Progress Index - la pagella messa a punto da Michael Porter dell’Università di Harvard per misurare la qualità della vita in 133 Paesi - mostra che l’Italia è scesa dal 29° al 31° posto. In tutto sono stati monitorati 58 parametri tra cui tutela dell’ecosistema, sicurezza, sanità, libertà politica e d’espressione e accesso a educazione e risorse. Davanti a noi ci sono Paesi come Slovenia, Estonia, Cile e Costarica. Perché non sempre a una buona posizione in materia di ricchezza complessiva del Paese corrisponde anche un buon livello di progresso sociale. L’Italia, per esempio, è 20ª su 133 Paesi quando si considera il Pil. Ma scende al 31° posto, appunto, quando si parla di progresso sociale. Tra i punti deboli del nostro Paese c’è l’accesso alla casa a prezzi abbordabili. Su questo fronte ci piazziamo al 64° posto. La sicurezza, intesa come aspettative positive sul proprio futuro, ci pone al 44° posto. In materia di tolleranza religiosa siamo scivolati addirittura all’ottantesimo posto, mentre siamo al 52° posto in materia di corruzione. Stesso posto in classifica, tra l’altro, anche per la disuguaglianza sociale nell’accesso all’educazione. Un punto critico su cui lavorare è la diffusione di Internet. Il 46° posto registrato quest’anno è un limite per l’Italia. Per quanto riguarda il capitolo ‘Salute e benessere’ preoccupa il fatto che su 133 Paesi siamo in fondo alla classifica, al centodecimo posto, per alto livello di mortalità legata alla qualità dell’aria.
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carovanaantimafie
arcireport n. 15 | 23 aprile 2015
La Carovana internazionale antimafie fa tappa a Malta di Alessandro Cobianchi coordinatore Carovana internazionale antimafie e progetto CARTT
Il lungo viaggio di CARTT, il progetto europeo contro le nuove schiavitù, intrecciatosi con la Carovana internazionale antimafie, ci riporta a Malta. La Carovana era già stata a Valletta nel 2011 ma, da allora, molte cose sono cambiate. La stessa società civile organizzata sembra più matura e le iniziative che impegneranno le nostre giornate ne sono la dimostrazione più evidente. Malta è davvero sospesa nel Mediterraneo, la sensazione del transito ti cattura immediatamente, in contrasto con i nostri discorsi serali, tutti auspicanti a svernare un’aleatoria pensione nell’isola. Che le cose siano cambiate lo comprendiamo dall’approccio ‘istituzionale’ delle giornate, ma la cosa non ci dispiace affatto. In fondo è inconsueto per la Carovana Antimafie incontrare un ambasciatore e un Presidente della Repubblica. Non per vanità, ma i simboli, si sa, sono importanti e questa accoglienza ci dimostra un cambio di mentalità in tema di politiche migranti. Le parole del Presidente della Repubblica Coleiro Preca, una donna della working class, la cui provenienza si esplicita in una buona dose di concretezza e semplicità, sono molto dure rispetto a
ciò che si deve fare. Come a Lampedusa, i governanti non hanno parole che evocano flotte e fortezze, chiusure agli approdi, chiedono di non essere lasciati soli dall’Europa. I collegamenti con il business delle organizzazioni criminali sono evocati dagli interventi delle associazioni convocate al palazzo presidenziale per incontrare carovana. C’è molta preparazione e una rete solida, abbastanza coesa, cosa quest’ultima che suscita un po’ di invidia. Mentre discutiamo il palazzo, le sue stanze, i giardini, sono aperti a centinaia di bambini; le stanze austere che ospitano le armature degli
