arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 20 | 28 maggio 2015 | www.arci.it | report @arci.it
Dopo l’Irlanda, anche in Italia il matrimonio egualitario di Francesca Chiavacci Presidente nazionale Arci
Domenica scorsa è stato chiesto agli irlandesi tramite referendum se vogliono adottare nella Costituzione il seguente nuovo testo: «Il matrimonio può essere contratto, in accordo con la legge, tra due persone senza distinzione di sesso». Il 62,% dei votanti ha espresso il suo parere favorevole. Con questo voto la cattolica Irlanda è diventata il primo paese al mondo a raggiungere il traguardo del matrimonio egualitario tramite referendum. Si è obiettato, giustamente, che diritti umani e individuali non devono essere sottoposti a voto (cosa sarebbe successo se avesse prevalso una maggioranza meno tollerante?) e che ancora tante ombre oscurantiste (la legge sull’aborto, ad esempio) sono nella legislazione di quel paese. A noi però interessa mettere l’accento sull’effetto, ancor più grave, che la realtà irlandese ha ottenuto nel farci vedere ciò che accade nel nostro Paese. Sono due gli ultimi paesi occidentali che non contemplano ancora nessun riconoscimento delle coppie dello stesso sesso: la Grecia e l’Italia. Il ministro della giustizia greco ha annunciato di voler estendere alle coppie omosessuali l’istituto delle coppie di fatto già in vigore
per i conviventi etero. Il nostro governo sembra, negli annunci, come spesso accade, avere programmi più ambiziosi, con un progetto di legge sulle unioni civili che porterebbe l’Italia allo stesso livello di paesi come la Germania o la Svizzera. Per ora, però, il cosiddetto disegno di legge Cirinnà (la senatrice che ne è relatrice) è in discussione, ma sono stati presentati quattromila emendamenti da esponenti dell’area cattolica e conservatrice. Da diversi mesi la nostra associazione lavora all’interno di una larghissima coalizione di associazioni e movimenti «per il matrimonio egualitario», uno dei tanti, non l’unico, dei temi che il movimento per i diritti civili in Italia e la comunità LGBTI portano avanti, con tenacia e costanza, interloquendo con i cittadini e le istituzioni locali e nazionali attraverso centinaia di presidi, manifestazioni ‘simboliche’, flash mob. Si tratta di una delle tante situazioni in cui si verifica con mano quanto il Paese reale, nei suoi comportamenti , sia molto più avanti delle leggi che intenderebbero regolarli. E sono tanti i provvedimenti che mancano al nostro
paese necessari per cambiare la nostra cultura in merito, la modifica della legge Mancino, che includa esplicitamente nei crimini previsti la violenza e l’incitamento all’odio connessi all’orientamento sessuale e all’identità di genere, l’introduzione di nuovi programmi educativi per il personale della pubblica amministrazione, con l’obiettivo di garantire competenze sufficienti per lavorare nel pieno rispetto dell’orientamento sessuale, l’adozione di misure volte esplicitamente a combattere l’omofobia e la transfobia nelle scuole di tutto il paese. Si tratta di battaglie culturali, si tratta anche di dare visibilità e forza a tanti cittadini e cittadine che pagano quotidianamente una cultura omofoba e discriminatrice. Il mese di giugno è tradizionalmente dedicato al momento del Pride, del tributo alle persone (in buona parte transessuali, transgender, drag queen e travestiti) che, durante i moti di Stonewall del 1969, per prime alzarono la testa contro l’oppressione e la discriminazione nei confronti delle comunità LGBTI. L’Arci sarà quest’anno, nei Pride, come sempre, con una motivazione politica in più, la battaglia per il matrimonio egualitario.
2
elezioni
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015
Elezioni in Puglia: partecipazione e confronto costante con i nuovi eletti di Davide Giove presidente Arci Puglia
Siamo 20mila, organizzati in centoventi presidi di democrazia e cittadinanza attiva, sei comitati territoriali e un comitato regionale. Siamo qui in Puglia, nel 2015, l’Arci. Viviamo la nostra associazione riuscendo, attraverso essa, a guardare da un osservatorio privilegiato ciò che accade nelle azioni e nelle sensibilità di questa grande Regione dell’Italia, dell’Europa e del Mediterraneo. È sulla base di questa esperienza, di questa missione, che sentiamo di poter affermare che oggi viviamo una Puglia molto diversa rispetto a quella di soli dieci anni fa. Ai decisori politici di questa stagione riconosciamo il merito di aver saputo fornire delle risposte. Oggi, però, riteniamo fondamentale formulare una domanda nuova! Perché sono esse, le domande, se sbagliate, a comportare risposte altrettanto ingiuste. Già in occasione delle primarie del centrosinistra ritenemmo giusto invitare dunque i nostri territori e la nostra base associativa alla partecipazione alla consultazione, ognuno secondo la propria sensibilità e nel rispetto delle scelte di ciascuno. Ai tre candidati delle primarie proponemmo nove punti,
rispetto ai quali dichiarammo cosa di buono c’è stato e cosa si può e si deve a nostro avviso migliorare nelle politiche regionali, dalla cultura alle politiche giovanili, dall’ambiente all’accoglienza e integrazione dei migranti, dal welfare ai diritti civili. Abbiamo salutato con favore la scelta del vincitore, Michele Emiliano, di intraprendere un interessante cammino partecipativo per l’individuazione delle priorità di programma. Tra le migliaia di cittadini coinvolti nelle consultazioni per la stesura del programma ci sono stati tanti nostri militanti e diversi dirigenti locali, provinciali e regionali, il cui prezioso contributo ha inciso nei contenuti di una scrittura dal basso i cui primi esiti ci soddisfano. Porre al centro la partecipazione è di certo un primo importante passo per il governo di una Regione che ha nelle sue corde la capacità della società civile di riunirsi in forme organizzate, forme di cui l’Arci è espressione vitale e forte. Il decennio a guida Vendola ci lascia in eredità una Puglia di cui essere fieri, una regione in grado di elaborare politiche
innovative a partire da intuizioni in alcuni casi inimmaginabili fino a qualche tempo prima. Compito del nuovo governo sarà quello di rinnovare questo slancio e migliorare tutti gli aspetti perfettibili delle politiche che abbiamo conosciuto. A partire da quello che per noi è l’aspetto più impellente: sottrarre il cittadino a quei moti di ventre che, se ignorati o addirittura cavalcati, producono giochi al ribasso quando non veri e propri mostri. Favorire i percorsi di cultura, educazione popolare, contrasto alle povertà, tutela dei luoghi, accoglienza e rifugio, incontro intergenerazionale ed interculturale nei valori fondanti del vivere democratico: questi gli obiettivi ambiziosi che spettano ad un governo progressista della Puglia; obiettivi raggiungibili solo attraverso un’interpretazione paziente ed attenta dei principi di sussidiarietà. Il nostro sostegno, nei territori, andrà alle liste ed ai candidati ‘presentabili’ a cui affideremo non solo il governo della Regione Puglia, ma l’onere del dialogo e del confronto continuo per i prossimi cinque anni.
La Regione dei prossimi anni Stralci del documento di Arci Liguria in occasione delle elezioni regionali L’Italia si trova in una fase di forte difficoltà. Con il voto per il rinnovo dei Governi regionali può arrivare una spinta al cambiamento. Alle Regioni compete un ruolo essenziale nell’attuazione del decentramento e trasformazione in senso federalista del Paese con un più forte protagonismo delle comunità locali. Ma per salvaguardare la garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini in modo uniforme sul territorio nazionale occorre evitare che al centralismo dello Stato si sostituisca un nuovo centralismo delle Regioni. Noi pensiamo a un federalismo solidale, a un Paese che valorizzi le diversità e le risorse di ciascun territorio. Un federalismo di Regioni forti della propria identità ma capaci di aprirsi alla relazione con l’Europa e col mondo. Associazionismo: cittadini attivi, consapevoli e responsabili
Le associazioni di promozione sociale sono fondamentali nel riequilibrare l’offerta culturale e ricreativa fra centro e periferie e nell’offrire occasioni di socialità. I circoli sono luoghi a forte funzione pubblica e al tempo stesso sono la più estesa rete di presidio sociale oggi esistente in Liguria.
