Arcireport n 34 2014

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arcireport

settimanale a cura dell’Arci | anno XII | n. 34 | 23 ottobre 2014 | www.arci.it | report @arci.it

di Francesca Chiavacci presidente nazionale Arci

Mancano poche ore alla manifestazione indetta dalla Cgil a Roma per criticare l’impostazione che sta guidando tutta la vicenda del Jobs act. Il sistema dei media si concentrerà quasi certamente sul confronto tra l’entità numerica della presenza in piazza nella capitale e sulla forza attrattiva che conserva la kermesse fiorentina ideata dal presidente del consiglio. Ma sappiamo che la questione in gioco è molto più profonda del mero calcolo dell’affluenza a un evento. Al centro della discussione c’è il punto di vista con cui si vuole interpretare questo delicato passaggio della società italiana. Per noi dell’l’Arci, esiste un punto fondamentale su cui tutto il ragionamento proposto dal governo sulla riforma del mercato del lavoro é fortemente deficitario. Ed é una questione culturale di fondo. La lotta alla disoccupazione e alla precarietà non può essere impostata sulla riduzione delle tutele e sull’imputazione

delle responsabilità per la mancata estensione dei diritti a chi non li ha alle organizzazioni di rappresentanza sociale dei lavoratori e delle lavoratrici (ed in particolare ad una di queste organizzazione). Certo, é evidente che esiste un’urgenza di rinnovamento e di cambiamento del mondo della sinistra italiana e del movimento sindacale, del loro modo di interpretare e di rappresentare i mutamenti. Ma questo non può essere posto a fondamento nè di un nuovo mercato del lavoro e di un nuovo sistema dei licenziamenti che arretrano rispetto alle tutele universali, nè come strumento di una vulgata che rende la rappresentanza sociale fastidioso intralcio. Crisi, disuguaglianze, precarietà, in questi anni, sono state generate non dall’esistenza di diritti o di organizzazioni di sinistra e di movimenti. Bensì da una visione del sistema economico che ha prediletto il gioco della finanza e della scommessa sui soldi, a scapito

del lavoro e dell’uguaglianza dei diritti. A mancare é stata una diffusa cultura dei diritti, dell’uguaglianza, della democrazia, della redistribuzione della ricchezza. E siamo convinti che non saranno nè i clamori mediatici, né le contrapposizioni sul vecchio e sul nuovo, nè l’attrazione per un leader a farci uscire dalla crisi dell’economia e a ridurre la distanza tra cittadini, politica e istituzioni. La più grande sfida del nostro paese, come abbiamo scritto nel nostro documento di adesione alla manifestazione del 25 ottobre, é proprio quella di sostenere e far crescere una condivisa cultura dei diritti e della democrazia, come chiavi innanzitutto per dare fiato alla ricostruzione di un’etica civica fondata su solidarietà, coesione, partecipazione. È la più importante sfida che riguarda il nostro paese. È una sfida a cui una grande associazione culturale come l’Arci non solo non può sottrarsi, ma in cui deve svolgere coerentemente un ruolo da protagonista.


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25ottobre

arcireport n. 34 | 23 ottobre 2014

Il 25 ottobre l’Arci in piazza con la Cgil Il documento di adesione della Presidenza nazionale “Il lavoro non può essere una legge, senza essere un diritto”. (I miserabili - Victor Hugo) Sabato 25 ottobre l’Arci sarà in piazza a manifestare con la Cgil per i diritti, la dignità e l’uguaglianza. Più diritti e più democrazia, a partire dal mondo del lavoro, costituiscono le vere ‘innovazioni’ che servono al nostro paese. La crisi di questi anni è frutto dello strapotere dei poteri finanziari e di rendite di posizione che hanno svilito dignità e lavoro, e ora si pensa di uscirne cancellando i diritti, con più precarietà e più ingiustizia sociale. La discussione sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non è una discussione ‘tecnica’, è invece una questione che attiene al riconoscimento di un diritto fondamentale. Per questo pensiamo che l’impostazione con cui si è affrontato il dibattito sulla disciplina del mercato del lavoro sia profondamente sbagliata. È sbagliato partire dalla riduzione di tutele già previste dal nostro ordinamento indicandola come possibile soluzione della crisi. Si tratta peraltro di una ricetta che ha già fallito in tutti i paesi in cui è stata applicata. È del tutto strumentale usare la disciplina dei licenziamenti come una clava per definire i confini tra ciò che è vecchio e ciò che nuovo, tra immobilisti e innovatori. Siamo convinti del contrario: è attraverso l’uguaglianza e i diritti che si sviluppa lavoro, così come attraverso investimenti in cultura, welfare, ambiente. Un mercato del lavoro privo della cultura dei diritti fondamentali non potrà mai ‘innovare’ e rispondere al cambiamento richiesto da un nuovo e necessario modello di società e di sviluppo. A queste considerazioni, va aggiunta la grande preoccupazione per una legge di stabilità che, tagliando risorse alle Regioni, avrà ricadute che peggioreranno ulteriormente il sistema di protezione sociale e la vita dei cittadini.

Il Jobs Act è stato presentato come una riforma del sistema di ammortizzatori sociali, ma le risorse economiche previste per il nuovo ‘salario minimo’ sembrano ad oggi del tutto insufficienti. Non tocca un tema centrale per la modernità del nostro paese come la democrazia nei luoghi di lavoro. Noi non condividiamo l’operato del

i cortei I cortei partiranno alle 9 da piazzale dei Partigiani e da piazza della Repubblica. Il corteo di Piazzale dei Partigiani sarà composto dai lavoratori provenienti da Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Toscana, Trentino. Il corteo che partirà da Piazza della Repubblica ospiterà i lavoratori provenienti da Alto Adige, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Piemonte, Sicilia, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto. I cortei si riuniranno in piazza San Giovanni, dove interverrà Susanna Camusso, segretaria generale Cgil. www.cgil.it

Governo su questo provvedimento non solo per i suoi contenuti. Crediamo che oggi a rischio non sia solo la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici ma la concezione stessa del nostro vivere democratico. L’iter del Jobs Act svela un’idea alla quale non vogliamo e non possiamo rassegnarci: le organizzazioni della rappresentanza sociale (in questo caso il sindacato), parte fondamentale del nostro sistema democratico, vengono percepiti come fastidioso orpello, come il residuo di un’epoca passata del quale c’è volontà di sbarazzarsi. Noi pensiamo invece che le forme della rappresentanza sociale siano essenziali per la costruzione della democrazia nel nostro paese, agenti di sviluppo e non fattori di immobilismo. Anche a noi non sfugge la necessità di introdurre innovazioni nei rapporti tra forze sociali e istituzioni (in questo caso il Governo), ma questo non può significare il disconoscimento o peggio la delegittimazione del ruolo dei cosiddetti ‘corpi intermedi’ e quindi anche dei sindacati. È attraverso il confronto e il dialogo con le forme della partecipazione e di rappresentanza dei cittadini che è possibile costruire un nuovo modello per uscire dalla crisi. La nostra adesione alla manifestazione del 25 ottobre è quindi anche un appello alla riflessione per chiunque, ricoprendo responsabilità di governo (nazionale o locale), pensi che il confronto e il dialogo sui temi fondamentali del vivere comune possano essere derubricati a passerelle o sbrigativi teatrini. L’Arci, associazione che ha tra le ragioni fondative della sua esistenza lo sviluppo della partecipazione, crede invece che sia giusto riconoscere l’apporto di chi il confronto lo pratica quotidianamente con milioni di cittadini. Per questo saremo in piazza con la Cgil il prossimo 25 ottobre e invitiamo i nostri soci e le nostre socie a manifestare per il lavoro, la dignità e l’uguaglianza.


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cultura

arcireport n. 34 | 23 ottobre 2014

Quattro proposte per il futuro della Musica dal Vivo Fra i tanti eventi previsti per questa quarta edizione di W il Live, che si terrà a Mantova dal 23 al 25 ottobre, segnaliamo, nell’ultima giornata, l’incontro ‘Musica dal Vivo: proposte legislative per il Live’. Nella mattinata di sabato, presso il circolo Arci Tom, si confronteranno con esponenti dell’Arci operatori, rappresentanti degli enti locali e alcuni dei deputati e senatori che lo scorso 21 giugno hanno dato vita all’intergruppo ‘Parlamentari per la musica’. Si partirà da quattro proposte concrete che l’Arci sottoporrà a tutti con l’obiettivo di dare risposte urgenti alle difficoltà che vive il settore – soprattutto quello della musica dal vivo - in questo periodo. 1. Più spazi per la musica e la creatività. ll decreto legge ‘Valore Cultura’ prevede che gli immobili statali e comunali inutilizzati possano essere dati in uso ad artisti e creativi. Chiediamo che siano emanati i decreti attuativi al più presto per avviare progetti di rigenerazione urbana attraverso attività culturali e creative.

