Arcireport n 34 2015

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settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 34 | 8 ottobre 2015 | www.arci.it | report@arci.it

La pace come progetto politico per opporsi alla guerra di Franco Uda coordinatore nazionale Pace, solidarietà e cooperazione internazionale

Quando la forza delle idee cede il passo all’idea della forza c’è da preoccuparsi. Da diverso tempo non riecheggiavano, sia per bocca dei rappresentanti del Governo sia nei media, parole come «guerra», «attacco», «azione militare». Termini sinistri, che si addensano all’orizzonte come «lunghe nuvole nere» di dylaniana memoria. E, in uno scenario da tempesta perfetta, i signori della guerra si contendono gli assetti futuri del vicino oriente, ognuno con i suoi interessi. Da una parte la Federazione Russa, che pensa al futuro della Siria nel segno di una continuità alauita al governo; i suoi alleati sciiti, che cercano di cogliere l’attimo per un riequilibrio di potere nell’area contro i secolari nemici sunniti, rilanciati anche dallo sdoganamento internazionale dell’Iran dopo l’accordo nucleare con gli Usa; tutto in nome di un’offensiva contro daesh, pazienza se poi qualche bomba cadrà sulle teste dell’opposizione siriana o sui tanti civili in fuga dall’Is e dalla guerra civile. Dall’altra una coalizione internazionale a guida Usa, desiderosa di mettere le

proprie bandierine su quegli Stati, sulle loro preziose risorse del sottosuolo, sulle commesse economiche e commerciali che seguiranno; «l’Iraq ce lo chiede» - dicono - in nome della pacificazione dell’area e contro i nemici dell’occidente. Tutti comunque d’accordo per l’unico grande interesse che muove le guerre, lucidamente denunciato anche dal Papa: la produzione e il commercio delle armi. Alcuni esponenti del nostro Governo, un po’ spinti dai rumors di una possibile riduzione delle spese militari nella prossima finanziaria, un po’ tirati per la giacca dagli alleati atlantici che chiedono maggior impegno se si vuole successivamente partecipare ai tavoli della spartizione, sono intimamente attratti dall’intervento armato dei nostri Tornado, gli stessi aerei messi in pensionamento perchè ormai vecchi per essere sostituiti dai più nuovi (e costosi) F35. Con buona pace del nostro dettato costituzionale e della politica estera dell’Ue, vittima sacrificale preferita tanto dalla grandeur di iniziative unilaterali dei suoi Stati fondatori quanto dalla Nato. Ma, quale che sia l’esito della discussione

parlamentare e la decisione del nostro Governo, non possiamo dimenticare né sottacere che lì, in Siria, in Kurdistan, in Iraq, la guerra c’è: muoiono i bambini, le donne e i vecchi, vengono devastate antiche e preziose vestigia di civiltà e di arte, si infrangono i desideri e i sogni di vita, le speranze di libertà e democrazia. E quando i sopravvissuti tentano di sfuggire a qualsiasi costo a tanta barbarie, di ricostruire per sé e per i propri figli una vita degna di questo nome nella civile Europa, cominciano un esodo epocale, preda dei trafficanti di uomini, trovando la morte o la Fortezza, fatta di politiche egoiste, di muri invalicabili, di coscienze assopite, di umanità indifferente o ostile. Come se non bastasse arriva anche qualche schiaffo amico da parte dei soliti soloni che si chiedono dove siano i pacifisti. Se costoro pensano di trovare qualche anima bella che si accontenta di organizzare fiaccolate o cortei, sappiano che noi continueremo a farle ma che questo non ci basta più: abbiamo imparato che «un mondo diverso è possibile» e ora vogliamo declinarlo, punto per punto, superando l’idea della pace come orizzonte culturale e riaffermando la stessa come progetto politico. Un progetto politico che ha il pregio di non essere stagionale, di non dover inseguire nessuna scadenza elettorale, di ‘volere la luna’ con i piedi ben piantati per terra. La nostra proposta di legge di iniziativa popolare, che ha raccolto oltre 50 mila firme, per l’istituzione di una difesa non armata e nonviolenta, la sperimentazione dei Corpi civili di pace, la pratica del Servizio Civile Nazionale, il monitoraggio della legge sul commercio delle armi, per citarne solo alcune, vanno in questa direzione. Eppure dobbiamo anche andare oltre: necessitiamo di un pensiero nuovo e più complesso, così come è diventata la realtà che dobbiamo affrontare; abbiamo bisogno di un surplus di approfondimento e di specializzazione e allo stesso tempo emerge sempre più chiaramente la necessità di interconnettere ambiti, vertenze e proposte che spesso vengono condotti separatamente, col rischio di una carenza della visione d’insieme. continua a pagina 11


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Verso l’Assemblea nazionale dei comitati territoriali Continuiamo ad ospitare su Arcireport, in vista dell’Assemblea dei presidenti dei comitati territoriali Arci che si terrà a Roma il 10 e 11 ottobre, i loro contributi. Questa settimana intervengono Serenella Pallecchi Arci Siena, Ornella Pucci Arci Pesaro, Michela Faccioli Arci Verona e Gabriele Moroni Arci Valle Susa di Serenella Pallecchi presidente Arci Siena

Costruire una proposta di identità e un programma di lavoro per il futuro che siano quanto più possibile condivisi e partecipati da chi crede e lavora ogni giorno per promuovere i nostri valori fondanti. Questo è l’obiettivo primario con cui l’Arci di Siena ha chiuso lo scorso maggio il suo congresso provinciale, che mi ha confermato alla guida del Comitato provinciale che ho l’onore di guidare dal 2006. E questo è quello che porteremo all’attenzione dell’Assemblea nazionale dei comitati territoriali del 10 e 11 ottobre a Roma, con la nostra esperienza di un comitato in crescita, sia per i numeri che per la qualità delle attività politiche proposte, e una rinnovata partecipazione attiva da parte dei giovani. Con questo obiettivo, e forti della nostra voglia di crescere ancora, lavoreremo per consolidare il nostro patrimonio, fatto di strutture, persone e tante attività che costituiscono la nostra azione politica quotidiana. Al tempo stesso, lavoreremo, insieme al nuovo gruppo dirigente, per riappropriarci sempre di più del senso di appartenenza a questa associazione e del valore politico, culturale e valoriale che questa rappresenta fin dalla sua nascita. Quel valore che, se non mantenuto vivo quotidianamente, rischia di affievolirsi

I numeri di Arci Siena L’Arci provinciale di Siena conta oggi circa 10.600 soci, 103 circoli e associazioni affiliati, di cui 18 associazioni di volontariato iscritte al registro regionale. Il Consiglio provinciale eletto all’ultimo congresso è formato da 40 dirigenti, di cui 32 rappresentanti delle basi associative territoriali. L’età media dei suoi componenti è di 45 anni.

e di perdere senso. E questo noi non lo permetteremo. Negli ultimi anni il territorio senese non è stato risparmiato dalla crisi socio-economica generale e da una trasformazione dei modelli culturali di riferimento che ha colpito tutto il Paese. A questo si è unita una profonda crisi delle forze politiche di centro-sinistra, che ha portato, per noi, a una progressiva perdita dei punti di riferimento, sia politici che istituzionali. L’Arci senese, tuttavia, si è rimboccata le maniche e, forte della sua presenza radicata nel tessuto sociale di tutta la provincia, ha lavorato ogni giorno per

tutelare, sostenere e sviluppare le nostre basi associative, operando su più fronti e consolidando il rapporto soprattutto con organizzazioni e forze democratiche basate su valori a noi comuni. Siamo stati e saremo un soggetto attivo sul territorio, propositivo, leale, solidale e disponibile a fare rete. Ma siamo stati e saremo, per tutti, anche un interlocutore che chiede con forza il riconoscimento del valore sociale, culturale e politico che portiamo nel nostro agire quotidiano, senza più fare sconti a nessuno. Ci aspetteranno ancora momenti difficili, certo, ma sappiamo di avere i numeri, le competenze e la capacità politica per reagire e interpretare al meglio le istanze e i bisogni della collettività e del territorio senesi, sia presenti che futuri. I primi numeri che arrivano sono positivi, i soci dell’Arci provinciale sono in crescita e questo ci dà un ulteriore stimolo per guardare avanti con rinnovata fiducia, avviando nel migliore dei modi la campagna di tesseramento per il 2016. La volontà, l’entusiasmo, il senso di un ‘noi’ condiviso e la determinazione certamente non ci mancheranno.


