Arcireport n 39 2015

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arcireport

settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 39 | 12 novembre 2015 | www.arci.it | report@arci.it

In cammino verso la giustizia ambientale di Filippo Sestito coordinatore nazionale Arci Ambiente, difesa del territorio, beni comuni

Tra qualche giorno Parigi ospiterà la COP21, la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, che si svolgerà dal 30 novembre all’11 dicembre. L’obiettivo dei governi è raggiungere un accordo vincolante per limitare il riscaldamento climatico globale sotto i 2°C. I potenti del mondo continuano a ripetere come un mantra che sono in gioco le condizioni di esistenza di tutta l’umanità e che il rischio del fallimento della Conferenza di Parigi è dietro l’angolo. Così come, del resto, le misure concrete per ridurre le emissioni di gas serra e la dipendenza dai combustibili fossili e dal nucleare, che ancor oggi godono di 5 volte i sussidi pubblici rispetto alle energie rinnovabili e all’efficienza energetica. Infatti, nel 2013 Gran Bretagna, Germania, Italia, Giappone e Francia hanno bruciato il 13% di carbone in più rispetto al 2009. Anzi, la Spagna di Rajoy mette una tassa sull’energia solare evidenziando come ci sia una vera e propria volontà politica di non far decollare le rinnovabili. Il governo Renzi autorizza le trivellazioni nel mare abruzzese contro la volontà di un’intera comunità. Ennesimo atto di

arroganza del governo, che si presenterà alla conferenza di Parigi portando in dote questo regalo fatto alle multinazionali del petrolio, a cui si aggiungono i continui colpi inferti alle rinnovabili. Hollande sospende Schengen, dal 13 novembre al 13 dicembre, evocando la «minaccia di disordini». Nelle dichiarazioni ufficiali si sottolinea come le azioni dal basso siano essenziali, ma in realtà si fa poco o nulla per facilitare la partecipazione di migliaia di attivisti che non ricevono alcun sostegno, né per i visti né per gli alloggi collettivi. Il governo francese ha infatti scelto di dare soltanto 150mila euro alla Coalizione Clima, a fronte dei 2,2 milioni di euro del governo danese nel 2009. Se si superassero i 2°C di aumento della temperatura il livello del mare aumenterebbe di 5 metri entro il 2065, con un aumento di 4°C sarebbero a rischio i paesi del Mediterraneo, Nord Africa, Medio Oriente e America Latina. Se a questo aggiungiamo altre variabili quali il consumo di suolo, la carenza di risorse idriche, la cementificazione dei territori, le pratiche di land grabbing, le

conseguenze sulla parte più indifesa delle popolazioni potrebbero essere enormi, tanto da provocare una vera e propria crisi umanitaria. Centinaia di milioni di profughi in prospettiva. Diventa, dunque, fondamentale operare una forte pressione popolare sui governi che a Parigi avranno la responsabilità di decidere del nostro futuro ed è per questo che il 29 novembre è stata indetta una marcia mondiale per il clima. In tante capitali del mondo i movimenti e la società civile scenderanno in piazza per far sentire la voce dei popoli, per ridurre il riscaldamento climatico sotto l’1,5°C, per un modello alternativo al neoliberismo, per la difesa dei beni comuni, dell’aria, della terra, dell’acqua e della salute dei cittadini. È giunto il momento di contribuire, ognuno per la propria parte, alla ricostituzione di un movimento capace di coniugare le battaglie globali sul clima e le azioni a difesa del territorio. Il 29 novembre i movimenti e le associazioni italiane scenderanno in piazza a Roma, facciamo sì che questa giornata segni l’inizio di un nuovo protagonismo della società civile italiana!


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ambiente

“Si sono violati i diritti fondamentali degli abitanti e delle comunità locali” di Livio Pepino presidente Controsservatorio Valsusa

Scrivo di ritorno dai funerali di Luciano Gallino e mi torna alla mente il messaggio da lui inviato alla vigilia della sessione del Tribunale permanente dei popoli che si è conclusa l’8 novembre scorso, dedicata a Diritti fondamentali, TAV e grandi opere. Si legge in quel messaggio: «La realizzazione della TAV in Val di Susa che si vuol condurre a termine a costo di usare la forza, ad onta degli infiniti dati che comprovano la vecchiezza del progetto, la inutilità, i costi assurdi a fronte dei miliardi che ci vorrebbero per rimediare al dissesto idrogeologico, ecc. sono uno dei maggiori casi delle violazione dei diritti economici, sociali, civili, culturali che gli Stati membri dell’Unione ledono da decenni, calpestando una dozzina almeno di leggi fondamentali della stessa Unione europea. Attendiamo con ansia una inversione di tendenza della giurisprudenza e della legislazione comunitaria». La sessione del Tribunale permanente dei popoli (autorevole organismo internazionale di opinione, erede del Tribunale Russel) è stata un passo importante nella direzione auspicata da Gallino. Dopo tre giorni di lavori intensi in cui sono state ascoltate decine di testimonianze e consulenze (estese anche ad altri grandi opere europee) il Tribu-

nale ha emesso un verdetto univoco: in questi anni - si legge nella sentenza - «si sono violati i diritti fondamentali degli abitanti e delle comunità locali. Da una parte, quelli di natura procedurale, come i diritti relativi alla piena informazione sugli obiettivi, le caratteristiche, le conseguenze del progetto della nuova linea ferroviaria tra Torino e Lione (conosciuto come TAV), previsto inizialmente nell’Accordo bilaterale tra Francia e Italia del 29 gennaio 2001; di partecipare, direttamente e attraverso i suoi rappresentanti istituzionali, nei processi decisionali relativi alla convenienza ed eventualmente, al disegno e alla costruzione del TAV; di avere accesso a vie giudiziarie efficaci per esigere i diritti sopra menzionati. Dall’altra parte si sono violati diritti fondamentali civili e politici come la libertà di opinione, espressione, manifestazione e circolazione, come conseguenze delle strategie di criminalizzazione della protesta». E ciò non è stato occasionale ma espressione di un metodo autoritario di governo delle società che si sta sempre più affermando nel cuore dell’Europa, con logiche di carattere neocoloniale. Non è affermazione da poco. Ma c’è di più. Il Tribunale ha concluso - come è sua abitudine - con delle