2. Esenzione dai diritti Siae per eventi gratuiti con meno di 200 spettatori. Per dare maggiore impulso alla diffusione di eventi di musica dal vivo, è necessario esentare i piccoli eventi musicali dal pagamento dei corrispettivi Siae, soprattutto quelli organizzati da associazioni di volontariato e di promozione sociale. 3. Rivedere i parametri di calcolo dei diritti Siae. Si chiede di eliminare dalla base imponibile per il calcolo dei corrispettivi Siae per gli eventi di musica dal vivo i contributi e sovvenzioni erogati con carattere di liberalità dallo Stato, da enti pubblici o da enti locali. 4. I proventi dell’equo compenso per la ‘copia privata’ calcolato su tutti i dispositivi dotati di memorie di dati devono essere utilizzati almeno per il 50% per il sostegno a progetti di giovani autori e di Festival e rassegne che promuovono giovani talenti. Inoltre si chiede a tutti i Comuni italiani di mettere in pratica il provvedimento

contenuto nel decreto ‘Valore Cultura’ che, per eventi fino a un massimo di 200 partecipanti e che si svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio, consente di sostituire la licenza con la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) presentata allo sportello unico per le attività produttive o ufficio analogo. È poi urgente che vengano espletate tutte le pratiche per il rilascio della documentazione obbligatoria per realizzare un evento di musica dal vivo presso uno sportello unico, come quello per le attività produttive già esistente in moltissimi Comuni. All’incontro partecipano le senatrici Elena Ferrara e Alessia Petraglia, le deputate Veronica Tentori e Francesca Bonomo, Giordano Sangiorgi (MEI), Alberto Bertoli, Massimo Maisto (ANCI), Mattia Palazzi (Arci Mantova), Luca Perreca (Associazione Nazionale Service), Vincenzo Spera (Assomusica), Luca Valtorta (XL). Coordina: Carlo Testini (Arci). www.vivaillive.com

Contro i padroni del web arriva per Internet la Dichiarazione dei diritti È pronta una bozza di 14 articoli che potrà essere discussa per quattro mesi su una piattaforma online La battaglia per una ‘Costituzione per la rete’ non è nuova. Stefano Rodotà la conduce da anni. E lo stesso padre del web, Tim Berners- Lee, ripete a ogni occasione che è una lotta che va combattuta, specie ora che Edward Snowden - e non solo - ha rivelato l’estensione e i pericoli della sorveglianza digitale di massa, che la censura online è in continuo aumento e che i giganti del web concentrano su di sé un sempre maggior potere economico e di influenza politica. Non si tratta dunque di regolamentare un inesistente Far West, troppo spesso associato alla rete, quanto piuttosto di produrre un testo che metta nero su bianco che le nostre libertà devono essere tutelate anche sul web. È questo l’intento della ‘Dichiarazione dei diritti in Internet’, giunta in queste ore alla sua prima formulazione grazie al lavoro di alcune delle maggiori intelligenze sul digitale nel nostro Paese, e all’iniziativa della Presidenza della Camera. Una bozza, 14 articoli in sei pagine, per una Magna Carta che mira proprio a garantire il «pieno riconosci-

mento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona» anche in rete. E che nasce internazionale, anche in inglese e francese, per informare il dibattito europeo. Il testo non è definitivo e potrà essere discusso per quattro mesi sulla piattaforma online Civici a partire dal prossimo 27 ottobre. Ma già da ora alcuni punti chiave sono chiari. C’è per esempio una netta presa di posizione in favore della neutralità della rete; ossia del fatto che «ogni persona ha il diritto che i dati che trasmette e riceve in Internet non subiscano discriminazioni, restrizioni o interferenze », così da tutelarne anche il potenziale di innovazione. Allo stesso modo, ci sono passaggi positivi sul diritto dei cittadini di opporsi alla dittatura degli algoritmi - in particolare, del rischio concretissimo che i Big Data si traducano in nuove discriminazioni - e a quella dell’opacità delle condizioni di utilizzo delle piattaforme, da Facebook in giù, che sempre più scandiscono il ritmo delle nostre vite: le informazioni

da loro fornite, si legge, devono essere «chiare e semplificate», e i responsabili comportarsi con «lealtà e correttezza». Il testo, come è naturale, è migliorabile. In particolare, parole più nette si ritiene potrebbero essere spese contro la sorveglianza di massa - troppo poco, mostra la cronaca, dire che deve avvenire secondo la legge - e servirebbe forse qualche dubbio in più sull’istituto della rettifica e sull’implementazione di un diritto sulla carta inappellabile, ma di difficilissima applicazione pratica, come quello a rimuovere da Internet le informazioni non più rilevanti sul proprio conto (oblio). Ancora, non c’è tutto. Ma il riconoscimento di un diritto all’anonimato, fondamentale per esprimere il dissenso, a ricevere un’educazione digitale, all’accesso stesso alla rete e - bellissima formulazione - che «la sicurezza in rete deve essere garantita come interesse pubblico » non può che essere il benvenuto. Ammesso si traduca prima o poi in tutele effettive. E che il resto del mondo ascolti.


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economia/società

‘Con il pareggio ci perdi’, partita la raccolta di firme Con la prima raccolta di firme tenutasi a piazza del Pantheon a Roma il 15 ottobre, è partita ufficialmente la campagna Con il pareggio ci perdi a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare di revisione costituzionale per cancellare l’introduzione del principio di pareggio di bilancio nella nostra Costituzione, attraverso la modifica di alcuni articoli fra cui l’art.81. Tra le prime firme anche Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, che quindi sosterrà l’iniziativa. Il Parlamento assunse questa decisione nel 2012, sotto il governo Monti, raccogliendo una proposta del precedente governo Berlusconi. I fautori di tale modifica si appellarono alla volontà dell’Europa. Ma la Ue non ha mai imposto ai paesi membri di mettere in Costituzione il pareggio di bilancio, tanto è vero che altri paesi non lo hanno fatto. In questo modo il nostro paese si è invece privato della possibilità di aumentare

la spesa sociale, anche in deficit, per creare le condizioni di un incremento del Pil e di produrre una crescita secondo modelli ambientalmente e socialmente compatibili. E infatti le politiche di rigore e di austerità in atto in Italia e in Europa, basandosi sul taglio della spesa sociale, impoveriscono i paesi, riducono i diritti, aumentano la disoccupazione. È esattamente la fotografia attuale dell’Europa e dei paesi mediterranei in particolare, fra cui il nostro. Che l’obbligo di pareggio in Costituzione non stia in piedi, lo dimostra anche il fatto che lo stesso governo Renzi, alla sua prima applicazione, ha chiesto alla Ue di potere scivolare di un anno, per fare fronte alle urgenze della crisi economica. Nella proposta di legge di iniziativa popolare non si propone solo di tornare al testo precedente alla modifica dell’art. 81, ma si vuole introdurre un principio fondamentale che è presente nelle più

Banca Etica aderisce alla mobilitazione globale della Global Alliance for Banking on Values Venticinque banche ispirate al bene comune e alla sostenibilità, attive in 6 continenti con 30mila addetti, 20 milioni di clienti e un giro di affari di 100 miliardi di dollari: questa è la Global Alliance for Banking on Values (www.gabv.org) che ha indetto per il 23 ottobre una giornata globale di mobilitazione sui temi della finanza etica. Da un emisfero all’altro della Terra il 23 ottobre dipendenti, soci e clienti che hanno scelto di investire nella finanza etica faranno sentire la propria voce sui social network con #bankingonvalues. In Italia l’unico istituto di credito aderente al network delle banche etiche e sostenibili è Banca popolare Etica: nata nel 1999 a Padova nei suoi primi 15 anni di vita Banca Etica ha erogato quasi 2 miliardi di euro di finanziamenti a favore di progetti di persone, associazioni e imprese sociali che cercano continuamente di coniugare le attività economiche con il bene comune e con la miglior ricaduta sociale possibile sui territori.

