arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XII | n. 38 | 20 novembre 2014 | www.arci.it | report @arci.it
Libere dalla paura, libere di essere di Ornella Pucci responsabile nazionale Arci Politiche di genere
Noi dell’Arci abbiamo deciso di darci una struttura più organizzata del nostro impegno sulle questioni di genere, per dare voce, sostegno e impulso all’impegno spontaneo e diffuso su tutto il territorio nazionale che a partire dai nostri circoli vuole far fronte alle sfide pesanti politiche e culturali che abbiamo davanti. Vogliamo prendere in carico questo impegno e sfida culturale a partire dalla giornata del 25 novembre. Dal 1999 il 25 novembre è stata designato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne invitando i governi, le organizzazioni internazionali, le ong ad organizzare attività al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica. La data è stata ufficializzata dall’Onu ma credo sia importante ricordare che in realtà fu scelta da un gruppo di attiviste latinoamericane e dei Caraibi durante l’incontro di Bogotà del 1981. Questa data fu scelta in onore e ricordo delle tre sorelle Mirabal torturate e assassinate nel 1960 dal regime del dittatore della Repubblica Dominicana
Truijllo (1930/1961). Questo assassinio è ricordato come uno dei più truci della storia dominicana. Infatti fu il 25 novembre 1960 che le sorelle Mirabal mentre si recavano a far visita ai loro mariti in prigione furono catturate da agenti del servizio di informazione militare, condotte in un luogo nascosto dove furono torturate, massacrate a colpi e strangolate, poi gettate in un precipizio a bordo della loro auto al fine di simulare un incidente. In Italia dal 2005 si è iniziato a celebrare questa giornata per iniziativa dei centri antiviolenza, delle case delle donne, da enti e associazioni tra le quali Amnesty International. Nel 2007 a Roma 100mila donne hanno manifestato ‘contro la violenza sulle donne’ senza alcun patrocinio politico. Anche la parola ‘femminicidio’ ha origini molto recenti, viene dalle stragi di donne a città Suarez in Messico. Nel 2012 il rapporto annuale delle Nazioni Unite diceva che «a livello mondiale, la diffusione degli omicidi basati sul genere ha assunto proporzioni allarmanti» e che tali omicidi sono «culturalmente e socialmente radicati, continuano ad
essere accettati, tollerati e giustificati, laddove l’impunità costituisce la norma». Gli omicidi cosiddetti di genere si manifestano in forme diverse ma hanno in comune il fatto che avvengono dentro una relazione di intimità già segnata da violenza pregressa, sono spesso ‘morti annunciate’, raccontate come delitti passionali o fatti di cronaca nera in cui l’assassino è marito o ex, fidanzato o ex, innamorato respinto, padre o fratello. Cronache corredate da particolari morbosi dove spesso la donna diventa vittima due volte: del reato e della narrazione. Il linguaggio col quale si racconta la violenza maschile sulle donne è fondamentale, per combattere il femminicidio perché può essere utile per cambiare la cultura della società o mantenerla osservandola con l’occhio rassegnato ed arcaico del delitto d’onore, abrogato in Italia più di 30 anni fa. Si dice che in Italia muoia di violenza maschile una donna ogni 2 giorni. I numeri sono impietosi ma imprecisi, infatti non esiste ancora un monitoraggio continua a pagina 2
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arcireport n. 38 | 20 novembre 2014
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segue dalla prima pagina
nazionale organizzato e coordinato tra le istituzioni e le associazioni. Le reti di servizi e centri antiviolenza sono poche e hanno scarsi finanziamenti dagli enti locali e dallo stato. Comunque i dati Eures dicono che nel 2013 in Italia le donne vittime di femminicidio sono state 179, rispetto alle 157 del 2012,ovvero si registra un aumento del 14%,aumentano quelle in ambito familiare del 16,2% confermando la caratteristica di ‘femmminicidio del possesso’ ovvero conseguenza della decisione
della vittima di uscire da una relazione di coppia. È peraltro dimostrato - dati alla mano - che tale fenomeno ha costi sociali che gravano sull’intera comunità e quindi un’azione di prevenzione ha ricadute positive anche in termini di efficienza della spesa a partire da quella locale. Sarebbe importante in questa giornata fare il punto sulla situazione, sulla prevenzione, sulla realizzazione delle azioni previste dalla convenzione di Istanbul, sull’impegno dello stato e degli enti locali, e per noi associazione
culturale approfittarne per aggiornare il nostro impegno per la nostra società, per noi e per le donne del mondo per essere Libere dalla paura, libere di essere, come recitava uno slogan che abbiamo coniato qualche anno fa e che ora vogliamo rispolverare. Il 25 tante donne saranno nelle piazze, nelle sedi istituzionali ma anche nei circoli Arci a testimoniare, manifestare, discutere, e magari anche a raccogliere fondi per il centro antiviolenza del loro territorio.
Le iniziative Arci L’Arci Toscana dedica una serie di iniziative (15 in tutto) al tema della violenza sulle donne nella settimana del 25 novembre. Una delegazione composta da operatori e operatrici dell’organizzazione Coniprat è arrivata dal Niger per raccontare la loro lotta per lo sradicamento delle mutilazioni genitali femminili. La presenza della delegazione sarà quindi occasione per incontrare le aziende sanitarie, i centri antiviolenza, le commissioni pari opportunità, le istituzioni e la società civile toscana per fare una riflessione comune, che parta dal fatto che la violenza sulle donne non ha confini e che i principali strumenti per sconfiggerla sono l’educazione, la consapevolezza e l’autonomia delle donne stesse. In Niger come in Italia. A Firenze il 28 novembre presso la sede Arci si terrà la cerimonia di premiazione della seconda edizione del concorso grafico Azeroviolenza, a Tavarnelle Val di Pesa il 25 novembre il flash mob Rompi il silenzio contro il femminicidio, a Signa il 4 dicembre presso il circolo Arci Stella Rossa apericena e incontro sul tema della violenza di genere. La violenza incatena… ma la partecipazione libera tutte è il titolo della manifestazione che si terrà sabato 22 novembre al teatro Superga di piazzetta Macario, a Nichelino (TO). La compagnia teatrale L’interezza non è il mio forte presenterà lo spettacolo Donne che corrono senza lupi. Lo spettacolo è organizzato dalla Città di Nichelino in collaborazione con lo sportello Pari e Dispari e con l’Arci. Il Centro Donna (progetto tra la città di Collegno e Arci Valle Susa) promuove, in occasione del 25 novembre, la campagna di sensibilizzazione contro la violenza di genere. In numerosi negozi (farma-
cie, palestre, centri estetici, negozi di parrucchieri per donne e uomo, fiorai) saranno distribuite ed esposte sulle vetrine vetrofanie con il logo ‘Mai più violenza contro le donne’. La Città di Collegno propone inoltre a tutti i negozianti di esporre in vetrina un paio di scarpe rosse e tutta la cittadinanza ad appendere drappi rossi fuori dalle finestre in solidarietà alle donne vittime della violenza di genere. Il 25 novembre alle 21 presso la sala polivalente di Villa5 ci sarà la proiezione del film La moglie del poliziotto, che si inserisce all’interno della rassegna IndigAzione promossa tra gli altri da Arci Valle Susa.
Arci Udine aderisce al calendario di iniziative promosso dalla Commissione Pari Opportunità del Comune di Udine dal titolo Passi Avanti per raccontare la violenza di genere. In particolare, promuove lo spettacolo teatrale Ossa che si terrà il 23 novembre alle 21 al Teatro Palamostre. Lo spettacolo di Andrea Collavino, Carlo Tolazzi e Serena Di Blasio, liberamente tratto da La signora in verde di Arnaldur Indridason, in cui due casi di violenza domestica contro le donne, molto diversi tra loro nella dinamica, nella qualità e nella localizzazione temporale, segnalano la multiforme sfaccettatura di questo problema. A seguire, sarà proiettato Niente di rotto, videoreportage di Andrea Ciommiento girato nei centri antiviolenza di alcune città italiane. Il lavoro si inserisce in Altre storie del genere, progetto di narrazione 2.0 finanziato da Arci Udine con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia. Altre iniziative Arci si svolgeranno a Prato, San Miniato (PI), Calcinaia (PI), Volterra, Torre del Lago (LU).
