Arcireport n 20 2014

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arcireport

settimanale a cura dell’Arci | anno XII | n. 20 | 5 giugno 2014 | www.arci.it | report @arci.it

Il 21 giugno la musica fa Festa di Carlo Testini responsabile Politiche culturali Arci

È iniziata la bella stagione. Sole, vacanze, musica. Stiamo entrando velocemente nella stagione dei mille concerti di ogni tipo di musica. Cartelloni più o meno interessanti sgomitano per conquistare un posto nell’estate musicale 2014. È probabile che gli eventi musicali dei prossimi mesi saranno meno dello scorso anno e sicuramente vedremo tante vecchie glorie avvicendarsi sui palchi. Costano il giusto e forse richiamano più pop-pubblico. Siamo alle solite. Il sistema della musica reagisce come può alla crisi che svuota le tasche degli italiani e costringe enti locali e regioni a diminuire ancora gli investimenti in cultura. Come ogni anno la scena musicale italiana, soprattutto quella che lavora tutto l’anno nei club e nei circoli Arci, riempirà di buona musica piazze e festival cercando di continuare a far crescere curiosità e gusto del pubblico. Il 21 giugno si celebra la Festa europea della Musica. Nata nel 1982 per iniziativa della città di Parigi si è diffusa in tutta Europa con l’intento di far avvicinare il maggior numero di persone alla musica dal vivo promuovendo la pratica musicale e la passione di migliaia di musicisti.

L’Arci ha aderito alla Festa nel 1997, anno in cui anche l’Italia ha aderito all’iniziativa. Sono quindi 17 anni che l’associazione organizza ogni anno decine di eventi in tutta Italia, coinvolgendo centinaia di musicisti e di lavoratori dello spettacolo. Per noi è anche l’occasione per fare il punto sullo stato della musica nel nostro Paese e fare proposte puntuali per cercare di sostenere, insieme ad altri compagni di strada, tutto il settore della musica. Dopo molti anni di sostanziale immobilismo, già dallo scorso anno si sono presi provvedimenti e si sono messi in cantiere percorsi legislativi interessanti. Citiamo alcuni provvedimenti già presi: la depenalizzazione del reato di disturbo della quiete pubblica, la semplificazione amministrativa per gli eventi live con meno di 200 spettatori, l’introduzione di un primo esperimento di tax-credit per la discografia indipendente che promuove opere di giovani autori (mancano però le norme attuative), la possibilità di mettere a disposizione beni demaniali inutilizzati per trasformarli in centri studio per giovani artisti contemporanei (aspettiamo da mesi un segnale dal Ministero dell’Economia e dal Ministero per i Beni e le Attività

culturali). Ci sono poi percorsi legislativi più complicati come l’aumento dell’ ‘equo compenso’ che potrebbe essere utilizzato per sostenere i giovani autori e festival di musica emergente, la riforma della Siae e l’esenzione dei piccoli eventi di musica dal vivo, la proposta di liberalizzare il mercato delle collecting del diritto d’autore, la riforma del Fondo Unico per lo Spettacolo che potrebbe finalmente riconoscere tra le forme espressive tutte le musiche, la proposta di inserire le ‘quote’ di musica prodotta in Italia nella programmazione radiotelevisiva, una legge che promuova la formazione musicale e la pratica dello strumento durante tutto il ciclo scolastico. Insomma, davvero molte proposte. L’Arci ha intitolato la sua Festa della Musica 2014 Total Tonal per sostenere la pari dignità di tutte le musiche e proporrà ai parlamentari e al Governo si sostenere con determinazione i provvedimenti ricordati. Per questo il 18 giugno organizziamo a Roma, insieme ad Audiocoop e gli Amici della Musica, con il sostegno di numerose associazioni di settore, un incontro con i parlamentari per costituire un intergruppo alle Camere a sostegno della Musica. Vi aspettiamo!


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enricoberlinguer

A trent’anni dalla morte di Enrico Berlinguer, un ricordo di Luciana Castellina Quasi 10 anni fa l’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico produsse un documentario piuttosto scioccante: venivano interrogati, passando il microfono da uno all’altro, gli studenti della facoltà di scienze politiche dell’Università Federico II di Napoli, chiedendo cosa pensavano di Enrico Berlinguer (un pezzo di quel film è stato ripreso dalla recente pellicola di Walter Veltroni). Le risposte furono allarmanti: nessuno sapeva chi fosse, salvo uno che, soddisfatto per la sua superiore cultura, rispose: «ma certo, il ministro dell’Istruzione!» L’aveva scambiato con suo cugino Luigi. Non so cosa accadrebbe ora, a 30 anni dalla sua morte, se la stessa domanda fosse rivolta agli iscritti all’Arci nati dopo quel doloroso giorno, l’11 giugno 1984, quando, durante un comizio a Padova per le imminenti elezioni europee, Enrico Berlinguer si accasciò colpito da un malore da cui non riuscì più a riprendersi. E però sono ottimista: uno non si iscrive ad una associazione come l’Arci senza sapere niente della nostra storia recente, nella quale così forte è stato il segno impresso dai comunisti. Fra le molte cose buone che la nostra associazione ha fatto, assieme alle associazioni sorelle - l’Anpi innanzitutto - c’è l’aver tenuto a salvaguardare la memoria, non per conservatorismo ma, al contrario, perché senza conoscere e riflettere, magari anche criticamente sul passato, non si è in grado di capire il presente e, soprattutto, di immaginare il futuro. E poi Enrico Berlinguer è stato un personaggio consonante con l’Arci, non solo alle sue origini (fu fondata proprio per iniziativa della Fgci che allora lui dirigeva), ma anche – e anzi direi soprattutto – con quella nuova, quella che usiamo chiamare «l’Arci di Tom». Penso ai temi che, anche controcorrente, gli furono cari negli ultimi anni della sua vita, quando cominciarono ad addensarsi sul mondo, e in particolare sull’Italia, i sintomi di una crisi epocale che metteva in discussione il modello di vita - di produzione, di consumo, di democrazia - su cui si era affermato il trionfante capitalismo del secolo trascorso. Fu la sua intuizione della centralità che andava acquistando la critica del movimento ecologico per lo spreco di risorse che alimentava bisogni indotti che privilegiano il superfluo e

sacrificano il necessario (i tanti inutili consumi individuali che si accompagnano alla povertà di quelli collettivi), gli indispensabili servizi di cura, sanitari, culturali, quelli la cui assenza rende le nostre città invivibili e possono rendere infelice la vita di una famiglia. Da molti fu, per questo suo discorso, irriso: avevano scambiato il richiamo modernissimo alla necessità di un altro modello di sviluppo, per una nostalgia pastorale. Così come ‘bacchettone’ fu definito per la sua denuncia della corruzione che ormai investiva la vita politica, laddove Enrico stava anticipando l’ancora attualissimo problema della crisi del nostro sistema democratico. Fu attaccato anche perché insistette sul controverso tema della diversità dei comunisti da chi voleva affermare che i comunisti sono normali, come tutti gli altri. Certo che lo sono stati e lo sono quelli che tuttora si definiscono tali - nessuno ha mai mangiato bambini! - ma era giusto, io credo, sottolineare che quel termine stava a significare un di più di impegno, di soggettività, di protagonismo, perché corrispondeva all’assunzione di responsabilità di ciascuno verso la collettività, il rifiuto di chiudersi nel proprio piccolo mondo individuale. Interpretato oggi in modi diversi - da comunisti e non

