arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 25 | 9 luglio 2015 | www.arci.it | report @arci.it
I tanti e importanti significati del No greco di Luciana Castellina Presidente onorario Arci
La vittoria del no in Grecia ha molti significati. È il risultato di un’ altra, storica lezione di democrazia che ci viene dalla Grecia di Pericle e, in un quadro europeo in cui i cittadini sembrano sempre meno chiamati a decidere sulle scelte politiche del proprio paese - al di là di un sì o un no’ a decisioni già prese - questo è già un fatto di grande importanza. L’ampiezza del no, al di là di ogni previsione, ci dice che la rivolta contro un’Europa meschina, autoritaria, solo contabile e incapace di esprimere una politica che guardi al di là della povera miopia del mercato, ha conquistato strati dell’opinione pubblica assai più vasti di quelli della sinistra. A piazza Syntagma, la notte del 5 luglio, questo dato era visibile. Non perchè, come hanno stupidamente scritto alcuni giornali italiani, alla sinistra si era unita la destra nazionalista, ma perchè quel voto è stato la reazione generalizzata ad una insopportabile arroganza. Il no di Atene è importante proprio perchè è un no europeista: non un no all’Europa, ma un no a questa politica europea, pronunciato finalmente senza esser paralizzati,
come sempre è stato, dal ricatto: chi critica l’Europa è contro l’Europa. Questo risultato è importante per tutti noi, perchè dà il via ad una possibile controffensiva che unisce l’Europa, perchè oramai in ognuno dei suoi paesi membri ci sono movimenti e/o partiti che hanno cominciato ad opporsi alla cecità di Bruxelles. Per tornare a porre la politica al posto di comando, e cioè la razionale volontà degli esseri umani che, rispetto ai meccanismi di mercato, hanno la capacità di guardare più lontano e sopratutto di non far prevaler il meschino obiettivo del profitto individuale, ma l’interesse della collettività, almeno di quella grande maggioranza della collettività che di profitto non ne ha. E infine: credo sia assai utile alla sinistra italiana la lezione che Tsipras ci ha dato: grande fermezza, coraggio e capacità di rischiare (e cioè non grigio opportunistico moderatismo) e però insieme grande accortezza tattica, consapevolezza della necessità, direi togliattiana, di tessere alleanze, di non restare isolati, per provare a modificare i rapporti di forza. L’aver coinvolto, adesso che ha acquisito la forza per avere una posizione egemone, gli altri
partititi greci, è stata, ripeto, una bella lezione contro tutti gli inermi settarismi e ideologismi ancora così in voga. Per l’Arci c’è, credo, una specifica lezione da apprendere: la vittoria di Syriza non è dovuta soltanto al fatto che in Grecia la sinistra è stata capace di unirsi e qui no (i greci non sono meno litigiosi di noi). È dovuta al grande lavoro comune che è stato sviluppato sul territorio per costruire una rete di organismi di supplenza ad uno stato non più in grado di farsi carico dei bisogni, anche primari, della comunità: ospedali, centri di assistenza sanitaria, mense, asili fondati sul lavoro volontario. Non si tratta di tradizionale opera di beneficenza. È qualcosa di più: è assunzione da parte della società della gestione di funzioni statali e può costituire un bel modello politico: finalmente i cittadini si riappropriano di funzioni prima affidate a una burocrazia separata, costruiscono - e non si limitano a rivendicarlo - il bene comune. È molto di più di un movimento di protesta, e molto di più, anche, dell’espressione spontanea ma confusa, della società civile. È costruzione di una democrazia organizzata, che intreccia momenti di azione diretta con il sistema rappresentativo. In Grecia tutto si svolge - e si svolgerà ancora per molto - in un contesto drammatico. In Italia possiamo provare a sperimentarlo in condizioni assai più facili. L’Arci, per la sua storia e la sua pratica, ha in questo senso un ruolo importantissimo.
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solidarietàinternazionale
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Ritorno a Srebrenica, a vent’anni dal massacro a cura del comitato Arci Pescara
Centinaia di piedi incolonnati e silenziosi marciano. Marciano tra declivi alberati, tratturi polverosi, vallate immacolate. Marciano sotto un sole inclemente, rinfrancati a malapena da un timoroso Grecale, certamente sudati e stanchi ma mai così determinati. Marciano per la pace, e sono tanti, tantissimi. Bambine sorridenti e ignare affiancate da stoici nonni che si appoggiano a nipoti per i tratti più impervi, mogli con lo sguardo chino abbracciate dai propri mariti, figli e figlie della guerra, che vengono da vicino ma anche da molto lontano. Come la nostra Giulia di Pescara. Lei marcia con loro, lei, donna, madre, compagna, arrivata fin lì per vedere, sentire, esserci, riportare. È partita insieme ad altri novemila dal villaggio di Nezuk, per ripercorrere a ritroso la famigerata e infame ‘via della morte’. Si muovono sulle orme di quelle 15mila anime in fuga che cercarono la salvezza a Tuzla, zona che, dopo la caduta di Srebrenica per opera del generale R. Mladic, era sotto il controllo delle forze governative. Costantemente bombardati dall’artiglieria
serba, stremati e arresisi agli uomini di Mladic per poi venire uccisi nelle imboscate o in altre località. Gli anziani, le donne e i bambini, consegnati per un crudele gioco del destino dai caschi blu olandesi agli stessi carnefici, venivano invece deportati lontano da ogni speranza. L’11 luglio oltre 50mila persone sono attese a Srebrenica per commemorare il ventesimo anniversario del massacro degli oltre 8.000 musulmani trucidati dalle truppe serbo-bosniache in quel maledetto 1995. È proprio in questa cittadina della Bosnia orientale che sembra, infatti, venire alla luce quella ferita che da decenni contamina le relazioni tra l’etnia serba e bosniaca. Così, mentre tra i boschi di Argentaria (l’antico nome latino della città) le famiglie delle vittime cercano ancora le ossa dei loro cari e tutto ciò che può aiutare a non dimenticare, è al Memoriale di Potocari, a pochi chilometri da Srebrenica, dove riposano i resti di quei corpi, bersagli impotenti della più brutale follia fratricida di fine XX secolo, che si affollano le troupe televisive per questo anniversario
storico, macchiato ancora dalla cecità e arroganza dei potenti. Infatti, al Consiglio di Sicurezza la Russia ha posto il veto sulla risoluzione che avrebbe finalmente utilizzato la parola genocidio. Il voto era stato già due volte rimandato nel tentativo di convincere la Russia a non opporsi. Invece, poco prima del voto, l’ambasciatore russo all’ONU ha definito la risoluzione «non costruttiva, aggressiva e politicamente immotivata». La Russia aveva proposto di condannare «i crimini più gravi che riguardano la comunità internazionale», ma non era d’accordo nell’utilizzo del termine «genocidio» e soprattutto nel dare la responsabilità della tragedia di Srebrenica soltanto alle forze serbo bosniache. Lo stesso tribunale ONU per i crimini di guerra dell’Aja aveva già definito un genocidio il massacro nella città bosniaca. Ma questo non è bastato. I migliaia di bosniaci mussulmani assassinati. Le decine di fosse comuni. Tutto questo per alcuni non è ancora abbastanza. Sì, come già detto, tanto va ancora fatto. Tanto va ancora ribadito.
Dopo la guerra, frutti di Pace di Nicole Corritore Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo
Donne, lamponi e pace. Sono le tre parole che accomunano la storia di una cooperativa agricola nata nel 2003 a Bratunac, nel territorio di Srebrenica, una delle zone dove la guerra in Bosnia del ‘92-’95 ha mostrato uno dei suoi volti più feroci. Un luogo sulla riva occidentale della Drina, al confine con la Serbia, dove donne - un tempo profughe o sfollate sono tornate a vivere e coltivano frutti di bosco. Si tratta di un progetto di riconciliazione al femminile: donne che attraverso il lavoro e superando le divisioni etno-nazionali imposte dalla guerra hanno cominciato a parlarsi e ascoltarsi. A distanza di più di un decennio dalla fondazione, i prodotti della cooperativa Insieme-Zajedno si vendono anche in Italia, sebbene la strada per arrivare fin qui sia stata tutta in salita. Con la fine del conflitto la comunità internazionale avviò programmi di ricostruzione e progetti a sostegno del rientro dei profughi. Un rientro però reso molto difficile, oltre che dalle devastazioni strutturali e dalla mancanza di fonti di sostentamento
economico, dalla divisione in zone ‘monoetniche’ della Bosnia. Srebrenica segna una delle pagine più nere di quella guerra: nonostante fosse stata dichiarata area protetta dall’Onu, nel luglio del ‘95 le truppe serbo-bosniache la invasero e uccisero migliaia di bosgnacchi, mentre donne e bambini vennero forzati a sfollare. Ciò che avvenne è stato definito «genocidio» dal Tribunale Internazionale per i crimini di guerra dell’Aja. Per i bosniaci musulmani rientrare a vivere a Srebrenica voleva dire superare paura e dolore, in un luogo dove erano rimasti a vivere anche i responsabili di quei crimini. Nella zona di Srebrenica parte, agli inizi degli anni duemila, la sfida di Rada Žarković - attualmente a capo della cooperativa - assieme all’amico Skender Hot. Entrambi pacifisti, Rada entrò in contatto con la società civile italiana, divenendo volontaria per l’Ics. Con il coinvolgimento di soggetti della società civile bosniaca, fece un’approfondita ricerca per capire come sostenere il processo di ritorno.