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Verso l’Assemblea nazionale dei comitati territoriali di Ornella Pucci presidente Arci Pesaro

Il comitato provinciale dell’Arci della provincia di Pesaro e Urbino è attualmente composto da 68 circoli, di cui 59 con somministrazione e 9 senza, con attività esclusivamente culturali, per un totale di circa 8000 soci. Il territorio della nostra provincia è praticamente suddiviso in 3 aree, una che gravita su Pesaro, una su Fano e una su Urbino, che sono i nostri tre centri più importanti. Negli ultimi quattro anni il numero dei nostri circoli è variato da un massimo di 72 fino ad un minimo di 68 (-5%) che è il dato attuale, ed una erosione di soci pari a poco più del 10%. Si è comunque apparentemente bloccata una espansione che prima degli anni di inizio degli effetti pesanti della crisi sembrava naturale. La crisi ha colpito pesantemente anche la vita economica e sociale dei nostri circoli, anche di quelli più tradizionali e consolidati, ed ha depresso l’espansione di nuove pro-

gettualità che sono alla base della promozione e costituzione di nuovi circoli e di nuove attività. Proprio per questo una delle priorità del comitato è quella di promuovere nuovo associazionismo soprattutto tra i giovani attraverso la promozione dei valori di cui l’Arci è portatrice che sono anche alla base delle sue campagne. Il comitato territoriale ha sempre promosso attività culturali e attività ricreative verso i minori, alle quali si sono aggiunte negli ultimi anni attività di socializzazione e alfabetizzazione nei confronti dei migranti. Anche queste attività soffrono a causa della riduzione e in alcuni casi dell’azzeramento dei finanziamenti pubblici dedicati, per cui quasi tutti gli sforzi del comitato sono direzionati al mantenimento di queste iniziative, fondamentali per l’identità dell’Arci nel territorio. La crisi purtroppo non è solo economica ma anche politica e sociale e anche nelle

realtà che erano considerate più avanzate su alcuni temi non esistono più luoghi di confronto e di partecipazione, questa questione crediamo che per noi sia irrinunciabile e vogliamo rappresenti la priorità dei nostri prossimi programmi e progetti. Il fatto che la politica non si sia posto questo problema ha alimentato isolamento e rabbia, malessere sociale, sfiducia nelle istituzioni, permeabilità al razzismo e all’antipolitica. È una questione sociale che noi vogliamo riportare all’ordine del giorno. È una mission molto importante, a mio avviso, per tutta l’Arci e mi aspetto che la nostra direzione nazionale la faccia propria. Mi auguro che questa prima Assemblea dei comitati territoriali non rimanga una iniziativa isolata, che ci aiuti a trovare il modo di realizzare non solo un proficuo scambio reciproco, ma una sintonia tra centro e territorio che va recuperata e rafforzata per affrontare le sfide che abbiamo davanti.

di Michela Faccioli presidente Arci Verona

Se mi si chiede di indicare le priorità dell’intervento politico di Arci Verona sul territorio, sostengo esserci una necessità principale e più necessità ad essa subordinate e collegate. La principale o, meglio, quella generica, è creare una dimensione esterna all’associazione, trasferendo fuori di noi il portato di una struttura che consta di circa cinquemila soci/e e di ventisei basi associative, facendo quindi rilevare che agiamo nella società e che non siamo l’Arci solo quando ci troviamo all’interno delle mura, spero accoglienti e gratificanti, dei nostri circoli. Le subordinate riguardano il come, che spesso si traduce nel cogliere l’attualità. Ad esempio: al rientro dalla pausa estiva, ci siamo posti la questione di partecipare alla Marcia veneziana delle donne e degli uomini scalzi; perché andare fino a Venezia? Perché non marciare a Verona anche senza red carpet? In quattro giorni abbiamo organizzato la marcia, ad iniziare dalla Cgil e dall’Arci, e raccolto l’adesione di circa un’ottantina di organizzazioni, che non aspettavano altro, dopo mesi di incessante propaganda sulla presunta ‘invasione’ da parte dei profughi, per spargere umanità in dosi massicce. Ne è scaturita una bella, variopinta (ra-

gazzi e anziani, laici e religiosi, veronesi ‘de soca’ e nuovi veronesi) e partecipata manifestazione (per la cronaca: secondo noi circa 1.500 persone, per la Questura 1.000). Se mi si chiede quali sono le principali difficoltà che incontriamo, è facile rispondere che la coperta si fa sempre più corta; che se alcuni anni fa a settembre il saldo sul conto corrente non ci dava preoccupazioni, oggi è fonte di allarme; che i costi per il comitato e per i circoli tendono a crescere (si pensi ai corsi per la sicurezza sui luoghi di lavoro o al docu-

mento previsionale di impatto acustico) come pure la burocratizzazione (si pensi al modello EAS obbligatorio per le APS e non per associazioni di volontariato). Se mi si chiede quale tipo di supporto e di contributo potrebbe offrire Arci nazionale alla nostra attività sul territorio, cado in una serie di annose ripetizioni: credo in una formazione permanente dei dirigenti (nazionali e territoriali) sia culturale e politica sia gestionale; credo debbano essere riviste le tutele assicurative che di frequente non si rivelano tali; credo vada sedimentato il sapere di questa grande associazione (è da un po’ che non escono pubblicazioni di rilievo); credo non possiamo perdere altri treni rispetto alle possibilità di crescita (come è possibile, ad esempio, che una realtà con più di un milione di soci non abbia ancora messo a sistema una rete per un turismo sociale e responsabile?). Credo perciò in un certo numero di cose e nella facoltà dell’Arci di realizzarle. Sabato ci riuniremo nella prima Assemblea dei comitati e spero vi partecipino sia i dirigenti locali sia i dirigenti apicali perché l’Arci è un tutt’uno: la mano destra non può non sapere cosa fa quella sinistra e viceversa. Questione di disarmonia o di sintonia.


