Arcireport n 38 2015

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settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 38 | 5 novembre 2015 | www.arci.it | report@arci.it

Una legge di stabilità che non riduce le disuguaglianze e non avvia un nuovo modello di sviluppo di Francesca Chiavacci presidente nazionale Arci

La discussione sulla legge di stabilità sta animando la politica italiana e pensiamo che anche la nostra associazione possa e debba dare una valutazione, a partire da quelli che sono gli argomenti che ci riguardano da vicino, nella consapevolezza che si tratta comunque dell’atto legislativo che rappresenta più di altri la simbologia della strategia di risanamento e sviluppo che si intende dare al nostro paese. Oltre alla questione principale, quella dell’occupazione, su cui a oggi i sindacati hanno espresso giudizi severi sull’insufficienza delle misure lì introdotte, ci preme soffermarci su quella su cui più volte siamo intervenuti negli ultimi mesi: quella della crescita della povertà e dell’aumento delle disuguaglianze economiche e sociali tra i cittadini italiani. E diciamo subito che le risorse previste nel provvedimento (600 milioni) nel 2016 e 1 miliardo nel 2017 non sono, a nostro parere, sufficienti per dare una risposta: la loro distribuzione ai 2 milioni e seicentomila famiglie che vivono in povertà assoluta equivarrebbe a 34 euro lordi e anche se il conto si facesse sulle

sole famiglie con figli minori in povertà assoluta, si arriverebbe a un incremento di risorse a famiglia pari a circa 50 euro lorde al mese. Se a questo si aggiungono i tagli alle Regioni e agli Enti Locali, che significheranno sicuramente tagli ai servizi, quelli di alcuni Fondi nazionali (autosufficienza, infanzia) si può già immaginare che le condizioni di diseguaglianza non solo non cesseranno, ma andranno ad aumentare. Anche perché si è scelto (addirittura con un ritorno indietro rispetto a ciò che si era annunciato) di non agire la fiscalità sui redditi e i patrimoni più ricchi per trovare risorse per tutti questi ‘nuovi poveri’. Il semplificante mantra ‘meno tasse’, sembra non spiegare quanto attraverso la progressività del nostro sistema fiscale e la lotta all’evasione si potrebbero trovare risorse per i servizi e per l’inclusione sociale. Una crescita possibile attraverso investimenti nella cultura e nell’istruzione (al di là dei famosi 500 nuovi professori che richiameremo dall’estero, che non è ancora chiaro come e con che

criteri) non si trova, all’interno della legge: niente di aggiuntivo per gli enti di ricerca, niente per le decine di migliaia di precari e precarie che di fatto mandano avanti l’Università italiana. Non è il solo argomento su cui all’annuncio non corrisponde un investimento reale: i 100 milioni di euro di incremento sul fondo relativo al servizio civile annunciati in TV non ci sono, ce ne sono solo 2 milioni in più, e si ritrovano invece gli aumenti delle spese militari (fregate, Eurofighter). In uno dei Paesi con la più grande evasione fiscale d’Europa, dove l’uso del contante è doppio rispetto alla media UE, si è provveduto invece all’innalzamento dell’uso del contante possibile da 1000 a 3000 euro, misura che ha suscitato perplessità non solo nelle associazioni che si occupano di antimafia sociale e legalità, ma persino nel Commissario Cantone, di nomina governativa. Insomma, per ora a noi questa legge non piace, e non ci sembra che la visione che la ispira sia quella che secondo noi, Arci, servirebbe per ridurre le disuguaglianze sociali del nostro Paese e avviare un nuovo modello di crescita e sviluppo.


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In Turchia la maggioranza assoluta al partito di Erdogan di Franco Uda coordinatore nazionale Pace, solidarietà e cooperazione internazionale

Preoccupa non poco la situazione creatasi in Turchia a seguito delle ultime elezioni politiche. L’Akp, il partito fondato dal presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan e guidato dal primo ministro Ahmet Davutoglu, ha raggiunto la maggioranza assoluta. A perdere consensi sono stati l’estrema destra del Mhp e il nuovo partito della sinistra filo-curda guidato dal giovane Selahattin Demirtas, il partito Democratico dei Popoli (Hdp). L’Hdp aveva superato il 13% dei voti a giugno, bloccando le aspirazioni presidenzialiste di Erdogan. Il 1 novembre ha perso oltre un milione e mezzo di voti, ma è riuscito comunque a superare l’alta soglia di sbarramento del 10% che gli permette di ottenere dei seggi in parlamento. Queste elezioni confermano la capacità di Erdogan e dell’Akp di rappresentare le istanze di quella Turchia conservatrice e tradizionalista ed emancipata grazie al miracolo economico (ormai esaurito) degli anni precedenti. Un miracolo economico che ha visto spostare gli equilibri economici dalla grande industria legata alla bor-

ghesia di Istanbul e Smirne, kemalista e laica, a quella delle piccole e medie imprese. I nuovi ricchi hanno conquistato Istanbul, ma sono rimasti legati al conservatorismo religioso. Nelle province curde invece è stato l’Hdp a confermarsi come prima scelta, arrivando addirittura oltre l’80% in alcune città. La vittoria di Erdogan è frutto di grande cinismo, di una campagna elettorale costellata da scandali, repressione della stampa, rallentamento dell’economia e da un autoritarismo sempre più lampante da cui era scaturita un’ondata di violenza crescente. Due attacchi terroristici hanno colpito manifestazioni della sinistra curda: un’esplosione a Suruc - 30 morti e più di 100 feriti il 20 luglio scorso - e ad Ankara un altro attentato ha ucciso il 10 ottobre più di 100 persone, ferendone circa 250, durante una marcia per la pace. La tregua tra il governo turco e il Pkk è saltata, facendo riprendere i bombardamenti dell’esercito turco, la caccia all’uomo, l’assedio della città di Cizre. Erdogan ha usato tutto questo per la sua

campagna elettorale, la sicurezza sopra ai diritti, sulla sua capacità di proporsi come l’uomo in grado di stabilizzare il paese. Il paese è entrato ora in una fase di forte tensione, ci sono più attori coinvolti e meno manovrabili rispetto a un tempo. Erdogan per vincere le elezioni ha buttato a mare il suo principale successo politico, la tregua con il Pkk. La sua grande ambizione di trasformazione della Turchia trovava uno dei suoi pilastri nel dialogo con Abdullah Ocalan: presidenzialismo in cambio di autonomie territoriali. Il progetto è di trasformare la Turchia da repubblica a nuovo sultanato democratico, dove il presidente della Repubblica è eletto direttamente dal popolo e gode di ampi poteri, mentre il territorio si ricostituisce attraverso autonomie locali. L’Arci continuerà a seguire con attenzione le dinamiche sociali e politiche in Turchia anche attraverso la Rete di solidarietà col popolo curdo, con la quale ha rinnovato un proprio impegno diretto entrando a far parte del Coordinamento nazionale.

