arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XIV | n. 37 | 24 novembre 2016 | www.arci.it | report@arci.it
Non una di meno
Il 26 novembre in piazza a Roma contro la violenza maschile sulle donne di Francesca Chiavacci presidente nazionale Arci
Il 25 novembre, fin dal 1999, è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne. Lo ha deciso, con una risoluzione, l’assemblea generale dell’Onu, a dimostrazione di quanto sia grave e diffusa in tutto il mondo questa pratica brutale. Questa data fu scelta in ricordo del brutale assassinio, avvenuto quel giorno nel 1960, delle tre sorelle Mirabal nella Repubblica dominicana sotto la dittatura di Trujillo. Mentre si recavano a visitare i loro mariti, in prigione per motivi politici, furono catturate, torturate e uccise da agenti del servizio di informazione militare. La loro colpa, e quella dei loro mariti, era stata l’opposizione attiva al regime di Trujillo. Sono quasi 7 milioni le donne italiane che nel corso della loro vita hanno subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Nel solo 2016 ne sono state uccise 116, più di una ogni tre giorni. Sono dati del Rapporto Eures (Istituto di ricerche economiche e sociali), secondo cui quest’anno più del 50% dei femminicidi si è registrato al nord e il 76% in ambito familiare. La violenza maschile sulle donne non è però un fatto privato, ma un fenomeno
strutturale e trasversale, troppo spesso condannato solo a parole ma tollerato nei fatti. Serve un cambiamento culturale radicale, di cui ancora non si vede traccia. Basta pensare alla recente campagna del Fertility day promossa dalla ministra alla Salute Lorenzin per capire quanto lavoro ci sia ancora da fare, anche tra le stesse donne. Intanto manca un piano programmatico efficace, che vada dalla formazione nelle scuole sulle tematiche di genere al finanziamento dei centri antiviolenza, che ogni anno offrono supporto e assistenza a più di 116mila donne. Molti di questi centri rischiano la chiusura, per ragioni burocratiche legate alla revoca degli spazi loro assegnati o per mancanza di risorse, una chiusura che significherebbe rigettare nella solitudine le donne che ad essi si sono rivolte, iniziando un percorso di riabilitazione che verrebbe bruscamente interrotto. Il 26 novembre a Roma l’Arci sarà al grande corteo promosso dalla rete ‘Non una di meno’, nata in Argentina e in Italia promossa da Donne in rete contro la violenza (D.i.re), Io decido e Udi. Alla mobilitazione parteciperanno associazioni, col-
lettivi, studentesse, tutte quelle donne che hanno deciso di manifestare insieme per dire BASTA, basta alla violenza, basta alla rappresentazione stereotipata che i media si ostinano a dare, basta a una cultura che continua a colpevolizzare e a negare la libertà e il diritto all’autodeterminazione delle donne. Ma si manifesterà anche per ricordare le vittime, per combattere le discriminazioni e le ingiustizie sul lavoro, per il riconoscimento di uguali diritti. Il giorno dopo, sempre a Roma, saremo all’assemblea che si terrà su questi temi, con l’obiettivo di elaborare un piano articolato in grado di incidere davvero sui comportamenti maschili e sulle scelte del governo, perché riveda l’inefficace piano antiviolenza adottato nel 2015. Abbiamo anche aderito alla campagna internazionale per combattere la violenza contro le donne promossa dalla Rete Euromed per i diritti umani, il network di organizzazioni sociali europee, del nord Africa e del Medio Oriente di cui Arci fa parte. La campagna si realizzerà in tutti i paesi dove la Rete è presente. Perchè di violenza maschile non si muoia più.
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nonunadimeno
Verso la manifestazione nazionale del 26 novembre a Roma L’Arci ha aderito alla manifestazione nazionale Non una di meno del 26 novembre a Roma, impegnandosi ad organizzare la partecipazione al corteo e all’assemblea del 27 novembre. Inoltre, circoli e comitati in tutta Italia hanno organizzato eventi, reading, spettacoli per sensibilizzare sul tema della violenza sulle donne. Di seguito alcune delle iniziative, l’elenco completo è su www.arci.it Nemmeno con un fiore 27 novembre ore 15 presso Casa della Resistenza di Fondotoce (VB)
Un pomeriggio di canti, canzoni e prosa al femminile, organizzato da Anpi Verbania e Casa Della Resistenza. Sul palco ci saranno: coro Valgrande, coro Gaudium, coro Volante Cucciolo, band Controvento, band Del Pian Cavallone, Michele Anelli band, Brigata Puglisi, per la parte musicale; Silva Cristofari, Floriano Negri, le ragazze di Libera per la prosa. È prevista inoltre una performance del piccolo coro della scuola primaria Tozzi di Suna. Durante il pomeriggio verrà ricordata la figura della martire partigiana Augusta Pavesi. Per l’occasione verrà proposta una raccolta fondi per finanziare l’attività della Casa Della Resistenza. L’iniziativa ha il patrocinio della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola - Ufficio pari opportunità, del Comune di Verbania, dei comitati Anpi, Arci e Libera VCO. A_Zero Violenza! 25 novembre al via il concorso di Arci Firenze
A_Zero Violenza! è il concorso promosso da Arci Firenze, con il contributo di Assicoop Toscana s.p.a. - Unipol Sai Assicurazioni, per l’elaborazione grafica di un manifesto che, con creatività e innovazione, esprima un NO categorico a ogni forma di violenza contro le donne e promuova il rispetto delle diversità di genere, la collaborazione e la parità in termini di opportunità e condizioni. Saranno, quindi, privilegiate le opere che affrontano il tema tentando di individuare meccanismi e strumenti utili per scardinare ogni tipo di violenza e per permettere alle donne di rivendicare la propria libertà, con coraggio e determinazione.
Il progetto vincitore sarà stampato e diffuso negli oltre 250 circoli e associazioni affiliati ad Arci Firenze. La scadenza per la consegna dei lavori è fissata per il 3 febbraio 2017. Per informazioni sul concorso e per scaricare il bando: www.arcifirenze.it Proiezione de ‘La sposa bambina’ 25 novembre ore 21 presso Sala Polivalente di Villa 5 di Collegno (TO)
Nell’ambito della rassegna cinematografica sui diritti umani IndignAzione, promossa da Città di Collegno, Arci Valle Susa, Centro Donna, Suburbana, e Amnesty comitato territoriale, l’appuntamento del 25 novembre sarà dedicato alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, con la proiezione de La sposa bambina. Il film di Khadija Al Salami ricostruisce la storia vera di Nojoud, bambina yemenita che a soli 10 anni di età riesce a convincere un giudice a concederle il divorzio dal marito, che è stata costretta a sposare in un matrimonio forzato e precoce organizzato dalla famiglia. Racconti d’autore contro la violenza sulle donne 25 novembre ore 18 presso Arci Rinascita di Montevarchi (AR)
Racconti e musiche al femminile con l’associazione Donne di carta, che presenta il progetto Io sono una persona libro e affronta il tema della violenza sulle donne con un ‘reading umano’. Obiettivo di Donne di carta è promuovere la lettura attraverso il raccontare a memoria, senza recitare, i brani di libri portandoli nelle piazze, nelle case, nei teatri, nelle biblioteche, nelle scuole. Musiche de Le fumenta di Aldebaran. Vissi d’arte, vissi d’amore, non feci mai male ad anima viva 25 novembre ore 21.30 presso Casa del Popolo Il Progresso, Firenze
Un concerto tutto al femminile con arie d’opera per la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Soprani: Carolina Cardini, Jessica Cellai, Sofia Folli, Mariko Fujiwara, Gaia Manzotti, Silvia Materassi, Gaia Pellegrini; composizione pianistica originale di Petra Cini; pianista/accompagnatrice: Silvia Da Boit; preparazione vocale a cura di Nicoletta Maggino. Passi di libertà 30 novembre ore 18 presso Sala consiliare del Comune di Adelfia (BA)
Alle 18 si apre con l’intervento Il ciclo della violenza. Come riconoscerlo e le sue conseguenze a cura delle operatrici del centro antiviolenza Il giardino delle lune che sostengono e affiancano le donne vittime di violenza; segue l’intervento del professor Pasquale Martino dal titolo Senza distinzione di genere. La repubblica che nacque donna, su come la Costituzione italiana tutela la donna; a concludere Ana e Artemisia, due epoche, due artiste, la scrittura di un dialogo, con interventi in materia di donne nell’arte pittorica e teatrale a cura dell’associazione Alauda. La serata è organizzata, tra gli altri, dal circolo ArciArte Adelfia. Al falistre e i fulminant 27 novembre presso l’Altro Teatro a Cadelbosco di Sopra (RE)
Lo spettacolo Al falistre e i fulminant, con il coro femminile di canti popolari e musica, promosso dal Comune di Cadelbosco di Sopra in collaborazione con Arci Reggio Emilia, ha per obiettivo la raccolta fondi per il centro anti violenza di Reggio Emilia. Lo spettacolo sarà preceduto da un intervento della Sindaca Tania Tellini e di una volontaria dell’associazione Nondasola. Grugliasco è contro 25 novembre ore 21 presso Chapiteau - Parco Le Serre di Grugliasco (TO)
Una serata di performance artistiche e riflessioni, promossa dal comitato territoriale di Se non ora quando, e ispirata al percorso di apertura di un Centro di ascolto per le donne, gestito dal Centro Donne di Collegno e dall’Arci Valle Susa. Partecipano Cirko Vertigo, Csd Denise Zucca, Associazione Musica Insieme, Compagnia Via Artisti.
