arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XIV | n. 25 | 21 luglio 2016 | www.arci.it | report@arci.it
Fermiamo la brutale repressione in Turchia di Francesca Chiavacci presidente nazionale Arci
Abbiamo partecipato ieri, con sdegno e passione, al sit-in davanti all’Ambasciata turca per protestare contro la pesante coltre di silenzio che il regime di Erdogan ha fatto calare sulla repressione in corso nel suo paese imbavagliando l’informazione. È un primo atto di reazione democratica, cui speriamo ne seguano molti altri. Malgrado il tentativo di nascondere la realtà, circolano le foto raccapriccianti di uomini nudi, stesi a terra con le mani legate dietro la schiena, che ci ricordano le drammatiche immagini degli stadi cileni. Per dare la dimensione dell’ampiezza della repressione in corso basta ricordare che sono più di 60mila le persone sotto inchiesta, sospese dall’incarico che ricoprivano nel campo dell’istruzione, della giustizia, dell’amministrazione pubblica. E più di 10mila quelle arrestate, tra militari e civili. Le licenze a radio e televisioni non gradite sono state sospese, chiusi diversi blog e siti, arrestati altri giornalisti. Anche il mondo islamico è stato colpito: sono quasi 500 gli imam perseguitati. La sorte degli arrestati è del tutto incerta. Le prigioni turche erano già famose come luoghi di tortura.
Non è importante dire qui se il tentato golpe è stato più frutto di imperizia o di scelte sbagliate e magari eteroguidate. In ogni caso attendersi la libertà e la democrazia da un golpe militare è sempre un grave errore. Lo dimostra proprio l’Egitto di Al Sisi. Ciò che è evidente è che Erdogan ne sta approfittando per fare quello che non gli è riuscito prima. Come raggiungere quella ‘presidenza assoluta’ che finora non aveva raggiunto per via elettorale e che rappresenta la variante turca del più antico «dispotismo della maggioranza», come giustamente scrive oggi Nadia Urbinati. Erdogan dice infatti, quando ad esempio parla di reintrodurre la pena di morte, «se a volerlo è il popolo». Giustificazione tipica di tutti i dittatori da che mondo è mondo. Intanto il primo a soffrirne è proprio il popolo turco e le minoranze, come quella curda, da sempre sottoposta a una guerra e a una repressione sanguinosa che va al di là dei confini della Turchia. A questi popoli va la nostra solidarietà. Per fermare la spirale repressiva è necessario costruire un movimento su scala nazionale e possibilmente europea che
imponga il rispetto dei diritti umani e delle principali regole democratiche in quel paese. Per un Mediterraneo di pace. Le grandi potenze sono state a guardare. Hanno taciuto, per poi condannare il golpe quando hanno capito che era fallito. L’Europa che ora, con Angela Merkel, si dice «preoccupata» ha gravi responsabilità, che risalgono a diverso tempo addietro. Quando era possibile costruire un rapporto positivo con la Turchia e le condizioni per un suo ingresso nella Ue, si è lasciata travolgere dalla spinta xenofoba. Oggi le cancellerie europee dicono che mai una Turchia che reintroduca la pena di morte potrà entrare in Europa. Ma la Turchia da tempo guarda altrove e per la Ue il problema non è quelli che entrano ma quelli che se ne vanno. Brexit insegna. La Ue pensava di utilizzare la Turchia come bastione contro i migranti. Scelta che abbiamo subito contestato, perché quel Paese non forniva nessuna garanzia di rispetto dei diritti umani. Ora che è diventata «la più grande prigione a cielo aperto ai confini dell’Europa», come scriveva il giornalista Can Dundar prima di essere arrestato, non può esserci più nessuna ambiguità.
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arcireport n. 25 | 21 luglio 2016
turchia
Siamo contro ogni colpo di stato e ogni pratica antidemocratica
Il comunicato di Human Rights Association (İHD) e Human Rights Foundation of Turkey (HRFT)
Il 15 luglio 2016 c’è stato un tentativo di colpo di stato in Turchia. Molti civili, soldati e poliziotti hanno perso la vita o sono stati feriti durante gli scontri. Dal momento in cui molti veicoli militari e aerei hanno iniziato ad agire all’interno della città e in particolare in aree e quartieri civili, e gli scontri hanno colpito queste aree, la preoccupazione e la paura si è diffusa fra i cittadini. Purtroppo ci sono state anche reazioni da parte di alcuni cittadini che sono andate oltre le pratiche democratiche e alcuni tentativi di linciaggio. In breve, la Turchia sta vivendo un rapido e profondo caos la cui ampiezza non è prevedibile. Noi difendiamo la democrazia e i diritti umani in ogni condizione e sempre. Questa è la nostra posizione e l’abbiamo difesa sin da quando le nostre organizzazioni sono state fondate. Condanniamo ogni tipo di colpo di stato, ogni tentativo di organizzare colpi di stato, perchè significano la negazione completa della democrazia e dei diritti fondamentali, della libertà, e condanniamo violenza e
linciaggi che ricordano episodi di guerra civile. Le nostre condoglianze vanno alle famiglie delle vittime e facciamo auguri di pronta guarigione ai feriti. Il caos è direttamente collegato al fatto che la Turchia non è stata capace di risolvere i suoi problemi di democrazia e diritti umani. Il governo non ha concretizzato i principi democratici come la pluralità, la trasparenza e la partecipazione, e ha invece ristretto i diritti e le libertà, così come la legalità, facendo passare leggi antidemocratiche come quella per l’impunità dei militari - che rinforza la tutela militare - adottando politiche basate sulla violenza anzichè risolvere la questione curda
attraverso mezzi pacifici e democratici, e conducendo una guerra interna e in altri paesi. Tutti questi problemi portano a una profonda crisi politica e statuale in Turchia. Sfortunatamente, ci sono alcune dichiarazioni che fanno presagire il ritorno della pena di morte in Turchia e questo solleva serie preoccupazioni sul futuro. La sola via per uscire dal caos è di rispettare la legalità, la democrazia e i diritti umani, e adottare politiche pacifiche all’interno del paese e in altri paesi. Le forze democratiche in Turchia continueranno a lottare per una democrazia vera e contro i regimi militari o golpisti, contro le pratiche antidemocratiche e le amministrazioni civili autoritarie. Vogliamo ribadire che noi continueremo le nostre attività per i diritti umani, per documentare le violazioni dei diritti umani, e provvedere attivamente all’assistenza medica e legale. No ai colpi di stato e alle amministrazioni antidemocratiche! Democrazia e diritti umani sono la sola cosa che conta davvero!
