Arcireport n 30 2015

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settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 30 | 10 settembre 2015 | www.arci.it | report @arci.it in marcia. L’Arci, insieme a tante altre organizzazioni e a singoli cittadini e cittadine, ha aderito a quell’appello e parteciperà a tutte le iniziative che si terranno, con la certezza che questo può rappresentare un nuovo inizio per il movimento antirazzista italiano ed europeo, per le associazioni, le reti, i movimenti che si battono per la giustizia sociale, i diritti e l’uguaglianza. Abbiamo voluto in particolare dare visibilità a una piccola città, Pozzallo, in Sicilia, dove in questi anni sono approdate decine di migliaia di persone e dove il governo vuole aprire un hotspot, questi nuovi centri di detenzione dove i migranti andrebbero rinchiusi per essere identificati. Vogliamo che Pozzallo continui ad essere, per chi arriva in Europa in cerca di protezione, un luogo di approdo sicuro e non di umiliazione e repressione. Pensiamo sia sbagliato voler distinguere in modo del tutto arbitrario chi ha diritto a chiedere protezione e asilo da chi questo diritto non avrebbe e dunque andrebbe respinto, magari in zone di guerra, perché rifiuta l’identificazione allo scopo di aggirare gli obblighi del regolamento Dublino. Di fronte ai morti e alle tragedie internazionali di cui siamo testimoni far prevalere interessi di parte o conflitti di competenze sarebbe intollerabile. La Marcia delle donne e degli uomini scalzi precede di poche ore la giornata europea di solidarietà con i profughi. Il 12 settembre, infatti, manifestazioni con gli stessi contenuti di quelle italiane si terranno in moltissime città in tutta Europa, e anche fuori d’Europa. Le cittadine e i cittadini europei, quelli italiani stanno dimostrando di essere migliori di chi li governa e la voce dell’Europa dei diritti e della solidarietà, che già sembra aver modificato l’atteggiamento di alcuni governi europei, dovrà continuare a farsi sentire con le proprie proposte. Proprio da qui, dall’accoglienza può nascere una nuova Europa, l’Europa dei diritti, della solidarietà e della giustizia sociale.

Dall’accoglienza può nascere una nuova Europa di Filippo Miraglia vicepresidente nazionale Arci

Il dibattito europeo di fronte ai morti e alle migliaia di persone in marcia che chiedono protezione sembra aver cancellato, almeno nelle sedi istituzionali, molti dei problemi reali, quelli più rilevanti, che restano tutti aperti. 1. Come possono le persone in fuga rivolgersi agli stati per entrare in Europa? La creazione di canali sicuri e legali deve essere il primo punto di un’agenda di governo europea all’altezza della sfida che abbiamo davanti. 2. La ripartizione riguarda, se si considerano i numeri, solo le persone già arrivate e non si capisce in base a quale criterio alle frontiere sarà fatta la selezione. Inoltre, se l’Italia accetta la ripartizione proposta, deve impegnarsi alla registrazione di tutti. Il risultato potrebbe essere un aumento consistente delle domande d’asilo. 3. La disomogeneità del welfare europeo e degli standard d’accoglienza, fa sì che i profughi cerchino di arrivare dove le condizioni sono migliori. Se il nostro sistema d’accoglienza non cambia, il rischio è che con l’aumento delle domande d’asilo i profughi restino anche più di due

anni nei centri in attesa dell’audizione della commissione, con spreco di denaro, frustrazione dei trattenuti, tensioni con gli operatori e ingolfamento del sistema. Quindi, senza un sistema d’asilo europeo, in tanti Paesi, a partire dal nostro, la situazione può solo peggiorare. C’è poi la questione dei paesi individuati come ‘sicuri’ (circolano liste molto discutibili), di come concretamente superare Dublino, e altre, più o meno importanti (ad esempio la gestione della ricerca e salvataggio dei naufraghi, di cui oggi si fanno carico la marina e la guardia costiera, ma che necessiterebbe di un programma specifico). Intanto uomini, donne e bambini cercano di raggiungere l’Europa in cerca di un futuro. Un’umanità in fuga da guerre, persecuzioni e violenze che ha infranto il muro del nostro egoismo, ci impone di reagire e di metterci in cammino. Per queste ragioni l’11 settembre, raccogliendo l’appello di personalità, esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo, in decine di città italiane, da Venezia a Pozzallo, da Milano a Palermo, migliaia di persone si metteranno


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migranti

La Marcia delle donne e degli uomini scalzi L’appello dei promotori

È arrivato il momento di decidere da che parte stare. È vero che non ci sono soluzioni semplici e che ogni cosa in questo mondo è sempre più complessa. Ma per affrontare i cambiamenti epocali della storia è necessario avere una posizione, sapere quali sono le priorità per poter prendere delle scelte. Noi stiamo dalla parte degli uomini scalzi. Di chi ha bisogno di mettere il proprio corpo in pericolo per poter sperare di vivere o di sopravvivere. È difficile poterlo capire se non hai mai dovuto viverlo. Ma la migrazione assoluta richiede esattamente questo: spogliarsi completamente della propria identità per poter sperare di trovarne un’altra.

Abbandonare tutto, mettere il proprio corpo e quello dei tuoi figli dentro ad una barca, ad un tir, ad un tunnel e sperare che arrivi integro al di là, in un ignoto che ti respinge, ma di cui tu hai bisogno. Sono questi gli uomini scalzi del 21°secolo e noi stiamo con loro. Le loro ragioni possono essere coperte da decine di infamie, paure, minacce, ma è incivile e disumano non ascoltarle. La Marcia delle donne e degli uomini scalzi parte da queste ragioni e inizia un lungo cammino di civiltà. È l’inizio di un percorso di cambiamento che chiede a tutti gli uomini e le donne del mondo globale di capire che non è in alcun modo accettabile fermare e respingere chi

L’Arci presente a tutte le marce che si terranno l’11 settembre in Italia L’11 settembre, in tutta Italia, migliaia di persone si metteranno in marcia a piedi scalzi. Di fronte alle immagini di un’umanità in fuga da guerra, violenza, miseria, che per la speranza di un futuro, che nel proprio paese non c’è, è disposta a sacrificare tutto e a mettere a rischio anche la vita occorre prendere iniziative concrete, chiedendo con forza corridoi umanitari, accoglienza dignitosa per tutti, chiusura dei centri dove i migranti vengono trattenuti, e soprattutto un sistema d’asilo europeo, superando il Regolamento di Dublino. Non c’è muro o mare, né stazioni chiuse o fili spinati, che possano fermare il fenomeno migratorio. Le politiche repressive, oltre che essere ingiuste, non hanno alcuna efficacia.

Ed è necessario che il mondo guardi, analizzi e dia il proprio contributo per eliminare le cause che generano questo epocale flusso migratorio. L’Arci aderisce con convinzione alla Marcia delle donne e degli uomini scalzi, che si terrà l’11 settembre per iniziativa di intellettuali, artisti, esponenti di associazioni e del mondo cattolico. All’appello lanciato dai promotori hanno risposto in tante e tanti, singoli cittadini e organizzazioni di moltissime città italiane. A tutte le iniziative l’Arci sarà presente: da Venezia a Pozzallo, da Milano a Palermo la nostra penisola sarà attraversata da decine di manifestazioni. L’elenco completo delle iniziative si può visionare su donneuominiscalzi.blogspot.it

è vittima di ingiustizie militari, religiose o economiche che siano. Non è pensabile fermare chi scappa dalle ingiustizie, al contrario aiutarli significa lottare contro quelle ingiustizie. Dare asilo a chi scappa dalle guerre, significa ripudiare la guerra e costruire la pace. Dare rifugio a chi scappa dalle discriminazioni religiose, etniche o di genere, significa lottare per i diritti e le libertà di tutte e tutti. Dare accoglienza a chi fugge dalla povertà, significa non accettare le sempre crescenti disuguaglianze economiche e promuovere una maggiore redistribuzione di ricchezze. Venerdì 11 settembre lanciamo da Venezia la Marcia delle donne e degli uomini scalzi. In centinaia cammineremo scalzi fino al cuore della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica. Ma invitiamo tutti ad organizzarne in altre città d’Italia e d’Europa. Per chiedere con forza i primi quattro necessari cambiamenti delle politiche migratorie europee e globali: 1. certezza di corridoi umanitari sicuri per vittime di guerre, catastrofi e dittature 2. accoglienza degna e rispettosa per tutti 3. chiusura e smantellamento di tutti i luoghi di concentrazione e detenzione dei migranti 4. creare un vero sistema unico di asilo in Europa superando il regolamento di Dublino Perché la storia appartenga alle donne e agli uomini scalzi e al nostro camminare insieme. L’appuntamento è venerdì 11 settembre alle 17 a Lido S.M.Elisabetta. Se qualcuno decide di organizzare altre manifestazioni di donne e uomini scalzi lo stesso giorno in altre città lo comunichi a: donneuominiscalzi@gmail.com