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referendumcostituzionale
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L’Arci per il NO
Le iniziative programmate nei prossimi giorni Il referendum costituzionale. Le ragioni per il Sì. Le ragioni per il NO
Santa Margherita Ligure (GE) - Sabato 26 novembre alle ore 10.30 presso lo Spazio Aperto di Via dell’Arco, dibattito, organizzato in collaborazione con il circolo Arci di Santa Margherita Ligure, con: - Giuseppe Pericu già sindaco di Genova; - Lara Trucco professore di Diritto costituzionale all’Università di Genova. Modera: Roberto Pettinaroli Il Secolo XIX – responsabile redazione di Chiavari. Manifestazione provinciale #iovotono
Imperia - Il 29 novembre alle ore 18, al Cinema centrale, si terrà il grande evento di chiusura della Campagna per il NO al referendum costituzionale. Partecipa Alfredo D’Attorre deputato di Sinistra Italiana. Intervengono inoltre: - Feli Delucis Arci Imperia; - Fulvio Fellegara Segretario provinciale CGIL Imperia; - Gian F. Grosso capogruppo Imperia Bene Comune; - Amelia Narciso Segretaria ANPI Imperia; - Marco Ravera Segretario P.R.C. Liguria. L’alto contro il basso: oligarchie e populismi
Cremona - Il 27 novembre alle 21 a Palazzo Cittanova dibattito con - Livio Pepino giurista e saggista già componente del Consiglio Superiore Magistratura e presidente di Magistratura Democratica); - Emanuela Ghinaglia presidente Arci Cremona e attivista femminista - portavoce Comitato per il No; - Giampiero Carotti portavoce Comitato Beni Comuni Forum Movimenti per l’Acqua; - Rosita Viola amministratrice locale - già operatrice solidarietà internazionale. Referendum costituzionale: i no che aiutano a crescere
Bologna - Il 1 dicembre alle ore 21, presso il circolo La Fattoria, incontro promosso da Comitato per il NO Bologna e Arci. Intervengono: - Umberto Romagnoli portavoce Comitato per il NO Bologna; - Sergio Caserta presidenza nazionale Comitato per il NO; - Stefano Brugnara presidente Arci Bologna. Modera: Simone Spataro presidente circolo La Fattoria. Le ragioni del NO
Carmagnola (TO) - Il 26 novembre alle ore 18, presso la Sala Solavaggione della Biblioteca Civica, incontro pubblico con: - Andrea Polacchi presidente Arci Torino; - Andrea Ferrato Cgil - Responsabile Camera del Lavoro Moncalieri; - Antonio Caputo presidente comitato piemontese e valdostano per il NO; - Roberto Placido Comitato Scelgo No; - Diego Novelli presidente onorario Anpi Torino. Modera Valentina Rizzi, presidente Anpi Carmagnola. Promuovono Arci, Anpi, Cgil, Comitato per il NO.
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referendumcostituzionale
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L’Arci per il NO
Le iniziative programmate nei prossimi giorni - Anna Lisa Lamazzi presidente provinciale Arci Modena; - Tania Scacchetti segretaria provinciale CGIL Modena. Con il contributo di Fulvio Orlando avvocato. Modera Anna Ferri Arci Modena. Incontro con Civati
Siena - Il 1 dicembre alle ore 21.30 presso Palazzo Patrizi di Via di Città, incontro con Pippo Civati. All’incontro sarà presente anche il Prof. Andrea Pertici, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Pisa. Prima dell’incontro è previsto alle ore 19.30 un apericena aperto a tutti presso il circolo Arci di Via di Città. Le ragioni del NO
Terni - Il 1 dicembre alle 17.30 al Caos incontro di chiusura della campagna referendaria. Intervengono: Bia Sarasini comitato nazionale L’altra Europa; Mari Franceschini direzione nazionale Anpi; Paolo Tamiazzo consiglio nazionale Arci; Maurizio Marcelli direzione nazionale Fiom Cgil; Raffaele Tecce segreteria nazionale Rifondazione Comunista; Elisabetta Piccolotti direzione nazionale Sinistra Italiana; Alessandro Giannelli coordinamento nazionale USB; Antonello Falomi comitato nazionale per il NO. Modera Giacomo Russo Spena giornalista di Micromega e collaboratore de Il fatto quotidiano. Lavoro, welfare, riforme e federalismo
Votiamo No per contare di più
Roma - Il 25 novembre a partire dalle 15 grande iniziativa nazionale conclusiva della campagna referendaria a Roma al Teatro Brancaccio. Intervengono, tra gli altri, il presidente nazionale Anpi Carlo Smuraglia e la presidente nazionale Arci Francesca Chiavacci. La manifestazione conclude la staffetta in streaming sulle ragioni del NO, che si svolge dalle ore 9 alle ore 20 del 24 novembre (e comprende una diretta da Milano della terza iniziativa nazionale congiunta Anpi, Arci e Cgil) e dalle ore 10 del 25 fino alla chiusura della manifestazione al Teatro Brancaccio. Quelli che amaNO la Costituzione
Firenze - Il 27 novembre alle 14 al Cinema Odeon iniziativa di chiusura della campagna referendaria. Interviene, tra gli altri, la presidente nazionale Arci Francesca Chiavacci. Promuove Libertà e Giustizia, in collaborazione con Anpi, Arci e Comitato per il NO. Le ragioni dei nostri No
Modena - Il 30 novembre alle 18 al circolo Arci Vibra incontro con interventi di: - Aude Pacchioni presidente provinciale ANPI Modena;
Sassari - Il 29 novembre alle 17.30 presso la Sala Angioy della Provincia dibattito con: - Francesca Nurra segretaria provinciale Cgil Sassari; - Caterina Mura vicepresidente provinciale Anpi Sassari; - Franco Uda segretario regionale Arci Sardegna. Coordina Pasquale Lubinu, giornalista. Conclude Roberto Speranza deputato PD.