raccomandazioni rivolte ai governi e alle realtà interessate. Tre quelle fondamentali: riaprire un tavolo di confronto reale con le popolazioni (che abbia per oggetto tutte le ipotesi sul tappeto, anche quella della cosiddetta ‘opzione 0’, cioè dell’abbandono dell’opera in considerazione della sufficienza e idoneità della linea storica, oggi utilizzata solo al 20% delle sue potenzialità); sospendere, in attesa dell’esito del confronto, i lavori per il tunnel geognostico della Maddalena di Chiomonte; ripristinare l’agibilità del territorio, ponendo fine in particolare all’impiego dell’esercito in funzione di controllo. La sentenza, dato il carattere di opinione del Tribunale, non è suscettibile di esecuzione, ma rappresenta un punto fermo importante in vista del seguito della opposizione al TAV e per aprire gli occhi a una opinione pubblica bersagliata da informazioni interessatamente distorte. Se ci fossero dei dubbi, basterebbe a fugarli l’atteggiamento dei promotori dell’opera che (seppur invitati) non si sono presentati davanti al Tribunale e la reazione scomposta e sopra le righe alla sentenza anche di soggetti da cui ci si aspetterebbe, in considerazione del passato ruolo istituzionale, rigore e distacco.

No Triv verso il referendum di Lino Salvatorelli Commissione Ambiente e difesa del territorio Arci

Mancano ancora un paio di passaggi formali prima che possa esserci la certezza che l’anno prossimo, in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 maggio, i cittadini italiani saranno chiamati a decidere sulla libertà di trivellazione introdotta dal governo Monti nel 2012 e poi rilanciata dal governo Renzi. A chiedere di cancellare parti del cosiddetto ‘decreto legge sviluppo’ e del più recente ‘sblocca Italia’ del settembre 2014 sono state dieci regioni italiane, con una sequenza senza precedenti di deliberazioni da parte dei consigli regionali. La cassazione si pronuncerà definitivamente entro la fine di questo mese, l’ultimo via libera può arrivare tra fine gennaio e inizio febbraio da parte della Corte Costituzionale. Ci si auspica che i sei quesiti diventino

i referendum di tutti, di tutte le regioni, dei cittadini e delle grandi associazioni. Non sono molti i precedenti di referendum richiesti dalle regioni, da quando la legge del 1970 ha attuato l’articolo 75 della Costituzione, e l’unico fortunato è quello del 1993 per l’abrogazione dei ministeri dell’agricoltura, turismo e partecipazioni statali - ma il successo è stato oscurato dalla vittoria del referendum elettorale nonché tradito dalle leggi successive. Anche allora a chiedere il referendum erano state dieci regioni, quasi tutte del Nord (le dieci di oggi sono invece in prevalenza meridionali). Prima e dopo di allora le richieste di referendum da parte delle regioni sono stati fermate dalla Corte costituzionale (leggi sull’invalidità nel 1990, riordino

dei tribunali nel 2013 e di nuovo a gennaio di quest’anno) oppure i quesiti sono stati in parte fermati dalla Consulta e poi bocciati dagli elettori (i referendum ‘federalisti’ proposti dalle regioni di centrodestra nel 96). Servirà ragionare su una campagna nazionale per coinvolgere le regioni che non hanno fatto in tempo a votare la richiesta di referendum, così come sarà necessario individuare uno slogan e un simbolo unico per tutta la campagna, sicuramente l’Arci vista la sua presenza capillare sul territorio, potrà aiutare a fare si che questo importantissimo referendum diventi il referendum di tutti, e che sia il punto di partenza per una strategia energetica nazionale che tenga conto dei cambiamenti climatici diversa da quella proposta dal Governo Renzi.


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migranti

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L’UE costringe i suoi vicini a farsi carico della sua politica di non accoglienza Summit euro-africano de La Valletta A solo qualche settimana dall’ondata di emozione suscitata dalla foto del cadavere del piccolo Aylan Kurdi, le maschere sono cadute. Dai summit ministeriali straordinari, ai piani d’azione e altri testi della Commissione, l’UE ha riaffermato le sue priorità in materia di controllo delle frontiere, sub-appalto della gestione migratoria ai paesi limitrofi e dissuasione delle migrazioni: - con gli hotspots la detenzione degli stranieri si generalizza, anche per i richiedenti asilo. Gli Stati europei sarebbero pronti ad accogliere una (piccola) parte dei richiedenti asilo, ma a condizione che le garanzie procedurali siano messe da parte. Gli hotspots sono finalizzati a rafforzare il ‘tasso di rimpatrio’ dei profughi considerati non degni del ricollocamento; - la volontà di subappaltare il controllo delle frontiere, ma anche l’accoglienza dei richiedenti asilo, agli Stati vicini dell’UE è riaffermata. Hollande ha dichiarato «è in Turchia che i rifugiati devono, per quanto possibile, essere accolti». Stessa linea per la Commissione e la maggioranza degli

Stati membri, malgrado siano oltre due milioni i siriani già rifugiati in quel paese; - si è aperta una nuova tappa della militarizzazione dei controlli migratori. In nome della lotta contro gli scafisti si sconfina in una vera e propria guerra ai migranti. Le navi militari dell’operazione EUNavforMed possono effettuare ispezioni in alto mare e se l’ONU darà il suo assenso queste intercettazioni potranno essere condotte nelle acque territoriali libiche. Con il rafforzamento dell’agenzia Frontex, l’UE si organizza per rendere il suo territorio inaccessibile e vorrebbe completare le misure di chiusura con il rimpatrio forzato di tutti coloro che riescono a raggiungere la Grecia o l’Italia. Per raggiungere questi obiettivi, gli Stati membri e l’UE sono pronti ad ogni compromesso: le operazioni militari di francesi e belgi nel Sahel usate per interrompere le rotte migratorie, il progetto di apertura di campi in Niger, i sussidi concessi agli stessi regimi repressivi da cui fuggono i richiedenti asilo perchè mettano in sicurezza le loro frontiere...

