arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XII | n. 36 | 7 novembre 2014 | www.arci.it | report @arci.it
Quando prevale la ragione di Stato di Francesca Chiavacci presidente nazionale Arci
La notizia dell’assoluzione di tutti gli imputati nel processo per la morte di Stefano Cucchi è una notizia che ci ha riempito di rabbia. Quella morte, secondo la Repubblica Italiana, non ha colpevoli. Quella sentenza è, come ha dichiarato il legale della famiglia, il «fallimento della giustizia italiana». Tante, troppe volte in questi anni lo Stato non ha protetto persone che erano nelle sue ‘mani’, ha lasciato poi che le responsabilità rimanessero impunite oppure non ha saputo reagire in modo chiaro e deciso ai tentativi messi in campo da rappresentanti e pezzi delle istituzioni per nascondere la verità. Cucchi e Aldrovandi. Magherini, Uva, Ferrulli, Brunetti, Rasmann, Budroni... Lonzi. È una lista (non esaustiva) lunghissima e impressionante. Talmente impressionante da rischiare di passare inosservata. Se ne parliamo e se oggi su questo tema si esprimono i Presidenti delle Camere, alcuni parlamentari, l’opinione pubblica,
è merito ancora una volta della difficile e dolorosa battaglia delle famiglie delle vittime. Patrizia Moretti, Ilaria Cucchi, Lucia Uva. Donne coraggiose che trovano forza nel loro dolore per condurre una battaglia non solo in nome del loro fratello o figlio, ma per ottenere giustizia e verità per tutti e per tutte. Questa sentenza che ha assolto tutti riporta alla mente una questione più profonda. Che riguarda la democrazia, ma soprattutto la concezione dello Stato. Una concezione ancora schiava di retaggi ottocenteschi, che rinnega qualsiasi connotato liberale. Lo Stato viene prima di tutto e su tutti. La Pubblica Amministrazione non sta tra i cittadini. Anziché essere al loro servizio e tutelare innanzitutto la loro incolumità, preferisce porsi al di sopra di essi e ridurli a sudditi, tanto da poter mettere la loro vita in secondo piano rispetto alle ragioni di opportunità, permettendosi di produrre mistificazioni, omertà, coperture, depistaggi, superficialità nelle
indagini. È uno ‘schema’, una impostazione che, purtroppo, la democrazia italiana ha dovuto subire tante volte. Dai fatti di Genova per il G8 fino ai giorni nostri con le cariche agli operai dell’Ast di Terni. La legge può non essere uguale per tutti. E, alcune volte, sembra addirittura che debba non essere uguale per tutti. Perchè, come affermano Giovanardi o Tonelli, sembra che la colpa della morte di Stefano sia da attribuirsi al suo stile di vita. All’Arci, alla nostra «sensibilità organizzata» (così ci ha definito Patrizia Moretti al nostro Congresso) spetta far sentire l’abbraccio e la forza della nostra comunità a Ilaria, alla famiglia di Stefano e a tutti gli altri familiari che chiedono verità e giustizia. All’Arci spetta impiegare tutte le proprie energie per riaffermare che non esiste una ‘ragione di Stato’ in nome della quale si possano calpestare i diritti fondamentali e la dignità di un uomo o una donna.
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diritti
In Italia vi è impunità giuridica e di fatto. Questo dimostrano il caso Cucchi e tanti episodi meno conosciuti di Patrizio Gonnella presidente Antigone
Sono successe due cose gravi nei giorni scorsi. Il primo fatto è accaduto in un’aula di giustizia. La Corte d’Appello di Roma ha assolto tutti, dico tutti, per la morte di Stefano Cucchi, avvenuta cinque anni fa. La nostra giustizia e il nostro sistema di sicurezza sono intrisi di corporativismo, parola che ci rimanda ad altra poco nobile epoca storica. Ora non resta che affidarsi alla Corte di Cassazione che si spera possa ribaltare e annullare la decisione, sempre che non
intervenga la prescrizione azzerando il processo e le istanze di verità. Nel codice penale italiano manca il delitto di tortura, pertanto si è costretti a procedere per reati che hanno brevissimi periodi di prescrizione. Il secondo fatto è avvenuto nella sede delle Nazioni Unite a Ginevra. Il Consiglio dei Diritti Umani nella sua sessione periodica dedicata all’Italia ha rivolto ben 187 raccomandazioni al nostro Paese. Tutti i grandi temi sono stati presi in considerazione e c’è anche
La solidarietà dell’Arci alla famiglia Cucchi nella sua coraggiosa ricerca di verità Uno stato democratico non può consentire impunità
L’Arci è solidale e vicina alla coraggiosa famiglia di Stefano Cucchi, che ha deciso di continuare la sua battaglia per la verità. Non si può morire così nelle mani dello Stato. E uno stato democratico non può consentire impunità. Le perizie parlano chiaro. Stefano è stato pestato e poi lasciato morire senza cure: esponenti delle forze dell’ordine e medici ne sono dunque responsabili. A meno di non credere che il giovane si sia suicidato adottando uno insolito modo per farlo, procurandosi da solo evidenti segni di percosse che l’hanno sfigurato. Una vicenda, quella di Stefano, che tra l’altro dimostra una volta di più quanto sarebbe urgente introdurre nel nostro ordinamento il reato di tortura. Le dichiarazioni dell’Onorevole Giovanardi e del rappresentante del Sap che affermano che «epilettici o tossicodipendenti non hanno diritto al rispetto e alla vita», dimostrano quanto degrado si annidi all’interno delle nostre istituzioni e nei loro rappresentanti.
il riferimento alla necessità di punire chi commette tortura. Entro marzo 2015 il governo italiano deve decidere se accogliere le raccomandazioni della comunità internazionale. In Italia infatti purtroppo, come abbiamo potuto constatare in queste settimane, vi è l’impunità giuridica e di fatto. Siamo oramai a venticinque anni da quando il nostro Paese ha ratificato la Convenzione Onu contro la tortura. Un quarto di secolo per tradurre una norma di dieci righe dall’inglese all’italiano. Il caso Cucchi non è qualcosa di straordinario. Ricorda un’altra storia che ha avuto meno eco. Carlo Saturno, 22 anni, è morto dopo essere stato in coma una settimana. Arrestato quando era giovanissimo, è andato a finire nel carcere minorile di Lecce. Qui, quella che poteva apparire una classica ‘squadretta’ di agenti usava torturare i ragazzi. Lui, a differenza di chi in quel contesto indossava la divisa e usava la violenza, alle istituzioni ci aveva creduto. Insieme ad altri suoi amici detenuti, anche loro torturati, e a un gruppo di operatori coraggiosi aveva denunciato tutti i componenti dello squadrone. E forse sta qui la causa della sua morte. Il pm gli crede, il gip gli crede. Lui diventa maggiorenne. Va a finire nel carcere di Bari. Quello per i grandi. Per le torture subite a Lecce si costituisce parte civile. Nel frattempo sono tutti tornati in servizio i poliziotti componenti dello squadrone. C’è il rinvio a giudizio di nove agenti di polizia penitenziaria. Il processo a Lecce prosegue lento, inesorabilmente lento. In carcere a Bari pare che Carlo Saturno avesse subito pressioni da alcuni poliziotti, non si sa se verbali o fisiche. Pare che fosse depresso e nonostante questo pare che fosse stato messo in isolamento. Viene trovato quasi morto, presunto suicida. Mentre Carlo Saturno, ricoverato al Policlinico di Bari, era in fin di vita si è tenuta l’ultima udienza leccese ove lui era parte lesa per le torture subite. Quella udienza è l’ultima non perché il processo è giunto a verità ma perché la prossima udienza è stata fissata oltre i tempi di prescrizione. Tutti assolti e tutti liberi i presunti torturatori.