cio ricreativo culturale che non fa sconti all’impegno: in una struttura che sembra proprio un circolo Arci, assistiamo alla proiezione de La sconosciuta, un film di Tornatore, crudo e realista, che ci racconta lo sfruttamento delle donne migranti nelle campagne meridionali, pur essendo quasi interamente ambientato in Veneto. Di ricreativo, in fondo, rimane ben poco tanto veniamo schiacciati dalla storia. Per fortuna, il giorno dopo, siamo ad un concerto fuori dalle mura di Valletta. Un vero ristoro, incontriamo centinaia di persone e possiamo approfondire le nostre conoscenze dell’isola. L’ultima tappa porta furgoni e carovanieri in un paradiso sospeso fra mare e monti, una antichi cavalieri sono vicine ad ambienti coloratissimi che inneggiano - persino nelle scritte - alla fantasia. I palazzi del potere che vorremmo. Il giorno prima la stessa Università che ci ospita è un’esposizione d’opere d’arte. Il primo intervento è quello dell’ambasciatrice degli Stati Uniti: ci aspettavamo formali saluti e troviamo una giovane e affascinante signora che fa una relazione curata e approfondita sulle azioni di contrasto alla tratta. I nostri partner maltesi hanno lavorato bene ma sono instancabili (loro): visitiamo una fabbrica dove lavorano centinaia di migranti cinesi. L’atmosfera è un po’ tesa e siamo ben presto circondati da decine di persone che si sentono minacciate dal nostro furgone e dalla scritta ‘Against trafficking’. Dopo una lunga trattativa ci fanno addirittura entrare nella fabbrica, c’è un processo penale in corso e forse anche per questo sono smaniosi di riempirci di informazioni e delle loro verità. Le serate rinvigoriscono il nostro approc-
striscia di sabbia, incantevole dove, in una notte di luna piena del 2012, son arrivati i barconi di migranti. Ascoltiamo i racconti e l’imbarazzo di chi si è trovato in pochi istanti dalla festa in spiaggia ad accogliere centinaia di persone infreddolite e disperate. Una metafora dell’occidente, quella dei tanti che ci dicono che avevano ancora fra le dita i bicchieri di mojito quando, sorpresi, si son ritrovati con i piedi nell’acqua a tendere mani verso altre mani. Arriva, a malincuore, la partenza. Alcuni di noi sono ancora all’aeroporto quando arriva la notizia della strage in mare di centinaia di migranti, la più devastante nel Mediterraneo attuale. La sensazione amara è che sino a quando l’Europa penserà solo alla sua sete, altre barche affonderanno, qualche mostro brinderà addirittura e noi, se indifferenti, ci ritroveremo di quei fragili bicchieri solo pezzi di vetro a lacerare le mani.
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arcireport n. 15 | 23 aprile 2015
frammaday
A Monterotondo, Caulonia e Milano le iniziative del FrammaDay 2015 dedicate ad Angelo Frammartino di Pasquale Galea presidente della Fondazione Angelo Frammartino Onlus
Nel fluire del tempo tra permanenze e cambiamenti, il FrammaDay continua a rappresentare un importante momento di incontro e di riflessione per tutti coloro che sono impegnati all’interno della Fondazione Angelo Frammartino e per le persone vicine che ne condividono i principi e gli scopi fondativi. Sulla scia dell’esempio di Angelo, e per assicurare continuità al suo impegno sociale, si è dato vita in questi anni ad una serie di attività riconducibili ai principi della solidarietà e della pace che avevano costantemente ispirato la sua breve, ma intensa, esperienza terrena. Attraverso le parole di coloro che lo hanno conosciuto - familiari, amici, insegnanti, compagni di partito – e gli scritti prodotti negli ultimi anni, Angelo Frammartino ha lasciato dietro di sé il ricordo di un giovane particolarmente sensibile e attento verso gli altri, ispirato nella propria azione quotidiana dalla
repubblicana quali enzimi di libertà e di giustizia, la dimensione europea delle problematiche economiche e sociopolitiche, il futuro del pianeta in un’ottica non solo ambientale ma anche sociale, la condizione dei giovani nella società attuale nella logica di guardare lontano senza distogliere gli occhi dalla realtà del
volontà di offrire un contributo per la soluzione dei problemi sociali. Il ripudio della guerra, la consapevolezza dell’importanza di conservare nel tessuto della storia l’integrità del filo della memoria e, in tale prospettiva, il significato della Resistenza e della Costituzione
proprio quartiere: questi sono stati gli orizzonti della riflessione di Angelo, di fronte alla quale la Fondazione si pone con la stessa attenzione che si rivolge a un germoglio cercando di comprenderne le radici e di immaginarne lo sviluppo nel tempo.