Emerse che prima della guerra quella era una delle zone di maggior raccolta di piccoli frutti, soprattutto lamponi, di tutta la ex-Jugoslavia. Dopo aver riscontrato che il mercato offriva un buon margine per i prodotti derivati dalla lavorazione di questi frutti, Rada, Skender e altri 10 soci decisero di fondare Zajedno-Insieme. Dal 2003 in poi sono state molte le difficoltà da superare: l’acquisto della struttura, dei macchinari di filtro e pulizia dei frutti, della catena di refrigerazione, dei mezzi di trasporto. Al contempo la cooperativa si è scontrata con un’amministrazione locale poco disponibile a sostenere il progetto. Grazie al sostegno economico ed organizzativo proveniente dall’Italia e grazie alle lavoratrici e ai lavoratori della cooperativa che hanno creduto fermamente nel progetto, Zajedno-Insieme ce l’ha fatta. Oggi sono oltre 500 le famiglie associate coinvolte nella produzione di frutti surgelati, marmellate e succhi e, dal 2013, alcuni prodotti, i cosiddetti Frutti di pace, vengono distribuiti anche in Italia.
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paceedisarmo
La Rete italiana per il disarmo scrive a Renzi e Gentiloni La Rete italiana per il disarmo chiede un incontro a Renzi e Gentiloni. Di seguito il testo della lettera. «A seguito del recente invio alle Camere della Relazione annuale della Presidenza del Consiglio sulle esportazioni di sistemi militari italiani relativa all’anno 2014, come associazioni della Rete italiana per il disarmo Vi scriviamo per chiedervi la disponibilità a riprendere il dialogo sui temi in oggetto per favorire una più puntuale e trasparente informazione pubblica sul controllo delle esportazioni dei materiali d’armamento. Negli anni scorsi sono stati numerosi gli incontri tra i Governi succedutisi alla guida del nostro Paese e i rappresentati delle nostre associazioni appartenenti alla Rete italiana per il disarmo, Rete che è stata costituita nel 2003 e che annovera tra i suoi compiti il monitoraggio e la sensibilizzazione della società civile sulle esportazioni di sistemi militari e di armi leggere. Nel corso degli ultimi anni, anche a seguito delle recenti modifiche apportate alla Legge n. 185 del 1990 e della continua successione dei Ministri incaricati della
materia, è risultato più difficile proseguire il dialogo istituzionale e, di conseguenza, fornire all’opinione pubblica un quadro preciso ed approfondito delle esportazioni italiane di sistemi militari. Lo scorso febbraio, anche su sollecitazione della nostra Rete, le competenti commissioni della Camera sono tornate ad esaminare la Relazione governativa relativa all’anno 2013: un fatto certamente positivo considerato che per diversi anni il Parlamento non vi aveva dedicato la necessaria attenzione. Come hanno rilevato diversi parlamentari intervenuti nel dibattito in Commissione, riteniamo importante evidenziare la progressiva perdita nella Relazione governativa di informazioni fondamentali riguardo alle effettive esportazioni di sistemi militari dal nostro Paese, informazioni che - presenti per anni nelle Relazioni governative hanno consentito un efficace controllo da parte del Parlamento e della società civile in merito all’attività dei vari Governi sulle autorizzazioni all’esportazione di sistemi militari e alle relative transazioni bancarie. Per questo motivi siamo a domandarVi la disponibilità ad un incontro con una
rappresentanza delle nostre organizzazioni sia per illustrarVi le nostre richieste per favorire una maggior trasparenza e chiarezza della Relazione governativa annuale, sia - soprattutto - per riprendere il costruttivo dialogo istituzionale che ha caratterizzato per diversi anni i rapporti tra governi e società civile su questi delicati temi. Il prossimo 9 luglio, in occasione del 25° anniversario dell’entrata in vigore della Legge n. 185 che nel 1990 ha introdotto nel nostro paese Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, promuoveremo momenti di informazione e di approfondimento sulle esportazioni di sistemi militari italiani: ci farebbe pertanto piacere, per l’occasione, poter segnalare una rinnovata attenzione da parte del Governo da Voi rappresentato. Nei prossimi mesi, inoltre, le associazioni appartenenti alla nostra Rete promuoveranno convegni sul tema dei trasferimenti italiani, europei e internazionali di armamenti ai quali non mancheremo di invitare rappresentanti del Governo e delle Amministrazioni competenti».
Le armi italiane in giro per il mondo Da che è in vigore la legge 185/90 i sistemi militari italiani sono stati esportati in ben 123 nazioni, tra cui alle forze armate di regimi autoritari di paesi come l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto, la Libia, la Siria, la Turchia e paesi in conflitto come India, Pakistan, Israele, ma anche paesi con indice di sviluppo umano basso come Ciad, Eritrea, Nigeria. Che tipo di controlli siano stati attivati sull’utilizzo da parte dei destinatari non è dato sapere. In questi 25 anni sono state autorizzate esportazioni dall’Italia per oltre 54 miliardi di euro e consegnati armamenti per più di 36 miliardi con un trend decisamente in crescita nell’ultimo decennio. Più della metà delle esportazioni ha riguardato paesi al di fuori delle principali alleanze politico-militari dell’Italia, cioè paesi non appartenenti all’Ue o alla Nato: un dato preoccupante se si considera che - secondo la legge 185 - le esportazioni di armamenti «devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia». Ancora più preoccupanti sono le zone geopolitiche di destinazione: se primeggiano i
paesi dell’Ue, sono però di assoluto rilievo anche le autorizzazioni per esportazioni di sistemi militari verso le aree di maggior conflittualità del mondo, come i paesi del Medio Oriente e Nord Africa, e dell’Asia. Inferiore il volume di armamenti esportato in Nord America e nei paesi europei non Ue (come la Turchia), e anche in America Latina, Africa sub sahariana e Oceania. E proprio verso le zone di maggior tensione nel mondo, come i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa sono andate crescendo negli ultimi anni le esportazioni. Tra i singoli paesi destinatari di armamenti italiani, ai primi posti figurano Stati Uniti e Regno Unito, ma consistenti - e in crescita - sono state anche le esportazioni
verso due tra i più autoritari regimi del mondo, Arabia Saudita ed Emirati Uniti, o fortemente instabili come India e Pakistan. I dati quantitativi sono importanti, ma per verificare la corretta attuazione della legge occorrerebbe un’analisi dettagliata degli specifici sistemi d’armamento esportati dall’Italia nei vari paesi. È proprio questa verifica che negli anni è diventata sempre più difficile e oggi praticamente impossibile. Le relazioni consegnate al Parlamento sono infatti diventate di sempre più difficile interpretazione e le informazioni scorporate. Inoltre negli ultimi anni è stato reso impossibile conoscere le singole operazioni svolte dagli istituti di credito, un fatto che ha favorito soprattutto i gruppi bancari esteri. Nel contempo è venuta meno anche l’attività di controllo del Parlamento e solo nel febbraio scorso, su pressione della rete italiana per il disarmo, le competenti commissioni di Camera e Senato sono tornate ad esaminare la Relazione governativa, incapace di fornire sufficienti notizie, in una seduta ridicolmente breve e senza fissare altri momenti informativi.