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Verso l’Assemblea nazionale dei comitati territoriali di Gabriele Moroni presidente Arci Valle Susa

Il comitato Arci Valle Susa insiste sulla parte ovest della provincia di Torino: la zona Ovest e sud-ovest dell’area metropolitana e le valli di Susa e Cenischia, del Sangone, della Stura di Lanzo, e la zona del basso Canavese. Una realtà nata nel 1980 e che oggi coinvolge più di 7000 soci aggregati in circa 50 associazioni aderenti. Il nostro territorio in questi ultimi vent’anni è stato attraversato dalle dinamiche provocate dallo scellerato progetto di una seconda linea ferroviaria di collegamento con la Francia, nota ai più come linea TAV Torino – Lione (anche se la velocità massima sarà inferiore ai 250 km/h previsti dalla Commissione Europea per parlare di Alta Velocità). L’opposizione popolare all’opera, l’uso della forza nello sgombero dei presidi No Tav e la successiva militarizzazione delle aree di cantiere hanno cambiato la vita delle comunità, facendo emergere tante esperienze di impegno virtuose, ma anche creando nelle stesse comunità

chiatrico di Collegno, dove oggi hanno sede tre circoli Arci e – presso la Villa5 – anche il comitato territoriale. Questo impegno, per restituire alla cittadinanza spazi che prima non erano fruibili, non ha però compensato completamente la crisi del modello di aggregazione di alcune strutture storiche del territorio, che sono venute a mancare per motivi legati alla proprietà delle sedi (legate spesso alla storia del PCI), ma anche per un difficile ricambio dei gruppi dirigenti. Sono calati i circoli ‘tradizionali’, ma è cresciuta la nostra capacità di accogliere nuovo associazionismo, associazioni che si occupano di teatro, musica, danza, attività educative e formative rivolte a bambini e adolescenti e al sostegno delle famiglie, che spesso sviluppano una molteplicità di iniziative ed attività, ma in una fase in cui non è più presente il sostegno delle amministrazioni comunali, fanno fatica a consolidare le proprie esperienze e a dargli sedi adeguate.

Il programma dell’Assemblea SABATO 10 OTTOBRE 2015 h 11       Accoglienza dei partecipanti h 11.30 Apertura dell’assemblea, relazione introduttiva         della Presidente nazionale Francesca Chiavacci h 12.30 Sessione dedicata al tema del tesseramento        Introduzione di Gabriele Moroni,       responsabile Macro area 4 h 14.30 Dibattito relativo      alla sessione sul tesseramento h 15.30 Sessione dedicata al tema dello     sviluppo associativo     Introduce Filippo Miraglia,      vice Presidente nazionale Arci h 17   Sessione dedicata       alla sostenibilità economica     Introduce Greta Barbolini,     responsabile Macro area 3 h 18.30 Sessione dedicata        ai nuovi servizi         Introduce Francesca Coleti,        responsabile Macro area 5

una profonda frattura fra favorevoli e contrari all’opera. Di queste dinamiche hanno spesso risentito anche le nostre associazioni, soprattutto nei rapporti con quelle (poche) amministrazioni comunali favorevoli all’opera, ma non solo. Tutto questo non ci ha impedito di fare la nostra parte, informando su un’opera che persino un esperto di trasporti come Marco Ponti (che è stato consulente della Banca Mondiale) ha definito inutile e «di una stupidità fenomenale». In questi anni ci siamo molto impegnati nel recupero e nella valorizzazione degli spazi del Parco dell’ex Ospedale Psi-

Stiamo avviando una fase di ricognizione dello stato di salute dei nostri circoli e di riorganizzazione del comitato territoriale, ed in questo percorso sarà importante il rapporto con il regionale ed il nazionale, soprattutto per quanto riguarda il tema dello sviluppo di nuova progettualità. In questo quadro intendiamo ripensare anche il nostro rapporto con i comitati della provincia e del Piemonte, immaginando di costruire luoghi stabili, non solo di confronto, ma di costruzione di attività e servizi comuni a supporto di associazioni e circoli e strumenti che favoriscano lo sviluppo di nuovo associazionismo.

DOMENICA 11 OTTOBRE 2015 h 9     Ripresa dei lavori      Sessione dedicata      ai servizi di tutela      e di formazione      (Osservatorio Legislativo)      Introduce Gabriele Moroni h 10.30 Sessione dedicata alle politiche     sulla comunicazione      Introduce Francesca Chiavacci h 12   Dibattito e conclusioni


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10 ottobre: Giornata mondiale della Salute Mentale di Ugo Zamburru coordinatore Arci Nuovo welfare e politiche di inclusione sociale

Il 10 ottobre, Giornata mondiale della Salute Mentale, serve per parlare di un problema (circa mezzo miliardo di persone afflitte da problemi psichici) e cercare soluzioni. Con questo intento, le passate edizioni son state a tema: nel 2011 il focus era sulle strategie preventive, nel 2010 sul rapporto tra salute mentale e patologie fisiche croniche, nel 2009 sulla depressione. Iniziamo questo articolo con le parole del Segretario Onu: «I disturbi psichici sono presenti in tutte le culture e possono apparire in qualsiasi momento della vita… sono spesso associati a povertà, marginalizzazione e disadattamento sociale. Inoltre, disturbi mentali si manifestano spesso nel contesto di conflitti e crisi umanitarie». Una mia considerazione: gli studi internazionali associano l’aumento delle patologie psichiche (soprattutto depressione, ansia, alcolismo e suicidio) con i fattori economici, dato sul quale poco incidono le politiche sanitarie, sempre più volte a intendere la patologia come un problema medico cui dare risposte farmacologiche. Ma se la causa è da ricercare nella mancanza di orizzonti sociali e lavorativi e quindi di autonomia sociale e affettiva, occorre spostare il focus: è malato un giovane pieno d’ansia perché non ha sbocchi lavorativi o un cinquantenne disperato perché la ditta ha chiuso

e non sa come mantenere la famiglia, o è malato un sistema che socializza le perdite e privatizza i guadagni, in cui il mantra del libero mercato produce diseguaglianze sempre più marcate (Valletta guadagnava come amministratore delegato Fiat 20 volte lo stipendio di un operaio negli anni ‘60, Marchionne 430 volte!)? Proseguiamo col discorso del Segretario Onu: «I sistemi sanitari di tutto il mondo fanno fronte a sfide enormi per garantire assistenza psichiatrica e tutelare i diritti umani di quanti soffrano di gravi disturbi. Le risorse disponibili sono insufficienti, distribuite in modo iniquo e usate in maniera inefficiente. Ne risulta che gran parte di coloro che sono afflitti da disturbi mentali non riceve nessuna cura». Altre mie riflessioni: occorre una sottolineatura della trasformazione della salute in un business, come rilevato da due libri di importanza capitale: Indagine su di una epidemia di Whitaker, giornalista che mette in evidenza come gli effetti psicotropi degli psicofarmaci siano stati scoperti casualmente e non per una ricerca basata su ipotesi precise sul funzionamento del cervello. Questo dimostra la difficoltà nel conoscere a fondo il loro meccanismo d’azione, gli effetti terapeutici e i possibili effetti collaterali a lungo termine, ma soprattutto mette

L’iniziativa a Udine In occasione della Giornata mondiale della Salute Mentale, la cooperativa sociale Itaca in collaborazione con il Comune di Udine, AAS n.4 Friuli centrale, DSM di Udine, Comunità Nove, Ordine dei giornalisti del Fvg, CipArt - Gruppo di arte economica, Arci Comitato Territoriale di Udine, Circolo Arci Hybrida, Gruppo Teatrale Arci CCFT, Qudu Edizioni, associazione culturale Porto dei Benandanti di Portogruaro, Librerie di Udine, promuove, dal 5 al 10 ottobre, una serie di eventi per portare in città i colori della salute mentale. Per trovare parole nuove che la raccontino, lontane da stigmi e preconcetti; per provare a scalfire i timori che il disagio mentale porta con sé; per contrastare la grande paura del diverso; per restituire dignità e dare sostegno alle persone che vivono queste difficoltà; per chiedere alla comunità di farsi aperta e includente;