L’Italia spedisce bombe in Arabia Saudita alimentandone i crimini di guerra in Yemen «È inaccettabile che nel giorno in cui l’Unione Europea ha assegnato il Premio Sakharov al blogger saudita incarcerato Raif Badawi, dall’Italia siano partite nuove bombe destinate all’Arabia Saudita, il paese che guida la coalizione la quale - senza alcun mandato internazionale - da sette mesi sta bombardando lo Yemen causando migliaia di morti tra i civili. Ribadiamo la nostra richiesta al Governo italiano di sospendere l’invio di bombe e armamenti a tutti i paesi militarmente impegnati nel conflitto in Yemen». Lo chiedono con un comunicato congiunto la Rete Italiana per il Disarmo, Amnesty International Italia e l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e Politiche di difesa e sicurezza (OPAL) di Brescia. Secondo quando diffuso da fonti di stampa locale, diverse tonnellate di bombe sono state imbarcate all’aeroporto di Cagliari Elmas con destinazione Arabia Saudita. Si tratta con ogni probabilità di una nuova fornitura di bombe fabbricate nell’azienda tedesca RWM Italia che prosegue le spedizioni

degli ultimi anni. Sappiamo che ordigni inesplosi del tipo di quelli inviati dall’Italia sono stati ritrovati in diverse città dello Yemen bombardate dalla coalizione saudita e il nostro Ministero degli Esteri non ha mai smentito che le forze militari saudite stiano impiegando anche ordigni prodotti in Italia. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki moon, ha condannato i bombardamenti aerei della coalizione a guida saudita che nei giorni scorsi hanno colpito un ospedale di Medici senza Frontiere nella provincia di Sa’dah e ha richiamato tutte le parti attive nel conflitto a rispettare gli obblighi stabiliti dalle convenzioni per i diritti umani e del diritto umanitario internazionale per prevenire attacchi contro i civili. Il conflitto in Yemen ha finora causato più di 4mila morti (di cui almeno 400 bambini) e 20mila feriti - di cui circa la metà tra la popolazione civile - provocando una catastrofe umanitaria con oltre un milione di sfollati e 21 milioni di persone che necessitano di urgenti

aiuti. In tutto il Paese la popolazione sta subendo una grave scarsità di cibo, e questo minaccia la sopravvivenza dei più vulnerabili. La comunità internazionale si muove in maniera incoerente rispetto al tema delle violazioni dei diritti umani in Arabia Saudita. Da un lato si mobilita contro il rischio che venga messo a morte un attivista minorenne e premia un blogger dissidente. Dall’altro, tace sui crimini di guerra commessi in Yemen e, anzi, li alimenta con trasferimenti irresponsabili di armi. Per questo rinnoviamo a tutti l’invito a sottoscrivere la petizione che chiede di sospendere tutti i trasferimenti di armi ai membri della coalizione a guida saudita. Chiediamo che il Ministro Gentiloni chiarisca con urgenza nelle sedi opportune la situazione e che promuova un’azione a livello comunitario affinché tutti i paesi membri sospendano l’invio di armamenti alla coalizione a guida saudita militarmente attiva nel conflitto in Yemen. segreteria@disarmo.org


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legalitàdemocratica

Respinta la richiesta di Arci di costituirsi parte civile nel processo ‘Aemilia’ di Federico Amico presidente Arci Emilia Romagna

Si è svolta a Bologna mercoledì la terza udienza preliminare del cosiddetto processo Aemilia. Si tratta a tutti gli effetti del primo processo sulla criminalità organizzata che si tiene in regione, sulla scorta di quanto emerso dall’inchiesta che si è conclusa lo scorso gennaio. Da quell’inchiesta è emersa con tutta evidenza una ramificatissima e diffusa presenza della ‘ndrangheta sul territorio emiliano romagnolo, presenza di cui da tempo si sospettava l’esistenza ma che con le indagini si è interamente palesata. Oltre 200 sono gli imputati oggi alla sbarra per rispondere di un complicato intrico di delitti di stampo mafioso che hanno come contesto la ricostruzione post-sisma, il riciclaggio, l’acquisizione di imprese per fini illeciti e, ovviamente molto altro ancora. Oltre agli affiliati alle cosche, sono imputati imprenditori, giornalisti, ex-calciatori, politici. Arci Emilia Romagna ha deliberato di presentare la propria costituzione come parte civile offesa a questo processo ad inizio ottobre, convinta che l’associazionismo di promozione sociale sia fattore essenziale perché i cittadini si auto-organizzino volontariamente per lo sviluppo e la tenuta della coesione sociale sul territorio. Cittadini che non vogliono rimanere solo spettatori dei fenomeni criminali che sono venuti alla luce con il processo cosiddetto Aemilia. Arci si è sempre detta per una legalità democratica, anche nei piccoli gesti quotidiani, e l’estensione e il radicamento della criminalità organizzata sul territorio emiliano romagnolo ha richiesto una forte presa di posizione da parte di tutti i soggetti sociali e ha spinto noi tutti a ‘metterci la faccia’. La presenza attiva anche in ambito processuale, infatti, nell’interesse non solo dei soci e delle vittime, ma dell’intera cittadinanza, avrebbe voluto rafforzare l’azione di Arci sul territorio e l’efficacia delle sue iniziative di contrasto alla presenza criminale. Nonostante il giudice abbia, nella sua articolata ordinanza, riconosciuto il valore delle attività di antimafia sociale e legalità democratica svolte negli anni dall’Arci in Emilia Romagna, la stessa non è stata ammessa quale parte civile poiché il suo Statuto indica l’impegno antimafia come una delle numerose attività e campi di intervento in cui

opera complessivamente. Inoltre la formalizzazione esplicita, riportata nello stesso Statuto, che prevede la possibilità per Arci Emilia Romagna di costituirsi parte civile «nei processi penali per i delitti di cui agli art. 416 bis e 416 ter del Codice Penale», è stata introdotta con il congresso del marzo nel 2014, e quindi operativa a partire da quella data, ovvero un periodo successivo rispetto gli avvenimenti di cui sono indagati gli imputati del processo Aemilia. Ovviamente si tratta di una risoluzione per noi deludente, ma crediamo si possa dire che è stato in ogni caso un passaggio importante per la nostra associazione.

Anche in risposta ad alcuni titoli di stampa che recitavano «L’Emilia ha paura della ‘ndrangheta», l’Arci non è rimasta semplice spettatrice, ma parte attiva nel testimoniare i valori fondanti della sua storia e del suo presente. Arci continuerà ovviamente il suo impegno di antimafia sociale, con le centinaia di iniziative sul territorio, organizzando i campi della legalità sui terreni confiscati e molto altro ancora. Sulla vicenda processuale è già impegnata con Libera nella cura del diario online: svegliatiaemilia.wordpress.com, a testimonianza dell’impegno dell’associazione per la promozione di una cultura della legalità nel nostro Paese.