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cooperazioneinternazionale
Un progetto in Colombia per contribuire alla pacificazione del paese di Jacopo Forconi presidente Arci Firenze
La Colombia non è un territorio omogeneo ma è un miscuglio di tante culture, tanti problemi, tanti attori sociali diversi che vivono nello stesso paese. In guerra dal 1948. Una delegazione dell’Arci si è recata in Colombia nell’ultima settimana di giugno per monitorare, alla scadenza della prima annualità, il progetto Donne organizzate per la costruzione di una società della Pace (DOCP), promosso da Arci Firenze insieme ad Arcs e Viva La Ciudadania, storico partner locale dell’Arci, e finanziato dal Ministero degli Affari Esteri. Il progetto, della durata di tre anni, prevede la realizzazione di percorsi partecipativi e formativi, all’interno di una logica di ricerca e di costruzione della pace, rivolti a donne aderenti ad organizzazioni locali in quattro diverse aree del paese, tramite incontri e discussioni di gruppo. Questi percorsi, chiamati Escuelas de Mujeres Constructoras de Paz, coinvolgeranno nell’arco di tutta la durata del progetto circa 450 donne nelle città Sincelejo, Popayan, Buenaventura e nella scuola itinerante nel Dipartimento del Chocò. Il risultato finale di ogni corso è una raccolta di istanze e di sollecitazioni, chia-
mata Agenda ciudadana de las mujeres che verrà poi sottoposta alle istituzioni e alle comunità locali. In ognuna delle quattro aree in cui si svolge il progetto agiscono soggetti sociali diversi, tra cui anche gruppi armati. Ne consegue che le problematiche affrontate sono molto differenti tra loro. Ad esempio a Sincelejo, città nel nord del paese, si trova una fortissima infiltrazione di criminalità organizzata associata al paramilitarismo che ha permeato le amministrazioni locali; a Popayan sono presenti gruppi indigeni e afrodiscendenti, spesso in contrasto tra loro, che si trovano a difendere il loro territorio dallo sfruttamento minerario e dalle grandi opere, oltre ad essere una delle zone in cui il conflitto armato tra esercito
e guerriglie è più acceso; a Buenaventura, dove la comunità afrodiscendente è maggioritaria, si registra il tasso di povertà più alto del paese, la criminalità e il paramilitarismo rendono la città tra le più violente del Sud America e lo sviluppo del porto sta creando innumerevoli desplazados e sta richiamando traffici illeciti di ogni sorta; la situazione del Dipartimento del Chocò è contraddistinta da una totale assenza dello Stato, pertanto la zona vede una predominanza dei gruppi guerriglieri e paramilitari. Gli unici aspetti in comune tra tutte le zone sono la violenza fisica e psicologica nei confronti delle donne e la difficoltà, se non proprio l’impossibilità, a ricoprire cariche pubbliche che possano garantire tutela e diritti per le donne. In un paese così vasto, così contrastato ma anche così ricco di diversità e di potenziali opportunità, proprio nel momento in cui la Colombia può raggiungere finalmente la Pace grazie alle trattative che si stanno svolgendo a L’Avana, l’Arci è presente e contribuisce con un progetto che intende favorire e creare le condizioni per la pacificazione. Di questo dovremmo esserne orgogliosi.
Scambi giovanili in Palestina ed Italia Arci e Arcs organizzano ogni anno campi di lavoro e progetti di volontariato internazionale. Gli obiettivi sono la promozione della solidarietà e della cooperazione internazionale e lo sviluppo di valori quali il dialogo interculturale, la collaborazione e la pace. Quest’anno Arcs propone l’organizzazione di due scambi giovanili, uno in Palestina e uno in Italia, rivolti a 15 giovani italiani e 15 giovani palestinesi, allo scopo di offrire loro l’occasione di conoscersi a vicenda e di conoscere i reciproci contesti di provenienza. Il primo scambio avrà sede a Gerusalemme, con una visita a Hebron, mentre il secondo a Milano. I periodi di riferimento sono dal 19 al 27 agosto in Palestina e dal 22 al 29 settembre in Italia. Il progetto Youth MEDIocracy Makers è finanziato dal Programma Erasmus Plus, dell’Unione Europea. Partner locale sarà YDD (The youth development department), storico partner di Arcs e Arci in Palestina, che opera nel campo
dell’educazione e dei giovani, in particolare all’interno del governatorato di Gerusalemme. YDD si occuperà di selezionare e formare i partecipanti palestinesi e di collaborare con Arcs nell’organizzazione degli scambi, in particolare per ciò che concerne la logistica dello scambio in Palestina. Partecipanti | Si cercano 15 partecipanti italiani, di età compresa fra i 18 e i 30 anni. Non sono richieste competenze particolari, se non una conoscenza base dell’inglese, forte motivazione e interesse per i temi dello scambio e spirito di adattamento. Per uno scambio di conoscenze anche legate al territorio è preferibile che i partecipanti abitino a Milano e dintorni
e si richiede la disponibilità a partecipare a degli incontri formativi pre-partenza e a un incontro di valutazione finale, nonché ad assicurare la propria presenza durante entrambi gli scambi. Quota di partecipazione | Sono coperti i costi di viaggio, vitto e alloggio, assicurazione e spostamenti interni e ogni altro costo relativo alla realizzazione delle attività durante gli scambi. Si richiede il pagamento di una quota di partecipazione complessiva di 250/300 euro (a seconda del costo del biglietto aereo per Tel Aviv). Non sono inclusi i costi di trasporti, vitto e alloggio durante gli incontri di formazione pre-partenza e valutazione finale.
Iscrizioni Per candidarsi bisogna inviare un’email a: segreteria_arcs@arci.it e aleale.mussi@gmail.com allegando l’application form (presente su www.arciculturaesviluppo.it) compilata entro il 15 luglio.
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arcireport n. 25 | 9 luglio 2015
società
Respingiamo la provocazione del Coisp
A Genova il 20 luglio in piazza Alimonda le forze democratiche di Francesca Chiavacci Presidente nazionale Arci
Sembra incredibile, ma purtroppo è vera, la notizia secondo cui il sindacato di polizia Coisp intende manifestare il 20 luglio in piazza Alimonda a Genova, a 14 anni dall’uccisione di Carlo Giuliani, e raccogliere le firme per rimuoverne la lapide in sua memoria. Si tratta di una pura provocazione che nessuna organizzazione democratica può accettare. Chiediamo fin d’ora che chi ne ha l’autorità impedisca per tempo che quest’offesa alla memoria della città e del paese si compia. Ma dobbiamo anche chiederci come mai il Coisp se ne sia uscito con una simile dichiarazione. La risposta purtroppo non è difficile. È da tempo che nel nostro paese si moltiplicano dichiarazioni irresponsabili delle destre che vorrebbero lasciare mano libera alla polizia in tutti i sensi. I casi Cucchi e Aldrovandi sono lì davanti
ai nostri occhi. Quanti vergognosi insulti hanno dovuto ricevere i loro famigliari, a volte persino firmati da chi veste la divisa e dovrebbe avere responsabilità nella cura dell’ordine pubblico. Risuonano nelle nostre orecchie le recenti dichiarazioni di Matteo Salvini che costituiscono un lasciapassare e una giustificazione ai maltrattamen-
ti e finanche alle torture cui le forze dell’ordine potrebbero tranquillamente sottoporre i fermati. Abbiamo visto come questo clima di omertà e di deresponsabilizzazione, fomentato da diverse forze politiche anche in ambito governativo, abbia già portato di fatto allo svuotamento della legge sul riconoscimento del reato di tortura attualmente in discussione in Parlamento. Bisogna perciò che le forze democratiche reagiscano a questo clima. Non contrapponendo rancore a rancore, odio a odio, ma ricordando, come ogni anno, quelle drammatiche giornate nel nome di chi donò la propria giovinezza e la propria vita, coltivando la speranza in un mondo più giusto, non segnato da diseguaglianze, violenze, povertà e guerre, che erano gli ideali che animavano le centinaia di migliaia di manifestanti in quel luglio del 2001.
Una scuola con più diseguaglianze e meno qualità
La tortura? Non esiste
Da oggi la scuola non è uguale per tutti. Da oggi infatti la riforma della scuola è legge. Una cattiva riforma che il Governo italiano ha voluto, decidendo con arroganza di non ascoltare le voci di studenti, insegnanti, lavoratori, famiglie, associazioni che chiedevano, con la forza di una immensa partecipazione e con contenuti di qualità, importanti cambiamenti. È una cattiva riforma perché, come denunciamo da tempo, distrugge il principio, sancito anche dalla nostra Costituzione, di una scuola che dev’essere pubblica, uguale per tutti e tesa verso una sempre più alto livello qualitativo, riservando invece solo ai ceti più abbienti una scuola di qualità. Dunque da oggi avremo una scuola che inasprirà le diseguaglianze e mortificherà la crescita culturale, sociale ed economica del nostro Paese. Una scuola in cui gli spazi di partecipazione e democrazia saranno ancora più sacrificati, diventando di fatto residuali. Una scuola che continuerà a sostenere modelli valutativi, come l’Invalsi, che non tengono conto dell’essenza complessiva dell’apprendimento e della persona. L’Arci continuerà perciò ad essere al fianco di insegnanti, studenti, sindacati nella mobilitazione quotidiana, con l’obiettivo di contrastare le conseguenze negative di questa riforma ingiusta e sbagliata.