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ambiente
Investire su una grande stagione di rinascita dei nostri territori di Filippo Sestito responsabile nazionale Arci Ambiente, difesa del territorio, beni comuni, stili di vita
Molti anni sono passati dal 1989, anno della prima e più avanzata legge europea sulla difesa del suolo, la 183/1989. Fu il risultato di un lungo periodo di riflessioni conseguenti a importanti eventi catastrofici, l’alluvione del Polesine del 1951, il disastro del Vajont del 1963 e l’alluvione di Firenze del 1966. Da allora gli eventi atmosferici estremi si sono susseguiti nel corso degli anni e hanno subito un’accelerazione importante a causa dei cambiamenti climatici, del consumo di suolo, della cementificazione selvaggia, della politica dei condoni e dell’emergenza. Negli ultimi venticinque anni il dissesto idrogeologico ha provocato circa mille morti; sono più di sei milioni i cittadini italiani che vivono in zone esposte al pericolo, mentre i comuni italiani interessati da questo fenomeno sono più di seimila, circa l’82%. Nel frattempo, la Lombardia, la Liguria, l’Emilia Romagna e il Piemonte fanno i conti, in questi giorni, come ormai accade ogni autunno in Italia, con esondazioni, allagamenti, frane, danni economici ingenti, migliaia di sfollati e purtroppo ancora perdite di vite umane. E come ogni anno è partito il rimpallo
delle responsabilità. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Delrio ha parlato di deroga al patto di stabilità da parte degli enti locali, ma prima di ottenere la possibilità di sforare il limite del 3% imposto dalla UE, dovranno impegnarsi a riscuotere i loro crediti. Allora, se il dissesto idrogeologico riguarda più di un terzo del Paese ed è il frutto dell’attuale e insostenibile modello di sviluppo economico bisogna dire basta alla politica degli annunci, cancellare dai programmi di governo tutte le opere inutili e investire realmente su una grande stagione di rinascita dei nostri territori. Occorre ridisegnare un nuovo assetto sociale e di governo del territorio, ricostruire nuovi spazi democratici, rinnovare gli strumenti di partecipazione, di controllo e condivisione degli indirizzi e delle scelte che interessano le comunità, a partire dalla pianificazione urbanistica. Una programmazione pubblica effettiva e ‘democratica’ delle nostre città, che abbia come obiettivo principale quello di
Liguria, dopo l’alluvione le frane: in azione volontari di Prociv Arci anche da Abruzzo, Lazio e Toscana Il maltempo che ha imperversato nei giorni scorsi su tutta la Liguria sembra diminuire di intensità ma pronto ad aggredire ancora la regione, in cui frane e smottamenti non si contano più. E proprio ad una frana, a Leivì, si deve la morte di un’anziana coppia di coniugi: Carlo Arminise, 73 anni, e Franca Iaccino, 68. Intanto, continua l’impegno solidale di tutta l’Arci e della Prociv Arci. Ad una prima stima sembra che, fortunatamente, i circoli delle zone più colpite non abbiano subito gravi danni, anche se i dati pervenuti sono ancora parziali. L’Arci rilancia la sottoscrizione a livello nazionale, utilizzando il c/c del Fondo di garanzia per i circoli Arci della Liguria – una delle cui finalità è proprio quella di sostenere i circoli con priorità per quelli colpiti da calamità naturali. Il conto da utilizzare è intestato ad Arci Liguria IBAN IT80B0501801400000000175457 indicando la causale Alluvione 2014. La risposta all’appello è stata sino ad oggi molto positiva con oltre quattromila euro pervenuti: ora si punta a quota cinquemila.
superare le scelte urbanistiche figlie del pensiero neoliberista, richiede un altro tipo di partiti e di organizzazioni sociali; un’amministrazione pubblica con le competenze tecniche e politiche necessarie a governare nuovi e più complessi processi. Insomma, solo restituendo la sovranità delle scelte alle comunità, sottraendo a tutte le consorterie politiche, economiche e finanziarie il compito di predisporre la pianificazione delle nostre città, dei nostri stili di vita, potremo essere capaci di elaborare forme di partecipazione e di democrazia in grado di garantire la cura del territorio e dei beni comuni, nonché la soddisfazione dei bisogni essenziali delle comunità. Riaffermando l’idea di una società costruita sulla giustizia ambientale e sociale che non produca più tra i suoi effetti collaterali distruzione della diversità culturale e biologica dei territori, inquinamento, povertà, precarietà, disoccupazione, emarginazione, oltre che guerre e fenomeni migratori di carattere economico, sociale e ambientale.
Anche Massa-Carrara colpita dall’alluvione Lo scorso 5 novembre un’ennesima alluvione ha colpito il territorio di Massa-Carrara, concentrandosi in particolare sul comune di Carrara, dove il cedimento di un argine del fiume Carrione ha determinato l’allagamento di tutta la frazione di Marina. La città di Carrara sta chiedendo conto politicamente ai responsabili del dissesto del territorio e l’Arci di Massa-Carrara sostiene questa richiesta. Nel frattempo, però, si deve mettere in campo la solidarietà: quella straordinaria dei cittadini e delle cittadine carraresi, tra cui molti soci Arci, è stata immediata ed ha permesso la rimozione del fango e dei detriti - per cercare di far ripartire la città - e la raccolta di generi di primo soccorso e vestiti per chi ha perso tutto. Il comitato Arci di Massa-Carrara chiede all’associazione di dimostrare la sua vicinanza ai circoli e alla popolazione in maniera concreta con un sostegno economico. Le risorse che verranno raccolte saranno utilizzate in primis per sostenere la ripartenza di un circolo nella zona di Marina che con l’alluvione ha perso totalmente la propria sala di registrazione. Altre risorse verranno utilizzate per momenti di socializzazione e rilancio delle zone più colpite della città. I contributi possono essere versati sul conto intestato a: Arci Comitato Provinciale Massa Carrara IBAN: IT49I0611024500000082107180 indicando la causale Alluvione 2014
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infanzia&adolescenza
arcireport n. 38 | 20 novembre 2014
Un 20 novembre lungo 365 giorni di Massimo Cortesi responsabile nazionale Arci Sistema educativo, infanzia e adolescenza
Il 20 novembre 1989 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Un documento fortemente condiviso essendo il trattato sui diritti umani ratificato dal maggior numero di Stati. Sono passati 25 anni, molti passi in avanti sono stati fatti ma, ovunque, i diritti di bambine e bambini, ragazze e ragazzi sono sempre precari. Una precarietà dettata dalla povertà, dai totalitarismi, dalle guerre, dall’ignoranza. Una precarietà che sta colpendo anche i paesi ‘avanzati’, dove la crisi economica rischia di esporre a gravi tagli i fondi destinati all’Infanzia e all’adolescenza, Questa scelta miope in Italia si sta manifestando da tempo, confermata anche dall’attuale legge di Stabilità. Il nostro impegno, assieme ad Arciragazzi e altre realtà sensibili, è quello di contrastare queste scelte dannose e il nostro grido oggi ha portato alla proposizione di un emendamento, formulato dall’on. Paolo Beni, che chiede un incremento di risorse per il Fondo Nazionale Infanzia e Adolescenza. Il percorso è ancora lungo e la nostra attenzione deve restare alta. Ma, oltre al problema delle risorse, sono tante le questioni su cui lavorare, e non solo il 20 novembre. È per esempio in crescita il fenomeno delle famiglie povere; la media italiana di servizi educativi è lontana dalle medie raccomandate dall’Europa e quindi molti bambini non hanno la possibilità di ricevere benefici cognitivi, emotivi e sociali, il che determina anche un possibile insuccesso scolastico successivo; la la promozione della salute è sempre meno valore universale e sempre più un’eccellenza isolata. Come contrastare queste emergenze sociali se si opta per una riduzione delle risorse e dunque della qualità dell’intervento? Lo sforzo dovrebbe essere invece quello di riportare Fondi per questo settore ai livelli almeno del 2009. In Italia il 13,8% dei bambini vive in povertà, la dispersione scolastica è circa del 17% (contro il 10% della media europea). In un quadro dove la popolazione infantile si è ridotta passando dal 22% di 25 anni fa al 16,7% attuale, e il calo sarebbe ancora più accentuato se fosse per la crescente presenza di bambini stranieri. Una diminuzione sicuramente dovuta alla difficoltà di programmare il