Tali contrattazioni, ed in particolare la questione degli accordi di riammissione, saranno al centro del Summit euroafricano a La Valletta. Per far accettare la rinuncia ad applicare le convenzioni internazionali di tutela dei diritti umani, le autorità europee continueranno a ricorrere alla politica del terrore: gli equilibri nazionali ed europei sarebbero messi in pericolo dal «più grande afflusso migratorio dalla fine della seconda guerra mondiale». In realtà, l’UE non è più una terra d’asilo. Lo dimostra il fatto che la Turchia accoglie almeno quattro volte più rifugiati dell’insieme dei 28 Stati membri. Per arrivare ad un tale risultato, l’Europa applica di fatto un ‘delitto di emigrazione’ contrario a tutti i testi internazionali, in particolare all’articolo 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948. La non accoglienza, il diniego dei diritti fondamentali, le contrattazioni più ciniche, sono questi i valori che l’UE ha portato al tavolo dei negoziati a La Valletta l’11 e il 12 novembre.

Al Techfugees Italiano, presentata la RefAid App Si è svolto il 5 e 6 novembre l’appuntamento italiano di TechFugees. L’iniziativa fa parte di una serie di eventi internazionali lanciati da Mike Butcher, editor della rivista online TechCrunch, e supportati dalla mobilitazione di ricercatori attivi nel settore delle nuove tecnologie, organizzazioni umanitarie e attivisti per i diritti umani. L’evento è stato pensato come un momento di conoscenza e interazione tra il mondo della tecnologia e quello della protezione dei migranti. La formula utilizzata è quella dell’hackathon, maratona creativa nella quale sviluppatori, grafici ed esperti di marketing condividono idee e strumenti per arrivare a soluzioni innovative e smart per un determinato obiettivo. Nello specifico le applicazioni sviluppate nel corso della Hackathon di Techfugees si rivolgono ai protagonisti delle ondate migratorie verso il nostro continente, oltre che ai vari Enti e organizzazioni non governative che offrono servizi di supporto. Una tra le novità che caratterizzano questi nuovi flussi è

l’utilizzo frequente delle nuove tecnologie da parte dei migranti in viaggio. Durante la prima maratona londinese di Techfugees è stata presentata la RefAid App, creata da Shelly Taylor di Trelliz e sviluppata in team con Francesca Romana Zotta (EuGen) e alcuni giovani rifugiati siriani. L’applicazione si propone di essere una bussola per i profughi che, sia durante il viaggio che all’arrivo in Europa, incontrano spesso un vuoto strutturale e legislativo, oltre che politiche repressive. L’App lanciata a Roncade sarà scaricabile online nel giro di poche settimane. È uno strumento di geo-localizzazione che consente una mappatura online dei servizi primari messi a disposizione dei profughi nei paesi europei. Grazie a RefAid App sarà quindi più facile per i migranti essere al corrente dei servizi più vicini alla loro posizione. L’applicazione tende ad offrire assistenza a chiunque ne abbia bisogno, con un carattere fortemente solidale e aperto. Uno strumento quindi, che si rivelerà preziosissimo tanto per i beneficiari dei servizi quanto per chi

eroga i servizi stessi. Alla presentazione c’era anche l’Arci, che vedrà tutti i suoi sportelli di assistenza ai migranti segnalati nell’applicazione. Secondo Walter Massa, responsabile nazionale Arci Immigrazione «RefAid ha la potenzialità di raggiungere anche coloro che rischiano di disperdersi nel territorio senza usufruire di un’adeguata tutela. Si tratta di un target particolarmente caro all’Arci che grazie alle sue strutture territoriali garantisce servizi di orientamento, tutela socio-legale e mediazione».

Il sito È online www.integrationarci.it, il sito dedicato al lavoro dell’Arci sull’immigrazione: sarà di servizio ai comitati, ai circoli e ai soci ma anche uno strumento in cui trovare news, eventi, informazioni e notizie utili al nostro impegno antirazzista e di accoglienza.


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solidarietàinternazionale

Banca Etica e Federcasse in Palestina Missione per il programma ‘Start up Palestine’ Una delegazione di Banca popolare Etica e di Federcasse (la Federazione italiana delle Banche di Credito Cooperativo italiane) ha partecipato a Ramallah, in Palestina, all’incontro Un anno di Start Up Palestine: risultati raggiunti e prospettive future organizzato dal Consolato Generale d’Italia a Gerusalemme e dall’Unità Italiana della Cooperazione allo Sviluppo. L’obiettivo dell’incontro è stato quello di fare il punto sul contributo offerto dall’Italia alla creazione di opportunità di impiego e di crescita economica sostenibile per i gruppi più marginalizzati in Palestina. Banca Etica e Federcasse sono partner del programma Start Up Palestine dell’Unità tecnica locale della cooperazione italiana a Gerusalemme: un programma che intende contribuire a ridurre i livelli di disoccupazione, a sostenere la generazione di reddito, con particolare attenzione al lavoro giovanile e femminile, e a promuovere la nascita di banche di territorio e reti di micro imprese in Palestina. Il progetto prevede l’erogazione di finanziamenti agevolati per 20 milioni

di euro nell’arco di 3 anni. La delegazione di Banca Etica, guidata dal presidente Ugo Biggeri, ha illustrato la propria esperienza quasi decennale nel sostegno ad alcune organizzazioni di micro finanza in Palestina specializzate nello sviluppo delle aree rurali. Nel 2009 ha finanziato con 120mila dollari l’organizzazione palestinese Reef-Finance che lavora per garantire l’accesso a servizi di micro finanza nelle aree rurali della Palestina consentendo così lo sviluppo di imprese agricole cooperative. Nei giorni scorsi è stato già garantito un primo prestito di 1 milione di dollari a favore di Acad-Finance, una delle principali realtà di micro finanza palestinesi. Federcasse, per mezzo del direttore generale Sergio Gatti, ha presentato