Valorizzare queste esperienze significa innanzitutto riconoscerle, incentivandone la diffusione e inserendole nei piani di sviluppo sociale e culturale della regione.
quanto attiene alla prevenzione è necessario recuperare una programmazione a rete con i Comuni e con le organizzazioni del terzo settore.
Una Regione con più cultura e meno eventi
Mutuo Soccorso e mutualità: un modo di vivere solidale
La promozione della cultura dovrebbe essere la priorità dell’amministrazione regionale. Tuttavia la politica sulla cultura della Regione Liguria è stata in questi anni molto ‘conservativa’ perchè le opportunità culturali hanno sempre privilegiato chi già opera nel settore e/o chi aveva già ricevuto finanziamenti. Occorre tornare ad incentivare la produzione e quindi l’innovazione e non solo la fruizione, favorendo le contaminazioni fra generi e approcci, utilizzando l’arte e cultura come veicoli di integrazione.
Mutualismo come forma di tutela e di progresso. Mutualismo, quindi, come ritrovato impegno attorno alle parole fondanti del nostro mondo: uguaglianza, solidarietà e responsabilità. Le Società Operaie di Mutuo Soccorso devono tornare ad essere un pezzo significativo del welfare nazionale, inteso non solo come erogatore di servizi ma di vera e propria promozione di cittadinanza attiva.
La Regione dei diritti e dell’accoglienza
Le politiche di welfare rappresentano una delle competenze su cui le Regioni qualificano il governo dei territori. I dati confermano invece una situazione di crisi anche sul versante delle tutele e delle politiche socio-sanitarie. In particolare, per
Vogliamo vivere il territorio, tutelarlo e quindi promuoverlo
Lo sforzo di coniugare tutela dell’ambiente e sviluppo è un impegno fondamentale per la nuova Liguria. Le diverse alluvioni determinano la necessità di intervenire con una volontà nuova. Serve una moratoria assoluta per tutte le costruzioni in alveo o in zone a rischio esondazione e dare la priorità al finanziamento del riassetto idrogeologico.
3
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015
legalitàdemocratica
Sui campi della legalità la parola a Calogero Parisi, presidente della cooperativa Lavoro e non solo Tra i campi della legalità che Arci promuove, insieme a Cgil, Spi Cgil e Flai Cgil, anche per il 2015, sicuramente uno dei più apprezzati e con il più alto numero di richieste è quello che si svolge a Corleone, cittadina che, simbolicamente, rappresenta forse più di qualunque altra in Italia il ‘territorio di mafia’. «Eppure qui ci sono 32 beni confiscati di cui 31 attualmente riutilizzati. Quando le persone arrivano a Corleone, si accorgono, quasi con sorpresa, che il movimento dell’antimafia c’è ed è molto radicato sul territorio» spiega Calogero Parisi, presidente della cooperativa Lavoro e non solo, che coordina i campi della legalità a Corleone e Canicattì. Volontario in servizio civile nel 1993 con l’Arci Sicilia, Calogero ha preso parte alla prima Carovana Antimafie, partita nel 1994 dalla Sicilia, e nel 2000 è diventato presidente della cooperativa Lavoro e non solo, che gestisce un’azienda agricola che coltiva terreni confiscati tra Corleone, Monreale e Canicattì. Nel 2004, durante le tappe toscane della Carovana Antimafie, nasce l’idea di trovare un’attività che potesse
coinvolgere i ragazzi sui temi dell’antimafia: così, con la collaborazione dei toscani, si dà il via ai primi due campi di lavoro a Corleone, che, anno dopo anno, diventano una realtà consolidata. Nel 2015 sono dodici i campi in programma a Corleone, ognuno dei quali ospita circa
30 volontari, a cui si affiancano i soci della cooperativa Lavoro e non solo e da quest’anno anche un altro gruppo di volontari: undici ragazzi del Centro Sprar gestito dal circolo Arci I girasoli di Mazzarino. Infatti, grazie ad un progetto finanziato da Fondazione con il Sud, si è potuta realizzare formazione teorica e pratica a questo gruppo, che opererà attivamente sui terreni gestiti dalla cooperativa. «A Corleone si svolgono diverse attività, a seconda del periodo del campo, infatti il primo inizia a fine aprile, mentre l’ultimo
Riparte la Carovana Antimafie L’edizione del 2014 della Carovana Antimafie si chiuderà ufficialmente a fine giugno a Bruxelles, con la conclusione del progetto Cartt, intrecciatosi, in tutti questi mesi, con le tappe europee di Carovana. L’edizione 2015 della Carovana partirà da Reggio Calabria. Il viaggio proseguirà per tutto giugno per poi riprendere a settembre. Di seguito il calendario diviso per regioni del viaggio della Carovana 2015. GIUGNO 10 partenza da Reggio Calabria (poi Rosarno) 11, 12 Calabria 13 Basilicata 14, 15, 16 Campania 17, 18, 19 Lazio 20 Umbria 21, 22, 23 Emilia Romagna 24, 25 Marche 26, 27, 28 Toscana
29, 30 Bruxelles AGOSTO 28 Pescara SETTEMBRE 1, 2, 3 Veneto 4, 5 Friuli Venezia Giulia 6, 7 Trentino Alto Adige 11, 12, 13 Piemonte 14 Valle D’Aosta 15, 16, 17 Liguria 18, 19 Sardegna 20, 21, 22, 23, 24, 25 Sicilia 26, 27, 28 Puglia 29 Molise 30 Abruzzo OTTOBRE 6, 7, 8 Lombardia Bologna (tappa ‘off’) Albania, Francia, Spagna, Romania, Malta, Germania.