proprio futuro, ma anche alla carenza di infrastrutture sociali ed educative in particolar modo nei primi anni di vita. A ciò si sommano i ritardi della legislazione, in particolare rispetto a quella riforma della cittadinanza indispensabile per garantire integrazione e uguali diritti ai bambini stranieri. Inoltre, è ormai radicata la convinzione dell’importanza di percorsi formativi e di socializzazione per bambini anche molto piccoli. E però ci si scontra con una cronica carenza di asili nido, soprattutto in alcune zone del Paese, mentre la frequenza alla scuole per l’infanzia ha toccato il 98%. Scuole purtroppo ancora prevalentemente private. Il dato positivo è che generalmente vi è stato un forte miglioramento della programmazione sia didattica che sociale nelle scuole primarie italiane. Ma questo dato positivo si infrange contro l’ancora grave percentuale di abbandono scolastico. Questo dimostra quanto la ‘buona scuola’ sia legata a metodi ingessati che non riescono a farsi carico delle situazioni di disagio. A ciò va aggiunta la quasi completa cancellazione di politiche culturali educative sia per il perdurare della crisi sia per scelte amministrative che privilegiano gli eventi ad alto impatto mediatico. Rimaniamo così una delle nazioni europee con più basso accesso di minori a musei e monumenti e con minor lettura di libri. Riducendo politiche culturali e politiche di welfare otteniamo un combinato disposto che rende ancor più fragile la già difficile coesione sociale delle città, dei quartieri, dei paesi, che rende la diversità divisione e non ricchezza. Fortunatamente una grande possibilità di contrasto alla povertà educativa esiste, anche se non siamo ancora perfettamente attrezzati a questa immensa rivoluzione, ed è la ‘Connessione Perma-
nente’. I nostri bambini e ragazzi sono nativi digitali, mentre noi adulti siamo immigrati digitali e dunque dobbiamo ancora darci modelli efficaci certi. Le scuole ora abbondano di Lim e aule informatiche, che sono uno strumento che può aiutare nel creare percorsi personalizzati; i ragazzi annusano questa grande possibilità, mentre il personale docente si trova spesso spiazzato sia per assenza di adeguata formazione sia di software efficace. Serve un grosso investimento politico ed economico in questo settore per avere un linguaggio più vicino a quello dei ragazzi. Guardando rapidamente fuori dal nostro Paese non possiamo non vedere come la precarietà, seppur fortunatamente ridottasi, sia ancora molto vasta: più di un milione di bambini vive in aree di guerra, ben 1,5 miliardi di bambini è vittima di violenze, la povertà estrema colpisce 650 milioni di bambini; 57 milioni non frequentano la scuola primaria; 250 milioni non hanno percorsi di istruzione; 250 milioni non sono registrati alla nascita e dunque non ‘esistono’ per i servizi; ben 3 bambini su 4 subisce ‘educazione violenta’ in casa. Cosa può fare l’Arci? L’Arci può far sì che tutti i giorni dell’anno sia il 20 novembre, che ci sia una campagna politica collettiva per rafforzare il contrasto alla povertà, perché si rafforzino i sistemi educativi e scolastici, perché il sistema sanitario sia eccellenza ovunque, perché si risponda alle emergenze sanitarie e alimentari, perché ci sia uno sviluppo economico che metta al centro la persona e non solo il profitto; perché i bambini abbiano diritto alla partecipazione e al gioco. Già oggi molti nostri comitati e circoli sono tutto questo, la scommessa è far diventare queste tante soggettività un soggetto complesso.
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arcireport n. 38 | 20 novembre 2014
palestina
Noi riconosciamo lo Stato di Palestina! È con profonda determinazione e convinzione di essere nel giusto, e di agire per la giustizia e per la pace che il Consiglio nazionale dell’Arci dichiara simbolicamente e solennemente di riconoscere lo Stato di Palestina, e chiede che anche il Governo ed il Parlamento italiano riconoscano lo Stato di Palestina così come hanno già fatto 134 paesi nel mondo, ed in Europa da ultima la Svezia. L’Italia nell’Assemblea delle Nazioni Unite ha votato a favore della risoluzione per l’ammissione della Palestina quale stato membro osservatore, si tratta ora di essere coerenti e di rendere effettiva quella decisione: l’Italia dichiari il riconoscimento dello Stato di Palestina. Lo hanno chiesto anche 636 autorevoli esponenti della Società Israeliana in una lettera pubblicata sul giornale quotidiano Haaretz, lo ha chiesto direttamente all’Italia Yael Dayan, figlia del generale Moshe Dayan ed importante voce della politica israeliana. È dal 1980 che l’Unione Europea afferma che la soluzione a questo cruciale conflitto sia quella di
arrivare a ‘due popoli e due stati’, ma quello che abbiamo visto finora è solo la crescita della colonizzazione dei territori palestinesi occupati dal 1967 da parte di Israele. Il 15 Novembre del 1988, con la dichiarazione d’indipendenza della Palestina, i palestinesi hanno riconosciuto lo Stato d’Israele ed accettato che il loro stato sorgesse solo sul 22% del territorio storico palestinese, quello dei territori occupati del 1967. Israele non ha invece ancora riconosciuto lo Stato di Palestina e neppure i propri confini. La motivazione che viene addotta da diversi rappresentanti politici per il
non riconoscimento è che questo nuocerebbe ai negoziati, ma noi pensiamo esattamente l’opposto; i negoziati saranno ritenuti necessari da Israele nella misura in cui la comunità internazionale mostrerà con il riconoscimento dello Stato di Palestina, seppur atto simbolico, il suo deciso e chiaro impegno per il rispetto della legalità e per la soluzione politica del conflitto nel quadro delle risoluzioni delle Nazioni Unite e dei ‘due popoli, due stati’. Per chi dice che il riconoscimento dello Stato di Palestina sarebbe un gesto unilaterale, vorremmo ricordare che lo fu anche il riconoscimento e l’ammissione all’Onu dello Stato di Israele. Ci auguriamo e chiediamo che il nostro governo sappia agire con onestà e coraggio oltre che rispetto per la giustizia e la legalità internazionale, riconoscendo lo Stato di Palestina. Da parte nostra continueremo ad agire affinché i due popoli possano coesistere in pace e sicurezza, praticando principi e valori universali di giustizia e di democrazia.