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migranti
Si affitta in nero, non si affitta ai neri di Marco Solimano presidente Arci Livorno
Succede nella città delle Leggi livornine, nella città di Cesare Beccaria. Succede a Livorno, città portuale dalle lunghe tradizioni antifasciste, dove nella periferia nord si ergono due grandi quartieri popolari dai nomi fortemente evocativi, come Corea e Shangai. Succede a Livorno, città nella quale, dopo la rottura all’interno del XVII congresso del PSI al teatro Goldoni, il 21 gennaio 1921, al Teatro San Marco, prende vita e corpo il Partito Comunista d’Italia. Arci Livorno gestisce diversi centri di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo e protezione internazionale. All’interno di questi si notano giovani ospiti in possesso di grandi capacità ed eccellenti manualità nella riparazione, ricostruzione o riconversione di biciclette. Si discute a lungo sul come dare valore a queste eccellenze, si prendono contatti con realtà associative e cooperative limitrofe. Un centro di accoglienza per disassuefazione dall’uso di sostanze stupefacenti, a Pontedera, da alcuni anni ha avviato un
progetto simile. Una folta delegazione di ospiti, accompagnati da operatori Arci, passa una intera giornata con i giovani di Pontedera. Il percorso assume forma e diventa progetto che viene portato all’attenzione di un tavolo di co-progettazione dell’amministrazione comunale, che lo sostiene ed assume l’onere economico dell’acquisto della strumentazione e degli utensili necessari all’avvio della attività. Manca solamente un luogo fisico dove trasportare il progetto, un fondo dove allestire l’officina, fare formazione e successivamente lanciare in città la Ciclofficina. Attraverso un’agenzia immobiliare della città il fondo viene trovato e visionato. Corrisponde esattamente ai bisogni del progetto, Arci si fa garante e decide di assumere la titolarità del contratto. Si presenta formalmente la proposta con allegata la caparra. Proposta che viene accettata nelle more della stipula del contratto. Ma alcuni giorni dopo, essendo
venuti a conoscenza della presenza di ‘neri’ all’interno del fondo, i proprietari decidono di revocare la disponibilità, cosa che ci viene comunicata da una imbarazzatissima agenzia di mediazione. A niente sono valse ulteriori garanzie offerte dall’associazione. I proprietari sono stati irremovibili. Abbiamo denunciato sui social e sulla stampa locale l’accaduto con amarezza, rabbia ed incredulità. Il paragone con l’Italia di altri tempi, quando nel ricco nord si negava l’affitto a meridionali e ai ‘terroni’, è stato immediato. Questa l’Italia del leghismo e del populismo reazionario, queste le derive contro le quali impegnare a fondo energie, saperi, cultura, partecipazione, inclusione sociale. Il tema della coesione sociale e della tenuta democratica delle nostre comunità e delle nostre città è oramai centrale nella riflessione politica e sociale. L’Arci dovrà giocare fino in fondo la sua parte.
Delegazione Arci e dell’associazionismo di Taranto visita l’hot spot Si è svolta nella mattinata del 21 novembre una visita di rappresentanti dell’Arci e dell’associazionismo di Taranto all’hot spot della città. La delegazione, entrata nel centro insieme all’onorevole Donatella Duranti di Sinistra Italiana, era formata, tra gli altri, dal vicepresidente nazionale dell’Arci Filippo Miraglia, da Davide Giove, presidente di Arci Puglia, Anna Caputo, responsabile immigrazione Arci Puglia, dal presidente di Arci Taranto Salvatore De Giorgio, da Enzo Pilò dell’Associazione Babele e da Francesco Ferri della Campagna Welcome Taranto. Durante la visita, ci sono stati colloqui con il responsabile dell’associazione di volontariato Noi e Voi, a cui il comune, gestore del centro, ha affidato i servizi alla persona, con la responsabile dell’ufficio immigrazione della Questura, dott.ssa Rossella Fiore e con la referente dell’HCR. La struttura presenta numerose criticità per quanto riguarda gli spazi e la loro destinazione. Appare ingiustificata la promiscuità negli spazi comuni tra adulti, minori non accompagnati e donne. Va sottolineata
la presenza, sui circa 280 stranieri attualmente ospitati nella struttura, di 34 minori non accompagnati, affidati dal Tribunale dei minori al Direttore del Centro che, oltre a condividere gli spazi comuni con gli adulti, sono accolti nell’hot spot da circa un mese: una situazione illegittima, giustificata come al solito dall’assenza di soluzioni alternative. Anche la durata della permanenza nella struttura di stranieri e straniere maggiorenni è superiore a quella prevista per questo tipo di centri. La struttura viene di fatto utilizzata anche come centro di transito e smistamento degli stranieri rintracciati alle frontiere interne, e più precisamente a Como e Ventimiglia. Nei mesi scorsi vi sono stati trasferiti anche un gruppo di stranieri rintracciati a Milano. In molti casi le persone condotte a Taranto sono già state identificate e talvolta sono state ospitate nei CAS di altre regioni, per poi essere rintracciate per strada dalla polizia in vere e proprie retate. Un trasferimento inutile, con spreco di risorse pubbliche e soprattutto con un carattere di vessazione e ingiustizia del
tutto evidente. Si chiede quindi al Ministro Alfano di: 1. cessare ogni trasferimento da altre regioni; 2. modificare la gestione degli spazi dell’hot spot, separando quelli in cui vivono i minori, le donne e i maschi adulti; 3. abbreviare i tempi di transito in questa struttura, inadeguata ad ospitare le persone per più di 2/3 giorni; 4. trovare soluzioni specifiche per i MSNA; 5. consentire le visite alle associazioni in via ordinaria; 6. prevedere una maggiore e più precisa informazione, con personale adeguato, al momento dello sbarco e subito dopo, che tenga anche conto delle condizioni psicologiche delle persone che arrivano da viaggi difficili e spesso tragici. Il sistema hot spot si conferma come ingiusto e sbagliato. Inadeguato a rispondere alle esigenze di persone che arrivano in cerca di protezione. Un sistema che risponde solo alle esigenze del sistema politico italiano ed europeo, il cui principale obiettivo è rassicurare l’opinione pubblica e non perdere consenso.