si svolge ad ottobre: in tutto questo periodo, si alternano la gestione del vigneto, le trebbiature, la raccolta dei pomodori, mentre il campo di Canicattì è legato alla vendemmia - spiega Calogero - Questi lavori si svolgono la mattina, mentre i pomeriggi sono dedicati ad attività di formazione e conoscenza dell’antimafia sociale, sia con le testimonianze di magistrati e giornalisti, sia con delle visite esterne: significative, ad esempio, sono quella a Portella della Ginestra e a via D’Amelio a Palermo. Inoltre, quest’anno i campi saranno dedicati a Bernardino Verro, primo sindaco socialista di Corleone, assassinato dalla mafia nel 1915: nel centenario dalla sua scomparsa, il Comune sta programmando diverse iniziative per commemorarlo, a cui prenderemo parte». Perché un ragazzo, oggi, dovrebbe partecipare ad un campo della legalità? «Per poter calpestare quella terra, toccarla con mano e contribuire, per quello che può, a questo grande progetto di cambiamento culturale - spiega ancora Calogero - quando tornano a casa propria, in territori dove magari si dice che la mafia non c’è, i volontari osservano il mondo circostante con occhi diversi, e cominciano a chiedere più consapevolezza a chi amministra. Ad esempio, un gruppo di giovani di Rimini, che ha partecipato negli anni a diversi campi a Corleone, sulla base di quest’esperienza ha messo su un’associazione, il Gruppo Antimafia ‘Pio La Torre’, che con grande impegno organizza iniziative di sensibilizzazione nella propria località». Tutte le informazioni e le schede descrittive dei campi sono sui siti www.arci.it e www.campidellalegalita.it
4
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015
paceedisarmo
Grazie alle firme raccolte un’altra Difesa è oggi più vicina e possibile
Depositata alla Camera la Legge di iniziativa popolare per la Difesa civile, non armata e nonviolenta
Col deposito delle firme alla Camera, si è concluso il primo passo formale importante della Campagna Un’altra Difesa è possibile. Obiettivo raggiunto: gli scatoloni con le 50.000 firme necessarie per la presentazione della Legge di Iniziativa popolare sono stati consegnati da una rappresentanza del Comitato Promotore. La raccolta è avvenuta in tutta Italia, nel corso degli ultimi sei mesi, da centinaia di associazioni, gruppi, movimenti delle principali Reti del mondo pacifista, nonviolento, disarmista e del servizio civile. La legge Istituzioni e modalità di finanziamento del Dipartimento per la Difesa civile, non armata e nonviolenta vuole dare piena attuazione agli articoli 11 e 52 della Costituzione (ripudio della guerra e difesa della patria affidata ai cittadini) e avviare nel paese una politica di difesa della popolazione, del territorio, delle istituzioni: il servizio civile, la protezione civile, i corpi civili di pace e un Istituto di ricerche sulla pace ed il disarmo, sono gli elementi centrali della proposta legislativa
la cui presentazione verrà annunciata già nella prossima seduta parlamentare a Montecitorio. Grande soddisfazione è stata espressa per questo risultato dai promotori della Campagna Un’altra difesa è possibile che hanno registrato l’adesione anche di decine di Sindaci di città grandi e piccole (Roma, Milano, Napoli, Genova, Reggio Emilia, Pavia, Modena, Messina, Vicenza, Livorno, Cagliari…) e di tanti Consigli Comunali, come dell’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna. «In attesa che gli uffici della Camera dei Deputati controllino la validità e la sufficienza delle firme raccolte - ha dichiarato Mao Valpiana, coordinatore della Campagna e presentatore della legge - chiediamo che fin da subito Deputati e Senatori la possano fare propria, avviando il dibattito sulla necessità che anche nel nostro Paese venga riconosciuta a livello istituzionale una forma di difesa alternativa a quella militare». La proposta di legge, tra l’altro, chiede una riduzione delle spese sostenute dal Mini-
stero della Diesa per nuovi sistemi d’arma al fine di poter costituire un fondo per la difesa civile non armata e nonviolenta. «Non si tratta quindi di spendere di più ha proseguito Valpiana - ma di spendere meglio». A consegnare le firme sono stati i rappresentanti delle sei Reti promotrici: Rete Italiana per il Disarmo, Rete della Pace, Tavolo interventi civili di pace, Conferenza nazionale degli Enti di Servizio Civile, Forum nazionale Servizio Civile, Campagna Sbilanciamoci! Nei prossimi giorni i promotori auspicano inoltre di potersi incontrare con la Presidente della Camera Laura Boldrini, per sottoporle i contenuti del progetto di legge e chiedere un sollecito avvio dell’iter parlamentare relativo. Le realtà promotrici di Un’altra Difesa è possibile avevano già incontrato l’On. Boldrini all’inizio del percorso della Campagna il 2 giugno 2013, in occasione della prima Festa della Repubblica che ripudia la guerra. www.difesacivilenonviolenta.org
Avviato il percorso di sperimentazione dei Corpi Civili di Pace, storica proposta del mondo pacifista italiano Dopo molti mesi dall’approvazione della Finanziaria 2014 è finalmente stato pubblicato il decreto che istituisce in via sperimentale all’interno del Servizio Civile nazionale i Corpi Civili di Pace. La Cnesc, il Tavolo Interventi Civili di Pace e la Rete Italiana Disarmo ritengono che tale sperimentazione sia necessaria per valorizzare in modo più mirato l’esperienza realizzata con i progetti di servizio civile in Italia e all’estero per la costruzione della pace in aree di conflitto. Si tratta di un passo fondamentale per l’implementazione di un sistema di difesa civile non armata e nonviolenta. Questa sperimentazione può essere rampa di lancio di interventi più ampi per la prevenzione e trasformazione nonviolenta dei conflitti, che non riguardino solo i giovani del servizio civile e che si colleghino ad esempio con le esperienze della cooperazione internazionale, del Corpo europeo di intervento umanitario, fino a portare a un’eventuale legislazione autonoma sul tema, sia in ambito italiano che europeo. Con l’avvio della sperimentazione sui Corpi
Civili di Pace l’Italia potrà essere punto di riferimento in Europa di scelte innovative. Cnesc, Tavolo ICP e Rete Disarmo sono pronti a fare la propria parte, consapevoli che i Corpi Civili di Pace vedranno un ruolo centrale della società civile, pur ricevendo riconoscimento istituzionale. Chiedono al Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale di rendere rapide tutte le procedure amministrative per poter passare alla fase operativa, e poter svolgere comunque la sperimentazione in un arco di tre anni. Numerose sono già le proposte emerse tra gli Enti interessati, sia sulle aree territoriali in cui realizzare la sperimentazione sia sulle tipologie di conflitto su cui intervenire. «Noi pensiamo che questa sperimentazione sia quanto mai attuale considerando lo scenario di violenza, intolleranza e di guerra che sempre più attraversa interi paesi ed aree della nostra terra - afferma Licio Palazzini Presidente della Cnesc tutte situazioni critiche che non si possono più risolvere con l’uso delle armi e della forza, ma che necessitano dell’approccio
della nonviolenza, di strumenti di prevenzione, di interposizione, di ricostruzione, di educazione e formazione». Martina Pignatti, referente per il Tavolo Interventi Civili di Pace, ricorda che “associazioni e volontari già svolgono da decenni interventi di peacebuilding in aree di conflitto. Finalmente anche le istituzioni sono giunte a riconoscere la dignità e importanza strategica di questo tipo di azione, e sanciscono che la pace vada costruita partendo dal punto di vista della società civile e della popolazione in zona di conflitto». «È importante che finalmente si sia giunti alla realizzazione di un pezzo fondamentale della Difesa civile non armata e nonviolenta - commenta Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo - che noi vogliamo realizzare nella pratica e in maniera sistemica. La nostra attenzione sarà incentrata su una politica più ampia di difesa civile, la stessa che chiediamo con la proposta di legge di iniziativa popolare Un’altra Difesa è possibile».
5
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015
israele/palestina
Rilanciare un movimento di solidarietà con il popolo palestinese per una pace basata sulla giustizia di Carla Cocilova responsabile attività internazionali Arci Toscana
Gira una lettera in Europa firmata da 16 Ministri degli Esteri. Scorrendo i nomi troviamo anche quello di Paolo Gentiloni, insieme a quelli dei suoi colleghi europei. Non ci sarebbe molto da segnalare, se non che l’obiettivo della lettera è quello di chiedere che sulle etichette dei prodotti provenienti dalle colonie, costruite illegalmente da Israele nei Territori Palestinesi dentro i confini del 1967, sia chiaramente indicata la provenienza. Conoscendo le politiche del nostro paese, e dell’attuale governo che è riuscito a votare due diverse mozioni sul riconoscimento dello stato di Palestina, questa lettera ci appare come un unicum, come un elemento da non sottovalutare, soprattutto da parte di coloro che, come l’Arci, hanno sempre promosso una risoluzione del conflitto israelo-palestinese basato sulla giustizia. Le colonie sono illegali, lo dice il diritto internazionale ed è chiaramente scritto su questo documento, sono inoltre ad oggi lo strumento peggiore dell’occupa-
zione israeliana, perché elemento fisico e permanente, che cambia in maniera pressoché definitiva la conformazione del territorio e della popolazione che lo abita. Crea inoltre un livello altissimo di conflitto locale ed è il simbolo della disuguaglianza e dell’apartheid a cui il popolo palestinese è sottomesso. Un recente rapporto di Human Rights Watch ha raccontato come nelle colonie si usi manodopera di minori palestinesi, che disperati e impoveriti dall’ulteriore deterioramento dell’economia palestinese, situazione dovuta principalmente alla chiusura e alla frammentazione del territorio, sono costretti allo sfruttamento e ad essere doppiamente vittime di un’occupazione che nega in primo luogo i loro diritti. Le colonie sono inoltre il tema centrale su cui Netanyahu ha giocato la sua campagna elettorale. In una crisi economica e sociale che colpisce la popolazione di Israele in maniera molto dura, la retorica del rilancio a partire da nuove risorse, soprattutto nell’agricoltura,
nuove costruzioni e annessione di nuova terra, ha evidentemente pagato. In una situazione così complessa, con gli accordi di pace ancora lontani e alcune situazioni limite, come per esempio la progressiva colonizzazione di Gerusalemme Est con la distruzione di interi quartieri storici come Silwan e Sheikh Jarrah, l’isolamento totale di Gaza distrutta dai bombardamenti e non ancora minimamente ricostruita, si colloca un Europa che continua ad avere difficoltà a prendere posizioni. In questo contesto una lettera come quella dei 16 ministri degli esteri di diversi paesi di Europa diventa uno strumento molto importante per rilanciare anche nel nostro paese un movimento di solidarietà verso il popolo palestinese, che sia consapevole di quali strumenti, anche e soprattutto del diritto internazionale, possono essere utilizzati per raggiungere l’obiettivo che i nostri amici e compagni israeliani e palestinesi ci chiedono, ancora una volta con la forza e la dignità che li contraddistingue: una pace basata sulla giustizia.