La città in guerra di Paola Caridi blogger e giornalista
Il nostro occhio di spettatori distratti si è infine posato su Gerusalemme, la città dolente, la città senza pace. Il sangue ha toccato un luogo santo, una sinagoga, nel momento della preghiera. Due giovani palestinesi sono entrati e hanno ucciso, armati di asce e coltelli. La mano violenta ha toccato un luogo della fede ebraica, in una deriva che è cominciata da tempo, e che ha toccato - con violenza - i luoghi della fede musulmana. L’ultima moschea profanata, non lontano da Gerusalemme, è quella del villaggio palestinese di al Mughayyir, data alle fiamme poco prima che arrivassero i fedeli. Non è la prima volta che i luoghi della fede divengono, e non solo simbolicamente, campi di battaglia. Vent’anni fa un colono israeliano uccise a colpi di mitra 29 fedeli inermi in preghiera, in una moschea di Hebron. Violenza chiama violenza, in una spirale iniziata mesi fa, nutrita per anni e anni, ignorata con ignavia dalla politica italiana ed europea. Si dice: è l’inizio della terza intifada. Chissà… Lo abbiamo detto per anni che a
Gerusalemme la tensione si stava alzando, e che si rischiava la terza intifada. Frutto dell’umiliazione, della rabbia compressa e dell’assenza di un futuro dignitoso. Ora, più che un’intifada, è in corso una guerra civile. Una guerra nella città. Una guerra per Gerusalemme. Non è una differenza da poco, ed è soprattutto una differenza che concentra lo scontro nella dimensione urbana. Gerusalemme è un mondo a parte, è ancora una sorta di corpus separatum, come cercò di strutturarla l’ONU, nel famoso piano di partizione del 1947. È una città reale, della quale sono stati ignorati i veri protagonisti: i suoi abitanti. Chi vive o ha vissuto a Gerusalemme ha temuto questa guerra. La attendevamo con paura. Aspettavamo che le cancellerie europee facessero qualcosa. I fatti sul terreno dei coloni, sostenuti del governo israeliano, l’unico a detenere tutto il potere su Gerusalemme, hanno tolto speranza a una componente ineludibile della società: i palestinesi di Gerusalemme, un quarto della popolazione. Nessuno può
dire oggi di non aver saputo che Gerusalemme stava esplodendo. I rapporti settimanali dell’ufficio dell’ONU per le questioni umanitarie nel Territorio palestinese occupato hanno reso in numeri e statistiche la guerra in atto. Dice l’ultimo rapporto settimanale, che aggiorna la situazione sino all’11 novembre, «dal 1 luglio 2014, quattro palestinesi sono stati uccisi e 1333 feriti, inclusi 80 bambini, dalle forze israeliane a Gerusalemme est. Nello stesso periodo, 3 israeliani sono stati uccisi e altri 65, inclusi 33 civili, sono stati feriti da palestinesi nella stessa area». È un bollettino di guerra. Gerusalemme può salvarsi solo se a tutti i suoi abitanti viene data uguale dignità, uguali diritti, uguale cittadinanza. Uguale riconoscimento della propria storia su quella terra. Israeliani e palestinesi sono parte entrambi della storia di Gerusalemme, che ha un futuro se condivisa, e se condivisa ne è tutta la storia. Non solo quella del vincitore, ma quella di tutti i suoi abitanti. Israeliani e palestinesi.
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società
L’Arci si augura che la discussione parlamentare possa migliorare il contenuto della legge di Stabilità di Maurizio Mumolo
Non c’è dubbio che questa manovra finanziaria rappresenti, in diversi punti, una inversione di tendenza rispetto alle politiche recessive proposte da altri governi e tuttavia vi sono diversi provvedimenti che suscitano perplessità e preoccupazione. I tagli, per miliardi, a Regioni ed Enti locali andranno inevitabilmente ad impattare sulla quantità e qualità dei servizi sociali per cittadini e comunità già duramente provati dagli effetti della crisi. Stenta a farsi strada una misura efficace di contrasto alla povertà, i cui dati di crescita degli ultimi anni sono impressionanti e rivelano un fenomeno di assoluta gravità. L’Italia anche il questo campo è fanalino di coda in Europa, avendo a disposizione il solo strumento della social card, notoriamente di efficacia parziale e limitata. Ancora una volta la risposta ai bisogni sociali avviene attraverso misure di trasferimento monetario piuttosto che di allestimento di una rete efficace di
servizi sociali. Va bene il Fondo famiglia, ma quello che serve è un sistema nazionale di attività e servizi per l’infanzia e l’adolescenza. Il taglio dei fondi per i patronati, avrà conseguenze molto gravi sulla tenuta di un servizio gratuito universale di cui gode tutta la popolazione e rischia di produrre maggiori costi a carico dell’Inps e un aggravio della pressione sociale sui Comuni che non sapranno come erogare quei servizi. Purtroppo pochissima attenzione è dedicata all’investimento e allo sviluppo del terzo settore che è anche diventato l’unico comparto in crescita dell’economia del paese. Il terzo settore, con i suoi quasi cinque milioni di volontari, un milione di occupati, e 300 mila organizzazioni attive sul territorio, negli ultimi anni ha giocato un ruolo determinante come promotore di coesione sociale e argine al ritiro dell’intervento pubblico in tante attività essenziali in campo sociale e culturale. Nella legge di stabilità c’è peraltro una misura, forse
sottovalutata, che rischia di peggiorare ulteriormente la qualità della vita delle nostre comunità: il rilevante aumento della tassazione sugli utili delle fondazioni di origine bancaria ridurrà pesantemente l’entità delle loro erogazioni e quindi il sostegno alle attività delle organizzazioni di volontariato, nonché ad interi settori che dipendono ormai da anni dai finanziamenti privati delle fondazioni: dalle dotazioni in ambito socio sanitario, alla salvaguardia e tutela del patrimonio culturale nazionale, alle attività in ambito musicale e teatrale. Piuttosto che alzare la tassazione delle fondazioni va chiesta sempre maggiore trasparenza ed efficienza nell’impiego di queste essenziali risorse. L’Arci si augura che il dibattito parlamentare possa migliorare la manovra finanziaria, salvaguardandone gli aspetti positivi già contenuti, e invita i parlamentari, di ogni schieramento politico, provenienti dalle fila del terzo settore ad impegnarsi in tal senso.
Il master in Comunicazione sociale È nato il primo master in Comunicazione sociale in Italia all’Università di Tor Vergata. Il master universitario si propone di formare figure professionali rilevanti per le organizzazioni di terzo settore, per le fondazioni, per le ong, per le amministrazioni pubbliche, per le istituzioni scolastiche, per le università, per le associazioni di categoria e i sindacati con competenze e conoscenze diffuse e specifiche nell’ambito della comunicazione sociale. Il master dura un anno per 60 crediti formativi. Il master si articola in 6 moduli didattici, che approfondiscono: competenze di base sulla comunicazione; strategie di comunicazione sociale; gestione e sviluppo delle narrazioni; strumenti e tecniche per la comunicazione sociale; gestione (economia e diritto) della comunicazione sociale; innovazione nella comunicazione sociale. L’attività didattica in presenza si condensa in una settimana intensiva nei mesi di giugno e luglio, mentre l’attività a distanza è svolta tramite la piattaforma didattica moodle, accessibile tramite web all’indirizzo http://e-learning.uniroma2.it, e tramite il sistema di videoconferenza webex. Per l’ammissione al master è necessaria la laurea triennale. La domanda va effettuata entro il 15 dicembre 2014 in modalità on-line connettendosi al sito d’Ateneo http://delphi.uniroma2.it. Entro la stessa scadenza inviare all’indirizzo email andrea.volterrani@uniroma2.it oppure master@stf.uniroma2.it la documentazione richiesta sul sito. L’ammissione al master universitario è subordinata ad una positiva valutazione del curriculum del candidato da parte del Collegio dei docenti. La quota di partecipazione è di € 1.500 euro. Le lezioni avranno inizio in data 6 febbraio 2015. Per le informazioni didattiche gli interessati potranno rivolgersi a: Segreteria didattica del master Tel.: 06 7259 5714 - mail: master@stf.uniroma2.it
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migranti/diritti
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Rapporto sulla protezione internazionale in Italia Nel 2013, più di 2,5 milioni di persone sono state costrette a cercare protezione fuori dei confini del proprio paese, la maggior parte negli stati limitrofi. Richiede quindi sempre maggiore attenzione la questione degli arrivi in sicurezza delle persone costrette a fuggire. È necessario intervenire non solo a livello nazionale, con la migliore definizione del sistema di accoglienza e di tutela, ma anche a livello internazionale prevedendo l’apertura di canali umanitari e l’implementazione di attività di soccorso come avvenuto con l’operazione Mare Nostrum. Sarebbe utile un maggiore coinvolgimento italiano nei diversi programmi di reinsediamento, con maggiori investimenti, in modo da permettere la messa in sicurezza delle persone durante tutte le fasi del viaggio, dalla partenza all’arrivo. L’Italia, da oltre vent’anni, è interessata dalle migrazioni internazionali connesse alle varie crisi umanitarie, diventando un paese di arrivo di persone alla ricerca di protezione e asilo. Una situazione che ha spinto le Istituzioni e il terzo settore a confrontarsi per ripensare le ‘modalità
di accoglienza’ non più in chiave emergenziale ma favorendo la nascita di reti territoriali in cui l’associazionismo svolge un ruolo decisivo. L’accoglienza, la tutela e l’integrazione delle persone che giungono in cerca di protezione possono essere garantite solo attraverso la capacità dei territori di favorire processi di autonomia ed inserimento sociale. Il ruolo degli enti locali e delle reti del terzo settore diventa dunque fondamentale, dovendo attivare processi sinergici per garantire accoglienza e tutela. La presa in carico dei beneficiari avviene sui territori, che devono essere non solo protagonisti, ma solidali e consapevoli di questo ruolo. La mobilità internazionale nell’area del Mediterraneo ha subito una trasformazione tale da richiedere nuovi strumenti di comprensione in grado di interpretare i fenomeni in chiave transnazionale. Gli accadimenti, infatti, non hanno mai un effetto isolato ma determinano conseguenze plurime. La vicenda siriana ad esempio appare emblematica di questa connessione che fa della protezione internazionale una filiera lunga che a partire dai luoghi di crisi si
sviluppa sino ai piccoli contesti territoriali in cui si predispone l’accoglienza. Il Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2014, realizzato da Anci, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes, Servizio Centrale dello Sprar e Unhcr, partendo dall’analisi del ruolo dello Stato, degli Enti locali e del Terzo settore rispetto all’asilo e all’accoglienza dei titolari di protezione internazionale, intende fare il quadro su come si sta sviluppando l’accoglienza integrata nel nostro Paese e su come il fenomeno delle migrazioni riguardi un numero sempre più ampio di soggetti vulnerabili, come minori stranieri, apolidi e vittime di tratta le cui condizioni spesso si intrecciano con quelle dei rifugiati. Il Rapporto si articola in quattro capitoli dedicati rispettivamente al tema dell’asilo tra Stato e Terzo settore, al fenomeno dei richiedenti protezione internazionale e al sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar e altre forme di accoglienza), ai soggetti particolarmente vulnerabili e al flusso delle migrazioni forzate a livello internazionale ed europeo.
