arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XIV | n. 20 | 9 giugno 2016 | www.arci.it | report@arci.it
di Walter Massa coordinatore nazionale Arci Diritti migranti e richiedenti asilo
La domanda sorge spontanea e squarcia il pesante velo di ipocrisia: a cosa serve una giornata internazionale dei rifugiati di fronte a ciò che quotidianamente accade sui confini di mezzo mondo? Di fronte alla più grande catastrofe umanitaria che si sta consumando nel Mediterraneo; di fronte all’avanzata delle forze razziste e xenofobe in molti stati europei, di fronte all’insensibilità istituzionale dei Governi e dell’Europa? È anche questa, dunque, una data destinata a diventare il giorno (unico) di una ricorrenza vuota e imbalsamata per addetti ai lavori e per persone ‘buone’? Così come lo sono diventate altre ricorrenze importanti... Con l’aggravante che, questa ricorrenza in particolare, di fronte alla realtà che ci circonda, di fronte al dramma che si consuma sotto i nostri occhi, sarebbe troppo anche per chi, come noi, ogni giorno con azioni concrete si batte contro tutto ciò. Noi soli sappiamo, infatti, quanto ci siamo battuti perché trovassero dignità e ricordo gli oltre 50 milioni di uomini, donne e bambini costretti a fuggire dalle proprie case, dalle proprie terre e dagli affetti più cari in cerca di una nuova vita. Sappiamo quanto sia importante che le istituzioni riconoscano, anche formalmente, un fenomeno destinato ad
accompagnarci ancora per lungo tempo. Ci battiamo anche su questo piano più formale perché vengano ricordate le vittime del nostro egoismo e delle nostre paure. L’ultima per la quale ci siamo impegnati è stata quella del 3 ottobre. Ma come dare senso a questa data, rifuggendo dal rischio retorico? Certamente con l’impegno di chi crede che un «mondo diverso è davvero possibile»; che non possono esistere regole diverse a seconda del paese di nascita e che deve essere un diritto intoccabile per ciascun uomo o donna su questa terra costruirsi un futuro migliore. Continuare a battersi per tutto ciò e rifuggire dalla cosiddetta “zona grigia” fatta di indifferenza che si trasforma in odio. E proprio qui sono centrali, in una visione complessiva, i nostri circoli, i nostri luoghi d’incontro sparsi in tutto il Paese. Lo sono perché danno agibilità a pensieri, azioni e sensibilità che oggi sono minoranza; ma lo sono soprattutto perché quegli stessi luoghi sono l’occasione per conoscere, incontrare chi ha deciso di compiere la traversata del Mediterraneo o la lunga marcia attraverso i Balcani. E lo sono ancora di più perché anche i nostri soci corrono il rischio dell’indifferenza quando non
dell’odio. Per questi motivi noi, l’Arci, il 20 giugno vorremmo fosse soprattutto la conferma di un impegno forte nell’accoglienza, attraverso una militanza che osiamo definire politica, perché attraverso ciò che facciamo concretamente vogliamo modificare la realtà. Cominciando dal micro per arrivare al macro. Agire localmente, pensare globalmente avremmo detto qualche anno fa. Saremo in quella giornata, dunque, al Brennero, a Ventimiglia e in tutti i posti di frontiera con i nostri ombrelli a chiedere ‘protezione’. Ma dovremmo essere anche nei nostri circoli, nei luoghi importanti delle nostre comunità a promuovere conoscenza e cultura, a promuovere incontri con questi uomini e donne che ‘fanno paura’ a tanti. Il 20 giugno può essere la giornata di una grande mobilitazione territoriale per l’Arci in cui lanciare e promuovere incontri, pranzi, cene, nelle famiglie come nei circoli, dove incontrare e conoscere chi è arrivato nel nostro Paese e perché. Facendocelo raccontare da loro, attraverso i loro sguardi, le loro parole e i segni che in tanti portano sulla loro pelle. Facciamolo, cara Arci. Favoriamo il più possibile l’incontro tra ‘noi e loro’. Sarebbe una vera e autentica rivoluzione di questi tempi.
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referendum
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Perché NO alla riforma costituzionale Come rispondere alle domande più frequenti ♦ Si dice che sono molti anni che si discute e non si è fatto nulla. Perché opporsi adesso, quando si decide finalmente di aggiornare la Costituzione? Non si tratta di fare a tutti i costi, ma di fare bene, aggiornando quando occorre, ma rispettando lo spirito e i valori della Costituzione. ♦ Dunque, contrarietà ad ogni modifica del sistema parlamentare? No: si può correggere il ‘bicameralismo perfetto’ in modo semplice e rapido: differenziando, almeno in parte, il lavoro delle Camere e creando un sistema che consenta di approvare insieme le leggi più importanti e che affidi le altre ad un solo ramo del Parlamento, con la facoltà di intervento da parte dell’altro ramo. Ma questo che viene configurato è il Senato delle autonomie? Non è vero, perché non rappresenta le Regioni, ma assegna solo determinati poteri a Consiglieri regionali e a Sindaci. In Paesi come la Germania, è il governo dei Lander (Regioni) che elegge il Senato e così nasce una vera rappresentanza delle autonomie. ♦ Ma non c’è il lato positivo del risparmio di spesa, visto che la funzione dei Senatori è prestata a titolo gratuito? Se si pensa che occorre ridurre il numero dei parlamentari, si può ridurre proporzionalmente il numero dei Deputati e quello dei Senatori. Se invece si riduce drasticamente solo il numero dei Senatori, squilibrando il sistema, vuol dire che il disegno è un altro: praticamente ‘azzerare’ il Senato e dare tutto il potere ad una sola Camera e a chi la governa. Questo è pericoloso perché elimina il sistema di pesi e contrappesi giustamente disegnato dalla Costituzione. Quanto al ‘compenso’, a prescindere dal fatto che nessuno può credere che si faccia un lavoro in più, gratuitamente, il problema è che non si possono fare due mestieri contemporaneamente. Quindi la gratuità è solo una finzione. ♦ Ci sarà uno snellimento al procedimento legislativo. Non è vero, perché sono previsti molti tipi e molte modalità di esercizio della funzione legislativa (secondo alcuni, sette, secondo altri, assai di più); l’art. 70 della Costituzione si risolveva in una
riga e mezzo, quello ‘nuovo’ si protrae per tre pagine ed è indice solo di confusione, conflitti, rallentamento. ♦ Comunque si deve riconoscere che il Senato è eletto dal popolo. Non è vero: è eletto dai Consigli regionali e da alcuni Sindaci, con modalità non ancora definite e rinviate ad una legge ordinaria (che ancora non c’è). ♦ Ma perché si raccolgono le firme se il referendum è stato già chiesto da parlamentari e dal Governo? Le firme si raccolgono perché: 1. si coinvolgono i cittadini, informandoli e rendendoli consapevoli dei problemi di cui si sta discutendo; 2. perché è sempre bene entrare in gioco in modo attivo e non solo operando di rimessa, specialmente quando è in campo il Governo, che non dovrebbe occuparsi di riforme costituzionali, ma ha strumenti rilevanti per informare e convincere gli elettori; 3. perché raggiungendo il numero di firme necessarie e depositate in Cas-
Firma day: 11 e 12 giugno 2016 Le iniziative Anpi e Arci Firmiamo per dire NO alla riforma della Costituzione e SÌ alla modifica della legge elettorale Italicum. Facciamolo ballando e cantando, tutti insieme, per raccontare il diritto ad un Paese più democratico.