comunisti, cattolici e laici o mussulmani, donne e uomini - non è forse questo principio che abbiamo introiettato e che fa dell’Arci un’organizzazione per l’appunto ‘diversa’? Non per falsa superbia, né per separazione da tutti gli altri, ma perché chi vi aderisce non si iscrive solo per sentire un concerto o per andare a ballare ma perché si assume un qualche impegno verso i suoi simili. Magari anche solo per rendere possibile a tutti di ballare e fare musica. E ancora: nel momento in cui l’Europa veniva coperta da migliaia di missili, ad est come ad ovest, contro cui si mobilitò il grande movimento pacifista degli anni ’80, di cui in Italia l’Arci fu uno dei principali animatori, Berlinguer lo incontrò, ne capì la portata innovatrice. È anche da questo rapporto che certamente egli trovò lo stimolo per indicare, a una socialdemocrazia Europea entro cui viveva all’epoca una sinistra molto significativa, l’ipotesi, per il nostro continente, di liberarsi dai blocchi militari e di avviare una ‘terza via’ che assumesse il buono dell’uno e dell’altro sistema che l’avevano spaccato: la libertà ma anche il tentativo di realizzare l’uguaglianza. Non mi piacciono le commemorazioni beatificanti, oltretutto perchè finiscono per appiattire la personalità di chi si sta celebrando. Berlinguer non è stato solo buono ed onesto, è stato anche un leader politico spigoloso e perciò controverso. Se mi permettete un accenno personale, devo aggiungere che io lo so bene perché fu quando lui era segretario del Pci che il gruppo del manifesto, di cui facevo parte, fu radiato per contrasti politici: la sottovalutazione del ’68, il ritardo nella rottura con un ormai irriformabile regime sovietico. Anche se poi ci invitò a rientrare riconoscendo che anche le rotture aiutano a capirsi meglio. E però è stato l’ultimo leader politico adorato da milioni. Pur essendo il contrario del populista, riluttante come era rispetto ad ogni demagogia e ad ogni trucco da spettacolo. (Ricordo una donna che una volta, ascoltandolo a un comizio, mi disse: «parla così male che deve essere per forza sincero!»). Al suo funerale accorse, piangendo, una folla immensa. Da tutta Italia. I ‘vecchi’ dell’Arci credo ci fossero tutti. Luciana Castellina


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disarmo

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I movimenti nonviolenti chiedono il Dipartimento di difesa civile Istituire la difesa civile, non armata e nonviolenta: è la richiesta che i movimenti per la Pace e il Disarmo hanno lanciato in occasione delle Festa della Repubblica in una nota congiunta. «La madre è la Resistenza antifascista, il padre è il referendum democratico: la Repubblica italiana è nata in un’urna il 2 giugno del 1946. Perché, per festeggiare il suo compleanno, lo Stato organizza la parata militare delle Forze Armate? È una contraddizione ormai insopportabile», scrivono Rete Italiana per il Disarmo, Conferenza Nazionale Enti di Servizio Civile, Forum Nazionale per il Servizio Civile, Tavolo Interventi Civili di Pace, Campagna Sbilanciamoci! e Rete della Pace. «Il 2 giugno - prosegue la nota - ad avere il diritto di sfilare sono le forze del lavoro, i sindacati, le categorie delle arti e dei mestieri, gli studenti, gli educatori, gli immigrati, i bambini con le madri e i padri, le ragazze e i ragazzi del servizio civile. Queste sono le vere forze vive della Repubblica che chiedono di rimuovere l’ostacolo delle enormi spese

militari ed avere a disposizione ingenti risorse per dare piena attuazione a tutti i principi fondanti della Costituzione: lavoro, diritti umani, dignità sociale, libertà, uguaglianza, autonomie locali, decentramento, sviluppo della cultura e ricerca, tutela del paesaggio, patrimonio artistico, diritto d’asilo per gli stranieri e ripudio della guerra». I movimenti per la pace hanno lanciato proprio il 2 giugno la proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione e il finanziamento del ‘Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta’ Obiettivo della Campagna è dare piena at-

tuazione all’articolo 52 della Costituzione («la difesa della patria è sacro dovere del cittadino») che non è mai stato applicato veramente, perché per difesa si è sempre intesa solo quella armata, affidata ai militari, mentre la Corte Costituzionale ha riconosciuto pari dignità alla difesa nonviolenta, come avviene con l’istituto del Servizio Civile nazionale. La proposta di legge istituisce un Dipartimento che comprenderà il servizio civile, la protezione civile, i corpi civili di pace e l’Istituto di ricerche sulla pace e il disarmo. Il finanziamento della nuova difesa civile dovrà avvenire grazie all’introduzione della ‘opzione fiscale’, cioè la possibilità per i cittadini, in sede di dichiarazione dei redditi, di destinare il 6 per mille alla difesa non armata. Lo strumento della legge di iniziativa popolare vuole aprire un confronto pubblico per ridefinire i concetti di difesa, sicurezza, minaccia, dando centralità alla Costituzione che «ripudia la guerra»(art. 11). La raccolta delle 50mila firme necessarie inizierà il 2 ottobre, Giornata internazionale della Nonviolenza e si concluderà dopo sei mesi.

La Repubblica è fondata sul lavoro, non sui cingolati di Giulio Marcon deputato indipendente Sel

Un milione e otto centomila euro di spesa con tanto di sponsor (per le frecce tricolori) e di ditta privata di metronotte per la gestione della sicurezza delle tribune per la parata militare. La Repubblica si festeggia da troppo tempo così, con il rombo degli aerei da guerra, il fracasso dei cingolati su via dei Fori Imperiali e qualche spruzzatina di reparti civili, per non farsi accusare di tronfio militarismo. Ma, più che in preda a «pulsioni demagogiche antimilitariste» - come stigmatizzato dal Presidente Napolitano, perché qualcuno dice che è folle spendere 14 miliardi per gli F35 - sembriamo purtroppo subalterni a una vecchia cultura e psicosi militarista. Così oggi il momento più simbolico della rinascita della nostra comunità liberata dal fascismo - il passaggio dalla monarchia alla repubblica - viene affidato alle armi, ai carrarmati, alla sfilata di uomini e donne con i fucili imbracciati. La ministra della difesa Pinotti - passata dalle marce pacifiche della Perugia-Assisi e di Porto Alegre alle sfilate dei soldati in

armi - così orgogliosa di questa parata, da due mesi fugge, con poco senso militare, di fronte al Parlamento cui dovrebbe rispondere sulla vicenda degli F35. Doveva venire alla Camera dopo il 17 aprile, poi dopo il 7 maggio e ora la stiamo ancora aspettando. Che cosa teme? Forse, dopo l’ennesimo annuncio sulla riduzione degli F35, c’è qualche problema: uno scontro sotterraneo dentro il Pd e con il ministero della Difesa (e Napolitano) che sembra far temporeggiare chi con sicumera diceva che la riduzione era cosa fatta. L’annuncio intanto c’è stato, poi si vedrà. La Repubblica - in un momento di crisi - andrebbe festeggiata con più sobrietà e mettendo al centro quello che c’è scritto nel primo articolo della nostra Costituzione: «La Repubblica è fondata sul lavoro» e non sui cingolati. È quello che in questi vent’anni hanno provato a ricordare i pacifisti che ogni anno - guidati da Massimo Paolicelli - hanno promosso il 2 giugno manifestazioni simboliche, con i ragazzi e le ragazze in servizio civile, i disoccupati, gli studenti. Come quest’anno, stavolta

in bicicletta (mezzo meno inquinante e rumoroso dei blindo) nella periferia di Roma, per ricordare che i pochi soldi che abbiamo vanno spesi per il lavoro, la scuola, l’ambiente e la salute e non per le armi. E come è stato richiesto dai 10mila partecipanti pacifisti all’Arena di Verona, lo scorso 25 aprile, la difesa del paese può essere non armata e non violenta: per questo è in partenza una raccolta di firme su un disegno di legge di iniziativa popolare per permettere ai cittadini di scegliere di difendere il paese con la pace e non con la guerra. Invece di continuare a tagliare oltre 2miliardi di euro agli enti locali e alla pubblica amministrazione - come avverrà con il decreto Irpef sugli 80 euro - con tutto quello che ciò significherà (riduzione dei servizi sociali e meno welfare), la strada da percorrere è un’altra: cancellare il programma dei cacciabombardieri, porre fine alla missione in Afghanistan e ridurre le spese militari. Questo sarebbe stato un bel modo di celebrare la festa della repubblica.