La dichiarazione del KCK sul tentativo di colpo di stato in Turchia C’è stato un tentativo di colpo di stato in Turchia messo in atto da persone la cui identità e le cui motivazioni non sono ancora chiare. Questo tentativo arriva in un momento in cui Erdogan, secondo quanto riferito, stava per conferire incarichi ai generali a lui vicini e mentre si discute della politica estera del governo fascista AKP. Quanto accaduto è la prova della mancanza di democrazia in Turchia. Tali lotte di potere accadono nei paesi non democratici, dove un potere autoritario provoca colpi di stato per rovesciare un altro potere autoritario quando le condizioni sono propizie. Questo è quello che è successo in Turchia. Un anno fa, Erdogan e la Gladio del Palazzo inscenarono un colpo di stato a seguito dei risultati delle elezioni del 7 giugno portandosi dietro il MHP, tutti i fascisti, i poteri militari nazionalisti identificati come Ergenekon e una parte dell’esercito. L’AKP si alleò con tutte le forze di stampo fascista e con una parte
dell’esercito al fine di sopprimere il Movimento di Liberazione Kurdo e le forze democratiche. L’AKP mandò l’esercito nelle città e nei villaggi curdi, li fece radere al suolo e furono massacrati centinaia di civili. Inoltre, emanò leggi per invalidare i processi contro i militari per i crimini commessi. Si è trattato, in questo caso, di un tentativo di golpe di una fazione contro un’altra fazione militare. Questa è la ragione per cui coloro che vogliono che l’esercito insceni un colpo di stato, finora avevano accettato l’esistenza di una tutela militare e si erano schierati accanto ad Erdogan. Raffigurare Tayyip Erdogan, o la dittatura fascista dell’AKP come se fossero democratici è un approccio anche più pericoloso del colpo di stato in sé. Per questo le forze democratiche non si schierano per nessuno dei due campi durante questi scontri. Un colpo di stato contro la democrazia è quello condotto dal governo fascista AKP: il controllo del potere politico su quello
giudiziario, l’incremento di leggi e politiche fasciste approvate dalla maggioranza parlamentare, la revoca delle immunità dei parlamentari, l’arresto di sindaci, la loro rimozione, l’incarcerazione di migliaia di politici appartenenti all’HDP e al DBP. Il popolo kurdo subisce un attacco genocida, fascista e colonialista. L’AKP ha trasformato il suo governo in una guerra contro il popolo kurdo e le forze della democrazia. Con il suo carattere antidemocratico ha tenuto la Turchia in uno stato di caos e di conflitto permanente. All’interno di questo quadro, le forze democratiche dovrebbero schierarsi contro la legittimazione delle politiche del governo dell’AKP e creare un’alleanza per avviare un processo realmente democratico in Turchia. Questo tentativo di colpo di stato ci impone di non frenare la lotta contro il fascismo dell’AKP ma semmai di potenziarla affinché il caos e le violenze nel Paese cessino ed emerga una nuova e democratica Turchia.
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arcireport n. 25 | 21 luglio 2016
genova2001
Dopo quindici anni le ferite di Genova 2001 sono ancora aperte di Walter Massa presidente Arci Liguria
Sono passati già quindici anni da quel luglio 2001. Tanti, troppi e pochi allo stesso tempo. Tanti perchè la mia generazione che in quel periodo maturò una forte consapevolezza politica, indicando storture e danni di quella che si consolidava come la ‘rivoluzione turbo capitalista’, ossia la globalizzazione, oggi è spersa, irrintracciabile, oltremodo divisa. Troppi perchè da tempo girando per le scuole, incontrando studenti, il nome di Carlo Giuliani, i fatti di Genova sono un ricordo assolutamente sbiadito, un racconto di altri che appare ancora inverosimile. Pochi perchè le ferite di quelle giornate, la violenza inaudita delle ‘forze del disordine’ contro quel movimento di uomini e donne colpevoli di chiedere un mondo diverso, sono ancora dolorose e non hanno sopito del tutto la rabbia e la
paura vissute. Si arrestò con il sangue e le botte ciò che non si era riuscito a fermare con le parole e la politica; a nulla valse il vuoto che ci crearono attorno forze che fino a quel momento avevamo considerato comunque vicine. Si disse solo alcune settimane dopo che non era pomodoro quello alle pareti della Diaz e neanche le aule di giustizia restituirono fino in fondo la giustizia alle vittime di quella violenta, pensata e voluta, repressione. Come sempre si usa in queste occasioni
A 15 anni dal G8 di Genova, verità e giustizia non sono state fatte Il 19, 20 e 21 luglio 2001 si svolse a Genova il G8, sotto la guida italiana. A protezione dei potenti che lì si riunivano, fu creata una ‘zona rossa’, chiudendo vie e quartieri tra grate di ferro e stravolgendo l’assetto urbanistico della città. Centinaia di migliaia di persone, provenienti da tutto il mondo, decisero di organizzare un contro vertice, con manifestazioni e decine di seminari tematici. Furono giorni entusiasmanti e tragici. Perché da un lato segnarono l’entrata in scena di un vasto movimento altermondialista, che avrebbe segnato di sé gli anni successivi a livello internazionale, dall’altro perché le forze dell’ordine esercitarono contro quel movimento una repressione violentissima e ingiustificata, tanto da far dire ad Amnesty che in quei giorni a Genova ci fu la più grave sospensione della democrazia in un paese occidentale dal dopoguerra. Il 20 luglio un ragazzo, Carlo Giuliani, fu ucciso da un colpo d’arma da fuoco partito da una camionetta dei carabinieri durante gli scontri provocati dalla carica della polizia contro la manifestazione dei centri sociali. Sulla morte di Carlo verità e giustizia non sono mai stati fatti. Ai genitori, alla sorella che per anni si sono battuti
perchè i responsabili della morte di Carlo fossero giudicati e condannati, manifestiamo ancora una volta tutto il nostro affetto e la nostra solidarietà. Purtroppo non solo le responsabilità di quella morte, ma di tutti gli episodi più cruenti - dalla mattanza alla scuola Diaz alle torture di Bolzaneto - sono ben lungi dall’essere chiarite e i colpevoli puniti. Anzi, a dimostrazione del clima di omertà, ieri al Senato è andato in scena uno spettacolo vergognoso, con il rinvio sine die della discussione sul disegno di legge che introduce anche in Italia il reato di tortura, che tante vittime ha fatto e continua a fare - da Cucchi ad Aldrovandi a Uva a Magherini, solo per citare alcuni dei casi recenti. L’unico reato previsto dalla Costituzione che dopo settant’anni non è stato ancora vietato dal nostro ordinamento! E questo nonostante i tanti pronunciamenti internazionali che accusano l’Italia di torture e violazione dei diritti umani. Genova è ancora tra di noi, in tutti i sensi. La nostra battaglia per la verità, per garantire il libero diritto a manifestare e impedire soprusi e violenze, ancora più gravi se commessi da chi dovrebbe tutelare l’ordine pubblico, è più che mai attuale e urgente.
ci presentarono timidamente i due/tre capri espiatori da sacrificare al pubblico ludibrio ma nulla più. Come a Ustica, come in Piazza Fontana, come alla Stazione di Bologna, anche a Genova quello che accadde rimane nel mistero e a nessuno è mai interessato fino in fondo accertare la responsabilità politica di quelle giornate. Perchè, è fuori di dubbio, quella c’è ed esiste. Come esiste una responsabilità politica gigante di chi non ha mai voluto accertare le cause, i colpevoli e i mandanti dell’omicidio di Carlo preferendo rappresentarlo alla stregua di un terrorista, estrapolando quei drammatici momenti dal contesto generale. Per molti di noi saranno giornate importanti come da quindici anni a questa parte; molti di noi si ritroveranno per non dimenticare e per continuare a chiedere verità e giustizia. Molti di noi ribadiranno la volontà di continuare a battersi per quel mondo migliore che intendiamo ancora oggi realizzare. A cominciare dal contrasto a quel razzismo sempre più dilagante che è oggi la vera frontiera tra la barbarie indicata a suo tempo dalla globalizzazione e il ‘nostro’ mondo migliore possibile.