Si terranno eventi nelle città di Milano, Roma, Pavia, Genova, Perugia, Catanzaro, Aprilia (LT), Brescia, Firenze, Pisa, Brindisi, Siena, Bergamo, Benevento. L’elenco completo (lista in continuo aggiornamento) è su www.anpi.it
sazione, si acquisisce il diritto a spazi televisivi, radiofonici ed a rimborsi in caso di successo. Questo è importante per partecipare, a pieno titolo, alla fase decisiva della campagna referendaria ed anche per avere rimborsi delle spese sostenute e spesso volontariamente anticipate da cittadini volonterosi; ai quali potrebbero essere restituite. ♦ Cosa accadrà se vincerà il NO? Ci sarà il caos? Trattandosi di riforma costituzionale, non succederà nulla. Tutto resterà come prima, sul piano costituzionale, essendosi però evitato uno stravolgimento del sistema costituzionale e restando ben aperta la possibilità di apportare quelle opportune modifiche, ritenute necessarie per correggere il cosiddetto ‘bicameralismo perfetto’. Quanto alle conseguenze politiche, ne ha parlato solo il Presidente del Consiglio. Noi siamo di diverso avviso e non lasciamo entrare la politica-partitica nella campagna referendaria. Escludiamo, in ogni caso, il caos; il Governo andrà avanti fino a che il Parlamento gli darà la fiducia. E questo non c’entra nulla con le riforme costituzionali. ♦ Ci sono altre misure, nella legge sulla riforma del Senato. Anche su queste avete da ridire? Certamente: a) mentre si parla di partecipazione e della necessità di rafforzarla, si triplica il numero delle firme necessarie per i progetti di legge di iniziativa popolare; si rimanda alle ‘calende greche’ la trattazione, da parte del Parlamento, che invece dovrebbe essere tempestiva e certa; b) c’è un rafforzamento dei poteri dell’esecutivo, che può fortemente incidere sull’agenda del Parlamento, fissando termini perentori per la trattazione di temi ritenuti importanti dal Governo, col rischio di restringere o addirittura eliminare il dibattito in Aula; e non è poco. Senza contare tutta la parte relativa alle autonomie, sulla quale avremo occasione di tornare; c) non si capisce il senso dei cinque senatori nominati dal Presidente della Repubblica; il quale, poi, può nominarne altri, per una durata diversa (sette anni) da quella del normale mandato dei senatori.
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migranti
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Le proposte della Commissione europea sulla gestione dei flussi migratori di Filippo Miraglia vicepresidente nazionale Arci
La Commissione Europea ha presentato al Parlamento la sua proposta sulle relazioni con i Paesi Terzi in materia di gestione dei flussi migratori. Il modello proposto trae ispirazione dal vergognoso accordo con la Turchia e dal Migration Compact del nostro Presidente del Consiglio. Si punta cioè a scambiare aiuti economici e sostegno politico ai governi dei Paesi d’origine e di transito (qualunque sia il tipo di regime), con politiche di blocco dei flussi. Si tratta cioè, come già abbiamo denunciato, dell’esternalizzazione delle frontiere e dei controlli dei flussi migratori verso l’UE. Il cinismo caratterizza l’analisi e soprattutto le proposte: salvare vite umane e gestire i flussi in maniera ordinata, si ripete. In che modo? Regalando miliardi, come già fatto con Erdogan, ai tanti come lui in giro per l’Africa. Chiedendo loro, in cambio, di fermare le persone che scappano proprio dalla violenza dei regimi con i quali intendiamo fare accordi. È il caso dell’Eritrea di Afewerki (presidente dal 1993), del Gambia di Jammeh (presidente dal 1994), dell’Egitto di al-Sisi.
La lista dei Paesi è lunga: Algeria, Egitto, Eritrea, Etiopia, Costa d’Avorio, Gambia, Libia, Ghana, Guinea, Mali, Marocco, Senegal, Niger, Nigeria, Senegal, Sudan. Insomma, il progetto è ambizioso e il quadro è chiaro. Utilizzare fondi per lo sviluppo come arma di ricatto verso i paesi di origine e transito: chi più si riprende le persone espulse e meglio coopera al controllo dei flussi migratori, più risorse riceverà. Invece i paesi che non si impegneranno a fare i gendarmi dell’Europa saranno penalizzati. Quella che una volta si chiamava cooperazione allo sviluppo, si trasforma in sostegno ai governi, condizionato dal rispetto delle indicazioni che l’UE darà in materia di gestione dei flussi e delle frontiere. Fermare il maggior numero di persone che scappano. Se riescono a passare il confine, bloccarli nei Paesi di transito. Se non muoiono dopo le violenze dei trafficanti, rimandarli indietro, con il consenso di questi governi. Pericolosissimo è anche il dialogo che si vuole aprire con una Libia dilaniata dai conflitti, con cui l’Europa vuol fare accordi per il controllo delle partenze usando l’Agenzia
Frontex. Una proposta coerente con l’atteggiamento che sta tenendo con la Turchia, considerato un esperimento di successo. Con i 6 miliardi erogati in base a quell’accordo, sono stati fermati i siriani che scappano dalle bombe, costringendoli nelle galere turche o rispedendoli in Siria. L’Europa non sta chiedendo al governo turco, a quello eritreo o a quello del Gambia di rispettare i diritti umani e di consentire elezioni democratiche per avere il sostegno dell’UE. Al contrario, si sacrificano i diritti umani e qualche secolo di civiltà europea in cambio di una proposta con la quale i governi UE pensano, forse, di fermare la frana populista e razzista che sta travolgendo tutti i Paesi. L’esperienza austriaca sta lì a dimostrare che si ottiene esattamente il risultato opposto. Ma per i nostri grandi statisti questo non conta. Tutto ciò sulla pelle di quelle persone che, in assenza di canali umanitari, programmi di ricerca e salvataggio, possibilità di vie di ingresso legali, dovranno pagare e rischiare sempre di più. E che aumenteranno, visto che verranno foraggiati e rafforzati proprio quei governi da cui fuggono.