In 15 anni Banca Etica ha raccolto intorno a sé 36mila soci (6mila persone giuridiche e 30mila persone fisiche) che scelgono di investire in una finanza sicura e trasparente che non fa speculazioni e indirizza il risparmio di organizzazioni e famiglie verso il finanziamento di attività economiche reali, capaci di creare occupazione e benessere per tutta la comunità, a partire dal sostegno e dall’inserimento sociale delle persone più fragili; dalla tutela dell’ambiente; dalla lotta a ogni forma di illegalità fino alla promozione dell’accesso allo sport e alla cultura per migliorare la qualità di vita di tutti. Tutte le persone e le organizzazioni che hanno scelto la finanza etica sono invitate a metterci la faccia, raccontando le loro esperienze e le loro motivazioni. Per saperne di più:

www.bancaetica.it/bankingonvalues

avanzate e recenti costituzioni, come quelle di alcuni paesi latinoamericani. Al vincolo contabile si sostituisce quello della soddisfazione dei bisogni e dei diritti dei cittadini. E quindi le manovre di bilancio non possono avere come conseguenza il taglio di spese sociali che ledono quei diritti. In questo modo la proposta di legge, pur non potendo influire direttamente sul Fiscal compact, che è un trattato europeo, rafforza gli argomenti per contrastarlo, dal momento che la logica del rientro forzato dal debito nel giro di venti anni comporta necessariamente una diminuzione della spesa sociale, che è proprio quanto la proposta di legge vuole venga vietato costituzionalmente. Il primato delle leggi contabili verrebbe così sostituito dal primato dei diritti. L’obiettivo minimo consiste nella raccolta di 50mila firme in sei mesi, ma il comitato promotore si propone obiettivi molto più ambiziosi. Nei prossimi giorni verrà attivato il sito colpareggiociperdi.org dove verranno precisati tutti i dettagli della raccolta, inseriti materiali da scaricare, con risposte alle obiezioni più frequenti in modo da mettere in condizioni le organizzazioni locali di partecipare alla raccolta. I moduli verranno stampati centralmente per poi essere vidimati in loco. Di seguito la composizione del comitato promotore, cui ne seguirà uno di sostegno composto da organizzazioni, associazioni e sindacati, per evidenziare l’ampio spettro di persone e forze sociali coinvolte nella iniziativa: Stefano Rodotà (Presidente), don Vinicio Albanesi, Gaetano Azzariti, Giorgio Airaudo, Andrea Baranes, Leonardo Becchetti, Fausto Bertinotti, Alberto Campailla, Luciana Castellina, Francesca Chiavacci, Giorgio Cremaschi, Cecilia D’Elia, Monica Di Sisto, Vittorio Cogliati Dezza, Antonello Falomi, Roberta Fantozzi, Stefano Fassina, Luigi Ferrajoli, Nicola Fratoianni, Mauro Gallegati, Luciano Gallino, Alfonso Gianni, Patrizio Gonnella, Riccardo Laterza, Danilo Lampis, Maurizio Landini, Giulio Marcon, Grazia Naletto, Mario Pianta, Felice Roberto Pizzuti, Norma Rangeri, Marco Revelli, Franco Russo, Giovanni Russo Spena, Mario Sai, Riccardo Troisi, Francesco Vignarca, Alex Zanotelli, don Armando Zappolini.


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migranti

Mare Nostrum deve continuare

L’Italia non può sottrarsi al dovere di salvare vite umane nel Mediterraneo È di queste ore la conferma dell’intenzione del governo di porre fine all’operazione Mare Nostrum. Una decisione irresponsabile, con cui l’Italia si sottrarrebbe al dovere che grava sulle istituzioni, come su ogni singola persona, di trarre in salvo persone che si trovino in pericolo di vita. Né può valere come giustificazione il costo dell’operazione, rispetto al quale andava semmai richiesta con più determinazione una collaborazione degli altri paesi europei. L’Europa ha messo invece in campo il programma Triton, che ha obiettivi e strumenti molto diversi. Opererà solo nelle vicinanze delle acque territoriali italiane e svolgerà un’azione di controllo delle frontiere. Sostenere, come il ministro Alfano ha fatto, che in questo modo non ci sarà più bisogno di Mare Nostrum è una mistificazione della realtà, come del resto confermano le

parole dello stesso direttore di Frontex plus che ha tenuto a sottolineare che si tratta di missioni che non hanno nulla in comune. Il risultato sarà che nel

Verso il 18 dicembre Martedì 28 ottobre alla Casa dei Diritti in via de Amicis a Milano si terrà l’assemblea cittadina per preparare il 18 dicembre, Giornata d’azione globale per i diritti dei migranti, rifugiati e sfollati. La Giornata vuole essere un’occasione per ridare ai tanti migranti morti o scomparsi lungo le rotte migratorie identità e dignità, e risposte alle loro famiglie. 40mila sono le vittime dal 2000 a oggi secondo l’OIM e 22mila i morti nel Mediterraneo. www.globalmigrantsaction.org

Mediterraneo continueranno le stragi, perché l’unica cosa certa è che il flusso di profughi continuerà, almeno finchè i tanti focolai di guerra che oggi incendiano gran parte dell’Africa e del Medio Oriente non verranno spenti. La maggior parte di chi oggi cerca di raggiungere l’Europa sono infatti donne, uomini e bambini che scappano da violenza, povertà e persecuzioni. Da tempo chiediamo che si aprano canali di accesso umanitari, che il tema dell’asilo e della protezione internazionale diventi una questione centrale, ma finora nessuna decisione è stata presa che vada in questa direzione. Fermare Mare Nostrum, l’unica operazione oggi finalizzata al salvataggio, significa condannare migliaia di persone a una morte sicura. È questa la responsabilità che si vuole caricare sulle spalle il nostro governo?

Lo ‘ius soli temperato’ di Renzi: tanto fumo e poco ius di Filippo Miraglia vicepresidente nazionale Arci

Il metodo è sempre lo stesso: l’annuncio calcolato nei tempi e nei modi per avere il massimo impatto sui media (e magari spostare l’attenzione dai problemi del giorno), i tempi di realizzazione rimandati a un futuro non meglio definito, l’uso improprio dei termini per descrivere un provvedimento che con la definizione che gli viene attribuita ha poco a che fare. Stiamo parlando dell’odierna dichiarazione del presidente del consiglio sulla volontà di introdurre lo ‘ius soli temperato’, ma temperato al punto che di ‘ius’, cioè di diritto soggettivo, conserva ben poco. Viene infatti subordinato, per i ragazzi stranieri nati e/o cresciuti in Italia al completamento di un ciclo di studi: scuola dell’obbligo - da noi contemplata fino ai 16 anni - per chi è nato in Italia, oppure la scuola secondaria superiore per chi è arrivato adolescente (dando per scontato che chi arriva abbia completato il precedente ciclo di studi nel suo paese d’origine o che debba frequentare qui l’intero ciclo scolastico preuniversitario). Un autentico bluff che, rispetto alla situazione attuale (a 18 anni chiunque sia

nato in Italia può presentare richiesta di cittadinanza), abbasserebbe nel migliore dei casi solo di due anni l’età di accesso alla cittadinanza: in pratica, dopo tante chiacchiere, dalla nascita ai 16 anni i figli di immigrati continuerebbero a essere considerati stranieri nel Paese dove sono nati e cresciuti! Si continua poi a fare scientemente confusione sulle condizioni che dovrebbero, per temperare lo ius soli, riguardare i genitori, e quelle che invece riguardano i bambini e le bambine che continuerebbero ad essere considerati cittadini di serie B. Il tutto, mentre in Parlamento giace da anni una proposta di legge di iniziativa popolare di riforma della cittadinanza per la quale

la campagna L’Italia sono anch’io ha raccolto ben 200mila firme, che prevede sì uno ius soli temperato, ma condizionato soltanto alla residenza di uno dei genitori da almeno un anno. E mentre la competente Commissione della Camera, dopo varie audizioni di organizzazioni sociali che sul tema lavorano (compresa la Campagna citata) sta lavorando a un testo unificato da portare in Aula. Insomma, oltre al solito metodo un po’ furbesco di affrontare argomenti così seri e che riguardano la vita di centinaia di migliaia di giovani stranieri, si conferma, da parte di Renzi, il solito fastidio non solo per il parere dei cittadini (in questo caso addirittura firmatari di una proposta di legge), ma anche per il lavoro del Parlamento. Non è più accettabile che per acquisire consenso si giochi sulla pelle delle persone, mentre nel paese rimangono divisioni, ingiustizie, discriminazioni e crescono le pulsioni razziste. Una legge che riformi l’attuale normativa sulla cittadinanza va fatta presto e bene, per il futuro non solo di quei giovani, ma di tutti noi.