Il Mediterraneo della Pace non è ancora NATO di Carla Cocilova Internazionali Arci Toscana

Si terrà sabato 21 novembre 2015, dalle ore 17 alle 20 a Firenze, un’importante iniziativa dal titolo Il Mediterraneo della Pace non è ancora NATO. La visione alternativa dell’associazionismo, per contestare il Gruppo speciale Mediterraneo e Medio Oriente dell’Assemblea parlamentare della Nato che si riunirà a Palazzo Vecchio. L’assemblea parlamentare NATO è un organismo indipendente, ma di fatto ancellare alla NATO stessa che vede i parlamentari dei diversi gruppi discutere i temi proposti. L’iniziativa proposta invece da Arci, Cospe, Un ponte per..., Rete per la pace e Rete disarmo, vuole porre l’attenzione su una visione che escluda la militarizzazione come unica soluzione e che ponga invece l’attenzione su una visione alternativa per la sicurezza del Mediterraneo, in cui il pericolo reale viene dal traffico di armi e dagli abusi su sfollati e migranti. L’evento è promosso da Arci, UPP, Cospe, Rete per la pace e Rete Disarmo.

uno studio di fattibilità congiunto con la Palestine Monetary Authority finalizzato a introdurre modifiche alla legge bancaria locale. Il contributo richiesto al Credito cooperativo italiano è quello di supportare sotto un profilo tecnico le autorità palestinesi al fine di far evolvere il quadro regolamentare in modo tale da favorire la nascita e lo sviluppo di banche ‘specializzate’ e di loro associazioni, per dare impulso a reti di micro e piccole imprese (soprattutto femminili e giovanili) e promuovere forme di sviluppo partecipato, basato su criteri di democrazia economica ed efficienza aziendale. «Siamo convinti che la micro finanza possa essere un efficace strumento di inserimento sociale e lavorativo, anche in contesti difficili come quello palestinese. Continuiamo il nostro impegno per assicurare accesso al credito alle piccole imprese cooperative palestinesi che danno lavoro a giovani e donne, perché la pace si costruisce anche garantendo opportunità economiche alle persone» ha detto Ugo Biggeri presidente di Banca Etica. «L’impegno del Credito cooperativo italiano - ha sottolineato Sergio Gatti - volto a favorire la diffusione dei principi e dei valori della cooperazione di credito nell’ambito della cooperazione internazionale, può contare su un know how sperimentato che, nel tempo, ha visto tra gli altri il successo del progetto Microfinanza Campesina in Ecuador. Attraverso questo impegno le Banche di Credito cooperativo italiane intendono tenere viva quella formula ‘controcorrente’ che mette al centro la persona umana, la dimensione territoriale, la sussidiarietà, la democrazia partecipativa».


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legalitàdemocratica

Approvato alla Camera il nuovo Codice Antimafia di Davide Vecchiato coordinatore nazionale Arci Antimafia sociale e Legalità democratica

Dopo due anni di discussioni, confronti, audizioni il nuovo Codice Antimafia legge 1138 è passato alla Camera dei Deputati. Si tratta di una corposa riforma del DL 159 del 2011, il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, che conferisce maggior rigore ed efficacia alle norme relative al sequestro e alla confisca dei patrimoni mafiosi, con l’obbiettivo di superare le attuali criticità e garantire una gestione dei beni improntata a criteri di efficienza ed economicità. Ma veniamo ai fatti, pochi dati bastano a fotografare la gravissima dimensione del problema: si stima che l’economia criminale valga il 7% del Pil nazionale, 137 miliardi di volume di affari e oltre 100 miliardi di utili. Sommata all’economia sommersa raggiunge i 200 miliardi, il 12% del Pil. Questa proposta di legge di iniziativa popolare è stata sostenuta da un vasto schieramento di associazioni, tra cui Arci, Cgil, Libera, Avviso Pubblico, Acli e Legacoop, Centro Studi Pio La Torre, Sos Impresa che, dopo aver raccolto le firme necessarie, il 3 giugno 2013 hanno consegnato il testo alla Presidente della Camera Laura Boldrini. Come aveva felicemente

intuito Pio La Torre, storico sindacalista e poi deputato del PCI ucciso dalla mafia nel 1982, le mafie vanno sfidate anzitutto sul terreno economico e sociale sul quale costruiscono il loro potere e il consenso su cui contano, con azioni concrete di ‘bonifica’ delle economie locali. In questo senso, la confisca e l’utilizzo sociale dei beni sequestrati alle mafie, previsti dalla legge 109/96, si sono rivelati uno strumento di straordinaria efficacia nella lotta alla criminalità organizzata. Anzitutto perché colpiscono le mafie in ciò che hanno più a cuore: gli interessi economici, il patrimonio. Confiscare quelle loro ricchezze e restituirle alla collettività è lo schiaffo più pesante che si possa dare ai mafiosi. Ma l’esperienza di quasi vent’anni di attuazione della medesima legge evidenzia anche limiti, ritardi e lentezze burocratiche che spesso rischiano di inficiarne l’efficacia. Il problema è ancor più evidente quando il sequestro e la confisca riguardano attività imprenditoriali che danno lavoro a decine di cittadini onesti e incolpevoli. Spesso queste aziende, tanto nella fase giudiziaria che in quella sotto il controllo dell’Agenzia nazionale per

Il 14 e 15 novembre in piazza per gli spaghettoni Venti Liberi realizzata in collaborazione con Arci Auser, Agesci, Fitel, Fuci, Gnammo, Rete della Conoscenza. Di seguito le iniziative promosse dall’Arci.