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esteri

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Nasce il governo Fatah-Hamas. Netanyahu ordina ritorsioni «Oggi termina la divisione palestinese. È nostro interesse avere un governo di unità nazionale». Sono state queste le prime parole del presidente dell’Anp Abu Mazen al termine della cerimonia di giuramento del nuovo governo di consenso nazionale. Un esecutivo tecnico provvisorio, formato da 17 ministri indipendenti, guidato dal premier Rami Hamdallah, che avrà come compito principale quello di portare alle urne i palestinesi di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. I movimenti Fatah e Hamas hanno dunque ricomposto la frattura che per sette lunghi anni ha lacerato la politica e la società palestinese e contribuito a indebolire, per la sete di potere di entrambi, le aspirazioni di un intero popolo. Hamas si è felicitato per formazione del nuovo esecutivo. «È il governo dell’intero popolo palestinese», ha detto il suo portavoce. Hamas dopo giorni di trattative ha rinunciato ad avere il dicastero degli esteri e anche alla formazione del ministero per i prigionieri. Isolati dall’Egitto, vittime indirette della campagna contro i

Fratelli Musulmani scatenata dall’Arabia, gli islamisti palestinesi hanno dimostrato un debole potere contrattuale. Hamas comunque ha ottenuto che il controllo di sicurezza a Gaza resti nelle sue mani, anche se il valico di Rafah sarà gestito dalla guardia presidenziale di Abu Mazen. Il premier islamista Haniyeh, rimasto in carica per sette anni dopo la presa del potere a Gaza, ieri ha annunciato la fine del suo governo. Per lui è pronto l’incarico di speaker del Consiglio Legislativo dell’Anp. È improbabile tuttavia che il parlamento dell’Anp possa riprendere a operare prima delle elezioni politiche e presidenziali che dovrebbero tenersi entro la fine del 2014. Se la riconciliazione Fatah – Hamas sarà definitiva potrà dirlo solo il tempo. Troppe sono le pulsioni interne e le pressioni esterne sui leader politici delle due parti. A sinistra i sentimenti sono contrastanti. Il Fronte popolare per la liberazione della Palestina per anni ha lavorato alla riconciliazione nazionale, quindi guarda con favore alla ricomposizione della frattura

tra Cisgiordania e Gaza. Allo stesso tempo critica gli obiettivi di un esecutivo che non si sgancia dalle condizioni poste da Stati Uniti ed Europa. Spiegava nei giorni scorsi una dirigente del Fplp, non mancando di rivolgere critiche ad Hamas: «Per anni ha esaltato la resistenza e ora sostiene un governo che continuerà la cooperazione con i servizi segreti di Israele». Netanyahu è furioso. Si rende conto che ora Hamas potrebbe ottenere qualche forma di legittimazione indiretta, soprattutto in Europa. Per questo ha subito annunciato una serie di misure punitive, tra le quali il blocco dei fondi palestinesi. Israele inoltre riterrà responsabile l’Anp per ogni razzo sparato da Gaza. Soprattutto, Netanyahu ha rivolto avvertimenti minacciosi alla ‘comunità internazionale’, ammonendola dall’offrire qualsiasi forma di riconoscimento al nuovo esecutivo palestinese. Parole rivolte anche agli alleati americani che da un lato si dicono vicini alla linea dura espressa da Israele, ma in realtà non hanno ancora preso una decisione definitiva.

Nell’anniversario delle proteste di Gezi Park, la polizia turca reprime ogni forma di dissenso Nel primo anniversario delle manifestazioni iniziate il 31 maggio 2013 per salvare il parco Gezi, il centro di Istanbul è stato trasformato in un bunker presidiato da migliaia di poliziotti. Mentre il parco era stato già chiuso venerdì, l’adiacente piazza Taksim è rimasta accessibile fino al pomeriggio, prima che la polizia disperdesse un piccolo gruppo di manifestanti seduti sulle scale del parco a leggere dei libri. L’atmosfera tesa creata dalla presenza degli agenti, ha avuto tra le sue prime vittime un giornalista della Cnn International, la cui trasmissione è stata interrotta e la telecamera sequestrata. Nelle ore in cui accadeva tutto questo, la Cnn Türk, diventata famosa per i documentari sui pinguini che metteva in onda durante le proteste dell’estate scorsa, trasmetteva un programma di moda. Al solito i social media, ma soprattutto Twitter, reso nuovamente accessibile poche settimane fa dopo un blocco di diversi giorni, è stato il principale canale per la circolazione delle informazioni in tempo reale. Nelle stesse ore il premier Erdogan si rivolgeva a «tutto il suo popolo» affer-

mando che se qualcuno si fosse recato a Taksim si sarebbe dovuto confrontare con la polizia «che ha ricevuto ordini di fare quanto necessario, dalla A alla Z. Non potrete andare lì come avete fatto durante gli eventi di Gezi della volta scorsa. Siete obbligati a seguire le leggi». La prefettura di Istanbul ha interrotto il servizio dei traghetti in partenza dalla sponda asiatica verso quella europea. L’appuntamento fissato per le 19 dalla Piattaforma di solidarietà di Taksim (una rete formata da circa 150 realtà associative) per tornare in piazza a ribadire le proprie richieste ha fatto scattare l’attacco della polizia. I rappresentanti della piattaforma, il cui accesso in piazza è stato impedito, hanno dato il via ad un sit in, ma gli episodi di violenza si sono intensificati con il passare delle ore, con diverse decine di fermi e di feriti, mentre foto di scontri e battaglie per le strade cominciavano a fare il giro del web. Lacrimogeni, idranti, pallottole di gomma scaricati sui dimostranti sono oramai diventati parte di tutte le manifestazioni a partire dalla scorsa estate.

Oltre a Istanbul, soprattutto in alcuni quartieri che erano stati al centro delle proteste l’anno passato, ci sono state manifestazioni anche in diverse altre città turche. Nonostante gli scandali di corruzione che hanno coinvolto negli ultimi mesi il governo turco conservatore di ispirazione islamica e le censure a internet (il blocco a Youtube è ancora in vigore), oltre alla tragedia registrata nella miniera di Soma, la partecipazione alle proteste è stata molto inferiore a quelle dell’estate scorsa, quando più di tre milioni di persone in 80 province turche si erano riversate per le strade per chiedere le dimissioni del governo. L’annunciata durissima repressione ha probabilmente scoraggiato molti. Nei quartieri residenziali attorno a Taksim sono tornate però a riecheggiare dalle finestre i suoni delle pentole e dei fischi, mentre le forze speciali rincorrevano i ragazzi con manganelli. E proprio le violenze della polizia avevano dato origine alle grandi manifestazioni di Gezi dell’estate scorsa.


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legalitàdemocratica

Lecco, azioni teatrali e l’ulivo nell’orto scolastico

Diari di viaggio dalla Carovana Antimafie a cura di Arci Lecco

Il 28 maggio è arrivato: i furgoni della Carovana Antimafie hanno raggiunto le sponde del lago di Lecco dove hanno ricevuto una calorosa accoglienza ad opera degli studenti della scuola media Stoppani. La prima tappa infatti si è svolta qui, dove durante tutto l’anno scolastico i ragazzi, gli insegnanti e anche i genitori sono stati coinvolti in progetti di educazione alla legalità. Durante la mattina è avvenuto un vero e proprio scambio di esperienze, non solo con i carovanieri, Marco e Pablo, ma anche con i ragazzi di un’altra scuola, l’Istituto Viganò di Merate che ha partecipato a un intenso percorso durante l’anno costituito dalla lettura di libri, da un percorso espressivo teatrale sul tema della partecipazione e della cittadinanza, e infine dal viaggio di istruzione a Corleone, sui terreni confiscati alla mafia e gestiti dalla cooperativa Lavoro e non solo. Sul finire della mattinata, gli studenti responsabili dell’orto scolastico sono stati impegnati nella piantumazione dell’ulivo nel giardino della scuola. Un ulivo speciale perché proveniente da una cooperativa pugliese, Pietra di Scarto, che lavora su

terreni confiscati alle mafie. Un piccolo gesto per mostrare il legame tra questi due territori. Il pomeriggio, come del resto la mattina, è stato caratterizzato da una forte connotazione artistica, anche questo elemento faceva parte della sperimentazione che quest’anno si è voluta proporre per la tappa lecchese della Carovana Antimafie. Utilizzare linguaggi espressivi e corporei,

comporre immagini potenti e dense di significato, per scuotere l’indifferenza e l’apatia, per mostrare quanto la libertà di espressione si opponga alla costrizione e alla violenza che contraddistinguono le mafie e ogni forma di sfruttamento. Le immagini forse riusciranno a rendere meglio quanto fatto: tre azioni teatrali collettive sul tema della tratta degli essere umani in tre luoghi della città. La prima abbiamo scelto di farla davanti al bene confiscato Wall Street, luogo importante e simbolo, nel prossimo futuro, di lavoro e impegno con il progetto Pizzeria, Sapori e Saperi della legalità. Da lì poi ci siamo spostati in due piazze di Lecco. La giornata si è poi conclusa con un incontro/aperitivo presso il circolo Arci Promessi Sposi di Lecco, dove i rappresentati della scuola di Carnate ci hanno introdotto al tema della Carovana di quest’anno attraverso la presentazione di un piccolo video sui diritti dei migranti. Poi, insieme alla Flai Cgil di Lecco, abbiamo discusso del fenomeno dello sfruttamento e del caporalato nella nostra provincia, in agricoltura ma soprattutto nell’edilizia.