La Marina italiana chiede il comando dell’operazione Triton. Bruxelles dice no La Marina Militare italiana ha chiesto ufficialmente ai responsabili di Frontex di affidarle il comando dell’operazione ‘Triton’ sul contrasto all’immigrazione irregolare. Dopo aver cercato di ottenere una proroga di ‘Mare Nostrum’, i vertici hanno sollecitato il trasferimento del coordinamento dell’operazione avviata il primo novembre scorso al proprio centro operativo di Santa Rosa. La replica di Bruxelles è stata durissima nel respingere l’istanza, ma la vicenda potrebbe non essere ancora chiusa. La contrarietà della Marina a qualsiasi nuovo intervento nel Mediterraneo è apparsa evidente sin dalle scorse settimane, quando il governo ha stabilito con decreto che ‘Mare Nostrum’ sarebbe terminato. Prima che si riunisse il Consiglio dei ministri per fissare la data di chiusura, l’ammiraglio Foffi - comandante in capo della flotta italiana - dichiara: «Andiamo avanti, non abbiamo ricevuto ordini ufficiali e dunque proseguiremo anche quando inizierà ‘Triton’ per fa-
cilitare il passaggio di consegne». Una sorta di sfida al ministro dell’Interno che invece aveva più volte manifestato la volontà di interrompere la missione. A una settimana dall’avvio, le istanze si fanno ancor più decise e la Marina chiede direttamente al direttore esecutivo di ‘Frontex’, Arias, un ruolo di comando. La risposta di Arias è categorica nel respingere la richiesta ribadendo che «Triton è stata pianificata indipendentemente da Mare Nostrum» e che «non esiste alcuna complementarietà tra i due interventi». Si fa inoltre notare che si tratta di un’operazione di polizia varata con un protocollo siglato da tutti gli Stati partecipanti e dunque sarebbe «necessaria, ma improponibile, una rinegoziazione del piano». Una posizione netta, ma che forse non basterà a risolvere la questione. Anche tenendo conto dei tempi che il governo si è dato per smobilitare ‘Mare Nostrum’. L’operazione prevedeva l’impiego di 2 mezzi aerei e 6 navi della Marina sin davanti alle coste libiche con un costo
per l’Italia di circa 9 milioni di euro al mese. Bruxelles non ha mai voluto parteciparvi, nemmeno economicamente, ritenendo che si trattasse di una missione che rischiava di incoraggiare le partenze verso l’Europa. E questo ha certamente creato problemi con il governo italiano, fino alla scelta di procedere poi insieme ma con modalità completamente diverse. In un anno sono state soccorse 100.250 persone, 728 sono stati gli scafisti arrestati, ma il governo ha comunque ritenuto che non si trattasse di un impegno sostenibile e ha preferito inserirsi nel programma internazionale. La nuova missione - che prevede l’impiego di 25 mezzi navali e 9 aerei con una spesa mensile di 2 milioni e 900mila euro - ha obiettivi dichiarati: pattugliare il mare a trenta miglia dalle nostre coste per contrastare la migrazione irregolare, prevedendo anche il soccorso in caso di emergenza che deve essere gestito dalla Guardia Costiera. Un dispositivo contro il quale la Marina Militare continua a manifestare aperta contrarietà.
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Liberi dal gioco d’azzardo La campagna di sensibilizzazione di ‘Mettiamoci in gioco’ «Liberi dal gioco d’azzardo. Con l’azzardo ti giochi la vita»: questo lo slogan della campagna di comunicazione lanciata da Mettiamoci in gioco, la Campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo promossa da Acli, Ada, Adusbef, Anci, Anteas, Arci, Associazione Orthos, Auser, Aupi, Avviso Pubblico, Azione Cattolica Italiana, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Ctg, Federazione Scs-Cnos/Salesiani per il sociale, Federconsumatori, FeDerSerD, Fict, Fitel, Fp Cgil, Gruppo Abele, InterCear, Ital Uil, Lega Consumatori, Libera, Scuola delle Buone Pratiche/LegautonomieTerre di mezzo, Shaker-pensieri senza dimora, Uil, Uil Pensionati, Uisp. L’iniziativa si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica decostruendo i messaggi illusori di ‘vincite facili’ diffusi dall’industria dell’azzardo. Sono stati realizzati due spot tv e due spot radio (con protagonisti rispettivamente un uomo e una donna), un manifesto, due locandine, una vetrofania, un cartello rotair, un banner per i siti, immagini coordinate per Facebook e Twitter. Per il lancio della campagna di comunicazione, Mettiamoci in gioco ha attivato anche un proprio account twitter e sta per aprire pagine facebook locali co-gestite con i coordinamenti regionali della Campagna. «Il messaggio che lanciamo con questa campagna di sensibilizzazione», spiega don Armando Zappolini, portavoce di Mettiamoci in gioco, «è molto chiaro: attenzione, non fatevi abbindolare dalla pubblicità dei giochi d’azzardo. Non avete ‘quasi vinto’ e non ‘vincerete facile’. Anzi, è vero piuttosto che ‘più giochi più perdi, è matematico’, come diciamo nei nostri materiali di comunicazione. E il consumo di azzardo può dar luogo ad abuso e dipendenza, con conseguenze molto negative per sé, per le persone che ci sono accanto, per la società». «L’impegno che mettiamo in questa campagna di comunicazione - continua don Zappolini - è però anche un appello lanciato alle Istituzioni e alla politica: suona la campanella, è ora di prendere decisioni precise e
coraggiose, a cominciare dall’approvazione della prima legge quadro sul gioco d’azzardo in Italia, da quanto sarà contenuto in materia nella legge delega fiscale e dal riconoscimento, finalmente, del gioco d’azzardo patologico nei Livelli essenziali di assistenza garantiti dallo Stato, per i quali vanno stanziate risorse economiche aggiuntive
rispetto a quelle ora previste nel Fondo sanitario». Il gioco d’azzardo ha conosciuto un successo travolgente nel nostro paese, tra i primi al mondo per consumo di giochi. Si è passati da un fatturato di 24,8 miliardi di euro nel 2004 agli 88,5 miliardi del 2012. Solo nel 2013 vi è stato un leggero calo del fatturato, fermatosi a 84,7 miliardi, probabilmente per la dura crisi economica che sta attraversando il paese. Il 56,3% del fatturato viene dagli ‘apparecchi’, ma è in significativa ascesa il gioco on line. È importante notare che al crescere del fatturato non è seguito un maggior introito per lo stato (sotto forma di tasse). Nel 2004, l’erario ha incassato dall’azzardo 7,3 miliardi di euro (pari al 29,4% del fatturato complessivo), mentre nel 2013 ha registrato un’entrata di 8,1 miliardi (pari al 9,5% del fatturato, nel 2013 era stato addirittura il 9%). Dunque, una cifra non indifferente per le finanze pubbliche, ma molto più bassa del giro d’affari attivato dal settore, con le sue pesanti ricadute sociali e sanitarie che comportano un notevole dispendio di risorse economiche per farvi fronte. Il Cnr stima in 17 milioni (42% delle persone residenti in Italia tra i 15 e i 64 anni) il numero di coloro che hanno giocato almeno una volta in un anno, in 2 milioni gli italiani a rischio minimo e in circa un milione i giocatori ad alto rischio (600-700mila) o già patologici (250-300mila). www.mettiamociingioco.org
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solidarietàinternazionale