Un pacco di pasta per raccontare una storia lunga venti anni. Quella di Libera, nata nel 1995 per dare concretezza a una speranza: liberare l’Italia dalle mafie e dalla corruzione. Gli spaghettoni Venti Liberi sono prodotti in esclusiva e in edizione limitata per il ventennale di Libera. La pasta sarà disponibile in oltre 200 luoghi d’Italia, il prossimo weekend del 14 e 15 novembre, con banchetti, iniziative, feste, musica. Una due giorni

♦ VENETO | 14 novembre Banchetto in piazza Squero di Dolo (Ve). 15 novembre - Cena presso l’associazione Il Portico di Dolo (VE). 13 dicembre - Banchetto a Bojon Campolongo Maggiore (VE) e inaugurazione presidio di Libera intitolato a Cristina Pavesi. ♦ LOMBARDIA | 13 novembre - Pranzo presso Ostello del Monte Barro (LC). 15 novembre - Spaghettata presso il circolo Arci Dallò di Castiglione delle Stiviere (MN). ♦ MARCHE | 15novembre - Banchetto presso il circolo Arci a Sant’Angelo in Vado (PU)

i beni sequestrati, incontrano difficoltà insormontabili nel proseguire l’attività economica. La frammentarietà delle norme e le criticità emerse nel corso degli anni, infatti, portavano più del 90% delle imprese sottratte alla criminalità organizzata a fallire dopo la confisca o il sequestro. La nuova legge si muove su un doppio binario: da una parte presenta misure di contrasto sistematico alle organizzazioni criminali per colpirle dritte al cuore, cioè nelle imprese illecite; dall’altra prevede misure economiche di sostegno alle imprese stesse affinché continuino la propria attività anche dopo la confisca o il sequestro. Tra le misure contenute: le modifiche al ruolo e alle funzioni dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati; l’istituzione di un nuovo Fondo per il credito delle aziende sequestrate; l’ampliamento dei soggetti attivi e passivi; la tutela dei terzi creditori; la trasparenza nella scelta degli amministratori giudiziari; la delega al Governo per individuare specifici incentivi e ammortizzatori sociali per i lavoratori delle aziende confiscate e sequestrate; le misure contro il caporalato. Purtroppo, invece, non è ancora stata affrontata totalmente l’attribuzione del fondo di garanzia, per la migliore conservazione e utilizzo dei beni immobili, e per consentire agli assegnatari di fare fronte alle più urgenti necessità. Particolare attenzione invece sul terzo settore, per i beni sequestrati in genere, e in particolare per i beni immobili destinati dopo la confisca al riutilizzo a fini sociali. Sono state recepite le migliori prassi dirette a una rapida assegnazione, seppur provvisoria e in attesa della definizione del procedimento, anche alle associazioni, per consentire da subito la conservazione del bene e poi l’accelerazione della destinazione finale. Un esempio è l’ex sala giochi di via Cuzzocrea di Reggio Calabria, in cui l’Arci sta portando avanti un’esperienza virtuosa. La legge è un passo importante per il nostro paese, per affermare la cultura della legalità investendo nelle ‘persone normali’. Solo così si possono tutelare tutte le persone che vi lavorano e smentire l’odiosa convinzione che «la mafia dà lavoro, lo Stato no» e fare un passo in più per l’etica e i doveri di chi lavora nell’antimafia, anche se il cammino è ancora lungo per ognuno di noi.


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dirittieinformazione

‘Ragazzi Fuori’

Terzo rapporto di Antigone sugli istituti penali per minori di Patrizio Gonnella presidente Antigone

Le carceri minorili hanno oramai, fortunatamente, un uso davvero residuale all’interno del sistema della giustizia dei minori. Proprio per questo, tuttavia, rischia di essere stigmatizzante. Solo i più cattivi vanno a finire in galera: è questo il messaggio che dobbiamo oggi decostruire. Per decenni la presenza dei ragazzi negli istituti penali minorili italiani si era attestata attorno alle 500 unità. A seguito dell’ondata riformatrice che ha investito il sistema penitenziario degli adulti e che si è portata dietro a ricasco anche quello minorile, si era arrivati a meno di 350 presenze, oggi nuovamente aumentate dalla presenza dei giovani adulti negli istituti per minori. In ogni caso, numeri molto bassi. Che si confermano tali anche nella permanenza media di ciascun ragazzo, che non supera le poche settimane. Pochi ragazzi e per poco tempo. Il problema sembra dunque gestibile. Gli adulti siamo noi. E da adulti sapremo trovare una modalità di attenzione, di presa in carico, di accoglienza sociale capace di fare a meno di celle, cancelli e muri quando si ha a che fare con dei minori di età. La direzione da

percorrere - quella che di fatto abbiamo già iniziato a percorrere - deve andare verso una progressiva decarcerizzazione. Se il nostro primo Rapporto sugli istituti penali minorili si intitolava Ragazzi dentro, oggi è decisamente il momento di pensare ogni modalità affinché i ragazzi rimangano fuori. L’obiettivo di oggi è rendere gli istituti penali per minori sempre meno simili a una prigione. Il personale, il modello disciplinare, i contatti con il mondo esterno, le attività educative:

tutto deve essere diverso rispetto a un carcere tradizionale. È questo ciò che oggi siamo chiamati a fare, con il disegno di legge delega ben articolato in otto criteri per un nuovo ordinamento penitenziario minorile e con gli Stati Generali sull’esecuzione penale. Per trasformare qualcosa bisogna prima sapere come è fatta. Per questo da molti anni Antigone visita tutte le carceri d’Italia, per adulti e per minori. Quest’anno il nostro lavoro si è arricchito della preziosa collaborazione dell’ISFOL, cosciente quanto noi di come il tema della formazione professionale, dell’inserimento nel mondo del lavoro, dell’istruzione come presupposto di tutto ciò sia ancor più fondamentale quando abbiamo a che fare con dei giovani. Insieme, con lo strumento conoscitivo e propositivo che questo Rapporto rappresenta, speriamo di incidere sul percorso riformatore, affinché i nostri giovani siano sempre più trattati con una spinta verso la responsabilizzazione e sempre meno con lo strumento stigmatizzante della reclusione. Il Rapporto completo è consultabile su www.associazioneantigone.it