La Rete della Pace scrive a Federica Mogherini: sospendere l’accordo di associazione UE-Israele Gentilissima Onorevole, il Trattato sull’Unione Europea stabilisce che le azioni esterne debbano essere guidate dai principi della democrazia, della legalità, della universalità dei diritti umani, di uguaglianza e solidarietà, e dal rispetto della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. A partire da questo, noi firmatari, appartenenti a gruppi per i diritti umani, sindacati e organizzazioni di solidarietà italiani, chiediamo che l’Unione Europea aderisca alla lettera e allo spirito del Trattato mettendo in atto passi conseguenti nei confronti di Israele in quanto responsabile di gravi violazioni del diritto internazionale. La scorsa estate Israele ha condotto a Gaza un massacro con oltre 2000 vittime. I più recenti rapporti delle organizzazioni dei diritti umani internazionali ed israeliani hanno rivelato che Israele nel corso del suo ultimo attacco a Gaza ha deliberatamente preso di mira civili e infrastrutture civili. Inoltre Israele continua a costruire insediamenti illegali e a praticare trasferimenti forzati della popolazione palestinese. A novembre dello scorso anno più di 300
gruppi per i diritti umani, sindacati e partiti politici in tutta l’Unione Europea le hanno scritto chiedendo di agire per la sospensione dell’accordo di associazione UE-Israele. Nel gennaio di quest’anno 63 parlamentari europei si sono rivolti a Lei con la stessa richiesta. Non sospendere l’Accordo di associazione manifesterebbe di fatto una forma di sostegno politico alle continue e flagranti violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, che ciò nonostante continua inoltre a beneficiare di un trattamento preferenziale nell’accesso ai mercati e ai programmi UE. La scelta di mantenere lo status quo nelle relazioni UE-Israele è un comportamento del tutto difforme da quello tenuto dall’Unione nei confronti di altri Stati responsabili di analoghe violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale. Il documento della UE «Misure restrittive (sanzioni) vigenti» del luglio 2013, elenca una serie di misure attualmente in corso contro alcuni paesi terzi. Le politiche di Israele rappresentano violazioni del diritto internazionale e di norme internazionali, molto più gravi
e persistenti delle violazioni di molti altri paesi contro i quali la UE ha preso misure sanzionatorie. Questo è attestato da numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU come dal parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del 2004. La UE dovrebbe giocare un ruolo di primo piano nella promozione di una pace giusta tra Israele e i Palestinesi, una pace che come da lei stessa affermato non può che essere fondata sul pieno rispetto del diritto internazionale. La sollecitiamo a intervenire con la massima urgenza usando tutti i mezzi a sua disposizione per garantire che: la UE applicherà misure restrittive nei confronti di Israele, compresa la sospensione dell’Accordo di Associazione, come un modo per fare pressione su Israele affinché rispetti il diritto internazionale; la UE applicherà i suoi obblighi di legge di non fornire sostegno agli insediamenti illegali di Israele mettendo al bando relazioni commerciali ed economiche che li sostengano; la UE escluderà aziende militari israeliane dalla partecipazione ai programmi di ricerca della Unione Europea come Horizon 2020.
6
esteri
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015
Sfidare l’esistente è possibile, le elezioni in Spagna lo dimostrano di Raffaella Bolini relazioni internazionali Arci
Che l’austerità avrebbe devastato, oltre che i diritti e la democrazia, anche la tenuta della stessa Unione Europea, lo dicono da sempre autorevoli economisti ed esperti. Era prevedibile che l’abbandono del progetto sociale europeo e l’imposizione forzosa del neoliberismo rigoroso avrebbe prodotto destabilizzazione. Così è accaduto del resto in tutti i continenti dove la cura neoliberista è stata somministrata a dosi massicce. L’esito della crisi di un sistema non è scritto. Anche la fine che farà l’Unione Europea dipende da quello che nei paesi europei si sta muovendo, dai rapporti di forza che si vanno costruendo, da quale cultura riuscirà ad affermare egemonia. Le strade sono aperte, tutte. Le elezioni amministrative in Spagna segnano l’avanzata di formazioni antiliberiste sociali e popolari. Nelle stesso giorno, le elezioni politiche in Polonia consegnano il paese a una destra reazionaria che ha per modello il fascista ungherese Orban. Dal giorno della vittoria di Syriza tutta l’attenzione sulla tenuta dell’Euro e dell’UE si è concentrata sul rischio del ‘Grexit’. Ma il vero pericolo di rottura dell’Unione arriva invece dalle elezioni
nel Regno Unito dove il conservatore Cameron, un minuto dopo la vittoria, annuncia per il 2017 il referendum sulla permanenza nella Unione Europea. A inizio 2016 voterà anche l’ Irlanda. E dopo la straordinaria vittoria del sì nel referendum sui matrimoni di persone dello stesso sesso, trovano conferma i sondaggi che guardano al Sinn Fein un partito che al tempo della crisi ha recuperato in pieno il suo dna di sinistra sociale e popolare. Pare sia finito il tempo in cui la favola dell’austerità e del pareggio di bilancio come medicine necessarie riusciva a contenere la rivolta e il disgusto popolare per la politica mainstream che le imponeva ovunque in Europa. Pare non funzioni bene neppure il tentativo di addolcire la pillola, il nuovo mantra della Commissione che prova a legare austerità e crescita, due cose che insieme non stanno - a parte quel 10% di popolazione che con l’austerità si arricchisce a scapito di tutti gli altri. Comincia a mostrare la corda anche la mistificazione lessicale che maschera con il positivo nome di ‘riforme’ la distruzione dei diritti sociali, del lavoro e dei beni comuni. Le riforme greche restituiscono
al popolo reddito e lavoro: comincia a chiarirsi che non conta il nome, conta il contenuto. L’Europa ferma non starà. Andrà a destra, o andrà a sinistra. La leadership europea prova a chiudersi a riccio: a giugno, nel dibattito sulla riforma della governance, proporrà una Europa a due livelli, con la zona euro più integrata a totale egemonia tedesca e tutto il resto abbandonato a essere sempre più periferia. L’altra ricetta è una Europa unita nella giustizia sociale, e solidale. Ma bisogna farla vincere, ricostruendo connessione fra politica e persone, e riportando anche a votare i tantissimi che sempre più rimangono a casa. Grecia, Irlanda e Spagna - a guardare bene gli elementi unitari di esperienze diverse - paiono dire che questa idea di Europa vince quando crea ‘unità popolare’, coalizioni di movimenti politici e sociali chiaramente anti-liberisti che sfidano l’esistente. In Spagna, sono le coalizioni che hanno vinto le città. Quando si è presentato da solo, neppure Podemos ce l’ha fatta. Ogni paese ha la sua strada. Ma siamo davvero a un bivio, in Europa. E dovunque siamo tutto si può fare, meno che stare alla finestra a guardare.