L’8 novembre a Milano ‘Cultura contro le mafie’

Domenica 8 novembre alle ore 21 al Teatro Out Off di Milano si terrà la nuova edizione di Cultura contro le Mafie a cura del MEI - Meeting delle Etichette Indipendenti e di Arci Ponti di Memoria. Si tratta di una manifestazione giunta al suo secondo anno di vita che vuole segnalare coloro che nella cultura, musica e giornalismo si sono distinti per il loro impegno contro le mafie. L’anno scorso la prima edizione si svolse al Teatro Masini di Faenza con tantissimi ospiti, mentre la nuova edizione di quest’anno si svolge all’interno del Festival dei beni confiscati alle mafie di Milano, che si terrà dal 6 all’8 novembre. Ci saranno le testimonianze di Adele Marini, Gaetano Liguori, Luca Maciacchini, Tiziana Di Masi, Andrea Guolo, Giulio Cavalli, ovvero alcuni dei premiati 2014 al Mei di Faenza per la prima edizione di Cultura contro le mafie.

I premi 2015 saranno assegnati da Mei e Ponti di Memoria a David Gentili, presidente della Commissione Antimafia del Comune di Milano, Paolo Borrometi, giornalista di La Spia, sotto scorta in quanto minacciato dalle cosche ragusane, Ilaria Ramoni, avvocato che ha difeso le parti civili nel processo contro i killer di Lea Garofalo, Barbara Sorrentini, direttrice artistica del Festival sui beni confiscati alle mafie e giornalista di Radio Popolare. Sarà presente e sarà premiato per il suo impegno civile Giancarlo Caselli, ex procuratore della Repubblica di Palermo e procuratore generale a Torino. A seguire, si terrà il grande concerto di Piotta e Il Muro del Canto in 7 Vizi Capitale, che con i loro progetti musicali hanno affrontato e difeso la legalità e tenuta alta la guardia contro le mafie, con particolare riferimento a Roma. L’evento Cultura contro le mafie sarà presentato da Daniele Biacchessi e Giordano Sangiorgi.


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ambiente

Appello per una mobilitazione unitaria il 29 novembre In occasione della Marcia Globale per il Clima

Il 29 novembre sarà un’importante giornata di mobilitazione internazionale. In contemporanea, migliaia di cittadini e cittadine si uniranno in una marcia globale per il clima nelle principali città di tutto il mondo, al fine di far sentire la propria voce contro gli effetti dei cambiamenti climatici e per un radicale cambiamento del modello economico, energetico e di sviluppo. Il 30 novembre si aprirà infatti a Parigi la COP 21, la conferenza delle Nazioni Unite sul Clima, un appuntamento fondamentale per il futuro del Pianeta. La conferenza di Parigi pone al centro l’esigenza di un’agenda politica comune fondata sulle parole d’ordine che uniscono la mappa puntiforme costituita dalle lotte ambientali. Il protagonismo di movimenti, comitati, associazioni e realtà sociali denuncia quotidianamente gli effetti dell’attuale modello economico sui territori e oppone ad esso la necessità di rifondare il sistema produttivo sulla giustizia ambientale e sociale, scardinando i meccanismi di sfruttamento e depauperamento dell’ambiente degli animali e delle risorse comuni. Basti pensare alle politiche messe in campo dal decreto Sblocca Italia con la nuova spinta alle fonti fossili e alle trivellazioni e ai meccanismi antidemocratici del commissariamento, con le facilitazioni alle lobby del cemento e dell’incenerimento dei rifiuti. La manifestazione italiana si terrà a Roma durante l’intero arco della giornata, con una marcia e un concerto finale, e per questo riteniamo necessario convocare un’assemblea il 6 novembre per confrontarci con attivisti, comitati territoriali e associazioni. Crediamo sia necessario fare in modo che la giornata del 29 novembre sia quanto più partecipata possibile e in grado di incidere sul dibattito pubblico e sulla coscienza complessiva del paese rispetto alle sempre più urgenti questioni legate all’ambiente e ai cambiamenti

climatici e, per questo, alla tutela della salute e dei diritti. Cambiare il sistema energetico accelerando la transizione in corso, superando grandi e inquinanti centrali a combu-

l’assemblea Legare le singole vertenze alla battaglia globale contro i cambiamenti climatici significa moltiplicare la forza delle nostre ragioni. Per questo invitiamo i comitati, le associazioni, gli attivisti ad una giornata di discussione per costruire insieme il corteo del 29 novembre a Roma. L’appuntamento è per il 6 novembre alle 14.30 presso la sede dell’Arci nazionale, sala Ilaria Alpi, via Monti di Pietralata 16, Roma.

stibili fossili per realizzare la transizione verso un modello di produzione diffusa e fondato sulla democrazia energetica, sull’educazione ambientale e sulle risorse rinnovabili locali; rivoluzionare il sistema dei trasporti per una mobilità nuova e sostenibile; valorizzare le buone pratiche agricole; creare nuovi posti di lavoro stabili e sostenibili; ripensare il ciclo vitale delle merci e promuovere buone pratiche di gestione e riutilizzo dei rifiuti urbani e soprattutto industriali: sono le sfide e gli slogan che vogliamo portare in piazza in Italia e nel mondo. Importante ci sembra, in questo momento, il legame tra questi temi e le migrazioni. Non si possono creare barriere per arrestare i flussi migratori, ignorando la connessione tra l’attuale modello produttivo, i cambiamenti climatici e le migrazioni ad essi dovute, sia attraverso le guerre ingenerate dalla corsa all’accaparramento delle risorse che a causa di contaminazioni e opere impattanti sulle risorse ambientali da cui dipendono intere comunità. Ad affermarlo è la stessa comunità internazionale in vari rapporti, a partire dall’ultimo report IPCC. Profughi ambientali, cambiamenti climatici e migrazioni forzate ci parlano di ambiente ma al tempo stesso di tutela dei diritti umani. La Coalizione Clima unisce realtà e soggetti sociali che hanno risposto all’appello globale e stanno facilitando l’organizzazione in Italia della mobilitazione in occasione della Marcia Globale per il Clima, prevista a Roma il prossimo 29 novembre. Consapevoli del ruolo fondamentale svolto dalle vertenze territoriali nell’arginare e contrastare gli effetti distorti delle attuali ‘politiche di sviluppo’, rivolgiamo un appello ampio per la partecipazione a quella giornata a tutti gli attori sociali impegnati in battaglie per la difesa del territorio e dei diritti. http:// www.coalizioneclima.it


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migranti

Ricollocazioni a rilento, mentre si procede nei rimpatri di Sara Prestianni ufficio Immigrazione Arci