I campi estivi sui terreni confiscati alle mafie Sono ancora aperte le iscrizioni ai campi nelle terre confiscate alle mafie, proposti dall’Arci con Spi, Flai, Cgil e Libera. Qui informazioni su alcuni dei campi in programma in estate. L’elenco completo dei campi e le schede descrittive sul sito www.arci.it Per informazioni scrivere a campidellalegalita@arci.it CAMPANIA, Parete (CE) Sei campi, ognuno della durata di dieci giorni, si svolgeranno a partire dal 3 luglio e fino al 10 settembre a Parete, con il progetto Terra di lavoro e dignità. I volontari saranno impegnati nelle prime operazioni di pulizia e adattamento di alcuni terreni agricoli, beni confiscati alla camorra, affidati in gestione al circolo Arci Nero e non solo. Il progetto prevede la riutilizzazione di questi beni a fini sociali e il primo obiettivo è la nascita di una fattoria didattica. Inoltre i volontari collaboreranno alla realizzazione del Villaggio della Solidarietà a Parete. Il comune di Parete è un paese agricolo del Casertano dove, ogni anno, confluiscono moltissimi lavoratori stranieri impiegati

come braccianti agricoli nella raccolta della frutta. Ci saranno quindi seminari e incontri formativi sullo sfruttamento lavorativo e il contrasto alla camorra, visita delle ‘rotonde’ dove i lavoratori attendono i datori di lavoro, raccolta delle storie di lavoro e sfruttamento, realizzazione di un rapporto (multimediale) sullo sfruttamento. Per informazioni: neroenonsolo@gmail.com MARCHE, Isola del Piano (PU) Si chiama Coltivare i frutti della legalità il campo antimafie che si svolgerà dal 21 al 27 luglio nel primo bene confiscato alle mafie nella regione Marche. Qui ci saranno incontri con magistrati e protagonisti dell’antimafia, laboratori artigianali, escursioni e si lavorerà insieme ai volontari del sindacato pensionati della Cgil per ristrutturare il bene e restituirlo alla comunità. I temi che saranno trattati sono quelli della legalità nel mondo del lavoro, della memoria storica delle battaglie per la legalità come parte essenziale della costruzione della coscienza civile e democratica del

nostro Paese, dello scambio interculturale e dell’affermazione dei diritti umani, politici e civili propri di ogni donna e di ogni uomo. Il campo ruoterà intorno alle parole legalità, partecipazione, divertimento e buona cucina! Per informazioni: campolegalita@partecipattivi.it VENETO Campolongo Maggiore (VE) Dall’1 all’8 settembre la seconda edizione del laboratorio formativo della legalità dal titolo Il giardino della legalità: un luogo aperto a ridosso della Villa una volta di proprietà del boss Felice Maniero, restituito ai cittadini, con cui avvicinare i giovani alle tematiche dell’antimafia e della legalità democratica. Attraverso una serie di attività di formazione presso beni confiscati alle mafie, accanto al lavoro manuale e agricolo si proporranno incontri con testimonianze di scrittori e associazioni dell’antimafia, visite in altre strutture sequestrate, costruzione dello spazio esterno della sede. Per informazioni: FB Giardino della legalità


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serviziocivile

Il contributo di Arci Servizio Civile alla consultazione sulle Linee guida per la riforma del servizio civile Il Servizio Civile Nazionale ponte per quello Universale La prima considerazione che avanziamo riguarda il percorso per arrivare alla partenza del Servizio Civile Universale, percorso del quale non possiamo immaginare tempi brevi. Allora, perché ASC possa considerare credibile l’obiettivo indicato nelle Linee Guida, è indispensabile non solo consolidare ma far crescere nei prossimi anni il contingente di avvii al servizio tramite il SCN. Chiediamo che nel 2015 partano 45.000 giovani, 80.000 giovani nel 2016 per avere nel 2017 il Servizio Civile Universale. Così come chiediamo che, in linea con la sussidiarietà pratica, ci siano anche incontri diretti ove interagire sulle soluzioni possibili, fatti salvi i tempi e le responsabilità decisionali del Governo. È sulla base di questo percorso che avanziamo le seguenti osservazioni. La finalità del servizio civile In primo luogo rileviamo con soddisfazione il contesto costituzione nel quale è collocata la proposta. «Assicurare una leva di giovani per la ‘difesa della Patria’ accanto al servizio militare: un Servizio Civile Nazionale Universale, come opportunità di servizio alla comunità e primo approccio all’inserimento professionale, aperto ai giovani dai 18 ai 29 anni che desiderino confrontarsi con l’impegno civile, per la formazione di una coscienza pubblica e civica». A nostro avviso questa linea guida recepisce l’impostazione del SCN, dà attuazione ad alcune sentenze della Corte Costituzionale che hanno richiamato il legislatore a sviluppare attraverso il servizio civile la dimensione civile e non armata della difesa della Patria, chiama tutti a concorrere allo sviluppo di una coscienza pubblica e civica e quindi esprimiamo il nostro consenso. Ed è positivo che si riporti a questa identità le positività collaterali insite nel servizio civile quali il concorso ad affrontare della vita sociale i punti di crisi, a svilupparne i punti di forza e di innovazione così come il concorso a far crescere il capitale umano dei giovani per contribuire alla ripresa dell’occupazione e della produzione.

Servizio civile aperto a tutti quelli che lo chiedono In secondo luogo condividiamo l’obiettivo di rendere aperto a tutte le condizioni giovanili l’accesso al servizio civile, quando si dice «garantire ai giovani che lo richiedono di poter svolgere il Servizio Civile Universale, fino ad un massimo di 100.000 giovani all’anno per il primo triennio dall’istituzione del Servizio». In questi anni i tagli alla dotazione del Fondo nazionale del SC hanno prodotto il paradosso di rendere il SCN un’opportunità per pochi, che magari hanno avuto accesso ad altre opportunità. Sul piano più strettamente politico recepisce la proposta avanzata in ultimo con l’Assemblea di Firenze per i 40 anni dell’obiezione di coscienza al servizio militare avanzata da Cnesc, Movimento nonviolento, Forum nazionale dei giovani, Forum del Servizio Civile, Forum permanente del Terzo Settore di rendere accessibile l’istituto a tutti i giovani che lo chiedono, mantenendo la natura volontaria ma facendone un fattore di inclusione di tutti i profili giovanili. Per questo è da prevedersi un adeguato riconoscimento economico per i giovani, in modo che tutti, a cominciare dai disoccupati e senza reddito, possano effettivamente sostenere la partecipazione al periodo di servizio civile. Ci sono numerosi passaggi giuridici e organizzativi da approfondire ma l’obiettivo indicato è condivisibile. Gli aspetti collegati a questa linea guida trovano la formulazione più esaustiva nel testo depositato in questa legislatura, primo firmatario On. Patriarca agli artt. 5 e 7 e all’art. 6 per la attiva inclusione dei cittadini portatori di handicap. Apertura agli stranieri In terzo luogo condividiamo la disposizione di aprire alla «partecipazione degli stranieri al SCN» perchè recepisce le proposte che fin dal 2001 avevamo fatto.