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ambiente
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Il mondo non può attendere Pubblichiamo la dichiarazione delle organizzazioni sociali internazionali riunite nello spazio autogestito mentre si svolgevano i lavori della COP22 a Marrakech Noi, movimenti sociali marocchini, magrebini, africani e internazionali, riuniti a Marrakech in occasione della COP22 riaffermiamo la nostra determinazione a costruire e difendere la giustizia climatica, e specialmente ad agire per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C - secondo l’impegno assunto a Parigi da tutti i capi di Stato e di governo. Il mondo non può attendere. Ovunque, le disuguaglianze sociali stanno crescendo, i diritti regrediscono, i conflitti e le guerre si moltiplicano o si arenano. I nostri popoli sono oppressi e la biodiversità si estingue. Le conseguenze del cambiamento climatico sono particolarmente forti in Africa e nei paesi del Sud. I record di calore che hanno attraversato tutto l’anno 2016, la successione di cicloni, uragani, inondazioni, incendi boschivi, siccità, ci ricordano che il cambiamento climatico è una realtà che colpisce già centinaia di milioni di persone - in particolare il flusso di migranti strappati dalle loro terre e gettati nei mari a rischio della loro vita. Noi sappiamo che la differenza tra i 1,5°C e 2°C di riscaldamento non è matematica ma una questione di vita o di morte. I movimenti e le organizzazioni della società civile stanno scoprendo che i negoziati internazionali sul clima guideranno le riforme politiche indispensabili, e pensano che dare continuità al movimento per la giustizia climatica sia una priorità. Noi denunciamo anche la presenza di multinazionali inquinanti e criminali all’interno della COP. La COP non dovrebbe essere trasformata in un’operazione di greenwashing dai governi che non rispettano i nostri diritti e le nostre libertà. Zero fossili, 100 % rinnovabili: il nostro orizzonte, la nostra lotta Contenere il riscaldamento globale a 1,5 °C significa lasciare i combustibili fossili sotto terra, a partire dagli idrocarburi non convenzionali. Noi invitiamo pertanto i leader del mondo a congelare lo sviluppo di nuovi progetti fossili e a perseguire la giusta transizione
verso un futuro al 100% rinnovabile e democratico. L’industria fossile sta portando avanti una battaglia per la propria sopravvivenza. Noi sappiamo che dobbiamo mobilitarci per bloccare i suoi progetti distruttivi ovunque sarà necessario. Dobbiamo lottare anche per non essere privati delle alternative: stiamo lavorando a una trasformazione sociale, ecologica, femminista e democratica e quindi per costruire i posti di lavoro di domani. Esigiamo anche un controllo cittadino sui fondi verdi, così che il 50% dei finanziamenti possa andare ai progetti e alle strategie basate sulla comunità e gli ecosistemi. È l’unico modo per uscire dal modello produttivista estrattivo, sottomesso alle regole del mercato e non cadere nella trappola dell’economia verde e delle false soluzioni: il nostro avvenire non dipende dalla mano invisibile del mercato ma dal potere dei popoli del mondo intero. Contro Donald Trump e il suo mondo… Alcuni utilizzano la crisi sociale per giustificare politiche reazionarie, conservatrici, razziste, sessiste, che non fanno altro che aumentare le ingiustizie climatiche. Donald Trump non è che l’ultima incarnazione di questo nazionalpopulismo autoritario, che minaccia in primo luogo le donne, le persone di colore, i migranti, i musulmani e i più poveri tra di noi. ...un clima di convergenza Esigiamo la liberazione immediata di tutti i prigionieri e la protezione di chi difende l’ambiente, in tutto il mondo. Da parte nostra, ci impegniamo a lavorare congiuntamente per: - introdurre processi di elaborazione di politiche collettive e concrete a livello locale e territoriale per garantire una
partecipazione effettiva dei cittadini, far sentire la voce della società civile, e fare delle leggi nazionali vettori di giustizia sociale e di emancipazione che permettano di garantire ai popoli la riappropriazione dei beni comuni (terra, acqua, aria, semi), che passa specialmente per la difesa della sovranità alimentare; - concepire e implementare uno spazio cittadino regionale, integrando in particolare lo spazio africano, quello mediterraneo e quello degli Stati insulari che riflettono la portata e l’urgenza di fare passi avanti nella nostra battaglia comune per la giustizia climatica. La nostra gente soffre, ma le nostre lotte sulla terra sono in perenne aumento e la presa di coscienza collettiva della necessità di unità, di rispetto della diversità e della complementarità delle pratiche si sta amplificando. Siamo convinti che i cambiamenti necessari sono profondi. Rifiutiamo che i nostri stati si pieghino alle scelte del libero scambio e permettano a delle aziende di dotarsi di armi legislative che gli diano la libertà di agire impunite e che le leggi del mercato possano oltrepassare l’accesso ai diritti per tutte le donne e gli uomini, per difendere il diritto dei piccoli agricoltori e pescatori, e di tutte quelle e quelli che sono in prima linea nella costruzione di un mondo che sia realmente giusto e sostenibile. Non attenderemo i momenti di negoziazione internazionale per riunirci e lavorare sulle nostre convergenze. Il lavoro si fa da molto tempo, prosegue e continuerà sul terreno e a livello dei movimenti di base che lottano localmente per un altro sistema, un altro mondo. Ci teniamo in particolare ad affermare la nostra solidarietà con tutte quelle e tutti quelli che sono in prima linea nella lotta contro l’estrattivismo: a Imider, a Gabes, in Aïn Salah, a Standing Rock, a Notre Dame des Landes, e ovunque. Siamo solidali nella lotta del popolo Palestinese per la sua libertà e i suoi diritti alla terra e all’accesso alle sue risorse. Oggi, riaffermiamo con forza e convinzione che un altro mondo è possibile!
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ambiente
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Le tre COP di Marrakech di Aldo Dessì Commissione nazionale Arci Ambiente, difesa del territorio, beni comuni, stili di vita
A Marrakech si sono tenute almeno tre COP22. La prima è quella di cui ci hanno parlato i media: quella paludata, dei Capi di Stato e di Governo, nota come la zona blu, che avrebbe dovuto rappresentare la degna celebrazione di Marrakech 2001, dove si scrissero i contenuti del Protocollo di Kyoto. Era stata intesa infatti come la ‘COP dell’azione’, quella in cui si sarebbe dovuto dare gambe all’Accordo di Parigi della COP21, a sua volta rappresentato come il punto di svolta della presa di coscienza della necessità non solo di fermare le emissioni di gas-serra, ma anche di avviare la progressiva riduzione degli attuali livelli. Tuttavia, così come l’Accordo di Parigi che avrebbe dovuto essere la ‘COP delle decisioni’ ha portato a una serie di impegni generici privi di qualsiasi vincolo, il Proclama d’Azione di Marrakech ci consegna un nulla di fatto anche sui due principali obiettivi che si poneva: l’accordo sulla costituzione del Fondo Verde di 100 miliardi di dollari annui a partire dal 2020 a favore dei paesi poveri per l’adattamento ai cambiamenti climatici e per lo sviluppo di tecnologie energetiche pulite e rinnovabili, e definire e aggiornare le caratteristiche dei contributi nazionali alla riduzione delle rispettive emissioni - i cosiddetti NDC (Nationally Determined Contributions) - e le regole per la loro gestione complessiva. L’avvio del Fondo Verde salta sostanzialmente perché i paesi poveri chiedono di decidere sul loro uso. Si verificherà durante la COP23 gli eventuali progressi fatti. Sui NDC si rimanda alla COP24 del 2018 l’elaborazione delle regole, prevedendo che comunque nel 2020 possano esserci revisioni dei parametri di Parigi. È la COP dove il ministro Galletti, nel corso dell’incontro cui abbiamo partecipato, rivendica innanzitutto un primato del nostro paese nel processo di decarbonizzazione. Subito dopo però, richiesto di esprimersi su quale coerenza vi sia tra questo processo e le autorizzazioni per nuovi inceneritori in tutta Italia, si giustifica dicendo che l’alternativa sarebbe stata l’apertura di nuove discariche. Lo stesso dicasi per le autorizzazioni per prospezioni e trivellazioni, affermando semplicemente che «… mica le ho rilasciate io … io chiuderò il mio mandato senza aver rilasciato una sola autorizzazione!».
Fa parte della prima COP anche quella che si è svolta nella zona verde, non casualmente a fianco della zona blu. Quella delle multinazionali, delle imprese pubbliche e private, di grandi associazioni nazionali ed internazionali. Questa COP è stata realizzata in un’area ai margini della città, disabitata. Un immenso susseguirsi di tensostrutture, con tutti gli ambienti serviti dall’aria condizionata. Sarebbe interessante conoscere la quantità di CO2 prodotta nelle due settimane… C’è stata poi la seconda COP - quella di cui nessuno ha parlato - quella dei 48
Paesi del CVF (Forum dei Paesi Vulnerabili). È il Forum dei paesi più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico, coloro che ne pagano il prezzo più alto pur avendo contribuito in misura minima alle emissioni. Il Forum ha convenuto di non poter aspettare le decisioni delle prossime Conferenze ONU. Ha deciso quindi di definire subito i propri NDC aggiornati, assumendo l’impegno vincolante di puntare al 100% delle energie rinnovabili nei loro paesi al più presto, e comunque entro il 2050. E di farlo con le proprie risorse. Vi è infine la terza COP, quella realizzata nel cuore della città, nella facoltà di Scienze e Tecnologia dell’Università Cadi Ayyad. Organizzata dalla Coalizione marocchina per la giustizia climatica, ha visto la partecipazione di centinaia di organizzazioni sociali di tutto il mondo, fra cui l’Arci che ha in particolare contribuito a realizzare uno specifico Spazio Mediterraneo. È la COP che il 13 novembre ha dato vita ad un imponente corteo: non solo attivisti provenienti da tutti i continenti, ma anche indios dell’Amazzonia, nativi americani e canadesi, etnie dell’America centrale, dell’Africa e del sud est asiatico.