La Commissione Europea ha reso oggi pubblici i dati sulle recenti misure adottate in urgenza per fare fronte a quella che le istituzioni denominano « la crisi dei rifugiati». I dati fanno emergere il risvolto della medaglia della tanto decantata solidarietà europea, a cominciare dalla ricollocazione. Dei 160mila posti su cui sembrava gli Stati Membri avessero trovato un accordo, ad oggi ne sono stati concretamente messi a disposizione poco più di 1400. Tra gli Stati che hanno risposto all’appello europeo - proponendo rispettivamente 300 e 130 posti - spiccano Romania e Malta, due tra le mete che i migranti evitano a causa di un sistema di accoglienza carente ed una possibilità di integrazione quasi inesistente. Si capisce bene perché, nonostante l’enfasi sui primi trasferimenti, l’Italia ha ricollocato in due mesi solo 86 eritrei. Gli altri preferiscono continuare il loro viaggio da soli, come

hanno sempre fatto, per raggiungere altri paesi. Sembra invece che la solidarietà europea sia rivolta piuttosto al «prestito» di ufficiali di polizia di frontiera a Italia e Grecia, 353, quasi la metà di quelli promessi. Si ufficializza la presenza di 6 hotspot sul territorio italiano, per una capienza totale di 2100 posti e con una presenza di 43 poliziotti europei che assicurano l’identificazione dei migranti e la verifica che i dati presi siano inseriti nelle banche

dati europei. Particolarmente preoccupante é il legame fatto tra l’approccio hotspot e quello delle espulsioni. È chiaro quindi che queste strutture serviranno per separare i ‘buoni’ dai ‘cattivi’ migranti, con una logica totalmente arbitraria su chi faccia parte del primo e chi del secondo gruppo. Spicca la capacità dell’Italia nell’organizzare, con l’aiuto dell’Agenzia europea Frontex, voli congiunti di rimpatrio verso la Nigeria. A livello nazionale sono invece più numerosi quelli verso Egitto e Tunisia. E sono proprio questi tre i paesi con cui l’Italia ha firmato accordi di riammissione. L’inquietudine dell’Arci di una moltiplicazione di questi accordi, nell’ambito della trattativa europea che si terrà a La Vallette l’11 novembre prossimo, é giustificata dalla pratica sistematica di espulsione verso paesi che hanno accettato di cedere al ricatto europeo.

La marcia per i nuovi desaparecidos Dal 18 giugno del 2015 la Rete Milano Senza Frontiere organizza la Marcia dei Nuovi Desaparecidos. Negli ultimi due mesi Palermo, Torino, Messina e Roma si sono unite a questa iniziativa. Riprendendo la modalità di protesta delle Madres de Plaza de Mayo, tutti i giovedì uomini e donne, migranti ed autoctoni, si ritrovano in 5 piazze italiane con in mano le fotografie di alcuni dei migranti dispersi, in particolare quelli provenienti dall’Algeria e dalla Tunisia. Da qualche anno i genitori dei migranti dispersi nel Mediterraneo di questi due paesi si sono organizzati per esigere verità e giustizia sulla sorte dei loro cari, sia dalle autorità dei loro paesi che dai governi europei. Le morti e le stragi sono prevedibili, perché mancano canali regolari per arrivare in Europa in sicurezza. Mass media, politici e organizzazioni internazionali parlano di queste vittime come fossero solo numeri, descrivono la tragedia col linguaggio freddo della statistica. Quasi 27mila morti accertati negli ultimi 15 anni, 2.800 nel 2015. In realtà a morire sono molti di più: si calcola che circa il triplo siano gli scomparsi in mare o nel deserto. I morti e i dispersi lasciano dei familiari, dei figli. È necessario sensibilizzare la società

italiana ed europea sulla tragedia che comporta il massacro lungo le frontiere e il dolore che vivono le famiglie per la morte dei propri cari o l’angoscia per l’assenza di notizie. Questa situazione sta creando, nella sponda sud del Mediterraneo, società malate di tristezza: con la morte dei loro giovani il tessuto sociale di interi villaggi si lacera; le famiglie degli scomparsi senza i corpi dei loro cari e quindi il riconoscimento ufficiale della morte, non possono neppure vedere riconosciuti diritti e sostegno dalle istituzioni. Per questa ragione le reti antirazziste e dei migranti di Milano, Palermo, Torino,

Messina e Roma hanno deciso di dare un volto a queste vittime e voce in Europa alla protesta e al dolore dei loro parenti. Non solo i morti e i dispersi in mare devono pesare sulla coscienza dei governi e delle istituzioni europee. Anche con la tragedia dei loro parenti l’Europa deve fare i conti. Facciamo appello a tutte le associazioni, ai sindacati, alle organizzazioni politiche, alle migliaia di volontari che in questi mesi hanno aiutato chi riesce ad attraversare vivo il Mediterraneo a costruire nelle proprie città la Marcia dei Nuovi Desaparecidos. Così come è urgente accogliere i nuovi arrivati, allo stesso modo è necessario rendere visibile chi la traversata non è riuscito a superarla. Vogliamo dare visibilità anche alla lotta dei parenti dei migranti morti e dispersi per avere verità e giustizia e per far comprendere alla società il dolore che vivono. Denunciamo le politiche migratorie dei governi europei, e la complicità degli Stati del Sud del Mondo, che sono causa del genocidio in atto alle frontiere. È loro la responsabilità politica di queste vittime! Chiediamo l’istituzione di canali di ingresso garantito per chi scappa dalle guerre e dalla miseria. milanosenzafrontiere@gmail.com


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informazioneediritti

Il corso di formazione organizzato nell’ambito del progetto PRISM di Carla Scaramella coordinatrice Progetto PRISM

Nell’ambito del progetto Prevenire, reindirizzare e inibire i discorsi d’odio nei nuovi media (PRISM), finanziato dal Programma sui Diritti Fondamentali e la Cittadinanza della Commissione Europa, l’Istituto Interregionale delle Nazioni Unite per la Ricerca sul Crimine e la Giustizia (UNICRI) ha organizzato dal 27 al 29 ottobre 2015 a Roma, presso la sede dell’Istituto di Studi Giuridici Internazionali (ISGI) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), un corso di formazione specialistico sui crimini e discorsi d’odio su base razziale e xenofoba rivolto al personale delle forze dell’ordine, a giuristi e avvocati e agli attori della società civile. Il corso, che ha riscosso un forte interesse vedendo la partecipazione di circa 40 persone, aveva l’obiettivo di fornire al personale delle forze dell’ordine, avvocati, giuristi e operatori del terzo settore, una serie di strumenti innovativi per riconoscere, indagare e contrastare i crimini e i discorsi d’odio,

promuovendo il sostegno e l’assistenza alle vittime nel corso della denuncia e dei procedimenti civili e penali. A questo scopo la formazione in apertura ha messo a fuoco i concetti principali - discriminazione diretta/indiretta, molestia, razzismo, crimini d’odio, discorso d’odio online - per poi soffermarsi sull’inquadramento legale a livello internazionale, europeo e nazionale italiano, esplorando l’efficacia degli strumenti legislativi. È stato oggetto di approfondimento l’aspetto legato al riconoscimento e alla denuncia degli episodi di hate speech

con un focus specifico sull’assistenza alle vittime. Dal nostro punto di vista di promotori del progetto PRISM non possiamo che rallegrarci nel vedere come si sia registrata una partecipazione distribuita piuttosto omogeneamente di soggetti con ruoli professionali diversi che a vario titolo sono accomunati dall’impegno a contrastare i discorsi d’odio, andando nella direzione sostenuta dal progetto, ovvero quella di un approccio al problema che agisca a 360° sui diversi piani in gioco, quello culturale, quello legale e quello penale.