Missione in Gambia
L’Italia continua a collaborare con le dittature da cui fuggono i richiedenti asilo che arrivano sulle nostre coste di Sara Prestianni Ufficio immigrazione Arci
Come riportato dal giornale gambiano The Point, una delegazione composta da rappresentanti della Polizia Scientifica e della cooperazione italiana si è recata il 10 maggio in Gambia. Nell’ottica del Migration Compact, l’incontro ha avuto come principale obiettivo quello di trattare con la dittatura di Yahya Jammeh per facilitare l’espulsione dei migranti gambiani presenti in Italia e per bloccare ulteriori arrivi. Non è la prima volta che l’Italia firma accordi con questo paese altri memorandum erano stati firmati nel 2011 e 2013. Ora però la posta in gioco è sicuramente più alta visto che i gambiani sono la seconda nazionalità tra quelle registrate sulle nostre coste, con poco più di 8500 domande d’asilo presentate nel 2015. Nonostante in Gambia ci sia un regime dittatoriale, un’economia asfittica e una repressione sistematica di attivisti e giornalisti, l’Italia punta a rafforzare la polizia gambiana perché controlli meglio le sue frontiere, impedendo a chi cerca
di fuggire di uscire dal paese. Per convincere la dittatura gambiana alla collaborazione, l’Italia ha promesso di inviare 50 veicoli per il controllo delle frontiere con il Senegal da cui i richiedenti asilo transitano per raggiungere il Mali, l’Algeria, la Libia e l’Italia. Come ‘regalo’ affinché accetti i gambiani espulsi dal nostro paese e nell’ottica di rendere efficaci i controlli alle frontiere, l’Italia ha promesso anche 250 computers, 250 scanners e 250 stampanti. Questa visita appare ancora più grave se pensiamo che l’Italia ha riconosciuto, nel 2015, 2546 protezioni umanitarie, 194 sussidiare e 250 status di rifugiati ai Gambiani. Se l’accordo diventa operativo persone che potrebbero ottenere lo status di rifugiato o una qualche forma di protezione, verrebbero rimandato indietro o bloccate prima di partire, lasciando nelle mani di un regime antidemocratico la sorte di chi fugge proprio da quel regime. Un chiaro esempio di esternalizzazione
delle frontiere e dei controlli che, abbandonando qualsiasi parvenza di interesse per i diritti umani, allontana dal nostro Paese e dall’UE, per pochi denari, la responsabilità di dare protezione alle persone che ne hanno diritto. Cosi come avevamo denunciato nel caso dell’Eritrea, questa collaborazione con le dittature da cui partono i richiedenti asilo che arrivano sulle nostre coste è molto pericolosa. Nel caso del Gambia va sottolineato anche il rischio legato ad una forma di criminalizzazione al ritorno, per cui, come da tradizione nei regimi dittatoriali, chi emigra è considerato un disertore e rischia al ritorno la prigione e altre forme di persecuzione. Un bel capolavoro che anticipa la stagione Migration Compact, nella linea tracciata dall’accordo con la Turchia, con la retorica dell’ «aiutiamoli a casa loro», intendendo forse che li aiutiamo a morire o ad andare in prigione e a essere torturati a casa loro.
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arci
Misurare il bene di Greta Barbolini responsabile nazionale Arci Politiche economiche
Nel contesto del bando nazionale per la selezione di volontari e volontarie di servizio civile pubblicato lo scorso 30 maggio e che coinvolgerà complessivamente oltre 20mila giovani in progetti in Italia e all’estero, è stato approvato il progetto della Direzione nazionale Arci Misurare il bene, un progetto che coinvolgerà 6 persone sul tema di grande attualità della misurabilità della ricaduta sociale delle attività dell’Arci. Con questo progetto vorremmo infatti qualificare la capacità di autovalutazione del lavoro del gruppo dirigente volontario diffuso dell’Arci in relazione alla ricaduta sociale dell’intervento dei circoli nelle comunità in cui sono inseriti e complessivamente nel Paese attraverso l’individuazione di indicatori condivisi per il monitoraggio delle attività e la raccolta sistematica di informazioni. Il punto di partenza vede l’Arci sprovvista sia di un bilancio sociale sia di un bilancio consolidato oltre che di indicatori condivisi per la raccolta di dati e informazioni. La dotazione di questi strumenti permetterà di agire in fase di programmazione delle attività con una accresciuta consapevolezza dei risultati in relazione agli obiettivi dei circoli e dei bisogni sociali prevalenti. Un percorso partecipato agito dall’interno dell’organizzazione per ancorare l’individuazione dei criteri alla motivazione al lavoro dei
dirigenti. I volontari di servizio civile potranno tramite il progetto accrescere la conoscenza diretta delle tante attività di intervento socio-culturale del mondo Arci come espressione concreta di cittadinanza attiva, potenziare il bagaglio culturale e formativo per tramite della partecipazione ad un percorso di studio-azione. I dati, riorganizzati e sistematizzati, permetteranno la definizione di un report sull’economia dell’Arci e indicatori per valutare l’impatto comunitario delle attività in specifici ambiti predefiniti. Il lavoro servirà anche a censire bisogni formativi dei dirigenti associativi e a sperimentare nuove metodologie comunicative interne. La prima fase del lavoro sarà dedicata ad individuare una rosa di indicatori trasversali per misurare la ricaduta sociale delle attività socio culturali della rete Arci (comitati e circoli) tenendo conto del testo finale del decreto legge
sul terzo settore che proprio su questi aspetti intende misurare la rilevanza dell’associazionismo di promozione sociale. Sarà costituita un’equipe di lavoro con esperti esterni che accompagnerà tutto lo svolgimento del progetto a partire da un percorso di formazione specifico dei volontari selezionati. La seconda fase prevedere la raccolta di dati attraverso la somministrazione di questionari, interviste, focus group etc. Particolare attenzione sarà data all’analisi dei canali comunicativi prevalentemente utilizzati per la comunicazione interna e alla raccolta dei bilanci sociali, dove esistenti. La terza fase è finalizzata alla sistematizzazione dei dati per organizzare un primo censimento quali-quantitativo della ricaduta delle attività socio-culturali Arci secondo una mappa nazionale dei circoli Arci.
MISURARE IL BENE Descrizione dettagliata del progetto: www.arci.it/misurareilbene Posti disponibili: 6 Sede di attuazione: Arci Direzione Nazionale, via dei Monti di Pietralata 16, Roma. Indirizzo a cui spedire la domanda: Arci Servizio Civile Roma - via Palestro 78 - 00185 Roma - Scadenza entro cui presentare la domanda: 30 giugno 2016 alle ore 14 Referente: Teresa Martino - Recapiti: 0688650936, roma@ascmail.it Per ulteriori informazioni: www.arciserviziocivile.it
Un accordo tra l’Arci e l’Università La Sapienza Nelle scorse settimane è stata rinnovata la convenzione tra la Direzione nazionale Arci e l’Università La Sapienza per rendere possibile l’accoglienza di studenti e studentesse o di laureati/e in percorsi di ricerca o di tirocinio. La convenzione rappresenta il prerequisito di base per potere elaborare specifici progetti formativi di reciproco interesse dell’Ateneo e del soggetto ospitante e quindi attivare opportunità di tirocinio a cui gli studenti aderiscono su base volontaria potendo contare su crediti formativi, copertura assicurativa e infortunistica e, se previste, indennità. In questa fase sono in essere percorsi di approfondimento per un lavoro comune sul tema della valutazione dell’impatto del sistema Arci tramite l’analisi dei bilanci dei Comitati e sulla valutazione dell’impatto delle attività di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Ricordiamo che con ‘tirocinio’ si intende
un periodo di formazione svolto presso un ente finalizzato all’approfondimento di tematiche affrontate durante il periodo di studi e all’orientamento delle proprie scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro. In tale esperienza formativa il tirocinante viene affiancato da un tutor universitario il cui ruolo è quello di verificare la corrispondenza del tirocinio al percorso formativo intrapreso, e da un tutor aziendale che si occupa dell’inserimento nel sistema organizzativo dell’ente. • I primi sono denominati tirocini curriculari, devono essere previsti nel piano di studi, si svolgono durante il percorso di studi prima del conseguimento del titolo e possono comportare l’acquisizione di crediti formativi universitari. Hanno una durata massima di 12 mesi, proroghe comprese. • I secondi dono denominati tirocini formativi e di orientamento e hanno
come scopo quello di rendere possibile un’esperienza lavorativa tramite le agevolazioni previste e per questo sono rivolti a studenti entro 12 mesi dalla data di laurea, di durata massima di 6 mesi, proroghe comprese. Questa tipologia di tirocini, prevista nelle sue linee regionali dalla L. n° 92 del 2012 deve essere regolamentata da specifiche normative regionali. La Regione Lazio, al fine di limitare utilizzi impropri da parte delle aziende del tirocinio formativo, con la L.R. 199/2013 ha innalzato l’importo base dell’indennità mensile minima affinché queste esperienze siano autentiche occasioni d’ingresso nel mercato del lavoro e non mera sostituzione di manodopera senza prospettive di stabilizzazione o rimborso spese. Nel 2013, solo nella regione Lazio, venivano stimati circa 40mila tirocini annui di cui circa 4.000 nel mondo del non profit.