Ci sono numerosi passaggi giuridici e organizzativi da approfondire ma l’obiettivo indicato è condivisibile. La formulazione più esaustiva al momento è quella dell’art. 5 nel testo depositato in questa legislatura a primo firmatario On. Patriarca e ripresa nel documento del PD del 21 marzo 2014. Certificazione competenze e benefits formativi Condividiamo la disposizione di una «previsione di benefit per i volontari, quali: crediti formativi universitari; tirocini universitari e professionali; riconoscimento delle competenze acquisite durante l’espletamento del servizio». Facciamo comunque presente che la prima parte riprende una disposizione già presente del SCN, della quale l’autonomia universitaria ha reso aleatoria l’attuazione. La seconda parte della disposizione accoglie finalmente quanto già proposto dal VII Rapporto Annuale ASC presentato a maggio 2011 (consultabile su http://goo. gl/TbvziD) dando attuazione a quanto già stabilito dalla Legge Fornero, che vincola le Amministrazioni a dare attuazione alla certificazione delle competenze che ogni giovane in servizio acquisisce e nello stesso tempo contribuisce a innalzare il capitale umano e sociale del nostro Paese. Ci sono numerosi passaggi giuridici e organizzativi da approfondire ma l’obiettivo indicato è condivisibile. L’art. 17 nel testo depositato in questa legislatura presenta al momento la formulazione più esaustiva. Facilitazioni ingressi nel lavoro È condivisibile la disposizione che fissa la «stipula di accordi di Regioni e Province autonome con le Associazioni di categoria degli imprenditori, associazioni delle cooperative e del terzo settore per facilitare l’ingresso sul mercato del lavoro dei volontari, la realizzazione di tirocini o di corsi di formazione per i volontari». Anche questa comunque è una disposizione già presente nel SCN ma mai attuata. Nei fatti le Regioni e PA si sono concentrate sulla gestione di alcune parti della legislazione vigente (accreditamento enti e valutazione progetti con relative continua a pagina 7


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graduatorie) ove si dava accesso a risorse statali, ma non ci sono stati passi in avanti su questa parte. Questa valutazione ex post va recepita se si vuole fare la differenza. In termini più generali la crisi in atto dal 2008, la disoccupazione giovanile a livello esplosivo che ha generato rendono ancora più urgente la concreta attuazione, senza rendere il SCU una politica del lavoro, dell’occultamento temporaneo della disoccupazione giovanile, dell’introduzione di un’altra forma di precarietà. Quindi ben venga la collaborazione per il post servizio con le imprese, i centri per l’impiego, i soggetti privati, mantenendo la natura educativo-formativa alla difesa civile e non armata della Patria e all’impegno civico dei giovani nel periodo di servizio civile. Verso il Servizio Civile Europeo, il servizio all’estero e i Corpi Civili di Pace Condividiamo la «possibilità di un periodo di servizio in uno dei Paesi dell’Unione Europea avente il Servizio Civile volon-

tario in regime di reciprocità». L’orizzonte di riferimento è la costruzione di una dimensione anche europea dei servizi civili nazionali come proposto dall’appello lanciato a Torino lo scorso 13 aprile 2014. Con la formula Italia/Europa avevamo sollecitato che il SCN assumesse l’obiettivo di contribuire alla lotta contro gli stereotipi, la xenofobia, il populismo anche a livello di Unione Europea. Questa previsione apre il percorso in questa direzione. Va comunque collegata questa prospettiva ad altre due forme di espletamento del SCU, cioè il Servizio Civile all’estero e l’attivazione della sperimentazione dei Corpi Civili di Pace. Tutte e tre le modalità dovrebbero fare dell’Italia un soggetto di pace nel Mediterraneo, in Europa, nelle zone ove i conflitti possono passare alla fase armata o dove servono azioni di costruzione/ricostruzione delle società civili e delle istituzioni democratiche. Ci sono numerosi passaggi giuridici e organizzativi da approfondire ma l’obiettivo indicato è condivisibile e i dispositivi presenti nell’articolo 18 del citato testo sono un utile rifermento.

serviziocivile Durata del periodo di servizio civile universale Invece non siamo convinti, sulla base della esperienza realizzata in questi anni, delle indicazioni dei giovani in servizio, degli operatori locali di progetto, dei responsabili locali, dei formatori, che la durata base di 8 mesi sia quella coerente con gli obiettivi indicati nelle stesse linee guida. Se la ratio è generata dalle risorse pubbliche disponibili (meno durata, più accessi) l’assenza di indicazioni nelle Linee guida impedisce di articolare proposte di: a) graduale crescita del contingente per arrivare prima possibile ai 100.000 indicati; b) articolazione delle durate (6-9-12 mesi sulla base del budget annuale disponibile); c) combinazione di questi primi due fattori con la riduzione dell’orario settimanale di servizio; d) ricorso aggiuntivo ai fondi del Ministero della Difesa, l’altra componente della Difesa della Patria. In tutti i casi proponiamo che la durata ordinaria sia di dodici mesi, con articolazioni in durate ridotte di 9 e 6 mesi.

Servizio civile, enti contrari al cofinanziamento Ben venga il servizio civile per 100mila giovani ogni anno. Ma solo se a finanziarlo sarà lo Stato. Anche perché, in caso contrario, non si tratterebbe più di un’esperienza di impegno solidaristico bensì di puro e semplice lavoro sottopagato. È questa la reazione degli enti accreditati alla proposta di riforma del terzo settore annunciata da Renzi, che approderà in Consiglio dei ministri il 27 giugno (dopo la consultazione online). Secondo la proposta, l’esperienza di servizio civile dovrebbe essere universale, quindi non più limitata a circa 15mila ragazzi come avviene oggi per questioni di budget. Sulla carta è un’ottima idea, considerato anche il picco della disoccupazione giovanile e i 3,7 milioni di under 30 che non studiano né lavorano. Ma si scontra con un particolare non trascurabile: i soldi. Avviare a quest’esperienza 100mila giovani ogni anno costerebbe oltre 400 milioni di euro e oggi il fondo nazionale per il servizio civile è fermo a poco più di 100. Il governo vorrebbe risolvere il problema chiedendo alle associazioni di partecipare all’esborso, magari mettendo a loro carico la diaria di circa 433 euro al mese. Questa soluzione, però, non piace per niente agli enti. Perché rischia di creare disparità tra enti più ricchi (per esempio Comuni e Regioni) e piccole associazioni. E c’è qualche dubbio anche su

altri punti della riforma, come la riduzione da 12 a 8 mesi del periodo di servizio. Secondo Licio Palazzini, presidente di Arci servizio civile e del Cnesc: «Oggi il rapporto contrattuale è tra Stato e singolo giovane. Se fosse pagato dagli enti non si tratterebbe più di servizio pubblico ma di un contratto di lavoro tra privati». Proprio questo è uno dei principali rilievi alla proposta di riforma: il rischio è quello di istituzionalizzare la trasformazione di quella che dovrebbe essere un’esperienza di ‘impegno solidaristico’ in lavoro sottopagato. Cosa che in alcune realtà già succede, ammette Palazzini, che al governo chiede: «Se vuol davvero ‘separare il grano dal loglio’ nel terzo settore, per prima cosa inviti gli enti locali a fare più controlli sugli enti accreditati per verificare come utilizzano i giovani in servizio civile». Anche perché, in base alla proposta di riforma, a chi partecipa dovrebbero essere riconosciuti crediti formativi per l’università o la possibilità di inserire l’esperienza in curriculum come tirocinio. Per Palazzini «a fare uno sforzo economico, caso mai, dovrebbero essere gli enti locali, attingendo alle risorse della fiscalità generale, e soggetti privati come le fondazioni bancarie». Anche perché le associazioni già fanno la loro parte: «Abbiamo fatto stimare da un istituto

di ricerca il valore dell’investimento fatto nella gestione delle attività, nella progettazione e selezione e nel monitoraggio: si tratta di 5.500 euro per ogni giovane in servizio civile. Più di quanto lo Stato spende per il suo compenso annuale». Più di un dubbio anche sulla durata dell’esperienza: otto mesi, secondo Palazzini, è un periodo troppo breve, soprattutto alla luce della possibilità (prevista nella bozza) che un paio di mesi siano svolti ‘in regime di reciprocità’ in un altro Paese Ue, quindi togliendo il giovane dal progetto in cui è impegnato in Italia. Palazzini dubita anche della fattibilità di quel numero tondo, 100mila:«Può essere un obiettivo di medio periodo, ammesso che ci siano i fondi, ma raggiungerlo subito è improbabile: molti degli oltre 3.850 enti iscritti negli appositi albi non hanno avuto, negli ultimi anni, alcun progetto approvato, per cui è probabile che non siano pronti ad accogliere volontari». Ben venga invece quel traguardo ambizioso, ma visto che per una nuova legge e relativi decreti attuativi ci vorrà tempo il governo deve intanto dimostrare il proprio impegno sul tema «investendo fin dalla prossima legge di Stabilità molte più risorse sul servizio civile: per il 2015 abbiamo bisogno di almeno 150 milioni». Il momento della verità, dunque, arriverà a fine anno.