L’anteprima di Left, da sabato in edicola Ignazio Marino è defenestrato e Renzi si riprende Roma. Dopo gli scandali di Mafia Capitale e la telenovela delle dimissioni, il Pd del premier segretario ha bisogno di recuperare consensi e credibilità in vista delle amministrative. La soluzione? Mettere la Capitale nelle mani del prefetto Tronca, uno dei protagonisti del ‘modello Expo’. E fare del Giubileo un nuovo successo mediatico, reso più facile dai nuovi fondi annunciati appena Marino è diventato ex. Da una fiera all’altra, dunque. Nella storia di copertina di questa settimana, Left ha provato ad andare oltre

la ‘meganarrazione’ di Renzi e sodali, raccontando cosa c’è dietro la discesa dei commissari e il nuovo ‘dream team’: bulimia di potere e, come spiega il sociologo Marco Revelli nell’intervista a Left, ricerca di consenso per «giustificare la sua pratica - di Renzi - di decostruzione dell’impianto istituzionale e democratico». Il telefonino come una palla al piede. Left affronta i problemi legati alla reperibilità continua e all’invadenza del lavoro nella vita privata e scopre che anche la legge di stabilità 2016 prevede norme per lo smart work. Non c’è pace nel mondo dello spettacolo, come si vede dalla ‘guerra’ tra la cooperativa Artisti 7607 e il Nuovo Imaie: Left pubblica la seconda puntata di un’inchiesta sui diritti degli artisti e il fiume di denaro ad essi collegato. E ancora: i produttori di vini naturali che lanciano la sfida all’interno mondo enologico con la ricerca di una denominazione a livello europeo.

Negli Esteri apre lo sfoglio l’intervista a Manuela Carmena, sindaco di Madrid. Antifranchista, magistrato e nemica della corruzione, che a Left dichiara: «Occorre combattere le diseguaglianze che non hanno ragione di esistere». E ancora: la Turchia del dopo elezioni che hanno ratificato il dominio di Erdogan nel fotoreportage di Nicola Zolin e l’ultima puntata del nostro viaggio lungo la rotta balcanica dei migranti. In Cultura Left Noo saro-Wiwa, giornalista e scrittrice, figlia dell’attivista non violento nigeriano Ken Saro-Wiwa, ripercorre il viaggio a ritroso, dall’Inghilterra alla Nigeria, terra del padre. E poi, il ritorno al cinema de La tomba delle lucciole dello Studio Ghibli e la sua storia, mentre Giorgio Battistelli, direttore, parla dell’apertura alla musica contemporanea del Teatro dell’Opera di Roma. Per la scienza, Pietro Greco fa il punto sull’allarme “carne rossa” lanciato dall’Oms, tra luci ed ombre.


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Ucca presenta la rassegna itinerante ‘L’Italia che non si vede’ di Roberto Roversi presidente nazionale UCCA

Fino a qualche anno fa la distribuzione su scala nazionale di film italiani da parte di Ucca poteva essere definita la ‘coda lunga’ dei film, mutuando la celebre definizione di Chris Anderson. Intendendosi, in sostanza, che le opere, anche le più fragili, le meno attrezzate per competere sul mercato, avevano comunque un’uscita in sala e Ucca si premurava, dopo qualche mese, di fare il lavoro di profondità, cioè di portare i film nelle aree meno servite dall’esercizio. Ma negli ultimi anni lo scenario è radicalmente cambiato. Abbiamo assistito alla forzata chiusura di centinaia di sale cinematografiche, dovuta sia al crollo dei consumi culturali che agli elevati costi dello switch-off digitale: uno scenario

che paradossalmente rafforza il nostro ruolo associativo e ci grava per il futuro di qualche responsabilità in più, perchè ogni circolo del cinema, soprattutto se situato in una sala polivalente, in una scuola, in un’area dismessa e da riqualificare, è un potenziale spazio per la proiezione di contenuti audiovisivi. La presenza dei nostri cinecircoli disseminati nell’intero territorio nazionale, in provincia così come nei piccoli centri nei quali le sale hanno chiuso o quelle residue proiettano solo mainstream, è una risorsa che può e deve essere sfruttata proprio per ospitare quelle piccole produzioni che prima trovavano spazio altrove tra mille difficoltà, ma oggi non lo trovano affatto. Una responsabilità in più, si diceva, perchè

I film presentati dagli autori ARIANNA di Carlo Lavagna Arianna è un film che viene da lontano, da un inatteso gesto dell’inconscio di un bambino che un giorno sogna di essere donna e da allora si trova a confrontarsi con una domanda fondamentale a cui non aveva pensato: perché ci è data questa identità e non un’altra? CLORO di Lamberto Sanfelice Mi interessano molto le frizioni, perché generano reazioni forti. Cloro parla di sradicamento, di isolamento, tanto che la piscina nasce come luogo di espressione creativa e poi è come se diventi più piccola, in un processo di restringimento intorno alla protagonista. GENITORI di Alberto Fasulo Genitori è un film che ho realizzato per sancire la dignità di ogni genitore in ogni tipo di esperienza, specie quelli con figli disabili. È un film che ho realizzato anche per me stesso, per permettermi di accrescere la mia consapevolezza del ruolo genitoriale, per poterlo vivere con più coscienza possibile. GITANISTAN | Lo Stato immaginario

delle famiglie Rom-Salentine di Pierluigi De Donno e Claudio ‘Cavallo’ Giagnotti Gitanistan non parla di persone emarginate, non racconta storie di persone con abitudini totalmente diverse dai canoni contemporanei tanto da rendere impossibile una serena convivenza. Un

esempio per quei Rom che si ostinano a voler essere marginali, un esempio per quelle persone che vedono nella diversità fonte di guai e destabilizzazione. LA BELLA GENTE di Ivano De Matteo Mi sono sempre chiesto se nella nostra società esistano ancora classi sociali. Apparentemente siamo solamente divisi tra chi ha i soldi e chi non ce li ha, ma ognuno di noi comunica all’altro a che cerchia appartiene e, quasi per caso, passa tutta la vita circondandosi di gente della sua stessa ‘specie’. LEI DISSE Sì di Maria Pecchioli Lei disse sì è nato a seguito dell’annuncio del matrimonio di Ingrid e Lorenza, ho pensato che raccontare la loro vita e il viaggio che hanno intrapreso verso la celebrazione del matrimonio, potesse dare voce alle tante persone che si vedono negate il diritto di costruire una vita insieme e fosse un’opportunità di riflessione per tutti. MEMORIE | In viaggio verso Auschwitz di Danilo Monte Memorie è un film terapeutico, personale. Scaturisce dal rapporto controverso e sofferto tra me e mio fratello e rappresenta una possibilità che mi sono dato per ritrovare un dialogo che manca da anni. NAPOLISLAM di Ernesto Pagano Napolislam non è partito da un’idea politica, per dimostrare che l’integrazione è possibile. Non è che Napoli sia una

il futuro di tanti piccoli film di giovani autori dipende sempre di più anche dal nostro lavoro. Un’altra considerazione: senza voler demonizzare l’attuale, imperante, e per certi versi irreversibile, consumo solipsistico di film e serie televisive via monitor, tablet e smartphone, imposto da una tecnologia sempre più pervasiva, credo sia opportuno ribadire con forza il nostro modello, fatto di condivisione e non di rado di incontri con autori, attori, produttori o distributori. Non tanto per concludere che preferiamo rimanere irrimediabilmente analogici, ma per riaffermare che, senza che intervenga un fattore umano, la visione e la comprensione di un film può rimanere monca o sterile.