A Carlo Giuliani, ragazzo In quel luglio del 2001 a manifestare contro il G8 c’era anche Carlo, ragazzo di 23 anni, in una Genova brutalizzata dalla militarizzazione in atto, dalle violenze poi documentate ampiamente delle forze dell’ordine e dei black blok cui venne lasciato campo libero. Di lui sappiamo che aveva i nostri ideali di giustizia e di pace in un mondo dove invece i più forti la fanno da padroni e da lì a poco avrebbero scatenato la più grave crisi economica mondiale dal 1930, le più profonde diseguaglianze, le guerre più terribili in ogni angolo del pianeta. La memoria di quel ragazzo è la nostra memoria di come eravamo e di come abbiamo continuato ad essere. A Carlo questa possibilità è stata negata. La sua vita spezzata è un eterno presente. Non solo per noi. Ma anche per chi odia lui, quel che rappresenta, e continua a cercare di infangare o cancellare il suo ricordo e le tracce del suo passaggio. E noi non lo permetteremo. Ciao Carlo Giuliani, ragazzo, 15 anni dopo. Tu non ci hai mai lasciato.
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arcireport n. 25 | 21 luglio 2016
esteri
Per sconfiggere il terrorismo l’Europa deve cambiare strategia in Medio-Oriente e in Nord Africa La dichiarazione della presidente nazionale Arci Francesca Chiavacci dopo l’attentato a Nizza
Grande è l’orrore per la strage di Nizza. Profondo il nostro cordoglio per le oltre 80 vittime e per i loro cari. Sono morti cittadini che volevano divertirsi, celebrare insieme il giorno della presa della Bastiglia. Ci sentiamo di essere senza parole e quasi impotenti di fronte a queste stragi che stanno attraversando tutto il mondo. E però l’intelligenza deve vincere sulla paura, come ha dichiarato un membro della diplomazia francese. Questo significa una strategia completamente diversa dell’Europa verso il Medio Oriente e il Nord Africa. Significa adottare una politica di pace
ostinata e contraria al facile ricorso delle armi, il blocco di ogni vendita di materiale bellico a paesi complici dell’Isis,
la fine della logica post coloniale dello sfruttamento delle risorse di quell’area del mondo, significa non cadere nella provocazione - che fa il gioco dell’Isis del racconto di un presunto ‘scontro tra civiltà e religioni’, adottare politiche di accoglienza nei confronti dei migranti. E certamente non servono politiche di sicurezza e di limitazione della circolazione all’interno dell’Europa, che rischiano di colpire tutti i cittadini nell’esercizio dei propri diritti di libertà, alimentando un clima di tensione e diffidenza. Questa è la prova cui siamo chiamati, se non vogliamo continuare a piangere su altro sangue versato.
La Ligue de l’Enseignement celebra i suoi 150 anni Educazione, lacità, democrazia: la dichiarazione finale del Congresso di Strasburgo
Il 25 ottobre 1866 vide la luce l’appello di Jean Macé Per l’incontro di tutti coloro che desiderano contribuire allo sviluppo dell’istruzione nel loro paese. La ragione vera di questo appello era l’educazione al suffragio universale, la costruzione del cittadino. 150 anni dopo, la Ligue de l’Enseignement vuole ancora e sempre realizzare questa ‘Repubblica in azione’, per la quale ciascuno e ciascuna possa fare con lucidità e ragione le sue scelte personali, professionali e cittadine. 150 anni dopo, la nostra lotta continua: per una cittadinanza emancipatrice, una cittadinanza senza preliminari, che non si limita al diritto al suffragio, e che si esercita al servizio della giustizia sociale, della pace e della libertà. Tutto il contrario dei populismi che escludono, delle paure che rinchiudono e dei fanatismi che uccidono. Impegnarsi nella Ligue è fare la scelta di un pianeta vivibile, di società aperte, generose e responsabili.
Impegnarsi nella Ligue è costruire la solidarietà e agire contro le ineguaglianze. Impegnarsi nella Ligue è prendere parte ad una democrazia che coinvolge tutti i suoi cittadini. L’educazione è la nostra grande causa, quella che permette di entrare in un mondo comune, di comprenderlo, di trovare il proprio posto e vivere meglio, insieme. Bisogna articolare l’educazione primaria, scolare - l’istruzione - e non scolare, con la formazione lungo tutta la vita. Una educazione per apprendere a conoscere, a pensare, a relazionarsi agli altri, a meravigliarsi e volte ad indignarsi, a essere e a fare. La laicità è la nostra grande lotta. La Francia è una repubblica «indivisibile, laica, democratica e sociale». Ma se noi siamo ‘indivisibili’ non siamo però ‘invisibili’ gli uni agli altri. La laicità permette di conciliare la diversità della società con la ricerca costante della sua unità.
Garantisce la libertà di coscienza e il rispetto dell’eguaglianza dei diritti e delle responsabilità. Apre la via a nuove libertà da conquistare. La democrazia è l’ideale della Ligue. Una democrazia che coniuga il rispetto di ogni persona, la ricerca dell’interesse generale e la promozione del dialogo. Una democrazia di alta intensità che si nutre del locale e oltrepassa le frontiere nazionali per risvegliare il progetto europeo. Di questa democrazia, i cittadini sono gli attori, le associazioni riunite nella Ligue un laboratorio. La storia della Ligue de l’Enseignement dimostra che niente nel progresso della condizione è mai concesso o acquisito: tutto è frutto dell’impegno delle donne e degli uomini. Nessuna provvidenza, nessuna mano invisibile, nessun pensiero magico. Ma sempre la volontà e il coraggio! Impegnarsi nella Ligue è creare un legame fra le azioni a misura di ciascuno e le lotte su scala planetaria. www.laligue.org
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arcireport n. 25 | 21 luglio 2016
mia
Bilancio positivo per la XXII edizione del Meeting Internazionale Antirazzista di Cecina Cala il sipario sulla XXII edizione del Meeting Internazionale Antirazzista di Arci a Cecina, che si è svolto con il patrocinio e sostegno di Regione Toscana, Comune di Cecina, Comune di Bibbona e Cesvot. Un’edizione che ha segnato un avvicinamento del pubblico ai temi affrontati nei 5 giorni di incontri che hanno visto alternarsi, sui palchi allestiti nel parco espositivo I pini di Cecina mare, politici, amministratori, rappresentanti delle Istituzioni e ricercatori, docenti, giornalisti rappresentanti delle realtà associative. Un’edizione che ha visto un coinvolgimento di gran parte della cittadinanza, oltre che di addetti
ai lavori, con numeri importanti: tra le 2500 e le 3000 persone alle serate musicali, circa 1000 che hanno assistito ai dibattiti e agli incontri e oltre 200 che hanno partecipato alle attività dei laboratori. Soprattutto, hanno visto un gran numero di partecipanti gli incontri su ‘giornalismo e migrazioni’, organizzati con la collaborazione di Atlante delle Guerre e dei Conflitti, che hanno dimostrato quanto siano i cittadini per primi a chiedere un’informazione più rispettosa delle persone e delle loro storie, che non crei muri ma che realmente aiuti a comprendere la società e i suoi
La Summer School Si è chiusa sabato 16 luglio la seconda edizione della Summer School Antirazzista, ospitata dal Meeting Internazionale Antirazzista giunto alla XXII edizione. Una Summer School che ha confermato il bisogno di riflessione e analisi anche dell’Arci su quanto sta accadendo nei nostri territori relativamente al razzismo. Non potevamo non tenere conto in questa edizione del tema accoglienza che stiamo affrontando con la volontà di ridefinirlo, metterlo a sistema e strutturarlo in modo da sostenere sempre di più il lavoro territoriale. Sia sotto il profilo organizzativo e di rete nazionale, sia sotto quello, più importante, politico. In questa edizione abbiamo tenuto insieme il tema del rapporto sempre più forte con gli Enti Locali e siamo stati contenti di avere con noi diversi comuni tra cui Genova, Lucca e Bientina. Abbiamo affrontato con un caso studio preciso il tema della ricadute economiche e sociali dei progetti nelle comunità locali grazie al lavoro della prof.ssa Cosentino docente de La Sapienza di Roma. E, coerentemente, con la mission della Summer School viene riportato il tutto al tema della lotta al nuovo razzismo, sempre meno barbaro e sempre più preparato ad utilizzare mezzi e strumenti di propaganda. La presenza di Cristiana Russo dell’UNAR ci è servita a comprendere meglio il diffondersi degli stereotipi. Infine abbiamo presentato una prima bozza delle linee guida nazionali sull’accoglienza e una prima bozza della mappatura dei progetti di accoglienza Arci che, già oggi ci dicono che il nostro impegno continua ad aumentare e ha già superato i 6000 posti. Molto positive le presenze e le risposte dal territorio: 41 i partecipanti in rappresentanza di 19 tra comitati regionali e territoriali. Arrivederci al prossimo anno per la terza edizione!