Niente riduzione per gli F-35: uno schiaffo ai cittadini e al Parlamento Dopo mesi di attesa, i dati ufficiali desumibili dal Documento programmatico pluriennale del Ministero della Difesa che assegna al programma Joint Strike Fighter circa 583 milioni di euro per l’anno 2015, dimostrano una chiara certezza sugli F-35: «Questa riduzione non s’ha da fare!». Per la campagna Taglia le ali alle armi, che dal 2007 si batte per la cancellazione del programma dei caccia, la decisione del Governo Renzi di non toccare il budget destinato ai caccia F-35 si configura come uno schiaffo al Parlamento che, l’autunno scorso, e anche sulla base della pressione popolare, aveva votato una mozione per il dimezzamento del budget del programma. L’esplicitazione dei fondi stanziati sul 2015 per i cacciabombardieri arriva dopo mesi di richieste della Campagna relativamente ai dettagli di acquisto e di finanziamento, avanzate in particolare al momento della presentazione
del Bilancio della Difesa a fine 2014. Dai capitoli di investimento su sistemi d’arma era infatti impossibile determinare la quantità di denaro indirizzata su questo programma: ciò significa che, a causa delle omissioni del Ministero, gli stessi Parlamentari hanno dovuto votare qualcosa di non chiaro. Una situazione inaccettabile! Il Governo ha invece scelto una strada di pieno silenzio, per poter presentare la decisione di acquisto complessivo e non ridotto come un dato di fatto ormai acquisito. Una situazione che si desume dai dati del DPP, che fa crescere i fondi a disposizione rispetto al 2014, ma soprattutto lascia intoccata a 10 miliardi di euro la somma per acquisizione e supporto logistico. Ciò dimostra come non c’è stata alcuna diminuzione del budget. Non è infatti possibile come furbescamente cerca di fare il Ministero della Difesa, fare valutazioni su fantomatiche diminuzioni di acquisto solo seguendo gli
stanziamenti annuali, che riguardando acquisizioni dei velivoli per lotti decisi e confermati di volta in volta possono subire variazioni e/o ritardi ininfluenti sulla quantità complessiva di aerei. Il sospetto di Taglia le ali alle armi è che il Governo stia solamente cercando di dilazionare l’acquisto, anche per ragioni di disponibilità finanziaria, nell’attesa di tempi migliori per quanto riguarda sia il prezzo che la deficitaria situazione tecnica del caccia. La decisione di questi giorni di non toccare gli F-35 non è però solo una sfida al Parlamento, ma ripropone ancora una volta l’errore grave della linea del Governo rispetto al tema delle spese militari troppo alte. La Campagna riprenderà dunque a breve azioni di mobilitazione perché è inaccettabile che il Governo non conceda alcun ascolto alla società civile, all’opinione pubblica e al Parlamento su un tema così importante.
7
esteri
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015
Chiediamo al Parlamento una discussione sulla Grecia
Lettera aperta alle parlamentari e ai parlamentari italiani Cambia la Grecia Cambia l’Europa lancia una campagna di massa per chiedere ai parlamentari italiani di imporre una discussione parlamentare sulla Grecia. Sarà questo il nostro principale contributo alla campagna europea Change4all, in questi giorni decisivi per la vicenda greca e per il futuro dell’Europa. È possibile firmare la lettera al seguente link: https://www.change.org/p/ parlamentari-italiani-chi-decide-sulla grecia?recruiter=235035191&utm_ source=share_petition&utm_ m e d i u m = e m a i l & u t m _ campaign=share_email_responsive Di seguito il testo completo della lettera. «Care deputate e cari deputati, care senatrici e cari senatori, il negoziato tra istituzioni europee, creditori e Grecia sta arrivando alla stretta finale. È evidente che l’esito del negoziato avrà serie conseguenze sul futuro della stessa Unione Europea. Il governo greco sta cercando di raggiungere un accordo onorevole che rispetti
sia gli obblighi della Grecia come stato membro della Unione Europea, sia il mandato elettorale del popolo greco. Ha finora onorato tutti i debiti solo con le proprie risorse, in una permanente ed orchestrata asfissia di liquidità. Ha introdotto riforme democratiche che stanno producendo effetti positivi. Sin dall’inizio dell’estenuante negoziato, il governo greco ha ribadito di doversi attenere al mandato democratico affidatogli dal popolo - e per questo, di non poter accettare il programma di austerità esattamente come esso era stato imposto alla Grecia dalla Troika. Ma i negoziatori italiani, invece, a chi rispondono? Quale mandato democratico è stato loro affidato, e da chi? In questo momento cruciale per il destino dell’Unione Europea noi chiediamo a voi, che siete rappresentanti eletti dal popolo italiano, di rivendicare il vostro mandato e di difendere la sovranità popolare anche nel nostro paese. Vi chiediamo di pretendere urgente-
mente una discussione parlamentare sul negoziato con la Grecia. Aldilà del giudizio sul governo Tsipras, si tratta di difendere la democrazia in Italia e in Europa, la dignità del nostro popolo e delle nostre istituzioni insieme a quella del popolo greco. Se l’insostenibile ‘sovranità della finanza’ dovesse prevalere sulla sovranità del popolo, i popoli europei tutti perderanno. La loro subordinazione alla oligarchia finanziaria europea e mondiale ne uscirà rinforzata, e la credibilità dei parlamenti ne uscirà ancor più devastata. Anche in Italia potrebbero aggravarsi le pesanti interferenze sulle scelte politiche, e ciò sarebbe una limitazione inaccettabile della nostra democrazia e della nostra sovranità. Crediamo sia interesse comune impedire che la scelta democratica di difendere i lavoratori, le pensioni, il servizio sanitario nazionale, l’accoglienza, i beni comuni - in Grecia come nel nostro paese - venga sacrificato agli interessi finanziari e speculativi».
TTIP: obiettivo due milioni di no di Monica Di Sisto e Alberto Zoratti Campagna Stop TTIP Italia
Il Parlamento europeo il prossimo 9 giugno dovrà esprimere il proprio parere sul negoziato transatlantico di liberalizzazione degli scambi e degli investimenti (TTIP) che la Commissione sta negoziando per conto di tutti noi. Una votazione non risolutiva, visto che il negoziato continuerà, ma che darà alcune indicazioni ai negoziatori sugli elementi critici. Per questo la Campagna Stop TTIP Italia invita a diffondere e sostenere la petizione internazionale http://stop-ttip.org/firma con l’obiettivo di raggiungere le 54mila firme entro il 7 giugno, come contributo italiano all’obiettivo europeo dei due milioni. La Commissione intanto ha lanciato una nuova campagna di comunicazione per convincerci che il TTIP è decisamente conveniente per la nostra economia stagnante, sostenendo che è un’occasione imperdibile per le piccole e medie imprese del vecchio continente, molte delle quali sono alla canna del gas da diversi anni. La crescita della produttività in Italia si è ridotta in media ogni anno dal 1994 al 2014 di 1,32 punti percentuali
rispetto al periodo precedente. Sull’arco dei venti anni significa una perdita di 26,4 punti. Eppure le nostre imprese sono rimaste in gran parte piccole, familiari, e sono resilienti proprio perché piccole e molto agguerrite. L’Italia, peraltro, è il Paese europeo con il numero maggiore di Pmi che già scambiano molto con gli Usa, e che quindi in teoria avrebbero più da guadagnare con un’apertura maggiore dei mercati. Che cos’è che non va, allora, nell’analisi che la Commissione presenta con il Rapporto appena pubblicato? Innanzitutto, guardando i dati, scopriamo che le Pmi, l’88% di tutte le imprese che esportano negli Stati Uniti, si portano a casa appena il 28% del valore totale delle esportazioni europee verso gli Usa, mentre il rimanente 12% delle imprese europee, tutte con più di 250 addetti, porta a casa il 72% del valore delle esportazioni. E qui troviamo le dolenti note, perché stando alla valutazione d’impatto del TTIP sul mercato europeo fatta dalla Bertelsmann Foundation, una delle più positive rispetto ai possibili guadagni connessi al trattato, il TTIP, permettendo
un ingresso più facile di materie prime e merci dagli Usa, ridurrà drasticamente lo scambio nel mercato interno tra i Paesi europei: parlando di colossi, se gli scambi Usa-Gran Bretagna cresceranno del 60% e quelli Usa-Germania del 94%, gli scambi tra Gran Bretagna e Germania si ridurranno del 41% e quelli tra Gran Bretagna e la vicina Irlanda di ben il 46%. L’Italia perderà circa il 30% delle sue attuali esportazioni in Germania, oltre il 41% di quelle in Gran Bretagna, principalmente a danno di quelle Pmi di casa nostra che il mercato americano, per loro caratteristiche e scelte industriali, non lo vedrebbero né ora né mai. Contro la propaganda a buon mercato, e l’ennesimo tentativo di vendere come anti-crisi delle vere e proprie regalie ai soliti grandi gruppi, la miglior risposta è quella di far sentire la propria voce. La petizione è un buon modo, come quella di rafforzare la Campagna, sostenendo e partecipando alle prossime iniziative in programma.