città che per forza include, spesso irride e respinge. Però ha la capacità di prendere qualunque oggetto e di osservarlo. Lo studia e poi decide se buttarlo via, se prenderlo in giro, fargli una carezza o un commento di apprezzamento. SHORT SKIN di Duccio Chiarini Lo spunto per il film l’ho avuto leggendo La mia storia disegnata male di Gipi. Quando ho visto il coraggio con cui raccontava fatti che lo avevano toccato direttamente, ho deciso di tirar fuori una vicenda che era successa a me al liceo, ricomponendo quel sentimento di fragilità dell’adolescente che è chiamato a diventare uomo e che subisce anche pressioni per diventare ‘maschio’. VERGINE GIURATA di Laura Bispuri Vergine giurata racconta alcuni aspetti del Kanun, l’antica legge delle montagne albanesi dove, ancora oggi, vige una cultura arcaica, maschilista, basata sull’onore, che non riconosce alle donne alcuna libertà. Un universo remoto, che ho scelto come simbolo di una condizione più generale.


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laparolaaipresidentideicomitati

I presidenti raccontano i loro comitati

Continuiamo a pubblicare, dopo l’Assemblea dei comitati che si è svolta a Roma il 10 e 11 ottobre, gli interventi dei Presidenti dei comitati perchè raccontino la propria esperienza e che cosa si aspettano dalla direzione nazionale. Su questo Arcireport, i contributi di Valeria Patacchiola, presidente Arci Rieti, e Francesco Camuffo, presidente Arci Terni di Valeria Patacchiola presidente Arci Rieti

Non ho potuto partecipare all’Assemblea dei presidenti di comitato del 10 ed 11 ottobre a Roma perché sono una donna, lavoratrice e mamma di due bambini, l’ultimo nato meno di 4 mesi fa. E non credo sia necessario aggiungere altro. Il comitato che attualmente presiedo è stato fondato nel 2001 e da allora è sempre stato un comitato al femminile. Le presidenti che si sono succedute, seppur con stili diversi, hanno cercato di fare dell’Arci una casa comune, una grande famiglia che avesse come primo obiettivo l’inclusione. Attualmente il comitato ha 7 dipendenti a tempo indeterminato, di cui 4 in maternità. Per questo ci siamo da poco trasferiti in una nuova sede, più spaziosa e accogliente, dove creeremo un ‘nido’ interno che permetta alle madri lavoratrici di rientrare al lavoro con i loro piccoli. C’è anche una cucina che ci permette di conciliare tempi di vita e lavoro; 10 i contratti a progetto che a

breve verranno trasformati in contratti a tempo indeterminato; incalcolabili le prestazioni occasionali. Tutto legato a progetti finanziati da enti pubblici. Lavoriamo in carcere e nelle scuole con progetti di alto valore sociale e con elevato contenuto di innovatività; facciamo corsi di italiano per stranieri grazie al contributo di insegnanti volontari che hanno precise competenze per l’insegnamento dell’italiano con metodologia di Lingua seconda (L2), ospitiamo volontari europei (SVE) e siamo anche ente inviante di volontari al’estero; siamo soci di Arci Servizio

Civile; ospitiamo tirocini per Garanzia Giovani; ci occupiamo di agricoltura sociale con il progetto Terrae (potete visionare la pagina facebook TERRAEun orto per l’inclusione sociale); gestiamo un Gruppo di Acquisto Solidale legato al progetto Terrae... e ci occupiamo in senso lato di politiche ambientali ed in senso stretto di ‘decrescita’, promuovendo attività di sensibilizzazione sulle 8 R di Latouche. Tutto questo a fronte di 1000 sole tessere sulla provincia e 13 circoli di cui solamente 1 con somministrazione. Sono forse pochi, ma si tratta di circoli fatti da giovani e da poeti, da volontari e idealisti, da quella parte sana di sinistra che è rimasta in provincia. Avremmo sicuramente bisogno di potenziare la parte ludico-ricreativa del comitato, essere più bravi a coccolare i nostri circoli e, se avessimo giornate di 48 ore, dovremmo dedicarci anche a fare politica in senso tecnico del termine… cosa che ad oggi proprio non ci riesce.

di Francesco Camuffo presidente Arci Terni

L’Arci nel sud dell’Umbria ha da sempre un modello un po’ autonomo rispetto alle regioni dell’Italia Centrale, alle ‘regioni rosse’: molti sono i circoli tradizionali, spesso nati accanto o per volontà delle sezioni del ‘partito’, qualche bocciofila, diverse associazioni tematiche più o meno giovanili, nessuna casa del popolo. L’area ternana è caratterizzata dalle dinamiche industriali e operaiste per cui è conosciuta e riconosciuta all’esterno ma comprende in realtà una serie di sfaccettature sociali, culturali e ambientali che sono assolutamente meno conosciute. In questo contesto l’Arci ha trovato modo nei decenni di sviluppare il proprio progetto associativo assecondando un territorio complesso, come appena ricordato, dando modo al mondo della sinistra di esprimere il mutualismo e il bisogno di tempo libero attraverso, appunto, circoli tradizionali soprattutto nelle aree urbane, gestione di ‘centri civici’ pubblici e bocciofile nelle frazioni e nei territori rurali (soprattutto nel narnese e in parte nell’orvietano). Per lungo tempo due sono stati i Comitati

territoriali, Terni-Narni-Amelia e Orvieto, ma dall’ultimo Congresso è stato costruito un comitato unico a carattere provinciale, purtroppo proprio nel momento dell’abolizione delle province... ma l’elemento che probabilmente caratterizza la nostra associazione in questo territorio, a fronte di un tessuto associativo modesto in termini assoluti ma buono in termini di soci/popolazione, è la grande capacità progettuale che da sempre i comitati hanno espresso da Terni fino ad Orvieto: numerosi festival di musica, teatro, molta attività in carcere, tante esperienze significative per l’infanzia l’adolescenza e i

giovani, la pace e l’ambiente. Dagli ultimi dieci anni sempre di più il tema della multiculturalità e dei progetti per richiedenti asilo ha permeato il lavoro quotidiano e l’impegno politico dell’associazione. Oggi sono sei i progetti SPRAR gestiti in forma consortile, oltre a quelli per l’emergenza sbarchi gestiti in maniera autonoma. Queste attività sono diventate la spina dorsale dell’associazione, cercando però una connessione permanente con il senso del nostro tessuto storico. In buona sostanza la sfida del comitato è, in estrema sintesi, capire se è possibile passare da un modello politico associativo di case del popolo ad uno nuovo che traguardi ‘case dei popoli’, avendo come orizzonte di senso la relazione nuova tra culture. In questo, tutto il tessuto dirigente e circolistico vive un grandissimo senso di appartenenza e orgoglio associativo e un po’ di frustrazione per le difficoltà che negli ultimi anni si scontano nel sentirsi parte di una ‘rete nazionale permanente’. Forse l’Assemblea dei Presidenti può essere un percorso utile a questo salto di qualità.