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solidarietàinternazionale
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L’Italia riconosca lo Stato di Palestina La Rete della Pace ha inviato una lettera ai Parlamentari Italiani per chiedere di firmare e sostenere la risoluzione del gruppo Interparlamentari per la Pace per il riconoscimento dello Stato di Palestina
da parte dell’Italia. La mozione proposta, politicamente trasversale, chiede semplicemente di riconoscere ciò che l’Unione Europea sostiene fin dal 1980 con la Dichiarazione di Venezia e ciò che l’Italia ha votato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2012, impegnando il governo:
- a riconoscere lo Stato di Palestina, così come riconosce lo Stato di Israele, quale azione di politica estera che garantisca una soluzione ‘due popoli due Stati’ al conflitto arabo-palestinese. - a riconoscere lo Stato di Palestina, così come riconosce lo Stato di Israele, quale azione di politica estera che imprima una svolta positiva al necessario negoziato tra le parti per giungere alla soluzione ‘due popoli due Stati’ e garantire la coesistenza nella libertà, nella pace e nella democrazia dei due popoli. Nel mondo vi sono già 134 paesi che riconoscono lo Stato di Palestina e recentemente sia la Camera dei Comuni britannica che il governo svedese hanno votato per il riconoscimento dello Stato di Palestina.L’Italia non può e non deve
essere da meno. Certo uno Stato non sarà uno Stato fino a quando vivrà sotto occupazione militare e non avrà piena sovranità sui suoi confini, quelli riconosciuti dalla Comunità Internazionale ed occupati da Israele con la guerra del Giugno 1967. Ma riconoscere lo Stato di Palestina sarà un piccolo passo per fare pressioni sul governo Israeliano affinché fermi la costruzione delle colonie, non solo ostacolo alla pace ma impedimento della realizzazione dei due popoli e due stati, e affinché si riprendano i negoziati. La risoluzione del gruppo Interparlamentare per la pace può unire tutti quelli che ancora credono nella legalità Internazionale e nel diritto dei popoli a vivere in libertà e giustizia.
Un confronto sull’attuazione dell’Azione di Pechino sulle questioni di genere di Gemma Ciccone Arcs
Il 24 ottobre, alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, organizzazioni per la promozione dei diritti umani, associazioni delle donne, ONG, organizzazioni sindacali e singole esperte di genere si sono confrontate con Virginija Langbakk, direttora di EIGE (European Institute for Gender Equality). La Langbakk ha curato il rapporto sullo stato delle questioni di genere nell’Unione Europea e rilevato dati tra il 2007 e il 2012 nei 28 paesi UE in merito alle politiche dell’Azione di Pechino. La Dichiarazione e il Programma di Azione adottati a Pechino nel 1995 costituiscono uno spartiacque nella politica delle donne sul piano istituzionale. La Conferenza raccoglie infatti le novità più significative dei movimenti delle donne, incentrate sulla valorizzazione della differenza di genere come leva per una critica alle forme attuali dello sviluppo. Alcune organizzazioni italiane, tra cui Arcs, hanno redatto il rapporto ombra sull’attuazione della Piattaforma d’Azione di Pechino negli anni 2009-2014 e lo hanno socializzato con l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE). Le organizzazioni italiane hanno elaborato il rapporto ombra con uno spirito di partecipazione al dibattito italiano in un’ottica di scambio democratico,
per dare un contributo e analizzare le diverse sfaccettature delle questioni di genere. Ciò è avvenuto in seguito all’invio del rapporto quinquennale sull’attuazione del programma di Pechino da parte del Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri alle Nazioni Unite senza alcuna consultazione della società civile, come, invece, richiesto dall’ONU stessa. Il quadro che emerge nel rapporto governativo rappresenta una situazione ben diversa dalla realtà che vivono ogni giorno le donne in Italia. Alcuni esempi. L’accesso ai servizi sanitari in Italia è a macchia di leopardo. Le prevenzioni dei tumori femminili con screening al nord è del 90%, al sud del 40%. Nella Regione Lazio, in 3 Province, non è garantito il diritto all’aborto, sancito dalla legge 194. In Basilicata le donne per abortire aspettano 1 volta a settimana l’arrivo di ginecologi da Roma, essendo il 96% dei ginecologi obiettori. La Regione Lombardia nega l’accesso alla pillola del giorno dopo nei consultori familiari. In Unione Europea ogni paese ha l’obbligo di presentare un PAN (Piano di Azione Nazionale contro la violenza); in Italia il PAN è scaduto nel 2013, attualmente non ha applicazione né è stato realizzato il monitoraggio dell’ul-
timo piano (2010), già redatto senza il coinvolgimento delle organizzazioni di donne della società civile. Attualmente è in discussione il nuovo piano e le organizzazioni presenti sperano di essere coinvolte sin da subito nel dibattito ed elaborazione dello stesso. La direttora di EIGE, nel suo report, sottolinea la lontananza, nella media europea, nel raggiungimento del Target 2020 che prevede, ad esempio, il 75% del tasso di impiego per uomini e donne; la lontananza si registra prevalentemente per le donne. In Europa 23 paesi su 28, tra cui l’Italia, disattendono l’obbligo di avere un’entità di monitoraggio delle discriminazioni di genere. Nella maggior parte dei casi, infatti, tali discriminazioni sono inserite insieme alle questioni della disabilità, del razzismo, ecc… Le organizzazioni italiane esprimono anche una forte delusione rispetto alla mancata volontà di attuare politiche antirazziste, incoraggiando invece politiche securitarie e sessiste. Esiste una forte necessità di parlare anche delle nuove italiane, le donne migranti, praticamente assenti nel rapporto governativo. Il Rapporto sull’attuazione della Piattaforma d’Azione di Pechino. Rilevazione quinquennale: 2009-2014 è scaricabile dal sito di Arcs: http://bit.ly/10ydDeB
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esteri/movimenti
Il voto in Tunisia penalizza tutti i partiti di governo, incapaci di gestire un crisi economica ormai devastante Parla Abdeljelil Bedoui, fondatore del Forum per i diritti economici e sociali Abdeljelil Bedoui è professore universitario ed esponente di rilievo della società civile tunisina. Esperto economico dell’UGTT, dirigente della Lega Tunisina per i diritti umani e poi fondatore del Forum dei diritti economici e sociali, è stato brevemente ministro nel governo di unità nazionale guidato da Ghannouchi dopo la rivoluzione, per poi dimettersi insieme agli altri ministri della UGTT. Durante la riunione del Consiglio Internazionale del FSM nei giorni scorsi ad Hammamet, Bedoui ha svolto una relazione sulla situazione politica in Tunisia dopo le elezioni legislative del 25 ottobre. «Stiamo ancora aspettando i risultati definitivi» spiega Bedoui «ma la distribuzione dei seggi dovrebbe essere questa: 85 seggi a Nidaa Tunes, 69 al partito islamico Ennahda, 16 all’Unione Patriottica Libera, 15 al Fronte Popolare e altri 11 a partiti minori o indipendenti. Conoscete già Ennahda e il Fronte Popolare, che è la maggiore forza della sinistra. Nidaa Tunes
è una formazione nuova, un mélange di diverse provenienze e culture che io definisco come una forza modernista-liberista. L’Unione Patriottica Libera è anche essa una formazione nuova, promossa da un uomo d’affari che a noi ricorda molto il vostro Berlusconi». «L’astensione è stata forte fra i giovani» continua Bedoui «e il ‘voto utile’ ha contribuito in modo determinante alla vittoria di Nidaa Tunes. Gli elettori hanno voluto fermare Ennahda. In nome della laicità, certo. Ma non solo. Tutti i partiti al governo sono stati penalizzati, per l’incapacità di gestire una crisi economica devastante. I soldi poi hanno avuto un peso molto importante nella campagna elettorale: il mondo degli affari è sceso in campo, condizionando il voto. I partiti tradizionali sono stati tutti sconfitti da forze di formazione recente. Il prodotto è una scena politica molto polarizzata». «La Tunisia comunque regge, dal punto di vista democratico» prosegue «Ma la
A marzo il Forum Sociale Mondiale torna in Tunisia di Raffaella Bolini
Iniziamo a segnarci le date: dal 25 al 29 marzo 2015 il Forum Sociale Mondiale ritorna in Tunisia. Per l’edizione del 2013 i grandi media furono costretti a inviare di corsa i loro giornalisti a Tunisi quando il Forum era già iniziato: nessuno gli aveva dato più di tanta attenzione, e invece fu il più grande evento pubblico mai realizzato nel Mashreb Mashrek. Il Forum tornerà nella Tunisia dove i laici hanno vinto le recenti elezioni legislative e dove il complesso cammino della transizione democratica prosegue, difeso dalla società civile progressista -mentre la regione vive uno dei suoi momenti più difficili. Per chi avrà voglia e modo di partecipare, ci sarà come sempre la possibilità di conoscere, di imparare, rafforzare alleanze e relazioni con le forze democratiche della regione, del Mediterraneo, e del mondo intero. Proseguirà a Tunisi il rafforzamento della rete globale per i diritti dei migranti e la libertà di circolazione, una delle priorità di
questo Forum. Andrà avanti lì il percorso per l’Alternativa Mediterranea iniziato a Lampedusa. A Tunisi si preparerà anche Parigi 2015, la grande mobilitazione per la giustizia climatica e sociale in occasione della Conferenza ONU sul clima, dopo la gigantesca marcia di qualche settimana fa a New York. Il Forum userà Tunisi per aprire una riflessione su se stesso, sullo stato dei movimenti, sul suo futuro. Rispetto al 2001 oggi la critica al neoliberismo è più ampia, e maggiori sono gli elementi costruttivi di una alternativa possibile. L’incontro del Papa con i movimenti popolari ne è una dimostrazione. Ma il capitalismo finanziario è più che mai all’attacco. Le resistenze sono frammentate e sparpagliate. Non esiste una sponda politica all’altezza, e il vuoto si riempie di mostri. C’è un enorme bisogno di connessione, per essere più forti ed avere più efficacia. Come? Il dibattito è aperto, e ci riguarda da vicino.