perché riguarda tutti; per lasciarsi colorare; per dimostrare con l’arte, la poesia, il teatro, la musica che «da vicino nessuno è normale». Ricchissimo il programma che spazierà dalla fotografia al giornalismo, dal teatro all’arte, dalla poesia alla musica, grazie anche al coinvolgimento del territorio. Il contributo dell’Arci è culturale, con il circolo Arci CCFT, gruppo teatrale che animerà la giornata con uno spettacolo itinerante, appunti su un’esperienza di gruppo all’interno del tema della salute mentale e del circolo Arci Hybrida che cambierà il volto dei palazzi del centro storico con proiezioni e light show. Il circolo Arci Hybrida è inoltre l’organizzatore del concerto finale Matteotti Mombu & Oddateee in piazza, concerto di musica rock/jazz/hip hop. Programma dettagliato sulla pagina facebook Arci Comitato Territoriale Udine

in discussione il modello meramente biologico della malattia mentale. L’autore non nega che gli psicofarmaci siano utili o addirittura indispensabili nelle fasi acute del disagio psichico, ma mostra come un loro uso troppo prolungato possa contribuire alla cronicizzazione del quadro morboso, con una paradossale maggiore facilità di ricaduta nella malattia. Consiglio la visione di Le ali spezzate, rintracciabile su youtube, che affronta questo problema. Un secondo libro rappresenta una pietra miliare: Medicine letali e crimini organizzati, il cui autore, Goettsche, è uno dei più rinomati studiosi di metodologia della ricerca medica. In questo libro racconta le complicità tra medici corrotti e agenzie dello Stato che non svolgono il proprio ruolo per permettere una mercificazione tesa unicamente a vendere prodotti farmaceutici in maniera inappropriata e senza badare alla salute delle persone. L’autore definisce la psichiatria il paradiso dei profitti di tali multinazionali. Non vorremmo che prevenzione significasse diagnosi (?) precoci per psichiatrizzazione precoce con somministrazione di farmaci come unica risposta. Eco perché cadono nel vuoto le ultime parole del discorso del Segretario Onu: «Su un piano più ampio, occorre fare di più per integrare la consapevolezza di questa problematica in tutti gli aspetti delle politiche sociali e sanitarie, della pianificazione sanitaria e dell’assistenza sanitaria generale primaria e secondaria. La salute mentale è fondamentale per il benessere personale, le relazioni familiari e la capacità dell’individuo di contribuire alla costruzione del tessuto sociale». Anche quest’anno verranno promosse iniziative in tutta Italia volte a diffondere le informazioni necessarie per le politiche sociali e sanitarie, per favorire l’integrazione e combattere lo stigma sulle persone. A questo punto è necessaria una riflessione sul ruolo che può svolgere l’Arci: la Commissione nazionale politiche di inclusione sociale ha in progetto una ‘Carovana della salute mentale’ che metta in rete le pratiche che si svolgono in tanti nostri circoli portando l’attenzione in maniera non ideologica, ma su basi scientifiche, sulla complessità del tema, promuovendo la conoscenza di libri come quelli citati e mettendo a disposizione i nostri spazi e la nostra creatività per una reale integrazione e per la promozione dell’autonomia e del diritto delle persone.


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Tre giorni per discutere di musica dal vivo di Federico Amico coordinatore Commissione Buone pratiche e Diritti Culturali

Dal 1 al 3 ottobre ancora una volta a Mantova l’Arci si è riunita per far incontrare le tante, straordinarie esperienze che si occupano di musica dal vivo. 34 partecipanti da 21 comitati territoriali e regionali (da nord a sud) hanno animato la tre giorni mantovana discutendo di musica dal vivo toccando vari aspetti, anche grazie all’interessante contributo dei vari ospiti che ci hanno fatto visita. Erika Buzzo (Patamu), Lucian Beierling (Soundreef), Angelo Rindone (Produzioni dal basso), Andrea Poltronieri (CCIAA Mantova), Andrea Caprini (Assessore Welfare Mantova), Tommaso Sacchi (Assessorato Cultura Firenze), Lorenza Baroncelli (Assessore Rigenerazione Urbana Mantova), Costantino Zappino (Comune di Vercelli), On. Veronica Tentori, sono coloro con cui abbiamo interloquito in forma di laboratorio, confermando così la bontà della scelta di condurre la discussione sotto il profilo formativo e che hanno portato stimoli importanti. Dall’approfondimento sulla convenzione nazionale SIAE, alle emergenti forme di tutela del diritto d’autore; dal finanziamento e la comunicazione tramite il

crowdfunding, alle economie di collaborazione e rivisitazione delle funzionalità degli spazi; dalle delibere comunali sulla sburocratizzazione degli spettacoli dal vivo, all’attenzione del parlamento per la legislazione sulla musica; sono i temi che hanno arricchito l’elaborazione dell’Arci toccando perciò molti argomenti, alcuni per niente scontati. W il Live 2015 è stata inoltre l’occasione per raccogliere dai comitati e dai circoli indicazioni sul rilancio della rete Real, la rete dei circoli che fanno musica dal vivo, ascoltando le problematiche sempre più impegnative e provando a formulare risposte in merito. Come saprete il mondo della musica sta attraversando un periodo di grandi trasformazioni e di grande difficoltà e crisi. Gli stessi circoli e i nostri Festival stanno a fatica cercando di riconfigurarsi per rispondere alle nuove domande e allo scenario musicale in profonda trasformazione, non senza difficoltà. Per questo al fine di accompagnare i processi di trasformazione o upgrade delle nostre basi associative abbiamo affrontato anche i temi del finanziamento di massa per la realizzazione di progetti musicali.

Così come ci è apparso necessario approfondire quanto sia possibile progettare uno spazio per la musica sostenibile, anche attraverso modalità che apparentemente possono avere poco a che fare con lo spettacolo dal vivo, ma che possono rappresentare una risposta alle necessità evidenti di rendere vivo e vitale lo spazio del circolo a 360°, ben oltre le canoniche serate dedicate al concerto. Senza volerne fare delle parole magiche, co-working o fab lab possono rappresentare implementazioni significative per promuovere nuove modalità di aggregazione e produzione, e quindi contribuire a riprogettare spazi e attività. Non solo incontri però a Mantova. Come di prassi la sera è stata riservata alla musica emergente e indipendente e sui palchi dei circoli Virgilio e Tom si sono alternati gli Hot Quivers, Dandy, Freddy Key, Inoki, Fasano e L’orso; come a dimostrare che all’Arci, come diceva Tom Benetollo, «bisogna fare, non solo dire». Un ringraziamento particolare al comitato di Mantova e ai circoli Tom e Virgilio per la calorosa e splendida accoglienza che hanno riservato a tutti noi.

100 artisti dall’Europa e dal Mediterraneo fanno tappa a Genova dal 19 al 22 ottobre di Davide Traverso Arci Liguria