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Il cuore dentro alle scarpe Uomini di calcio: le loro storie, la loro magia. Il Festival di Casseta Popular Nel 2013 il circolo Arci Casseta Popular ebbe l’idea di realizzare un piccolo Festival per parlare di calcio, liberandolo dall’urgenza della pura cronaca sportiva. Il calcio non è cronaca, è racconto, il titolo. Quindi niente risultati o commenti tecnici, ma il calcio come strumento per parlare di persone e raccontare, attraverso loro, epoche, luoghi, sentimenti. Nella terza edizione, che prenderà il via il 13 e durerà sino al 28 novembre, gli appuntamenti in programma sono cinque. Si è deciso di allargare il campo di osservazione: non più o non solo le storie dei singoli, ma la Storia, nel suo complesso. La Storia che irrompe nei fatti del calcio, che è specchio di ciò che succede. E spesso spiega le cose meglio di altro. L’intreccio tra calcio e politica è il comune denominatore di quest’anno. Viste dai campi di pallone e dagli spalti, verrà raccontata la storia della guerra in Jugoslavia, la storia di Hillsborough e di come siamo finiti dalle curve dritti seduti sui divani, la storia dell’Heysel e le storie del calcio militante, così come lo vivono in Irlanda del Nord, nei Paesi Baschi e in Germania. Questo il programma. Venerdì 13 novembre ore 21.30: La Jugoslavia più forte di sempre. Quando la guerra ruba la storia. Le guerre di indipendenza degli anni ’90 hanno privato il calcio di un pezzo della sua storia. Sarà un viaggio alla scoperta della nazionale jugoslava e di quegli uomini a cavallo tra sport e politica per capire cosa ci siamo persi. Sabato 14 novembre ore 21.30: 96 bugie per una Premier League. Il disa-

stro di Hillsborough equivoco alla base del calcio moderno. Ha senso oggi dire che si ‘tifa per una squadra’, esattamente come si diceva 25 anni fa? Un’analisi del percorso che ci ha condotti al di fuori degli anni ‘90, dal calcio che fu al calcio moderno. Proveremo a capire come siamo arrivati a questo calcio, sempre più legato agli introiti delle televisioni, e partiremo nel farlo dalla madre di tutte le bugie: le 96 vittime di Hillsborough, il disastro che segnò l’occasione per rendere gli stadi sempre meno luogo del tifo e sempre più esperienza di pochi, indirizzando la politica che governa il calcio verso il dominio televisivo. Capiremo perché, alla base di una trasformazione epocale, ci fossero Margareth Tatcher e una bugia durata 25 anni. Giovedì 26 novembre ore 21.30: incontro con lo scrittore e giornalista Gian Luca Favetto in compagnia di Beppe Quaglia e Leandro Agostini. Presentazione del libro Il giorno perduto. Racconto di un viaggio all’Heysel. La storia di un viaggio verso Bruxelles compiuto da due parti dell’Europa, la Valchiusella nel Torinese e Liverpool, in Inghilterra, da quattro ragazzi tifosi. Venerdì 27 novembre, ore 21.30: Pareggia o Raddoppia? Il grande quiz del calcio. Sabato 28 novembre, ore 21.30: Un calcio al fascismo – Storie di calcio militante tra Amburgo, Derry e Bilbao. Tutti gli appuntamenti sono ad ingresso libero riservato ai soci Arci. www.cassetapopular.it

Notizie brevi TORINO Da un’idea del Coordina-

mento Donne Anpi nasce l’appuntamento Noi, compagne di combattimento, in programma al Teatro Carignano il 14 novembre dalle 9.30 alle 17. Nel 70° anniversario della Liberazione, l’Anpi intende riportare alla luce i Gruppi di Difesa della Donna e per l’assistenza ai volontari della libertà (GDD), un’organizzazione femminile che fra il ’43 e il ’45 svolse un’attività fondamentale per la Resistenza. Interviene la presidente nazionale Arci Francesca Chiavacci. www.arcipiemonte.it/torino

CATANIA L’8 novembre alle 20 al circolo Arci Casa Pertini di Trecastagni

ci sarà il primo appuntamento con Ladri di fuoco, rassegna dedicata ai poeti e alle loro opere. Apre la rassegna il poeta Sebastiano Patanè-Ferro con l’opera Il pescatore di fiori. Introduce la serata, e l’intera rassegna, il poeta Salvatore Solarino. Segue cena sociale. casapertini@gmail.com

LECCO Al circolo La Lo.Co. domenica 8 novembre un interessante incontro sulle delicate tematiche del cyberbullismo e cybercrime a cura dell’avvocato Stefania Crema, per fornire strumenti di conoscenza e gestione dei due fenomeni che riguardano i più giovani. www.arcilecco.it

daiterritori

A Firenze per i diritti All’Exfila di Firenze un fine settimana per i diritti e contro l’omofobia, organizzato da Arci Firenze, Indie Pride, Florence Queer Festival, Azione Gay e Lesbica e Novaradio. Sabato 7 novembre, il Florence Queer Concert, che alle 21 vedrà salire sul palco la presidente nazionale di Arci, Francesca Chiavacci,RobertaVannucci,presidentedi Arci Lesbica nazionale e direttrice artistica del Florence Queer Festival e Antonia Peressoni di Indie Pride. Alle 21.30 spazio alla musica, con i live di Mandrake, Andrea Chimenti, Alia, Femina Ridens e Cosimo Morleo e, a seguire, il dj set di McNill. Domenica 8, alle 17, lo spettacolo L’importanza di lavarsi presto, monologo ironico e amaro di e con Mikaela Cappucci. Con l’occasione Arci Firenze lancia una campagna fotografica a sostegno della campagna nazionale #LoStessoSì, che coinvolgerà i fotografi Fulvio Petri, Fulvio Bennati e Angelica Braccini, i cui scatti saranno consegnati alla Presidenza del Consiglio per sollecitare l’approvazione del ddl Cirinnà. I tre fotografi ritrarranno quelle coppie che, spiega il presidente di Arci Firenze, Jacopo Forconi, «vogliono metterci la faccia e far sentire la propria voce a un Parlamento e a un Governo sordi di fronte alla legittima rivendicazione di diritti fondamentali da parte di una grande fetta di cittadine e cittadini che oggi non si sentono riconosciuti dallo Stato in cui vivono, lavorano e in cui vorrebbero poter costruire la propria famiglia. Riteniamo doveroso dare visibilità al tema del riconoscimento dei diritti in un momento come questo, e lo facciamo con il linguaggio che più di ogni altro è nelle nostre corde: quello artistico, in cui si fondono musica, spettacolo, divertimento e impegno». Ci sarà tempo fino al 15 novembre per inviare all’indirizzo firenze@arci.it la propria foto con il logo della campagna #LoStessoSì. Sull’iniziativa di Arci Firenze è intervenuta anche Maria Chiara Panesi, coordinatrice Arci nazionale Laicità e diritti civili: «Iniziative come questa hanno un’importanza strategica: riescono a parlare alla gente, a sensibilizzare con ironia e arguzia su un tema ancora oggi affrontato in maniera strumentale come pedina da sacrificare per qualche voto. Io credo, però, che questo Paese e i suoi cittadini siano molto più avanti dei politici che lo rappresentano. Per questo ci auguriamo che partecipino in tanti, per rivendicare uguaglianza e diritti per tutti i cittadini». www.arcifirenze.it