Una grande rappresentanza di coloro che a questa crisi climatica poco o nulla hanno contribuito, ma che ne pagano il prezzo più alto.È la COP che ha realizzato Copafrica , la prima conferenza sui cambiamenti climatici di tutto il terzo settore africano: che ha visto il grido d’aiuto degli abitanti delle oasi del deserto espulsi dalle loro terre dall’avanzare dell’aridità e dalla riduzione delle risorse idriche e che vedono i loro giovani scappare verso l’Europa. Oppure i piccoli agricoltori tunisini che vedono distrutti i loro raccolti dalle inondazioni. Dai piccoli pescatori della riva sud del Mediterraneo alle prese con la drastica riduzione del pescato a causa dell’inquinamento e dello sfruttamento incontrollato della pesca industriale. E ancora dai contadini dell’Africa subequatoriale vittime di un devastante land grabbing operato da multinazionali del cibo - spesso di proprietà di altri stati - e che li priva della possibilità di produrre il cibo necessario alle loro famiglie. È la COP che, in 4 giorni, ha realizzato circa 300 laboratori e conferenze, partecipate da oltre 5mila attivisti e con la presenza di 200 organizzazioni e reti. La sintesi del lavoro di queste giornate - contenuto nel comunicato finale - può essere riassunto in pochi punti principali, che diventano obiettivi anche nelle nostre realtà. Il primo è che da questa crisi si può uscire, insieme, solo facendosi carico in modo equilibrato degli sforzi necessari, ma sottraendo al ‘mercato’ per riconsegnarlo ai popoli il governo delle proprie società. Il secondo è che la crisi attuale non è solo ecologica, ma sociale, economica, culturale e democratica. Da cui si può uscire attraverso un rapido abbandono dell’attuale modello produttivista verso un modello che assuma la giustizia climatica e la sovranità alimentare quali principi di riferimento. Il terzo è che bisogna definire la governance della gestione delle risorse e che da essa non possono essere escluse le comunità. Visto che il Mediterraneo è uno dei punti focali individuati dalla Coalizione, sarebbe del tutto logico che l’Arci partecipasse a questi processi, mettendo a disposizione le nostre capacità per aiutare a riportare il nostro mare alle condizioni che hanno portato a chiamare in arabo il Mediterraneo Mare Bianco.
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pace&disarmo
MIL€X 2017
Primo rapporto annuale sulle spese militari italiane a cura di Enrico Piovesana e Francesco Vignarca
MIL€X è un’iniziativa indipendente (lanciata con la collaborazione del Movimento Nonviolento nell’ambito delle attività di Rete Italiana per il Disarmo), ispirata a princìpi di neutralità politica e obiettività scientifica. Pur riconoscendo la necessità di mantenere un adeguato livello di efficienza dello strumento militare, è necessaria una maggiore trasparenza e un più attento controllo democratico su questa delicata materia per scongiurare i rischi di un’eccessiva influenza della lobby militare-industriale. Il ministro della Difesa Pinotti ha recentemente dichiarato che negli ultimi dieci anni la difesa ha subito un taglio del 27%, che nuove riduzioni sono impensabili ed è anzi il momento di maggiori investimenti. Un quadro molto diverso rispetto a quello che emerge dalle anticipazioni
del Primo rapporto annuale MIL€X sulle spese militari italiane. MIL€X ha elaborato una nuova metodologia di calcolo delle spese militari, togliendo dal conteggio le spese della Difesa per funzioni non militari e aggiungendo quelle per le pensioni del personale militare a risposo, quelle per le missioni militari all’estero pagate dal Ministero dell’economia e delle finanze e soprattutto quelle dei nuovi armamenti pagati
Droni armati: protagonisti incontrollati della guerra contemporanea
Il 24 novembre un seminario internazionale promosso a Roma da Rete Disarmo e IRIAD I droni armati, e le uccisioni extragiudiziali che vengono compiuti con questi nuovi strumenti militari, sono ormai una realtà delle guerre del terzo millennio. Per capirne meglio la dinamica e il ruolo del nostro Paese, il 24 novembre si è svolto un seminario internazionale promosso dalla Rete Italiana per il Disarmo ed organizzato dall’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo. L’obiettivo del seminario è stato anche quello di programmare alcune azioni nell’ambito delle iniziative promosse dal Forum Europeo sui droni armati recentemente costituito. È importante e urgente iniziare ad occuparsi di droni armati: l’Italia sarà infatti il terzo Paese della NATO (dopo USA e UK) a dotare di armamenti i velivoli senza pilota di cui dispone da qualche anno. Senza dimenticare il coinvolgimento dell’industria nazionale in progetti di sviluppo del primo drone militare europeo (co-prodotto con Francia e Germania) la cui consegna è prevista per il 2025. Nonostante la rilevanza dell’Italia nella questione, nell’opinione pubblica e nel
dibattito politico non c’è piena consapevolezza dall’importanza di occuparsi dei droni armati e di tutte le loro implicazioni (strategiche, militari, di ambito giuridico sia nazionale che internazionale, di coinvolgimento nei conflitti). Il grande pubblico viene a conoscenza solo quando ci sono casi eclatanti delle uccisioni extragiudiziali compiute con droni armati, credendolo un problema solo statunitense e senza rendersi conto che fra poco tempo anche l’Italia parteciperà a questa realtà. La giornata del 24 dovrà essere l’inizio di una riflessione che si faccia carico delle problematiche che i droni armati comportano e promuova un dibattito politico che possa riempire l’attuale vuoto legislativo. Le considerazioni, i contenuti, i materiali di approfondimento che usciranno dal convegno Droni armati: quale controllo? saranno la base di una serie di iniziative di mobilitazione che la Rete Italiana per il Disarmo e i suoi partner italiani ed europei promuoveranno a partire dal gennaio 2017.
dal Ministero dello sviluppo economico. Nell’ultimo decennio le spese militari italiane sono cresciute del 21%, salendo dall’1,2 all’1,4% del PIL (non l’1,1 dichiarato dalla Difesa). L’andamento storico evidenzia una netta crescita fino alla recessione del 2009 con i governi Berlusconi III e Prodi II, un calo costante negli anni post-crisi del quarto governo Berlusconi, una nuova forte crescita nel 2013 con il governo Monti, una flessione con Letta e il primo anno del governo Renzi e un nuovo aumento negli ultimi due anni. L’Italia nel 2017 spenderà per le forze armate almeno 23,4 miliardi di euro (64 milioni al giorno), più di quanto previsto nei documenti programmatici governativi dell’anno scorso. Ancora molto elevati i costi per il personale. Si registrano forti aumenti per le spese dell’operazione Strade Sicure, del trasporto aereo di Stato (per il costo dell’A340 della Presidenza del Consiglio) e soprattutto per l’acquisto di nuovi armamenti (un quarto della spesa militare totale, +10% rispetto al 2016) pagati in maggioranza dal Ministero dello sviluppo economico (che il prossimo anno destinerà al comparto difesa l’86% dei suoi investimenti a sostegno dell’industria italiana). Si evidenzia la stretta relazione tra questo meccanismo di incentivi pubblici all’industria militare nazionale (oltre 50 miliardi di euro di incentivi MISE ai programmi della Difesa negli ultimi 25 anni su iniziativa di governi di tutti i colori) e l’elevato costo dei programmi di acquisizione armamenti (5,6 miliardi nel 2017, 15 milioni al giorno). Urgenza e dimensione del procurement militare risultano infatti determinate non da reali esigenze di sicurezza nazionale ma da logiche industrial-commerciali (grandi commesse nazionali in funzione della promozione dell’export, come esplicitato nei programmi Centauro 2 e Mangusta 2) che hanno come effetto programmi sproporzionati rispetto alle necessità. Programmi giustificati gonfiando le necessità stesse (come nel caso del numero degli aerei da sostituire con gli F-35 o delle navi da rimpiazzare con le nuove previste dalla Legge Navale) e ricorrendo alla retorica del dual use militare-civile (come nel caso della nuova portaerei Trieste presentata come nave umanitaria, e delle fregate FREMM 2 presentate come unità per soccorso profughi e tutela ambientale).