L’anteprima di Left, sabato in edicola Anche Left si occupa di Vatileaks e della rivoluzione mancata di Papa Bergoglio. Da un lato i precetti cristiani, dall’altro la vita reale, come si è visto anche dai due libri di Nuzzi e Fittipaldi che parlano su Left (e che adesso sono stati indagati dal Vaticano). Adriano Prosperi ripercorre il filo storico della lunga scia di trame nere, mentre Federico Tulli racconta le vicende legate alla pedofilia e Raffaele Carcano elenca il fiume di denaro che lo Stato concede alla Chiesa cattolica. Almeno 6 miliardi l’anno. In Società Left affronta l’inchiesta Mafia Capitale e approfondisce un aspetto della

vicenda criminale: l’affossamento del terzo settore che finisce nel calderone del sistema Buzzi-Carminati. Dalle inchieste romane all’operazione Aemilia dove sul banco degli accusati c’è la ’ndrangheta ma anche pezzi di società che sono stati corrotti. La nascita del gruppo parlamentare Sinistra italiana viene analizzata in tutti i dettagli mentre il politologo Carlo Galli, uno dei deputati fuoriusciti dal Pd, spiega i motivi per cui «il Pd è diventato un comitato elettorale al servizio del leader». Matteo Renzi rilancia il tormentone del Ponte sullo Stretto mentre Renato Accorinti, sindaco di Messina, continua ad affrontare l’emergenza di una città senz’acqua per il dissesto idrogeologico. In attesa del vertice sul clima di Parigi Left anticipa poi alcuni problemi legati al surriscaldamento con una ‘guida’ ai cambiamenti climatici, mentre Pietro Greco racconta i problemi di desertifi-

cazione nei fondali di Ischia. Negli Esteri un reportage da New York sui ‘cacciatori’ di rifiuti che recuperano cibo e non solo davanti a market e ristoranti; le truppe italiane che affondano nel pantano afghano e il quadro internazionale delle missioni di Renzi che solo nel 2015 ci sono costate un miliardo e 200 milioni. Infine il racconto dal più grande campo profughi del Libano dove da 60 anni vivono 70mila palestinesi. In Cultura la nuova vita di Caterina Guzzanti alle prese con una pièce teatrale tutta al femminile e soprattutto con Elio, il figlio di un anno. Per l’arte, la collezione inedita di pitture erotiche cinesi che viene stampata in un volume da L’Asino d’oro edizioni. Infine, i ritratti di undici madri fatti da Myrta Merlino nel suo ultimo libro e il lavoro della fotografa ivoriana Joana Chumali sul recupero di tradizioni e immagini da parte delle donne africane.


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ucca

Dalle borgate di Pasolini ai ghetti metropolitani: le periferie nel cinema contemporaneo Una rassegna itinerante (e gratuita) di Roberto Roversi presidente nazionale Ucca

Nel quarantennale della scomparsa di Pier Paolo Pasolini, Ucca ha ritenuto necessario scandagliare uno dei tratti distintivi della sua poliedrica ed eclettica traiettoria creativa. In particolare, del Pasolini cineasta, ha ritenuto interessante soffermarsi sullo sguardo ‘empatico’ che il grande intellettuale dedica al sottoproletariato urbano in capolavori come Accattone, Mamma Roma e Uccellacci e Uccellini. Titoli nei quali è evidente l’identificazione dell’autore con la sofferenza di umili e reietti e al tempo stesso l’esaltazione del prorompente vitalismo degli emarginati delle borgate romane. Ma, a distanza di alcuni decenni, il concetto e il modello stesso di ‘periferia’ sono profondamente mutati. Il vertiginoso sviluppo industriale, i flussi ininterrotti di immigrazione verso le aree urbaniz-

zate, la costruzione intensiva di quartieri residenziali per le classi meno abbienti, hanno dato vita ad una sorta di ‘città diffusa’, multiforme e contraddittoria, fatta di vecchi quartieri di edilizia pubblica e complessi borghesi in decadenza, case sparse in centri suburbani o rurali e settori degradati del centro storico. In definitiva, un continuum articolato in infinite declinazioni, da cui è completamente assente ogni senso di appartenenza, che si è trasformato di fatto in un semplice indicatore spaziale al quale vengono comunemente associati disagio esistenziale, senso di emarginazione e degrado, carenze di servizi e infrastrutture, insicurezza, microconflitti e tensione sociale, frequentemente di origine interetnica e razzista. È ciò che accade nelle banlieus parigine, nei barrios e nelle favelas sudamericane

e negli slums londinesi. E se è vero che un film come L’odio di Mathieu Kassovitz (1995), con la celebre, beffarda metafora dell’uomo che cade da un palazzo di 50 piani che, per farsi coraggio, ripete compulsivamente a se stesso «Fino a qui tutto bene», ha avuto una formidabile risonanza planetaria, è altrettanto vero che il tema delle periferie urbane è sempre più presente nelle cinematografie europee e internazionale. Prendendo come punto di partenza la lezione pasoliniana, Ucca si è proposta di indagare e sviscerare il tema, scegliendo quattro titoli provenienti dalle recenti produzioni italiane ed estere, ospitate ai principali festival internazionali, per una breve circuitazione (gratuita) nella rete delle proprie associazioni, a partire da quelle situate nelle aree più periferiche e disagiate del Paese.