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azionisolidali le notizie di arcs

a cura di Francesco Verdolino

Proposta di lavoro

Arcs seleziona un/a capo progetto da inserire nell’ambito dell’iniziativa TerRe: dai territori al reddito, percorsi di empowerment per le donne e i giovani di Tataouine. Arcs è impegnata nella valorizzazione dei prodotti del territorio e del patrimonio culturale, al fine di creare attività generatrici di reddito per l’empowerment di donne e giovani disoccupati nel governatorato di Tataouine in Tunisia. Le tematiche dell’imprenditoria femminile e giovanile in ambito agricolo e del turismo responsabile sono cruciali per contribuire allo sviluppo endogeno e sostenibile e combattere l’instabilità sociale. Il Governatorato di Tataouine è caratterizzato dal più alto tasso di disoccupazione del paese, il 51,7%, e da un elevato abbandono della terra, con conseguente perdita di saperi ancestrali. Le mansioni previste per il capo progetto sono: coordinamento e gestione delle attività del progetto, in stretta collaborazione con il personale locale; selezione e gestione delle relazioni con i fornitori; gestione delle risorse finanziarie e amministrazione del progetto; definizione dettagliata del piano di lavoro del progetto; coordinamento e mantenimento delle relazione con gli stakeholders locali; redazione nei tempi stabiliti dei rapporti narrativi e finanziari così come richiesto dall’ente finanziatore; organizzazione delle missioni tecniche previste e accompagnamento delle stesse; partecipazione e appoggio nello sviluppo della strategia paese; partecipazione ad incontri con potenziali partners e donatori in Tunisia. Il progetto partirà a gennaio/febbraio 2016 e avrà una durata di tre anni. La candidatura va presentata entro il 22 novembre, inviando il proprio CV e una lettera motivazionale a: arcs@ arci.it e a federica.damico@arci.it indicando in oggetto ‘Candidatura Capo Progetto MAECI Tunisia_Nome Cognome’. I candidati preselezionati verranno invitati a sostenere un colloquio presso la sede di Arcs a Roma tra novembre e dicembre 2015. Su www.arcsculturesolidali.org tutti i requisiti richiesti. www.arsculturesolidali.org

società

Il futuro è sociale, diamo forza al welfare

La campagna del Forum del Terzo settore di Maurizio Mumolo Reti di Terzo settore e fondazioni

Il 3 novembre si è tenuto a Roma l’incontro di avvio della campagna nazionale Il futuro è sociale, diamo forza al welfare promossa dal Forum del Terzo settore. La condizione sociale del nostro paese continua ad essere molto grave. Quasi il 7% della popolazione si trova in povertà assoluta. Il divario nord-sud si sta ulteriormente accentuando. La vastità dei nuovi fenomeni migratori ha superato la dimensione dell’emergenza. È in discussione in Parlamento la nuova legge di stabilità, il Forum chiede che finalmente venga invertita la rotta ai tagli della spesa sociale e che il welfare diventi una priorità dell’azione di governo. In una situazione di grave crisi le politiche di welfare non sono solo strumenti di contrasto al disagio ma sono interventi di giustizia sociale. Ed è ormai a tutti noto che investire nel welfare significa investire nello sviluppo delle comunità; non solo nello sviluppo sociale ma anche nello sviluppo economico. Infatti, nei paesi dove c’è più welfare, c’è più crescita e sviluppo. Il Forum chiede al Governo un aumento di stanziamenti per il welfare pari allo 0,9% del Pil (ca. 15 miliardi €). Un obiettivo da raggiungere in alcuni anni e da vincolare ad interventi strutturali, e non emergenziali, su alcune priorità: la lotta alla povertà assoluta attraverso una misura attiva quale il REIS (Reddito di inclusione sociale); l’infanzia e l’adolescenza; la disabilità e la non-autosufficienza, vincolando la sanità all’integrazione sociosanitaria; l’immigrazione: asilo, integrazione, cittadinanza; le famiglie. Su questi temi il Forum propone alle forse sociali, al sindacato innanzi tutto, e alle istituzioni locali di costituire un’alleanza, un patto di azione. È una questione che riguarda tutti, dal sud al nord, perché uno dei problemi che abbiamo è la frammentazione dei piani sociali regionali che hanno acuito le diseguaglianze invece di ridurle. Ed è inaccettabile che il Fondo delle Politiche Sociali nazionale venga finanziato a scapito dei trasferimenti a Comuni e Regioni. L’unico modo per rispettare veramente le leggi e non sprecare i soldi è definire e rendere esigibili i livelli essenziali delle prestazioni sociali. Bisogna dare obiettivi a ogni servizio, adottando adeguati strumenti di verifica, monitoraggio, controllo. Il welfare è uno dei settori di potenziale maggiore crescita occupazionale. Sostenere le famiglie nel ricorso al lavoro di cura o educativo porta all’emersione di tanto lavoro irregolare.

Il volontariato, l’associazionismo e l’imprenditorialità sociale non possono essere più dei semplici fornitori di servizi al costo più basso possibile ma devono avere un ruolo di partner attivi delle politiche pubbliche, così come avviene nelle migliori esperienze europee e come è previsto dall’inapplicata l. 328/2000. Partecipazione, trasparenza ed eticità sono la vera lotta contro ogni forma di spreco, di speculazione, di corruzione, di clientelismo. L’impegno alla trasparenza riguarda tutti gli attori coinvolti, dal Terzo settore alle pubbliche amministrazioni. All’incontro romano hanno partecipato rappresentanti di Governo e parlamento, forze sindacali e numerose organizzazioni di terzo settore, ora l’intento è di costruire la mobilitazione nel territorio.

arcireport n. 38 | 5 novembre 2015 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 18 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/


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