La sussidiarietà nella cooperazione internazionale Nuovi scenari, nuovi strumenti, nuovi attori Il 21 novembre a Milano presso la Sala Conferenze di Palazzo Reale, in piazza del Duomo 12, ci sarà La sussidiarietà nella cooperazione internazionale. Nuovi scenari, nuovi strumenti, nuovi attori, iniziativa promossa da AOI (Associazione Organizzazioni di Solidarietà e Cooperazione Internazionale), Forum Nazionale Terzo Settore, Co.Lomba (Cooperazione Lombardia) e Forum Terzo Settore della Lombardia in collaborazione con il Comune di Milano. La positiva enfasi sull’innovazione, a seguito della Legge 125/2014, non deve distogliere l’attenzione dai valori e principi che muovono la cooperazione internazionale in una prospettiva di diritto. Il valore aggiunto del sistema di sussidiarietà radicato nel mondo non profit italiano del volontariato, della solidarietà e della cooperazione internazionale, grazie alla volontà e alla professionalità di tante persone, con risorse limitate, tra ostacoli burocratici, da sempre produce risultati tangibili, troppo spesso misconosciuti. Riconoscerne il ruolo e valorizzarne il potenziale è essenziale per dare solide basi a qualunque percorso di innovazione: questo è tanto più vero alle soglie di un 2015 che chiama la comunità internazionale a ridisegnare le strategie condivise per sconfiggere le povertà nel mondo, in un’ottica di corresponsabilizzazione tra i tanti Sud e Nord, a partire dall’appuntamento centrale di Expo a Milano: in un contesto italiano in cui il Terzo Settore tutto è attivo in un confronto con il Governo che sta ridefinendone il quadro normativo. AOI e Forum Nazionale Terzo Settore, insieme a Co.Lomba, Forum Terzo Settore Lombardia e Comune di Milano, propongono un’iniziativa di riflessione su questi temi e appuntamenti mirata a far emergere il valore aggiunto del sistema non profit nella cooperazione internazionale, evidenziandone il potenziale e le criticità da sciogliere sia per quanto riguarda l’attuazione della Legge 125/2014, sia in relazione alle sfide per la giustizia globale, che richiedono la definizione aggiornata del concetto di partenariato e cooperazione e la costruzione di alleanze forti, a partire dalle istituzioni decentrate nel territorio e dal mondo dell’economia sociale. In questa ottica di un nuovo scenario e del dibattito aperto a livello europeo e internazionale sugli
attori dello sviluppo, l’iniziativa proposta punta a dare indicazioni di definizione di un contesto chiaro e trasparente rispetto all’inclusione degli attori profit nella cooperazione. Tutto questo nel quadro
di un comune impegno per la valutazione dell’impatto sociale degli interventi, nel rispetto delle regole e dei parametri dello sviluppo socialmente sostenibile e del patto comune per sconfiggere le povertà.
Legalità, diritti umani e sovranità alimentare: confronto con giovani latinoamericani Dal 23 al 27 novembre Arcs realizzerà il primo step del progetto di scambio tra giovani latinoamericani e italiani, che vedrà poi una naturale evoluzione in un programma più ampio ed articolato nel 2015, con il coinvolgimento di realtà territoriali Arci impegnate in iniziative di volontariato, solidarietà e cooperazione internazionale con l’America Latina. Entro il prossimo mese di gennaio verrà presentata al MAECI la nuova proposta, che vedrà la partecipazione allo scambio in Italia di ragazze e ragazzi da Cuba, Colombia, Bolivia e Argentina. A questo step di prima
conoscenza parteciperanno 2 ragazzi cubani e 2 colombiani, selezionati dai partner di progetto, che seguiranno per 3 mezze giornate in sede Arci, a Roma, un percorso di condivisione sulle attività generali dell’associazione, anche in un confronto con alcuni giovani dei campi della legalità e del volontariato internazionale: il 27 novembre, presso una sede istituzionale centrale, incontreranno esperti esterni e parlamentari italiani impegnati sui temi della sovranità alimentare e dei diritti umani. A presto con il programma del 2015! arcs@arci.it
Capodanno in Camerun con il workshop di fotografia sociale ‘Acqua è vita’ Arcs, all’interno del programma pluriennale dei campi di lavoro all’estero di Arcs ed Arci , insieme al fotografo Giulio Di Meo e al suo partner camerunense Codebank 2000 sta organizzando per il periodo che va dal 28 dicembre 2014 al 6 gennaio 2015 un workshop di fotografia sociale sul tema dell’acqua. Il corso ha l’obiettivo di guidare i partecipanti nello sviluppo di un racconto fotografico sulla realtà interessata, ma allo stesso tempo sarà anche occasione di avvicinarli alle problematiche legate all’acqua in Camerun e di documentare la realtà del villaggio di Bankondji attraverso la fotografia. Il workshop si svilupperà in 9 giorni durante i quali si analizzeranno le diverse fasi necessarie alla realizzazione di un reportage: l’idea, la pianificazione del progetto, il lavoro di gruppo, il lavoro sul campo, l’editing e la presentazione finale del progetto. Ogni giorno si andrà in giro a fotogra-
fare, provando a catturare ‘istantanee’ che raccontino la vita e le attività del villaggio di Bankondji, che documentino le problematiche legate all’approvvigionamento di acqua e che denuncino le difficoltà affrontate dalla popolazione. La quota di partecipazione al workshop è di Euro 1.950 e comprende viaggio aereo da Roma a Yaoundè, visto, vitto, alloggio, assicurazione, spostamenti interni e partecipazione al workshop. Il workshop si realizzerà se si raggiungeranno almeno 6 partecipanti. Le iscrizioni rimarranno aperte fino al 25 novembre 2014. Per partecipare al campo si deve inviare la scheda di iscrizione scaricabile dal sito di Arcs e leggere con attenzione il regolamento per i workshop fotografici. Per info: campidilavoro@arci.it
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La Compagnia del cuore si presenta Dal 18 novembre al 4 dicembre oltre 80 appuntamenti in Toscana per raccontare i progetti realizzati in Niger, Perù, Filippine Sono in dieci e dal 18 novembre fino a giovedì 4 dicembre percorreranno in lungo e in largo la Toscana per spiegare, nel corso di oltre 80 iniziative, i progressi compiuti nelle loro comunità di provenienza dai progetti di solidarietà internazionale realizzati da Arci Toscana assieme ai partner locali con il sostegno della Campagna Il cuore si scioglie della Fondazione Il Cuore si scioglie onlus -Unicoop Firenze. Sono ragazze e ragazzi della Compagnia del Cuore. In tutto 3 delegazioni da Niger, Filippine e Perù, che daranno vita ad un calendario fitto di incontri di scambio e conoscenza nelle scuole, nei circoli Arci, nelle sezioni soci Coop, nelle piazze delle città della regione. Dal Niger giungono 3 donne e alcuni ragazzi del Coniprat, ong nigerina, che lottano ogni giorno per sradicare la piaga delle mutilazioni genitali femminili. Dal Perù invece sono 3 i bambini lavoratori che racconteranno l’esperienza del Manthoc (Movimento Cristiano di autorganizzazione per i diritti dei bambini lavoratori): in particolare, il più piccolo del gruppo, tredicenne, racconterà cosa significa lavorare per poter andare a scuola. Dalle Filippine, attraverso l’Arcsea (l’associazione partner di Arci che porta avanti attività di alfabetizzazione e accesso agli studi per le popolazioni indigene nei Daycare centre, spazi di aggregazione dove i ragazzi si ritrovano per frequentare attività
educative e dopo scuola) arrivano coloro che lottano per il diritto all’istruzione dei bambini, per sconfiggere la povertà delle baraccopoli e scongiurare l’esproprio delle terre degli indigeni da parte delle multinazionali. Tra i 3 ragazzi filippini ci sarà anche un superstite del tifone Haiyan che ha distrutto il paese circa un anno fa. La Compagnia, a bordo del camper, toccherà tutte le province della Toscana. A Firenze, Empoli, Siena, Prato, Arezzo, Pisa, Lucca e Pistoia si terranno le iniziative più importanti. La presenza di giovani e bambini provenienti da tre diversi continenti contemporaneamente darà un’opportunità di scambio e di riflessione unica. In un momento difficile e complesso per le nostre comunità e i nostri territori diventa infatti fondamentale confrontarsi con chi nel Sud del mondo sperimenta da tempo un altro tipo di organizzazione, di gestione delle risorse, di approccio partecipativo. Gli incontri saranno incentrati sullo scambio di esperienze e si focalizzeranno su alcuni temi precisi: i diritti dei minori, il diritto alla partecipazione, il lavoro minorile, la gestione dei beni comuni, l’approccio comunitario volto ad affrontare le condizioni più difficili, i diritti delle donne e la lotta alla violenza contro le donne. Su www.arcitoscana.it il programma degli appuntamenti.