regione vive invece un periodo incerto e minaccioso - a partire dalla situazione esplosiva della Libia ai nostri confini. Dobbiamo affermare democrazia in un contesto regionale ostile. E in più, la situazione finanziaria, economia e sociale è in costante e progressivo degrado. Il debito pubblico e quello estero sono grandemente cresciuti. Aumenta la corruzione. La classe media si impoverisce». I dati che Bedoui sciorina sono devastanti. La disoccupazione rimane enorme. Metà della economia ormai si fonda nel settore informale. Cresce il ruolo della economia illegale - con i traffici di droga, sigarette, materiale tecnologico, armi. Cade costantemente il potere di acquisto. Nel 2010 il tasso di povertà era al 15 per cento, oggi è arrivato al 25 per cento. «Stiamo spendendo la maggior parte delle nostre risorse per ripagare gli interessi del debito che è stato accumulato dal vecchio regime, per questo stiamo così» denuncia Bedoui. «Ci sono dubbi sulla stabilità parlamentare del prossimo futuro» prevede Bedoui «Un peso importante lo avranno le elezioni presidenziali del 23 novembre. Gli scenari possibili vanno da un governo di unità nazionale a uno di coalizione fra le forze moderniste-liberiste. È molto probabile che il ‘dialogo nazionale’ - il quartetto di organizzazioni sociali che ha mediato al tempo della crisi costituzionale - debba di nuovo svolgere un ruolo essenziale». Già, il quartetto: una delle esperienze più importanti nella storia mondiale della società civile organizzata. Nel 2013, con l’approvazione della Costituzione bloccata dallo scontro fra laici e islamici e il paese a rischio di guerra civile, in Tunisia la politica fa un passo indietro. Affida a un comitato formato dal sindacato UGTT, dalla Unione degli Imprenditori, dall’Ordine degli Avvocati e dalla Lega dei diritti umani il compito di trovare una soluzione. La soluzione si trova, la Tunisia si salva, il quartetto continua fino ad oggi a svolgere un lavoro di supervisione della vita politica e istituzionale. Una esperienza con luci e ombre, ma eccezionale e da studiare. Che viene dalla Tunisia, piccolo paese ma cruciale, che molto ci ha insegnato e ancora ci insegnerà.
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carovanaantimafie
Assegnato alla Carovana Antimafie il Premio Falcone La Carovana Antimafie «viaggia instancabilmente da venti anni in giro per l’Italia e l’Europa, per riportare le voci di coloro che lavorano per lo Stato democratico di diritto e della giustizia sociale, ma anche per promuovere progetti concreti, incontrare le famiglie delle vittime di mafia e raccontare le modalità di riutilizzo dei beni confiscati». Questa la motivazione che ha portato il progetto di Carovana Internazionale Antimafie all’assegnazione, per il 2014, del Premio Falcone, nella categoria ‘democrazia’. Il Premio Falcone è stato istituito nel 2012 su iniziativa degli avvocati Laurent Hincker (Istituto IFRAV contro la violenza) e Roland Sanviti (Giustizia e democrazia), in memoria del giudice italiano Giovanni Falcone. Nel 2012 fu Roberto Saviano il protagonista dello stesso premio per la giustizia, lo scorso anno fu scelta per i diritti umani la televisione pubblica algerina (Eptv) per i suoi 25 giornalisti uccisi, mentre il premio per la democrazia andò al ‘grand reporter’ francese Karim Baila per le sue inchieste. Assegnato dal Consiglio d’Europa e dalla città di Strasburgo nell’ambito del Forum mondiale per la
democrazia, quest’anno il Premio è stato conferito, oltre alla Carovana Antimafie, all’associazione Progetto San Francesco e al Centro Studi Sociali contro le mafie. La consegna del Premio è avvenuta il 4 novembre a Strasburgo in occasione del Forum Mondiale della Democrazia dove più di un migliaio di persone - capi di stato, opinion maker, attivisti della società civile, rappresentanti delle imprese, del mondo accademico, dei media e dei gruppi professionali provenienti da circa cento
paesi - si sono incontrate per cercare di determinare in che modo le democrazie possono rispondere alle attese dei cittadini. A ritirare il Premio Alessandro Cobianchi, coordinatore nazionale della Carovana, progetto nato nel 1994 per iniziativa dell’Arci Sicilia. Dal 1996 la Carovana è copromossa, insieme all’Arci, da Libera e Avviso Pubblico ed è diventata nazionale e internazionale. Oggi si avvale del sostegno dei tre sindacati e di un partner straniero, la Ligue de l’enseignement. Proprio la Francia sarà una delle prossime tappe dove si muoverà la Carovana: dopo le 91 tappe italiane realizzate in 62 giorni di viaggio, gli oltre 15mila chilometri percorsi, le 39 scuole, 50 circoli Arci, 32 fra presidi e coordinamenti di Libera e 5 beni confiscati visitati, la Carovana ha infatti iniziato il suo viaggio alla volta delle tappe all’estero, avvalendosi anche del progetto internazionale CARTT (Campaign for awareness raising and training to fight trafficking), che ha consentito di articolare il tema della tratta degli esseri umani (tema prescelto per l’edizione 2014) nei diversi aspetti dello sfruttamento del lavoro. www.carovanaantimafie.eu
Le tappe all’estero In attesa di ripartire per le tappe francesi e a seguire per quelle spagnole, ospitiamo su questo numero il diario di Patrizia Riso, volontaria in servizio civile all’estero (a Novi Sad) con Arcs. Patrizia ha partecipato alle tappe della Carovana Antimafie in Serbia, organizzate con la collaborazione dell’Arci Lombardia e del comitato lombardo di Carovana Antimafie. Il 15 e 16 novembre 2014 la Carovana Antimafie è arrivata in Serbia accolta da una rappresentanza Arci. Nicola Leoni, sindaco Gazoldi degli Ippoliti (MN) e membro di Avviso Pubblico, e il sindacalista Alem Gračić (CISL), hanno partecipato a due incontri rispettivamente a Novi Sad e a Belgrado sul tema della corruzione nelle pubbliche istituzioni e nel mondo del lavoro. A Novi Sad, grazie all’organizzazione e all’ospitalità della Federazione dei Sindacati Autonomi di Serbia ’Savez samostalnih sindikata Srbije’, si è svolto un interessante incontro con i rappresentanti del sindacato locale: Goran Milić,
presidente SSS della Vojvodina, Drago Đokić, assistente presso il Segretariato provinciale del lavoro, Ljiljana Stojšić, responsabile ispettorato del lavoro del distretto meridionale. Presente anche Bojan Torbica, vice Sindaco della città di Novi Sad e Iva Tašić della Ong Balkans, let’s get up! A raccontare cosa è la Carovana Europea della Legalità Branislav Vukotić di Arcs Serbia. Nicola Leoni è intervenuto sul tema della corruzione nelle pubbliche istituzioni e sulle buone prassi da realizzare per contrastarla quali ad esempio la Carta di Pisa. Alem Gračić ha parlato dell’organizzazione sindacale e delle problematiche legate alla corruzione nel mondo del lavoro
in Italia, condividendo peraltro date le origine bosniache, il proprio intervento in lingua jugoslava. Stesse tematiche con un taglio organizzativo diverso a Belgrado, dove si è svolto un confronto con il mondo della comunicazione e delle istituzioni governative. Grazie alla mediazione dell’organizzazione Omen Teatar, i rappresentanti di Carovana Antimafie hanno incontrato Dom Omladine (la casa della gioventù): Miodrag Škundrić dell’ Agenzia nazionale per la lotta alla corruzione ‘Agencija za borbu protiv korupcije’; Velimir Ćurgus, media researcher presso l’Osservatorio sui Media Ebart, oltre a una rappresentanza del Sindacato Autonomo di Belgrado con l’avvocato Aleksandar Marković e la presenza di Stephan Greco ( Arci Milano) che ha curato l’introduzione sui temi della Carovana. Nonostante la contemporanea presenza di Putin a Belgrado e la pioggia battente, l’incontro ha permesso un confronto proficuo e agevolato lo scambio di contatti per il futuro.