http://stop-ttip-italia.net/iniziative-stop-ttip
8
ucca
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015
Omaggio a Corso Salani. Attore, cineasta e scrittore di frontiera di Mauro Brondi Arci Torino
Corso Salani (1961-2010) ha dedicato gran parte della sua originalissima opera cinematografica a filmare i margini estremi del vecchio e del nuovo continente, altrettanti non-luoghi dove mettere in scena la nostalgia di un altrove possibile. Le terre di frontiera hanno rappresentato per Salani gli spazi ideali nei quali interrogare la propria identità di autore e i confini tra la vita e il cinema, un’attività proseguita negli scritti di forma diaristica che accompagnavano la lavorazione di molti suoi film e di cui sono stati finora editi Imatra. Pochi metri di Occidente (Donzelli, 2008) e Mirna. Diario di un film (Sentieri Selvaggi, 2014). Per ricordarlo a cinque anni dalla sua scomparsa, a Torino, il Centro di cooperazione culturale e il Piccolo Cinema, entrambi circoli Ucca, insieme al Museo nazionale del Cinema di Torino e all’Unione Culturale ‘Franco Antonicelli’ (che sta celebrando anche il settantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale coordinando le iniziative promosse dal nascente Polo del ’900 nel ciclo denominato Liberazioni) dedicano a
Corso un omaggio articolato in tre diversi appuntamenti. Martedì 16 giugno, ore 20.30, presso il Cinema Massimo: Diario di un film. In ricordo di Corso Salani. Presentazione del libro Mirna. Diario di un film (2014) e proiezione del film Mirna (2009) alla presenza di Margherita Salani. Ingresso a 3 euro. Mercoledì 17 giugno, ore 21, presso l’Unione Culturale ‘Franco Antonicelli’: Omaggio a Corso Salani. Attore, cineasta e scrittore di frontiera. Proiezione di Cono Sur (1998) alla presenza di Margherita Salani. Ingresso libero.
Martedì 23 giugno, ore 21, presso il Piccolo Cinema: Corso Salani ai confini d’Europa. Proiezione di Imatra (2007). Ingresso libero. Ospite delle serate torinesi sarà Margherita Salani con l’associazione Corso Salani che da anni promuove non solo il cinema di Corso, grazie ad un importante accordo con la Cineteca Svizzera di Lausanne per la catalogazione, archiviazione e restauro dell’intera opera dell’autore, ma anche il nuovo cinema documentario, quello più sperimentale e coraggioso. L’omaggio è anche un momento ‘off’ del progetto Spaesamenti, un percorso di formazione e promozione della cultura cinematografica (realizzato sul territorio dal Centro di Cooperazione Culturale con il sostegno dell’UE - Fesr Programma Alcotra 2007-2013) che ruota intorno al cinema documentario e al tema della frontiera, intesa non soltanto come limite storico e geografico ma anche come confine sociale, culturale, linguistico ed etico, in un’ottica di riflessione sul contemporaneo.
www.unioneculturale.org/2015/03/ omaggio-a-corso-salani/
Una serata speciale per la conclusione di Astradoc-Viaggio nel cinema del reale di Roberto D’Avascio presidente Arci Movie
Si conclude questo fine settimana, con una serata speciale di cinema, l’edizione 2015 di Astradoc - Viaggio nel cinema del reale, storica rassegna sul documentario d’autore a cura di Arci Movie e Parallelo 41, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II. La rassegna è partita lo scorso gennaio, con oltre 30 titoli programmati, molti dei quali in anteprima nazionale a Napoli, accompagnati quasi sempre in sala dagli autori, spesso amici dell’associazione. Si sono avvicendati quest’anno nella sala del cinema Astra di Napoli registi importanti del cinema documentario contemporaneo, da Antonio Augugliaro a Rehad Desai, da Eleonoar Danco a Gaetano Dio Vaio, fino a Antonietta de Lillo, Leonardo Di Costanzo, Alain Margot e Cecilia Mangini. Astradoc si è confermato quale punto di riferimento in città, e non solo, per gli appassionati del genere e per il pubblico sempre più numeroso. L’edizione di quest’anno, la sesta, si chiude venerdì 29 maggio 2015 con un evento speciale che festeggia la
chiusura della stagione. Si partirà con la proiezione del film La musica provata di Emanuele Sana, tratto dal libro omonimo di Erri De Luca che sarà presente in sala per incontrare il pubblico e raccontare il suo rapporto con la musica, la musica della scrittura, ma anche quella che si ascolta, che colma le nostre giornate, la musica che si canta. Questa ‘musica provata’ comincia sui banchi del liceo con il celebre invito omerico alla Musa ‘Cantami o diva del Pelide Achille’, con la Napoli delle canzoni ottocentesche, con Ciccio Formaggio, con le incisioni beethoveniane di Arturo Toscanini, e prosegue dentro i canti di Pete Seeger negli anni sessanta, Il disertore di Boris Vian, le canzoni scritte o rimaneggiate insieme all’amico Gian Maria Testa, l’armonica di Mauro Corona. Ci sono le bombe di Sarajevo e la memoria dei canti della fatica, quelli legati alla terra, quelli legati al lavoro operaio, c’è la voce cristallina di Antonella Ruggiero, e quella di Noa. C’è il Mediterraneo. C’è tutta una vita che prova a intonare la voce. La serata continuerà
con l’attrice e regista Valentina Carnelutti, che presenterà il suo pluripremiato cortometraggio ReCuiem, che risponde alla domanda di una mamma sola con due bimbe piccole: «che ne sarebbe delle mie figlie se morissi adesso». Leo e la sorellina Annetta si svegliano al mattino, la loro mamma Emma dorme ancora nel suo letto. O forse no. Trascorrono da soli l’intera giornata. Fanno colazione, confusione, giocano. Aspettano, provano la loro vita senza la mamma. Fino all’arrivo della nonna e di Gabriele, il fidanzato di Emma. Fino a quando, con gli adulti e con le parole, l’ambiguità si scioglie, e, a suo modo, ciascuno va incontro alla sera. La serata si concluderà con la proiezione dell’atteso Is the man who is tall happy: a conversation with Noam Chomsky di Michel Grondy che attraverso illustrazioni, fantasiose tecniche d’animazione e riprese in 16mm, anima una conversazione con Noam Chomsky, professore del MIT di Boston, libero pensatore e padre della linguistica moderna.