cambiamenti. Nel dibattito su migrazioni, guerre, antirazzismo e accoglienza, la cronaca è entrata prepotentemente con l’omicidio di Fermo prima, la strage di Nizza e il fallito colpo di Stato in Turchia poi, che hanno determinato l’esigenza di approfondire ulteriormente la discussione. «L’impegno di Arci Toscana - dichiara Gianluca Mengozzi, presidente regionale Arci - da qui al prossimo Meeting, sarà quello di lavorare su questo terreno, per portare sempre nuovi spunti alla nostra discussione e, soprattutto, gettare le basi per un’azione concreta contro i razzismi e per la crescita della nostra società».
L’incontro con il presidente della Regione Enrico Rossi Da un lato combattere con politiche culturali la destra xenofoba e populista, dall’altro rafforzare l’integrazione, valorizzando le persone e le loro esperienze, permettendo a chi trova ospitalità nel nostro Paese di mettere a disposizione le proprie competenze. Il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, intervenuto giovedì 14 luglio insieme alla presidente di Arci nazionale Francesca Chiavacci, al Meeting Internazionale Antirazzista di Cecina (intervistati dal giornalista Raffaele Palumbo) ha affrontato il tema dell’accoglienza chiedendo a tutti - Istituzioni, società civile e terzo settore - di fare un significativo passo in avanti, abbandonando lo sguardo miope che grida all’emergenza e raccogliendo, invece, la sfida che il fenomeno migratorio, considerato nella sua dimensione strutturale, ci pone davanti. Rossi ha chiesto strumenti di legge che consentano di agire a livello locale per rinsaldare un patto per l’accoglienza tra l’associazionismo e la cooperazione sociale, gli enti locali e il Governo, che doti il nostro Paese di un modello unico per l’accoglienza, a partire da quello toscano dello Sprar, portato avanti dalle Istituzioni e dalle associazioni, con Arci in prima fila. Anche per questo, pieno appoggio alla proposta avanzata dal presidente Rossi è venuto dall’Arci nazionale, con la presidente Francesca Chiavacci che ha sottolineato come quella individuata dal governatore toscano sia una scelta che, oltre a caratterizzare un’azione legata a una cultura di sinistra autentica, potrà anche dare uno sbocco operativo all’azione che volontariato e associazionismo hanno condotto finora. Per questo motivo la presidente Arci si è impegnata a sollecitare il Governo affinché dia finalmente una risposta efficace alla questione accoglienza, raccogliendo l’invito lanciato dal governatore toscano.
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arcireport n. 25 | 21 luglio 2016
legalitàdemocratica
Una proposta per dare nuovo impulso al riuso dei beni confiscati di Maurizio Mumolo Arci, Reti di Terzo settore e Fondazioni
23.576 beni immobili confiscati alle mafie, 3.585 aziende. Sono dati imponenti, probabilmente approssimati per difetto, diffusi dall’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, e descrivono la grande rilevanza assunta dal fenomeno che investe tutte le regioni italiane. Fondazione con il Sud ha realizzato due bandi per sostenere progetti di valorizzazione e gestione di beni confiscati. Sulla base di questa esperienza e in collaborazione con il Forum del Terzo settore e con alcune fondazioni di origine bancaria, ha presentato una proposta di profonda revisione della materia. Il tema è che la legge Rognoni - La Torre e la L. 109/96, per il riutilizzo sociale dei beni confiscati, a vent’anni dall’approvazione, mostrano una crescente inefficacia. Gli immobili sequestrati non sempre vengono assegnati e giacciono abbandonati, non ci sono risorse per la loro ristrutturazione, le aziende che sono riuscite a rimanere sul mercato sono pochissime. Per i comuni, che sono i primi destinatari delle confische, i beni rappresentano «più un problema che un’opportunità».
Il rischio è che quelle leggi che hanno rappresentato una svolta decisiva nella lotta alle mafie possano produrre l’effetto opposto: l’incapacità dello stato di restituire alle comunità le ricchezze sottratte dai mafiosi, il simbolo del loro potere e del loro prestigio. Un immobile abbandonato rende vana la mobilitazione dei cittadini, i lavoratori di un’azienda confiscata, condannati alla disoccupazione, sono la testimonianza di un fallimento politico prima che economico. Eppure i beni confiscati possono rappresentare, oltre che una vittoria della legalità anche un’opportunità di sviluppo, se vengono gestiti in una logica di sistema. Oggi esiste un’Agenzia nazionale che non ha poteri di coordinamento. Ogni procedimento di confisca segue un proprio iter, spesso lunghissimo e distinto dagli altri. Ogni immobile viene gestito separatamente. Le imprese perdono capacità operativa e sono quasi sempre condannate alla chiusura. Le somme liquide sequestrate (oltre 3,5 miliardi di euro), affluiscono al Fondo unico di giustizia e destinate ad altre finalità.
Lo studio della Fondazione propone la costituzione di un ente nazionale che abbia il compito di coordinare e valorizzare l’insieme dei beni confiscati: immobili, aziende, somme di danaro. Il nuovo ente deve assicurare una gestione economica, trasparente e partecipata (con rappresentanti degli enti locali e delle associazioni impegnate sui temi della legalità). Il danaro che ora affluisce nel FUS deve servire per ristrutturare gli immobili, sostenere i progetti di riuso sociale, riavviare le attività delle imprese. Gli amministratori giudiziari devono essere affiancati da temporary manager che devono verificare lo stato delle imprese e le condizioni di un loro reinserimento nel mercato. Il patrimonio immobiliare che non può essere dedicato a finalità sociali deve essere alienato e i proventi utilizzati al servizio del sistema. Si tratta di una proposta molto articolata che si avvale anche di uno studio di Nomisma. Attualmente è in discussione al Senato l’aggiornamento della legislazione antimafia. I tempi sono maturi per dare nuovo impulso al riuso dei beni confiscati.