Un ricco programma scaturito dalla collaborazione tra Arci Liguria e Comune di Genova coinvolgerà più di 100 artisti, selezionati tra i partecipanti alla 17esima edizione della Biennale dei giovani artisti del Mediterraneo, in una 3 giorni di workshop e iniziative nel centro storico di Genova. Molte le collaborazioni messe in campo, per un percorso che da Palazzo Ducale, sede della Fondazione Cultura, raggiungerà i centri di produzione e fruizione culturale del centro storico della città, con un ruolo da protagonisti per i nostri circoli: il Teatro Altrove con il circolo Belleville e il Count Basie Jazz Club, ospiteranno le performance dal vivo di musicisti e scrittori presenti tra gli artisti selezionati; Il circolo 4Green ci accoglierà nella splendida cornice di Castello d’Albertis, sede del museo delle culture del Mondo; Disorderdrama sarà impegnato nell’organizzazione di alcuni workshop artistici. Entrando nel dettaglio, la giornata del 20 ottobre vedrà al mattino una serie di

visite guidate al centro storico e ai musei della città in collaborazione con il progetto Tellinge, che ha coinvolto nel corso di tutto l’anno Arci Liguria, Radio Gazzarra e il circolo A-Pois nella costruzione di nuovi racconti e percorsi della nostra città. Al pomeriggio si entra nel vivo dei workshop con Andrea Baldelli maestro serigrafo di Corpoc (www.corpoc.com); che introdurrà gli artisti alle tecniche della serigrafia con dimostrazioni di stampa, in collaborazione con l’associazione Disorderdrama e il Gelati Fanzine Festival. In contemporanea sarà possibile partecipare ad un laboratorio con Rui Frati direttore del Théâtre de l’Opprimé Paris, con il quale Arci Liguria sta realizzando il progetto Isolat, che coinvolge educatori provenienti da Portogallo, Romania, Palestina e Italia alla conoscenza e utilizzo del teatro dell’oppresso quale metodo educativo nelle attività realizzate con i giovani. Sempre nel pomeriggio, a cura del Campionato mondiale di pesto genovese al mortaio, verrà realizzata una

dimostrazione che coinvolgerà i partecipanti nella produzione del famoso pesto alla genovese. La giornata di mercoledì 21 ottobre sarà invece tutta dedicata alla collaborazione con il Festival della Scienza, una manifestazione dall’intrinseco carattere internazionale con un programma diversificato, dove trova spazio una particolare attenzione all’incontro tra arte e scienza. Alla mattina l’incontro con Nicholas Humphrey, psicologo inglese, conosciuto per i suoi lavori sull’evoluzione dell’intelligenza e della coscienza umana. Studiò i gorilla con Dian Fossey in Ruanda, fu ilprimo a dimostrare l’esistenza di una ‘vista cieca’ dopo un danno al cervello nelle scimmie, propose la celebre teoria della ‘funzione sociale dell’intelletto’. Nel pomeriggio incontro con Anna D’Ambrosio curatrice della galleria Amy-d e con Athanassia Athanassiou, senior researcher coordinator of smart materials group nanophysics Department, Istituto Italiano di Tecnologia.


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La Carovana in Sicilia di Rodolfo Ungheri carovaniere

Quello del carovaniere è un ruolo su cui a volte aleggia un velo di mistero e misticismo. Sembra quasi, delle volte, che tu sia una specie di Che Guevara (quello delle magliette) arrivato a liberare i popoli dall’oppressione, per fortuna solo per qualche minuto iniziale. Ma se devo essere sincero, in Sicilia questa sensazione non ce l’hai quasi mai. Qui storicamente quelli che arrivano da fuori non vengono mai per liberarti. Una delle contraddizioni, che emergono viaggiando per la Sicilia, è che ha difficoltà a radicarsi la convinzione che, come diceva il tipo delle magliette prima citato, un popolo può liberare se stesso. Ma succede, e credo sia doveroso ringraziare tutti quelli che hanno dato questo senso alla Carovana siciliana. Ringraziamo i bambini, le famiglie e le associazioni che allo Zen 2 di Palermo hanno dato vita al Festival delle culture (per strada, perché la piazza, nonostante abbiano ripulito una discarica in mezzo ai palazzoni, piantumato degli alberi e posizionato un Genio – simbolo delle piazze storiche di Palermo - al centro dello spazio ricavato, la piazza, dicevamo, ancora non ce l’hanno). Un ringraziamento ‘A testa alta’ va all’associazione che ci ha portato sul luogo

dell’uccisione del giudice Livatino, esattamente 25 anni dopo, a Canicattì, e poi al centro sportivo ‘Falcone e Borsellino’ di Licata, un bene confiscato in cui oggi si svolge un torneo di calcio per dire no alle mafie e dove tante associazioni si sono incontrate per parlare di territorio, lotte e soluzioni. Ringraziamo i Pupi di Surfaro, le cui note a San Cataldo hanno accompagnato la voglia del circolo AttivArcInsieme di non smettere di vegliare sulle mille assurdità che ci vengono imposte, come la svendita di ettari di bosco per alimentare le centrali a biomasse senza nemmeno un piano di rimboschimento. Ringraziamo la cooperativa Passwork, che a Canicattini Bagni sta facendo del lavoro

lo strumento di riscatto ed emancipazione dei cittadini vecchi e nuovi, e forse per questo è stata vittima nelle settimane scorse di un tentativo di intimidazione. Ringraziamo gli animatori sociali che nella scuola Chindemi del quartiere Mazzarrona di Siracusa con il sostegno delle istituzione e della fondazione di comunità Val di Noto stanno dando vita a Malala, una casa delle associazioni che faccia della scuola un luogo di incontro e di crescita per tutti gli abitanti del quartiere. Ringraziamo le scuole e gli studenti catanesi che hanno accolto l’invito ad osservare il proprio territorio per capirlo e per capirsi, il punto luce di Save The Children che sta animando la piazza recentemente intitolata a Beppe Montana per strapparla al degrado ed allo spaccio, la casa di quartiere di San Berillo che vuole diventare catalizzatrice della rigenerazione urbana dal basso dello storico quartiere catanese. Ringraziamo infine il coordinamento Libera Messina, Addio Pizzo Messina, il circolo Arci Thomas Sankara e l’Istituto Comprensivo Villa Lina per quella testardaggine che porta ogni giorno a non trovare scorciatoie e che ci fa continuare a dire: «Adelante!»

Prosegue il viaggio della Carovana Dopo aver viaggiato in Francia con le tappe di Nimes, Decazeville, Mende e Perpignan, la Carovana Internazionale Antimafie promossa da Arci, Libera, Avviso Pubblico, Cgil, Cisl e Uil è tornata in Italia, dove sarà in Lombardia fino al 10 ottobre. Il 6 ottobre a Milano, presso la Regione Lombardia, i carovanieri hanno partecipato all’incontro Grandi opere e appalti di servizio: le periferie del Lavoro. A seguire la visita a Casa Chiaravalle, il più grande bene confiscato alla mafia nel territorio lombardo, ora adibito all’accoglienza di progetti e campi di lavoro antimafia. Nei giorni successivi la Carovana sarà a Lecco, Como, Bergamo, Brescia, Mantova, Cremona, per concludere il suo viaggio lombardo ritornando a Milano e intervenendo ad Expo, nello spazio Cascina Triulza, con un laboratorio rivolto a 130 ragazzi provenienti dalle scuole superiori di Cremona sul tema

delle agromafie. Tornerà poi in Francia e di là si sposterà in Germania, paese in cui farà tappa per la prima volta, per tornare in Italia, passando per Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata.