Questo è il fil rouge che sottende le iniziative promosse a Monterotondo, a Caulonia e a Milano, molte delle quali sono dedicate ai giovani, sull’esempio della grande attenzione che Angelo rivolgeva costantemente ai propri coetanei, consapevole delle difficoltà che pesavano su di loro, diffusamente ‘soli e inquieti’, ma fiducioso anche dell’esistenza di una possibile via d’uscita attraverso l’impegno politico e sociale volto a coinvolgerli e a motivarli «strappandoli dai vuoti modelli» imposti dal consumismo. Proprio nell’ottica di un crescente coinvolgimento dei giovani, la Fondazione Frammartino ha già attuato quest’anno due importanti iniziative in sinergia con le scuole di Monterotondo: il FrammaOrienta, la giornata dedicata all’orientamento postdiploma che lo scorso 20 febbraio ha coinvolto oltre 600 diplomandi eretini, e il convegno Semi di Pace nella prima guerra mondiale che il 21 marzo ha offerto agli studenti di Monterotondo l’opportunità di partecipare da protagonisti, insieme ad alcuni storici ‘di mestiere’, a un’ampia riflessione sulla genesi dei movimenti pacifisti tra Otto e Novecento. Significative tappe di un articolato percorso che il prossimo 28 aprile, anniversario della nascita di Angelo, avrà nel FrammaDay un altro momento pregnante. In tale occasione, infatti, saranno presentati i lavori sviluppati dagli allievi degli Istituti Superiori di Monterotondo che hanno partecipato al Progetto Quadrifoglio e le ricerche dei vincitori delle quattro Borse di Studio ‘Angelo Frammartino’ nell’ambito della settima edizione (2014-2015) del bando Giovani pensieri per una cultura di pace, diritti, legalità, difesa dell’ambiente e convivenza tra i popoli. Una iniziativa resa possibile grazie al sostegno di Enti e di Istituzioni che condividono con la Fondazione i valori della Pace e della giustizia sociale, contribuendo a conferire agli ideali di Angelo la dimensione della continuità. www.angeloframmartino.org
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arcireport n. 15 | 23 aprile 2015
daiterritori
A Longobardi nasce il circolo LongoTherapy A gestirlo giovani appassionati della loro terra, che vogliono far rivivere il centro storico attraverso l’arte a cura dei soci del circolo LongoTherapy
Nasce a Longobardi, in provincia di Cosenza, LongoTherapy, nuovo circolo Arci. Ci presentiamo: siamo un gruppo di ragazzi e ragazze calabresi, precisamente di Longobardi, piccolo borgo pittoresco situato tra mare e collina sulla costa tirrenica della Calabria. Chi ci abita tutto l’anno, chi studia o vive fuori e ci viene solo ogni tanto, chi ci viene a villeggiare d’estate. Siamo tutti molto legati a questo luogo e ai bei momenti che ci regala da quando eravamo piccoli. Ed è per dare voce e spazio a idee che possano migliorare e portare novità, cultura, arte e attrattiva in questo paese che abbiamo deciso di unirci. Ma facciamo un passo indietro: siamo nati come ‘gruppo operativo’ l’estate scorsa quando, il 19 agosto, abbiamo organizzato un evento artistico/culturale con artisti di ogni genere (musicisti, scrittori, scultori, pittori, attori), in appena due mesi e con pochissimi fondi. Il progetto ha richiesto molto impegno e non poche difficoltà ma
alla fine abbiamo raggiunto il nostro obbiettivo: far rivivere il centro storico attraverso l’arte. Dopo quest’esperienza, da cui siamo usciti ancora più temprati e motivati, abbiamo deciso di fondare un’associazione. Sia per riproporre in modo più consapevole e forte l’evento dell’estate, sia per radicarci più profondamente nel territorio e capire di cosa ha bisogno e cosa possiamo fare noi come giovani per creare valore con le persone che ci vivono. Sempre seguendo la strategia del «Think global, act local»: pensa globalmente, agisci localmente. Facendo poi qualche ricerca in internet abbiamo capito che il mondo Arci rispecchiava totalmente i nostri pensieri e desideri. E quindi eccoci