9
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015
informazione
“Il mio caso assurdo di giornalista destinato al carcere” di Antonio Cipriani giornalista
Fa un certo effetto aprire una mail e scoprire che contiene un ordine di esecuzione per la carcerazione. Cinque mesi e qualche giorno per aver omesso, come direttore responsabile del quotidiano E Polis, il controllo su un articolo scritto da un giornalista professionista. È solo l’ultimo tassello, per ora, di una storia assurda che va avanti da quattro anni. E mi vede ostaggio di una serie di incongruenze nelle leggi che regolano la professione giornalistica, e mi costringe oggi a raccontarla. In mio nome e in mia difesa. E in difesa di tutti quelli che si trovano nella mia stessa situazione e non hanno alle spalle le corazzate dei media. In sintesi. Ho diretto E Polis dal 2004 al dicembre 2007. Poi mi sono dimesso a seguito di un cambio di proprietà. Nel 2011 E Polis è fallito e questo fallimento ha scaricato sulle spalle dei giornalisti le cause in corso. 34 processi sulle mie spalle di direttore responsabile. 34 processi sparsi in tutt’Italia, perché E Polis usciva e veniva stampato in tutta Italia. Dal 2011 il mio impegno professionale è stato: difendermi alla meno peggio,
farmi aiutare da avvocati amici, evitare il più possibile condanne, rateizzare Equitalia, inseguire gli indulti. Senza nessun editore alle spalle, senza fondi se non i risparmi di una vita per pagare. Pagare sempre, perché se non hai soldi e combatti, alla fine non puoi che perdere. Perché le spese giudiziarie sono talmente alte che quasi conviene accordarsi comunque. La legge è assurda, perché è assurdo che gli effetti di un fallimento ricadano sulle fragili spalle di chi invece pensava di poter esercitare la libertà di stampa e di garantirla ai suoi colleghi. Perché è assurdo che un direttore possa controllare riga per riga un intero giornale. Ed è anche inaccettabile che un direttore debba pagare per errori di professionisti che magari in tribunale hanno capito fischi per fiaschi o in una conferenza stampa hanno sbagliato un reato. L’impossibilità di esercitare un controllo del genere su professionisti non rende il reato troppo generico? Omesso controllo di che cosa se il controllo è impossibile? Diverso è il ruolo della direzione nella
titolazione, nelle campagne di stampa. Quella è responsabilità diretta, ma per questo genere di reato sono stato condannato solo una volta, e alla fine la Cassazione ha addirittura stabilito che avevo ragione, che difendevo solamente la libertà di stampa. Peccato che in altri 33 casi mi sono dovuto difendere dall’indifendibile, senza responsabilità dirette sugli eventuali errori. Certo, potevo censurare qualche cronista. Sarebbe stato accettabile? Chiudo col carcere. Perché mi sembra davvero sproporzionato l’omesso controllo con la condanna al carcere. È in genere assurdo che possa esserci la possibilità del carcere per un reato d’opinione, figuriamoci in un caso in cui le responsabilità personali sono davvero minime. E mi auguro che questa situazione, simile a quella di altri colleghi, possa spingere davvero sulla strada di una regolamentazione di questi casi. E, comunque, si discuta politicamente dei paradossi, delle ingiustizie e del fatto che il carcere per reati giornalistici non è mai un segno di libertà e democrazia.
Anteprima di Left, sabato in edicola «Io non cercherei il ‘leader del futuro’ ma piuttosto i piani, i programmi e le attività». Cecilia Strada, giovane presidente di Emergency, sul nuovo numero di Left parla di sinistra e solidarietà sociale, quelle «azioni concrete che partono dai cittadini» che sono alla base anche del successo di Podemos in Spagna e Syriza in Grecia. «La necessità adesso è proprio questa: la solidarietà sociale, un atteggiamento che tradizionalmente e storicamente dovrebbe appartenere alla sinistra», afferma la figlia di Gino Strada, che demolisce l’appellativo di ‘buonista’: «meglio dire giusto». «Si è perso la bussola su ciò che andrebbe fatto. Se hai la possibilità di aiutare qualcuno, è umano e normale che lo aiuti», dice la presidente di Emergency
che lancia accuse al governo italiano perché non è giusto che sia il terzo settore a occuparsi delle cure di stranieri e cittadini poveri. «L’Italia non è un Paese povero, spende 80 milioni di euro al giorno in spese militari, è un Paese che ogni anno brucia 23 miliardi di euro della spesa sanitaria in corruzione e poi dice di non essere in grado di curare gli ammalati». «La chiamano crisi - conclude Cecilia Strada - ma è disuguaglianza». Left racconta poi uno dei primi casi forse di coalizione sociale di cui parla Maurizio Landini. Una ex caserma storica al centro della città, una volta luogo di torture fasciste è stata occupata e viene gestita da una serie di associazioni tra cui Emergency, Arcigay, i sindacati, Slow food. Dentro, sorgeranno alloggi per persone sfrattate e una mensa. «Ribaltiamo un po’ la crisi», dice a Left Oliviero Alotto dell’associazione Terre di fuoco. Sempre sul fil rouge che è possibile cambiare luoghi per antonomasia ‘disumani’, Left propone un reportage dal carcere di Bollate in cui è in atto da anni un
progetto educativo che produce cultura e lavoro. E ancora: l’ultima puntata dello Speciale regionali con Marche e Umbria e un’intervista all’avvocato Felice Besostri sulla battaglia legale contro l’Italicum. In questo numero pubblichiamo la prima puntata dell’inchiesta sui lati oscuri della provincia italiana: cominciamo con Latina e il pool a delinquere. Negli Esteri servizi dalla Spagna che si è blindata contro i migranti, un reportage dall’Egitto che racconta la vita di un fabbricante di documenti falsi, lo ‘strano’ modo di raccogliere finanziamenti nelle prossime presidenziali Usa e le storie della resistenza culturale dei berberi, un popolo sparso in più Stati. Infine in Cultura, dopo che la Columbia University ha proposto di censurare le Metamorfosi di Ovidio (il classico latino sarebbe violento e pericoloso) Left raccoglie le reazioni di Luciano Canfora, Silvia Ronchey e Piero Boitani. Per la scienza, Pietro Greco risponde a Beppe Grillo e fa il punto sulla efficacia della mammografia nella prevenzione del tumore al seno. Buona lettura.
10
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015
daiterritori
Serenella Pallecchi confermata presidente dell’Arci di Siena Serenella, sei stata confermata alla guida dell’Arci di Siena. Qual è il ricordo più bello dei quattro anni di presidenza appena trascorsi? Sicuramente il congresso della scorsa settimana. In quel giorno ho veramente visto i frutti di un lavoro durato anni, un lavoro pesante, quotidiano e sempre stimolante, portato avanti insieme ai circoli. Al congresso hanno partecipato tanti delegati e soci dei nostri circoli, oltre a numerosi ospiti, e l’attenzione è stata sempre alta, con partecipazione e interventi di un livello qualitativo alto e diversificati tra di loro. Si respirava, insomma, un ottimo clima e, soprattutto, era evidente la voglia e l’orgoglio di esserci da parte di tutti e di tutte. Quali saranno le priorità del tuo nuovo mandato? Una delle priorità dell’Arci senese per i prossimi anni dovrà essere quello di consolidare il patrimonio esistente, fatto di strutture, soci e tante attività ricreative, sociali e culturali che si svolgono nelle nostre basi associative. Inoltre, sarà fondamentale sostenere e stimolare attività nuove che animino
maggiormente i nostri circoli e favoriscano anche un ricambio generazionale fra i soci. Per fare questo, lavoreremo, insieme al nuovo gruppo dirigente, per riappropriarci sempre di più del senso di appartenenza a questa associazione e del valore politico, culturale e valoriale che questa rappresenta fin dalla sua nascita. Quel valore che, se non mantenuto vivo, rischia di affievolirsi e di perdere senso. E questo noi non lo permetteremo. Quali difficoltà vive attualmente la provincia di Siena, rispetto alle quali l’Arci interverrà? Negli ultimi anni il territorio senese non è stato risparmiato dalla crisi socio-economica generale e da una trasformazione dei modelli culturali di riferimento che ha
colpito tutto il Paese. A questo si è unita una profonda crisi delle forze politiche di centro-sinistra, che ha portato, per noi, a una progressiva perdita dei punti di riferimento, sia politici che istituzionali. L’Arci senese, tuttavia, è sempre stata ben radicata nel tessuto sociale di tutta la provincia e ha lavorato ogni giorno per tutelare, sostenere e sviluppare le nostre basi associative, che contano su tanti volontari e volontarie che portano avanti con tenacia e passione il patrimonio sociale, culturale e politico maturato negli anni. Insieme a loro abbiamo lavorato su più fronti e consolidato il rapporto con organizzazioni e forze democratiche basate su valori a noi comuni, a partire da Anpi, Cgil e dai soggetti del terzo settore senese. Continueremo a lavorare in questa direzione, consapevoli delle tante difficoltà che ancora ci aspettano, ma anche di avere i numeri, le competenze, la capacità politica e un gruppo dirigente in grado di interpretare al meglio le istanze e i bisogni della collettività e del territorio senesi, sia presenti che futuri.