Saranno coinvolti nelle iniziative delle varie tappe magistrati, sindaci e amministratori locali, operatori sociali, studenti, cittadine e cittadini. Tutti gli aggiornamenti su www.carovanaantimafie.org


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migranti

Approccio hotspot. Obiettivo: identificare di Valentina Itri Ufficio Immigrazione e Asilo Arci nazionale

Ricordate quando ci chiedevano di accogliere con favore l’operazione Triton, in sostituzione di Mare Nostrum, perché rappresentava la condivisione di responsabilità tra i paesi dell’UE? Omettendo, con dolo, che mutava completamente la finalità dell’operazione: dal salvataggio delle persone si passava alla protezione delle frontiere. La stessa strategia viene applicata ora dalla CE per presentare l’approccio hotspot: vogliono farci credere che sia un’operazione ispirata al ricollocamento dei rifugiati che arrivano in Italia e Grecia in tutti i paesi membri, argomentando che sono i primi passi verso un sistema d’asilo europeo che alleggerirà l’Europa mediterranea nella gestione degli arrivi. Non è così. L’approccio hotspot risponde alle paure degli Stati di accogliere le persone in fuga dai conflitti senza che vengano immediatamente identificate. Andiamo per ordine. Il Consiglio Europeo ha adottato una misura di emergenza, che quindi non

ha necessitato di avvallo del Parlamento Europeo, per cui i richiedenti asilo appartenenti a una nazionalità il cui tasso medio europeo di riconoscimento della protezione internazionale sia pari o superiore al 75%, e giunti in Europa dopo il 23 marzo 2015, hanno diritto ad esser ricollocati. Tutto l’impianto ha un presupposto razzista che nulla ha a che fare con il diritto d’asilo e con la sua soggettività. Di fatto attualmente potranno essere ricollocati solo eritrei e siriani. Questo presupposto è fondamentale per comprendere l’inefficacia dell’operazione anche dal punto di vista dell’Italia e delle nostre difficoltà di gestione del fenomeno. Nel 2014 sono sbarcati in Italia 34.329 eritrei, di cui solo 480 hanno chiesto asilo, e 42323 siriani, di cui solo 505 hanno chiesto asilo. L’approccio hotspot cerca di ‘legalizzare’ lo spostamento dei richiedenti asilo eritrei e siriani che già non gravavano sul sistema di accoglienza italiano in quanto si allontanavano volontariamente

prima di essere identificati. L’Italia si è quindi impegnata a identificare tutti in cinque aree portuali: Lampedusa, Porto Empedocle, Pozzallo, Trapani, Augusta e Taranto. Qui le persone che vogliono chiedere asilo dovranno subito dichiarare la loro volontà e farsi identificare altrimenti verrà immediatamente notificato loro un provvedimento di espulsione e verranno trasferiti nei CIE per esser rimpatriati. Improvvisamente si chiede agli eritrei, tra le principali vittime dei naufragi in mare, di fidarsi. Un approccio che ha già provocato conflitti a Lampedusa, dove l’accoglienza rischia di esser di nuovo trasformata in trattenimento; un approccio che non è spiegabile a persone che hanno rischiato la propria vita per raggiungere l’Europa. Un approccio che chiede a noi enti di tutela di fare da cuscinetto, di filtrare, di persuadere: eppure l’unica cosa che adesso possiamo fare è denunciare le discriminazioni che si stanno mettendo in atto.

Le rotte dei profughi nello scacchiere balcanico di Sara Prestianni Ufficio Immigrazione e Asilo Arci nazionale

La gestione del passaggio dei profughi nella rotta balcanica diventa sempre più organizzata. Mezzi di trasporto coordinati dai Governi accompagnano i rifugiati da un punto all’altro della frontiera, facendoli transitare solo qualche ora in centri dove sono identificati. Alcune frontiere si chiudono ed altre se ne aprono, le rotte cambiano, ma restano sempre controllate dai vari Governi. I migranti, convogliati da un estremo all’altro del paese, diventano invisibili. Fino ad oggi la rotta più battuta é quella che attraversa Macedonia, Serbia, Croazia, Ungheria, Austria e Germania. Ma lo scacchiere delle frontiere Balcaniche è in continuo movimento. Si parla di una possibile chiusura della frontiera croato-ungherese, completato il secondo muro di Orban. Due gli scenari possibili che si aprono: dalla Croazia i rifugiati saranno portati in Slovenia e da lì in Austria, escludendo quindi l’Ungheria dalle rotte, oppure la Serbia si accorda con la Romania che diventa il nuovo punto di passaggio. Al parco Bristol di Belgrado restano solo qualche centinaio di profughi. Sono

spesso quelli più vulnerabili. L’assetto dell’accampamento resta uguale: tende ovunque, ma qui possono ricevere informazioni, vestiario, cibo, cure mediche. Sono centinaia i volontari che affiancano le numerose organizzazioni presenti. Molti i cittadini che offrono vestiti o cibo. La solidarietà arriva fino alla frontiera. Al valico di Babska, dove sono convogliati la maggior parte dei rifugiati che entra in Croazia, ci sono decine di organizzazioni in un campo coordinato dalla Croce Rossa, da Msf, da Unhcr e da varie associazioni locali. Ci sono anche volontari venuti da altre città della Serbia. Poco prima della frontiera croata, ci sono un gruppo di volontari della Repubblica Ceca. Offrono té caldo ed un sorriso, ma anche informazioni scritte in varie lingue su cartoni. Viene spiegato che, superati i 150 metri che separano la Croazia dalla Serbia, i profughi devono percorrere 1 km a piedi, saranno poi portati negli ‘shelter’ croati, identificati ed accompagnati alla frontiera ungherese. Da lì passeranno ‘illegalmente’ a piedi la frontiera, e continueranno il loro cammino verso l’Austria.

Nei punti non ufficiali di passaggio, come Subotica, non resta quasi più nessuno. In mezzo ai rifiuti restano solo qualche decina di persone. Pachistani. Sono passati dalla Bulgaria. Il resto entra nel sistema ufficiale. Anche gli shelter, i centri di identificazione, si strutturano sempre più. Uno è in costruzione vicino a Subotica, nel caso riapra la frontiera serbo-ungherese. C’è però una minaccia che potrebbe stravolgere i meccanismi di passaggio dei rifugiati attraverso la rotta Balcanica: la firma di un accordo tra UE e Turchia per chiudere le frontiere. Dalle prime dichiarazioni si tratterebbe di un controllo rinforzato della frontiera grecoturca in cambio di un finanziamento dei campi profughi dove la Turchia accoglie più di 2 milioni di siriani ed una eventuale quota per accessi legali al territorio. Questo reportage è stato realizzato in occasione della partecipazione al Transeuropa Festival che si è tenuto a Belgrado e a cui l’Arci è stata invitata da European Alternative per costituire, con le associazioni balcaniche, una rete internazionale di solidarietà.


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informazioneecultura

Il Premio Politkovskaja al blogger bangladese Asif Mohiuddin di Francesca Chiavacci presidente nazionale Arci

La mattina di venerdì 2 ottobre, a Ferrara, durante la cerimonia inaugurale del Festival di Internazionale, ho avuto l’onore, in qualità di rappresentante di Arci nazionale, di consegnare il Premio Politkovskaja ad Asif Mohiuddin, blogger e attivista bangladese. Si trattava della settima edizione di questo premio, istituito come omaggio alla memoria e al lavoro di denuncia della giornalista russa uccisa a Mosca il 7 ottobre 2006. Il riconoscimento vuole sostenere l’impegno e il coraggio di giovani giornalisti che nel mondo si sono distinti per le loro inchieste e che mettono in gioco la loro vita per la libertà di stampa. Il premio assegnato quest’anno rappresenta al meglio le battaglie dell’Arci per la laicità, la parità dei diritti di genere, la lotta contro

i fondamentalismi e per la democrazia. È stato davvero un onore conoscere Asif, che si è battuto lungamente per la parità di genere, scrivendo articoli contro il maschilismo, la pena di morte per apostasia nell’Islam e denunciando le violenze domestiche di cui migliaia di donne sono vittime nel suo paese. Il Bangladesh ufficialmente è un Paese laico, anche se oltre il 90% dei suoi 160 milioni di abitanti è musulmano, e Asif ci ha spiegato come invece questa laicità ‘ufficiale’ sia contraddetta quotidianamente da ciò che avviene in tema di sistema di istruzione, regole di convivenza, parità di genere. Nel 2013 Mohiuddin è stato aggredito e accoltellato all’esterno della sua abitazione da quattro giovani fondamentalisti, ispirati dal leader di