qui. Potete dare il benvenuto al circolo Arci Longotherapy! Le prime attività che abbiamo svolto sono: ripristino della Casa delle Culture di Longobardi, ordinamento e attivazione della biblioteca al suo interno, accoglienza dei giocatori del ‘lancio del formaggio’, giunti per il campionato nazionale, e organizzazione per il giro turistico del paese. Le attività che vogliamo svolgere sono, sicuramente e in modo sistematico, la LongoTherapy Art Fest estiva e varie attività che creino rete con gli altri circoli e associazioni del territorio tentando di federarci e incidere attraverso l’unione delle forze dell’associazionismo locale. fb LongoTherapy
in più monika IMPERIA Al circolo Arci Guernica
di via Mazzini 15 a Porto Maurizio alle 21, dopo la cena sociale ci sarà il teatro con Monika. L’attrice genovese Irene Lamponi presenta il monologo liberamente ispirato al libro La ragazza che vendicò Che Guevara – Storia di Monika Ertl. Monika è uno spettacolo che mette in luce la necessità e la volontà di un cambiamento: cosa spinge una persona a rischiare la vita per cambiare le cose. fb Circolo Arci Guernica
la strada per yarmouk PALERMO Il 24 aprile alle 17.30
presso lo spazio Tre navate ci sarà l’iniziativa La strada per Yarmouk. Voci e storie di resistenza e di popoli che resistono, promossa tra gli altri da Arci Palermo. Intervengono, tra gli altri, la giornalista e scrittrice Paola Caridi; ci saranno testimonianze di operatori Ciss e di volontari dell’Arci che racconteranno la loro esperienza al Forum sociale tunisino. fb Arci Palermo
MUTTURA TRICASE (LE) Dopo il 17 aprile a Salve, torna in scena Muttura, lo spet-
tacolo promosso da Arci Cassandra e A.Lib.I - Artisti Liberi Indipendenti. Appuntamento il 24 aprile, nell’ambito della rassegna teatrale Punto al capo, con la produzione teatrale inedita di Walter Prete, regia di Gustavo d’Aversa. Muttura nasce dalla volontà di intercettare un teatro fatto di storie che nel tratteggiare la parabola dei sette personaggi coinvolti, conservano una loro fortissima valenza reale. fb Arci Cassandra
sportello per donne
Lo spettacolo ‘Slurp’ a Pescara L’8 maggio alle 21.30 a Pescara, presso il Cinema Teatro Massimo, andrà in scena lo spettacolo Slurp di Marco Travaglio. Nel suo nuovo recital teatrale, Marco Travaglio - con l’aiuto dell’attrice Giorgia Salari, per la regia di Valerio Binasco racconta come i giornalisti, gli intellettuali e gli opinionisti più servili del mondo hanno beatificato, osannato, magnificato, propagandato e smarchettato la peggior classe dirigente del mondo, issando sul piedistallo politici incapaci di ogni colore, ma(g)nager voraci, (im)prenditori falliti
che hanno quasi distrutto l’Italia e stanno completando l’opera. Un recital terapeutico, un’arma di autodifesa, un antidoto satirico che ci aiuta a guarire - ridendo - dai virus del conformismo, della piaggeria, della creduloneria, dell’autolesionismo e della sindrome di Stoccolma che porta noi italiani a innamorarci immancabilmente del nemico. Lo sconto riservato ai soci Arci è del 30% ed è valido esclusivamente in prevendita. fb Arci Pescara
GRUGLIASCO (TO) Dal 15 aprile tutti i mercoledì dalle 16.30 alle 18.30 presso la Città universitaria della Conciliazione sarà attivo lo sportello di ascolto e orientamento rivolto alle donne. È uno spazio nato per offrire sostegno, diffondere informazioni e orientare le opportunità di scelta delle donne che stanno affrontando una fase delicata della loro vita. Il progetto è promosso da Arci Valle Susa- Centro Donna e dalla città di Grugliasco, con il sostegno della Regione Piemonte e del Dipartimento delle Pari Opportunità. centrodonna@arci.it
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arcireport n. 15 | 23 aprile 2015