Con le modifiche apportate dalla Commissione Giustizia del Senato, chi si opponeva all’introduzione del reato di tortura nel nostro ordinamento ottiene un doppio risultato: in primo luogo il testo approvato dalla Camera viene peggiorato al punto da diventare incompatibile con la Convenzione contro la tortura delle Nazioni unite che l’Italia ha l’obbligo invece di rispettare. Diminuiscono infatti le sanzioni e il reato, che rimane ‘comune’ e non ‘proprio di pubblico ufficiale’ come richiesto dalla Convenzione, diventa ancora più generico. Per essere considerata tortura, la violenza o la minaccia deve essere infatti ‘reiterata’, spariscono le finalità discriminatorie introdotte per definire meglio la fattispecie, così come sparisce la locuzione ‘per vincere una resistenza’, che aveva fatto insorgere parte delle forze dell’ordine. In secondo luogo, dovendo il testo ritornare alla Camera, si allungano ancora i tempi di approvazione di una legge in discussione dal 2013 e che probabilmente finirà affossata. Una vittoria della parte più regressiva del parlamento e della polizia, una sconfitta per la democrazia e la civiltà di questo paese.
La Commissione Giustizia del Senato annacqua ancora il testo
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arcireport n. 25 | 9 luglio 2015
migranti
Alla Summer School si discute su come sconfiggere il razzismo oggi di Claudia Noci Arci Cremona
Il giorno dopo essere stata a Ventimiglia e aver visto una situazione ai limiti del reale, sono stata a Cecina, alla 21ª edizione del MIA, per seguire la prima Summer School, svoltasi dal 2 al 4 luglio. 41 gli iscritti, 16 i comitati presenti, in particolare dirigenti di comitato, presidenti, operatori. Già dal primo giorno, la Summer School si è rivelata ricca di spunti per ragionare su come oggi possiamo contrastare il razzismo dilagante e liberamente espresso nel nostro Paese. L’intenzione era quella di imparare a dotarsi di nuovi strumenti di contrasto, partendo dalla necessità di aver più dimestichezza nell’accesso e nell’utilizzo di dati e fonti attendibili che smentiscano il ‘sentire comune’. Oggi, infatti, le forme di razzismo sono diverse rispetto al passato e sono intrinsecamente collegate ai temi del lavoro, del diritto alla casa, della sicurezza, che più di allora sono terreni fertili per la crisi. E dove c’è crisi ci sono paura e ignoranza. Ma questi sono anche i luoghi dove Arci può attivare le sue politiche e le sue lotte per i diritti, creandosi nuovi metodi e nuove
strategie. Uno dei modi più efficaci per sbugiardare i pregiudizi è sicuramente la decostruzione costante dei preconcetti causati dalla voluta disinformazione data dai media, e la ricerca delle origini delle questioni, partendo dalle migrazioni. Il secondo giorno ci si è focalizzati sugli aspetti su cui puntare per ottenere un’efficace comunicazione e su quali canali utilizzare. Sicuramente, nel mondo associativo, l’ ‘estetica umanitaria’ è quella che prevale, ma è anche quella che lega la solidarietà al significato di salvezza. La solidarietà di Arci sta invece nell’abbattimento delle ingiustizie e nella cooperazione. I mezzi di comunicazione oggi sono omologati all’idea che la tensione emergenziale vada tenuta alta, mentre Arci deve andare in controtendenza, in modo preciso e strategico, per non sprecare energie e forze che sono di fatto minoritarie rispetto a testate giornalistiche e televisioni. Il web è sicuramente il canale migliore da utilizzare e da contaminare. Facebook, ad esempio, è sì il ricettacolo delle bassezze
umane, ma può anche diventare una risorsa per capire come meglio agire e dove. Anche l’ambito scolastico è stato uno dei campi analizzati per comprendere le dinamiche sociali delle nuove generazioni e poter fornire un’alternativa, laddove il preconcetto influenza i comportamenti e il web sostituisce a volte la realtà oggettiva con quella virtuale. Gli interventi di alto spessore dei relatori mi hanno sicuramente aiutato a interiorizzare maggiori informazioni e trasparenza anche sul quadro politico, per nulla rassicurante, e hanno aiutato tutti i frequentatori a ragionare sulle pratiche antirazziste, sia nei confronti della società che ci circonda, sia all’interno dei nostri circoli, che ne sono spesso lo specchio. L’ultimo giorno è stato utile per la creazione di gruppi di lavoro che hanno sviscerato idee e pensieri su tre macroaree: campagne, comunicazione, scuola. Anche qui, le riflessioni ad ampio raggio non sono mancate, guidate da passione, esperienza, competenza e voglia di essere utili.
Diario dalle zone di transito in Italia Di seguito, il report della visita di monitoraggio di Paolo, Matteo e Antonio, volontari di servizio civile all’Arci, e di Meryem ed Elvis del Numero Verde presso la tendopoli della stazione Tiburtina e il centro Baobab. Questa mattina (8 luglio) ci siamo diretti presso la tendopoli temporanea situata presso la Stazione Tiburtina, formatasi prevalentemente in seguito alla mancata possibilità dei migranti di defluire verso la loro mèta: il nord Europa. Il campo è gestito dalla Croce Rossa di Roma e dal Campidoglio. I migranti sono di nazionalità prevalentemente eritrea, etiope e sudanese, con minoranze individuabili tra siriani e nigeriani: tutti provenienti da contesti di conflitti e di discriminazione in cerca di un luogo sicuro nel quale vivere. Riusciamo a comunicare attraverso la rete di recinzione con un gruppetto di etiopi (tra loro due minori). Sono sdraiati su dei lettini, hanno l’aspetto di chi si sta riposando dopo un lunghissimo viaggio e sta raccogliendo le forze per tentare di affrontarne un altro, sono quasi tutti di sesso maschile; spicca solo una donna tra loro, probabilmente
senza alcuna possibilità di privacy. Ci dicono che approssimativamente all’interno dell’accampamento si contano 160 persone - divisesi spontaneamente per nazionalità - che godono di libertà di movimento in quanto possono entrare e uscire dal campo a loro piacimento e che non sussiste un’emergenza umanitaria: hanno vestiti e cibo, i bagni chimici funzionano e hanno la possibilità di lavarsi. La situazione sanitaria è sotto controllo, pur essendoci svariati casi di scabbia, ma grazie alle donazioni di farmaci è possibile mantenere condizioni dignitose. I ragazzi con cui parliamo ci riferiscono che sono arrivati da cinque giorni, ci tengono a sottolineare che la loro meta è la Germania e che per raggiungerla hanno già acquistato un biglietto del treno, in modo da non destare sospetti durante il viaggio e da evitare così la dolorosa situazione del rimpatrio forzato da parte delle autorità e che per questo motivo non hanno chiesto informazioni riguardanti l’asilo. Da questo si capisce che la tendopoli di Tiburtina è un luogo di breve transito in cui i migranti provenienti dal sud Italia cercano un rifocillamento prima
di rimettersi in viaggio. Dopo un breve tragitto a piedi, ci spostiamo in direzione del Centro Baobab di Via Cupa. Quello che vediamo prima di raggiungere il Centro è un fiume di persone sdraiate a terra su pezzi di cartone; tra loro moltissimi minori evidentemente affaticati e accaldati a causa dell’inappropriatezza della struttura rispetto alla quantità delle persone che necessitano accoglienza. I migranti sono quasi tutti eritrei ed etiopi e conteggiarli è molto difficile poiché anche questo è un luogo di transito: «Ieri a cena erano 550, oggi a colazione 330, ne deriva che durante la notte circa 200 di loro hanno iniziato il viaggio» ci racconta una collaboratrice. Facile da credere: dirigendoci verso l’uscita vediamo dei migranti impegnati nella preparazione della valigia, mentre una signora anziana offre una lampada elettrica da mettere al servizio del Centro: «La gente si è dimostrata fantastica nel darci una mano, ogni giorno vengono da noi persone come questa signora», ci dice. Zone di transito come zone di solidarietà: ancora una volta un sistema fuori dal sistema.