L’anteprima di Left Cosa c’è dietro la polemica tra Renzi e i talk politici della Rai? Left questa settimana affronta il tema della comunicazione nelle reti pubbliche ai tempi di Renzi e lo fa con personaggi che hanno fatto la storia dell’informazione televisiva. Corradino Mineo, senatore Pd e per anni direttore di Rai News 24, analizza il conflitto per arrivare a una conclusione: Renzi teme le critiche e per questo motivo «gli serve che giornali, telegiornali suonino all’unisono la grancassa, che vedano la ripresa, diffondano ottimismo, denuncino il pericolo del populismo, cancellino le minoranze». Insomma, dopo la Buona scuola, la Buona informazione. Giovanni Minoli, ‘padre’ di Mixer e di programmi storici del servizio pubblico, ex direttore di Rai2, Rai3, Rai Educational, Rai Storia, intervistato dal direttore di Left Ilaria Bonaccorsi, è categorico: «La televisione ha vinto sulla politica e l’ha distrutta, perché ha consumato il significato della parola». Loris Mazzetti, capostruttura Rai e braccio destro di Fabio Fazio affronta invece il tema ‘caldo’ della riforma del

servizio pubblico. «La realtà è che il governo, con tutto quello che avrebbe potuto e dovuto fare, ha partorito un topolino». La Rai è ancora di più dipendente dai partiti e, in sostanza, Renzi non ha voluto intervenire sulla legge Gasparri. Infine, il ritratto dell’uomo chiave della comunicazione renziana: Filippo Sensi, molto più di un portavoce… In Società, Left ritorna sul problema delle droghe, con un racconto da un rave in cui gli operatori si sono occupati concretamente di riduzione del danno. Negli Esteri l’Afghanistan: il presidente di Medici senza frontiere Italia, Loris De Filippi, spiega il fallimento della politica occidentale. Ancora il tema dei migranti con un reportage dalla ‘terra di nessuno’ tra Serbia e Croazia. In Cultura un focus sull’arte del Novecento odiata da Hitler e definita ‘degenerata’ e il caso del maestro mangaka Shigeru Mizuki che aveva raccontato a fumetti la storia del dittatore. E negli Spettacoli Erica Mou, giovanissima e grintosa cantante pugliese col suo album autoprodotto Tienimi il posto.

Al-Qaeda Anwar Al-Awlaki. Il suo blog è stato chiuso dalle autorità ed è stato arrestato con l’accusa di blasfemia. Ci ha raccontato anche del suo incontro in carcere con uno dei suoi aggressori, che ha definito una vittima del sistema culturale e di istruzione. Il suo processo è ancora in corso e Asif rischia dieci anni di carcere. Ora vive a Berlino, è un rifugiato. Il suo nome è stato incluso - insieme a quello di altre 83 persone considerate ‘nemiche dell’Islam’ - in una lista inviata al ministro dell’interno del Paese da un gruppo di islamisti radicali, l’Ansarullah Bangla Team. Il gruppo chiedeva che gli scrittori della lista fossero puniti per le loro affermazioni offensive nei confronti dell’Islam e di Maometto. Mohiuddin, che a 31 anni ha già vissuto questa vita terribile, con molta serenità e tranquillità ha risposto alle tante domande che anche il pubblico gli ha fatto. Alla domanda forse più importante, e cioè cosa possono fare i Governi europei per arginare il fondamentalismo, ha risposto: «Non trattare con governi che praticano e sostengono all’interno del proprio paese pratiche fondamentaliste e contro le libertà, ma soprattutto cultura, libri, libri libri», ha ripetuto ed è anche per questo che siamo molto orgogliosi di aver consegnato questo Premio.

Meglio matti che corti, il bando 2015 Sei un regista o un videomaker e vuoi raccontare il mondo della salute mentale? Partecipa al concorso Meglio matti che corti che per la sua seconda edizione diventa nazionale. L’obiettivo è indagare e mettere in luce le storie di cittadini e cittadine che vivono il mondo della salute mentale e si impegnano per ridurre la sofferenza e migliorare la qualità di vita di chi accede ai servizi, cercando di promuovere una cultura di inclusione e di sensibilizzazione. Per partecipare si deve inviare un video di 10 minuti in lingua italiana interpretando il tema con una fiction, un film di animazione o un documentario. Le schede di iscrizione devono essere inviate entro il 27 ottobre 2015, mentre i video dovranno pervenire entro il 10 dicembre 2015. Info e bando su www.arcimodena.org


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ucca

Il tour di Mondovisioni di Stefano Campanoni CineAgenzia

Dalle migrazioni dei giovani europei al tempo della crisi alla paranoia per il terrorismo islamico nell’America di oggi. Dalla lotta dei giornalisti iraniani per la libertà di espressione a quella per la democrazia in Africa. Dal Messico in balia del narcotraffico al traffico di esseri umani sulle rotte dall’Africa verso l’Europa. Dalla politica cinese attraverso l’esemplare parabola di un ambizioso sindaco, a quella sudamericana insieme a un visionario leader politico colombiano. La rassegna itinerante Mondovisioni - I documentari di Internazionale ha debuttato come abitudine a Internazionale a Ferrara durante lo scorso fine settimana: il Cinema Boldini, la storica sala gestita da Arci Ferrara, si è riempita di quasi 3000 spettatori, che hanno affollato le 16 proiezioni previste, insieme a incontri dal vivo e in videoconferenza con i registi dei film. La rassegna prosegue ora in tour in tutta Italia, portando al grande pubblico alcuni dei più acclamati documentari internazionali su attualità, informazione,

diritti umani e libertà di espressione. Mondovisioni è un progetto di CineAgenzia per il settimanale Internazionale, che si è rapidamente affermato come piattaforma di distribuzione alternativa, capace di conquistare uno spazio di eccellenza per il miglior documentario internazionale nelle sale italiane, arrivando nell’ultima edizione a toccare 30 città grandi e piccole, da nord a sud, per un totale di oltre 200 proiezioni in pochi mesi. I film in programma per l’edizione 20152016 affrontano questioni urgenti in contesti geopolitici di massima attualità. Documentari che somigliano il meno possibile a dei reportage e sanno invece elevare i testimoni al ruolo di indimenticabili protagonisti. Attraverso le loro storie il pubblico è invitato a confrontarsi con temi che spesso i media osservano da troppo lontano. Otto vicende illuminanti, otto nuovi documentari d’autore scelti dai maggiori festival internazionali: dalla Cina l’esemplare parabola dell’ambizioso e sfuggente sindaco Geng Yanbo (The

Chinese Mayor) e dalla Colombia quella del coraggioso e visionario leader politico Antanas Mockus (Life is sacred); negli Stati Uniti una paradossale operazione contro l’islamismo radicale (Terror), e in Iran la spietata repressione contro la libertà di informazione (We are journalists); in Spagna il dramma della crisi e della nuova migrazione giovanile verso il resto d’Europa (En tierra extraña), in Messico la controversa reazione armata dei gruppi di autodifesa alla violenza del narcotraffico (Cartel Land, per la produzione esecutiva di Kathryn Bigelow); in Zimbabwe il complesso ma appassionante cammino verso la scrittura di una nuova costituzione (Democrats), dall’Egitto la rivelazione dell’ennesima tragedia lungo una delle più segrete rotte della migrazione (Voyage en barbarie). L’elenco in costante aggiornamento delle tappe di Mondovisioni è disponibile sul sito: www.cineagenzia.it Per dettagli e richieste su come ospitare le proiezioni: info@cineagenzia.it