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società

Da Bologna riparte la lotta contro la ‘Buona Scuola’ 9 ore di lavori, la presenza di 350 persone rappresentanti 130 soggetti del mondo della scuola, 90 interventi hanno fatto sì che da Bologna il 6 settembre si sia levata - ferma ed inequivocabile - la voce della scuola, chiamata a pronunciarsi su due temi precisi dalla precedente assemblea del 12 luglio a Roma: la continuazione della mobilitazione e il referendum. Sul primo tema la risposta è stata: adesione alla riunione nazionale delle RSU l’11 settembre a Roma; Notte Bianca della scuola il 23 settembre in tutti i territori; spinta e appoggio ai sindacati per una manifestazione nazionale e sciopero generale unitari della scuola in tempi brevi; definizione di azioni di contrasto rispetto ai singoli provvedimenti: assemblee sindacali in tutti gli istituti scolastici il primo giorno di scuola; mozioni per ostacolare il voto sul comitato di valutazione, che andrà combattuto anche con la collaborazione degli studenti; flash mob davanti alle sedi delle Regioni; fiaccolata il 19 dicembre; adesione al 9 ottobre, giornata

di mobilitazione degli studenti. Fortemente sentito il tema del precariato, principale vittima della demagogia e del dilettantismo della Buona Scuola. Sul referendum l’assemblea ha concordato l’inizio di un percorso che vagli la fattibilità - sia nel metodo che nel merito - di un referendum da celebrare nella primavera del 2017 e che tenga dentro da una parte il monito dei costituzionalisti, che hanno sottolineato la delicatezza del tema sia per motivi tecnici che politici; dall’altra la necessità di intervenire su un piano sociale più ampio, associando il tema della scuola con altri elementi dell’attuale emergenza democratica: ambiente, lavoro, riforme istituzionali ed elettorali. Sia rispetto alla mobilitazione che al vaglio del percorso referendario è stato registrato l’appoggio di forze politiche (Sel, M5s, parlamentari del gruppo misto, L’altra Europa, Prc, Azione Civile, Sinistra anticapitalista) e l’interesse dei sindacati intervenuti (Flc, Gilda, Unicobas, Cobas, USB) che valuteranno nelle loro sedi le decisioni da assumere.

Analogamente faranno il Comitato Acqua Bene Comune, il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, Giustizia e Libertà, Fiom sulla questione referendaria, alla quale si sono detti interessati. L’assemblea, organizzata dal comitato a sostegno della Lipscuola, i cui comitati locali si sono incontrati il giorno precedente per attualizzare il testo della Lip sui temi più strategici e procedere, in primavera, alla raccolta di firme per ripresentare la Lipscuola come legge di iniziativa popolare, si è data appuntamento per l’8 novembre per aggiornare il percorso comune. Ma soprattutto da Bologna il messaggio più esplicito è stato: il movimento della scuola rilancia attraverso la pratica democratica una nuova stagione unitaria di mobilitazioni contro la legge 107 e per la scuola della Costituzione, ribadendo la necessità di allargare trasversalmente la sua battaglia di civiltà per una scuola di tutte e di tutti. Il documento dell’assemblea del 6 settembre è pubblicato sul sito http://lipscuola.it

Le proposte di modifica de L’Italia sono anch’io al ddl di riforma della cittadinanza di Nazzarena Zorzella Asgi

Il disegno di legge C. 3264 presentato il 29 luglio 2015 alla Camera dalla deputata del PD Marilena Fabbri intende modificare la legge n. 91/1992 in materia di cittadinanza, soprattutto per i minori stranieri. Le proposte di modifica rappresentano, indubbiamente, un passo avanti rispetto all’attuale legislazione per tutti quei minori che, nati in Italia o che qui hanno vissuto gran parte della loro vita, ambiscono a diventare cittadini a pieno titolo. Rispetto alla proposta di legge di iniziativa popolare della Campagna L’Italia sono anch’io, che ha raccolto più di 200mila firme e che è stata depositata il 6 marzo 2012, il DDL Fabbri presenta sostanziali differenze ma non può negarsi che abbia il condivisibile concreto obiettivo di consentire ai minori stranieri forme di acquisizione della cittadinanza maggiori di quelle, scarse, attuali. Per rendere più effettivo tale obiettivo, la Campagna L’Italia sono anch’io propone alcuni emendamenti: - La sostituzione del requisito della ‘residenza legale, senza interruzioni’ dei geni-

tori dei minori stranieri nati in Italia, con quello del ‘soggiorno legale’, per evitare che una normativa estranea alle finalità della legge (la residenza anagrafica) interferisca, con tutte le sue problematiche, nel diritto dei piccoli cittadini stranieri di diventare italiani, e per evitare che inadempimenti o difficoltà degli adulti si ripercuotano sui minori incolpevoli. Facendo richiamo alla legalità del soggiorno, la proposta sostituzione è maggiormente coerente con la normativa in materia di immigrazione. - La previsione di un obbligo di informazione da parte dell’ufficiale di stato civile in alcuni specifici casi, per favorire la conoscenza e dunque l’effettivo esercizio del diritto. - La sostituzione del requisito della convivenza del figlio minore con il genitore che acquista la cittadinanza italiana, con il requisito della non decadenza dalla potestà genitoriale, in quanto irragionevole e con effetti discriminatori, ad esempio, per i figli di genitori separati. - L’introduzione di una norma sui minori

disabili e sugli interdetti, inabilitati e beneficiari di amministrazione di sostegno, per superare l’attuale gravissima discriminazione per cui ai giovani con disabilità psichica è negato il diritto di acquistare la cittadinanza italiana perché incapaci di presentare la dichiarazione di volontà e di prestare il giuramento. - Infine, fondamentale è la previsione di una norma transitoria che consenta l’acquisto della cittadinanza italiana anche a coloro che avevano alla nascita i requisiti previsti dalla nuova legge e che hanno compiuto il ventesimo anno di età prima dell’entrata in vigore della stessa. È auspicabile, comunque, che il Parlamento si attivi per riformare l’intera legge sulla cittadinanza, rendendola più conforme alla nuova composizione sociale determinata dai cittadini stranieri stabilmente soggiornanti in Italia (più della metà dei quali hanno uno status di soggiornanti a tempo indeterminato), come indicato dalla proposta di legge di iniziativa popolare della Campagna L’Italia sono anch’io. I tempi sono maturi.


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iniziative

Lombardia: Arci sta con i profughi e respinge i nazifascisti di Luciano Muhlbauer reggenza Arci Milano

Milano e la Lombardia sono diventate una sorta di calamita per la galassia neofascista e neonazista. Negli ultimi anni raduni, concerti nazirock, convegni con presenze inquietanti da tutta Europa, compresa Alba Dorata, e aperture di sedi e spazi si sono moltiplicati. Non bisogna dunque meravigliarsi se ora ci troviamo di fronte a quello che alcuni organi di stampa hanno chiamato il «settembre nero», cioè a ben due raduni nazifascisti in contemporanea nel fine settimana dell’11-13 settembre, uno organizzato da Forza Nuova a Cantù (Co) e l’altro da Casa Pound nel milanese. Milano fa gola e non soltanto per la sua posizione geografica, che la rende facilmente raggiungibile da mezzo continente, ma anzitutto per ragioni politiche. Milano, nel bene o nel male, fa tendenza, legittima o delegittima. Proprio qui, però, i gruppi militanti di estrema destra hanno sempre faticato

a mettere radici durature e conquistare legittimità sociale. E nemmeno i tanti appoggi istituzionali ricevuti ai tempi delle amministrazioni di centrodestra erano riusciti a modificare significativamente questo dato. Ma, si sa, i tempi cambiano e oggi l’antifascismo non è più un dato culturale scontato, né sul piano istituzionale, né su quello sociale. Se a tutto questo aggiungiamo, poi, lo sdoganamento di Casa Pound operato dalla Lega di Salvini e le campagne xenofobe che stanno infestando l’Italia e l’Europa, si capisce perché ora le organizzazioni nazifasciste tentino il salto di qualità. Forza Nuova riesce ad organizzare il suo meeting internazionale per il terzo anno consecutivo grazie alla copertura istituzionale garantita dal Sindaco di Cantù, Claudio Bizzozero. Lui non è un politico di destra, ma gli piace stare sui giornali e così, in