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esteri
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Libia: una soluzione è ancora possibile Lettera aperta di organizzazioni di società civile democratica in Libia Per cinque anni, la Libia è stata vittima del caos e della incapacità delle istituzioni di avere un effettivo controllo del terreno. Il governo centrale non è stato finora capace di portare sotto controllo i vari gruppi militari e paramilitari. Le violazioni dei diritti umani continuano senza tregua, mentre aumenta il numero degli sfollati interni a causa del conflitto perdurante o della situazione umanitaria sempre peggiore. Va trovata una strategia per prevenire l’ulteriore deterioramento della situazione. Il Governo di Accordo Nazionale non sarà in grado di affrontare le grandi sfide che ha di fronte senza ascoltare la voce dei rappresentanti della società civile e di tutti gli attori interni. Le autorità devono compiere un chiaro cambio di passo rispetto ai governi passati, che hanno rifiutato di aprire un dialogo con la società civile e hanno spinto il paese verso la guerra civile. In questo contesto, diversi gruppi di società civile libica, insieme al Cairo Institute for Human Rights Studies, si sono incontrati per individuare strategie per un lavoro comune. I gruppi hanno anche discusso di come opporsi alla attuale erosione dei diritti umani in Libia. Tutti i partecipanti ai due giorni di incontri hanno sottolineato che le organizzazioni di società civile sono diventate bersaglio di attacchi di molte delle parti in conflitto. Sono aumentati la violenza, gli attacchi di gruppi armati, forme di pressione e minacce. Nel 2015, per esempio, il Ministro della Cultura e della Società Civile nella Libia occidentale ha imposto alle organizzazioni sociali di informare il ministero di ogni evento o incontro fuori dalla Libia, per ricevere l’autorizzazione a partecipare. E la Commissione per la Società Civile ha emesso regolamenti che restringono l’operatività delle organizzazioni sociali locali e internazionali. Questi regolamenti controllano la registrazione e le attività delle organizzazioni locali e internazionali. Sono provvedimenti che impongono misure restrittive molto simili a quelle in vigore nell’era di Gheddafi e che servono a inibire la sfera pubblica alle voci moderate. Il risultato è che le organizzazioni sociali, gli attivisti, i lavoratori dei media sono costretti a scegliere fra la morte e l’esilio, mentre altri vivono col timore di rap-
presaglie. Espellendo le voci moderate, gli estremisti hanno monopolizzato lo spazio pubblico e rimangono i soli a poter lavorare, grazie al supporto finanziario e di sicurezza che ricevono dalle diverse fazioni e dai gruppi armati. Intanto la società civile libica affronta sfide difficili cercando di documentare le violazioni, mentre gli attacchi terroristi aumentano. L’ISIS ha esteso il suo controllo. A Sirte, sua roccaforte, ha proibito alla popolazione di lasciare la città, usandola come scudo umano. Ciò avviene senza che un’efficace meccanismo internazionale monitori le violazioni. I partecipanti all’incontro hanno condiviso alcuni obiettivi fra i quali: la rottura dell’isolamento delle organizzazioni per i diritti umani e dei difensori di tali diritti in Libia e all’estero, e una migliore distribuzione di compiti fra di loro; la creazione di uno spazio dove dialogare ed elaborare una visione integrata del loro lavoro; la creazione di una visione strategica per il cambiamento; aumentare la capacità delle organizzazioni sociali nel documentare e monitorare le violazioni, e nel fare pressioni a livello nazionale, regionale e internazionale; l’impegno per una vera partecipazione delle organizzazioni sociali nel processo di adozione di soluzioni politiche e nel monitoraggio degli accordi, per assicurare l’inclusione della società civile nella fase di transizione. Per questo, si chiede uno spazio pubblico sicuro e garanzie per la libertà di espressione e la libertà di associazione per gli organismi civici attivi - inclusi gli attivisti dei diritti umani, i lavoratori dei media, i sindaci delle città, gli sceicchi tribali - per permettere loro di avere un ruolo per il successo di un processo di pace sostenibile. Dare maggior potere a questi attori civili è la sola speranza in Libia per combattere
l’estremismo di tutti i tipi e per fermare la diffusione delle ideologie estremiste. Raccomandazioni • Porre termine alle violazioni dei diritti umani, inclusa la tortura, le uccisioni extragiudiziali, gli attacchi indiscriminati contro aree e infrastrutture civili, e contro i civili. • Predisporre un quadro legale che non riduca la libertà di associazione, in sintonia con gli standards internazionali, e revocare i provvedimenti che riducono il lavoro delle organizzazioni non governative locali e internazionali. • Garantire la libertà di espressione, di associazione, di riunione e assemblea pacifica; proteggere gli attivisti, le organizzazioni di società civile, i giornalisti e i media, assicurare la loro sicurezza e possibilità di lavorare in un ambiente sicuro. • Combattere i discorsi d’odio e l’incitamento alla violenza nei media. • Lavorare per aumentare la consapevolezza dell’importanza della lotta per i diritti umani e del suo ruolo di deterrente alle violazioni; proteggere e promuovere i diritti umani. • Aumentare la capacità delle istituzioni di lavorare per promuovere i diritti umani in Libia, e garantire la loro efficacia e indipendenza. • Riformare il settore della sicurezza attraverso una verifica trasparente, e attuare gli accordi che includano efficaci piani per le forze di sicurezza, incluso il comando effettivo e il controllo, che assicurino che i responsabili delle violazioni dei diritti umani rispondano delle loro azioni. • Adottare misure per garantire la sicurezza e l’indipendenza dei giudici, degli avvocati, dei cittadini che cercano giustizia per violazioni subite o contro altri. • Assicurare che le vittime possano accedere alle istituzioni della giustizia e trovare un’equa e totale riparazione. Le organizzazioni firmatarie: Cairo Institute for Human Rights Studies, Belaad Foundation, Defenders Network, Independent Organization for Human Rights, Jurists without Chains, Libyan Center for Freedom of Press, Libyan journalists Independent Syndicate, Libyan Organization for Legal Aid, Libyan Women’s Platform for Peace, Women Defenders Network, Youth for Tawergha organization.