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arcireport n. 37 | 24 novembre 2016
legalitàdemocratica
Terra Nostra
Il workshop di fotografia sociale che racconta l’esperienza dei volontari In contemporanea con uno dei campi della legalità 2016 Liberarci dalle spine, quest’estate a Corleone per la prima volta si è svolto il workshop di fotografia sociale Terra nostra, nato con l’obiettivo di raccontare attraverso la fotografia l’esperienza dei volontari e delle volontarie del campo. Promosso da Arci e cooperativa Lavoro e non solo, il workshop è stato coordinato dal fotografo Giulio Di Meo e ha visto la partecipazione di 11 fotografi: Laura Alicino, Patrizio Broggi, Elisa Castoro, Cristina Cozzini, Annalisa Durighello, Martina Giordani, Debora Leardini, Andrea Mancuso, Mirko Prosseda, Doralice Renzi e Antonella Speziale. Lavoro e non solo dal febbraio 2000 gestisce beni e coltiva terreni confiscati a Cosa Nostra tra Corleone, Monreale e Canicattì, favorendo l’inclusione sociale di soggetti in condizione di disagio e marginalità. Tra questi, i ragazzi del progetto Drago, grazie al quale un gruppo di richiedenti asilo svolge attività nei campi con l’obiettivo di sviluppare tutte le competenze necessarie per seguire l’intero processo di filiera, dalla coltura alla diffusione sul mercato dei prodotti provenienti dalle terre confiscate alla mafia. Di seguito, testimonianze di alcuni dei fotografi partecipanti al workshop. Sulla pagina facebook Campi della legalità è possibile visualizzare una gallery delle foto selezionate. «Qualcuno sostiene che questa parte di Sicilia urla o tace. Luogo comune errato: questa parte di Sicilia, a volerla ascoltare
e guardare, racconta e lo fa spesso sottovoce. Racconta la fatica, la bellezza, la voglia di riscatto, racconta campi aridi confiscati alla mafia che con lo sforzo leggero di giovani di provenienze diverse regalano frutti e inserimento lavorativo. Racconta posizioni di chi non vuole essere etichettato e chiede solo il rispetto per una natalità che non si è scelto, in una terra che è diversa da ciò che si crede. Si guardano incuriositi i corleonesi e i ragazzi arrivati per lavorare i campi nel progetto Liberarci dalle spine. In un valzer fatto di memoria e speranza, di vestiti cuciti addosso da cambiare con quelli adatti, di volontà di rilanciare e conoscere. Un passo alla volta, in punta di piedi. Abbiamo provato a farli vedere con
Palermo centro Dal 13 al 15 gennaio 2017 si tiene a Palermo il primo corso di street photography con il fotografo Giulio Di Meo, organizzato in collaborazione con Arci Palermo. Un workshop per le strade di Palermo, palcoscenico naturale di migliaia di storie che ogni giorno nascono, si susseguono, si rinnovano. Un workshop nei circoli più caratteristici della città dove si fa cultura e aggregazione. Il corso sarà diviso in diversi momenti: una parte teorica, una parte pratica e una di critica e selezione dei lavori. Alla fine del workshop verrà realizzato un lavoro collettivo con le migliori foto dei partecipanti. Per iscriversi al workshop o avere informazioni scrivere all’indirizzo info@giuliodimeo.it
le immagini, questi frutti della legalità». Debora Leardini «Una scommessa per nulla scontata, tesa a interpretare in cinque giorni l’esperienza dei campi lavoro, attraverso il filtro di persone differenti per età, formazione, esperienza e provenienza geografica. La fotografia, e il reportage in particolare, può essere un mezzo oggettivo di documentazione dei fatti e delle cose; ma se si è curiosi veramente e se ci si lascia permeare affettivamente da quello che si incontra, può essere anche un mezzo costruttivo per leggere e mostrare un’esperienza di vita in maniera non retorica o scontata, e aggiungere nuovi dati alla semplice registrazione dei fatti». Antonella Speziale «Un ritorno alla terra. Da cosa nostra a casa nostra, la Nostra Terra. Sotto il sole della Sicilia, la musica dei telefonini scandisce il ritmo del lavoro. C’è chi davanti all’obiettivo si mette in posa, chi al contrario per l’imbarazzo vorrebbe nascondersi tra le foglie. Divisi per gruppi ci si stende lungo i filari raccogliendo grappoli d’uva, tra le coltivazioni di pomodori o a raccogliere sassi in terreni da spietrare. Si chiacchiera, si scherza ma non ci si risparmia, al punto che nelle pause la bottiglia d’acqua fresca diventa la migliore compagna di sempre. Qualcuno a turno, tra i volontari, rimane a Casa Caponnetto per le pulizie dei luoghi condivisi, le stanze, i bagni, mentre in cucina si cimentano i cuochi di Liberarci dalle Spine. Si vive in sinergia ogni momento, in un clima inclusivo, di partecipazione». Andrea Mancuso
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ucca
arcireport n. 37 | 24 novembre 2016
Torna L’Italia che non si vede Rassegna itinerante di cinema del reale di Roberto Roversi presidente nazionale Ucca
«Cable television is the new arthouse». In altre parole: la serialità televisiva è il nuovo cinema d’essai. Parole e musica di David Lynch in una recente intervista concessa a Time Out. Con tutto il rispetto che portiamo al maestro, difficile pensare che l’affermazione non sia dettata dal fatto che dopo Inland Empire (2006) Lynch non riesca a trovare un produttore per un film di finzione. O che non dipenda dall’annunciata terza serie di Twin Peaks in corso di lavorazione per la rete tv Showtime. O, nella peggiore delle ipotesi, da un eccesso di meditazione trascendentale alla quale si è votato negli ultimi anni. Tuttavia, per quanto la tecnologia progredisca con impressionante velocità, e così le modalità di fruizione si moltiplichino, preferiamo ricordare il regista quando declamava stizzito «It’s such a sadness that you think you’ve seen a film on your fucking telephone». È una premessa necessaria, in un momento in cui la rivoluzione digitale sta stravolgendo la produzione e la fruizione di cinema, letteralmente consumato con ogni immaginabile device tecnologico. Certo, non mancano sacche di resistenza: registi come Paul Thomas Anderson, Quentin Tarantino, Christopher Nolan o Wes Anderson continuano a girare in pellicola (non a caso in inglese si parla di shooting on film), Pablo Larrain usa lenti anamorfiche sovietiche degli anni ‘60 per sottrarre i suoi film all’omologazione dell’immagine prodotta dalle camere digitali. Molti cineclub continuano a mantenere in attività proiettori 35mm e ad usarli quando possono, cioè quasi mai. Un pubblico fedele, ma sempre più sparuto e invecchiato, continua a preferire l’esperienza della sala cinematografica alla fruizione domestica. Di fatto il futuro sembra prefigurare un’ipertrofica offerta audiovisiva, in cui film di finzione, documentari, serie tv e produzioni generaliste sono costantemente a disposizione e possono essere viste in qualsiasi momento, con qualsiasi strumento, in qualsiasi posto. Con buona pace della visione condivisa propria delle sale e dei cineclub così come li conosciamo. O forse no. Forse dietro l’angolo, ancora impalpabile ma già percettibile, c’è qualcosa di profondamente diverso che cova sotto le ceneri dell’iperconnessione e della svalutazione dei contenuti.