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arcireport n. 25 | 9 luglio 2015
Un’estate classica al Cinema Gulliver di Davide Guerrini responsabile Cinema Gulliver
Forse il termine più giusto per definire la rassegna estiva del cinema Gulliver, sala d’essai gestita da Arci Ravenna in collaborazione con Comune di Alfonsine, é: «alternativa». Alternativa per la proposta cinematografica, tre classici restaurati della Cineteca di Bologna, ma alternativa anche per il luogo, che sarà appunto la sala che ospita da settembre a giugno una sessantina di film, e che a luglio, con l’ausilio dell’aria condizionata, aprirà straordinariamente le porte alla Romagna più cinefila. Alternativa infine anche per le modalità con cui è nata e si è sviluppata: la rassegna infatti è stata realizzata in collaborazione con il progetto dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna Volontari all’arrembaggio. L’evento, quindi, nell’ottica di favorire il coinvolgimento attivo dei ragazzi nella vita sociale e culturale del territorio, è stato
ideato insieme a un gruppo di giovani alfonsinesi appassionati di cinema, che seguiranno man mano le varie fasi dell’iniziativa. Eccoci quindi a entrare nel dettaglio di Sapore di cinema. Si parte giovedì 16 luglio, ore 21, con il più recente restauro distribuito dalla Cineteca, il Macbeth diretto nel 1971 da un Roman Polanski ancora scosso dall’omicidio della moglie Sharon Tate avvenuto nel ‘69, che offre una delle trasposizioni più fedeli della tragedia
firmata da William Shakespeare. Giovedì 23 luglio, ore 21, tornano i caplòn (termine squisitamente romagnolo utilizzato per identificare il genere western a partire dai cappelli dei cowboys...) al cinema, con uno dei film più amati del maestro dello spaghetti western Sergio Leone, Il buono, il brutto, il cattivo girato nel 1966 a conclusione della celebre Trilogia del Dollaro interpretata da Clint Eastwood e musicata magistralmente da Ennio Morricone. Giovedì 30 luglio, ore 21, conclusione della rassegna estiva con il capolavoro immortale di Charles Chaplin La febbre dell’oro, una delle summe della sua arte, tra comicità e poesia, girata esattamente 90 anni fa, nel 1925, quando il cinema non parlava ancora, ma sapeva comunque emozionare con il linguaggio universale delle immagini e della musica. Fb Arci Gulliver
Modena Viaemili@docfest 2015 Festival del video documentario, 5-8 novembre 2015 Cinema documentario, web e un concorso destinato ai registi emergenti: sono questi gli ingredienti del Viaemili@docfest, giunto quest’anno alla sesta edizione, che porterà al Teatro dei Venti di Modena, dal 5 all’8 novembre 2015, il meglio della produzione documentaristica italiana. Durante le quattro giornate ci saranno proiezioni, presentazioni, incontri con gli autori, dibattiti e conferenze, eventi per le scuole, senza però dimenticare la vera ‘piazza’ contemporanea: il web, un sistema innovativo per avvicinare questa espressione vivace e dinamica della cultura cinematografica contemporanea ad un pubblico sempre più vasto. Viaemili@docfest, infatti, è stato il primo festival italiano di cinema documentario interamente realizzato attraverso internet: oggi la rete è il maggiore mezzo di fruizione di contenuti video ad alta qualità, soprattutto per le nuove generazioni, permette un diretto coinvolgimento dello spettatore nella selezione del festival e una distribuzione potenzialmente mondiale. In questi sei anni il pubblico è aumentato dimostrando sempre un maggiore
interesse e coinvolgimento, incentivato anche da una proposta culturale in crescita sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. L’edizione 2015 conferma la centralità del festival on line che rappresenta l’elemento di novità e distinzione nel panorama dei festival italiani, consolida la rete di collaborazioni tra gli enti locali e le istituzioni rafforzando il coinvolgimento delle principali associazioni del territorio che lavorano sul documentario e sull’audiovisivo. Al concorso on line saranno ammesse 20 opere selezionate e potranno partecipare tutti i documentari italiani completati dopo il 1 gennaio 2014, di una durata minima di 5 minuti, non ancora distribuiti nelle sale o trasmessi sulle reti televisive. Per quanto riguarda invece la giuria del web, chi fosse interessato a partecipare al voto dovrà iscriversi al sito www.viaemiliadocfest.tv, fornendo nome, cognome, indirizzo e mail. Le votazioni on line saranno possibili da settembre ai primi di novembre. Il premio web non è l’unico presente al concorso:
le venti opere verranno sottoposte al giudizio di una giuria qualificata che assegnerà il premio Giuria Viaemili@ docfest 2015, un altro riconoscimento verrà attribuito dalla redazione della rivista web cinemaitaiano.info e infine chi ha deciso di raccontare l’Emilia Romagna oppure proviene da questo territorio potrà essere selezionato per il premio DER, riservato a opere di carattere regionale. Il Viaemili@docfest è promosso da Arci Modena, Ucca, Associazione Kaleidoscope in collaborazione con Comune di Modena, Università di Modena e Reggio Emilia, Istituto storico di Modena (col fondamentale contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e Regione Emilia Romagna) e un ricca rete di associazioni e registi del territorio che hanno l’obiettivo comune di promuovere il cinema documentario italiano, avvicinando il pubblico ad opere di grande rilievo e spesso trascurate dal mercato e dalla distribuzione e creando un appuntamento per filmakers e realtà culturali impegnate in questo ambito.
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informazione
Il progetto Prism affina le armi buone per contrastare l’hate speech di Valentina Itri ufficio Immigrazione Arci nazionale
Il 2 luglio Firenze ha ospitato il primo seminario intensivo sulla prevenzione e il contrasto dell’hate speech online previsto nell’ambito del progetto europeo Prism. Organizzato da Carta di Roma, partner del progetto, il seminario ha coinvolto numerose testate giornalistiche e numerosi esperti che hanno offerto una panoramica del fenomeno sui social media italiani ed europei e che hanno stimolato
una riflessione di più ampio respiro sulle nuove manifestazioni di odio e quindi di discriminazione nello spazio online. A sette mesi dall’inizio del progetto, entrano nel vivo le attività di monitoraggio, denuncia e contrasto dell’hate speech nei cinque paesi europei coinvolti: Italia, Spagna, Francia, UK e Romania e lo fanno attraverso un fruibilissimo e funzionale sito web: www.prismproject.eu.
L’anteprima di Left Il no della Grecia alle politiche dell’austerity può servire per ripensare l’Europa e la sinistra. Left questa settimana parte dal coraggio del popolo greco e del suo premier Tsipras per andare oltre la cronaca e indagare sulle ragioni storiche, politiche e filosofiche del fallimento dell’idea di uguaglianza e libertà che doveva guidare l’Europa dei popoli. «Ci siamo fermati, abbiamo guardato le gambe sciancate di quest’Europa che non lo è più e ci siamo chiesti perché non sia stato, e a maggior ragione non sia oggi, più sufficiente Marx e quell’idea comunista di trasformare il mondo», scrive Ilaria Bonaccorsi nell’editoriale. Un fallimento che rivela la tragica assenza della sinistra europea ormai succube del mercato capitalistico e del neoliberismo. Due economisti, Ernesto Longobardi e Andrea Ventura, una storica della filosofia, Elisabetta Amalfitano e la scrittrice croata Sanda Pandža raccontano, seguendo un filo di pensiero comune, il disastro causato da una politica miope e complice degli interessi economici. Scrive Andrea Ventura: «È l’idea di uguaglianza basata sul sistema dei bisogni che ha mostrato i suoi limiti, quella che è vacillata è l’antropologia del moderno homo oeconomicus per cui gli uomini sarebbero tutti uguali perché consumatori». Ernesto Longobardi parla della favola bella del comunismo che delude perché punta solo alla trasformazione dei rapporti di produzione. Elisabetta Amalfitano ripercorre la storia dal Congresso di Vienna fino a oggi seguendo il filo della
sinistra che ha negato l’immagine e l’identità della donna (con i tentativi di emancipazione di Anna Kuliscioff a quelli di Aleksandra Kollontai entrambi repressi). E una suggestione finale: Anna, la donna in fuga nel film L’avventura di Antonioni del 1960 sta quasi a rappresentare la cultura di sinistra che smarrisce l’identità di donna. Sanda Pandža, che ha appena scritto per L’Asino d’oro il romanzo Una ragazza con la valigia, intervistata dal direttore di Left Ilaria Bonaccorsi va ancora più a fondo sulla ricerca a proposito del fallimento del comunismo. Partendo dal suo libro racconta la figura di Tito riscoperta in tutta la sua violenza una volta giunta in Italia, da sola, a 19 anni, in fuga dalla guerra. Ma l’oppressione del comunismo che «ha spogliato l’essere umano del suo essere umano» può essere rifiutata attraverso la ricerca di un’uguaglianza «che abbiamo tutti indistintamente alla nascita e che ti porta poi alla ricerca del diverso…». E ancora su Left, tra i tanti temi: il ritratto di Schulz, il rapporto tra Grecia e Russia, le monete complementari, il reddito minimo garantito e le sperimentazioni in atto in Italia, i nuovi rischi per la salute. Negli Esteri, un’inchiesta sull’uso di droga da parte dei miliziani dell’Isis. Per la scienza il successo raggiunto a Cuba dove, grazie ad un welfare universale, è stata bloccata la trasmissione del virus Hiv da madre a figlio. Infine in Cultura una intervista all’artista Ileana Florescu autrice di opere ispirate ai libri mandati all’Indice dalla Chiesa.