Mammasantissima! di Davide Grilletto presidente Arci Reggio Calabria
Mammasantissima! È questo il nome dell’ultima inchiesta che sta facendo tremare i palazzi del potere in Calabria, a Roma e a Milano, portando alla scoperta del patto di ferro tra ‘ndrangheta e massoneria deviata. Cinque ordinanze di custodia cautelare per associazione mafiosa per l’ex parlamentare Paolo Romeo, l’ex sottosegretario regionale Alberto Sarra, l’avvocato Giorgio De Stefano, il funzionario regionale Francesco Chirico e il senatore Antonio Caridi che, godendo dell’immunità parlamentare, resterà ineseguita fino al pronunciamento sulla richiesta di autorizzazione all’arresto da parte del Senato. Ma è solo l’inizio dell’inchiesta che sancisce ciò che pentiti, studiosi e magistrati sostenevano da tempo: accanto all’organo collegiale di vertice delle principali cosche reggine denominato ‘Provincia’, simile a quella che fu la cupola siciliana, opera un’inedita struttura direttiva occulta che fornisce indicazioni e scelte strategiche, indirizza i principali affari, procura coperture politiche ed istituzionali a livello locale
e nazionale, condiziona tutti gli appuntamenti elettorali. C’è un mare di nomi, su cui gli approfondimenti sono già in corso, nei verbali dei pentiti Nino Lo Giudice e Cosimo Virgiglio, che durante gli interrogatori delineano i tratti della super loggia. Dai principali boss delle ‘ndrine reggine ad avvocati, magistrati, graduati, professionisti, collaboratori dei servizi segreti, moltissimi politici, alcuni dei quali siedono in Parlamento, tutti inseriti tra i massoni ‘invisibili’ dai collaboratori di giustizia. Tre inchieste, da maggio a luglio, una di seguito all’altra: Fata Morgana che per la prima volta riferisce della lobby ndranghetista-massonica-politica che ha influenzato le sorti del Paese; Reghion, che ha portato al fermo di dieci persone, tra cui un dirigente dei lavori pubblici del Comune di Reggio Calabria, ed infine Mammasantissima che ha permesso di ampliare le conoscenze sulla struttura della ‘ndrangheta consentendo di ridisegnare lo straordinario apparato criminale di cui è dotata. Tre inchieste ma un nome che ritorna sempre: è quello
di Paolo Romeo, massone, ex politico del MSI e poi deputato Psdi, in carcere dal 9 maggio. Romeo, in passato, arrestato e poi rilasciato per favoreggiamento nella latitanza di Franco Freda, indagato tra i mandanti della strage di Gioia Tauro e poi prosciolto. Nel 1995 accusato di legami con la ‘ndrangheta, viene arrestato nuovamente a seguito delle dichiarazioni di un pentito e rilasciato poco dopo. La prima sezione della Corte di Assise di Reggio Calabria nel 2000 lo condanna a cinque anni di reclusione con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso, pena ridotta a tre anni, e per concorso esterno, che diventa definitiva in Cassazione nel 2004 riportandolo in carcere. Nel maggio 2014 viene coinvolto nell’inchiesta sulla latitanza dell’ On. Amedeo Matacena che ha portato all’arresto dell’ex ministro Claudio Scajola. Una vita che sembra frutto di un romanzo, di una sceneggiatura da serie televisiva noir, di una spy story. Ma questo non è un film. Questa è Mammasantissima! E statene certi: to be continued…
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arcireport n. 25 | 21 luglio 2016
welfare
Parte in Puglia il Reddito di Dignità Riconosciuto il protagonismo del Terzo Settore di Davide Giove presidente Arci Puglia e Portavoce Vicario Forum del Terzo Settore della Puglia
Il dibattito politico pugliese dello scorso autunno aveva avuto, tra le sue più accese questioni, quella relativa all’approvazione, in Giunta Regionale, del DDL sul Reddito di Dignità. A quelle che, all’epoca, erano delle linee guida del provvedimento seguirono attestazioni di supporto così come non mancarono aspre critiche. Arci manifestò il proprio apprezzamento per un provvedimento che sposta l’attenzione sui cittadini che versano in condizione di esclusione ma, al contempo, evidenziando alcune perplessità, su tutte il timore che la misura potesse trasformarsi in un bonus sulla formazione ad esclusivo vantaggio delle imprese. È cominciata così una lunga stagione di confronto tra il decisore politico, le parti sociali, il terzo settore e gli enti locali che ha prodotto una laboriosa stesura del testo definitivo della legge (approvata lo scorso marzo) e dei suoi relativi regolamenti e avvisi. I cittadini pugliesi in povertà assoluta e destinatari del provvedimento (ahinoi,
solo il 7% circa della platea potenziale) riceveranno un assegno fino a 600€ mensili e percorsi di inclusione sociale, formazione e incremento dell’aspettativa di occupabilità. Il Forum del Terzo Settore ha siglato un importante protocollo di intesa con la Regione sul Reddito di Dignità ed ha ottenuto che tra i soggetti ospitanti, accanto alle imprese, ci siano anche i soggetti del Terzo Settore nelle modalità stabilite dai regolamenti. Questa misura, è ovvio, non riuscirà a risolvere il dramma di una popolazione che conta, sul territorio regionale, circa trecentomila cittadini in condizione di povertà assoluta e di esclusione sociale. Tuttavia essa apre una strada e, attraverso l’armonizzazione alle misure nazionali potrebbe vedere amplificato il proprio effetto. Il Reddito di Dignità, provvedimento pluriennale e legge issata ad emblema dal governo targato Michele Emiliano, conserva in parte il sapore di una scom-
messa. La sua efficacia, auspicabile e sperata, potrebbe infatti essere messa in discussione da diversi fattori, perlopiù legati alla declinazione attuativa della misura in sede locale e alla riuscita, non affatto scontata, dell’attivazione di quel senso di responsabilità sociale che il Re.D. richiederà anzitutto ai soggetti privati ospitanti, chiamati a candidarsi oggi ad accogliere i beneficiari della misura secondo progetti da presentare. Il Reddito di Dignità è un’operazione complessa, che non abbisogna di facili entusiasmi ma nemmeno di critiche pregiudizievoli. Rappresenta, semplicemente, la storia di una popolazione regionale chiamata a farsi carico di chi, tra i suoi concittadini, resta o rischia di restare escluso; per farlo individua delle risorse, le destina allo scopo e, oggi, progettualmente le utilizza. I soggetti del terzo settore non potevano restarne fuori o ricoprire il ruolo di comparse; così non è e l’Arci esprime per questo la sua soddisfazione.