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pace&disarmo

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La Rete della Pace aderisce alla manifestazione globale Save Kobane la popolazione in fuga verLa Rete della pace aderisce alla Link dell’appello: so la Turchia, senza alcuna giornata internazionale di mobilitazione Save Kobane per la www.uikionlus.com/appello-urgente-manifestazione-globale- discriminazione per l’apparcontro-isis-per-kobane-per-lumanita-1-novembre-ore-14/ tenenza etnica; difesa della popolazione e delle Per adesioni: info.uikionlus@gmail.com ♦ chiede all’Unione Eurocittà della provincia di Rojava pea e agli stati membri di dall’assedio dell’Isis, indetta per predisporre un programma straordinaimpedendo la fuga e la protezione della il prossimo 1 novembre alle ore 14 che rio di aiuti umanitari da destinare alle popolazione civile curdo-siriana e represso vedrà iniziative in tante città europee. popolazioni curde siriane; violentemente i curdi del Nord della TurNell’occasione La Rete della pace riba♦ chiede nuovamente che la crisi della chia arrivati alla frontiera in soccorso dei disce: regione medio-orientale sia oggetto, con loro fratelli e delle loro sorelle di Kobane; ♦ lo Stato Islamico, che vuole imporsi con priorità assoluta, di una discussione in ♦ esprime tutta la solidarietà e vicinanza le armi, la violenza, il terrorismo, è nemico sede ONU da cui escano decisioni vinai curdi-siriani e alla popolazione di Kodell’umanità. Il califfato jihadista di Al colanti per tutti gli stati membri, indivibane e a tutto il popolo siriano e irakeno. Baghdadi, così come si sta presentando duando le responsabilità dei massacri e Se queste popolazioni verranno uccise le ai popoli che vuole sottomettere, con la delle violazioni del diritto internazionale responsabilità cadranno sull’Isis e su tutta truce bandiera nera, evoca una deriva sino a oggi avvenute, concordando una la comunità internazionale; nazista. Va fermato con la forza del diritto strategia di soluzione politica e nego♦ chiede che vi sia un’immediata aziointernazionale, con la resistenza della ziata per porre fine ai conflitti in Iraq ne internazionale con il mandato delle civiltà, con il potere della democrazia; e Siria, riconoscendo ai diversi popoli Nazioni Unite per la protezione della ♦ la condanna dell’ennesimo episodio di di questi paesi piena sovranità, libertà vita dei civili, impedendo che Kobane una guerra assurda di cui tutti i governi di espressione e di autodeterminazione e il territorio autonomo della Rojava sono responsabili; nel rispetto delle regole democratiche cada nelle mani dell’Isis, e garantendo ♦ la condanna per il comportamento del di tutela delle minoranze. l’apertura del corridoio umanitario per governo turco che ha chiuso le frontiere

Per la pace disarma la Sardegna Il 26 ottobre la tredicesima edizione della Marcia sarda per la pace di Franco Uda Portavoce Tavola Sarda della Pace

È ormai da 13 anni che marciamo per la pace in Sardegna! Continuiamo a farlo poiché non sono state ancora rimosse le motivazioni che ci hanno spinto a cominciare: la nostra isola, pur ricoprendo solo l’8% della superficie del territorio italiano, viene gravata dal 61% delle basi e poligoni militari di tutta Italia. La militarizzazione del territorio è globale e intrinseca ai nuovi modelli di difesa, di logiche di guerra e controllo del pianeta che, dalle avventure coloniali in poi, caratterizzano le politiche degli stati moderni. Cospicue aree di territorio vengono così sottratte all’economia civile, alla fruizione delle attività umane e sociali, al controllo trasparente e democratico, per essere invece utilizzate, in una logica di occupazione coloniale, da parte dei sistemi di difesa e di guerra del proprio Paese, dalle alleanze militari di cui si fa parte, dagli eserciti ‘amici’. A questi 24mila ettari, a fronte dei 16mila nel restante territorio italiano, si devono aggiungere le servitù militari che si concretizzano in

occasione delle periodiche esercitazioni. Queste vietano o limitano la navigazione durante le prove a fuoco, area vasta quasi 3 milioni di ettari, estensione maggiore dell’intera Sardegna! Lo spazio aereo delle servitù è invece praticamente indefinibile, restando sulla e intorno alla Sardegna solo dei corridoi liberi per le linee commerciali civili. Negli ultimi mesi l’emersione mediatica di numerosi teatri di crisi internazionali (Siria, Iraq, Libia, Ucraina, Congo) unitamente all’escalation dell’aggressione militare ai danni della striscia di Gaza ha innescato nell’opinione pubblica della società sarda una maggiore attenzione alla mai sopita mal sopportazione di una presenza militare così sproporzionata sull’Isola. L’elemento che si è palesato è che le basi militari non sono solo un elemento di vertenza politica territoriale per i tanti danni che producono (inquinamento, tassi tumorali oltre la media, malformazioni prenatali, sottrazione di sovranità, …) ma anche un elemento

che collega indissolubilmente la propria terra con le guerre, le occupazioni, le morti, i genocidi che si consumano tanto a pochi passi da casa quanto a migliaia di chilometri di distanza. A poco più di un mese dalla grande e bella manifestazione a Capo Frasca, le richieste della Tavola Sarda della Pace e della società civile tutta sono nette e immutate e prevedono il cessate il fuoco immediato in tutti i poligoni, lo smantellamento delle basi militari in Sardegna, la bonifica da parte dello Stato dei territori gravati da queste, l’avvio di una inchiesta approfondita sulle conseguenze degli insediamenti sulla salute pubblica, la prosecuzione delle azioni giudiziarie per la ricerca della verità e il raggiungimento della giustizia, che la Pace rappresenti non solo un orizzonte culturale ma delle precise politiche di cui le istituzioni locali devono farsi carico. Vogliamo che questa Marcia rappresenti per tutte e tutti un’altra tappa nel cammino di liberazione dalla guerra.


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pace&diritti

Parla l’Asia. A che serve l’Europa? di Luciana Castellina presidente onoraria Arci

In una Milano blindata si è aperto il 16 ottobre scorso il vertice Asem, il summit dei 53 paesi dei due continenti che dal 1996 partecipano al vertice euroasiatico che si tiene ogni due anni: i 27 dell’Unione Europea, i 25 di Asia, Australia e Nuova Zelanda, più la Russia. Come in altri casi anche questo summit è stato preceduto da una conferenza della società civile della stessa area. Quando venerdì scorso è stato fatto l’appello delle delegazioni presenti, e dal settore asiatico si sono alzati uno a uno Bangladesh, Cambogia, Laos, India, Indonesia, Giappone, Mongolia, Malesia, Myanmar, Filippine, Nepal, Pakistan, Tailandia, Singapore, Corea del sud, Vietnam, e persino la Cina (sia pure con Ong un po’ particolari) ho provato qualche emozione. Perché tanti militanti asiatici tutti assieme in Italia non si erano mai visti. Sono stati tre giorni intensi: 4 plenarie e 20 workshops, tutti partecipatissimi. Protagonista l’immenso continente asiatico, attraverso le tante voci presenti: associazioni contadine, ambientaliste, pacifiste, embrionali organismi di difesa di un oceano di lavoro nero e di migranti. Tantissime le donne, perché l’economia informale è il loro regno, poco presenti i sindacati ufficiali, che in questo contesto rappresentano poco. Ogni paese ha naturalmente la sua storia, quasi sempre dolorosa perché per tutti si è trattato di liberarsi da un secolare giogo coloniale. Oggi tutti alle prese con le tempeste scatenate dalla globalizzazione, che hanno investito il Vietnam come la Malesia. E hanno prodotto una disuguaglianza immensa, perché è vero che in molti casi il reddito pro capite è aumentato, ma il resto è rimasto alle prese con u mercato crudele che ha distrutto le vecchie economie di sussistenza senza creare nuove opportunità. E poi ci sono le dittature: per un buon governo strappato finalmente in Indonesia, il colpo di stato dei militari in Thailandia che ha imposto a molti militanti di ricorrere alla clandestinità o di chiedere asilo politico. L’Unione Europea anziché spacciare questa globalizzazione come modernità dovrebbe attrezzarsi a controllare le avventure asiatiche dei capitali che provengono dai nostri paesi, reclamare il rispetto di norme sociali, sanitarie, ecologiche. Non bisogna stancarsi di chiederlo. Anche perché la questione del comportamento internazionale dell’Ue solleva un interro-

gativo pesante: nel 1957, quando il primo embrione dell’Europa venne alla luce, dar vita ad un mercato comune nel nostro continente fu una buona idea. Ma oggi che il mercato è globale e tutti commerciano con tutti, essere un pezzo di questo mercato globale non ha molto senso. E allora o l’Europa è altro, un modello storico virtuoso per via del compromesso sociale che qui ha avuto la sua espressione più alta oppure non è niente. Salvaguardare la sostanza di questo nostro modello ha oggi una premessa: impedire

che siano approvati i trattati di liberalizzazione degli scambi e degli investimenti. Per noi in Europa si tratta sopratutto del Trattato transatlantico. Respingerlo è anche un aiuto concreto ai nostri partners asiatici, alle prese con analoghi negoziati transpacifici. Di questo si è soprattutto parlato a Milano. Anche le Ong europee erano presenti in molte. E molte fra loro le italiane: grandi e piccolissime, a dimostrazione di una società civile ancora ricca e forse più dinamica di altre.