Forse verrà a noia scrivere (e leggere) inutili blog ‘zero comments’, forse creerà un piccolo moto di fastidio la notificazione dell’ennesimo post o commento insignificante sui social network, sulle chat, sui forum. Forse si imporrà un’esigenza di fuga dal rumore di fondo. Forse persino si rivaluteranno gli amici reali rispetto a quelli virtuali. Forse addirittura si ricomincerà a considerare un’esperienza piacevole uscire di casa per vedere un film insieme ad altri, e parlarne, discuterne, accalorarsi. Magari in un cineclub accogliente e pieno di persone interessanti. Di certo non in uno dei tanti parallelepipedi di cemento per i quali i film in programmazione sono solo il pretesto per rimpinguare le casse con i proventi del bar o la proiezione dei trailer o della pubblicità. Forse, insomma, il virtuale coesisterà pacificamente con la riscoperta del sociale. Certo, è un wishful thinking, una dinamica antropologica difficile da profetizzare qui ed ora. Ma se questo scenario si avvererà il futuro siamo noi. O almeno un elemento centrale di quel futuro. I nostri piccoli cinema, le nostre sale polivalenti spalmate sull’intero territorio nazionale, i nostri cineclub che testardamente continuano a proporre cinema di qualità nelle ampie aree del Paese non coperte dall’esercizio e completamente desertificate. È questo il significato profondo di una rassegna itinerante quale L’Italia che non si vede, nel duplice senso che non teme di approfondire argomenti scomodi o comunque rimossi dai media e nel
contempo cerca di avvicinare il pubblico a fiction e documentari ‘invisibili’ perché sottovalutati o falcidiati dalla censura di mercato. Il 2016 non è stato un anno glorioso per il cinema italiano, con la vistosa eccezione di Fuocoammare di Rosi; anzi ha evidenziato una fragilità produttiva di fondo, una profonda carenza di idee e una ripetitività ossessiva di commedie praticamente intercambiabili tra loro che non fanno ben sperare per gli anni a venire. Anche perché la legge di sistema, alla quale pure vanno riconosciuti meriti innegabili, sembra rafforzare i soggetti già forti sul mercato e non i nuovi player indipendenti, con l’inevitabile conseguenza di porre condizioni avverse ad un salutare ricambio generazionale dei nostri autori. I film italiani più importanti dell’anno, a fronte della débâcle della fiction omogeneizzata di cui si è detto, sono quasi tutti documentari e ben rappresentati in questa rassegna di alto profilo, che annovera un David di Donatello (S is for Stanley), il Miglior Film di Orizzonti a Venezia (Liberami), un Nastro d’Argento come Miglior Docufilm come Bella e perduta e una decina di altri titoli invitati ai principali festival internazionali, da Toronto a Locarno, da Venezia a Rotterdam. Film che non hanno trovato il loro pubblico, talvolta per i controversi temi affrontati: lo sgombero di una baraccopoli alle porte di Torino (I ricordi del fiume), il viaggio dentro e fuori il carcere di Dustur, l’umanità dolente che ruota intorno ad un Banco dei Pegni (Le ultime cose), lo stabilimento balneare di Trieste ancora diviso - da un muro - tra una zona maschile e una femminile (L’ultima spiaggia), la lotta per la libertà sessuale e contro la censura (Porno e libertà). Oppure lavori ritenuti ostici per l’inedita formula produttiva (la complessità del sentimento amoroso nel film partecipato a più mani Oggi insieme domani anche) o per la volontà di sperimentazione e di ricerca formale (la sinfonia visiva sul tema dell’immortalità di Spira mirabilis, il sofisticato studio sulla rigenerazione urbana di spazi dismessi di Ogni opera di confessione, il pastiche linguistico che mescola documenti, immagini d’archivio e animazioni da graphic novel in Nessuno mi troverà, la manualità artigianale della tipografia come forma d’arte ne Il fiume ha sempre ragione, ultima fatica di Silvio Soldini).
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arcireport n. 37 | 24 novembre 2016
Arci Bari ricorda una importante storia di giornalismo e di politica a cura di Arci Bari
In quel lontano novembre del 1977 a Bari accaddero molte cose straordinarie; su tutte certamente l’efferato assassinio di Benedetto Petrone, giovane militante comunista figlio della città vecchia, per mano di una squadraccia missina. Quell’omicidio rimase l’unico delitto politico nella storia della città, e per lungo tempo rappresentò una ferita profonda nella coscienza di un’intera comunità. Straordinaria fu anche la manifestazione spontanea e unitaria con cui tutti i soggetti della sinistra cittadina, la mattina del 29, riempirono le strade del centro cittadino, con un corteo imponente e ineguagliato per pluralità di soggetti coinvolti e per partecipazione. Ma straordinaria fu anche, nel senso letterale della parola, l’edizione de La Gazzetta del Mezzogiorno del 29 novembre, che uscì durante uno sciopero della categoria, con un’autorizzazione speciale da parte del sindacato dei giornalisti, per raccontare i fatti di quei giorni. Una pagina importante nella storia del giornalismo meridionale e non solo; un evento peculiare che meritava di essere ricordato e approfondito. Arci Bari, proseguendo nel percorso di recupero della memoria antifascista della città di Bari intrapreso da alcuni anni assieme ad Anpi, Cgil, Comitato 28 novembre e IPSAIC (Istituto Pugliese per la Storia dell’Antifascismo e dell’Italia Contemporanea), ha organizzato per martedì 29 novembre, a 39 anni da quei fatti, presso la biblioteca metropolitana De Gemmis a Bari, un incontro pubblico dal titolo I giorni di Benedetto Petrone edizione straordinaria per ricordare proprio quella edizione straordinaria.
All’incontro, condotto dal presidente di Arci Bari e direttore di Arcireport Luca Basso, parteciperanno Federico Pirro, all’epoca cronista della Gazzetta del Mezzogiorno, Nicola Signorile, scrittore, dirigente Anpi e vicecaporedattore della Gazzetta del Mezzogiorno, e Francesca Russi, giovane cronista dell’edizione barese de La Repubblica. Come nello stile di Arci Bari, l’incontro si propone di recuperare la memoria del passato attraverso i contributi di testimoni diretti, ma anche produrre occasioni di riflessione sul presente e sul futuro. Quest’anno dunque, l’obiettivo sarà puntato sulle questioni dell’informazione e delle difficoltà di raccontare il territorio. Quello di martedì 29 è il terzo evento promosso dall’Arci per ricordare Benedetto Petrone dopo il dibattito del 2014 sulla manifestazione del ‘77 e la mostra permanente di foto d’epoca I giorni di Benedetto Petrone, storia e memoria di una città allestita nel 2015 presso Arci CasAperta, il contenitore culturale ricavato dal comitato in un bene confiscato alla criminalità organizzata. In quella occasione è stata anche consegnata a Porzia Petrone, sorella di Benedetto, la tessera onoraria dell’Arci. «Ancora una volta – ha detto Luca Basso – Benedetto e la sua vicenda parlano a tutti noi; l’incontro che abbiamo organizzato sarà l’occasione per ricordare quei giorni, ma anche l’occasione per leggere il presente partendo dalle questioni dell’informazione e del racconto della città. Bari ha una importante storia antifascista, fatta di volti, voci e sangue. Dimenticarsene è un delitto, tenerne viva la memoria un dovere morale che come Arci sentiamo profondamente».