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esteri
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Raid contro gli uffici di REPAK a Erbil Stralci del comunicato emesso dal Comitato Esecutivo La mattina del 5 giugno i locali dell’Ufficio Relazioni delle Donne Curde (REPAK) a Erbil, nel Kurdistan irakeno, sono stati assaltati dalle Forze Generali di Sicurezza Asayish. Durante il raid sono stati sequestrati documenti di identità e cellulari, in modo che nessuno potesse lanciare l’allarme. Gli uffici del REPAK sono stati chiusi e lo staff espulso dalla città. Tutto questo si è verificato in modo arbitrario e illegale. REPAK è una Ong legalmente riconosciuta a Erbil. Il suo principale scopo è rafforzare legami e cooperazione tra diverse organizzazioni di donne curde. REPAK collabora anche con un buon numero di organizzazioni femminili, sociali e per i diritti umani in Kurdistan e a livello internazionale per far conoscere la situazione e la lotta delle donne curde. Ha partecipato a molte conferenze e comitati internazionali per condividere la situazione delle donne curde yezide
catturate da IS e la grande resistenza delle donne curde che lottano per la libertà. Inoltre REPAK fa parte di innumerevoli strutture internazionali di donne come coordinatore per il Medio Oriente. Nel 100° anniversario dell’accordo SykesPicot, base per la divisione del Kurdistan in quattro parti con confini da molti considerati artificiali, un partito politico sta cercando di costruire nuovi confini nella parte meridionale del Kurdistan espellendo attivisti e politici. In un momento in cui l’unità nazionale curda è più importante che mai, queste politiche del KDP frammentano sempre di più il Kurdistan meridionale. Mentre da un lato costituisce un ostacolo all’unità nazionale, dall’altro questo raid mostra l’atteggiamento rispetto al Movi-
mento di Liberazione delle Donne Curde. In questo senso REPAK non è stato un obiettivo casuale. Nel corso degli ultimi mesi molte attiviste sono state arrestate in città controllate dal KDP. La chiusura di REPAK e la deportazione del suo staff rappresentano anche un attacco alla battaglia di liberazione delle donne. Come REPAK non cederemo a questa mentalità patriarcale che cerca di stabilire nuovi confini. Continueremo a far sentire la voce delle donne curde resistenti all’interno e all’esterno del Kurdistan. Rappresenteremo in modo più efficace la lotta delle donne curde per la libertà. Chiediamo a tutte le organizzazioni di donne e per i diritti umani di protestare contro questo attacco a REPAK, che ha come obiettivo tutte noi. Alziamo insieme la voce, per la liberazione delle donne, contro la mentalità patriarcale.
La stagione triste del Brasile di Candido Grzybowski sociologo e direttore di Ibase, tra i fondatori del Forum Sociale Mondiale
Pensando alla cronaca di queste settimane, mi sono reso conto di condividere con molte persone una tristezza enorme per il momento che viviamo in Brasile. Lo spazio pubblico della politica è stato colonizzato da interessi e forze che fanno di tutto per occultarsi. Peggio ancora è la corruzione, che è diventata la forma dominante di fare politica. Il vero cancro che corrode la politica è il dominio di interessi e forze corporative private e privatizzatrici, al servizio di interessi per nulla pubblici. Qui c’è ciò che rende particolarmente tristi: la corruzione nella politica - la mercantilizzazione, che può trasformare tutto in valore di mercato come modalità dominante di fare politica istituzionale. La democrazia è ammalata. La democrazia brasiliano è stanca. O trasformiamo tutto questo con la forza della cittadinanza, o la democrazia muore. La mia generazione ha affrontato la dittatura militare e conquistato la democrazia, ma ci siamo arenati davanti alle strutture di privilegio e di dominio. Osservando questo momento, sono portato a dire che abbiamo vinto, ma allo stesso tempo abbiamo perso. Ciò che abbiamo con-
quistato può essere disfatto per la firma di un presidente opportunista e di un Congresso in maggioranza servile, succube di interessi privati. Saranno le nuove generazioni a cambiare la logica escludente e distruttiva dell’economia e del potere dei ‘proprietari di bestiame e di persone’? si tratta di un compito che richiede anni, e quindi penso che dobbiamo cominciare subito, insieme. Lo spazio democratico della politica esiste per esercitare il diritto di difendere le proprie idee, riconoscendo a tutti gli altri lo stesso diritto. Per questo, la politica in democrazia trasforma le differenze in disputa democratica di idee e di progetti, dando ad esse forza di trasformazione della vita e della pratica del potere, dell’economia e della propria società. Una disputa o una lotta politica democratica dev’essere fondata su principi di rispetto reciproco, di riconoscimento di uguali diritti, di libertà, di solidarietà con chi ha bisogno, di partecipazione responsabile. E invece cosa abbiamo di fronte? Macerie! Il ritorno indietro! Conquiste democratiche di diritti di cittadinanza sono messe in discussione dal governo
Temer, perché considerate impedimenti per l’economia e per le imprese. Invece di adattare l’economia, il potere e la politica alle domande di cittadinanza, la regola è diventata adattare tutto agli interessi delle banche, degli imprenditori, dei commercianti e degli speculatori interessati solo ai propri profitti. In tutto questo, è incredibile la perdita della dimensione di servizio dei nostri media. Gli interessi privati e privatizzatori prevalgono nei grandi media. L’assalto a EBC, in particolare, è disgustoso. E tuttavia abbiamo forze enormi nella nostra diversità, nonostante l’ineguaglianza scandalosa. Anche nel locale abbiamo molti problemi. Ma la vita, il sogno e la resistenza hanno radici profonde. la nostra creatività nelle difficoltà è una forza, una reale resistenza cittadina nelle avversità. Dobbiamo guardare di più ai nostri territori, alle nostre città, alle nostre comunità. Ma per costruire attivismo cittadino abbiamo bisogno di tornare a sognare che un altro Brasile è possibile. Può aver bisogno di tempo, ma la tristezza può sempre essere seguita da una grande allegria.
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musica
arcireport n. 20 | 9 giugno 2016
Viva il Live! A Santeramo in Colle si ritrova l’Arci della musica dal vivo di Federico Amico coordinatore nazionale Arci Diritti e buone pratiche culturali
Per tre giorni, dal 17 al 19 giugno, l’Arci della musica dal vivo si ritrova a Santeramo in Colle per la nuova edizione di Viva il Live! Viva il live! è incontro e formazione sulla musica dal vivo senza distinzione di generi. Questo appuntamento è il luogo ove si concentrano e confrontano le menti e gli animi degli operatori della musica live all’interno dei propri circoli Arci o nei numerosi festival che caratterizzano la nostra rete nazionale Re.A.L. Se l’Arci e la città di Mantova è stata il teatro di tutte le passate edizioni in continuità con lo spirito già segnato e al fine di valorizzare le esperienze che in questi anni sono maturate anche nel meridione d’Italia, la tappa 2016 si è spostata in Puglia. Alcuni dati, per a verità ancora parziali, ci raccontano che l’Arci nel suo complesso ha organizzato nel 2015 per lo meno 15mila eventi di spettacolo, coinvolgendo oltre 2 milioni di persone. Molti di quegli eventi sono stati di musica dal vivo e molti di questi sono stati a ingresso gratuito. A tutti gli effetti la nostra associazione si conferma come uno degli attori principali in Italia in questa attività, offrendo occasioni per tantissime persone sia di ascoltare musica, che di praticarla. Non solo nomi noti infatti si alternano sui nostri
palchi, la stragrande maggioranza di chi si esibisce è fatta di esordienti, band del territorio e, certo, anche chi un giorno raggiun-
gerà una maggior fama. Ci troveremo quindi a Santeramo in Colle per confrontare le nostre esperienze tra basi associative e mondo esterno, concentrandoci non solo sulle considerazioni generali, che spesso si sprecano in queste occasioni, bensì attraverso dei laboratori, dei workshop operativi che possano consolidare le competenze del nostro fare musica dal vivo. Anche perché sappiamo bene che il mondo della musica sta ancora attraversando un periodo di grandi trasformazioni. Gli stessi circoli e i nostri festival stanno a fatica cercando di riconfigurarsi per rispondere alle nuove domande e allo scenario musicale in profonda trasformazione, non senza difficoltà. Le ragioni sono tante e indicano che purtroppo ancora non esiste un progetto organico di sviluppo del settore musicale, dal live alla formazione musicale formale e non formale.