La lettera dell’Anpi alle massime autorità istituzionali Pubblichiamo la lettera che il presidente nazionale dell’Anpi ha inviato ai rappresentanti delle massime istituzioni in relazione alle due manifestazioni organizzate da CasaPound e Forza Nuova a Milano e a Cantù. «Illustri Presidenti e Onorevole Ministro, dalle pagine milanesi de La Repubblica, ho appreso che sarebbero previste, a breve, in Lombardia, due manifestazioni di netta marca fascista (significativo il titolo dell’articolo La galassia nera arriva a Milano), una Festa nazionale di tre giorni di CasaPound, a Milano e, pressoché contemporaneamente, un meeting internazionale a Cantù, promosso da Forza Nuova. La concomitanza di due manifestazioni del genere, che hanno precedenti ben noti, indigna e preoccupa chiunque sia dotato di una vera sensibilità democratica. In particolare l’Anpi, riconosciuta da diverse sentenze di Tribunali militari come erede e successore dei Combattenti per la libertà, è legittimata

e tenuta a reagire nei confronti di eventi che contrastino con i valori per i quali si batterono donne e uomini della Resistenza e su cui si fonda la Costituzione repubblicana. La nostra mobilitazione, dunque, è legittima e doverosa; ma non basta, perché il primo compito e il primo dovere di intervento spettano alle Istituzioni democratiche, che devono sapere, e far sapere, che i diritti di libertà trovano un limite imprescindibile nella natura democratica e antifascista del nostro Stato. A nome di tutta l’associazione che ho l’onore di presiedere attendo, quindi, un pronto e deciso intervento da parte di chi ha competenza in materia e una indifferibile presa di posizione delle massime Istituzioni nazionali sulla questione di fondo: l’Italia, che si è liberata 70 anni fa dalla dittatura fascista e dall’occupazione tedesca, è e deve essere un Paese democratico e antifascista, non lasciando alcuno spazio a chi sogna impossibili ritorni o propugna forme nuove di autoritarismo».

nome della considerazione che FN va «trattata esattamente come ogni altra forza politica legalmente costituita ed operante nel nostro paese», concede da tre anni spazi pubblici e, in cambio, si è conquistato una briciola di notorietà oltre i confini di Cantù. Casa Pound, invece, è alla sua prima volta. In realtà, i «fascisti del terzo millennio» sono quasi inesistenti a Milano, ma grazie all’alleanza con la Lega di Salvini, che nell’ottobre scorso li aveva fatti sfilare persino in Piazza Duomo, ora osano il grande passo e intendono organizzarvi addirittura la loro festa nazionale. Per capirci, quella iniziativa che un anno fa a Lecce si era caratterizzata per il suo alto tasso di aggressioni e violenze. Mentre scriviamo è tuttora ignoto il luogo del raduno. Quello che ambedue i casi ribadiscono è che, appunto, i tempi sono cambiati e che l’antifascismo non è più un dato acquisito e scontato. Sindaci che considerano normale concedere spazi pubblici per la propaganda neofascista e razzista e partiti politici, al governo in regioni come la Lombardia e il Veneto, che predicano l’odio contro i profughi e stringono alleanze con gruppi neofascisti, sono un fedele specchio dello stato di cose presente. Per questo non basta più appellarsi alle istituzioni perché intervengano. Beninteso, ci associamo agli appelli fatti in questa occasione dall’Anpi e dal Comune di Milano, ma bisogna andare oltre, bisogna riportare l’antifascismo al presente e nella società, cioè ricostruirlo e rilegittimarlo dal basso, con la partecipazione attiva degli uomini e delle donne. Questo fine settimana a Cantù un amplissimo fronte politico e sociale si mobiliterà contro il raduno nazi, mentre a Milano, un po’ per coincidenza e un po’ per scelta, il messaggio antifascista e antirazzista partirà dalla solidarietà con i profughi, da un messaggio di dignità e libertà: venerdì sera con la Marcia delle donne e degli uomini scalzi e domenica pomeriggio con un presidio-happening in stazione Centrale. E forse questa è la maniera più giusta per dire da che parte stiamo e perché l’antifascismo è una necessità del presente. Arci Milano e Lombardia, ovviamente, staranno in tutte queste iniziative.


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diritti

La coalizione per il matrimonio egualitario scrive al Presidente della Repubblica Di seguito il testo della lettera che le associazioni che compongono la coalizione per il matrimonio egualitario (fra cui l’Arci) hanno inviato al Presidente della Repubblica in vista della discussione al Senato sul disegno di legge sulle unioni civili, che rischia di far cadere i principi fondamentali su cui si fondava. «Illustrissimo Presidente, con la riapertura dei lavori parlamentari riprende la discussione del disegno di legge Cirinnà che il movimento LGBTI è chiamato a subire, un compromesso tra l’attuale negazione dei nostri diritti e

quella che resta per noi l’unica soluzione in grado di garantire una piena parità e dignità tra cittadine e cittadini di questo Paese: il matrimonio egualitario. In queste ore, puntualmente, è ricominciato il balletto delle pressioni e delle minacce per affossare il disegno di legge Cirinnà svuotandolo di quei contenuti che, nella sua formulazione originaria, lo rendevano un appena sufficiente punto di partenza per un confronto futuro sulla piena uguaglianza. I più alti vertici del clero e forze politiche esterne e interne alla stessa maggioranza si stanno adoperando per perpetrare la

In occasione del dibattito parlamentare sulle unioni civili, l’Arci organizza alla Camera la proiezione del film Lei disse sì. Interverranno Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci, l’autrice e regista del film Maria Pecchioli e le due protagoniste, Lorenza Soldani e Ingrid Lammiupaa.

discriminazione a milioni di cittadine e cittadini basandosi su un’arbitraria, falsa e strumentale lettura della nostra Carta Costituzionale. Lei, Illustrissimo Presidente, è stato il primo nella storia repubblicana a pronunciare nel Suo discorso di insediamento alle Camere parole inerenti tale discriminazione, sollecitando il legislatore a intervenire con solerzia in materia come per altro richiesto nel 2010 dalla Corte Costituzionale di cui Lei ha fatto parte. In quanto massimo garante della nostra Carta, a Lei oggi ci rivolgiamo con sfiducia e preoccupazione. Preoccupazione per la vita e la dignità nostra e delle nostre famiglie, che rischiano per l’ennesima volta di essere svendute per giochi di equilibri politici e ricerca di facile consenso elettorale. A Lei ci rivolgiamo affinché, con la Sua autorevolezza e nell’ambito delle Sue prerogative costituzionali, invii un messaggio alle Camere per sollecitare l’urgente rispetto delle sentenze 138/2010 e 170/2014 della Corte Costituzionale nonché la recente sentenza Oliari vs Italia della Corte EDU. Crediamo che la gravità della situazione sociale - la reiterata violazione del diritto umano fondamentale delle persone omosessuali alla vita familiare - e istituzionale, ben rappresentata dall’indifferenza mostrata per 5 anni dal Parlamento rispetto alla suddetta sentenza della Corte Costituzionale, renda un Suo messaggio assolutamente necessario. Pari dignità sociale e uguale trattamento davanti alla Legge, come prevede quell’articolo 3 della nostra Costituzione che in tanti, troppi, fingono non esistere impegnati come sono nell’interpretare a proprio piacimento l’articolo 29. Questo chiediamo Illustrissimo Presidente, nulla di meno, nulla di più». Agedo, Anddos, Antéros LGBTI Padova, Arci, Arcigay, ArciLesbica, Associazione Radicale Certi Diritti, Azione Gay e Lesbica, Befree cooperativa sociale contro tratta, violenza e discriminazioni, CILD, Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, Circolo Tondelli LGBTI, Condividilove, Coordinamento Torino Pride, Edge, Equality Italia, Esedomani Terni, Famiglie Arcobaleno, Gay Center, I mondi diversi, Ireos, La Fenice Gay, Larcobaleno – LUISS Students Association, Love Out Law, MIT, Polis Aperta, Rete Genitori Rainbow.