Amos Gitai tra gli studenti di Ponticelli di Roberto D’Avascio Arci Movie

Amos Gitai, il grande regista israaeliano autore del film Rabin, the last day in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, è arrivato a Napoli per presentare la sua ultima opera all’interno di una serata speciale organizzata dalla rassegna Venezia a Napoli e dal Napoli Film Festival. Ed ha dedicato una mattinata, organizzata da Arci Movie, agli studenti delle scuole superiori di Ponticelli e San Giorgio a Cremano, con i quali ha partecipato alla visione del suo vecchio film Kippur. Oltre quattrocento ragazzi hanno seguito con grande attenzione e partecipazione un film non facile nel linguaggio cinematografico e non banale nella modalità di raccontare la guerra al cinema, film che narra la storia di due giovani militari israeliani durante la guerra del Kippur nel 1973, anno durante il quale lo stato israeliano ha subito un improvviso attacco da parte di alcuni stati arabi coinvolti in una irrisolta questione mediorientale, che dura ancora oggi dal secondo dopoguerra mondiale. Amos Gitai, alla fine della proie-

zione, ha incontrato gli studenti, rispondendo alle tante domande suscitate dalla visione del film. Ha raccontato di avere partecipato a diverse azioni di guerra durante il suo lungo servizio militare in patria, che è durato tre lunghi anni, e di avere voluto raccontare in Kippur una terribile esperienza personale, vissuta sulla sua pelle di giovane militare dell’esercito israeliano. L’elicottero abbattuto, il compagno morto, la crudeltà della guerra, l’insensatezza

delle scelte militari, la ricerca dei cadaveri dei soldati. Gli studenti della periferia orientale di Napoli presenti in sala hanno ascoltato con grande curiosità le storie complicate che legano Amos Gitai al suo paese e al suo mestiere di regista. Facendo la fila al microfono per porre una domanda o fare una breve riflessione, cimentandosi anche con l’inglese parlato dal regista con loro per un contatto più diretto nella discussione. Gitai ha concluso la mattinata tra applausi e foto con i ragazzi, indicando un motivo di speranza - tema che più volte è tornato nelle domande degli studenti - nella cornice dello stesso film che gli studenti hanno visto, quella scena d’amore in mezzo alla pittura che apre e chiude il film, di grande bellezza formale e di forte impressione visiva. E ripartendo da Napoli con il pensiero, detto ad alta voce alla fine della giornata con gli studenti, che le domande rivoltegli dalla giovanissima sala erano state più profonde ed interessanti di quelle che aveva ricevuto alla conferenza stampa della Mostra di Venezia.


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società

Centri di servizio per il volontariato e legge di riforma del Terzo settore di Maurizio Mumolo Reti di Terzo settore e fondazioni

Lo scorso 2 ottobre il Cesvot (centro servizi per il volontariato dellaToscana) ha promosso un convegno per analizzare la situazione della legge di riforma del Terzo settore ora in discussione alla commissione Affari costituzionali del Senato. In questi mesi, su questo tema, si sono tenute numerose iniziative ma l’appuntamento di Firenze ha avuto un rilievo particolare data la presenza di diversi parlamentari (tra cui la relatrice alla Camera, Donata Lenzi) e del sottosegretario Bobba, oltre a numerosi presidenti nazionali di associazioni di volontariato e non. L’atto d’accusa lanciato da Federico Gelli, presidente del Cesvot e parlamentare lui stesso, è che i tanti emendamenti presentati al Senato oltre a mettere a rischio il percorso legislativo, stravolgono le caratteristiche dei CSV. Sul banco degli imputati il relatore al Senato, Stefano Lepri, che però non è stato nemmeno invitato al convegno. Le proposte da lui presentate in effetti introducono delle sostanziali modifiche nel sistema dei Centri. Innanzi tutto viene prevista una procedura di accreditamento che supera i vincoli territoriali; é introdotto il principio del «libero ingresso nella base sociale» con l’adozione di criteri democratici di governo; viene fatto divieto di erogare direttamente somme in danaro o beni mobili e immobili; è inserita l’incompatibilità tra ruoli di

direzione nei Centri e l’assunzione di cariche politiche; a fronte dell’estensione dei servizi a tutte le forme di volontariato presenti nelle organizzazioni di terzo settore viene mantenuta una sorta di golden share a favore del volontariato delle OdV ex l. 266; vengono riorganizzati, infine, i Comitati di Gestione, snellendoli e confermando i rapporti di forza attuali (ma senza i rappresentanti di regioni e enti locali). A ben guardare, la proposta non presenta solo elementi negativi. É probabilmente poco condivisibile il superamento del vincolo di territorialità perché porterebbe alla creazione di un regime di concorrenza frammentando un’attività che fin’ora era stata gestita, nella maggioranza dei casi, con spirito unitario. Come pure è incomprensibile ed anacronistico basare la gestione sul volontariato della l. 266 quando è ormai noto che la maggioranza dei volontari operano nelle associazioni di promozione sociale. Tuttavia l’introduzione di requisiti di democraticità e apertura della base associativa è sicuramente apprezzabile. Come pure l’adozione di norme che neutralizzino possibili conflitti di interesse. O il divieto di effettuare erogazioni economiche che, sommate all’attività di servizio e a quella di certificazione (anch’essa di nuova introduzione), produrrebbero un pericoloso corto circuito. É’ questo anche il parere della gran parte

degli intervenuti, a partire dall’On Lenzi che, pur non lesinando critiche ad alcuni emendamenti, ha apprezzato l’introduzione del principio delle ‘porte aperte’. Anche i presidenti delle associazioni di volontariato (Anpas, Avis, Misericordie) hanno sottolineato questi aspetti positivi. Il ragionamento è un po’ questo: i Csv sono ancora uno strumento innovativo nella promozione del volontariato italiano, molto importante per il suo sviluppo e radicamento in tutto il territorio. Dopo un’esperienza ventennale è ora di introdurre un aggiornamento della loro organizzazione che possa coniugare democraticità di gestione ed efficacia dell’iniziativa. Le resistenze di molti Csv che hanno mantenuto una struttura chiusa e impermeabile vanno superate. Come pure è necessario garantire pari dignità a tutto il volontariato. La parte maggioritaria dei volontari (dice il censimento Istat) è impegnato in attività culturali e ricreative. É’ giusto che abbia gli stessi diritti e si assuma le stesse responsabilità di quello impegnato sulle tematiche socio-assistenziali.

arcireport n. 34 | 8 ottobre 2015 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida

segue dalla prima pagina

La pace come progetto politico per opporsi alla guerra Cause ed effetti dei conflitti non sono più collocabili di seguito le une rispetto alle altre ma sono più facilmente descrivibili in un andamento circolare che rende più articolato sia il momento dell’analisi che quello della ricerca delle soluzioni. La pace assurge a ‘concetto-perno’, intorno al quale ricollocare non solo le politiche del disarmo ma anche quelle delle migrazioni, delle disuguaglianze tra gli uomini, dei cambiamenti climatici, dell’economia, dei diritti. La ricerca delle soluzioni politiche nelle controversie internazionali non può

quindi che nascere da qui, dalla ricerca di un nuovo pensiero sistemico. La guerra, il ‘tuonar dei cannoni’, è solo una ‘comoda’ scorciatoia che - la storia è prodiga di insegnamenti – non risolve alcunchè ma acuisce le tensioni e genera altri conflitti. Una volta che l’occidente sgominerà sul campo i migliaia di miliziani dell’Is, altri cento, mille e più saranno pronti a sostituirli, con maggior odio e forza di prima. Se vogliamo «restare umani» e cercare un futuro, ben altre sono le strade che dovremmo percorrere...

Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 20 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/


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