Terra è libertà

Report della delegazione di Arci Firenze in Palestina per il monitoraggio sul progetto Terra è Libertà Nella prima settimana di ottobre una delegazione del comitato territoriale fiorentino dell’Arci ha visitato i Territori Occupati Palestinesi. Gli obiettivi della missione sono stati il monitoraggio di un progetto di cooperazione internazionale, Terra è Libertà, attualmente in corso nel villaggio palestinese di Beit Doqu e la partecipazione ad una serie di incontri con la società civile palestinese. Beit Doqu fa parte della West Bank, a metà strada tra Gerusalemme e Ramallah, e rientra in quella che dopo gli Accordi di Oslo viene chiamata Area C, ovvero territorio palestinese dove sia il controllo amministrativo sia quello militare rimangono saldamente sotto l’autorità israeliana. L’enclave di Biddu, di cui fa parte Beit Doqu, ha una posizione geografica particolarmente significativa perché si trova completamente circondato dalle strutture dell’occupazione israeliana: a ovest dal Muro di separazione e a nord ed est da alcuni insediamenti illegali israeliani. Questa comunità rimane l’ultimo baluardo della presenza palestinese nella zona ed è costretta a resistere quotidianamente per non cedere il proprio territorio, che altrimenti rischierebbe l’annessione al territorio israeliano. Per questi ed altri motivi l’Arci di Firenze ha deciso da due anni di impegnarsi a sostenere le attività dell’organizzazione locale Beit Doqu Development Society.

In particolare, il progetto Terra è Libertà ha l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita di 8 famiglie di produttori agricoli del villaggio attraverso la land rehabilitation di 16 dunums (1 dunum = 1.000 m²) di terreno agricolo, la dotazione di sistemi d’irrigazione e la fornitura delle sementi e degli strumenti necessari alla coltivazione. Nonostante le attività non siano ancora terminate, i risultati raggiunti sono andati ben oltre le aspettative. A poco più di metà del percorso progettuale sono 9 le famiglie che hanno beneficiato del progetto e i terreni che sono stati riportati ad essere completamente produttivi hanno una copertura di circa 27 dunums. La soddisfazione per l’andamento delle attività progettuali ci spinge a continuare la promozione di tutte le attività volte a rompere l’isolamento fisico e mediatico a cui Israele ed i suoi insediamenti costringono la popolazione palestinese. Per questo, come Arci Firenze abbiamo già in programma la prossima iniziativa d’informazione sulle attività del progetto Terra è Libertà e di solidarietà con la popolazione palestinese e si svolgerà venerdì 24 ottobre dalle 19 al Circolo dell’Isolotto. internazionali.firenze@arci.it


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legalitàdemocratica

arcireport n. 34 | 23 ottobre 2014

Dal 23 al 25 ottobre Contromafie, gli stati generali dell’antimafia di Alessandro Cobianchi coordinatore nazionale Carovana antimafie

Dal 23 al 25 ottobre a Roma si terrà la terza edizione di Contromafie, gli stati generali dell’antimafia voluti da Libera e a cui anche l’Arci ha dato la propria adesione. Quattro giorni di incontri, un numero straordinario di iniziative, di gruppi di lavoro e di assemblee plenarie. L’intento è quello di favorire la massima interazione fra partecipanti e relatori affinché il lavoro conclusivo sia permeato di reale partecipazione. Un’occasione straordinaria per rilanciare istanze fondamentali nella lotta alle mafie e chiedere interventi più efficaci per le politiche di giustizia, in tema di beni confiscati, corruzione, diritti sociali. L’obiettivo è tuttavia, se possibile, ancora più ampio: ripensare il ‘noi’ che muove l’antimafia, ovvero rimettere in discussione le nostre dinamiche, le modalità di un sistema che

oggi definiamo di ‘antimafia sociale’ che merita un ripensamento. Tanto è stato fatto negli ultimi venti anni (si pensi a strumenti straordinari come il riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati, il lungo cammino del tema della memoria, l’incidenza delle/sulle politiche educative). Il rischio tuttavia è grande, cioè restare a rimirarsi senza leggere le trasformazioni delle organizzazioni, la loro complessità e spesso la nostra inadeguatezza rispetto a tutto questo. L’antimafia sociale, ciò che muove non può essere un abito adatto a ogni stagione, va misurato, va compresa la stoffa e pure il taglio. Si pensi alla corruzione (ci sarà anche Raffaele Cantone,

presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione): Tangentopoli è stata un’occasione sprecata per affermare il primato dell’etica nella politica e sopratutto per sancirne la normalità. Chiedere leggi più adeguate non serve se non c’è una reale trasformazione della società. Anche il tema della tratta degli esseri umani, quanto mai attuale e oggetto del viaggio della Carovana Internazionale Antimafie 2014, sarà oggetto di uno dei seminari con la partecipazione dei rappresentanti del progetto CARTT di cui Arci è capofila. Proprio in questi giorni, con la Carovana in Romania, il cui primo resoconto leggerete proprio su questo numero di AR, abbiamo rafforzato la convinzione che costruire reti che sappiano integrare le più svariate modalità di inclusione sociale, sia un reale punto di forza se il cambiamento lo si vuole davvero.

In Romania, prima tappa estera di Carovana antimafie 2014 di Grazia Moschetti CARTT executive assistant

Sotto i Block di Ceaucescu - veri e propri alveari di aspettative e fatica - cresce un giardino d’arte: materiali di riciclo a comporre installazioni contemporanee accanto a un materasso riparato da una tenda di fortuna, a un passo dall’ingresso al canale. Qui vive Vandana, in una famiglia di ragazzi di strada e in una ‘casa inventata’ come la definisce Natalia, una casa fatta con materiali di scarto. Qui e nelle case abbandonate dagli eredi dei ricchi e occupate da intere famiglie che vivevano in canale, Parada portava beni di prima necessità: cibo e pannolini. Perché i bambini sono tantissimi: seppure in condizioni ostili almeno il diritto a farsi una famiglia, quello la società non è ancora riuscito a prenderselo. Il lavoro di strada di Parada costruisce inclusione con i percorsi di formazione circense al centro diurno, dove ogni pomeriggio si lascia la strada e ci si allena al ‘possibile’. Quando acquisiscono la tecnica circense i ragazzi di strada sono ormai grandi per il circuito di mercato, ma hanno dalla loro un pezzo di futuro che non è solo immaginato. Accade. Tornano nelle strade come animatori sociali per dire ad armi pari che si può non valere niente per una città ed essere tanto per gli altri e prima di tutto per se stessi. È la nostra Carovana questa, quella che denuncia e

unisce, e spinge al cambiamento. Scuole, strada e palestra sono i nodi di un viaggio che ci ha portato qui il 19 ottobre per una settimana, scambiando modelli di azione sociale per la costruzione di una metodologia europea. Da quando è iniziata la crisi, la Romania è diventata Europa e gli aiuti della cooperazione sono diventati sempre meno, i progetti sempre più sfilacciati. La Carovana Internazionale Antimafie con l’Anti-Trafficking Caravan di CARTT ha sostenuto l’animazione di strada per l’inclusione sociale che Parada ha sempre fatto ma che è stata interrotta per mancanza di fondi. Due associazioni si incontrano e si incontrano due viaggi: il viaggio sulla strada è il codice in cui siamo impegnati con le tante tappe che da aprile ad oggi ci impegnano nell’educazione non formale come strumento di lotta alla criminalità organizzata. Il viaggio di CARTT restituisce il senso di uno strumento europeo che è scambio ed intersezione quando si ferma a Ferentari, il quartiere più degradato di Bucarest. Qui il codice è quello della strada: accoglienza ruvida che dopo il reciproco riconoscimento diventa cammino comune. Gaby sale sul monociclo con un naso rosso contro l’indifferenza, e un bambino rom arrivato dalle vicine baracche si regge in equilibrio sulle sue

spalle e sulla vita. I bambini prima dietro la recinzione passano nel cerchio del gioco e per qualche ora hanno un’idea di futuro. È la cosa più difficile nelle tante storie della Carovana antimafie: immaginarsi la via d’uscita e costruirla insieme e per tutti. Non è stato poi diverso il sistema complesso della risposta a questa domanda di vita che ci è stata restituita nel primo workshop di CARTT. Dall’Interpol alle tante associazioni che lottano contro il traffico di esseri umani a Bucarest ciascuno mette la società civile organizzata al centro di un’azione che altrimenti non sarebbe possibile. La Gara de Nord, la stazione centrale della città, accoglie 70 adulti e bambini di strada, in un canale arredato come ci fosse un domani. Il compito della società civile, qui, è strappare il futuro a un passato di esclusione e abbandono. Informare è qui condividere un modello che parte dal vissuto e che si propone di accoglierlo quel rifiuto, senza stigmatizzarlo. I bambini di Bucarest sono «il fragore delle macchine che tritano la carta»: orfani, spesso vittime di violenze, vivono per le strade di una città che li mette nell’angolo dell’inquadratura, eppure in un certo modo li ricomprende. Perché siamo vite con percorsi differenti e la stessa voglia di incontrare un oggi agito nel cambiamento.