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Una Carovana Internazionale per l’apertura di un corridoio umanitario a Kobane di Franco Uda coordinatore Pace, solidarietà e cooperazione internazionale

È molto grave la situazione denunciata in queste ore dal Congresso nazionale del Kurdistan (KNK): centinaia di civili curdi feriti e molti assassinati con la partecipazione della polizia contro i civili. A seguito di provocazioni continue da parte del Governo di Erdogan, gruppi razzisti dell’AKP e gruppi fascisti si sono lanciati in attacchi coordinati contro civili curdi, hanno attaccati negozi, case, aziende e uffici dell’HDP nelle ultime 48 ore. Dall’inizio della guerra turca contro i curdi 32 anni fa, questa è la prima volta che tali violenze si sono verificate su così larga scala. Erdogan e l’AKP stanno in modo esplicito provocando scontri razziali e attacchi da parte dei nazionalisti. Due giorni fa il Presidente ha anche invitato l’opinione pubblica a informare di compagni civili che avessero ritenuto agire in maniera ‘sospetta’. Questo è un tentativo di dividere la società, promuovere un conflitto interno tra gruppi etnici, e stimolare il razzismo anti-curdo. Le folle si stanno organizzando attraverso i social media, formando gruppi e attaccando case note per appartenere alle famiglie curde. Il KNK chiede alla comunità internazionale di agire immediatamente per chiedere al governo

Erdogan di porre fine alle sue politiche violente, razziste e di divisione. Acquista così una grande rilevanza l’appello per la Carovana internazionale per l’apertura di un corridoio umanitario a Kobane. Circa un anno fa l’IS ha lanciato la prima ingente offensiva contro il cantone di Kobane. La popolazione curda, guidata dalle forze di autodifesa del popolo (YPG e YPJ) ha organizzato una grande difesa contro l’attacco, la resistenza di uomini e donne è stata una battaglia per la democrazia, per i diritti umani, per un futuro comune, per la legittimazione e l’uguaglianza delle donne nella società. Il supporto della Coalizione internazionale è stato prezioso ma non sufficiente. Kobane è stata liberata dopo 134 giorni di resistenza, ma gli attacchi non si sono fermati. I servizi essenziali, quali acqua ed elettricità, i rifornimenti di cibo e le cure sanitarie sono ai minimi livelli o addirittura inesistenti ed è necessario garantire ai rifugiati la possibilità di rientro nella propria città in modo sicuro. L’apertura del confine con la Turchia risulta quindi fondamentale. La popolazione ha urgentemente bisogno di un corridoio umanitario per ricevere gli aiuti necessari

al fine di proteggere, rifornire e ricostruire la propria città. La ricostruzione di Kobane e il sostegno alla Rojava garantiscono oggi l’unico percorso possibile per una democratizzazione della Siria e dell’intera area, mentre l’obiettivo della Turchia di creare una buffer zone favorirà nei fatti l’avanzata delle forze jihadiste e qaediste mettendo a rischio centinaia di migliaia di vite umane. L’appello fa un invito esplicito a singoli attivisti, istituzioni, sindacati, partiti politici, ONG, autorità locali e internazionali alla partecipazione a una grande Carovana internazionale per promuovere la pace, per sostenere la stabilità in Siria e nelle regioni liberate dal terrorismo. La prima urgenza è l’apertura di un corridoio umanitario per esercitare pressioni nei confronti dell’ ONU, che implementando la Risoluzione 2165, potrebbe essere in grado di garantire l’apertura di un ulteriore valico di confine. Martedì 15 settembre si terrà la manifestazione a Suruç, in Turchia, nella città gemella di Kobane e a pochi chilometri dal confine siriano, per richiedere l’ingresso di un convoglio umanitario da costruire nelle prossime settimane come atto concreto della solidarietà internazionale.

Conflitto in Yemen: l’Italia sospenda l’invio di bombe e sistemi militari La Rete Italiana per il Disarmo, l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia, Amnesty International Italia chiedono al Governo di fermare l’invio di bombe e sistemi militari ai paesi della coalizione guidata dall’Arabia Saudita che, per contrastare l’avanzata del movimento sciita Houthi, sta bombardando lo Yemen da cinque mesi senza alcun mandato internazionale. Il conflitto ha finora causato più di 4mila morti e 20mila feriti - di cui circa la metà tra la popolazione civile - provocando una catastrofe umanitaria con oltre un milione di sfollati e 21 milioni di persone che necessitano di urgenti aiuti. In tutto il Paese c’è una grave scarsità di cibo, e questo minaccia la sopravvivenza dei più vulnerabili. Nonostante l’aggravarsi del conflitto, dal nostro Paese si è continuato a inviare bombe e forniture militari per le

forze armate dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti. Ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall’Italia sono stati ritrovati in diverse città bombardate dalla coalizione saudita ed è quindi altamente probabile che la coalizione stia impiegando anche ordigni inviati dall’Italia. L’ipotesi concreta che ordigni forniti dall’Italia causino perdite di vite umane tra la popolazione civile yemenita deve essere motivo di profonda preoccupazione e reazione da parte delle istituzioni italiane. Quello dello Yemen è un conflitto che si svolge nel completo disprezzo del diritto internazionale umanitario. Anche Medici Senza Frontiere, organizzazione che sta operando sul campo, ha sottolineato che se continueranno i bombardamenti e gli attacchi aerei, sempre più civili moriranno. Chiede quindi alle parti in conflitto di smettere di attaccare

obiettivi civili, in particolare gli ospedali, le ambulanze e i quartieri densamente popolati, e di consentire al personale medico e alle organizzazioni umanitarie di fornire assistenza alle persone Il Governo italiano dovrebbe occuparsi di compiere e far compiere passi di distensione e di blocco dei bombardamenti, soprattutto considerando il già citato coinvolgimento di armamenti prodotti nel nostro Paese. Da qui la necessità di un blocco immediato di qualsiasi ulteriore consegna e di un’indagine chiarificatrice dei passaggi ed autorizzazioni che hanno permesso l’arrivo in Arabia Saudita di bombe partite dai nostri porti. OPAL, Amnesty International Italia e Rete Disarmo auspicano una rapida presa di posizione del Governo in tal senso e invitano il Parlamento a sostenere tale richiesta con tutti i mezzi necessari.


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carovanaantimafie

Diari di viaggio dalla Carovana in Veneto a cura della carovaniera Alessandra Cavallaro

A Treviso per denunciare lo scandalo del Mose Nel salone dei Trecento a Treviso, per la tappa della Carovana Antimafie, si tiene la presentazione del libro di Renzo Mazzaro, un’inchiesta sullo scandalo del Mose venuto fuori «grazie al coraggio di imprenditori infiltrati». E meno male, perché esiste, al contrario, una classe imprenditoriale che si è fatta comprare. «Con il Mose è crollata un’intera classe dirigente. È una voragine che inghiotte amministratori pubblici, politici, parlamentari, ex ministri, imprenditori, tecnici, avvocati, magistrati, giudici, generali. L’inchiesta più lunga sulla corruzione nel Veneto, con l’importo più alto di tangenti mai raggiunto in Italia, dimostra con prove schiaccianti che il Mose, l’opera mastodontica progettata per fermare l’acqua alta, è costruito su una montagna di mazzette e di sprechi. Ma per ‘far fuori’ un miliardo di euro non basta essere voraci, bisogna sentirsi onnipotenti. E infatti due onnipotenze gestivano il grande affare del nuovo secolo: quella tecnica del Consorzio Venezia Nuova e quella politica articolata per centri di potere fino ai più alti livelli dello Stato.» L’inchiesta giornalistica di Mazzaro tenta di capire come si è arrivati a questo punto e, soprattutto, se è possibile uscirne. Dalle carte dell’inchiesta è piuttosto chiara non solo la posizione di chi governava, ma anche quella di una classe imprenditoriale collusa. «Però qui in Veneto del Mose non si parla. Si parla dello scandalo Mafia Capitale, che ha mosso persino meno denaro, ma di ciò che è accaduto a Venezia no» è la critica che

Le prossime tappe PIEMONTE 11 settembre Alba, Moncalieri, Nichelino Numerosi gli appuntamenti della giornata: si comincia alle 6 del mattino con l’arrivo della Carovana al CAAT (Centro Agro Alimentare Torino). Si prosegue alle 15 ad Alba, al Centro incontro Giovani ‘Zona H’ con la tavola rotonda Metti in tavola la legalità; alle 19 a Moncalieri ci sarà l’aperitivo dibattito su Le mafie al nord dove interverrà, tra gli altri, Giancarlo Caselli già procuratore della Repubblica. In serata la Carovana aprirà la prima serata della festa patronale della città di Nichelino, con un saluto dal palco centrale, e proseguirà a Moncalieri con il Festival Ritmika e il concerto di Enzo Avitabile. 12 settembre Miasino, Moncalvo, Asti Al Castello di Miasino alle 11 I beni confiscati: un patrimonio per la collettività; a Moncalvo, frazione Santa Maria, presso Cascina Graziella, alle 14 Un bene confiscato tutto da scoprire: visita del cantiere ed approfondimento sul progetto e sulle criticità del riuso sociale dei beni confiscati; infine alle 16 ad Asti, presso l’ex Sala consiliare Platone del Comune, si terrà la tavola rotonda Vino di qualità prodotto dalla legalità. Intervengono: Monica Cerutti, Assessore regionale Immigrazione; Giorgio Ferrero, Assessore regionale Agricoltura; modera Riccardo Coletti, giornalista de La Stampa. 13 settembre Cuorgnè Presso la località Cascinette Riappropriamoci del bene!, mattinata di lavori presso la struttura confiscata. Parteciperanno pensionati dello Spi Cgil che racconteranno la loro esperienza nei campi di lavoro antimafia di Polistena (RC) e rappresentanti Cisl e Uil.