Le parole sono armi, questo lo slogan scelto per promuovere una maggiore consapevolezza sull’uso che si fa dei social media e per avviare un processo di responsabilizzazione di tutti coloro che, per dolo, per ignoranza o semplicemente per ingenuità, credono che dietro a schermo e tastiera si possa dire qualsiasi cosa in qualsiasi forma. Hate/Love, Odio/Amore: questa la dicotomia richiamata per coinvolgere gli utenti a segnalare, e quindi a caricare direttamente sul sito, i post, i commenti, le notizie che incitano all’odio ma anche a promuovere tutti quelli che partecipano alla costruzione di una visione solidale, civile, etica e rispettosa dei diritti umani. Prism intende scaricare le armi dell’odio e caricare in rete i valori positivi (upload) molto più di un blog; non solo un sito, ma uno strumento, un weapon buono con cui si può non solo studiare il fenomeno, ma agire: coinvolgendo il popolo della rete e la società. Uno strumento dal quale partire e grazie al quale prendere posto nella frontiera antirazzista online: questa la riflessione che i comitati Arci presenti il 3 e 4 luglio alla Summer School sull’antirazzismo tenutasi al Meeting Internazionale di Cecina (Li) hanno accolto e declinato. Le categorie spazio tempo sono saltate. L’hate speech corre e noi non dobbiamo rincorrerlo bensì farci trovare sulla strada e impedirgli di continuare!
Ciao Santo! Questa mattina è venuto a mancare Santo Della Volpe, nostro amico e compagno di tante battaglie. Attualmente presidente della Federazione nazionale della stampa italiana e direttore di Libera Informazione, è stato tra i fondatori dell’associazione Articolo 21, e per anni inviato del Tg3, trattando spesso tematiche legate al sociale. È stato sempre in prima linea nel difendere la libertà di informazione, la legalità, la lotta alle mafie, per tutelare i più deboli e per combattere le ingiustizie della nostra società. Resteranno con noi il suo esempio, la sua passione, il suo impegno per i valori della libertà d’espressione, per i quali continueremo a combattere a testa alta. Il nostro abbraccio affettuoso alla moglie Teresa e a tutti i suoi cari. Ciao Santo, da tutta l’Arci!
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società
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Addio a Luca Rastello Si è spento lunedì, a 54 anni, Luca Rastello, giornalista, scrittore, operatore sociale. Collaboratore di varie testate, è stato operatore sociale ed attivista nelle zone di guerra. Attento conoscitore dei paesi dell’est europeo, dei Balcani e degli intrecci tra guerre ed economia criminale. Una persona di particolare spessore umano e
intelligenza politica, sempre capace con i propri libri di fare un pregevole lavoro di inchiesta su temi come quelli della TAV, i diritti dei rifugiati, l’economia della droga. Luca Rastello è stato uno dei migliori compagni di viaggio degli operatori umanitari e dei pacifisti in ex Jugoslavia: a Sarajevo sotto i colpi dei cecchini e in tanti villaggi e città della Bosnia Erzegovina a portare aiuti, a sostenere la riconciliazione, a raccontare le atrocità di una guerra insensata. Luca Rastello ha anche organizzato nelle sue terre l’accoglienza dei profughi dalle zone di guerra e ha descritto nel saggio-romanzo La guerra in casa non solo il dramma della guerra di Bosnia, ma anche le contraddizioni dell’aiuto umanitario e i suoi limiti. Luca Rastello era una persona curiosa, brillante, ironica ed autoironica, intellettuale e militante, raffinato e popolare: una persona piena di vita, anche nel corso della sua lunga malattia. Ai suoi cari l’abbraccio affettuoso dell’Arci. Addio Luca, ci mancherai.
“Clemenza per il blogger Badawi” L’appello di Amnesty International, sottoscritto anche dalla presidente dell’Arci «Nel sacro mese di Ramadan, dedicato alla preghiera e alla compassione, vogliamo rivolgere un appello al senso di umanità e alla saggezza di Sua Maestà Salman bin Abdel Aziz Al Saud, affinché Egli prenda la decisione di rilasciare Raif Badawi». Con questa richiesta, Amnesty International Italia e un numeroso gruppo di associazioni, giornalisti, scrittori e rappresentanti delle istituzioni si sono rivolti all’Ambasciatore dell’Arabia Saudita in Italia, sollecitando un provvedimento che restituisca la libertà a Raif Badawi, il blogger condannato a 10 anni di carcere e a 1000 frustate, 50 delle quali già eseguite all’inizio dell’anno, e la cui condanna è stata confermata definitivamente dalla Corte suprema saudita il 6 giugno. «È nostra convinzione che Raif Badawi abbia esercitato il suo diritto alla libertà di espressione, pubblicando su Internet opinioni e commenti che non abbiano causato danno alla reputazione del Regno né alla religione professata dalla popolazione. La moglie e i tre figli di Raif Badawi, attualmente in Canada, aspettano di poterlo riabbracciare», continua l’appello che si chiude con queste parole «Le centinaia di migliaia di persone che, nel mondo, hanno preso a cuore il destino di Raif Badawi sarebbero profondamente colpite da un gesto del genere. La ringraziamo anticipatamente per voler trasmettere a Sua Maestà questa nostra richiesta». Per firmare: http://appelli.amnesty.it/raif-badawi/
Un miliardo di poveri in meno Più che dimezzati in 25 anni, ma ne restano ancora 836 milioni Dal 1990 a oggi il numero di persone in estrema povertà è passato da quasi due miliardi a 836 milioni. La lotta alla fame ha registrato decisivi passi in avanti, come pure la lotta all’Aids e ad altre malattie, e per tante donne e bambine l’accesso all’istruzione non è più solo un miraggio. Questi gli obiettivi raggiunti dal Millennium Development Goals (Mdg), il documento programmatico con cui le Nazioni Unite, nel 2000, hanno stabilito otto obiettivi da raggiungere entro 15 anni, per migliorare le condizioni di vita in tutto il mondo. I risultati raggiunti nell’ambito della campagna degli Obiettivi del Millennio sono contenuti nel rapporto finale presentato ad Oslo nel quale è stato sottolineato come la mobilitazione collettiva ha prodotto «il movimento contro la povertà di maggiore successo
nella storia». «Il rapporto dimostra come gli sforzi globali per raggiungere i ‘Goals’ hanno salvato milioni di vite e migliorato le condizioni di altri milioni di persone in tutto il mondo», ha dichiarato il segretario generale dell’Onu, Ban Kimoon, nel corso della cerimonia di Oslo. Un primo traguardo, che presenta tuttavia successi parziali, visto che ci sono ancora grosse lacune nella lotta alla disuguaglianza. Aspetti questi su cui i leader mondiali dovranno concentrarsi nella nuova agenda che verrà adottata quest’anno, il Sustainable Development Goals (Sdg) con 17 goals e 169 targets da raggiungere entro il 2030. I conflitti restano la più grande minaccia per lo sviluppo umano, mentre il riscaldamento climatico è diventato un
problema esistenziale. Questi i progressi compiuti: il numero di persone che vivono in estrema povertà si è più che dimezzato dal 1990 al 2015. C’è una maggiore presenza delle donne nelle rappresentanze parlamentari (raddoppiata), e nel mondo del lavoro. La riduzione della mortalità infantile (sotto i cinque anni) tra il 1990 e il 2015, si è triplicata. Gli investimenti mirati nella lotta contro malattie come l’Hiv hanno portato ad una diminuzione delle nuove infezioni di circa il 40%, tra il 2000 e il 2015, e la terapia antiretrovirale ha raggiunto 13,6 milioni di persone nel 2014. Oltre 2,6 miliardi di persone, inoltre, hanno ottenuto ad una migliore fonte di acqua potabile, e in Africa sub-sahariana, a partire dal 2000, il tasso di iscrizione alla scuola primaria è aumentato del 20%.