I film La schivata Abdellatif Kechiche, Francia, 2003, 117’ Un gruppo di adolescenti della banlieue parigina sta mettendo in scena Il gioco dell’amore e del caso di Marivaux per la recita di fine anno. Krimo compra il ruolo di Arlecchino da un compagno di classe solo per poter recitare al fianco di Lydia, la ragazza di cui è innamorato. Ma Krimo non dimostra alcuna attitudine per la recitazione… Vincitore di 4 César (miglior film, regista, sceneggiatura, attrice esordiente). Opera seconda di Kechiche, che nel 2013 ha conquistato la Palma d’Oro per La vita di Adele.

Pelo malo Mariana Rondon, Venezuela, 2013, 93’ Junior ha nove anni, un fratellino e una madre vedova con cui vive una relazione conflittuale nella periferia di Caracas. Disoccupata e alla disperata ricerca di un lavoro, Marta adora il figlio minore ed è ostile al maggiore. Junior però non si arrende e insegue ostinato il suo desiderio di farsi amare da quella madre che non tollera la sua passione per la musica pop e la sua fissazione per i capelli lisci.

L’odore della notte Claudio Caligari, Italia, 1998, 100’ Ambientato alla fine degli anni Settanta, il film narra la vicenda di un gruppo di rapinatori dell’estrema periferia di Roma specializzato nell’assalto ai ‘quartieri alti’. Il loro capo è Remo Guerra, un ragazzo di borgata arrabbiato: sembra che le sue rapine siano in realtà aggressioni verso una classe sociale che disprezza, che odia. Ma nonostante i continui successi della banda, in Remo si affaccia una crisi di coscienza: è giusto che sia lui, rapinatore dei ricchi, a rivelare le contraddizioni della società?

This is England Shane Meadows, UK, 2006, 101’ L’undicenne Shaun vive in una cittadina dell’Inghilterra del nord. Cresciuto solo con la madre e senza una figura maschile di riferimento, Shaun è colmo di rabbia e dolore. Il suo passaggio dall’infanzia all’adolescenza avviene nell’estate del 1983 ed è segnato dall’incontro con un gruppo di Skinheads che lo accoglie tra le sue fila trasformandolo in un teppista violento. Miglior film inglese ai BAFTA 2008.


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Per la cultura... si mangia! A Prato il 6 dicembre il pranzo a sostegno del Terminale Cinema di Paola Donatucci Arci Prato

Forse «con la cultura non si mangia», come sosteneva qualche anno fa un Ministro della Repubblica, ma di certo per la cultura… si può mangiare! Succede a Prato, dove l’Arci è impegnata ormai da tempo in una grande scommessa: impedire la chiusura del Terminale Cinema, nato più di trent’anni fa per iniziativa di un gruppo di giovani cinefili dell’associazione e rimasto nei decenni un importante presidio culturale per la città. Dal 1984 il Terminale ha offerto e continua ad offrire film di qualità in prima visione, ma anche incontri con registi, rassegne a tema, matinée per le scuole, un’arena estiva, eventi e iniziative cinematografiche e non, organizzate anche in collaborazione con altre importanti istituzioni culturali locali, dal Teatro Metastasio alla Monash University, ma anche con il Comune e la Provincia di Prato, la Camera di Commercio, la Mediateca regionale Toscana. Negli anni, a Prato come in molte altre città d’Italia, tante sale cinematografiche hanno chiuso i battenti, una dopo l’altra, schiacciate dalla crisi del cinema, dalla diffusione delle multisala, dalle logiche oligopolistiche che dominano sempre più il mercato cinematografico e, ultimo ma non ultimo, dall’impegno della digitalizzazione. Il risultato è che, delle 7 sale cinematografiche che c’erano, nel centro storico della città ne sono rimaste 2: il Terminale appunto e una piccola multisala privata. Nel 2011 l’Arci di Prato, per impedire la chiusura di questo cinema, ha fondato, insieme ad altre associazioni e cooperative, prima un’associazione, il Comitato promotore Casa del Cinema, oggi affiliata ad Arci e Ucca, poi una cooperativa di utenti, la Casa del Cinema di Prato, una sorta di COOP del Cinema che oggi ha una settantina di soci. Il progetto è non solo tenere aperto un

cinema d’essai di grande tradizione, un presidio culturale importante per l’associazione e per la città, ma costruire un’istituzione culturale a tutto tondo, centrata sui linguaggi audiovisivi ma aperta a tutte le forme artistiche, dal teatro alla musica alle arti visive. Un obiettivo ambizioso che ha bisogno di passione, di partecipazione, di investimenti ma che si scontra con le tante difficoltà che vivono il cinema e la cultura in genere nel nostro Paese, con i contributi pubblici che diminuiscono di anno in anno, con l’impegno dei privati che stenta a causa della crisi. Per continuare a tenere aperto il Terminale Cinema e costruire sulle sue fondamenta la Casa del Cinema di Prato, l’Arci ha messo a disposizione risorse ed energie, idee e competenze. E ora alcune delle eccellenze del suo circuito enogastronomico. Con lo slogan «Per la cultura… si mangia», il Comitato di Prato sta infatti lanciando un’iniziativa di divulgazione e raccolta fondi che avrà come prima tappa un pranzo a base di tortelli e cinghiale preparati, in modo rigorosamente artigianale, dalle abili

in più una cosa momentanea VITERBO Sabato 14 novembre

alle 21.30 Mario Umberto Carosi e Alessandra Cappuccini con Circo Mare presentano lo spettacolo Una cosa momentanea al circolo Arci il Cosmonauta. Luca, neolaureato in antropologia culturale, è alla sua prima settimana di lavoro in un call center. Lo scontrarsi con questa nuova realtà lo porterà a fare un viaggio nei suoi sogni e nelle sue aspettative. Dolce/amara riflessione sul vivere quotidiano, lo spettacolo di e con Andrea Onori e con Alessandra Cappuccini e Mario Umberto Carosi offre un esilarante spaccato della società contemporanea. fb Il Cosmonauta

paolo conte al valli REGGIO EMILIA Paolo Conte

sarà in concerto al Teatro Valli il prossimo 24 novembre. Accompagnato da un’orchestra di dieci elementi, il tour internazionale dell’avvocato di Asti ritorna a fare tappa nella città del Tricolore per chiudere nel migliore dei modi Leggera, la rassegna realizzata grazie alla collaborazione tra Arci e Fondazione I Teatri. Ultimi biglietti disponibili presso la biglietteria del Valli. www.arcire.it