La diminuzione costante dei contributi degli enti locali, l’aumento dei costi di realizzazione delle attività, l’incomprensibile stasi legislativa sul diritto d’autore, la diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie e la conseguente diminuzione delle occasioni per praticare e conoscere la musica, delineano un quadro preoccupante. In particolare, pur se da una gran schiera di amministratori è decantato il valore rigenerativo della musica per gli spazi urbani, quotidianamente ci troviamo a scontrarci con i provvedimenti restrittivi in nome di una pax urbana che non preveda suoni. In particolare l’essere ormai da lungo tempo sottoposti a controlli e verifiche che non riconoscono nel nostro insediamento associativo un valore per le nostre comunità, bensì una fonte di ‘chiasso’ e disturbo, sta ulteriormente affaticando il nostro insediamento associativo culturale e musicale. A fronte di tutto ciò sappiamo bene come la creatività musicale del nostro Paese sia, fortunatamente, viva e vegeta. In ogni ambito e genere. Ci auguriamo perciò che proprio da questa edizione 2016 di Viva il Live! si possa fare un ulteriore passo in avanti per l’Arci e cogliere ciò che di buono può avvenire dalle trasformazioni.
Il 18 giugno, a Mantova, Tavola Rotonda sul Mercato Giovanile della Musica In occasione della Festa dei 1000 Giovani per la Festa della Musica di Mantova, sabato 18 giugno si terrà un convegno sui giovani e la musica. I dati del 2015 rivelano un vero balzo in avanti del mercato degli strumenti e delle edizioni musicali. Il segno ‘più’ non si vedeva da tempo nei dati di mercato Dismamusica. Questo significa che il mercato mostra finalmente segni di ripresa che si riflette su tutta la filiera musicale. Globalmente si può parlare di una stabilità generale contrapposta all’andamento negativo degli scorsi anni. Il totale del mercato ha sfiorato nel 2015 i 291 milioni di euro di fatturato coinvolgendo, nell’acquisto di uno strumento musicale o di una apparecchiatura a supporto, quasi 1.300.000 utenti. Anche questo è un importante passo in avanti. Più giovani si avvicinano alla musica. A questi dati
si aggiungono quelli del circuito della Rete dei Festival, un coordinamento di festival e contest per emergenti in Italia, che oggi raduna oltre 120 realtà. I festival di musica emergente ormai rappresentano non solo una delle poche realtà diffuse sul territorio nazionale che offrono spazi ed occasioni di visibilità agli artisti emergenti ma costituiscono un movimento che produce cultura ed economia. Dall’analisi dei dati forniti da un’indagine sulla musica dal vivo fatta dall’Arci, si registrano 15mila eventi organizzati nei circoli nel 2015, con 2 milioni circa di partecipanti. Se aggiungiamo i dati di un sondaggio realizzato dalla Rete dei Festival, emerge un panorama di almeno 600 manifestazioni all’aperto consolidate dedicate alla musica emergente, con oltre 10mila band ed artisti coinvolti, circa 4mila addetti
nell’organizzazione, oltre 300mila spettatori e circa 12 milioni di euro di risorse impiegate nei due circuiti. Sono numeri che ci raccontano di una grande risorsa culturale ed economica per il nostro Paese. Tutti i dati saranno forniti nell’incontro del 18 giugno, a cui per l’Arci parteciperà Lorenzo Siviero. Tra i temi trattati: Fine di una crisi? Cosa ci dice il 10% in più del mercato degli strumenti musicali rispetto all’anno precedente. Con un Focus sul Bonus Stradivari: stato dell’attuazione ad oggi e miglioramenti, Festival, contest, circuiti di musica dal vivo per indipendenti ed emergenti. Cosa serve oltre al Tax Credits sulla Produzione Discografica, Bonus 500 euro, Fondi straordinari sui Festival: quali altri interventi? Infine, non mancheranno sul tema della nuova Legge sulla Musica e sullo Spettacolo dal Vivo nuovi contributi per il nuovo testo.
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I cinema d’essai a sostegno dei film in uscita in estate di Mario Mazzetti segretario nazionale FICE
Estate d’Autore. Prime visioni al cinema è l’iniziativa della FICE, Federazione Italiana Cinema d’Essai, che favorisce l’offerta di film di qualità italiani ed europei nel periodo estivo: 11 i titoli, in uscita a giugno, ai quali la FICE assicurerà un’ampia diffusione e promozione negli oltre 400 schermi d’essai associati. Oltre a favorire la distribuzione dei film, l’obiettivo è quello di garantire loro una presenza in sala per un periodo adeguato, così da offrire al pubblico una programmazione all’altezza anche in un’estate non troppo ricca. I film selezionati per la terza edizione dell’iniziativa sono: La casa delle estati lontane di Shirel Amitaj, Fiore di Claudio Giovannesi, In nome di mia figlia di Vincent Garenq, Ma Ma di Julio Menem, Saint-Amour di Delepine-Kervern; Segreti di famiglia di Joachim Trier, S is for Stanley di Alex Infascelli, e i quattro film provenienti dalla rassegna ‘Nuovo Cinema Teheran’, A girl walks home alone at night di Ana Lily Amirpour, Nahid di Ida Panahandeh, Un mercoledì di maggio di Vahid Jalilvand, A dragon arrives! di Mani Haghighi. L’iniziativa è stata presentata lo scorso 1 giugno nel corso di una conferenza stampa della FICE, presieduta da Do-
menico Dinoia, che si è svolta a Roma presso l’Agis. Oltre a Estate d’Autore. Prime visioni al cinema, è stata presentata anche la terza edizione di Racconti italiani - I documentari al cinema: una selezione di 6 documentari, in larga parte presentati nei maggiori festival cinematografici, che potranno essere programmati da tutte le sale associate da giugno a dicembre 2016. I titoli sono: Borsalino city di Enrica Viola, Dustur di Marco Santarelli, Nessuno mi troverà di Egidio Eronico, I ricordi del fiume dei Fratelli De Serio, Oggi insieme domani anche di Antonietta De Lillo, Rino - La mia ascia di guerra di Andrea Zambelli.