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legalitàdemocratica
arcireport n. 36 | 7 novembre 2014
C’è bisogno di un cambiamento per evitare che la retorica dell’antimafia ci travolga A Roma la quarta edizione di Contromafie di Alessandro Cobianchi coordinatore Carovana Antimafie
Contromafie 2014 è stata un’edizione straordinariamente interessante per diversi aspetti. La partecipazione giovanile innanzitutto: la media dei partecipanti era tendente ai 18-25 anni più che ai 25-35. Questo si sa, è un dato da maneggiare con cura, perché se si deludono le aspettative dei più giovani è più difficile ripartire. È un dato da leggere con attenzione anche rispetto alla maturità del movimento di antimafia sociale in Italia, ancora troppo ancorato al ventennio trascorso. Il messaggio conclusivo di Luigi Ciotti contiene parole importanti, soprattutto nel riferimento a quella «spinta propulsiva che ci ha accompagnato in tutti questi anni anche in altri contesti e che oggi si ritiene esaurita». Un parallelismo importante con una famosa intervista di Enrico Berlinguer che, di fatto, chiudeva una fase storica per aprirne una nuova. Credo che lo stesso valga per l’appello di Libera e del suo fondatore. D’altronde nell’Arci quest’aria è circolata spesso, le parole di don Luigi non arrivano come un vento gelato ma come un’aria calda che rafforza molti dei nostri ragionamenti. Nelle tante tappe
di Carovana, nei seminari di Discorso sul metodo, nella formazione dei campi antimafia, lo abbiamo detto: c’è bisogno di un cambiamento per evitare che la retorica dell’antimafia ci travolga. Non possiamo più recitare a soggetto senza leggere il tempo, senza comprendere non tanto le trasformazioni delle mafie ma quelle della società e in particolare delle realtà che un attive per la legalità e contro le mafie. Il segnale preoccupante è che le organizzazioni mafiose esistono oramai da quasi due secoli nel nostro Paese, per batterle definitivamente ci vuole un altro passo. Uno scatto in avanti che richiede maggiore coesione, meno attenzione ai particolarismi, come purtroppo accade e, soprattutto, nuovi strumenti. Le mafie internazionali muovono miliardi di euro, si coalizzano per fare denaro in modo illecito, uccidono se tocchi davvero i loro interessi. Possiamo dopo 20 anni credere che basti il nostro carico di indignazione e protesta? Da Contromafie giunge una bella sferzata a tutti, a Libera, alla sua rete, alle tante associazioni antimafia. Le organizzazioni criminali in tutto il mondo controllano i territori, li intimidi-
scono, compiono crimini tremendi come avvertiamo dall’appello disperato che ci giunge dal Messico. In Italia l’assenza di omicidi eccellenti e di stragi ci ha di fatto reso più tiepidi e fiduciosi che con le modalità attuali si possa vincere. Eppure basti pensare alla tratta degli esseri umani, tema della carovana antimafie 2014, che abbiamo portato come Arci anche a Contromafie. Un tema che diviene attuale solo quando affondano le barche dei disparati mentre i più son convinti che con crimini come caporalato e sfruttamento della prostituzione si debba convivere. Per batterci meglio dobbiamo valorizzare le reti internazionali come fanno i trafficanti di persone ma anche radicarci nei territori, evitando l’assuefazione alla normalità del male.«Essere autenticamente sovversivi», il monito di don Ciotti, è un segnale non tanto alla politica che in questo momento fa poco, quanto alla società, che poi è quella che la politica la elegge. Aspettare un’altra Capaci per cambiare strategia è come aspettare nella fortezza Bastiani, con la differenza che il nemico si muove per davvero e, soprattutto, anche all’interno della fortezza.
La Carta della buona politica di Giulia Migneco Avviso Pubblico
Le prassi di una buona politica, non contaminata dalla corruzione, passano da un’etica rigida: per questo Avviso Pubblico, associazione che mette in rete Comuni, Province e Regioni per fare formazione civile contro le mafie, ha redatto un codice etico-comportamentale che elenca i principi della corretta amministrazione a beneficio di chi sarà chiamato a governare gli enti locali. La nuova Carta di Avviso Pubblico integra, con nuovi contenuti, e coordina con le disposizioni legislative antimafia e anticorruzione nel frattempo approvate, la Carta di Pisa, il codice presentato dall’associazione nel febbraio 2012 e adottato da oltre quaranta enti locali e da centinaia di amministratori. La Carta è stata redatta in modo da favorire un’estesa partecipazione nella discussione ed elaborazione dei suoi contenuti, raccogliendo contributi, proposte e osservazioni giunte da una pluralità di soggetti diversi. In continuità con
questo spirito di condivisione, essa si propone come uno strumento pratico e ‘costruito dal basso’ di prevenzione della corruzione, delle mafie, del malaffare e della cattiva amministrazione. Composta da ventitré articoli, la Carta indica concretamente come un amministratore pubblico può declinare nella propria attività quotidiana, attraverso una serie di impegni, regole e vincoli, i principi di trasparenza, imparzialità, disciplina e onore previsti dagli articoli 54 e 97 della Costituzione. Divieto di ricevere regali, contrasto al conflitto di interessi, al clientelismo e alle pressioni indebite, trasparenza degli interessi finanziari e del finanziamento dell’attività politica, nomine basate esclusivamente sul merito, piena collaborazione con l’autorità giudiziaria in caso di indagini, obbligo di rinuncia alla prescrizione e alle dimissioni in caso di rinvio a giudizio per gravissimi reati di mafia e corruzione, sono alcuni
tra i contenuti del codice. Le disposizioni della Carta sono assai esigenti nei confronti degli amministratori pubblici che l’adottano, chiamati a un forte e credibile impegno di trasparenza e responsabilità. Tuttavia, il loro rispetto può restituire moltissimo in termini di fiducia e legittimazione agli occhi dei cittadini. Con questo codice, infatti, non si delega solo alla legge l’impegno alla buona amministrazione e al mantenimento della carica di pubblico amministratore. Il codice punta a diventare un vademecum degli amministratori, una sentinella che tiene desta la loro coscienza, uno strumento volto a difendere e a diffondere la buona politica e la buona amministrazione, puntando sull’impegno civile condiviso di amministratori pubblici e cittadini elettori. Presupposto fondamentale affinché il nostro Paese ritrovi la strada giusta. www.avvisopubblico.it
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cultura/informazione
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Avventure dello sguardo Il 28 e 29 novembre torna Librimmaginari a Viterbo di Greta Fasoli Arci Viterbo
Librimmaginari nasce a Viterbo nel 2010 come progetto di promozione del libro illustrato di qualità, proponendo ogni anno mostre e workshop sul tema della lettura. A cura di Marco Trulli e Marcella Brancaforte e organizzato dall’Arci con il patrocinio di Aiap nazionale e Associazione Illustratori, il progetto si muove trasversalmente tra i diversi ambiti in cui il libro è coinvolto: dal corto d’animazione, al libro in scena a Teatro, alle contaminazioni tra illustrazione, arte contemporanea, grafica e design. Librimmaginari è un progetto per tutti che spazia dalla didattica per bambini a programmi di formazione per adulti, attraverso laboratori, letture animate e progetti espositivi personali e collettivi. Sempre nel rispetto del fil rouge della manifestazione, di anno in anno i curatori hanno previsto specifici temi di approfondimento che potessero differenziare e caratterizzare le singole edizioni. Assistiti dall’attiva partecipazione di numerosi autori ed illustratori, quest’anno si intende compiere un focus sul taccuino di viaggio