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società

Rapporti Nord-Sud, l’Onu cambia strategia di Emanuele Giordana Lettera 22

L’Onu cambia passo. Prova, nel fare un bilancio degli Obiettivi del Millennio che si era data dal 2000 al 2015, a cambiare strategia. A declinare sul piano pratico le mete che il pianeta avrebbe dovuto raggiungere nell’arco di 15 anni, dopo che i Paesi membri avevano firmato la promessa del millennio di dimezzare la povertà e far scomparire la fame. Nel considerarne luci e ombre, l’Onu ha deciso di cambiare modello e di arrivare a un nuovo negoziato coi Paesi membri che parta da una piattaforma condivisa. Lo ha fatto con una serie di riunioni preparatorie e un lungo processo di consultazione di cui si è discusso in un summit a Torino dove sono arrivati ministri e sindaci da 13 Paesi di Asia, Africa e soprattutto America latina. Il vertice preparatorio dei nuovi Obiettivi (Millenium Development Goals, che Ban Ki-moon presenterà l’anno prossimo all’Assemblea generale) verte su uno dei sei grandi temi che l’Onu, attraverso Undp (il Programma per lo sviluppo) UN-Habitat (ambiente e città) e un coordinamento internazionale (Undg), ha selezionato in un processo consultivo

che ha coinvolto circa due milioni di persone, dagli enti locali alle associazioni indigene, da gruppi di imprenditori e accademici ad associazioni della società civile. E a Torino si è discusso del tema forse più interessante e innovativo: il ruolo dei territori, il rapporto tra temi e cittadini, tra gli obiettivi da raggiungere e la loro declinazione locale. Per dirla in due parole: su «come» si fa più che su «cosa» si fa. L’idea di fondo è che in un mondo globalizzato la paura del futuro sia ugualmente condivisa - pur con tutte le differenze - tra i cittadini del Sud come del Nord del mondo. In una parola l’idea che a crisi locali ci possano essere solo risposte globali e che se la distruzione dell’ambiente è un tema globale, poi però bisogna vedere come si fa a combatterla sul piano locale. Se il paradigma funzionasse, il territorio - a Sud come a Nord - diventerebbe il protagonista delle trasformazioni. Un territorio che non è solo un codice amministrativo ma un insieme di reti, di esperienze, di persone. Da questo punto di vista la presenza dei latinoamericani ha rappresentato il va-

lore aggiunto. Lo spiega il ministro della Pianificazione di Quito Pabel Muñoz: «La partecipazione del cittadino, delle comunità di base, dei gruppi indigeni, sono per noi un elemento fondamentale della trasformazione istituzionale del nostro Paese, un’intuizione nata a Porto Alegre e che in America latina ha fatto molta strada tanto da essere uno dei segni di una nuova epoca caratterizzata, in Ecuador come altrove, dall’abbandono delle politiche neoliberiste. Con un recupero della pianificazione che però non è più un aspetto verticistico ma un processo condiviso attraverso la capacità di decentralizzare e di delegare localmente». Muñoz ha detto che per il suo governo un appuntamento sulla «localizzazione» (il titolo scelto per l’incontro di Torino) meritava un’attenzione particolare proprio perché la strada del decentramento e della delega è una nuova frontiera su cui i governi della nuova sinistra latina stanno lavorando; una specie di onda lunga che sta investendo l’intero continente. Un modello forse di cui anche il nostro Paese dovrebbe riappropriarsi.

Nel Padiglione della Società Civile Expo 2015 uno spazio dedicato a produttori, imprese, artigiani ed eccellenze territoriali Sarà il luogo di incontro a Expo Milano 2015 tra la produzione sostenibile e il consumo consapevole. Uno spazio dedicato ai produttori agricoli, agli artigiani, alle imprese responsabili, alle cooperative, alle attività commerciali e ai territori che promuovono prodotti e servizi attenti alla qualità, all’ambiente, alle tradizioni e ai diritti dell’uomo e che sottoscriveranno una auto-certificazione etica. Il Mercato del Padiglione Società Civile - Cascina Triulza vuole essere una vera porta di accesso a Expo per tutti questi operatori, anche quelli di piccole e medie dimensioni, offrendo concrete occasioni di partecipazione. Fondazione Triulza ha appena pubblicato la call con le specifiche per poter essere presenti nel Mercato del Padiglione Società Civile di Expo Milano 2015, struttura di circa 700 mq di superficie che sarà suddivisa in isole di metrature diverse opzionabili a moduli settimanali o per l’intera durata dell’Esposizione Universale. Territori,

reti di produttori, di cooperative e di imprese potranno opzionare degli spazi per dare la possibilità ai propri operatori di condividere e turnare in un’isola a loro dedicata. Le specifiche della call possono essere scaricate al link: http://www. fondazionetriulza.org/call-mercato/ «Il Mercato sarà uno dei punti nevralgici del Padiglione della società civile ed è stato ideato per diventare un vero spazio di incontro fra piccoli, medi e grandi produttori nazionali ed internazionali dell’economia sostenibile e un pubblico internazionale in cui sarà dunque possibile non solo vendere prodotti tipici dei territori di origine, ma anche instaurare un rapporto di scambio e di condivisione di esperienze», spiega Chiara Pennasi, Direttore del Padiglione. «Il Mercato di Cascina Triulza rappresenta una vera opportunità per le nostre eccellenze produttive e territoriali, non solo dal punto di vista economico e commerciale, ma anche culturale, in quanto servirà

a promuovere le produzioni locali, le filiere corte, l’artigianato e il consumo responsabile», continua Pennasi. Il Mercato sarà allestito nell’ex granaio di Cascina Triulza, un edificio aperto ma coperto progettato come un grande mercato di strada. Lo spazio sarà organizzato per fasce trasversali che individuano percorsi multipli per accogliere il pubblico dal Decumano e accompagnarlo direttamente dentro del Padiglione della Società Civile. Altri elementi caratterizzanti del grande Mercato di Cascina Triulza saranno la sua accessibilità - le isole sono state progettate per garantire la reale accessibilità di tutti i visitatori, con particolare attenzione ai disabili fisici e sensoriali - e il legame delle attività svolte al programma culturale del Padiglione: la presenza delle imprese nell’area mercato di Cascina Triulza sarà un’opportunità per ragionare sul valore condiviso, uno dei temi del Padiglione della Società Civile. www.fondazionetriulza.org


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daiterritori

Torna BRISA! la festa del teatro di Arci Bologna dedicata alle età difficili «Giovani adulti, anziani giovani, tardo adulti, grande vecchiaia». La vita si allunga, le fasce di età si moltiplicano e il linguaggio si modifica coniando un nuovo lessico demografico che ridisegna le tappe dell’esistenza, con contorni labili e incerti. La fragilità della terza età, l’eterna giovinezza cui sembrano destinate intere generazioni di precari, l’imprevedibilità dell’adolescenza: sono le età difficili del nostro tempo che proverà a percorrere la quarta edizione di B.R.I.S.A! - Bologna Riunisce i Suoi Artisti, attraverso le voci dei teatranti e di chi si avvicina al teatro per raccontare la sua storia. La Festa del Teatro promossa da Arci Bologna insieme ad Arci Teatro, la rete nazionale delle associazioni e dei circoli Arci che lavorano in ambito teatrale, si svolgerà a Bologna dal 27 al 31 ottobre, per dare spazio a giovani artisti e compagnie che faticano sempre più a trovare spazi, opportunità e risorse per emergere, vivere o addirittura sopravvivere. Un’occasione per celebrare il teatro aprendolo al grande pubblico che potrà partecipare gratuitamente ai laboratori e agli spettacoli in programma.