Elezioni in Romania, l’impegno di Arci Puglia Domenica 16 novembre la Romania si è recata alle urne per il ballottaggio delle elezioni presidenziali. Arci Puglia e i suoi sei comitati territoriali, vicini alla comunità rumena in Puglia, in collaborazione con la Cgil Puglia, hanno messo a disposizione gratuitamente una serie di servizi per favorire e agevolare la partecipazione al voto dei cittadini rumeni residenti nella regione. «Si tratta – ha detto il presidente di Arci Puglia, Davide Giove – di un gesto simbolico e allo stesso tempo molto concreto a sostegno della cultura dei processi partecipativi dei cittadini di una democrazia giovane come quella della Romania, ancora abituata a percentuali di affluenza solitamente basse.
Anche grazie all’importante collaborazione con la Cgil Puglia, attraverso questa iniziativa, siamo accanto a quei cittadini e a quei lavoratori della Romania con i quali condividiamo l’esperienza comune di risiedere in questa terra, uniti dai medesimi diritti e doveri di buoni cittadini». Due i seggi aperti in Puglia: a Bari presso la Polizia Municipale in Via Paolo Aquilino 1 a Japigia, e a Foggia presso la circoscrizione Croce nord in viale Candelaro 102. Il Comitato Arci di Bari ha messo a disposizione un camper a sette posti per raggiungere dalla stazione ferroviaria il seggio di via Aquilino, mentre il comitato Arci Valle d’Itria e la Cgil di Taranto hanno organizzato mezzi da Martina Franca per la mattina di domenica.
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in più IL BAMBINO AL CENTRO AVIGLIANA (TO) Il bambino
al centro è il titolo dell’iniziativa che il circolo LiberAmente organizza il 22 novembre presso la propria sede in occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Si terranno laboratori creativo-esperienziali e la raccolta di indumenti, medicinali, pannolini, carrozzine/passeggini, lenzuolini e materiale scolastico, da distribuire ai bambini meno fortunati del territorio. Ingresso riservato ai soci Arci. info@liber-mente.org
Favole sogni e realtà IMPERIA Sabato 22 novembre alle
ore 18 presso il circolo Arci Guernica si terrà la seconda serata della rassegna di teatro per bambini Favole sogni e realtà. Dopo il successo del primo spettacolo di Salvatore Stella, questa volta si esibiranno due attrici del teatro dell’Ortica di Genova: Carlotta Curato e Martina Fochesato. Lo spettacolo dal titolo Libri viaggianti è un racconto che farà scoprire ai bambini i piaceri della lettura oltre che del teatro. Ingresso gratuito per i bambini. www.guernica.imperia.it
serata a la fratellanza NOVARA Il collettivo Les Barlafus
ritorna con l’appuntamento mensile culturale domenica 23 novembre al circolo Arci La Fratellanza. Il circolo si rianima ancora una volta con un aperitivo accompagnato da esposionioni artistiche, performance teatrali e musica dal vivo. Saranno presenti le opere di due giovani artiste, affermate nella scena novarese: Diana Debord e Federica Roatta. Dalle ore 21 andrà in scena il reading teatrale T’amo d’Amorire recitato dalla brava Jenny Bevilacqua. novara@arci.it
Serata kurda PONTENOVO (RE) Il 22 no-
vembre alle 21 presso la Sala Polivalente di Pontenovo si tiene l’iniziativa In Kurdistan si combatte per l’umanità, promossa dal circolo Arci Pontenovo. Saranno presenti Yilmaz Orkan, rappresentante in Italia del Congresso Nazionale Curdo e Nelly Bocchi della Rete Kurdistan Italia. arcipontenovo@gmail.com
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Le Società di Mutuo Soccorso tra passato, presente e futuro di Alessio Artico presidente Arci Savona
Due mani che si stringono: è lo storico simbolo delle nostre Società di Mutuo di Soccorso che esprime la fratellanza, l’aiuto reciproco, il mettere in comune le poche risorse dei singoli per creare un patrimonio collettivo utile ad affrontare incidenti o malattie. La storia pluricentenaria delle SMS è stata messa in discussione nell’ottobre 2012 quando il dl 179 Salva Italia riforma la storica legge 3818 imponendo ai sodalizi di agire solo in ambito socio-sanitario, erogando ai soci contributi in caso di malattia, infortunio, spese sanitarie, disoccupazione e vietando attività commerciali o di impresa. Tali modifiche hanno il merito di aggiornare la legge del 1886 ma presentano l’enorme difetto di cancellare un pezzo delle storia delle SMS, di non considerare la realtà e di prevedere per chi non si adegua una sanzione severissima: la perdita del patrimonio. Arci Liguria si è adoperata fin da subito per richiedere la modifica alla normativa, redigendo un Documento d’indirizzo politico in cui si chiede di superare l’obbligo esclusivo della mutualità sanitaria integrativa affermando che l’erogazione di servizi ai soci in ambito sociale, ricreativo e culturale aumentano la qualità della vita e fanno crescere il benessere della comunità. Inoltre, le attività commerciali e d’impresa non vanno vietate se sostengono le attività mutualistiche. Venerdì 7 novembre il documento è stato consegnato al sottosegretario al Welfare Luigi Bobba nel corso di un incontro con le SMS liguri, organizzato con l’interessamento dei deputati Giacobbe e Tullo. Nel corso dell’incontro, Bobba ha affermato la disponibilità del Governo a rivedere la normativa, estendendo il perimetro del mutualismo e dando la possibilità alle SMS di trasformarsi in APS senza perdita del patrimonio. Questa disponibilità fa sperare in una conclusione positiva di un percorso fatto dall’Arci sia a livello regionale che nazionale, anche con il sostegno di Paolo Beni, per tutelare il presente ed il futuro delle SMS.