e sulla relazione tra mappe e racconti dei territori. In questo senso il viaggio è interpretato anche come trasferimento dai territori narrativi del libro a quelli visuali dell’illustrazione. A tal proposito domenica 23 novembre si terranno due incontri con il noto collettivo di scrittori Wu Ming per la presentazioni del loro ultimo libro, Armata dei Sonnambuli (Einaudi 2014), ambientato nella Parigi rivoluzionaria del 1793, e per discutere, sedici anni dopo, di cosa sia ormai rimasto dell’esperienza che ha condotto alla concezione del più conosciuto romanzo Q (Einaudi 1999), che ha reso celebre il Luther Blissett Project. A seguire venerdì 28 e sabato 29 novembre vi saranno le inaugurazioni della sezione espositiva rispettivamente al circolo Cosmonauta, dove saranno in mostra alcune delle grafiche del laboratorio Studiovagante dalla serie Viterbo Surreale, e al Padiglione d’Arte Chiarini Carletti, con l’esposizione delle illustrazioni di Rita Petruccioli, da L’Orlando. Furioso e Innamorato di Ialberto Fei (La Nuova Frontiera Junior 2014), e di Simone Rea, da L’uomo dei Palloncini
di Giovanna Zoboli (Topopittori 2014). Nelle stesse giornate di sabato 28 e domenica 29, sono poi in programma due appuntamenti di riflessione e confronto tra i responsabili delle diverse e numerose associazioni o festival tematici per la promozione del libro e della lettura, negli spazi della Biblioteca consorziale di Viterbo e del Biancovolta/Spazio Arci. Infine, tra il 3 e l’8 dicembre le diverse sedi coinvolte ospiteranno incontri per bambini di lettura scenica ad alta voce de L’uomo dei palloncini, Gli amici nascosti e Lindbergh. L’avventurosa storia del topo che sorvolò l’oceano, con la partecipazione degli autori. Da quest’anno, Librimmaginari diventa l’appuntamento nazionale della rete Arci Book, rete di progetti e spazi dell’Arci che organizzano eventi di promozione dei libri e della lettura. Appuntamenti seminariali con ospiti ed esperti saranno parte del percorso formativo nazionale ‘Formazione Cultura’ organizzato dall’associazione per diffondere le pratiche a sostegno della cultura nel nostro Paese. http://arciviterbo.blogspot.it
La legge che «rettifica» i giornalisti Dopo 66 anni dal varo della prima legge repubblicana sulla diffamazione a mezzo stampa, arriva la nuova normativa. C’è voluta una decina d’anni perché la legge completasse il suo iter, a dimostrazione di quanto delicata sia la materia. Il risultato è deludente, a tratti sconcertante. La nuova legge cancella la detenzione per i giornalisti condannati per diffamazione. Dal punto di vista simbolico è un risultato positivo. Però quasi solo su quel piano, essendo in realtà rarissimo che i giornalisti finiscano in galera. Molto più temibili, soprattutto per i molti giornalisti precari o free-lance, le sanzioni pecuniarie che invece nella nuova legge abbondano. Multa salata: 10mila euro, che lievitano fino a 50mila qualora la diffamazione consista nel riportare, con dolo, un fatto falso. La sanzione, sia pur diminuita di un terzo, vale anche per direttore e vicedirettore responsabile, anche nel caso di articolo anonimo. Alla multa si somma il risarcimento patrimoniale del danno. La cifra è a discrezione del giudice. La richiesta
di fissare un tetto è stata accolta, quella di commisurare la cifra alle possibilità economiche del giornalista no. Il tetto massimo è dunque sui 15mila euro, proibitivo per la stragrande maggioranza dei giornalisti. Ancora più discutibile la nuova regolamentazione del diritto di replica. Deve essere tempestiva e avere lo stesso risalto dell’articolo diffamatorio: sin qui nulla da eccepire. La legge proibisce però al giornalista di aggiungere commenti o controrepliche, magari per provare la fondatezza di quanto scritto e poi ‘rettificato’. La giustificazione è che in questo modo la rettifica chiude il caso. Resta oscuro perché i legislatori non abbiano lasciato al giornalista la scelta tra pubblicare la sola rettifica oppure, se convinto di avere prove valide a sostegno delle sue affermazioni, controreplicare affidando poi al magistrato il verdetto finale. Dove però la rettifica diventa apertamente censoria è nelle disposizioni per le testate web regolarmente registrate (per ora sono esclusi i blog). La rettifica deve essere pubblicata nel giro di poche
ore e il presunto diffamato, in nome del ‘diritto all’oblio’, può chiedere che le affermazioni incriminate siano cancellate dai siti e dai motori di ricerca. Insomma è il sedicente diffamato, non un giudice, a decidere se alcune affermazioni debbano essere considerate diffamatorie e cancellate anche dalla memoria. In extremis, l’aula ha parzialmente corretto una delle parti peggiori della norma: si punivano infatti con multe ridicole le cosiddette ‘querele temerarie’, quelle che vengono sporte al solo scopo di tenere i giornalisti sotto scacco. Caso di scuola: la richiesta di 25 milioni di euro per danno d’immagine sporta dall’Eni contro Milena Gabanelli. Ora invece chi querela temerariamente potrà essere condannato a un risarcimento reale. Nel complesso, la legge varata è peggiore di quella che sostituisce. Se poi la si coniuga con l’introduzione della assurda fattispecie di reato di ‘depistaggio’e con l’annunciata regolamentazione di tutto il web, per la libertà di stampa si configura un quadro tutt’altro che rassicurante.
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benicomuni/ambiente
Riscaldamento climatico: allarme Onu Un anno per trovare un accordo mondiale e combattere il riscaldamento climatico che minaccia la Terra. Il quinto rapporto dell’International Panel on Climate Change (Ipcc) - organismo Onu - mette in guardia i governi: bisogna agire in fretta per evitare «effetti severi e irreversibili» che minacciano le società umane e l’ecosistema. Nel 2050, bisognerà arrivare ad avere almeno l’80% di energie rinnovabili, entro il 2100 l’energia fossile dovrà essere eliminata. Non ci sono più scuse, dice il rapporto, «l’ignoranza non può più essere un pretesto». Le conclusioni dell’Ipcc sono basate su 30mila ricerche, analizzate da 800 scienziati, commentate e riviste da più di 3mila studiosi. La temperatura è aumentata globalmente di 0,85 gradi nella bassa atmosfera terrestre dalla fine del XIX secolo. Il livello degli oceani è salito di 19 centimetri. Per limitare al massimo a due gradi il riscaldamento climatico - è la soglia di pericolo stabilita nel 2009 - le emissioni mondiali a effetto serra dovranno diminuire tra il 40 e il 70% entro il 2050, ma nei fatti sono in
continuo aumento. Nel 2100, le emissioni di Co2 dovranno essere pari a zero, se non negative. I negoziati internazionali dovranno arrivare a un accordo, al summit di Parigi del 2015, firmato dai 195 paesi che aderiscono alla Convenzione sul clima. All’inizio del prossimo dicembre c’è una riunione preparatoria a Lima. Ma sono 25 anni che l’Ipcc lancia allarmi, senza effetto. Cosa potrà far cambiare rotta? In questo ultimo rapporto viene sottolineata con forza la questione economica. Finora, la rivoluzione energetica è stata frenata dal timore di influire negativamente sull’economia. Secondo gli esperti, mantenere il riscaldamento climatico entro i 2 gradi, non colpirà significativamente la crescita, mentre perseverare con le emissioni ad effetto serra avrà conseguenze economiche catastrofiche, a cominciare dalla sicurezza alimentare. Inoltre più aspettiamo più i costi saranno importanti. Certo, gli sforzi da realizzare comporteranno cambiamenti nello stile di vita e nei comportamenti. Il modello da inseguire non può essere quello
occidentale. Eppure, è quello che succede ora. La Cina è ormai il primo produttore mondiale di Co2 con il 29% delle emissioni totali, seguita dagli Usa e dalla Ue. L’accordo di Parigi dovrà essere internazionale, rilanciando così una cooperazione che sta soccombendo sotto i colpi delle guerre e della concorrenza economica. L’Ue si è proposta come ‘modello’ mondiale, ma adesso frena. La scorsa settimana, i 28 hanno raggiunto un accordo minimo sul clima, che ha cercato un punto di equilibrio tra interessi dei diversi stati, per ridurre la spaccatura tra i paesi di vecchia industrializzazione e l’est europeo, dove l’energia fossile ha un peso maggiore. Ma anche la Germania, virtuosa per le rinnovabili, continua ad avere molte centrali a carbone, mentre la Francia vanta un buon bilancio Co2 solo grazie ai 58 reattori nucleari e la Gran Bretagna rifiuta ogni interferenza sull’efficienza energetica. Il governo italiano sembra voler rimanere ancorato al passato. Il decreto ‘Sblocca Italia’ dà il via a trivelle in mare per due gocce di petrolio. Una vera follia.