La conferenza stampa è stata anche l’occasione per riflettere sulla situazione del cinema d’autore in Italia. «Il nostro obiettivo - ha dichiarato Domenico Dinoia - è quello di far sì che il film siano disponibili per tutto l’anno. È inaccettabile che molti film d’autore, recentemente presentati a Cannes, siano distribuiti immediatamente negli altri paesi e debbano invece aspettare, per l’Italia, spesso l’anno successivo». Nel corso della conferenza, Dinoia ha annunciato un’altra novità, ovvero la collaborazione, da agosto, tra le sale della FICE e la Cineteca di Bologna, in occasione del progetto Il Cinema ritrovato. Al Cinema. All’appuntamento sono intervenuti, fra gli altri, Mariella Troccoli, dirigente della Direzione Cinema del Mibact, che ha sottolineato gli sforzi del governo a favore delle sale che programmano film d’essai durante l’estate; e i registi Antonietta De Lillo ed Egidio Eronico, che hanno espresso il proprio gradimento per le iniziative della Fice. In platea presenti, fra gli altri, Laura Delli Colli, presidente SNGCI, Franco Montini, presidente SNCCI, Francesco Raniero Martinotti, presidente ANAC, e rappresentanti della produzione, distribuzione e dell’esercizio.
ViaEmiliaDocFest, al via il concorso Nato nel 2010, ViaEmiliaDocFest è il primo Festival italiano online del cinema documentario, promosso da Pulsemedia, organizzato da Kaleidoscope Factory in collaborazione con Regione Emilia Romagna, Emilia Romagna Film Commission, Solares-Fondazione delle Arti, Ucca e con gli Assessorati alla Cultura del Comune di Modena e di Reggio Emilia. Ogni anno venti tra le migliori produzioni documentaristiche in Italia vengono selezionate da una giuria di professionisti del settore per partecipare al concorso di ViaEmiliaDocFest. I film in concorso, per la maggior parte inediti, saranno visibili sul portale Viaemiliadocfest. Il panorama degli autori è vasto: comprende giovani registi emergenti e filmmakers già affermati.
Le opere sono trasmesse online in alta definizione e votate per un mese dal pubblico del web che, previa iscrizione al sito, può indicare fino a tre preferenze. Un mese per scoprire la vitalità e la ricchezza di un cinema che spesso è esclusiva dei circuiti festivalieri e cosiddetti indipendenti, ma che sempre più è espressione di un nuovo sguardo sul mondo, di inedite restituzioni della realtà, innovative e non convenzionali nelle forme narrative, linguistiche e produttive. Quest’anno i lavori premiati dalla Giuria, dal pubblico Web, dal portale cinemaitaliano.info e da D.E-R, sbarcheranno fisicamente a Modena al Teatro dei Segni, in Via S. Giovanni in Bosco 150, dove si terrà l’evento di ViaEmiliaDocFest in cui il 12 novembre si premieranno i
vincitori della kermesse e si potranno visionare le opere arrivate in finale. L’evento è promosso dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Modena, Arci Modena e UCCA con il patrocinio e la collaborazione di: Università di Modena, Istituto storico di Modena, Sequence, Movimenta, Voice off, Ozu Film Festival, singoli videomakersattivi a Modena; media-partnership: Cinemaitaliano.info, MYmovies.it. Sono previste altre interessanti offerte tra sezioni parallele, momenti live e incontri, proiezioni di anteprime nazionali con l’intento di favorire lo scambio di contatti e informazioni fra i filmmaker presenti e i professionisti del mondo audiovisivo. Bando e informazioni su http://www.viaemiliadocfest.com/
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Altrovïaggio, si conclude il ciclo di incontri del circolo di lettura Otto libri attraverso mezzo secolo americano a cura di Arci Altrovïaggio
Si è concluso nei giorni scorsi, presso la Biblioteca Planettiana di Jesi, il primo ciclo degli incontri programmati del circolo di lettura, promosso dall’Arci Altrovïaggio e dalla stessa Biblioteca. Otto incontri, da ottobre a maggio, con altrettanti bei libri, e otto conversazioni con un gruppo di circa venti partecipanti che non si conoscevano tra loro, in una specie di viaggio. Siamo partiti da Long Island, est di New York, con Il grande Gatsby di Fitzgerald, dagli Anni Venti, tra il proibizionismo e la grande crisi, e siamo arrivati circa mezzo secolo dopo a Newark, sul lato ovest di New York, con la Pastorale Americana di Philip Roth, e sembrava diventato un altro mondo, già rivoltato da tutto ciò che avevamo letto, ma sempre lo stesso seppure da angolature sempre nuove e attraverso lingue e narrazioni che si rinnovano. Dopo Fitzgerald ci siamo spostati verso ovest, prima con Luce d’agosto di William Faulkner, dove i pensieri già si stratificano e i sensi si dilatano. Quindi il viaggio è diventato un vero esodo, con Furore di John Steinbeck, dove in scena ci sono i contadini, e poi eccoci a Los Angeles, quella reale ma che ancora sembra finta di Chiedi alla polvere di John Fante, e, subito dopo la guerra, la Los Angeles distopica che invece sembra reale di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury. Che dire di Factotum di Charles Bukowski? Anche lui a Los
Angeles, per lo più, ma sembra quasi per caso. Ha suscitato le discussioni più aperte, tirandoci fuori tutta la gamma delle impressioni possibili, lungo nuove angolazioni da cui valutare la concretezza del senso ma forse anche del non senso. E poi un tuffo, senza mediazioni, nell’america della schiavitù, dentro le pagine di Amatissima di Toni Morrison, che sovverte le nostre percezioni che ci appaiono scontate. E infine Pastorale Americana di Philip Roth, un libro che stimola ad essere riletto più volte. C’è dentro più di quello che si riesce a percepire al primo passaggio, in questa America degli anni sessanta, del Vietnam e delle rivolte. Newark è l’epicentro che Roth individua per narrarci questo grande viaggio ma lo fa dal punto di vista del dettaglio che siamo noi, persone singole e caduche, a cui tocca farsi carico dei miti pubblici, viverci dentro o anche rifiutarli, ciascuno secondo la sua sensibilità. E anche leggendoli ciascuno secondo la propria sensibilità. La letteratura come metodo di conoscenza? Decisamente sì! Che dire di questa esperienza di lettura condivisa durante l’anno? Ha avuto inizio come una scommessa, ha funzionato ed è importante cercare di ripeterla, ora che siamo anche, tutti, un po’ più esperti di questo che si è rivelato insieme cultura e gioco, condivisione e nuove relazioni. www.altroviaggio.org
L’11 giugno ‘Blues Day for Luigi’ Sedici anni di grande musica e due senza Luigi Tempera, raffinato e originale chitarrista blues e veterano della scena musicale italiana che ci ha lasciati due anni fa e ha ideato, insieme a Piero Contu, il Beinasco Blues & Jazz Festival poi confluito nel Blues Day for Luigi. L’evento è organizzato dal circolo Arci Uisp Violeta Parra di Beinasco (TO) e si terrà sabato 11 giugno a partire dalle ore 16,30. Grandi artisti calcheranno il palco del Centro Il Malinteso di Beinasco, ognuno con una dedica per Luigi che aveva un desiderio, continuare ad organizzare ogni anno il Festival, per diffondere la