ha mosso giovedì sera l’autore. «Nelle campagne elettorali, si è parlato di tutto, in primis dei profughi, ma dell’inchiesta che ha detto la verità sul sistema corrotto del Veneto nessuno ne voleva parlare». Ma l’origine di tale male qual è? «Oltre ai due tipi di onnipotenza - spiega - c’è anche una terza cosa che ha permesso al sistema di diffondersi: l’abitudine che tutto è dovuto e che tanto si resta impuniti». Ma allora come se ne esce da tanto fango? «Dobbiamo sempre ricordarci che accanto a chi si faceva comprare - conclude esiste una parte dello Stato che indaga, scova i criminali, e li arresta. Una parte dello Stato capace di individuare il cancro e di mangiarselo». La rinascita di Villa Valente-Crocco, oggi casa della legalità 270 metri quadri. Solo il piano terra. Un numero che deve essere moltiplicato per gli altri due livelli della villa Valente-Crocco. Un caseggiato imponente, perfetto, per far girare ‘i schèi’ (il denaro) del traffico di cocaina. Ma per fortuna non è stata la sua ultima ‘destinazione d’uso’. Salvaterra è una delle tappe venete della Carovana, cominciata in mattinata dalla piazza centrale di Rovigo, passata per la Ciclofficina di via Cavallotti, e chiusasi con un concerto in serata a Legnago. La villa patronale, con facciata dallo stile lineare e raffinato, ha probabilmente una primissima data di costruzione che risale alla metà del ‘600. All’interno due camini, un frontone superiore triangolare snello e proteso verso l’alto. Gioielli cancellati durante il restyling deciso da Francesco Ferrari, che ci ha speso, voci di paese, circa 2 miliardi per rimettere a nuovo la villa, costruendo un bunker sotterraneo che poteva contenere almeno dieci persone. Ma i soldi della droga sono serviti anche per il consolidamento statico dell’edifico, migliorie che lo hanno però protetto nel tempo dall’incuria nel quale si era cacciato. Dopo la confisca materiale del bene, nel 1995, solo nel 2003 il Comune di Badia Polesine si rende disponibile ad acquisire il cespite. Ma di traversie ce ne sono state tante, fino al giorno in cui Libera, insieme ad un gruppo di altre associazioni, decide di proporre all’ente un progetto per destinare la villa a finalità sociali. Nel 2014 arriva il finanziamento al Comune per realizzare il restauro e il risanamento conservativo che prevede il recupero del piano terra della villa, da adibire a sede permanente di centri di servizio culturale e dell’associazionismo. L’intervento si è concluso quest’anno. Ora il caseggiato è una vera e propria startup all’interno della quale si muove un continuo balletto di idee, dall’orto botanico alla coltivazione di piante medicinali, per quanto riguarda il terreno esterno; teatro, piccole proiezioni cinematografiche, centro di accoglienza per i locali interni. È una creatura nuova villa Valente-Crocco, e come tutte le nuove ‘rinascite’ ha bisogno di capirsi, pesarsi, strada facendo. «Veniva chiamata la casa del mafioso, oggi è la Casa della legalità. Sapete cosa vuol dire? Che il mal tolto può essere restituito». I volontari che hanno ripulito il bene confiscato, sono convinti che si possa passare «da coltivare traffici illeciti a coltivare menti». Nello stesso luogo, solo destinandolo al buono, strappandolo definitivamente a chi col brutto ci campava.


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ambiente

Dalla strategia Rifiuti Zero all’economia circolare di Aldo Dessì presidente Arci Sud Sardegna

Il Movimento nazionale Legge Rifiuti Zero ad aprile 2014, su iniziativa dei 250 soggetti che hanno partecipato alla raccolta firme per l’omonima legge di iniziativa popolare depositata in Cassazione a marzo del 2013, viene costituito come raccordo alle associazioni e ai coordinamenti regionali impegnati nella strategia Rifiuti Zero, per supportare le vertenze regionali e locali contro la costruzione di nuovi inceneritori e discariche e le comunità locali interessate, per vigilare sull’iter parlamentare della proposta di legge, e per sostenere tutte le iniziative che si propongano di realizzare una società basata sulla sostenibilità. La proposta di legge Rifiuti Zero intende introdurre nella normativa italiana modificando la legge 152/2006 - una

gestione dei rifiuti in linea con la direttiva quadro sui Rifiuti (2008/98/CE) della Commissione Europea e ribadita dalla risoluzione Gerbrandy, approvata dal Parlamento Europeo nel 2012 che «… chiede pertanto alla Commissione di presentare proposte entro il 2014, allo scopo di introdurre gradualmente un divieto generale dello smaltimento in discarica a livello europeo e di abolire progressivamente, entro la fine di questo decennio, l’incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili; … invita la Commissione a rivedere gli obiettivi per il riciclaggio per il 2020 della direttiva quadro sui rifiuti….». Che significava l’addio, entro il 2020, a qualsiasi forma di incenerimento dei rifiuti e alle discariche, per puntare al recupero di materie per il 95%, essendo unanime-

L’Arci in Puglia dice no alle trivelle e aderisce al Comitato No Triv L’art. 35 del Decreto Sviluppo del 2012 ha permesso il riavvio di tutti i procedimenti d’estrazione di petrolio entro le 12 miglia marine, togliendo alle Regioni interessate la possibilità, come alcune e in parte avevano già fatto, di non concedere i permessi. Abrogandone la parte che prevede la non applicabilità del divieto ai procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128, si sarebbe potuto bloccare Ombrina Mare e tutte le concessioni a partire dal 2010, ma il Governo Renzi ha invece deciso di non tenere in nessuna considerazione la volontà dei propri cittadini che continuano a ribadire le ragioni del ‘no’ alla politica di ricerca ed estrazione di petrolio e gas a terra ed a mare e si sforzano di portare all’attenzione di tutti i danni che queste creerebbero alle attività economiche e turistiche ed alla salute della popolazione. L’Arci comitato regionale Puglia, insieme

a tutte le sue strutture territoriali, è da sempre vigile e attento alle purtroppo numerose vertenze ambientali della Regione e aderisce al Comitato No Triv, facendo proprie le argomentazioni dello stesso e appoggiando con calore la richiesta al governatore della Puglia, Michele Emiliano, di mantenere le promesse fatte con azioni concretamente apprezzabili. Non ci convincono i canti delle sirene, su tutti quelli che inneggiano al potenziale occupazionale che deriverebbe dalle trivellazioni: siamo certi, infatti, che il contraccolpo in termini di posti impiegati nelle attività legate al turismo finirebbe per far registrare un segno negativo. La nostra Regione ha da sempre una vocazione di sviluppo legata alla cultura, all’agricoltura e al turismo: i pozzi petroliferi nulla hanno a che fare con i nostri mari né con lo spirito più genuino dei cittadini di questa splendida terra.