Mai più: alluvionati uniti contro la politica del fango Subito dopo un’esondazione o una frana, che provoca morti e dispersi, le dirette televisive e gli editoriali sui principali quotidiani si sprecano. Si intervistano esperti, sindaci, cittadini, volontari sporchi di fango. Ma poi, passate solo poche settimane, gli strascichi degli episodi di dissesto idrogeologico vengono confinati nelle ultime pagine e si va avanti di frana in frana. Tra alluvioni e frane negli ultimi 50 anni sono state quasi 7000mila le vittime, mentre dal dopoguerra ad oggi i danni sono stati quantificati in oltre 60 miliardi di euro. I comuni ad elevata criticità idrogeologica sono 6.631, per una popolazione potenzialmente a rischio di 5,8 milioni di persone. Numeri che, da soli e senza ulteriori commenti, dovrebbero incollare la politica alle proprie responsabilità. E invece la politica, dopo essersi recata ai funerali delle vittime, una volta uscita dalle chiese e terminato il solito balletto dello scaricabarile, entra puntualmente nei consigli comunali, regionali o dei ministri, per approvare cementificazioni di ogni genere, porti, grandi opere, trafori. Interventi contro il dissesto idrogeologico? Sempre in fondo alla lista delle priorità. Ma la goccia ha oggi fatto davvero tra-
boccare il vaso. E i cittadini, i comitati, gli alluvionati, hanno deciso di passare dalla denuncia del giorno dopo alla proposta attiva, all’autorganizzazione dal basso. Stanchi di essere malsopportati, trattati come un problema, ciascuno isolato nel proprio territorio dissestato, hanno deciso di unirsi e di costituirsi in ‘massa critica’, per obbligare le istituzioni a fare il proprio dovere e soprattutto a farlo con giustizia e correttezza, mettendo fuori gioco le politiche di intervento legate a logiche discrezionali che spesso creano danni ulteriori e corruzione. La rete nazionale si
chiama Mai più, mai più bombe d’acqua e disastri ambientali - Movimento e rete delle comunità dei fiumi e del popolo degli alluvionati ed ha le idee molto chiare: ricostruire il rapporto fra le comunità e i territori attraversati da corsi d’acqua; cambiare il modello economico e di gestione del territorio concausa del dissesto idrogeologico; ottenere trasparenza ed equità degli interventi. In poche parole, rimuovere lo spesso strato di fango accumulato in tutti questi anni lungo tutto lo stivale. Alluvione dopo alluvione. maipiu.eu
Il convegno Il Controsservatorio Valsusa, in collaborazione con Arci Piemonte, Associazione nazionale Giuristi democratici, Centro studi Sereno Regis, Laboratorio civico Almese, Pro Natura e con il patrocino del Comune di Almese presenta il convegno nazionale Grandi opere, controlli, comunità locali che si terrà il 7 e 8 novembre presso il Centro studi Sereno Regis a Torino e presso il Teatro Magnetto ad Almese (TO). Il convegno si inserisce nel percorso avviato
dal Controsservatorio Valsusa, unitamente a un folto gruppo di sindaci e amministratori delle valli di Susa e Sangone, che ha portato alla decisione del Tribunale Permanente dei Popoli di aprire un procedimento per appurare «le finalità e l’effettività delle procedure di consultazione delle popolazioni coinvolte e l’incidenza sul processo democratico» esaminando il caso Valsusa ed altri simili nel panorama internazionale. www.controsservatoriovalsusa.org
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società/povertà
Il rapporto 2014 sull’economia del Mezzogiorno: un deserto senza lavoro Al settimo anno di recessione, il sud Italia è un deserto umano, sociale e industriale. Questo lo scenario tratteggiato nel rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2014. Le politiche di austerità hanno peggiorato una situazione già drammatica. Nel 2013 al Sud i decessi hanno superato le nascite. Un fenomeno così grave si era verificato solo nel 1867 e nel 1918, cioè alla fine di due guerre, la terza guerra d’Indipendenza e la prima guerra mondiale. «Il Sud - scrive lo Svimez - sarà interessato nei prossimi anni da un stravolgimento demografico, uno tsunami dalle conseguenze imprevedibili, destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni». Nei primi cinque anni di recessione, delle 985mila persone che in Italia hanno perso il posto di lavoro, ben 583mila erano residenti nel Mezzogiorno. Nel Sud si è dunque concentrato il 60% delle perdite. È stata superata una ‘soglia psicologica’ perché una simile flessione ha riportato il numero degli occupati del Sud per la prima volta sotto i sei milioni. L’industria è il settore più in sofferenza. La Calabria è la regione più povera. Nel 2013 il Pil pro capite era inferiore ai 16mila euro, meno della metà di Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige o Lombardia. Solo una giovane donna su cinque ha un lavoro ed in generale l’occupazione femminile si ferma al 33%. Il 21,6% delle donne sotto i 34 anni è occupata contro una media nazionale del 34,7%. Il confronto con la media dell’Unione europea è impietoso. Nell’Europa a 27 le donne sotto il 34 anni che lavorano sono il 50,9%. La disoccupazione porta con sé povertà e deprivazione alimentare. A sud le famiglie assolutamente povere sono aumentate due volte e mezzo. Nell’ultimo anno, tra il governo Letta e quello Renzi, i poveri sono aumentati del 40%. Un’evidenza che non è servita a stanziare nella legge di stabilità risorse per il contrasto della povertà o per il sostegno al reddito. Anche su quest’ultimo aspetto i dati sono devastanti: tra il 9 e il 10% delle famiglie calabresi, lucane molisane o siciliane guadagnano meno di mille euro al mese. Il 16,4% ha un disoccupato in casa, il 14,7% ha tre o più familiari a carico e i consumi, anche alimentari, diminuiscono drasticamente. Per quel che riguarda i giovani meridio-
nali, le porte d’accesso al lavoro sono sbarrate. Il rapporto Svimez registra l’allungamento della durata della disoccupazione, così come della transizione scuola-lavoro. «Si è innescata una spirale di depauperamento del capitale umano che unisce emigrazione, lunga permanenza in uno stato di inoccupazione allo scoraggiamento a investire nella formazione più avanzata». Al tradizionale dualismo territoriale Nord/Sud, dall’inizio della crisi si è unito quello generazionale: dal 2008 al 2013 sono andati persi in Italia
1 milione e 800mila posti di lavoro fra gli under 34. Il tasso di disoccupazione degli under 35 è salito nel Mezzogorno nel 2013 al 35,7%. Dei 3 milioni 593mila Neet, registrati nel 2013, 2 milioni sono donne e quasi 2 milioni si trovano al Sud. In dieci anni, dal 2001 al 2011, sono migrate dal Mezzogiorno verso il CentroNord oltre 1 milione e mezzo di persone, di cui 188 mila laureati. Non sono solo giovani: tra i 30 e i 49 anni, nel 2012 la quota è arrivata al 42%. Tra i laureati l’aumento è stato del 50% in 5 anni. Al Sud il 28% degli espatriati è laureato.
Povertà infantile, i dati Unicef La crisi economica che ha colpito i paesi ricchi non ha risparmiato i bambini: sono 76,5 milioni quelli che vivono sotto la soglia di povertà. È quanto rileva un nuovo rapporto dell’Unicef che raccoglie i dati di 41 paesi dell’Ocse e dell’Unione europea. Secondo il rapporto, in più della metà dei paesi ricchi la povertà riguarda un bambino su cinque, mentre in alcuni paesi la situazione è ancora più grave. Come in Italia, dove i dati parlano di un bambino su 3 in povertà e oltre 600 mila bambini poveri in più rispetto al 2008. Il 16% dei bambini italiani è dunque in condizioni di grave deprivazione materiale, mentre la percentuale di ragazzi tra 15-24 anni che non studia, non lavora e non segue corsi di formazione (Neet) è aumentata di quasi sei punti dal 2008, raggiungendo il 22,2%, il tasso più alto dell’Unione europea, cioè oltre un milione di giovani che vivono in questo limbo (in totale, nell’Ue, sono 7,5 milioni). Secondo il rapporto, dal 2008 al 2012 la povertà infantile è aumentata in 23 dei 41 paesi analizzati e in alcuni paesi l’aumento ha superato anche il 50%. Per esempio, nel 2012 in Grecia il reddito mediano dei nuclei familiari con bambini è ritornato ai livelli del 1998, l’equivalente di una perdita di 14 anni di progresso in termini di reddito. In Italia, la perdita equivale a 8 anni.