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scuolaeformazione

Scuola: 24mila edifici in pericolo, ma con i fondi stanziati si può intervenire solo sul ‘decoro’ Secondo un rapporto presentato dal Censis, gli impianti elettrici, idraulici e termici non funzionerebbero in 24 mila scuole statali su 41 mila. Novemila sarebbero le strutture con gli intonaci a pezzi, 7200 gli edifici dove occorre rifare i tetti e le coperture. Proseguendo la ricognizione sull’edilizia più disastrata in Europa, il Censis elenca 3600 scuole, dove studiano 580 mila alunni, che avrebbero bisogno di interventi strutturali e altri 2 mila edifici che espongono 342 mila studenti al rischio amianto. Quest’ultima annotazione sembra quella più preoccupante, anche se dal 2012 molti comuni avrebbero intensificato i controlli e le azioni di bonifica sarebbero passate al 3,10%. Secondo i 2.600 dirigenti scolastici consultati dal Censis, per il 36% degli edifici è prioritario avviare lavori di manutenzione straordinaria. Ma nella maggioranza dei casi l’esigenza è dare continuità agli interventi di manutenzione ordinaria. Per l’Istituto di ricerca, esistono 10 mila casi di edifici scolastici che hanno registrato negli ultimi tre anni lavori di ristrutturazione scadenti

o inadeguati. Nel 20,5% dei casi gli interventi hanno riguardato l’abbattimento delle barriere architettoniche, nel 22,5% la manutenzione ordinaria, nel 32,8% opere di manutenzione straordinaria, nel 33,7% interventi su reti o per servizi per la didattica digitale. Non basta dunque stanziare fondi, bisogna anche ispezionare i lavori assicurandosi che vengano eseguiti con cura. In generale, comunque, di lavori se ne fanno pochi. Dopo il crollo della scuola di San Giuliano di Puglia in Molise, a causa del terremoto del 2002, dove morirono 27 bambini e una maestra, furono mobilitati poco meno di 2 miliardi di euro rispetto a un fabbisogno di 13 miliardi stabilito dalla Protezione Civile. Degli stanziamenti attivati con delibere Cipe nel 2004 e nel 2006, nel 2013 erano stati spesi solo 143 milioni di euro per 527 interventi sui 1659 previsti. Gli altri progetti sono ancora in fase istruttoria. «La morte dei nostri figli non è servita a nulla - afferma il presidente del comitato delle vittime - le promesse fatte si sono rivelate delle balle, come confermano i

dati del Censis». Nel question time del 30 aprile scorso la ministra dell’Istruzione Giannini ha confermato che i 3,7 miliardi promessi da Renzi si sono ridotti a 244 milioni divisi tra il 2014 e il 2015. Dal primo aprile avrebbe dovuto partire una ‘cabina di regia’ a Palazzo Chigi per coordinare gli interventi di comuni ed ex province. Al momento non ce n’è traccia. Il sottosegretario all’Istruzione Roberto Reggi ha assicurato che sono in cantiere 8200 mila interventi nel 2014, 11 mila nel 2015. La ministra Giannini in realtà aveva parlato solo di 1850, ma il mistero è presto spiegato. Vista l’esiguità dei fondi a disposizione, per Reggi si tratterà di interventi di ‘decoro’, cioè di sistemazione di aree verdi, serramenti e vetri rotti. Nulla rispetto alle gravi difficoltà denunciate anche dal Censis. «Abbiamo bisogno di interventi straordinari e particolarmente rilevanti - afferma Giorgio Rembaudo (associazione presidi italiani) - altrimenti ci ritroveremo presto a commentare la stessa situazione».

La denuncia degli accademici dei Lincei: «Tagli e riforme sbagliate sono colpi mortali alla ricerca» L’Università italiana ha un futuro? È la domanda che quarantotto accademici dei Lincei, esponenti della più alta istituzione culturale italiana, hanno rivolto in una lettera alla ministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca Stefania Giannini. La sintetica lettera rappresenta una delle più chiare, disinteressate («Siamo in pensione e fuori da ogni gioco accademico e dai ruoli attivi») e radicali denunce della strategia ventennale di riforma che ha travolto l’università e la ricerca italiane dalla riforma Ruberti del 1989 ad oggi. In questo lungo ciclo, sugli atenei è stato imposto un controllo politico sotto forma di «autonomia organizzativa». «È stata fraintesa la finalità ultima del dettato costituzionale che garantiva anzitutto ed essenzialmente la libertà di ricerca e d’insegnamento da ogni possibile costrizione e controllo da parte del potere politico» scrivono gli studiosi. Netta è anche l’analisi dell’«ideologia» della valutazione ispirata ad una «mentalità aziendalistica». Questa governance è

stata incubata dal 2007 con l’istituzione dell’Anvur da parte del governo di centrosinistra, poi realizzata dal centro-destra berlusconiano con la riforma Gelmini nel 2008, oggi pienamente funzionante: «Il fatto che tutta la scienza di base sia trattata come un processo di tipo industriale, con tempi e criteri valutativi in termini di immediati risultati - scrivono gli accademici - mostra la profonda incomprensione, da parte degli autori di tali politiche, della natura stessa della ricerca scientifica». La lettera, inviata alla Giannini qualche giorno fa e aperta a nuove adesioni, risponde implicitamente alle critiche che gli ultras della meritocrazia potrebbero rilanciare. Questa visione economicistica e neoliberale della ricerca (si fa ricerca per l’impresa, e basta) è stata adottata a partire dal 2008 per imporre una «moralizzazione delle condotte che hanno macchiato la vita universitaria». Si parla degli innumerevoli scandali legati ai concorsi truccati, e alle spartizioni degli

incarichi che hanno contraddistinto una parte non certo ininfluente dell’accademia italiana. Per gli accademici dei Lincei quella campagna mediatica, orchestrata sui quotidiani come Il Corriere della Sera o La Repubblica, ha giustificato ideologicamente il taglio di 1,1 miliardi di euro dal 2008 che ha costretto gli atenei a limitare disordinatamente la spesa per il personale, imponendo «un totale ristagno dei sistemi ordinari di reclutamento dei nuovi quadri universitari. È dall’inizio degli anni ’80 del secolo scorso che s’è aggravato il carattere sussultorio e irregolare dei meccanismi di reclutamento nelle nuove leve». Una situazione peggiorata dai tagli della Gelmini hanno aggravato la situazione, spingendo una generazione di giovani studiosi ad emigrare o lasciare la ricerca per altri lavori. «È un colpo mortale per la scienza italiana - termina così la lettera - Oggi sono in discussione conquiste che credevamo solidamente acquisite a fondamento della libertà della scienza e del futuro delle nostre società».