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Fino al 6 agosto c’è Roma Spettinata
In programma concerti, djset, street food, installazioni e mostre Roma Spettinata è la prima edizione di una rassegna dedicata alla musica indipendente, nata dall’urgenza di tenere vivo il fermento culturale che si è creato durante la stagione appena trascorsa. Pini Spettinati, ‘na cosetta, Klamm, ACT Agire–Costruire-Trasformare, con la direzione artistica del Poppyficio di Saro Poppy Lanucara e con il sostegno di Arci Roma, si sono uniti per rispondere alle richiesta dei musicisti e del pubblico di proseguire quel lavoro di divulgazione culturale inteso come vera risorsa e collante sociale per la città. Nasce così, all’inizio di luglio, Roma spettinata, una manifestazione autoprodotta frutto della sinergia di più realtà romane che durante la stagione invernale propongono una programmazione artistica indipendente, con l’obiettivo comune di continuare a lavorare e produrre cultura. In programma oltre 10 concerti, destinati forse a raddoppiarsi in corsa, dj set, street food e brace, biliardino e ping pong nel fresco del parco dei Pini Spettinati, una periferica ma suggestiva location dal sapore post industriale. La manifestazione, aperta dalle ore 19 fino a tarda notte, porta socialità e animazione nel quadrante sud capitolino (nei dintorni del Parco di Torre Fiscale) con musica, installazioni e mostre. Opere nel parco a cura di Riscarti, Festival internazionale di riciclo creativo che quest’anno si terrà a Roma dal 17 al 27 settembre: gli organizzatori allestiranno installazioni artistiche create con la tecnica del riciclo e del riuso. Dopo l’apertura con la Festa dei Bisonti
con il live de I Camillas, il 13 luglio arriva nel parco Josephine Foster, punta di diamante di quel movimento di riscoperta del folk che ha caratterizzato la produzione discografica dell’ultimo decennio. Il 15 luglio ACT porta a Roma Spettinata il Raggae Circus di Adriano Bono. Il 16 luglio una data importante in preparazione al MEI di Faenza ad ottobre, con il Super MEI Circus Off Set che vede sul palco il cantautore Paolo Zanardi. Il 20 luglio Lori Goldston, protagonista insieme a Kurt Cobain del famoso unplugged a New York dei Nirvana, spettinerà i presenti con il suo violoncello. Il 21 e il 23 luglio serate dedicate al mondo della produzione musicale con gli artisti dell’etichetta Lapidarie Incisioni e Patamu Live, piattaforma on-line di tutela dal plagio che ha da poco avviato il nuovo servizio per l’autoriscossione del diritto d’autore. Il 26 luglio spazio alla musica d’autore di Alessandro Fiori con la Filarmonica Municipale La Crisi e il 27 il rock dei POP X. Il 28 luglio Beta produzioni presenta Leo Folgori. Una virata verso il punk invece il 29 luglio con i Mega e altri ospiti. Il 30 calcano il palco di Roma Spettinata i Luminal. Il primo agosto si apre con la poesia di Flavio Giurato, il 2 con Simone Avincola considerato «uno dei nuovi ‘ribelli’ della canzone d’autore», il 5 serata rock noise con gli Ovo, una delle band più attive in questo genere nel panorama mondiale, il 6 poi, si chiude in bellezza con il Panico Party e il live set de L’Officina Della Camomilla.
eventiarci
in più PERIFERIA DELL’IMPERO SESSA AURUNCA (CE) Sono
stati selezionati i corti finalisti della sesta edizione di Periferia dell’impero film festival 2015, promosso dal circolo Arci Matidia. Le serate conclusive del Festival, in cui saranno proclamati i vincitori, si svolgeranno il 24 e 25 luglio a partire dalle 21.30 presso il chiostro del Castello Ducale di Sessa Aurunca. fb Arci Matidia Sessa Aurunca
fondi per l’alluvione GENOVA Il Consiglio regionale di
Arci Liguria, nella seduta del 6 luglio 2015, ha deliberato di destinare i fondi raccolti per l’alluvione 2014, pari a 8.500 euro, nel seguente modo: 5.000 euro per l’installazione di barriere protettive e interventi di prevenzione nel locali del circolo Arci Checkmate Rock Club di Genova, andato completamente distrutto; 2000 euro quale contributo allo stesso circolo per l’acquisto di nuove attrezzature. Inoltre 1500 euro saranno destinati all’acquisto di materiale di protezione civile da utilizzare in caso di emergenze e calamità a disposizione dei comitati territoriali Arci. www.arciliguria.it
Io SO(G)NO IN ITALIA AMELIA (TR) L’11 luglio a partire
dalle 17, Arci Terni organizza la festa Io so(g)no in Italia. Appuntamento presso la Casa del sole: dopo la partita di calcetto, alle 21 ci sarà Ragazzi in viaggio: presentazione del quaderno con le storie di vita dei minori stranieri non accompagnati ospiti della Comunità Il Tiglio. A seguire, saluto ai ragazzi francesi e amelini in partenza per il Campo della legalità a Corleone. www.arciterni.it
Tracce (r)esistenti Con Tracce (r)esistenti al rifugio Falc è 25 aprile tutto l’anno. Il Rifugio Falc
si trova nelle Alpi Orobie occidentali, alle pendici del Pizzo Tre Signori. Qui il rifugio organizza la rassegna Tracce (r)esistenti, composta da una serie di iniziative culturali che ricordano ciò che avvenne su questi sentieri partigiani, ma affrontando anche tematiche di attualità. Quest’anno, anche Arci Lecco - con il Festival ResistLecco - e ilcCircolo Arci La Lo.Co. di Osnago hanno aderito alla rassegna partecipando sostenendo il primo degli eventi in programma, Una targa,
cento storie, in programma l’11 luglio. Il rifugio presterà le sue solide mura per l’affissione di una targa speciale, che ricordi a tutti coloro che passano di qui come queste rocce siano state scenario per due guerre, di trincea prima e di Resistenza poi. L’appuntamento si chiuderà con una serata di racconti e testimonianze sulla lotta partigiana in Valsassina e la 55° Brigata Rosselli, con la voce di Gabriele Fontana e la chitarra di Sauro. Per il programma completo della rassegna e maggiori informazioni www.arcilecco.it
festa per l’arci 690 CASCINA (PI) Venerdì 10 luglio
alle ore 16, nella sala consiliare del Comune di Cascina si celebrano i 30 anni della costituzione dell’Arci 690 onlus – Progetto Saharawi Cascina. L’evento sarà presieduto da Alessio Antonelli, sindaco di Cascina, dal presidente del circolo Arci 690, e da un membro dell’intergruppo parlamentare di solidarietà con il popolo Saharawi. Alle 20, alla scuola Il girotondo apericena con cous cous, prodotti arabi e tipico tè saharawi. pisa@arci.it
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eventiarci
A piazzale Te torna Arcifesta
Premio Farben sulla fotografia
Torna per il sesto anno consecutivo su piazzale Te, a Mantova, Arcifesta, la rassegna che unisce tutti i circoli Arci di città e provincia per 18 serate all’insegna della musica, del divertimento e della solidarietà. Da venerdì 10 luglio fino a domenica 2 agosto, tutti i giorni esclusi il martedì e il mercoledì, un mix di cucina e proposte musicali allieteranno le afose serate mantovane tra stand gastronomici e concerti per tutti i gusti a partire dalle 22. Cuore pulsante dell’iniziativa saranno i volontari che ogni stagione rendono possibile la realizzazione della festa. Il primo blocco di serate vedrà protagonisti gli Slick Steve & The Gangster, con il loro rhythm’n Blues, seguiti a ruota dal tango-punk degli Espana Circo Este, il pop/rock dei Santa Margaret e il blues di One Man 100% bluez. Nel secondo blocco di appuntamenti si succederanno Farrapo & The Swinging Junkies, il rocker emiliano Little Taver, i Bamboo, Tuamadre e i Sine Frontera. Per la terza settimana l’americana Jane Js Clan, i Pan Del Diavolo con il loro folck/ rock, i Trash Tornados, la band For the good times e il reggae di Mama Marjas. Per chiudere la festa spazio al rapper Galup, ai Kutso, alla pizzica degli Officina Zoè e il cantautore/frontman dei Zen Circus Andrea Appino. Anche quest’anno premi in palio con la lotteria di Arcifesta. Durante le serate sarà possibile acquistare i biglietti, al costo di 2 euro cadauno, per partecipare all’estrazione di alcuni premi, che avverrà nella serata di domenica 2 agosto. Tutti i concerti e gli spettacoli saranno gratuiti. Sul piazzale di viale Te si potranno inoltre trovare banchetti di hobbistica, che esporranno le loro creazioni artigianali durante tutte le serate della manifestazione.