mente considerato irrecuperabile il 5% dei rifiuti raccolti. È utile ricordare che la direttiva citata stabilisce la gerarchia nelle priorità di gestione dei rifiuti: riduzione della produzione dei rifiuti, riuso dei beni a fine vita, riciclaggio, recupero diverso dal riciclaggio (energia o materie), smaltimento in sicurezza. Tale gerarchia viene recepita nel nostro Paese dal D. Lgs 205/2010. Tutto bene, quindi? Non proprio. Lo stesso decreto infatti dà vita ai Combustibili Solidi Secondari (CSS) che nascono accorpando i vecchi CDR (evoluzione delle ecoballe) ai CDR-Q (sempre ecoballe, ma di alta qualità!). È questa la bacchetta magica che trasforma in ‘fonti rinnovabili’ che godono degli incentivi pubblici (ma a carico di tutti i cittadini) le plastiche, i copertoni, gli scarti in gomma e quelli del tessile e del calzaturiero, oltre a non meglio precisate frazioni secche combustibili. Nel frattempo la Commissione UE predispone una bozza di direttiva sull’economia circolare che prevede il vincolo del riciclaggio del 70% dei rifiuti urbani entro il 2030, dell’80% degli imballaggi e del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti riciclabili entro il 2024. Passare da una economia basata sulla proprietà ad una basata sull’uso dei beni (sharing economy); da una i cui beni nascono ad ‘obsolescenza programmata’ per una rottamazione la più rapida possibile ad una i cui beni si aggiustano/ricondizionano/riusano e comunque non si buttano mai; da una economia in cui una maggiore crescita richiede un sempre maggiore utilizzo di materie prime ad una in cui una maggiore crescita economica è facilitata dal minore utilizzo possibile di materie prime e di risorse. Si tratta di un cambio radicale di paradigma. Questi sono i principi cardine dell’economia circolare, su cui però il Parlamento europeo e la Commissione Junker sembrano voler fare retromarcia. Impedire questo passo indietro e incalzare per la realizzazione di questi principi è l’obiettivo che un primo gruppo di organizzazioni si è posto promuovendo la costituzione di ACE (Alliance for Circular Economy) l’Alleanza per l’Economia Circolare e che il prossimo 26 settembre a Roma terrà la sua prima iniziativa pubblica. Potremmo non esserci?


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Un primo bilancio da Venezia di Alfredo Salomone presidenza Ucca

Dopo una settimana di proiezioni si può cominciare a fare il punto sull’edizione 72 della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Nel concorso finora raccoglie i maggiori consensi di pubblico e critica Francofonia di Aleksander Sokurov. Il rapporto tra il nobile nazista Metternich ed il Direttore del Louvre che permise di salvare molte opere d’arte esposte nel Museo parigino, consente di allargare il discorso al ruolo salvifico dell’arte nella cultura. Ancora una volta la proiezione è in 4\3. In chiave Leone giocherebbe a suo sfavore la considerazione che ha già vinto il Leone con il Faust nel 2011. Il tema della bellezza e dell’arte, al centro del discorso del Maestro Russo, è stato anche trattato per aspetti diversi in Marguerite di Xavier Giannoli, che vede l’ottima interpretazione di Catherine Frot, candidata principale alla Coppa Volpi. La baronessa Dumont è letteralmente stonata ma si illude di avere le capacità vocali di un soprano. Immersa nella sua illusione, arriva a sfidare la sorte con un’esibizione pubblica in un concerto che la espone al ludibrio della ‘buona società’ francese degli anni Venti. Il tragico epilogo le dona una luce diversa

nel giudizio comune. Altro tema trattato in questa Mostra è stato quello delle vite ai margini, declinato alle diverse latitudini. Dal tibetano Tarlo, pastore che conosce a memoria il discorso di Mao Servire il popolo, che avrebbe fatto la felicità di tanti intellettuali italiani che militarono nella omonima formazione politica, tra i quali Marco Bellocchio, a Madame Courage dell’algerino Allouache, a Equals in cui Kristen Stewart e Nicholas Hault hanno ancora dei sentimenti in una società futuristica orwelliana fino all’opera, quasi postuma, di Claudio Caligari Non essere cattivo, ambientata nell’Ostia del 1995, continuazione ideale di Amore tossico con un finale di parziale speranza per l’esistenza del sottoproletariato urbano. Sempre di una vita ai margini parla anche Viva la sposa di Ascanio Celestini, il cui protagonista vive tra il cantinato e un bar sulla Tuscolana. Più politici nello svolgimento e nei temi sono stati El clan di Trapero, che tratta molto bene la storia vera di un ex agente dei servizi di sicurezza argentini ai tempi della dittatura che, con il beneplacito dei suoi superiori e l’aiuto della famiglia, rapisce elementi della borghesia a

scopo estorsivo, mascherandole come azioni dell’opposizione armata. Così come Rabin, l’ultimo giorno sull’attentato mortale al leader israeliano, con cui Amos Gitai torna ad esprimersi ai livelli che sembravano abbandonati nelle ultime opere. Anche il turco Abluka (Follia) di Alper parla della pressione e del controllo della società turca da parte dei militari che causa l’esplosione della follia di due fratelli. Controversi i pareri su due film italiani in concorso: A bigger splash di Guadagnino e Sangue del mio sangue di Bellocchio. Entrambi riescono a vanificare gli aspetti positivi delle loro opere con elementi ridicoli, come il carabiniere di Guzzanti, fan sfegatato delle rock star Tilda Swinton, o ovvi come le due sorelle cattolicissime che si fiondano sul giovane cavaliere che ospitano. Infine, in questo breve ed incompleto excursus, si segnalano delle realizzazioni diverse come il film di animazione in stop motion Anomalisa di Kauffman, che finalmente dà una sessualità ai personaggi animati, e il divertente Pecore in erba esordio ironico di Caviglia. In attesa delle decisioni delle giurie e della distribuzione dei film visti, per il momento è tutto da Venezia.

Illusione filmica 2015

Giornata di cultura cinematografica e arte a cura del circolo Arci Ratatoj

Domenica 20 settembre, a Lagnasco, in provincia di Cuneo, si svolgerà un evento di cultura cinematografica e arte in una location d’eccezione, quale il sito dei Castelli Tapparelli D’Azeglio. Parteciperanno alla serata nomi di spicco della scena cinematografica nazionale quali Daniele Ciprì e Elio Sofia che presenteranno il documentario L’ultimo metro di pellicola, e a seguire il capolavoro di Federico Fellini 8 e mezzo, che sarà presentato da Paolo Manera, direttore della Film Commission Torino Piemonte e che per l’occasione verrà proiettato in pellicola nella versione originale del 1963, un’occasione unica per apprezzare la fotografia di Gianni Di Venanzo, modificata nella versioni home video. Il pomeriggio sarà dedicato alle realtà cuneesi, con la presentazione del primo cortometraggio di Daniel Daquino Neve Rosso Sangue, ispirato all’eccidio di

Valmala del ‘45. La programmazione inizierà alle 17,30, il costo di ingresso sarà di 8 euro, comprensivo della visita alle sale dei Castelli Tapparelli D’Azeglio e alla mostra permanente di arte contemporanea Firme da collezione ‘800 ‘900 (tra i quadri spiccano firme di prima grandezza quali quelle di De Chirico, Carrà, De Pisis, Guttuso). Durante l’evento sarà possibile cenare degustando birre artigianali e cibi locali, ed assistere a una serie di appuntamenti culturali sul cinema e sull’arte. Iniziativa unica e nuova nel suo genere nella provincia di Cuneo. L’organizzazione è curata dall’associazione Ur/Ca, dall’Arci Ratatoj e da Marco Tealdi, con il patrocinio del Comune di Lagnasco, ed in collaborazione con Film Commission Torino Piemonte e Ucca. Programma su www.ratatoj.it


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RAI: da Servizio pubblico ad apparato di governo di Vincenzo Vita esperto di comunicazione

Alla fine di luglio il Senato ha approvato in prima lettura la (contro)riforma della Rai proposta dal governo. Ai primi di agosto ecco i nuovi vertici, tuttavia nominati sulla base della legge Gasparri mai abrogata e tuttora in vigore. Dopo il tormentone del «via i partiti», si appalesa la fotografia realistica della situazione: i partiti (ciò che ne residua) rimangono in sella come prima e più di prima; l’Esecutivo fa un’Opa sul servizio pubblico. Quest’ultimo è sempre stato, con pregi e difetti, sotto l’egida del Parlamento. Così sancì, dopo un vasto movimento riformatore di cui proprio l’Arci fu magna pars, la legge n.103 del 1975. Attenzione, però. Il passaggio dello scettro è avvenuto di fatto, non di diritto. Visto che la seconda lettura della Camera dei deputati non è iniziata e non se ne vedono le tracce. Ma sul piano

politico e simbolico è come se già tutto si fosse consumato. Quindi, chissà se e quando il procedimento parlamentare si concluderà. Sembra un ‘non tema’, come i ‘non luoghi’ di Marc Augé. Tra l’altro, sul finire della discussione al Senato la ministra Boschi portò una modifica saliente: quando sarà varato il nuovo articolato, il direttore generale acquisirà i poteri del previsto amministratore delegato, il vero punto chiave dell’intera storia. Infatti, la recente conversazione con Il Foglio del neodirettore Antonio Campo Dall’Orto è il sintomo evidente di una aggiornata dialettica dei poteri ormai metabolizzata. Tante parole, sulle quali sarebbe doveroso eccepire nel merito, pronunciate con l’esibizione del rango di Ad, colui che ha in mano lo scettro delle decisioni importanti. E la neopresidente