Arci Movie premia gli studenti vincitori del concorso ‘Lo schermo e le emozioni’ Il 16 aprile, nella Basilica di San Giovanni Maggiore a Napoli, si è svolta la premiazione della seconda edizione del concorso Lo schermo e le emozioni – scrivi una storia per il cinema o per la tv, concorso riservato agli studenti delle scuole superiori di tutta Italia, promosso da Arci Movie, Cinemotiror. it e Fondazione Premio Napoli. All’evento hanno partecipato il regista Roberto Faenza, il presidente del Premio Napoli Gabriele Frasca, l’attore Patrizio Rispo, l’Assessore all’istruzione del Comune di Napoli Annamaria Palmieri, il dirigente scolastico del liceo Genovesi di Napoli Maria Filippone, la sceneggiatrice Iole Masucci, il presidente Arci Movie Roberto D’Avascio. Gli ospiti, in rappresentanza della giuria, alla presenza di 400 studenti provenienti da tutta Italia, hanno consegnato un libro e un attestato di partecipazione agli autori delle 40 opere selezionate e hanno premiato i sei migliori lavori, consegnando ai vincitori libri offerti dalla Fondazione Premio Napoli, attrezzature tecnologiche per il cinema offerte da Arci Movie, una medaglia del comune di Napoli e diplomi di merito; inoltre alle scuole di appartenenza dei ragazzi vincitori è stata consegnata una targa. I primi sei premi sono stati assegnati a: Un imperatore di troppo, uno stoico di meno. Vicissitudini del duo più discusso dell’antichità di Elena Palazzi dell’Istituto Armando Diaz di Ottaviano (NA); Scheggia di Giuseppina Nappo dell’Istituto Armando Diaz di Terzigno (NA); L’antinemesi di Preziosa Ventriglia, Alessandro Verdolotti, Federica Mantini dell’Istituto Ugo Foscolo di Teano (CE); Gang del passato di Giovanni Scognamiglio dell’Istituto Salvatore Cantone di Pomigliano D’Arco (NA); Un sogno chiarificatore di Vincenzo Basile dell’Istituto Carlo Urbani di San Giorgio a Cremano (NA); I sogni non crollano mai di Roberta Basile dell’Istituto Enrico Medi di San Giorgio a Cremano (NA). www.arcimovie.it
In bicicletta sulla Linea Gotica L’Arci Marche e i comitati territoriali di Jesi-Fabriano di Pesaro aderiscono anche quest’anno alla manifestazione In bicicletta sulla Linea Gotica – La staffetta delle memoria, che a partire dal 2011 si svolge dal 25 aprile al 1° maggio: un percorso in bicicletta arricchito da escursioni a piedi e da numerosi incontri con scuole, associazioni, musei ed enti locali, immersi nelle memorie della guerra di liberazione e nei paesaggi dell’Appennino del centro Italia, ripercorrendo il tracciato storico della Linea Gotica, a cavallo delle province di Massa, Lucca, Pistoia, Firenze, Bologna, Ravenna, Forlì, Arezzo, Rimini, Pesaro. La prima pedalata è prevista la mattina del 25 aprile dal monte Folgorito, dopo un incontro con l’Anpi di Montignoso (Massa), mentre l’ultima si concluderà, dopo circa 400 km sui pedali, il 1° maggio al parco Miralfiore di Pesaro. Dai valori della Resistenza a quelli del lavoro, unendo in un unico itinerario i principi ispiratori della Costituzione della Repubblica Italiana. La manifestazione è promossa dalla cooperativa sociale Costess di Jesi ed è sostenuta dal patrocinio di numerose associazioni, tra cui Libera, diverse sezioni dell’Anpi, pro loco ed enti locali delle zone attraversate, e si articola anche nel corso dell’anno con diverse altre attività che coinvolgono scuole, prevedono eventi e hanno inoltre un punto di riferimento importante nel Parco Storico della Linea Gotica di Badia Tedalda (Arezzo), che ha preso il via proprio grazie alla Staffetta della Memoria, con la collaborazione attiva in primo luogo della proloco della zona. Sulla base del diario di viaggio dell’edizione 2012 è stato realizzato il libro In bicicletta lungo la Linea Gotica di Tullio Bugari. Sul sito ufficiale www.inbiciclettasullalineagotica.it si possono trovare tutte le informazioni, le associazioni e gli enti sostenitori, il percorso, il manifesto della Staffetta, l’inno della Staffetta e le altre canzoni composte e prodotte, i diari, i video e le foto delle edizioni già svolte, a partire dal 2011.