Arci Bologna presenta la seconda edizione del Premio nazionale Farben, dedicato nel 2015 alla promozione e alla valorizzazione della fotografia, con l’intento di stimolare un dibattito sociale e culturale sul tema degli spazi come rigeneratori di socialità. Il premio, realizzato con il contributo della Regione EmiliaRomagna, prevede la selezione di un numero massimo di sei progetti, la realizzazione di un intervento espositivo itinerante, l’assegnazione di un premio da parte di una giuria di esperti del settore e la possibilità di esporre in spazi del territorio metropolitano bolognese. Gli spazi, intesi come luoghi della socialità e dell’aggregazione, sono il tema prescelto per la seconda edizione di Farben. In particolare, si vuole dedicare grande attenzione a tutti quei luoghi delle città che sono, in alcuni momenti o in modo continuativo, usati dai cittadini per creare occasioni d’incontro o di festa, di cultura e socialità, eventi collettivi che favoriscono la partecipazione e pratiche di cittadinanza attiva (social street, piazze, spazi abbandonati e riqualificati, mercati, parchi, etc). L’idea è di raccontare attraverso un breve reportage fotografico come i cittadini si riappropriano degli spazi urbani, che utilizzo ne fanno e con quali idee e proposte li trasformano per far vivere e condividere lo spazio a un’intera comunità. Il premio è aperto a tutti i fotografi, professionisti e non, dai 14 ai 35 anni. Ogni partecipante può inviare un racconto fotografico composto da un minimo di 6 a un massimo di 10 immagini in formato digitale realizzate con qualsiasi dispositivo fotografico. La scadenza è il 25 ottobre 2015. La partecipazione è gratuita. La giuria di qualità sarà composta da: Giulio di Meo (fotografo), Ivano Adversi (fotografo), Amedeo Novelli (fotografo), Luna Coppola (fotografa) e un rappresentante Arci. Bando e scheda di adesione su www.arcibologna.it
‘Vi spiego la migrazione in 12mila km’ Il progetto Viandando e il #percorsonord Pedalare e sensibilizzare sul tema della migrazione è l’obiettivo dell’attuale campagna dell’associazione Viandando, che a Torino il 25 giugno ha avviato il #percorsonord del progetto #12000km in bici. Anche nel viaggiare scopri la migrazione. «È difficile spiegare con parole adeguate l’emozione di avviare quest’ultima fase del nostro progetto da una città come Torino, accogliente e multietnica» spiega Gaia Ferrara, fondatrice di Viandando. Il progetto #12000km in bici. Anche nel viaggiare scopri la migrazione è parte della campagna Migranti e migrati, promossa dall’associazione e realizzato a fianco di Amnesty International, Arci, Libera Accademia di Roma e Università Popolare dello Sport, con il patrocinio
di CONI, Federciclismo e Unione Pro Loco Italiane. Si tratta di una raccolta collettiva di km aperta a chiunque voglia partecipare: è sufficiente registrarsi sul sito www.viandando.eu/12000km/, pedalare e riportare i km percorsi, che si sommeranno al totale complessivo. Lo scopo è la sensibilizzazione e la riflessione sul tema dei migranti e delle migrazioni: le politiche, le questioni internazionali ed europee, l’incontro e l’interazione, per ripartire dalle persone e dalle loro storie. Il #percorsonord procederà verso Roma, dove Gaia Ferrara arriverà il 16 luglio, passando per Lombardia (28 giugno), Emilia Romagna (29 giugno - 3 luglio), Toscana (4 - 12 luglio) e Lazio (13 - 16 luglio). «Abbiamo accumulato risultati incoraggianti - afferma Gaia Ferrara - tante
sono state le tavole rotonde e le iniziative culturali promosse, ma soprattutto tanti i km macinati dai nostri simpatizzanti e sostenitori: nel giro di pochi mesi abbiamo già superato la soglia degli 11.000 km, che significano tante persone che con noi sostengono una corretta formazione ed informazione sul tema della migrazione». «Ovviamente i chilometri non sono tutto: Viandando offre mille modalità di attivazione, dalla semplice firma delle nostre petizioni (sul sito www.viandando.eu/ petizione-migranti-e-migrati-1-15/) alla creazione di gruppi territoriali passando per l’adesione di ciclofficine. È anche possibile, sempre dal nostro sito, effettuare una donazione, di importanza vitale per un’associazione giovane come la nostra».
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arcireport n. 25 | 9 luglio 2015
società
#lostessosì
Una petizione per il matrimonio egualitario di Maria Chiara Panesi coordinatrice Arci Laicità e diritti civili
Mentre prosegue l’iter del Disegno di legge Cirinnà - al momento in Commissione Giustizia si stanno esaminando gli oltre 4.000 emendamenti pervenuti - la Coalizione per il matrimonio egualitario rilancia la campagna #LoStessoSì per tenere alta l’attenzione sul raggiungimento dell’obiettivo che si è data. A pochi giorni dalla storica decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti che rende il matrimonio un diritto garantito dalla Costituzione anche per le coppie omosessuali, nel lungo percorso dei Pride che hanno attraversato l’Italia sono state moltissime le Piazzate d’amore organizzate, ultime in ordine cronologico quelle di Foggia, Catania e Genova. In queste settimane Amnesty International, che come l’Arci fa parte della Coalizione, ha deciso di dedicare al Matrimonio Egualitario uno degli appelli che annualmente l’associazione promuove come forma di partecipazione popolare. La petizione, che potete trovare al link http://appelli.amnesty.it/lostessosi/,
ha raggiunto per adesso più di 14mila firme, ma l’obiettivo è il raggiungimento di numeri molto più alti, tali da influenzare l’opinione pubblica e la politica. Proponiamo a tutte e tutti di sottoscriverla, di promuoverla e diffonderla, certi che dalla sensibilità e dall’impegno delle nostre basi associative e del nostro corpo sociale possa giungere un grande contributo. I diritti civili sono il tema ‘caldo’ di queste settimane. Mentre in Parlamento si discute del primo testo che si propone di legiferare in merito, la volontà di porre un freno a questo
il libro
Medio Oriente in fiamme di Umberto De Giovannangeli | Asino d’oro edizioni
Dalla Siria all’Iraq, dalla Palestina alla Libia: sul futuro di una delle aree più nevralgiche del mondo continuano a proiettarsi ombre inquietanti. Dai giovani delle Primavere arabe, con i loro sogni di libertà e giustizia, al ‘califfo Ibrahim’, con il suo esercito di tagliagole, l’autore ricostruisce un passaggio storico epocale e svela le responsabilità dell’Occidente nell’affermarsi di una nuova deriva fondamentalista. La stagione di speranza, cominciata a piazza Tahrir, non è sfiorita in un inverno integralista, nonostante il ‘tradimento’ dell’Europa e la delusione per il ‘nuovo inizio’ mai avviato nei rapporti tra Occidente e Islam, evocato dal presidente Obama. Per comprendere il presente, tuttavia, bisogna andare oltre la cronaca e la logica limitante degli instant book, e indagare le radici dei conflitti e le loro cause remote. È per questo che Medio Oriente in fiamme, nel suo viaggio in Stati-nazione frantumati da guerre, si concentra sulle antiche istanze e sulle identità comunitarie etnico-religiose che, più della politica o di strategie strettamente militari, le hanno scatenate. Umberto De Giovannangeli per anni è stato inviato speciale de l’Unità. Segue da venticinque anni gli avvenimenti, le storie e le cronache del Medio Oriente, con reportage, dossier e interviste ai maggiori protagonisti delle vicende che hanno segnato e continuano a segnare questa area del mondo. Collaboratore della rivista di geopolitica Limes, dell’Huffington Post e del settimanale Left, è autore di saggi sul conflitto israelo-palestinese, tra i quali L’enigma Netanyahu, Hamas, pace o guerra?, Israele 2013. Il falco sotto assedio, Terrorismo. Al Qaeda e dintorni, Non solo pane. I perché di un ’89 arabo.
processo di modernizzazione, naturale ed ineluttabile se guardiamo all’Irlanda, ha portato in piazza centinaia di migliaia di persone in Piazza San Giovanni per il Family Day. L’onda dei Pride ha infine celebrato l’amore, rivendicando pari diritti e pari dignità. Crediamo che in questa fase particolarmente delicata sia indispensabile un lavoro diffuso di mobilitazione, che si proponga di agire sulla politica, sugli opinion leader e sulla cittadinanza perchè si ampli il fronte del consenso. La coalizione per il Matrimonio Egualitario è formata da 38 associazioni e reti e con la petizione promossa da Amnesty chiedono al presidente del Consiglio Matteo Renzi e ai presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, di garantire che sia eliminata ogni forma di discriminazione nella legislazione italiana sul matrimonio civile, aprendolo anche alle coppie dello stesso sesso, riconoscendo i matrimoni e le unioni celebrate all’estero e assicurando pari diritti ai figli delle persone dello stesso sesso.
arcireport n. 25 | 9 luglio 2015 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 18 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
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