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ambiente

Premio Impatto Zero, al via la quarta edizione

Si aprono il 5 giugno, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, le iscrizioni alla quarta edizione del ‘Premio Impatto Zero’, iniziativa di Arci che promuove e valorizza le buone pratiche sostenibili di cittadini, associazioni e cooperative. Si tratta di scelte di vita e comportamenti ecologicamente virtuosi che riducono lo sfruttamento di risorse, le emissioni, i rifiuti e contribuiscono a diffondere la cultura della sostenibilità, migliorando così anche la qualità della vita della comunità. Nato a Padova nel 2011 e cresciuto fino a raggiungere il livello nazionale, il Premio è promosso e organizzato da Arci, con il contributo di Acegas Aps-Società del Gruppo Hera, in collaborazione con Legambiente Nazionale, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, Progetto Life+Eco Courts, Legacoop Veneto, Centri Servizi Volontariato di Padova, Verona, Vicenza, Rovigo, Treviso e Belluno, Confcooperative Padova, e con il patrocinio di EXPO Milano 2015, Ministero dell’Ambiente e Comune di Padova. C’è tempo fino al 30 settembre per candidare il proprio progetto o azione, iscrivendosi al sito www.premioimpattozero.it. Un focus specifico sarà dedicato quest’anno alle pratiche di consumo collaborativo e condiviso che vedono sempre maggiore adesione e diffusione anche in Italia, come il car e bike sharing, il car pooling, lo swapping, i gruppi di acquisto solidale. Sono quattro le categorie in concorso: - sharing economy: condivisione di beni e servizi nella vita quotidiana, come acquisti di prodotti materiali; esperienze aggregative per le risorse

energetiche e beni comuni, scambio/ baratto; ideazione, creazione e utilizzo di servizi per la mobilità, il lavoro, la finanza, il tempo libero; l’utilizzo di spazi e beni immobili; - tecno_green: ideazione e gestione di media e nuove strumenti comunicativi per diffondere la cultura della sostenibilità come blog e siti, app, social network....;

- savethefood: last minute market, progetti per il recupero e la ridistribuzione di eccedenze alimentari e di solidarietà sociale...; - vivo verde: pratiche quotidiane e scelte di vita ecocompatibili come autoproduzione, acquisto di alimenti da filiera corta, turismo e mobilità sostenibili, riciclo e riuso, mercato dell’usato. Il concorso suddivide i premi, e quindi le candidature, tra le categorie Veneto e Italia; i riconoscimenti saranno assegnati da un’apposita commissione composta da esperti e rappresentanti istituzionali e dai promotori del Premio. Saranno decisivi nella scelta: l’originalità e la creatività, il minor impatto ambientale, l’efficacia della promozione della sostenibilità, l’esportabilità delle prassi ad altre realtà del territorio, il miglioramento della vita sociale e gli apprezzamenti ottenuti tramite le votazioni online. In palio, buoni sconto per l’acquisto di bici elettriche, forniture di prodotti biologici, cena al ristorante, selle eco friendly per bicicletta, e molto altro ancora. padova@arci.it

Salviamo la Terra dei Fuochi! Nonostante l’entrata in vigore di un decreto legge sulle emergenze ambientali e industriali, la situazione nella Terra dei Fuochi non è cambiata. Solo negli ultimi giorni sono stati appiccati oltre cinquanta roghi dal fumo denso e nero che hanno appestato un’area estesa tra le province di Napoli e Caserta. Non si tratta di incendi di rifiuti urbani prodotti nelle abitazioni, bensì di scarti aziendali tossici provenienti da attività commerciali o piccole e medie imprese che operano a nero o in regime di elusione fiscale. Se anche tu vuoi dire basta a questo avvelenamento di massa, su Socialbombing c’è la campagna che fa per te. Cliccando su socialbombing.org/terradeifuochi, avrai la possibilità di far arrivare il tuo messaggio al Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, al quale potrai chiedere un intervento immediato affinché venga finalmente attuato quanto previsto dal decreto 136/2013.

Il decreto prevede, tra le altre cose, misure come l’introduzione del reato di combustione di rifiuti depositati in aree non destinate a discarica e l’uso dell’esercito per il sequestro e la bonifica di terreni sequestrati alle ecomafie. Ricordati di spargere la voce: più sostenitori ci saranno per una campagna, maggiori saranno le possibilità di successo! Cosa aspetti? Con Socialbombing puoi raggiungere chiunque!


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daiterritori

Viva l’Italia viva

Al Fuori Orario il 7 e 8 giugno la Festa nazionale de Il fatto quotidiano e dei Comuni virtuosi L’Italia che non viene raccontata, quella che non ha voce nel dibattito nazionale, ma che con i suoi piccoli gesti cambia la vita delle comunità: è questo il filo rosso di Viva l’Italia viva, la Festa nazionale de Il fatto quotidiano e dei Comuni virtuosi che si terrà sabato 7 e domenica 8 giugno al circolo Fuori Orario di Taneto di Gattatico (RE). Due giorni di dibattiti, incontri, ma anche di musica e spettacolo che quest’anno porteranno in provincia di Reggio Emilia storie di politica e di partiti post elezioni europee, ma soprattutto racconti di protagonisti meno conosciuti, esperienze di piccoli comuni e di persone che con le loro azioni cercano di migliorare le cose. Esempi di amministrazioni che seguono le buone pratiche saranno illustrati nell’appuntamento di domenica 8 giugno, che vedrà protagonisti, tra gli altri, i sindaci di Parma e Reggio Emilia Fede-

rico Pizzarotti e Luca Vecchi. L’apertura della manifestazione sarà dedicata ai vent’anni del circolo di Taneto, con la presentazione del libro di Franco Bassi Vent’anni di Fuori Orario. Tra gli ospiti previsti, ci saranno la giornalista di Report Milena Gabanelli e Alessio Maurizi della trasmissione Si può fare di Radio 24, che saranno premiati dall’associazione Comuni virtuosi. In programma nella prima giornata un dibattito sull’Europa che vedrà protagonisti il deputato del Pd Pippo Civati, l’attore e candidato per Tsipras Moni Ovadia e il segretario generale Fiom-Cgil Maurizio Landini. La sera gli appuntamenti continueranno con il monologo Viva l’Italia del vice direttore de Il fatto quotidiano Marco Travaglio e con la musica e la satira proposte nella Notte bianca… ma romantica. I dibattiti proseguiranno domenica, dall’ecologia alle politiche agli armamenti, con la neo parlamentare europea del Pd Elly Schlein, l’ex sottosegretario alla Difesa e fondatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto, il vignettista Vauro e il fondatore di Emergency Gino Strada, che sarà in collegamento via skype da Khartoum, capitale del Sudan. A chiusura della due giorni, sarà celebrato Enrico Berlinguer a 30 anni dalla sua scomparsa in un dialogo con il giornalista Andrea Scanzi, il direttore de Il fatto quotidiano Antonio Padellaro e Walter Veltroni, che presenterà il suo film-documentario Quando c’era Berlinguer. www.arcifuori.it

Sostieni L’importanza di essere piccoli Da alcuni anni il festival L’importanza di essere piccoli, promosso dal circolo Arci Sassiscritti, porta sui crinali degli Appennini, in piccoli borghi semiabbandonati e in luoghi suggestivi, spesso difficili da trovare, alcuni tra i poeti e i cantautori più interessanti d’Italia. Tra castagneti secolari, nelle radure, in mezzo a campi di grano, nei boschi, il pubblico ha avuto l’occasione di incontrare musicisti come Paolo Benvegnù, Bobo Rondelli, Colapesce, Umberto Maria Giardini, i Perturbazione, Virginiana Miller e poeti quali Milo De Angelis, Franco Loi, Giuliano Scabia, Antonella Anedda e Vivian Lamarque.