Il volume sul circolo Arci Ruffolo Arci Ruffolo. Valori e passioni di una comunità: è questo il titolo del volume curato da Gianfranco Fusi in omaggio ai 40 anni di apertura del circolo Arci Ruffolo, che sarà presentato sabato 26 novembre alle ore 17 a Siena negli spazi della Libreria Becarelli. Il libro sarà introdotto da Giuliano Catoni, che ha contribuito alla realizzazione del volume con una ricerca storica. Il volume ricostruisce uno spaccato di vita contadina, raccontando la storia di tante famiglie e di tanti lavori legati alla cultura e alle tradizioni del mondo rurale, unite dai valori di aggregazione, collaborazione
e solidarietà. Valori che hanno stimolato anche la costruzione della struttura aperta nel 1976 per ospitare l’associazione circolo Arci Ruffolo costituita nel 1972. Il libro raccoglie inoltre i contributi degli ex presidenti del circolo Arci Ruffolo dedicati alle attività svolte nella struttura e al ricordo delle persone che ne sono state protagoniste. Il volume è edito con il contributo della Fondazione Territori Senesi. Alla presentazione parteciperanno, oltre all’autore, la presidente dell’Arci provinciale di Siena, Serenella Pallecchi. www.arcisiena.it
daiterritori
in più serata su impastato PALERMO All’Arci Porco Rosso
il 26 novembre dalle 19.30 una serata dedicata a Peppino Impastato raccontato da Salvo Vitale. Storico amico e compagno di Peppino, che con lui ha condiviso le lotte politiche e sociali e la militanza a Radio Aut, Vitale compone il ritratto più complesso e variegato di una figura fondamentale della lotta alla mafia.Durante la serata, verrà proiettato un breve video che comprende scatti inediti di Peppino Impastato. fb Arci Porco Rosso
RE-BOOK CRISPIANO (TA) Secondo ap-
puntamento con la rassegna Re-Book, nata all’interno del progetto Re-Green. Eco dei mestieri della legalità. Appuntamento venerdì 25 novembre alle ore 18.30 al circolo Arci Uisp di Crispiano con la presentazione del libro Ghetto Italia (Fandango Libri), scritto da Leonardo Palmisano e Yvan Sagnet. Converserà con gli autori il giornalista Vincenzo Parabita. Ingresso libero. fb Circolo Arci-Uisp Crispiano
impressionisti CREMA Il 28 novembre alle ore 21
presso il circolo Arci Crema nuova si svolgerà una serata dedicata all’impressionismo e ai suoi principali esponenti. Francesca Gnocchi, laureata in storia dell’arte, parlerà delle caratteristiche principali del movimento impressionista e, con l’ausilio di foto e video, esaminerà le peculiarità dei più famosi pittori che agirono nell’ambito di questa corrente artistica. La serata prepara la visita alla mostra sugli impressionisti che si è appena aperta al museo di Santa Caterina a Treviso e che il circolo Arci Crema nuova ha organizzato per domenica 11 dicembre. fb Arci Crema Nuova
PINECO FESTIVAL PINETO (TE) Il 24 e 25 novembre
si svolge la prima edizione del PinEco Festival, organizzato da Arci Pineto Metexis e Arci Teramo, con l’obiettivo di proporre un momento di riflessione, incontro, stand gastronomici, proiezioni, promozione della lettura e momenti musicali con cittadini e associazioni che quotidianamente contribuiscono alla creazione di un rapporto tra sviluppo ed ecosostenibilità nel territorio. fb Arci Pineto Metexis
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arcireport n. 37 | 24 novembre 2016
azionisolidali le notizie di arcs
a cura di Francesco Verdolino
Campi di lavoro e conoscenza all’estero con Workshop fotografico Torna il programma dei campi di lavoro e conoscenza all’Estero per il 2017 un’esperienza di Volontariato Internazionale Arci nata nel 2005, che ha visto in questi anni la mobilitazione di circa 800 volontarie e volontari, con più di 15 Paesi interessati dai programmi. Anche quest’anno all’esperienza di scambio di conoscenze con i partner locali, verrà affiancato per ogni campo un’attività di workshop fotografico o video con tutor professionisti del settore. Si comincia con il Brasile. Da quasi dieci l’Arcs organizza, con il fotografo Giulio Di Meo, dei workshop di reportage in Brasile volti a conoscere il Movimento Sem Terra, il movimento sociale più grande dell’America Latina che da oltre trent’anni lotta per conquistare la terra e la dignità per migliaia di brasiliani. Quest’anno l’esperienza assume ancora più importanza dato il momento delicato e turbolento che sta vivendo il Brasile. Dopo la prima e interessante esperienza dell’anno scorso nello stato del Ceará, quest’anno si è deciso di ritornarci non solo per conoscere il MST ma anche per approfondire le contraddizioni legate allo sviluppo dell’energia eolica, un’energia pulita che però sta portando a forti impatti socio-ambientali nelle comunità coinvolte. I campi di lavoro e conoscenza internazionali dell’Arci sono un’esperienza di volontariato a breve termine dove si vive e si lavora insieme, ci si impegna direttamente in attività condivise con le comunità locali: l’obiettivo è quello di promuovere, attraverso la conoscenza diretta, la solidarietà e la cooperazione internazionale come valore collettivo, ma anche come stile di vita, per la promozione del dialogo interculturale, la pace, l’affermazione dei diritti globali. L’aggiunta di uno spazio di turismo responsabile arricchirà questa occasione di crescita culturale da non perdere. Per maggiori informazioni su quote e modalità di partecipazione: www.arcsculturesolidali.org
società
Le prossime tappe previste dal Bando per lo sviluppo associativo L’Arci si è impegnata, nel suo ultimo Congresso, a sviluppare e consolidare il proprio insediamento territoriale, nella convinzione che senza una presenza diffusa sul territorio e nelle comunità locali, senza un rapporto diretto e quotidiano con chi ci vive sarebbe difficile svolgere quel ruolo di promozione sociale che è proprio dell’associazione. A questo scopo è stata prevista l’istituzione di un fondo finalizzato all’accesso al microcredito da parte dei circoli e delle basi associative, per favorire l’avvio di progetti associativi innovativi. È stato dunque lanciato un bando di concorso, che si rivolge ai 114 Comitati territoriali Arci perché candidino un intervento progettuale innovativo da realizzare da parte di un nuovo soggetto associativo o una base associativa già esistente cui verrà garantito, se selezionato, un accesso facilitato al credito. Le idee progettuali devono avere come obiettivo lo sviluppo di una realtà associativa che si riconosce nei principi dell’Arci, impegnata a promuovere iniziative territoriali in questi ambiti prioritari: promozione della partecipazione giovanile; promozione delle pari opportunità di genere; promozione dell’uguaglianza, dei diritti sociali e lotta alla povertà; promozione dei diritti culturali e di nuove forme di comunicazione; promozione dei diritti di migranti e rifugiati e lotta al razzismo; promozione dell’antimafia sociale. Il bando, pubblicato il 10 luglio, si è chiuso il 10 ottobre. Sono stati inviati 12 progetti che verranno valutati da un apposito gruppo di lavoro, affiancato da un comitato scientifico formato da
Luciana Castellina tra i vincitori del Premio ‘Sila’ La quinta edizione del Premio Sila dedicato alla letteratura di impegno civile è stato vinto, per la sezione economia e società, da Luciana Castellina, presidente onoraria Arci, con Manuale antiretorico dell’Unione Europea. Da dove viene e dove va quest’Europa. A Luciana le congratulazioni di tutta l’Arci.
Walter Dondi, direttore della Fondazione Unipolis, Anna Fasano, vicepresidente di Banca Etica, Andrea Volterrani, sociologo e docente all’Università di Roma Tor Vergata, Gaia Peruzzi, ricercatrice del dipartimento di comunicazione e ricerca sociale dell’università La Sapienza di Roma, Angelo Rindone, fondatore nel 2005 di Produzioni dal Basso, la prima piattaforma italiana di crowdfunding. Il comitato scientifico terrà la sua prima riunione il prossimo 23 novembre per cominciare ad esaminare i progetti inviati. Dopo una prima valutazione, gli estensori dei progetti e i comitati territoriali di riferimento saranno invitati a un seminario di formazione sulla stesura di un piano operativo e di un business plan. Il seminario si terrà venerdì 2 dicembre, dalle 11 alle 17, presso la sede della direzione nazionale a Roma. Si riunirà quindi nuovamente il comitato scientifico e i progetti selezionati verranno sottoposti all’approvazione della Presidenza nazionale dell’Arci nella riunione del 15 e 16 dicembre che indicherà i progetti prescelti.
arcireport n. 37 | 24 novembre 2016 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Giuseppe Luca Basso Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 17.30 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
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