Summer School 2016: L’economia come è e come può cambiare Anche quest’anno, per il terzo consecutivo, riaprono le porte della Scuola Estiva L’economia come è e come può cambiare organizzata dall’Università di Urbino Carlo Bo con Sbilanciamoci!, dal 5 al 9 settembre 2016 ad Urbino. Diversamente dalle precedenti edizioni l’oggetto della scuola sarà il welfare. Le grandi trasformazioni degli ultimi tre decenni hanno difatti cambiato il concetto stesso di stato sociale, di partecipazione, di solidarietà, e di sostenibilità degli interventi di politica economica. Precisamente, il tema di questo anno è lo studio della struttura, del finanziamento, e della sostenibilità della spesa pubblica e dello stato sociale. Questi temi saranno studiati partendo da un inquadramento complessivo dei temi della macroeconomia, e del ruolo che la spesa pubblica e il debito pubblico possono avere nel sostenere la crescita economica equilibrata nel medio e nel lungo periodo. Obiettivo della Scuola è perciò di ri-
flettere in chiave critica sull’attuale quadro delle politiche fiscali attuate, sia in Italia che in Europa, attraverso una visione restrittiva del ruolo dell’intervento pubblico. La Scuola estiva fornirà i concetti essenziali per capire i fenomeni economici attuali collegati al finanziamento della spesa pubblica, alla struttura della tassazione, alla sostenibilità del debito, al fenomeno della povertà e del disagio sociale. Tra gli obiettivi del corso vi è quello di presentare gli strumenti di analisi dei processi in corso, organizzando gruppi di lavoro per favorire la discussione critica sulle alternative di politica economica e in particolare della politica fiscale. La scuola è organizzata in cinque giornate didattiche e di discussione con una tavola rotonda finale ove raccogliere ed elaborare i temi, i contenuti e le discussioni sviluppate durante la settimana. Info per le iscrizioni e programma dettagliato su www.sbilanciamoci.org
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arcireport n. 25 | 21 luglio 2016
diritticivili
Droghe leggere: la legge per la legalizzazione inizia il suo iter alla Camera di Corallina Lopez Curzi CILD/ Non me la spacci giusta
Perseguire i consumatori di marijuana è l’elemento principale che ha caratterizzato la war on drugs italiana: dal 1991, anno dell’entrata in vigore della legge Iervolino-Vassalli e dell’inizio della guerra alla droga in Italia, centinaia di migliaia di persone sono finite nel circuito della giustizia penale, nei tribunali e nelle carceri del nostro paese. Le cose sono poi peggiorate dal 2006, anno in cui è stata approvata la legge Fini-Giovanardi (poi abrogata dalla Corte Costituzionale nel 2014) che, equiparando le cosiddette droghe leggere a quelle pesanti, ha portato in carcere oltre 250mila persone - con enormi esborsi per le casse dello stato. I costi del proibizionismo I costi di queste politiche sono insostenibili, innanzitutto da un punto di vista economico: il proibizionismo ci costa 1,5 miliardi di euro ogni anno tra carceri, polizia e tribunali. Per non parlare delle ‘entrate mancate’ - e cioè le imposte sulla vendita e sul reddito non riscosse: si parla di una cifra variabile tra i 7,5 e i 15 miliardi ogni biennio, che viene di fatto ‘regalata’ alla criminalità organizzata. Secondo uno studio di Transcrime i ricavi della criminalità organizzata dal mercato della droga nei paesi UE ammonterebbero a
quasi 28 miliardi di euro; di cui circa 7 provenienti dal traffico di cannabis. A guadagnare dal proibizionismo sono peraltro non solo ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra ma anche le reti terroristiche: più della metà dei gruppi terroristici riconosciuti riceve infatti la più cospicua parte dei propri finanziamenti dal commercio di droghe. Per non parlare poi dei costi umani. Dal 2006 al 2014 sono stati circa 250mila gli incarcerati per reati di droga: circa il 40% della popolazione detenuta totale. Il numero è in riduzione (oggi i detenuti per violazione della legge antidroga sono circa il 32% del totale) a seguito dell’abrogazione della Fini-Giovanardi - a dimostrazione che il sovraffollamento penitenziario, così come le possibilità di contenerlo, sono strettamente legati alle scelte sulle politiche antidroga - ma resta comunque ancora preoccupante. Soprattutto quando si consideri che un detenuto su quattro entra in carcere perché condannato o accusato di produrre, vendere e detenere droghe illecite. Insomma: la guerra alla droga ha effettivamente fatto più male che l’uso stesso della droga, mettendo centinaia di migliaia di persone dietro le sbarre, non riuscendo a trattare le dipendenze e non consentendo un miglioramento
nelle prospettive di vita e di salute di chi fa uso di droga. La svolta della cannabis legale Il consumo di marijuana, al pari di alcol e tabacco, non dovrebbe essere illegale. I guadagni della legalizzazione, in soldi e in sicurezza, sono evidenti: le nuove politiche potrebbero portare al nostro paese numerosi vantaggi in termini di economia legale, sottraendo guadagni alla criminalità organizzata. Inoltre, le forze dell’ordine e i fondi a esse destinati potrebbero essere impiegate per crimini di ben altra portata. Per non parlare poi dei benefici in termini di riduzione del danno e garanzia del diritto alla salute. Insomma: se il proibizionismo fa male alla salute, alla giustizia, all’economia, alla sicurezza, la legalizzazione conviene e basta - a tutti (tranne la criminalità organizzata, ovviamente). Proprio in questo senso va la proposta di legge dell’intergruppo parlamentare Cannabis Legale che il 25 luglio inizierà il proprio percorso alla Camera dei Deputati. Se dovesse essere approvata la coltivazione, la vendita e il possesso di quantità per uso personale sarebbero legalizzate. Un passo avanti necessario per chiudere definitivamente con i danni prodotti dalla guerra alla droga.
L’Arci aderisce a ‘Partiamo da 20x20’, la nuova campagna di Antigone che promuove le misure alternative al carcere Partiamo da 20x20 è la nuova campagna promossa da Antigone. L’obiettivo è che, entro il 2020, il 20% del bilancio dell’Amministrazione penitenziaria venga speso per il sistema delle misure alternative. Oggi ci sono oltre 53mila persone che stanno scontando la propria pena nelle nostre carceri. Nello stesso momento circa 23mila persone la scontano fuori dal carcere, in misura alternativa, cui si aggiungono le oltre 8.000 che usufruiscono della nuova misura della messa alla prova. Si tratta di misure che si scontano nella comunità, meno costose e più efficaci del carcere nel promuovere il reinserimento ed evitare la commissione di nuovi reati da parte di chi ha scontato la propria pena.
Ma per queste misure l’amministrazione penitenziaria spende meno del 5% del proprio bilancio. In molti paesi europei oggi il più grande ostacolo alla diffusione delle pene alternative al carcere è connesso alla carenza di riconoscimento pubblico, di risorse e di personale, spesso insufficiente ad espletare compiutamente il proprio mandato, e non a caso le European Probation Rules insistono moltissimo su questi aspetti. Anche in Italia è così, e per questo chiediamo innanzitutto che l’Italia arrivi a spendere, entro il 2020, il 20% del bilancio dell’Amministrazione penitenziaria per il sistema delle misure alternative. Ciò costituirà un primo atto concreto per dimostrare che l’Italia vuole puntare su un nuovo modello penale,
nel quale il carcere non sia il metro di paragone di ogni possibile pena bensì venga riconosciuto per quello che è, un’invenzione che è nata in un momento ben preciso della storia dell’umanità e che non ha alcuna necessità di restare eternamente centrale. Alla campagna hanno finora aderito: A Buon Diritto, Arci, Associazione 21 luglio, Gruppo Abele, Cittadinanza Attiva, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Forum Droghe, Funzione Pubblica Cgil, Medici Contro la Tortura, Naga, Progetto Diritti, Ristretti Orizzonti, Società della Ragione, Società Italiana di Psicologia Penitenziaria, VIC/Volontari In Carcere www.associazioneantigone.it