‘Migranti. Cittadini del Mondo’ a Fondi Arci Murales di Fondi (LT) promuove il progetto di informazione e conoscenza culturale denominato Migranti. Cittadini del Mondo, con cui vuole contribuire da una parte a dare un’informazione puntuale sulla realtà dell’immigrazione e dall’altra, in particolare, a diffondere una maggiore conoscenza dei vari Paesi e popoli del mondo, dall’ambiente alle situazioni sociali e alla cultura, religioni e tradizioni popolari, anche a fronte della presenza ormai stabile, come in Italia, a Fondi e in provincia di Latina, di migliaia di immigrati provenienti da diversi Paesi. Arci Murales sin dalla sua costituzione, nel 1995, è impegnata nel promuovere e difendere i diritti umani e una cultura di pace e cooperazione tra i popoli contro ogni forma di violenza, discriminazione o razzismo. Per questa terza edizione del progetto, dopo Albania, Cuba, India, Marocco, Pakistan, Romania, Tunisia e Venezuela, saranno presentati 4 nuovi Paesi: Algeria, Brasile, Cina e Ucraina. L’iniziativa pubblica si svolge dal 18 al 21 novembre a Fondi nella sala piccola di Palazzo Caetani, al n.11 di Corso Appio Claudio. Dopo la presentazione del Dossier Statistico Immigrazione 2014 intitolato Dalle discriminazioni ai diritti e realizzato dal Centro Ricerche Idos per conto dell’Unar, tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19 c’è l’esposizione della mostra sui 4 Paesi su alcuni dati della presenza di immigrati con particolare riferimento alla città di Fondi. Sono anche state organizzate diverse visite guidate alla mostra riservate a classi di scuola secondaria di I grado. www.muralesfondi.it
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A Cosenza ‘Giovani per il sociale’ di Lucia Ruggiero Arci Cosenza
Fino a ieri l’idea sulla sindrome di Down era quella di persone con un certo grado di disabilità intellettiva, incapaci di compiere da sole le azioni quotidiane della vita e che sarebbero state per sempre dipendenti dalle loro famiglie. Attualmente si incontrano persone con la sD, oltre che nelle scuole di ogni ordine e grado, un po’ ovunque: nei parchi giochi, sugli autobus, nei negozi o in giro con gli amici. Qualche adulto si trova anche al lavoro. Qualcosa sta cambiando. Oggi in Italia un bambino su 1200 nasce con la sindrome di Down. Grazie alle maggiori cure a loro dedicate e agli sviluppi della medicina la durata della loro vita si è molto allungata (l’aspettativa di vita è di circa 62 anni). In Italia oggi vivono circa 38mila persone con sD e il 61% ha più di 25 anni. La maggior parte delle persone con sD può raggiungere un buon livello di autonomia personale e riuscire ad apprendere un mestiere svolgendolo in maniera produttiva. Però solo il 13% delle persone con sD ha un contratto di lavoro e il 18% svolge percorsi di tirocinio formativo. Malgrado il lavoro avviato ad esempio da associazioni come l’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), la strada per un pieno inserimento nel lavoro è ancora molto lunga. Anche nella sezione cosentina dell’AIPD stanno per iniziare tre tirocini formativi per tre ragazzi con sD nella scuola dell’Istituto Comprensivo Via Roma – Spirito Santo di Cosenza. I ragazzi coinvolti supporteranno nei vari compiti alcuni addetti della scuola in vari ambiti: segreteria, mensa, accoglienza. Sicuramente un passo in avanti verso una reale inclusione lavorativa e verso un cambiamento sociale dove gli effetti positivi saranno tanti e riguarderanno e coinvolgeranno man mano tutti i cittadini. Anche l’Arci di Cosenza inserirà circa 10 giovani con sD dell’AIPD di Cosenza, nel progetto Giovani per il sociale in cui è partner della cooperativa Hop là.
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società
L’Arci e l’Expo 2015 di Emanuele Patti presidente Arci Milano
Venerdì 14 ottobre presso l’Arci nazionale si è tenuta la prima riunione del gruppo Expo post Congresso. Il gruppo ha visto la partecipazione di circa una quarantina di dirigenti di varia provenienza territoriale, ruolo e funzioni. La riunione si è aperta con un breve riassunto dei due percorsi che l’associazione ha seguito finora inerenti appunto ai temi e alla partecipazione all’Esposizione Universale di Milano, che si terrà dal 1 maggio 2015 al 31 ottobre dello stesso anno: la Fondazione Triulza e cioè la partecipazione alla costituzione di una fondazione tra associazioni ed organizzazioni del terzo settore italiano, finalizzata alla partecipazione al bando del Comune di Milano per la gestione del primo Padiglione della società civile mai previsto e realizzato finora nella storia delle esposizioni universali, e l’Expo dei Popoli, cioè la costituzione di una associazione, anche in questo caso tra molte delle organizzazioni della Fondazione Triulza e le principali Ong nazionali ed internazionali, tra cui la nostra Arcs.
Associazione finalizzata alla realizzazione di un grande Forum dei popoli contadini della terra, dei movimenti e delle organizzazioni mondiali, con al centro un confronto sui temi e sulle pratiche per e verso la sovranità alimentare. La seconda parte della riunione invece si è concentrata sul senso e sulla caratterizzazione politica della nostra partecipazione alla manifestazione. Molti sono i dubbi e tante le perplessità verso un evento di questo genere e sul senso in questa epoca di Fiere di tale ‘pesantezza’ sia dal punto di vista dei costi infrastrutturali e sociali, sia per quello dell’impatto ambientale e del consumo di suolo. Eppure crediamo che proprio per questo sia importante esercitare quel ruolo di amplificazione delle vertenze, delle lotte e delle pratiche in atto sui temi che sono da sempre i nostri, quel nutrire il Pianeta energia per la vita, che parla appunto del nostro impegno a protezione dell’ambiente, della tutela dei beni comuni, dei diritti di cittadinanza, lo sviluppo del lavoro, la lotta contro
il libro Sem Terra. 30 anni di storie, 30 anni di volti a cura di Giulio Di Meo CDM Photo, Bologna Sem terra. 30 anni di storia, 30 anni di volti è qualcosa di più di un semplice libro fotografico. Giulio Di Meo ha elaborato una sorta di album di famiglia dove c’è spazio sia per il Mst sia per tutti i movimenti sociali brasiliani. La capacità dell’autore, che si autodefinisce un fotografo di strada, è stata quella di aver composto questo album nel segno di un denominatore comune a tutta l’America Latina: la questione agraria e le battaglie in difesa della terra. Il libro, corredato da brevi testi, è impegno e azione politica della fotografia. Joào Pedro Stedile, storico rappresentante del Mst, ne ha curato la prefazione. I Sem terra rivendicano con orgoglio la loro identità afrodiscendente, ma anche la radice dell’immigrazione europea. I quattro milioni di contadini poveri che tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo sono stati condotti in Brasile per sostituire il lavoro schiavo, hanno svolto un ruolo di primo piano in tutte le lotte sociali che hanno segnato la storia del paese, a partire da quella per la riforma agraria. La fotografia dei volti compiuta da Giulio Di Meo traccia la storia del Mst come se fosse una famiglia: ci sono gli sguardi allegri dei piccoli Sem terrinha e quelli dei giovani che sperano di vivere in un mondo libero dall’idronegozio e dall’agronegozio, ma anche quello dell’anziana missionaria italiana e militante Mst Alberta Girardi, di 93 anni. Di Meo ha fotografato le lotte dei senza terra condividendo e identificandosi nelle loro aspirazioni: riforma agraria, agricoltura sostenibile, diritto all’istruzione. Il ricavato dalla vendita del libro servirà a raccogliere i fondi necessari per la ristrutturazione della Scuola Nazionale Florestan Fernandes del Mst, al cui progetto ha aderito anche Arcs.
le vecchie e nuove povertà. E quindi, passando a parlare di pratiche possibili, abbiamo pensato come poter essere dei pivot territoriali intorno a cui costruire la promozione e la presentazione di progetti, buone pratiche, iniziative e vertenze territoriali, che intrecciando esperienze di enti locali, associazioni, imprese responsabili ed innovative sui territori, possano costruire un calendario di presentazioni durante le settimane dell’Expo nel Padiglione della Società Civile di Cascina Triulza. Questa potrebbe essere e una grande occasione per i nostri territoriali, per intrecciare e rafforzare le relazioni locali in vista di un evento che comunque avrà una grande risonanza mondiale. Dare concretamente attuazione all’adagio «Dare voce a chi non ce l’ha», tra i pilastri della missione della Cascina Triulza. Altra grande possibilità sarà ancora per comitati e circoli quella di poter riempire di artisti il palco e la programmazione culturale prevista nella Cascina nei 184 giorni della manifestazione.
arcireport n. 38 | 20 novembre 2014 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Carlo Testini Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 20 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
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