Tra le novità di quest’anno la collaborazione con Gender Bender (www.genderbender.it) promosso da Il Cassero LGBT Center di Bologna (www.cassero. it): la Festa del Teatro incontra il festival culturale internazionale dedicato alle nuove rappresentazioni del corpo e delle identità di genere martedì 27 ottobre alle ore 21, con la messa in scena di Coco, l’ultimo sogno del Teatrino Giullare. Si riconferma anche in questa quarta edizione la partnership con la Compagnia Teatro dell’Argine dell’ITC San Lazzaro che, insieme ad Arci Bologna, giovedì 30 ottobre al circolo Arci Brecht, presenta Viaggio di lavoro, esito del laboratorio teatrale rivolto a precari e inoccupati nato nell’ambito di B.R.I.S.A! 2013. Lo spettacolo sarà l’occasione per rilanciare la seconda edizione del percorso laboratoriale che si propone di riportare dentro una dimensione collettiva e di condivisione il tema del lavoro e le storie della crisi. Non mancheranno, come nelle scorse edizioni, i momenti di incontro e di confronto sulle difficoltà che i teatranti affrontano nel loro lavoro quotidiano e su nuovi possibili modi di fare e immaginare il teatro. In programma un workshop sul

crowdfunding, condotto dal giovane gruppo bolognese Ginger - reduce dalla campagna Un passo per San Luca (300mila euro raccolti per il restauro dei portici di Bologna) - e due incontri di approfondimento sugli adempimenti burocratici (Siae, Enpals, etc.) e sui nuovi regolamenti per accedere ai finanziamenti del Fondo Unico per lo Spettacolo, a cura di Teatrinrete (progetto promosso da Teatro delle Temperie in partnership con Teatro dell’Argine e Gli Incauti) e PAV, società specializzata in produzione, organizzazione e amministrazione di festival e spettacoli. La festa del teatro si chiude il 31 ottobre con l’incontro nazionale della rete Arci Teatro per nuovi progetti e future collaborazioni e con l’inizio del laboratorio residenziale, a cura del circolo Arci Sassi Scritti, condotto da Claudio Morganti. Tre giorni intensi sull’Appennino bolognese dedicati al tema del dialogo che lavora sull’arte del recitare, con uno dei più rilevanti attori e registi del nostro teatro. Per informazioni e iscrizioni: www.arcibologna.it Fb – Arci Bologna

MusicArci, ciclo di video interviste rivolte ai musicisti calabresi di Silvio Cilento circolo Arci Aprile

Situato nel cuore del centro storico di Cosenza, il Cavern Club dal 2002 è sede dell’Arci Aprile. Location suggestiva e poetica. La realtà del circolo è leggera e riflessiva, colorata e stimolante, elegante. Il Cavern Club, nel corso di questi anni, si è proposto come palcoscenico per gli artisti che ha ospitato, punta di diamante per quelli noti e trampolino di lancio per quelli meno noti. Conoscersi per proporre, promuovere, esporre. Cooperare, condividere, creare rete. Informarsi per informare. In vista della nuova stagione eventi Cavern at Work che partirà il 25 ottobre, il circolo ha lanciato la rubrica MusicArci, un ciclo di video interviste rivolte ai musicisti calabresi che hanno voglia di esporsi, farsi conoscere, parlare di sé. Interviste rivolte anche a tutti coloro che lavorano nel campo della musica, e a tutti quegli artisti che vogliono promuovere il loro lavoro, la loro realtà. MusicArci consiste in una serie di interviste, semplici ed

argomentate, discussioni in cui l’artista parla di se stesso, del suo lavoro, per tirar fuori la sua vera essenza, il suo vero io, quell’io genuflesso nella sua stessa arte. Le interviste sono condotte da Silvietto Sbirù, e verranno pubblicate sul canale youtube del circolo stesso: CavernClub Cosenza. «La partecipazione è grande, abbiamo intervistato i Vonhoa, gruppo Rock, Metal Cantautorale, New Wave di Corigliano Calabro, e Afredo Biondo, pianista e compositore che aprirà la stagione degli eventi del Cavern, ma l’agenda è ricca di appuntamenti e di entusiasmo» dice Silvietto. Sono molti gli artisti che si stanno proponendo alle interviste. Ragazzi curiosi e grati al circolo Aprile per l’iniziativa. Sabato 25 ottobre partirà il nuovo trimestre del Cavern Club, una serie di eventi guidati da un solo tema: il lavoro. La stagione che va da ottobre a dicembre è stata denominata Cavern At Work. Un tema ambizioso e complesso, ma anche delicato e prepotente visto il clima che si respira nel nostro Paese. Questa serie di

eventi nascono dalla voglia di esaminare e capire come il lavoro viene rappresentato nell’arte, nei libri, come il lavoro viene suonato e musicato. Una analisi guidata da uno spirito capace di osservare e cogliere quella sottile bellezza che alcuni argomenti nascondono. Sei concerti, sei mostre e tre film, che parlano, cantano e scrivono di lavoro. Un concorso fotografico aperto a tutti Una foto a mestiere e una raccolta di pensieri e riflessioni Parole a lavoro. Esposizione di libri a tema. Eventi che andremo a chiudere il 27 dicembre con un convegno ricco di riflessioni e idee attinenti al tema. Voglia di cambiare, cambiando. E il 30 dicembre con la proiezione de Il sud è niente di Fabio Mollo. Un calendario molto ricco dove la curiosità e le attività non mancano. Esserci per essere. Essere per imparare a conoscersi. «Il lavoro è un diritto e deve essere la rappresentazione dell’animo di ognuno. Ricchezza e vita». www.cavernclub.it


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Il comitato Arci di Imperia in più ha una nuova presidente Elisa Siri sostituisce Feli De Lucis dopo dieci anni di mandato di Alfredo Simone Arci Liguria

Svolta a 360 gradi all’Arci di Imperia. Lunedì 20 ottobre Elisa Siri è stata eletta dal consiglio direttivo a succedere a Feli De Lucis alla guida del comitato imperiese. Incarico prestigioso e impegnativo perché nei dieci anni del suo mandato, De Lucis ha profuso un generoso e proficuo impegno a favore dello sviluppo dell’associazione e della promozione dei valori del mutualismo e della solidarietà, come la stessa neo eletta ha sottolineato nel suo discorso di insediamento. Elisa Siri è ‘bi-laureata’ - in Scienze dell’educazione e in Scienze della formazione primaria - insegna all’stituto ‘Novaro’ di Imperia ed è sposata con Claudio Luppi, anch’egli membro del direttivo imperiese, con cui ha avuto Francesco, che oggi ha quattro anni. L’elezione di Elisa corona un percorso all’interno dell’associazione iniziato nel 2002, anno in cui decideva di svolgere il servizio civile volontario presso il comitato imperiese. In particolare, l’allora venticinquenne Elisa si impegnò in un progetto rivolto ai bambini con l’associazione Progetto Famiglia. «Lavorare coi bambini – spiega Elisa – mi faceva sentire utile e visto che non avevo obbligo di frequenza all’università mi è sembrato logico dedicarmi a queste attività, proseguendo così un percorso di volontariato in cui ero impegnata già da tempo». Al termine dell’anno di servizio civile Elisa era ormai di casa nella sede dell’Arci - ospitata dalla Società Operaia di via Carducci, a Porto Maurizio – e si era messa in luce per la disponibilità e le capacità dimostrate inducendo alcuni dei

dirigenti dell’epoca, tra cui Franco Carli, Matteo Lupi e Luca Salvo, a convincerla a continuare ad impegnarsi nell’associazione. In quel periodo Elisa si dedicò a diversi progetti, tra cui Donne in vista, uno sportello di consulenza per le donne migranti del territorio. Nel 2004 Elisa entra a far parte del Consiglio direttivo del comitato imperiese e del Consiglio regionale Arci e dieci anni dopo, eccola a dirigerlo. Con quali obiettivi? «Sarà sicuramente una gestione in continuità con quella precedente, cercando di lavorare soprattutto sullo sviluppo dei circoli, possibilmente aumentandone ulteriormente il numero, confortati anche da dati positivi relativi al tesseramento 2014, e su un loro maggior coinvolgimento con le attività del comitato. In particolare puntiamo a riproporre la Festa dei bambini, ripresa lo scorso anno, e farne un appuntamento fisso e qualificante. E poi ci sarà naturalmente il grande impegno in occasione del 70° anniversario della Liberazione». Il nuovo Consiglio direttivo è composto da: Elisa Siri (Imperia)presidente; Feli De Lucis (Dianese), Matteo Lupi (Sanremo), Massimo Ardoino (Imperia), Serena Regazzoni (Sanremo), Donatella Lasagna (Imperia), Ines Barletta (Imperia), Gianuligi Cappelletti (Ventimiglia), Elisa Furini (Imperia), Mounir Gabsi (Imperia), Khalid Rawash (Imperia), Shalifa Yahia (Imperia), Claudio Luppi (Imperia). Collegio dei Revisori: Lucio Sardi, Fabrizio Fraioli, Valerio Gismondi. Collegio dei Garanti: Rina Zanatta, Giuseppe Famà.