Left in uscita il 12 settembre Mangiare è un atto politico, recitava il titolo di un convegno a Expo. E allora cosa c’è dietro l’impero del cibo messo in piedi da Oscar Farinetti? Questa settimana Left indaga sul ‘supermarketing’ di Eataly: l’ossessione per la comunicazione, l’idea di un Paese vetrina, il cibo ‘tipico’ ma riservato a pochi e i piccoli produttori schiacciati dalla grande distribuzione, come racconta lo scrittore Wolf Bukowski. Ma chi è Oscar Farinetti? Stefano Santachiara racconta il personaggio: il padre partigiano, il craxismo, l’invenzione di Unieuro e Eataly nel 2004. E poi le amicizie: da Renzi a Marchionne fino ai sindaci che gli aprono le porte per i suoi store e progetti. Come quello che sta nascendo a Bologna, il cui nome è F.I.CO (Fabbrica italiana contadina): un gigantesco parco agroalimentare - 80mila metri quadrati costruito e finanziato insieme alle cooperative rosse. C’è, infine, chi si ribella al ‘pensiero unico’ sul cibo, e sono quelle migliaia di contadini e di agricoltori di cui parla Paolo Cacciari: coltivazioni biologiche o biodinamiche, distretti, fattorie didattiche e gruppi di consumatori. In Società Left affronta la questione esplosiva dell’accoglienza dei migranti e lo fa con una lunga intervista al prefetto Mario Morcone, capo del dipartimento Immigrazione che assicura: non useremo mai la violenza. Del caos nel centrosinistra ne parla Giulio Cavalli, che analizza il dopo Pisapia a Milano. E ancora: i retroscena della scoperta del giacimento Eni, il racconto di un’insegnante alle prese con la ‘cartolina precetto’ del Miur e il caso ‘strano’ della morte di monsignor Wesolowski, famoso per i suoi ripetuti atti di pedofilia. Negli Esteri un focus sul conflitto in Siria, la situazione curda e le violenze turche. «Una società che ha paura non potrà evolvere mai», dice l’attrice Isabella Ragonese nell’intervista che apre la Cultura. E ancora: l’ultimo libro di Carlo Ginzburg, la scienza dei bambini spiegata da Pietro Greco, opere d’arte mignon in mostra a Venezia grazie a Benetton e il jazz secondo la trombettista Lucia Ianniello.

Monica Maggioni è stata un po’ risarcita, riacquisendo - con il voto unanime del consiglio di amministrazione alla prima riunione di settembre - le funzioni già attribuite alla predecessora Anna Maria Tarantola. Alla luce degli eventi, è lecito dire che la coppia Gubitosi-Tarantola è stata la prefigurazione della governance odierna, pur rimanendo nei vecchi confini. Ora, la ‘rottura’. Vale a dire, la scelta di passare dal Servizio pubblico ad un apparato di governo. Contro la giurisprudenza costituzionale e contro le pratiche europee. Insomma, dietro l’apparente continuità con la legge Gasparri e con le logiche tradizionali, si sta ridefinendo l’identità della Rai. Vedremo cosa accadrà nel 2016, quando scadrà la concessione con lo stato. Di che tipo di pubblico si parlerà?

#nohatespeech Giornalisti e lettori contro i discorsi d’odio Associazione Carta di Roma insieme alla European Federation of Journalists e Articolo 21, con l’adesione dell’Ordine dei Giornalisti, della Federazione nazionale della stampa italiana e dell’Usigrai lancia la campagna #nohatespeech chiedendo: - ai giornalisti di non restare passivi di fronte ai discorsi d’odio. I discorsi d’odio non sono ‘opinioni’: trovando il loro fondamento nel razzismo, sono brutali falsificazioni della realtà e contraddicono non solo i principi basilari della convivenza civile, ma tutte le acquisizioni scientifiche. È un dovere professionale confutare le affermazioni razziste, chiarire ai lettori e agli ascoltatori la loro falsità intrinseca; - ai lettori e agli ascoltatori di isolare chi esprime discorsi di odio, di non intavolare con loro alcun dialogo, nemmeno attraverso risposte indignate, e di evitare qualunque atto che possa anche parzialmente legittimarli come soggetti di un confronto. I lettori e gli ascoltatori sono invitati a segnalare alle redazioni i discorsi d’odio perché possano essere cancellati e perché i loro autori vengano privati della possibilità di nuocere e, quando è previsto dall’ordinamento dello Stato, denunciati all’autorità giudiziaria; - alle testate giornalistiche italiane ed europee e ai loro editori di attuare delle procedure di moderazione che consentano di sopprimere tempestivamente i commenti d’odio e di bannare i loro autori; - ai proprietari e agli amministratori dei social network di adottare procedure semplificate per sostenere le redazioni giornalistiche e gli utenti nel segnalare i discorsi d’odio ed escludere i loro autori dalla comunità della rete. Su www.cartadiroma.org il link per firmare la petizione.


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versol’assembleadeicomitati

Verso l’assemblea nazionale dei comitati territoriali Continuiamo ad ospitare su Arcireport, in vista dell’Assemblea dei presidenti dei comitati territoriali Arci che si terrà a Roma il 10 e 11 ottobre, i loro contributi, che pensiamo possano rappresentare un momento di confronto, di scambio e di conoscenza delle buone pratiche, delle attività e anche delle difficoltà che incontrano. Questa settimana, i presidenti di Arci Cremona e di Arci Bari raccontano i loro territori di Emanuela Ghinaglia presidente Arci Cremona

Arci Cremona ha sempre avuto una forte identità e un ruolo riconosciuto nella vita sociale e culturale del territorio, diventando un punto di riferimento sia per i linguaggi artistici e culturali che per le reti territoriali associative, in particolare per quanto riguarda solidarietà sociale, diritti delle donne, multiculturalità, pace e non violenza, legalità ed antimafia sociale. Il comitato territoriale è sostenuto in larga parte dal lavoro volontario: questa è la nostra principale fragilità, e cerchiamo di fare di necessità virtù. Il volontariato ci permette di convogliare nell’associazione idee, energie e capacità di molte persone, senza essere (troppo) coinvolti in conflitti di interessi di varia natura derivanti da doppie militanze. Il volontariato si regola sui tempi della vita delle persone e ci impone tempi e modi del turnover nella dirigenza (con le ovvie conseguenze relativamente alla leadership). Il volontariato ci permette di mettere in gioco competenze personali in modo creativo, ma si scontra spesso con il bisogno di dover rispondere a necessità pratiche dove non basta la buona volontà e servono

Arci Cremona rappresenta il livello di collegamento e di coordinamento dei circoli Arci del territorio. Nel 2014 Arci Cremona ha tesserato circa 3600 soci e affiliato 16 circoli: dai circoli più tradizionali con bocciofila, ai circoli giovanili con musica live, ai circoli tematici. Alcuni circoli hanno sedi di proprietà, altri lottano ogni giorno per l’affitto. Alcuni circoli semplicemente non hanno sede e organizzano iniziative nelle sale pubbliche o di altre associazioni. Il comitato territoriale ha sede in un centro culturale (animato anche da due circoli) ristrutturato grazie all’impegno di decine di volontari, situato in un ex convento.