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arcireport n. 25 | 21 luglio 2016
Film in pellicola, appuntamento a Piacenza di Piero Verani Cinemaniaci Associazione Culturale
Si svolge il 30 e 31 luglio, 1 e 7 agosto, presso il Parco di Villa Raggio di Pontenure (Piacenza), filmONfilm 35mm Extravaganza, festival dedicato alla pellicola e all’importanza della conservazione, restauro e valorizzazione del patrimonio filmico, promosso da Cinemaniaci Associazione Culturale e Arci Piacenza. Nel contesto contemporaneo in cui l’industria del cinema ha optato per lo switch off dall’analogico al digitale, la nostra manifestazione intende sottolineare il valore culturale della proiezione in pellicola, in una location a noi cara, che per 28 anni ha ospitato il cinema sotto le stelle targato Cinemaniaci - Arci. Nel passaggio al digitale siamo riusciti a digitalizzare solo una delle due nostre arene estive, quella di Piacenza: così abbiamo voluto far rinascere Parco Raggio con film di culto in pellicola. filmONfilm 35mm Extravaganza è il nostro grande evento dell’estate, realizzato in collaborazione con il Comune di Pontenure, la Kodak, lo storico negozio di dischi Alphaville e una rete di commercianti locali. Proprio con Kodak abbiamo ottenuto una partnership per
la serata di domenica 7 agosto per un evento unico: proietteremo una copia in pellicola 35mm di Il figlio di Saul di László Nemes, stampata e sottotitolata in italiano appositamente per noi dal laboratorio ungherese Magyar Filmlabor e presentata in esclusiva nazionale a filmONfilm2016. Girato in 35mm, il film è stato premiato con l’Oscar 2016 per il Miglior film straniero, con il Gran premio speciale della giuria al Festival di Cannes 2015 e con il David di Donatello 2016 al Miglior film dell’Unione Europea. La pellicola sarà il filo conduttore delle serate nelle quali saranno presentati quattro film in 35mm: si comincia sabato 30 luglio con L’uomo che cadde sulla Terra di Nicolas Roeg, con cui abbiamo voluto rendere omaggio a un grande artista scomparso quest’anno: il celebre cantante David Bowie. Per domenica 31 luglio abbiamo optato
per il distopico 1997 - Fuga da New York, film di John Carpenter, un regista molto amato da un pubblico trasversale. Nella serata del 1 agosto proietteremo un film di culto: il noir La morte corre sul fiume, opera prima e unica da regista per l’attore Charles Laughton. I film provengono dagli archivi della Cineteca di Bologna e della Lab80 film di Bergamo, e dal Magyar Filmlabor di Budapest. A corredo degli spettacoli cinematografici, ogni sera ci saranno aperitivo, dj set e musica dal vivo. L’iniziativa, quest’anno alla sua prima edizione, è nata per dimostrare che il cinema in pellicola è ancora vivo e può continuare a esistere a fianco del cinema digitale. Tentativi in questa direzione sono stati fatti anche da grandi autori come Quentin Tarantino che ha girato il suo ultimo film, The Hateful Eight, in pellicola. Noi abbiamo ancora il proiettore analogico e vogliamo tenere vivo il fascino della pizza cinematografica, della bobina, del proiezionista... Ci auguriamo di ricevere a Parco Raggio molti cinefili per guardare insieme film in pellicola su grande schermo. www.cinemaniaci.org
A Padova con il progetto Excinema riapre il cinema Excelsior di Marina Molinari Arci Padova
Il progetto Excinema è un progetto promosso da alcuni circoli e associazioni della città di Padova, che nasce dalla riflessione su di una specifica tipologia di spazi dismessi presenti in molte città, specchio di un generale impoverimento culturale: le molte sale cinematografiche vuote, sottoutilizzate, relegate all’abbandono. La crisi economica e il cambiamento del mercato della fruizione di prodotti filmici e multimediali hanno portato in tutto il Paese alla chiusura di una vastissima quantità di sale cinematografiche, soprattutto piccole sale di città e di paese. Esse da un lato spesso non hanno potuto far fronte ai costi imposti dalla conversione digitale, dall’altro non sono riuscite trovare un modo per porsi come alternativa possibile all’offerta delle grandi multisala. La chiusura di queste sale ha significato non solo la perdita di spazi di aggregazione, produzione e diffusione culturale della settima arte, ma anche la consacrazione
di tali luoghi all’abbandono, che risultano difficilmente riconvertibili, se non attraverso ingenti investimenti realizzabili solo da pochissimi facoltosi o da un settore pubblico molto spesso assente o poco interessato a divenire facilitatore in tali processi. Excinema parte proprio da queste premesse e da un ripensamento delle modalità di fruizione dello spettacolo. Si fonda sulla volontà di tentare una nuova esperienza di gestione di una sala sul territorio padovano e per questo da settembre 2016 riaprirà per alcuni mesi il cinema Excelsior, gigante dal passato
glorioso nel pieno centro cittadino. Qui si alterneranno per quattro mesi proiezioni cinematografiche a concerti, installazioni, performance e laboratori di vario genere. Il progetto però non si limiterà ai muri del cinema Excelsior. La sfida principale infatti è quella di mettere a sistema diverse realtà cinematografiche padovane e diverse piccole sale di quartiere, dove circuiteranno i film proiettati in anteprima all’Excelsior garantendo così una tenitura maggiore a pellicole escluse dalla grande distribuzione. Da un lato quindi la multisala diffusa e dall’altro la rinascita di uno spazio abbandonato come luogo di produzione culturale e contaminazione tra le arti. Dall’insieme di realtà e attività culturali diverse, se pur affini, possono nascere sinergie inedite e dirompenti. Grazie a queste si darà vita al ‘cinema oltre il cinema’. Potete seguire gli aggiornamenti sul sito www.excinema.it o sulla pagina Facebook Excinema.
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arcireport n. 25 | 21 luglio 2016
La musica infinita Torna il cartellone estivo dei circoli Arci della Puglia che, attraverso la rete Re.A.L. che sostiene la musica dal vivo nei circoli Arci, offrono palchi e spazi a proposte musicali indie o emergenti accanto a nomi più affermati. Il cartellone, che quest’anno si intitola La musica infinita, rappresenta la selezione dei migliori festival musicali targati Arci, molti dei quali in scena da numerose edizioni. La musica infinita è il fiore all’occhiello di un movimento culturale dal basso che offre ogni anno oltre mille occasioni di esibizioni a tantissime band che tra mille difficoltà si sforzano di offrire proposte musicali interessanti e di qualità. L’evento, che richiama oltre centomila spettatori, vede in scena tantissimi musicisti tra cui In-Tensione, Sossio Banda, Rosalba Santoro, Michelangelo Musci, Alfredo Colella, Discoverland, Populous, The Leading Guy, Birthh, I Misteri del sonno, Casematte, Manuel Bellone, Mokadelic, Raiz & Radicanto, I Cani (unica tappa ad ingresso gratuito del loro tour 2016), U’ Papun, Chop CHop Band, Mary Perla, Gerardo Tango, Matteo Fioretti. Info e programma dei singoli Festival su www.arcipuglia.org
a cura di Gianluca Diana e Andromalis e la presentazione della mostra fotografica e del cortometraggio Fadà Ettamaniat - Lo spazio del desiderio a cura di Antonello Carboni. Coordina l’iniziativa Franco Uda, Segretario regionale Arci Sardegna, coordinatore nazionale Arci Pace, solidarietà e cooperazione internazionale. Ingresso gratuito.
‘Kumber Festival’ a La Spezia Musica, letteratura e...panni stesi nei cortili del quartiere Umbertino, a La Spezia, venerdì 22 luglio a partire dalle 18: va in scena la seconda tappa del Kumber Festival – All’ombra del Re Mitraglia, organizzato dall’Arci Frame in collaborazione con il Comune della Spezia nell’ambito di Caravan, l’estate nei quartieri della città. «Perché i cortili? Perché sono la pancia interna e più vera, sono lontani dai luoghi comuni di facciata con i quali si etichettano posti poco, o mal, esplorati» – spiegano gli organizzatori.