A Fano ‘La lotta kurda’ Da oltre un mese la città di Kobane resiste eroicamente agli attacchi delle forze dello Stato Islamico. Le donne e gli uomini che difendono la città kurda interpretano una lotta più ampia e complessa che parla di resistenza agli integralismi, confederalismo democratico, autodeterminazione femminile e nuovi scenari geopolitici. Se ne discuterà il 30 ottobre alle 17.30 al circolo Arci Artigiana, in via Mariotti 41 a Fano, con l’iniziativa La lotta kurda. Intervengono: Yilmaz Orkan, rappresentante in Italia del Congresso nazionale

kurdo; Arturo Salerni del collegio difensivo di Abdullah Ocalan; Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione Lazio. L’iniziativa è promossa dal circolo Arci Artigiana Fano e dal comitato provinciale di Pesaro e Urbino. Hanno aderito e parteciperanno Alternativa Libertaria/ FdCA, Anpi sezione ‘Leda Antinori’, associazione Fuoritempo, circolo giovanile ‘Salvador Allende’, Spazio autogestito Grizzly. fb Circolo Arci Artigiana Fano

restiamo umani PIACENZA Il 24 ottobre alle 21.30

al circolo Arci Vik sarà proiettata la prima piacentina di Restiamo umani. The reading movie ispirato alla storia di Vittorio Arrigoni. Saranno presenti Luca Incorvaia e Fulvio Renzi, autori del film-documento, che hanno raccolto le letture del libro (che era stato scritto da Arrigoni) interpretate nel film da diverse persone: da Don Gallo ad Egidia Beretta (mamma di Vik), passando per Ilan Pappé, Noam Chomsky e Moni Ovadia. fb circolo Arci Vik

il progetto di arci solidarietà ROMA Arci Solidarietà onlus presenterà venerdì 24 ottobre alle ore 17 nella Sala della Piccola Protomoteca, in Piazza del Campidoglio, il progetto Europe: A Homeland for the Roma. Si comincia con la proiezione del documentario Our dream realizzato nell’ambito del progetto; si prosegue con la tavola rotonda Le comunità Rom tra discriminazioni e strategia di inclusione; infine sarà proiettato il video Road to Castel Romano a cura di Arci Solidarietà. www.arcisolidarietaonlus.eu

il lavoro rende liberi MILANO Arci Ponti di memoria

presenta, nell’ambito della rassegna Milano e la memoria, lo spettacolo Il lavoro rende liberi con Daniele Biacchessi (voce narrante, testo, regia), Daniele Tenca (voce, chitarra acustica, stompbox), Heggy Vezzano (chitarra elettrica). Appuntamento il 25 ottobre alle 21 presso l’Auditorium di via Valvassori Peroni. www.pontidimemoria.it

la rassegna indignazione COLLEGNO (TO) Ha inizio il 30

ottobre e prosegue fino al 25 novembre IndignAzione, rassegna cinematografica sui diritti umani promossa da Arci Valle Susa, in collaborazione con altre associazioni locali, nell’ambito della 42esima stagione cinematografica di Suburbana. Si comincia al centro culturale L’incontro con la proiezione di 12 anni schiavo di Steve Mc Queen: la vera storia di Solomon Northrup che nel 1841, da uomo libero, viene rapito e venduto come schiavo in Louisiana. fb Arci Valle Susa


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azionisolidali le notizie di arcs

a cura di Francesco Verdolino

CAPODANNO IN CAMERUN CON IL WORKSHOP DI FOTOGRAFIA SOCIALE ‘ACQUA è VITA’! Arcs, all’interno del programma pluriennale dei campi di lavoro all’Estero di Arcs ed Arci , insieme al fotografo Giulio Di Meo e al suo partner camerunense Codebank 2000 sta organizzando per il periodo 28 Dicembre 2014 - 6 Gennaio 2015 un Workshop di Fotografia Sociale sul tema dell’acqua. Il corso ha l’obiettivo di guidare i partecipanti nello sviluppo di un racconto fotografico sulla realtà interessata, ma allo stesso tempo sarà anche occasione di avvicinare i partecipanti alle problematiche legate all’acqua in Camerun e di documentare la realtà del villaggio di Bankondji attraverso la fotografia. Il workshop si svilupperà in 9 giorni durante i quali si analizzeranno le diverse fasi necessarie alla realizzazione di un reportage: l’idea, la pianificazione del progetto, il lavoro di gruppo, il lavoro sul campo, l’editing e la presentazione finale del progetto. Ogni giorno si andrà in giro a fotografare, provando a catturare ‘istantanee’ che raccontino la vita e le attività del villaggio di Bankondji, che documentino le problematiche legate all’approvvigionamento di acqua e che denuncino le difficoltà affrontate dalla popolazione. La quota di partecipazione al workshop è di Euro 1.950 e comprende viaggio aereo da Roma a Yaoundè, visto, vitto, alloggio, assicurazione, spostamenti interni e partecipazione al workshop. Il Workshop è aperto a tutti gli appassionati di fotografia sociale che abbiano interesse a confrontarsi con la realtà locale e che siano dotati di spirito di adattamento, flessibilità, curiosità. La conoscenza della lingua francese faciliterà il contatto con le persone del luogo ma non è un requisito essenziale per partecipare al progetto. Il workshop si realizzerà se si raggiungeranno minimo 6 partecipanti. Le iscrizioni rimarranno aperte fino al 25 Novembre 2014. Per iscriversi al campo si deve inviare la scheda di iscrizione scaricabile dal sito di Arcs e leggere con attenzione il regolamento per i workshop fotografici. Per info e contatti: arcs@arci.it campidilavoro@arci.it

società

On line il terzo Libro bianco sul razzismo in Italia di Grazia Naletto presidente Lunaria

L’hastag #stopinvasione. Stesso slogan scritto sul palchetto, dal quale ha parlato l’ormai popolare leader della Lega Nord Matteo Salvini, accompagnato da un sottotitolo che conosciamo sin troppo bene: «prima gli italiani». Il successo della manifestazione organizzata dalla Lega Nord a Milano sabato 18 ottobre dovrebbe essere osservato con attenzione: segnala con molta chiarezza come la nuova strategia leghista possa riporre definitivamente in un cassetto la crisi attraversata dal movimento nel biennio 2011-2012, a seguito delle indagini che hanno coinvolto alcuni suoi esponenti di primo piano. L’accordo con alcune aree della destra italiana (a Milano ha sfilato anche Casapound), l’ambizione a diventare un partito nazionale, l’alleanza strategica con Marine le Pen, un utilizzo pianificato e più scaltro della comunicazione politica e dei mezzi di informazione, segnano un passaggio di fase. Sullo sfondo, l’obiettivo di riconquistare il consenso perduto, ma soprattutto quello di riempire il vuoto lasciato dallo sgretolamento del Partito delle Libertà e di attrarre almeno una parte dell’elettorato di estrema destra. Il 18 ottobre non ha sorpreso chi da tempo aveva messo in guardia dal liquidare la propaganda xenofoba e razzista avviata contro la ex ministra Kyenge come un fenomeno marginale e aveva evidenziato il ruolo inedito svolto dall’utilizzo dei social network nella produzione e riproduzione della propaganda politica nazionalista, stigmatizzante e intrisa delle forme più rozze del razzismo biologico. Lo ricorda l’analisi del dibattito pubblico e mediatico degli ultimi tre anni proposta in Cronache di ordinario razzismo. Terzo Libro bianco sul razzismo in Italia, curato da Lunaria, frutto del lavoro collettivo svolto per Lunaria da Paola Andrisani, Sergio Bontempelli, Guido Caldiron, Serena Chiodo, Daniela Consoli, Giuseppe Faso, Grazia Naletto, Enrico Pugliese, Annamaria Rivera, Maurizia Russo Spena, Duccio Zola basato sui 2566 casi di discriminazioni e violenze razziste, fisiche e verbali raccontati e denunciati attraverso il lavoro quotidiano di www. cronachediordinariorazzismo.org Il libro bianco evidenzia che lo spazio

del razzismo quotidiano non ha confini e gli anticorpi culturali, sociali, politici e istituzionali per restringerlo sono ancora insufficienti e inadeguati. Solo l’intensificazione del lavoro di rete tra attivisti antirazzisti, avvocati e giuristi democratici, docenti, operatori dell’informazione, intellettuali e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo può rafforzarli e renderli più incisivi. Lo testimoniano i numerosi ricorsi anti-discriminazione promossi dall’Asgi, ma anche la miopia e la pervicacia delle politiche nazionali ed europee sull’immigrazione e l’asilo, prime responsabili delle morti che attraversano il Mediterraneo: senza un’azione comune, condivisa e radicale della società civile a livello nazionale ed europeo, sarà difficile scalfirla. Il testo è disponibile per tutti on line qui https://www.lunaria.org/wp-content/ uploads/2014/10/impaginato-low.pdf Per l’edizione cartacea scrivere a: antirazzismo@lunaria.org

arcireport n. 34 | 23 ottobre 2014 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Carlo Testini Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 16 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia

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