Dal punto di vista organizzativo, si potrebbe dire che abbiamo le stesse difficoltà che ciascuno di noi sperimenta nella propria vita: la casa (sede dolce sede), il lavoro (jobsact or not jobsact?), l’amore (che muove il sole e l’altre stelle). Ebbene, ci sono stelle che non stanno a guardare! Circoli, comitati, gruppi di lavoro sono tenuti vivi dal desiderio e dal piacere di costruire insieme storie, percorsi, iniziative in cui tutte e tutti ci ri-conosciamo. Ognuno ha la propria idea di Arci, ma ciascuno di noi sa che questa è l’Arci. I livelli regionale e nazionale dell’associazione sono indispensabili per sostenerci nelle attività e per darci indicazioni sulle cinquanta sfumature di grane di ogni tipo che movimentano le nostre giornate. Ci sentiamo fragili e forti, sappiamo di vivere una realtà associativa ricca (di idee, intendo…) e capace di affrontare i cambiamenti. Le trasformazioni della società e delle modalità di comunicazione sociale ci impongono di cercare modalità di raccordo e coordinamento nuove e creative. Impegniamoci a farlo divertendoci: l’Arci è un lusso necessario!

libero. Guidare un comitato, per come la intendiamo noi, richiede tempo, per studiare, progettare, fare; più di quello che i dirigenti hanno a disposizione Le difficoltà politiche sono legate invece alla vastità delle battaglie, visto che comunque sul territorio la rete dei soggetti con cui collaboriamo è solida e ampia, le istituzioni ci riconoscono come interlocutori (in particolare su accoglienza e dell’integrazione), i media ci ascoltano. Ciò detto il Nazionale è un riferimento fondamentale per i comitati, soprattutto quelli piccoli e lontani, e rappresenta il primo interlocutore nelle difficoltà. Dal punto di vista pratico, servono molto le iniziative che distribuiscono valore aggiunto nei territori: è interessante la campagna Più circoli e più soci, utilissime sono le convenzioni nazionali, ma in particolare sono a mio avviso molto importanti le iniziative che contribuiscono alla formazione di nuovi dirigenti, a cominciare dal coinvolgimento di compagni

provenienti dai comitati nei progetti realizzati dal nazionale; questa pratica, che spero si estenda sempre più, crea piccole economie, fa crescere in esperienza e in cultura nuovi dirigenti e li aiuta a stare vicino all’associazione. Le persone, infatti, sono il pilastro dell’Arci, avere cura dei dirigenti con potenzialità deve essere il nostro compito principale. Ma in particolare c’è una cosa, vitale, che l’Arci nazionale deve fare per i comitati: fare l’Arci, farla il più possibile e al meglio possibile, rendendosi riconoscibile per l’impegno, per la sensibilità, per i valori. Le incertezze di Roma (o di Bologna…) hanno riverberazioni negative nei comitati e nei circoli; il coraggio e l’unità davanti a sfide epocali portano invece nuova forza e nuova passione in tutto il tessuto associativo. Coraggio e unità, dunque: in tempi così complessi, con tutto quello che abbiamo da fare, devono essere la nostra prima missione, il nostro obiettivo, la nostra fatica quotidiana.

conoscenze tecniche, amministrative, organizzative che non è facile improvvisare. Si impara dagli altri, si studia come si può. Talvolta non è semplice il confronto tra il livello gestionale amministrativo e il livello politico. Nel corso degli anni abbiamo sperimentato differenti percorsi, si tratta di un equilibrio sempre delicato e in continua trasformazione.

I numeri di Arci Cremona

di Luca Basso presidente Arci Bari

In un luogo in cui i lavoratori muoiono nei vigneti, i migranti vivono in posti di fortuna, le multinazionali cercano di mutilare il territorio, il diritto all’istruzione non è garantito, gli spazi e le risorse per la cultura, per la creatività giovanile e per un’informazione libera sono sempre meno, l’antifascismo è un accessorio, mancano i soldi per le associazioni, è difficile individuare delle priorità. Con fatica e in modo assolutamente volontario, nel comitato Arci di Bari e BAT (32 nelle due province di Bari e BAT, per circa 6000 soci) un gruppo di donne e di uomini prova a tenere insieme tutte queste priorità come fossero una: non arrendersi al presente. Con fatica, perché Golia è grosso e spaventoso, le scarpe sono sempre rotte, eppur bisogna andare, eppure si va; con passione. I problemi organizzativi riguardano soprattutto la difficoltà a seguire tutti i temi nel poco tempo che il lavoro ci lascia


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società

Non umiliate il Parlamento Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, rivolge un appello ai legislatori alla vigilia dell’ultima lettura della riforma costituzionale promossa dal governo Il funzionamento della democrazia è cosa difficile, stretto tra l’inconcludenza e la forza. Chi crede che si tratti di una battaglia che si combatte una volta ogni cinque anni in occasione delle elezioni politiche e che, nell’intervallo, tutto ti è concesso perché sei il ‘Vincitore’, si sbaglia di grosso ed è destinato a essere travolto, prima o poi, dal suo orgoglio, o dalla sua ingenuità, mal posti. La prima vittima dell’illusione trionfalistica è il Parlamento. Se pensiamo che si tratti soltanto di garantire l’azione di chi ‘ha vinto le elezioni’, il Parlamento deve essere il supporto ubbidiente di costui o di costoro: deve essere un organo esecutore della volontà del governo. Altrimenti, è non solo inutile, ma anche controproducente. Le riforme in campo, infatti, sono tutte orientate all’umiliazione del Parlamento, nella sua prima funzione, la funzione rappresentativa. Che cosa significano le leggi elettorali, che prevedono la scelta dei candidati attraverso le ‘liste bloccate’ stilate direttamente dai capi dei partiti o attraverso la farsa delle cosiddette ‘primarie’, se non l’umiliazione di quella funzione nazionale: trionfo dello spirito gregario o del mercato dei voti. Il prodotto degradato, se non avariato, è davanti agli occhi di tutti. Così, mentre dalle istituzioni ci si aspetterebbe ch’esse tirassero fuori da chi le occupa il meglio di loro stessi, o almeno non il peggio, di fatto avviene il contrario. Queste istituzioni inducono alla piaggeria, alla sottomissione, all’assenza di idee, alla disponibilità nei confronti dei potenti, alla vigliaccheria interessata o alla propria carriera o all’autorizzazione ad avere mano libera nei propri affari sul territorio di riferimento. Per essere eletti, queste sono le doti funzionali al partito nel quale ti arruoli. Non devi pensare di poter ‘fare politica’. Non è più il tempo: il tempo è esecutivo! Una prova evidente, e umiliante, dell’inanità parlamentare è la vicenda che ha agitato la vita politica negli ultimi due anni: la degradazione del Senato in Camera secondaria che dovrebbe avvenire col consenso dei Senatori.

Si dice loro: siete un costo, cui non corrisponde nessun beneficio; siete un appesantimento dei processi decisionali, cui corrisponde non il miglioramento, ma il peggioramento della qualità della legislazione. Sì, risponde il Senato: è così. Finora siamo stati dei parassiti inutili e dannosi e siamo grati a chi ce ne ha resi consapevoli! Sopprimeteci! Vediamo più da vicino questo caso da manuale di morte pietosa o suicidio assistito nella vita costituzionale. A un osservatore non superficiale che non si fermi alla retorica esecutiva e ‘governabilitativa’, cioè ai costi («Senato gratis», è stato detto) e alla velocità (una deliberazione per ogni legge, invece di due), l’esistenza di una ‘seconda Camera’ risulta bene fondata su ‘ragioni conservative’. Non conservative rispetto al passato, come fu al tempo delle Monarchie rappresentative, quando si pose la questione del bilanciamento delle tendenze anarcoidi e dissipatrici della Camera elettiva, propensa a causa della sua stessa natura a sperperare denaro e tradizioni per accattivarsi gli elettori. Allora ciò che si voleva conservare era il retaggio del passato. Oggi, di fronte alla catastrofe della società dello spreco, si tratterebbe dell’opposto, cioè di ragioni conservative di risorse e opportunità per il futuro, a garanzia delle generazioni a venire. Il Senato come concepito nella riforma moltiplica la dissipazione. Se ne vuole fare un’incongrua proiezione amministrativistica di secondo grado di enti locali, a loro volta affamati di risorse pubbliche. A questa prospettiva ‘amministrativistica’ se ne sarebbe potuta opporre una ‘costituzionalistica’. Nei Senati storici, le ragioni conservative corrispondevano alla nomina regia e alla durata vitalizia della carica: due soluzioni, oggi, evidentemente improponibili, ma facilmente sostituibili con l’elezione per una durata adeguata, superiore a quella ordinaria della Camera dei deputati, e con la regola tassativa della non rieleggibilità, come garanzia d’indipendenza da interessi particolari

contingenti. A ciò si sarebbero potuti accompagnare requisiti d’esperienza, competenza e moralità particolarmente rigorosi, contenuti in regole di incandidabilità, incompatibilità e ineleggibilità misurate sulla natura dei compiti assegnati agli eletti. Fantasie. I riformatori costituzionali pensano ad altro: a eliminare un contrappeso politico, ad accelerare i tempi. Non riuscendo a eliminare, puramente e semplicemente, un organo, che così come è si ritiene inutile, anzi dannoso, si sono persi in un marchingegno la cui assurda complicazione strutturale - le modalità di estrazione dei nuovi ‘senatori’ dalle assemblee locali - e procedimentale - i rapporti con l’altra Camera - verrà alla luce quando se ne dovesse sperimentare il funzionamento.

arcireport n. 30 | 10 settembre 2015 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 19.30 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia

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