Non va meglio oltreoceano. Secondo l’Unicef, infatti, gli Stati Uniti hanno visto crescere l’estrema povertà infantile più durante questa recessione che in quella del 1982 e le misure messe in campo non sono state così efficaci per i poveri senza lavoro. Dall’inizio della crisi, la povertà infantile è aumentata in 34 stati su 50. Nel 2012, 24,2 milioni di bambini vivevano in povertà, con un incremento netto di 1,7 milioni dal 2008. Nonostante la tendenza dei dati generali, però, in alcuni stati la recessione non ha inciso sulla povertà infantile.«In 18 paesi la povertà infantile è diminuita, talvolta in modo marcato». Per il direttore della divisione statistiche, ricerche e analisi dell’Unicef si tratta di un «grande passo indietro» fatto da molti paesi ricchi con «conseguenze che avranno ripercussioni a lungo termine» per i bambini e le loro comunità. «La ricerca mostra che la forza delle politiche di protezione sociale sarebbe stata un fattore decisivo per prevenire la povertà. Tutti i paesi hanno bisogno di forti reti di sicurezza sociale per la protezione dei bambini sia durante congiunture negative sia positive e i Paesi ricchi dovrebbero fare da esempio impegnandosi esplicitamente per eliminare la povertà infantile, sviluppando politiche per controbilanciare la regressione e facendo del benessere infantile la prima priorità».
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Raccontare il lavoro in una fotografia Il concorso del circolo Arci Aprile di Silvio Cilento circolo Arci Aprile
«Nessun uomo da solo è in grado di svolgere tutte le attività di cui una società ha bisogno (...). Come ciascun uomo si serve di membri diversi per eseguire ciò che un solo membro non potrebbe fare: così il complesso di tutti gli uomini si serve di uffici diversi di diversi uomini per esercitare tutto quello di cui ha bisogno l’umano consorzio e per cui non basterebbe l’opera d’un uomo solo». (Rm 12, 4) Oggi il solo termine ‘lavoro’ spaventa, rende inquiete ed impaurite la maggior parte delle persone che lo incontrano in qualche modo; pronunciarlo diventa quasi impossibile. Si additano politica, sistema sociale, leggi e decreti, aziende e attività, ma il reale problema del lavoro qual è? Il circolo di Cosenza, Arci Aprile, lancia il suo primo concorso fotografico proprio con questo tema: Il Lavoro, rivolto a tutti gli appassionati di fotografia, professionisti e non, con l’obiettivo di raccontare il lavoro nella nostra realtà sociale per mettere a fuoco l’identità e l’autenticità dei nostri mestieri. L’impegno, la sofferenza, la gioia, la paura a lavoro e per il lavoro. É un concorso gratuito e rimarrà aperto fino al 20 dicembre 2014. Verranno scelte 10 foto, da una giuria di
professionisti, che saranno stampate ed allestite a mostra all’interno del Cavern Club, sede dell’associazione stessa. In più verrà consegnato un riconoscimento a tutti i partecipanti. Il concorso ha valenza nazionale. Il bando si può consultare sul sito cavernclub. it o sulla pagina facebook CavernClub, Arci Aprile. Raccontare il lavoro attraverso un obbiettivo, seguendo un’analisi del tutto personale e soggettiva, che nell’oggettività del mondo che ci circonda possa trasmettere riflessione, interrogativi e sensazioni inconsapevolmente condivisi. Raccontare dal nord al sud, abbattendo ogni idea di pregiudizio e discriminazione sul concetto di lavoro. Questo è lo scopo del nostro concorso fotografico. Unione, arte e colori. Ambizione e voglia di scuotere gli animi della gente che ci segue, permanendo nei concetti di libertà e semplicità. Una rivalutazione delle tradizioni, il vecchio ed il nuovo, la rinascita del vecchio lavoro. Uno sguardo attento e fermo sulla vita e sulla struttura dei lavoratori, dei lavoranti e dei lavorati. Gli obiettivi del circolo di Cosenza seguono quelli di Arci nazionale, creare una rete, socializzare, attraverso iniziative culturali, novità e freschezza.
La scomparsa di Vittorio Saltini Si è spento dopo una lunga malattia Vittorio Saltini, protagonista della vita sociale e politica modenese, negli anni Novanta presidente di Arci Modena. L’attuale presidente Anna Lisa Lamazzi spiega che “fu Saltini a dare una svolta innovatrice all’associazione – allora ancora Confederazione – puntando sul sociale, rafforzando le esperienze di accoglienza dei nuovi immigrati e impegnandosi nelle politiche di integrazione e di inserimento per tutte quelle persone che, in un modo o nel’altro, vivevano in situazioni difficili”.
Importante anche il suo impegno per gli aiuti umanitari durante il conflitto nell’ex Jugoslavia e per la cooperazione internazionale. “Per noi è stato un presidente e un amico importante e ci impegniamo a continuare il lavoro da lui iniziato”, conclude la presidente Lamazzi. www.arcimodena.org
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in più 1000 candele ROMA L’8 novembre a partire dalle 18 in piazza Indipendenza si terrà l’iniziativa 1000 candele per Stefano Cucchi per ‘accendere la verità’ davanti al Consiglio Superiore della Magistratura. Promossa dalla famiglia Cucchi e dall’Acad (Associazione Contro gli Abusi in Divisa), partecipa anche l’Arci Roma. infoacad@inventati.org spettacolo al merlin MONTEREALE VALCELLINA (PN) Il circolo Tina Merlin presenta lo spettacolo teatrale La vita è una palla al piede scritto e interpretato da Mario Palmieri. Lo spettacolo descrive l’esistenza attraverso le imprevedibili traiettorie di una sfera di cuoio che, calciata da un piede umano, vola libera ed irrefrenabile verso il suo naturale destino: il goal. Appuntamento presso il circolo il 7 novembre alle 21. Ingresso libero. www.arcitinamerlin.it SOS gaza TORINO Al Caffè Basaglia il 9 novembre dalle 19.30 si terrà l’iniziativa SOS Gaza, serata benefit a sostegno di Gaza. Il ricavato sarà devoluto all’associazione Unione dei Giovani Progressisti Palestinesi PPYU per sostenere le loro attività a favore dei minori colpiti, in seguito all’ultima aggressione israeliana contro la Striscia di Gaza, da disturbi da stress post traumatico. www.caffebasaglia.org LEGGERE IL CINEMA PISTOIA Al circolo Arci Le fornaci ha preso il via la terza edizione del corso di introduzione al linguaggio dei film Leggere il cinema ideato e condotto da Michele Galardini. Sei lezioni multimediali di un’ora ciascuna, il mercoledì dalle 21.30 alle 22.30 e altrettante proiezioni domenicali con inizio ore 21.15, a ingresso gratuito per i soci Arci. Obiettivo di questa terza edizione sarà approfondire la conoscenza attorno alla storia del cinema e alla grammatica delle immagini attraverso sei momenti fondamentali dell’evoluzione del medium, come il montaggio delle attrazioni, l’età d’oro di Hollywood, la Nouvelle Vague. L’iniziativa è promossa da Promocinema, Arci Pistoia, CarnageNews e Associazione Recente. pistoia@arci.it
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La raccolta fondi ‘Un proiettore per Piacenza’ L’associazione Arci Cinemaniaci, in collaborazione con l’Arci di Piacenza, lancia la campagna di crowdfunding Un proiettore per Piacenza, con l’obiettivo di raccogliere i fondi necessari per l’acquisto di un proiettore digitale per l’Arena Daturi. Per 11 anni all’Arena Daturi sono stati organizzati, nei mesi di luglio ed agosto, una media di 40-50 spettacoli, serate arricchite da incontri con gli autori e collaborazioni per dare spazio ad altre associazioni e realtà del territorio piacentino. Offerta culturale e promozione sociale sono sempre state le parole chiave, infatti si è sempre cercato da un lato di promuovere opere di riconosciuto valore artistico e produzioni indipendenti, e dall’altro di garantire proposte capaci di fare riflettere e intrattenere il pubblico durante l’estate, specie in agosto, quando le alternative sono poche per coloro che restano in città. Ora siamo a un bivio. La cosiddetta digitalizzazione del cinema, sia a livello produttivo sia a livello distributivo, impone il passaggio dall’analogico al digitale. Già in quest’ultimo anno e mezzo di transizione verso la nuova tecnologia si è ridotto drasticamente il numero delle pellicole disponibili; dal 2015 la pellicola scomparirà dal mercato cinematografico per diventare oggetto d’antiquariato o prezioso materiale restaurato e conservato nelle cineteche. Dunque bisogna dotarsi di un nuovo impianto di videoproiezione, il cui costo non è, però, sostenibile. La raccolta fondi è stata annunciata agli spettatori del Cinema al Daturi durante l’ultimo spettacolo dell’edizione 2014, il 29 agosto, alla presenza di Tiziana Albasi, Assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Piacenza. L’obiettivo è raggiungere i 7.500 euro raccolti dai cittadini, che sarebbero una buona base di partenza, a cui aggiungere il sostegno di aziende e istituzioni per arrivare ad un proiettore digitale professionale. La campagna si può realizzare grazie all’aiuto strutturato e professionale di Ginger, una startup che si occupa di crowdfunding territoriale pubblicando progetti sul sito ideaginger.it e curando lo sviluppo delle singole campagne di raccolta fondi. www.ideaginger.it/progetti/un-proiettore-per-piacenza.html
Il seminario a Casa Chiaravalle Sabato 8 novembre, dalle 10 alle 13, a Casa Chiaravalle in via Sant’Arialdo 69, a Milano, si terrà il seminario Quali alleanze per la gestione dei beni confiscati che si propone, partendo dall’esperienza di Casa Chiaravalle (Consorzio Sis, Arci Milano, Chico Mendes e La Strada) di individuare i nodi critici e le opportunità che nascono dalla gestione di beni confiscati e di connettere i diversi attori che intervengono nella ‘filiera’ dei beni confiscati per costruire nuove alleanze. Introduce Claudio Bossi, Casa Chiaravalle, Presidente Consorzio Sistema Imprese Sociali. Coordina Marella Caramazza, Direttore Fondazione Istud e autrice del libro Le aziende confiscate alla mafia. Perché falliscono e cosa fare per salvarle. Conclude Pierfrancesco Majorino, Assessore alle Politiche Sociali, Comune di Milano. Al termine del seminario verranno presentati i progetti e assegnato il Premio messo a disposizione da Fondazione Cariplo al gruppo di studenti del master in housing sociale e collaborativo del Politecnico di Milano. www.arcimilano.it
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La rassegna Fermata Teatro All’interno della rassegna Fermata Teatro organizzata dal circolo Arci Brecht, appuntamento il 14 novembre alle 21 con il concerto di Federico Bergonzoni. Una serata di musica d’autore, in cui verranno presentati nuovi brani inediti cantati per la prima volta dal vivo, che si andranno ad aggiungere a quelli contenuti nell’album che dà il titolo allo spettacolo. Non mancheranno omaggi ai maggiori cantautori italiani. Alla chitarra Alessandro Derosas. Appuntamento al Teatro del Lampadiere, via Bentini 20 – Bologna. Ingresso gratuito con tessera Arci.