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Corti nell’Aia Arci Miele presenta la rassegna estiva Corti nell’Aia 2015, giunta alla quarta edizione, e invita registi e filmaker, istituti scolastici, associazioni, società e organizzazioni ad inviare le proprie opere, che saranno proiettate a luglio ed agosto durante la rassegna. Le opere vanno consegnate entro il 31 maggio, dettagli su www.naturamediterranea.it
Il corso di formazione Il circolo Arci La Locomotiva di Corato (BA) e l’associazione Smysly organizzano un corso di formazione per accompagnatori di persone disabili in joëlette, una speciale carrozzella concepita per affrontare i percorsi fuoristrada. Per la conduzione in sicurezza dell’originale mezzo - dotato di una sola ruota, munita di sospensione e freno - sono normalmente necessari due accompagnatori con un bagaglio minimo di nozioni ed esperienza. Il corso - destinato agli operatori sociali o a chiunque sia interessato - è in calendario per domenica 26 aprile, previa adesione di almeno dieci partecipanti. L’obiettivo è fornire le informazioni di base per la guida della joëlette. Due i moduli, di tre ore ciascuno: alla formazione teorica, presso la sede dell’Arci, seguirà un’esercitazione sul campo nel territorio del Parco Nazionale dell’Alta Murgia. L’Associazione Smysly nasce dall’incontro di tre ragazze provenienti da esperienze culturali, associative e professionali diverse che hanno scelto di mettersi in gioco partendo da un principio fondamentale: garantire pari dignità culturale, sociale e giuridica a ciascun individuo. Così, Simona, Linda e Cristina hanno scommesso sul desiderio di rendere accessibile il Parco nazionale dell’Alta Murgia a tutti coloro che intendono vivere l’approccio alla natura in maniera differente, attraverso l’utilizzo di tutti e cinque i sensi. L’idea delle fondatrici è avvicinare la natura e le sue bellezze alle persone con disabilità, a cui l’accessibilità di aree naturali prive delle idonee infrastrutture è normalmente preclusa. info@smysly.it
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arcireport n. 15 | 23 aprile 2015
azionisolidali le notizie di arcs
a cura di Francesco Verdolino
Cerchi una vacanza solidale? #passadalVIA Torna il programma dei campi di lavoro e conoscenza all’Estero per il 2015, un’esperienza di Volontariato internazionale Arci nata nel 2005, che ha visto in questi anni la mobilitazione di oltre 700 volontarie e volontari, con più di 15 Paesi interessati dai programmi. La novità di quest’anno è che all’esperienza di scambio di conoscenze con i partner locali, verrà affiancato per ogni campo un’attività di workshop fotografico o video con tutor professionisti del settore. Le destinazioni prescelte sono diverse e le partenze distribuite in tutto l’anno. Si comincia dal workshop fotografico in Brasile a fine luglio in collaborazione con il Movimento Sem Terra. Vi aggiorneremo costantemente su mete e date attraverso il sito di ARCS. La scadenza delle iscrizioni per il campo in Brasile è il 29 maggio. La quota di partecipazione è di 2.600 euro e comprende viaggio, vitto e alloggio, assicurazione e spostamenti interni e ogni altro costo relativo alla realizzazione del corso in loco. Inoltre, la quota comprende un contributo al nostro partner locale, il Movimento Sem Terra, e una copia del libro fotografico Sem Terra: 30 anni di storia, 30 anni di volti. I partecipanti saranno accompagnati dal fotografo professionista Giulio Di Meo. Per partecipare alle attività dei campi di lavoro bisogna essere maggiorenni. È richiesta inoltre la partecipazione obbligatoria alla formazione prima della partenza e capacità di adattamento e di coinvolgimento rispetto alla realtà in cui il campo si svolge. I campi di lavoro e conoscenza internazionali dell’Arci sono un’esperienza di volontariato a breve termine dove si vive e si lavora insieme, ci si impegna direttamente in attività condivise con le comunità locali: l’obiettivo è quello di promuovere, attraverso la conoscenza diretta, la solidarietà e la cooperazione internazionale come valore collettivo, ma anche come stile di vita, per la promozione del dialogo interculturale, la pace, l’affermazione dei diritti globali. L’aggiunta di uno spazio di turismo responsabile arricchirà questa occasione di crescita culturale da non perdere. Per maggiori info consultare il sito di ARCS o la pagina Facebook. Per iscrizioni o domande campidilavoro@arci.it