Liberi dal debito per investire su partecipazione, cultura e socialità di Silvia Melloni Arci Belleville Genova
Salvare dalla chiusura un circolo del centro storico genovese che si era contraddistinto per la gestione partecipativa e il radicamento territoriale aveva un costo d’ingresso salato, lo sapevamo. Era l’estate del 2009 e un gruppo di collaboratori e amici dell’Arci provinciale ha deciso di scommettere sul rilancio di questo piccolo spazio letteralmente ‘scavato’ nei vicoli e sommerso di debiti. Per subentrare nella gestione del circolo ci siamo accollati il mutuo residuo dell’associazione che allora lo gestiva e che non aveva più risorse per continuare: un totale di 16mila euro di debito, a cui abbiamo aggiunto 12mila euro di nuovo finanziamento per mettere a norma i locali. Un totale di quasi 30mila euro. Abbiamo rinominato il circolo chiamandolo Belleville per sottolineare il desiderio di meticciato, l’immaginario che sentivamo di condividere, le nostre passioni. Ci siamo sfiniti in discussioni su tutto - il modello di gestione, i prezzi, i rapporti coi collaboratori, i tempi di apertura, i rapporti fra militanza e vita
privata - e organizzato concerti dal vivo, incontri con produttori e cene bio/Km0, auto-produzioni teatrali e video, aperitivi letterari, dibattiti politici, la nascita di un cicloriparo e di reti di prossimità di quartiere. Siamo cresciuti e dopo qualche anno abbiamo avuto l’opportunità di ottenere in gestione, capofila di una cordata di sette associazioni, un piccolo teatro nella zona della Maddalena, con annesso bistrot. In 6 anni abbiamo pagato quasi tutto: ora ci mancano solo 7mila euro ma abbiamo esaurito le risorse. Il Teatro Altrove è infatti un’esperienza appassionante e bellissima che assorbe però tutte le nostre energie, visto che anch’essa vive senza contributi pubblici e solo grazie all’impegno di decine di volontari. In questa realtà diversa e impegnativa, vorremmo allargare il direttivo a nuovi soci e investire maggiormente nel rendere più accessibili concerti e iniziative culturali a chi si trova in difficoltà. Ma, per farlo, dobbiamo prima cancellare
questo debito residuo: sogniamo 700 persone come noi, precarie e squattrinate, che ci regalino 10 euro. Un vasto impegno diffuso sarebbe un bellissimo segno di speranza. Ma se c’è chi vuol regalarci di più, non possiamo che esserne felici! Così, per ringraziare del sostegno, abbiamo deciso di regalare qualcosa fatto direttamente da noi: per chi viene da fuori Genova una notte nel b&b di una socia, un pomeriggio di corso di fotografia personalizzato a spasso per i vicoli, una seduta di rilassamento guidato, assistenza pc, una cena a domicilio, un’animazione a domicilio per bambini, 50 bomboniere oltre alle immancabili spilline. Ogni regalo (spille a parte) è un pezzo unico che verrà proposto una sola volta (le energie di ognuno di noi sono limitate!!) e va prenotato scrivendo a info@arcibelleville.org Link campagna: www.produzionidalbasso.com/project/liberi-dal-debitoper-investire-su-partecipazione-culturae-socialita/
11
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015
Brevi Il 6 giugno il Verona Pride
Sabato 6 giugno si terrà a Verona il Pride del nord-Est. Il comitato promotore è formato da Arci Verona, Arcigay Pianeta Urano Verona, Arcilesbica Verona, Io Sono Minoranza, circolo Arci Lieviti Verona, circolo Arci Milk Verona LGBT Comunity Center, Romeo in Love, Arcigay Tralaltro di Padova. Il programma della giornata prevede alle 15.45 il concentramento in Piazza Santa Toscana (zona Porta Vescovo). La marcia si concluderà in Piazza Bra. Dalle 18.45 fino a notte inoltrata il Verona Pride Party ai Bastioni di via Città di Nimes. Ospite d’onore della manifestazione sarà Stuart Milk, Consigliere per i diritti civili di Barack Obama e nipote di Harvey Bernard Milk, politico e militante del movimento di liberazione omosessuale, assassinato nel 1978. Madrina della serata sarà Ivana Spagna. www.veronapride.it
Il concorso per la campagna di comunicazione del tesseramento Arci
La presidenza nazionale dell’Arci indice un concorso ‘aperto’ per la realizzazione di una campagna di comunicazione sul tesseramento dell’Arci per l’anno 2016. La consultazione si concluderà il 10 giugno 2015 con la consegna degli elaborati entro le ore 12. La consultazione coinvolgerà: comitati territoriali, professionisti, agenzie e studi di comunicazione residenti sul territorio nazionale, studenti dei corsi di studio di design e comunicazione visiva. Sul sito arci.it il bando di concorso e il link per scaricare tutti i materiali utili. www.arci.it
società
A Milano, dal 3 al 6 giugno, l’Expo dei Popoli di Luigi Lusenti esecutivo Arcs
All’inizio si chiamava ‘Expo giusto’, sindaco di Milano era Letizia Moratti e governatore della Lombardia Roberto Formigoni. La competizione con Smirne per l’assegnazione dell’edizione dell’Expo 2015 era ancora aperta ma la società civile milanese si mobilitava di già perché all’esposizione universale che avrebbe parlato di cibo e di alimentazione non si sentisse una voce sola: quella delle multinazionali. Una cinquantina fra organizzazioni di cooperazione allo sviluppo, associazioni di promozione sociale, gruppi di acquisto solidale, piccole realtà territoriali firmarono un manifesto che da una parte denunciava «l’incapacità di garantire la sicurezza alimentare e una vita almeno decorosa a oltre un miliardo di persone riguarda tutti noi, cittadini e governi di un mondo ancora troppo ingiusto e squilibrato a favore di una minoranza apparentemente più fortunata» e dall’altra si poneva l’obiettivo di «una globalizzazione finalmente virtuosa, in grado cioè di valorizzare, anziché appiattire, le differenti identità (etniche, di genere,
continenti. Obiettivo del Forum dei Popoli, che si terrà a Milano negli spazi della Fabbrica del Vapore, è di avanzare proposte credibili e praticabili per influenzare i due grandi appuntamenti che l’Onu ha messo in campo per il 2015: l’Agenda di sviluppo post 2015 e l’accordo globale contro il cambiamento climatico. Arci e Arcs hanno partecipato fin dall’inizio a questo percorso. Vi hanno messo risorse umane e finanziarie, idee che vengono dai tanti progetti che hanno gestito, e gestiscono, in molte parti del mondo e anche in Italia, perché la sfida Nutrire il pianeta, energie per la vita va affrontata ogni giorno nei ‘paesi poveri’ e nei ‘paesi ricchi’, nelle lande deserte dell’Africa subsahariana come nelle periferie delle grandi metropoli urbanizzate. Arci e Arcs proseguiranno, dopo il Forum dei Popoli, nel rapporto con le reti ospiti a Milano e si impegneranno nella diffusione dei risultati del Forum. Chiediamo a tutti i comitati di organizzare nell’autunno e nell’inverno 2015 iniziative ove presentare questi risultati. www.expodeipopoli.it
arcireport n. 20 | 28 maggio 2015 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti
generazionali…), le caratteristiche locali e degli ecosistemi, fonte di arricchimenti e di socio-diversità, culturali, economiche, politiche, che rappresentano la vera ricchezza del pianeta». Dall’esperienza di Expo giusto nacque così la rete di Expo dei Popoli con l’obiettivo di una grande assise dei popoli del mondo da tenersi a Milano nel giugno del 2015 sui temi della sovranità alimentare, dei beni comuni, della difesa dell’ecosistema e delle biodiversità. A distanza di anni, mentre nello spazio espositivo di Rho-Pero, si svolge una esposizione mondiale stretta fra il gigantismo delle strutture e la pochezza delle idee in campo, Expo dei Popoli chiama, dal 3 al 6 giugno, le reti mondiali dei contadini a discutere sul «diritto ad un’alimentazione adeguata e un uso equo e sostenibile delle risorse naturali». All’appello hanno risposto undici reti con circa 150 delegati da tutti i cinque
Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 19 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/