in più PASTASCIUTTA Antifascista SAN POLO D’ENZA (RE)
Lunedì 25 luglio alle 20 al circolo Arci Pontenovo di San Polo d’Enza (RE) ci sarà la tradizionale Pastasciutta Antifascista e a seguire canzoni partigiane con Tiziano Bellelli e Morena Vellani. La serata è promossa da Anpi San Polo d’Enza e circolo Arci di Pontenovo, e segue la tradizione del Museo Cervi che da molti anni festeggia la caduta del fascismo, il 25 luglio, rievocando la famosa ‘pastasciutta in piazza’ offerta dalla famiglia Cervi ai compaesani di Campegine. arcipontenovo@gmail.com
ecomafie e legalità OSNAGO (LC) Sabato 23 luglio
alle 19 al circolo Arci La Lo.Co. Barbara Meggetto, presidentessa di Legambiente Lecco, parlerà di Ecomafie: conseguenze sull’ambiente e sul territorio, illustrando il Rapporto Ecomafia 2016. Le storie e i numeri della criminalità ambientale, dossier a cura dell’associazione e edito da Edizioni Ambiente. A seguire cena della legalità organizzata da Sapore Critico, la cucina popolare del circolo Arci La Lo.Co. che utilizza prodotti biologici a km zero per realizzare cene e pranzi sociali a costi popolari. saporecritico@arcilaloco.org
A Carbonia si presenta #Saharalibre Il 25 luglio alle 19 a Carbonia presso la Fabbrica del Cinema il circolo Arci La gabbianella fortunata promuove l’iniziativa #Saharalibre, dedicata alla campagna di sensibilizzazione per la solidarietà politica al popolo Sahrawi promossa dall’Arci. Durante l’evento, ci saranno la presentazione del libro illustrato Mariem Hassan: io Sono Saharaui e lo dico al mondo intero
daiterritori
Dopo l’apertura del cortile, si inizierà con il dj set del GbkkKollektiv e la sua selezione musicale di ambient, drone, dub. Alle 21 è in programma lo spettacolo performance di teatro cabaret Phénol et Tubéreuse di Angela Teodorovsky e Luke Pessinous, con un repertorio musicale di canzoni francesi che va da Erik Satie a Juliette Gréco. Seguirà poi il live e reading Non è un paese per poeti di Klaus Miser, Paul Beauchamp e Fabrizio Modonese Palumbo. La serata si concluderà al Frame di via Firenze con un after party.
do you laic cinema? PALO DEL COLLE (BA) Dal
21 luglio e fino al 9 settembre, con sette proiezioni per sette serate, torna la rassegna cinematografica estiva targata Arci Capafresca Do you laic cinema? All’acronimo LAIC (Legalità, Ambiente, Immigrazione, Cultura) sono connessi i temi che, attraverso la proiezione dei film, verranno discussi e visionati. Previste anche due pellicole extra dedicate ai ragazzi, con l’obiettivo di avvicinare i più giovani alla bellezza, al ‘guardare attraverso’, all’assimilazione delle storie. Location delle proiezioni sarà l’atrio interno di Palazzo San Domenico. fb Arci Capafresca
COCCOBELLO 2016 CARPI (MO) Dal 22 luglio al 14 agosto ritorna Coccobello con concerti, videoproiezioni e performance teatrali nel chiostro di San Rocco a cura del circolo Arci Kalinka e del comitato territoriale in collaborazione con il Comune. fb Kalinka Arci
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arcireport n. 25 | 21 luglio 2016
società
Diciamo NO al decreto Madia e alla riforma costituzionale di Paolo Carsetti Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua
Il rilancio delle privatizzazioni dei servizi pubblici risponde agli interessi delle grandi lobbies finanziarie. Con l’alibi della crisi e la trappola del debito pubblico, si cerca di portare a termine la spoliazione delle comunità locali, mercificando i beni comuni e privatizzando i servizi pubblici. Per poter attuare tutto questo, è essenziale calpestare l’esito referendario del 2011 e modificare gli assetti istituzionali, a livello nazionale e locale. Il Governo Renzi sta portando a compimento un piano avviato dai governi precedenti ispirato all’idea del mercato come unico regolatore sociale. Tale piano si basa in particolare su due provvedimenti: i decreti attuativi della riforma della pubblica amministrazione che riscrivono la normativa sui servizi pubblici locali e le società partecipate. L’obiettivo è ridurre la gestione pubblica ai soli casi di stretta necessità, promuovere la concorrenza e rafforzare il ruolo dei privati. Obiettivi che esplicitamente contraddicono l’esito dei referendum. Altro elemento con cui il Governo intende chiudere la partita referendaria è lo stravolgimento della legge d’iniziativa
popolare presentata dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e depositata nuovamente nel 2014 dall’intergruppo parlamentare per l’acqua bene comune. La mobilitazione contro la definitiva approvazione dei c.d. decreti Madia va avanti da mesi ed è partita attraverso la diffusione di un appello sottoscritto da decine di realtà e mediante una petizione popolare firmata da centinaia di migliaia di persone. Invece di rilanciare le privatizzazioni, si dovrebbe avviare una discussione sui nuovi modelli di gestione pubblica dei servizi locali che prevedano la partecipazione diretta dei cittadini e dei lavoratori. La gestione pubblica, infatti, deve essere connotata anche dallo sviluppo della partecipazione dei cittadini e dei lavoratori in essa. Il processo di ripubblicizzazione è cioè fortemente connesso all’idea di democrazia partecipativa. È evidente come tutto ciò incroci la scadenza del referendum sulla controriforma costituzionale per almeno due ragioni: la prima è che il combinato tra controriforma costituzionale e legge elettorale nasce proprio con l’idea di restringere gli spazi di democrazia per
il libro
Storie di rock italiano
Dal boom economico alla crisi economica internazionale
affermare le scelte neoliberiste e classiste che contraddistinguono l’attuale governo. La seconda è che non è possibile disgiungere i contenuti delle scelte sul terreno economico e sociale da quelle relative alle forme e agli assetti istituzionali. È evidente allora che, se non si vuole produrre un discorso astratto sulla difesa e l’espansione della democrazia, esso va innervato di contenuti e fatto vivere in relazione alle scelte di politica economica e sociale, a quelle scelte cioè che riguardano la vita concreta delle persone. Oggi, infatti, diviene necessario contrastare anche l’applicazione della c.d. costituzione materiale che ha sancito l’assoggettamento al dogma neoliberista e alla linea dell’austerità decisa a livello europeo. Tutto ciò necessita di un approfondimento rispetto al modello sociale e alla democrazia, il primo alternativo alle logiche dell’austerità e a quelle del mercato come unico regolatore della società, la seconda come leva per costruire una partecipazione effettiva nelle decisioni che riguardano le scelte di fondo degli assetti economici e sociali.
arcireport n. 25 | 21 luglio 2016 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara
di Daniele Biacchessi - introduzione di Gaetano Liguori
Direttore responsabile Giuseppe Luca Basso
Edizioni Java Book
Direttore editoriale Francesca Chiavacci
Daniele Biacchessi racconta sessant’anni di storia italiana attraverso il rock e le canzoni. Si tratta di un libro unico nel suo genere, dove viene avviata una narrazione sul nostro Paese attraverso l’evoluzione della musica e dei testi delle canzoni. Scritto in punta di penna come fosse un grande romanzo popolare, il volume affronta alcuni degli snodi dell’Italia contemporanea: dal boom dei consumi dei primi anni Sessanta alla contestazione e le lotte operaie del ‘68/’69, dal giorno dell’innocenza perduta della bomba di piazza Fontana alla strategia della tensione del terrorismo nero, agli anni di piombo del terrorismo rosso, passando per il riflusso e il disimpegno politico degli anni Ottanta, alla fine del Pci dopo la caduta del muro di Berlino, agli anni di Tangentopoli, delle stragi di mafia del ‘92/’93, all’avvento di Berlusconi, fino alla grande crisi internazionale e l’ingresso sulla scena italiana di una nuova classe politica. Si tratta dunque di una riflessione importante sull’evoluzione dei consumi, del costume, delle speranze e delle delusioni del mondo giovanile, del pensiero politico italiano che cammina fianco a fianco ai percorsi musicali. Il piano dell’opera comprende una discografia consigliata. Daniele Biacchessi, presidente del circolo Arci Ponti di memoria, autore, regista e interprete di teatro narrativo civile, scrittore e giornalista, è caporedattore di Radio24. Ha vinto il Premio Cronista 2004 e 2005 per il programma Giallo e nero, il Premio Raffaele Ciriello 2009 per il libro Passione reporter (Chiarelettere 2009) e il Premio Unesco 2011 per lo spettacolo Aquae Mundi con Gaetano Liguori.
Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 17 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
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