società
Una settimana tra la gente del deserto di Valentina Roversi Arci
Una delegazione Arci si è recentemente recata nei campi profughi saharawi in Algeria per svolgere un programma denso di appuntamenti e incontri politici; tra i più importanti, quello con il Governatore della Wilaya di Ausserd e il Presidente del Parlamento Saharawi. La delegazione ha visitato scuole, ospedali, centri di formazione per le donne, centri per disabili. Ha inoltre partecipato alla chiusura dei lavori del settimo Congresso dell’Unione nazionale Donne saharawi (U.M.S), che ha visto la presenza di centinaia di donne provenienti dai campi di Ausserd, Dakla, El Ayoun, Smara, 27 Febrero. Al Congresso, particolarmente toccante è stato l’intervento delle donne che vivono nei territori occupati, che hanno raccontato le terribili condizioni di vita che devono sopportare ogni giorno tra violenze, torture, incarcerazioni. Un lungo e approfondito incontro è stato fatto con Omar Abdeslam, presidente dell’Afapredesa, l’associazione dei familiari, dei prigionieri e desaparecidos saharawi, il quale, dopo un aggiornamento sulla situazione dei diritti umani nei territori occupati, ha sottolineato l’importanza della via pacifica dell’azione dei saharawi e l’importanza di svolgere azioni di lobby sulla comunità internazionale. Con il presidente dell’Afapredesa si è ipotizzata anche l’opportunità di fare dei corsi di formazione rivolti ai giovani saharawi che vivono nei campi profughi sul tema della pace e dell’educazione alla non violenza. Altra visita estremamente significativa è stata quella con l’ Asavim, l’associazione che si occupa delle vittime delle mine. Il Sahara Occidentale, diviso da un muro di 2700 km, è una delle zone al mondo con maggiore numero di mine. Si stima che ce ne siano almeno 7 milioni; molte sono di fabbricazione italiana. L’attività dell’Asavim è quella di dare un sostegno alle vittime e fare campagne di sensibilizzazione a livello internazionale. L’associazione toscana Ban Slout Larbi ha proiettato il documentario La Guerra, il mio paese che scompare. Il documentario è una testimonianza della situazione estremamente particolare in cui si trova l’ultimo villaggio a sud del Sahara Occidentale. Questo villaggio, pur essendo nei territori liberati della Repubblica Araba
Saharawi Democratica (R.A.S.D), continua di fatto ad essere sotto il controllo della Mauritania, che lo amministra impedendo al popolo saharawi di tornarci a vivere. L’ultimo giorno la delegazione dell’Arci ha visitato il ‘muro della vergogna’, così come lo chiamano i saharawi: un muro lungo 2.720 chilometri, divide in due il Sahara Occidentale; è protetto da 160mila soldati armati, 240 batterie di artiglieria pesante, più di 20mila km di filo spinato, mille veicoli blindati e milioni di mine anti-persona proibite dalla convenzione internazionale. Secondo alcuni analisti internazionali si tratta della più grande barriera militare nel mondo. Durante la permanenza la delegazione ha condiviso un po’ della vita e della quotidianità delle famiglie saharawi, potendo apprezzare la capacità di questo popolo straordinario di vivere in condizioni di estrema difficoltà per l’essere umano.
arcireport n. 15 | 23 aprile 2015 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 19 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
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