cultura blues e dare ai giovani la possibilità di emergere. La direzione artistica del Festival è affidata a Claudia, la moglie di Luigi Tempera, e a Roberto Guietti. L’inaugurazione è prevista alle ore 16,30: in sala prove verrà affissa una targa in memoria di Luigi Tempera. Alle 17 sul palco i Shuffle & Shake e alle 17,30 un aperiblues aperto a tutti. A seguire, si esibiranno Beppe (Bup) Rainero, The Bluesaders, gli Sharpeners, gli Officina Blues. Dalle 20 Rob & Chico’s Gang, i Fratelli Tabasco, Paolo Demontis e Jake Walker with Fast Frank & The Hot Shout Blues. fb Violeta Parra - Malinteso
in più veritÀ su giulio LECCO Si terrà il 10 giugno alle
20.30 presso il circolo Arci La Ferriera l’incontro Verità su Giulio Regeni. Un dibattito in città su diritti umani, reato di tortura, libera informazione. Tra i relatori, l’avvocato e attivista di Amnesty International Flaminio Maffettini, nonché esponenti dell’Arci e di altre associazioni del territorio impegnate sulle tematiche della salvaguardia dei diritti umani, del riconoscimento del reato di tortura, della libera informazione. Aprirà il dibattito il Sindaco di Lecco Virginio Brivio. A seguire musica dal vivo. www.arcilecco.it
35mm sotto il cielo COMO Torna la rassegna cinematografica estiva 35mm sotto il cielo curata dal circolo Arci Xanadù di Como, un’occasione per vedere, o rivedere, i film più importanti della stagione insieme a qualche ‘chicca’. Tutti i mercoledì e i giovedì, dal 15 giugno al primo settembre, nella centralissima Piazza Martinelli, ci sarà una proiezione alle ore 21.30. Ingresso a 7 euro, 6 per i soci Arci, 5 per gli under 18 e over 65. fb Xanadù Circolo Arci
VOLTAPAGINA ISERNIA L’Arci Immigrazione
Isernia inaugura Voltapagina, piccola biblioteca multiculturale: un luogo di incontro tra migranti e cittadinanza, uno spazio per eventi e iniziative socioculturali aperto a tutti, un servizio per chi voglia educare ed educarsi alla cultura dell’integrazione. La biblioteca propone centinaia di testi, selezionati per favorire l’integrazione attraverso la comprensione delle diversità. Particolare attenzione è dedicata alle letture per bambini e ragazzi, in italiano e in diverse lingue straniere. fb Arci Immigrazione Isernia
pedalata partigiana UDINE Per festeggiare i 70 anni di diritto di voto alle donne e ricordare le figure delle 21 Madri Costituenti, l’Anpi Udine, insieme ad organizzazioni territoriali tra cui l’Arci propone una visita guidata in bicicletta attraverso le vie della città intitolate ad alcune partigiane friulane. Appuntamento il 12 giugno alle 9 di fronte al monumento alla Donna Partigiana. 0432.504813
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Pride 2016: Liberi di essere Liberi di esprimersi di Maria Chiara Panesi
coordinatrice nazionale Arci Laicità e diritti civili
Lo scorso 28 maggio il Pride di Napoli ha inaugurato l’onda dei Pride che attraverserà l’Italia nelle prossime settimane estive colorando le piazze di moltissime città. Sarà un’edizione particolare nel segno della legge Cirinnà entrata in vigore da pochi giorni che ha riconosciuto per la prima volta nel nostro paese diritti e doveri alle coppie omosessuali colmando un vergognoso ritardo. E sarà un’edizione particolare nel segno delle molte battaglie per il raggiungimento di una piena uguaglianza che ancora ci aspettano e in cui l’Arci sarà, come sempre, a fianco del movimento. L’onda dei Pride continua ad essere uno dei momenti di grande visibilità, con cui il mondo lgbtq ricorda la rivolta di Stonewall del 1969 e l’inizio del movimento di liberazione omosessuale, con cui il movimento lgbtq rivendica libertà e dignità.
Liberi di essere, liberi di esprimersi. Liberi di raccontare la propria vita ed il proprio quotidiano rompendo il muro di pregiudizi e discriminazione ancora così presente anche nel nostro paese. Ma il Pride è anche il momento che esprime a gran voce la voglia di partecipazione ed uguaglianza. Abbiamo scelto di caratterizzare la nostra partecipazione ai Pride con un’immagine grafica che sappia tenere insieme il momento dell’orgoglio con la lotta per i diritti, comunicando al movimento il pieno supporto da parte dell’Arci nella battaglia per il raggiungimento di una piena uguaglianza per tanti cittadini e cittadine.
società
Un ricordo di Renzo Maffei a 10 anni dalla sua morte di Gianluca Mengozzi presidente Arci Toscana
Renzo Maffei ci ha lasciato il 10 giugno del 2006. Nella sua esperienza di dirigente dell’Arci, troppo breve, ha avuto il tempo di lasciare un segno indelebile. Dopo dieci anni la sua passione umana e politica, la visionaria immaginazione di un progresso dell’associazione generato nelle sue basi popolari, la sua capacità di sperimentazione ed innovazione sono attualissime. Da pedagogo, educatore e maestro ha messo al centro del suo operare i diritti dei bambini e delle bambine: questo è stato il suo principale metro di misura delle ingiustizie del mondo ad ogni latitudine, e questa la più grande ispirazione del suo agire. Renzo, da pragmatico, spiegava che nessun pensiero teorico conseguisse piena dignità se non nelle realizzazioni. E che ad alimentare l’evoluzione dei pensieri teorici fosse principalmente il mettersi alla prova e misurarsi con le sfide delle imprese per migliorare questo mondo. Animatore instancabile e maestro di associazionismo è stato capace di creare attorno a sé un gruppo vasto di militanti appassionati a cui ripeteva sempre di non essere una guida ma una risorsa in più, un riferimento, per un’azione che ognuno doveva avere il coraggio di declinare secondo le proprie sensibilità ed inclinazioni. Da quella scuola, variegata, multiforme e diversa, così lontana da ortodossie ma libera e critica, sono usciti molti dirigenti del terzo settore. Trasmettendo entusiasmo e con una profonda etica del lavoro derivante dalle origine contadine e dalle proprie esperienze in fabbrica, ha creato le prime comunità di accoglienza per minori non accompagnati. Nella solidarietà internazionale ha saputo emancipare l’azione internazionalista delle basi associative dell’Arci inducendo la dirigenza a misurarsi con la progettazione della cooperazione allo sviluppo e con le grandi campagne di affidamento e sottoscrizione popolare immaginate dalla sua potenza visionaria. È così che ha creato quei ponti di consapevolezze popolari e partecipative che hanno permesso alla nostra Associazione e alle nostre comunità di radicare una solida propensione al confronto col resto del Mondo. Renzo ci ha fatto
conoscere il dramma del popolo palestinese facendocelo traguardare per la prima volta attraverso gli occhi dei bambini e delle bambine. E spiegando nei circoli la Palestina con la pazienza del maestro, con una passione divulgativa capace di semplificare e rendere agibili concetti complessi senza mai banalizzarli. Pace e diritti sono stati la guida con cui ci ha portato a supportare la società civile in Palestina, nelle Filippine, in Perù, in Libano, facendoci comprendere come le lotte degli altri fossero fondamentali per la nostra stessa emancipazione e come avessimo da imparare da chi si impegna altrove, in condizioni ostili e con pochi mezzi, per un futuro migliore. La sua passione politica e umana così come la rigorosa e coerente metodologia di azione sono state e continuano ad essere un punto di riferimento ed una fonte di ispirazione per molti di noi, in Italia come in altre parti del mondo.
arcireport n. 20 | 9 giugno 2016 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 16.30 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
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