Tutti i reading e i live sono gratuiti, inoltre al pubblico e agli ospiti è offerto un piccolo benvenuto preparato dagli abitanti delle frazioni. Il prossimo festival si svolgerà dal 5 al 9 agosto. In attesa di scoprire gli artisti, i paesaggi, i sentieri di questa IV edizione, anche il pubblico coinvolto può costruire insieme un pezzetto de L’importanza di essere piccoli sostenendo la campagna fondi dell’associazione Sassiscritti. L’obiettivo è di raccogliere entro il 31 luglio 1.500 euro che serviranno a coprire una serie di spese vive, da quelle per i sopralluoghi e il vitto per gli ospiti ai materiali cartacei. fb L’importanza di essere piccoli

in più la rassegna CATANIA Secondo appuntamento

con la rassegna Emigrazione Immigrazione promossa da Arci Catania in collaborazione con Officina Rebelde, Mangiacarte Libreria Sociale, Opificio Zeronove e Gammazita Catania. Il 6 giugno alle 21 presso Officina Rebelde sarà proiettato Welcome di Philippe Lioret. Ambientato a Calais in Francia, il film vede come protagonisti un ex campione olimpionico di nuoto e immigrato curdo-iracheno. Vincitore di diversi premi, come il Premio Lux assegnato dal Parlamento europeo, ha ottenuto dieci candidature ai Premi César 2010.

fb Arci Comitato Territoriale Catania

BEPPE E GISELLA SARZANA (SP) Un’occasione di

sensibilizzazione sociale sulla donazione e sul trapianto di organi, per promuovere la diffusione di una scelta consapevole: è questo il senso della proiezione pubblica promossa dal comitato territoriale Arci Val di Magra insieme al circolo Arci Pubblica Assistenza di Sarzana sabato 7 giugno alle ore 21. Nella Sala della Repubblica verrà infatti proiettato ad ingresso libero Beppe e Gisella, il cortometraggio realizzato nel 2014 dall’associazione culturale Cinemaniaci e da Arci Piacenza, che sta girando l’Italia per parlare con toni ironici e leggeri di ‘una scelta consapevole’, quale la donazione per i trapianti. www.arcipc.it

SFILATA di fine corso LECCO Sabato 7 giugno, dalle ore

20.30, presso il circolo Arci Promessi Sposi, le allieve del corso di taglio e cucito organizzato dal circolo in collaborazione con EuroModeSchool propongono una serata in cui mostrare a tutti i soci i manufatti realizzati. Durante l’evento verrà realizzata una una raccolta fondi a favore dell’associazione ANDOS (Associazione Nazionale Donne Operate Al Seno). fb Circolo Arci Promessi Sposi

serata antirazzista SUCCIVO (CE) Il 6 giugno alle

21.30 presso il Castello di Teverolaccio le associazioni Spaccio culturale Arci Succivo e Artisticamente, con il patrocinio dell’Assessorato alla cultura del Comune di Succivo, promuovono la serata antirazzista Reggae in to castle. Ingresso gratuito. fb Spaccio Culturale Arci Succivo


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azionisolidali le notizie di arcs

a cura di Francesco Verdolino

Mapas²

Nel mese di giugno si terranno a Santa Fè, quartiere costiero periferico de L’Avana a Cuba, due laboratori audio visuali a cura di Giuditta Nelli e Anna Positano. Gli interventi si inseriscono nell’ambito di Mapas², un progetto partecipato promosso da Arci Liguria, Arci e Arcs Arci Cultura e Sviluppo con Associazione Hermanos Saìz, Associazione di Volontariato e Cooperazione Internazionale Carretera Central e la collaborazione di Istituto Cubano di Arte e Industria Cinematografica - ICAIC, Associazione di Promozione Sociale A-POIS, Associazione Culturale DisorderDrama, Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce. Mapas² è parte del progetto internazionale Santa Fé: Rafforzamento dei servizi socio-culturali per lo sviluppo comunitario, che affronta l’esclusione di parte della popolazione dalla vita culturale. Nelli e Positano coinvolgono abitanti, artisti e istituzioni locali e portano a compimento due lavori site specific che trovano significato soprattutto nel loro processo realizzativo. La partecipazione degli abitanti, declinata in modi diversi, consiste nell’inclusione attiva della comunità alla lettura, rilettura e traduzione del proprio paesaggio.

Campi di lavoro

Ultima settimana per iscriversi ai campi di lavoro e conoscenza all’estero di Arci: scadenza 6 giugno. Le destinazioni sono: Brasile, Ruanda, Mozambico, Serbia, Giordania, Territori Palestinesi. Le partenze sono programmate per i mesi da luglio a settembre. Le attività vanno dalla conoscenza delle realtà locali all’animazione per i bambini, dai laboratori artigianali a quelli sull’educazione ambientale, ed anche workshop fotografici e teatrali come quello che si terrà in Serbia. Si tratta di esperienze uniche per entrare in contatto con movimenti locali come quello dei Sem Terra in Brasile (da documentare attraverso un workshop fotografico), per relazionarsi con le comunità, i bambini e i giovani dei Territori in Palestina, per sperimentare un viaggio di scambio e di turismo responsabile in Mozambico, per lavorare insieme alle donne Rwandesi. Le quote di partecipazione - che Arci si riserva di suddividere in più rate - variano a seconda della destinazione. www.arciculturaesviluppo.it

società

Al via l’Onda Pride: tredici le città mobilitate Tutto il Paese scende in piazza con Arcigay Sono tredici le manifestazioni dell’orgoglio lgbt che costituiranno quest’anno l’Onda Pride, la grande mobilitazione nazionale che rivendica diritti e uguaglianza per le tutte le persone, senza discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere. Dopo i cinque Pride dell’anno scorso, coordinati tra loro, quest’anno sono più del doppio le città che hanno deciso di lavorare in rete e di partecipare alla mobilitazione. Sempre più il Pride si va diffondendo come buona pratica nel rapporto tra le comunità lgbt e i territori. Cresce ogni anno il numero di città che decidono di ospitare la parata dell’orgoglio, con un coinvolgimento sorprendente della cittadinanza. La storia italiana del Pride ci ricorda sia le esperienze pionieristiche a Roma e Bologna negli anni Novanta, quanto i memorabili momenti del World Pride del 2000 e dell’Europride del 2011. Oggi c’è un’ulteriore evoluzione: l’Onda Pride moltiplica le giornate dell’orgoglio, mette in rete le tante realtà dell’associazionismo lgbt con un’unica piattaforma rivendicativa. Quest’anno tentiamo di passare dal modello del Pride nazionale a quello della Nazione dei Pride, valorizzando la mobilitazione non solo della comunità lgbt ma di tutte le comunità locali che l’onda attraverserà. Tutto il movimento lgbt, insomma, stringe un grande patto civile con il Paese, si allea coi cittadini e le cittadine, e scatena un’onda per portare forte e chiara la richiesta di diritti all’attenzione di chi da sempre la ignora totalmente. Ad inaugurare l’Onda sarà Roma, che scenderà in piazza il 7 giugno. Seguiranno Alghero, Bologna, Catania, Lecce, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Torino, Venezia, dove ci si mobiliterà nella giornata che celebra i moti di Stonewall e la nascita del movimento lgbt, il 28 giugno. A chiudere Siracusa il 5 luglio e Reggio Calabria il 19 luglio. Una vera e propria mobilitazione di tutto il Paese, che tocca anche città che per la prima volta mettono in agenda questo appuntamento. È il caso di Alghero, di Lecce di Reggio Calabria, di Siracusa, che assegna così alla Sicilia un singolare primato: sono infatti tre le parate dell’orgoglio in programma – oltre a Siracusa, Palermo e Catania - a testimonianza della traccia importante lasciata dalla manifestazione

nazionale di Palermo dello scorso anno. La dignità e l’importanza del lavoro, in questi anni di dura precarizzazione che di certo non risparmia le persone gay, lesbiche e trans, è il tema su cui è incentrato il pride di Catania. Il Pride di Siracusa poi si svolgerà, in modo inusuale, sulle tradizionali imbarcazioni locali, con partenza da Riva Garibaldi. Sceglie la via della sostenibilità il Pride di Milano, che sfilerà senza carri amplificati e con musica originale. Parata a piedi anche per Bologna, dove il Pride è ormai tradizione ventennale, e per Venezia, dove invece la manifestazione fa ritorno dopo un lungo periodo di assenza. Un pride stanziale è la soluzione trovata a Perugia, con un villagelgbt all’interno della città. Allarga l’orizzonte a tutto il Mediterraneo, infine, il Pride di Napoli, che candida la città partenopea a polo di incontro e riflessione sui diritti e le discriminazioni per tutte le terre che affacciano sul Mare Nostrum. www.arcigay.it

arcireport n. 20 | 5 giugno 2014 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Carlo Testini Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Paolo Beni Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 18.30 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/



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