Il contest Avanti Pop! L’ Arci Empolese Valdelsa promuove Avanti Pop!, un percorso rivolto agli artisti di tutta Italia, senza limiti di età su tre diverse attività: musica, cortometraggi e murales, per promuovere i valori fondamentali dell’Arci: aggregazione, cultura e socialità, promozione di nuovi linguaggi artistici. Solo per le prime due sezioni (musica e cortometraggi) è possibile presentare domanda di partecipazione. Il contest musicale si svolgerà in 4 circoli Arci del territorio: I Praticelli Castelfiorentino, Brusciana, Casenuove Empoli e Monterappoli. Le 12 band scelte, dopo attenta selezione, si esibiranno nelle quattro semifinali. La finale avverrà tra le quattro vincitrici di ogni serata. La partecipazione è riservata ai soci Arci. Il termine per la presentazione dei lavori è il 15 dicembre. Info sul regolamento sul sito www.arciempolesevaldelsa.it/ avanti-pop/
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culturascontata i tanti vantaggi della tessera Arci
w w w. a r c i / a s s o c i a r s i . i t a cura di Enzo Di Rienzo
Marc Chagall. Una retrospettiva 1908-1985 Milano - Palazzo Reale, fino al
1 febbraio 2015. La mostra è la più grande retrospettiva degli ultimi 50 anni dedicata in Italia a Marc Chagall, con oltre 220 opere che guideranno i visitatori lungo tutto percorso artisitco del pittore, accostando, spesso per la prima volta, opere inedite a capolavori provenienti dai maggiori musei del mondo. www.mostrachagall.it
Giorgio De Chirico e l’Oggetto Misterioso Monza (MB) - Reggia di Monza
- Serrone della Villa Reale, fino al 1 febbraio 2015. Giorgio de Chirico è la figura artistica più importante e poliedrica del panorama italiano del Novecento. L’esposizione presenta oltre trenta opere della collezione Fondazione Giorgio e Isa de Chirico dagli anni Quaranta fino alla metà degli anni Settanta con l’obiettivo di illustrare il ruolo che l’oggetto misterioso gioca nella produzione artistica del Maestro. www.dechiricomonza.com
Tiepolo i colori del disegno Roma - Musei Capitolini, fino al
18 gennaio 2015. Per la prima volta a Roma, viene descritta in maniera organica la dinamica inventiva e produttiva di uno dei maggiori incisori e pittori del Settecento veneziano, grazie all’esposizione di un cospicuo numero di fogli provenienti da istituzioni museali, fondazioni e collezioni private. www.museicapitolini.org
Mario Sironi 1885-1961 Roma - Complesso del Vittoria-
no, fino all’8 febbraio 2015. Tra i più grandi Maestri del Novecento italiano, Mario Sironi viene presentato al Complesso del Vittoriano di Roma con una grande retrospettiva. Attraverso le sue opere più significative si intende ricostruire la complessa attività del Maestro, ripercorrendo tutte le stagioni della sua pittura, dagli esordi simbolisti al momento divisionista, dal periodo futurista a quello metafisico, dal Novecento Italiano alla pittura murale fino alle opere secondo Dopoguerra. Cuore pulsante dell’esposizione romana saranno le opere monumentali di Sironi, come Il lavoratore (1936) e L’Impero (1936). www.comunicareorganizzando.it
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La Legge di Stabilità conferma il taglio del 27% al Fondo Nazionale Infanzia e Adolescenza La posizione di Arci e Arciragazzi La Legge di Stabilità prevede di mantenere i tagli subiti dal Fondo Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza con gli interventi dei Governi precedenti. Negli ultimi due anni il Fondo è stato infatti decurtato del 27% e negli ultimi 5 anni di quasi il 35%! Il Governo in carica mantiene questo taglio. Una scelta miope che, a dispetto di annunci e slogan anche recenti, impedisce di investire sulla promozione del benessere e dei diritti dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze. Le poche risorse di questo Fondo - lo ricordiamo - vanno alle 15 maggiori città italiane e finanziano l’aggregazione sociale, i servizi sociali ed educativi, gli spazi per mamme e bambini, la tutela dei diritti e tutto quanto compreso nella Legge 285/97. Una riduzione così pesante sta già incidendo in modo significativo sui bilanci dei Comuni, di fatto cancellando interventi importanti che si svolgono in prevalenza nelle periferie, con gli adolescenti e i bambini piccoli, sulle strade; produce perdita di posti di lavoro, specialmente per giovani, aggiungendo danno a danno. Il taglio di risorse è aggravato dalla completa mancanza di strategia del nostro Paese nelle politiche per l’Infanzia e l’Adolescenza, che procedono invece per spot e per emergenze successive, senza che vi sia una reale visione strategica per la tutela e la promozione dei diritti che invece sono legge dal 1991. Non è stato infatti elaborato il Piano Nazionale Infanzia e Adolescenza (previsto per legge e assente da oltre tre anni); il Fondo per i nidi è stato finanziato unicamente togliendo risorse alle politiche sociali; gli stanziamenti per le politiche per la famiglia sono da anni fermi a cifre irrisorie e il ‘bonus bebé’ si configura come una misura che non promuove né diritti, né benessere, né servizi, disperdendo risorse preziose. Stiamo infine ancora aspettando i ‘livelli essenziali’, di cui si parla da più di 10 anni e che dovevano supplire al primo grande taglio del Fondo Nazionale Infanzia avvenuto nel 2003, che era allora di 150 milioni, quando il 70% del Fondo per l’Infanzia fu trasferito alle regioni
(per poi scomparire insieme al resto delle politiche sociali) senza essere vincolato sull’area Infanzia e Adolescenza. In 10 anni lo Stato Italiano ha di fatto cancellato l’80% del Fondo Nazionale Infanzia e Adolescenza! Il welfare non può essere solo uno slogan. Le risorse vanno utilizzate per garantire la promozione di diritti e benessere. La continuità nei tagli, invece, fa pagare sempre coloro che hanno meno voce, che non possono fare pressione, che subiscono i danni di una disattenzione che si ripete immutata, anno dopo anno, Governo dopo Governo, annuncio dopo annuncio! Esortiamo il Parlamento a ripristinare la totalità del Fondo Nazionale per l’Infanzia e l’Adolescenza ai livelli del 2009, a partire dall’aggiunta di 16 milioni al Fondo Nazionale Infanzia rispetto alle previsioni della Legge di Stabilità 2015/2017.
arcireport n. 36 | 7 novembre 2014 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Carlo Testini Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 13.30 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
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