STAND UP COMEDY PALERMO Dal 14 novembre al

mani delle tante volontarie del circolo La Spola d’Oro a La Briglia (Vaiano). Il pranzo, in programma per il 6 dicembre 2015, vuole coinvolgere i dirigenti dell’associazione, i soci, ma anche altre associazioni, istituzioni e movimenti cittadini per ribadire che questo spazio è un bene comune di tutta la città. www.arciprato.it

Una storia di amore e Resistenza Il 14 novembre alle 21 a Milano presso l’Auditorium di via Valvassori Peroni, per la rassegna Le parole della memoria, promossa dal circolo Arci Ponti di Memoria, ci sarà la proiezione pubblica del dvd Giovanni e Nori, una storia di amore e Resistenza di Saverio Femia e Stefano Bisulli con Daniele Biacchessi, Gang, Gaetano Liguori e Giulio Peranzoni, realizzato attraverso una straordinaria

daiterritori

campagna di crowdfunding che ha coinvolto centinaia di persone. A seguire, testimonianze di Tiziana Pesce, Gino Marchitelli, Laura Tussi, Fabrizio Cracolici, concerto e reading Memorie ritrovate di Andrea Sigona, cantautore genovese impegnato da sempre sui temi della Resistenza, della memoria e dell’impegno civile. www.pontidimemoria.it

21 febbraio Arci Tavola Tonda ospita Stand Up Comedy, workshop e spettacoli con i comedian di Satiriasi. Il progetto, promosso da Fango - la macchina del comico, Setelecomando. com e Arci Porco Rosso, prende il via con il mattatore della seconda serata di Raitre Giorgio Montanini. fb Arci Porco Rosso

CINEMAMME MODENA Torna per la seconda

edizione Cinemamme, rassegna pomeridiana voluta dall’Arci territoriale e dal Cinema Raffaello dedicata alle mamme con neonati e ai pensionati o a chi ha tempo libero. Il progetto, che coinvolge diverse associazioni e realtà del territorio, per questa seconda edizione ha ottenuto il patrocinio del Comune di Modena. Appuntamento ogni mercoledì fino al 16 dicembre alle 15.30. www.arcimodena.org


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società

Il Servizio Civile Nazionale, la CNESC e l’accoglienza dei migranti e dei rifugiati di Licio Palazzini presidente nazionale Arci Servizio Civile

Nel corso di una conferenza stampa tenuta a Roma l’11 novembre la CNESC (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile) ha presentato gli 80 progetti per 731 posti che molte delle organizzazioni socie hanno depositato lo scorso 15 ottobre per essere avviati nel settembre 2016. Di questi progetti, 17 sono di ASC (Arci Servizio Civile) per un totale di 90 posti, a cui si aggiungono progetti di Caritas, di Acli, del CNCA, delle Misericordie, del Cesc Project, di INAC, della Papa Giovanni XXIII, di Legacoop, dei Salesiani e di Federsolidarietà. La scelta di selezionare questi progetti si iscrive nella strategia propositiva della CNESC, di valorizzare le azioni concrete della rete associativa, che oggi mette al centro il tema dei migranti e dei rifugiati e nelle prossime settimane farà la stessa operazione su altri temi. Con questa iniziativa la CNESC pone alla politica e al Governo due sfide: - le risorse: se ci sono le risorse, se Renzi mantiene gli impegni presi in televisione di aggiungere 100 milioni ai 115 attualmente previsti, il servizio

civile nazionale è pronto a contribuire alla gestione delle grandi sfide in cui viviamo e che nel caso specifico iniziano nei paesi d’origine per assicurare vite giuste e dignitose che non costringano a diventare migranti o rifugiati; - la governance: le politiche dell’accoglienza e, a seconda dei casi, del transito o dell’inclusione, ci accompagneranno per lunghi anni. Servono quindi sedi ove le istituzioni, nazionali e locali e le organizzazioni della società civile, in modo paritario e specifico, possano individuare gli obiettivi, coordinarsi, programmare azioni durature, aggiornare le modalità di azione. Questi 80 progetti saranno operativi in tutte le Regioni Italiane, ad eccezione della Valle d’Aosta, a sostegno del sistema di prima accoglienza e della politica di redistribuzione sull’intero territorio nazionale dei migranti e dei rifugiati. Inoltre le attività proposte spaziano dalla prima accoglienza, già sulle spiagge, all’accoglienza dei minori e delle donne in difficoltà così come, attraverso attività artistiche, allo scambio fra culture,

il libro

Meglio se taci di Alessandro Gilioli e Guido Scorza Baldini & Castoldi editore

Ordine e contrordine, uguale disordine. Eccolo l’iter normativo che regola l’informazione sul web in Italia, dove i blog rischiano ancora di essere condannati per il reato di stampa clandestina e chi pubblica notizie può incorrere nell’esercizio abusivo della professione. «Perché non è possibile fare il giornalista senza la tessera dell’ordine, ma per averla bisogna fare il giornalista». Sono solo la punta dell’iceberg delle contraddizioni riordinate in Meglio che taci, il libro del giornalista Alessandro Gilioli e dell’avvocato Guido Scorza. Un’inchiesta che attraverso esempi di cronaca mostra come spesso l’interpretazione delle norme si traduca in censura, obiettivo condiviso da disegni di legge presentati in Parlamento che puntano a imbavagliare il web, ignorando che i provvedimenti validi nel mondo reale sono già estesi anche in ambito digitale. Molto lontano dal ‘far west’ immaginato da deputati e senatori, tra i quali prevale spesso «una radicata subcultura nemica della rete». In Italia il 34% della popolazione non ha mai aperto un browser in vita sua. In più siamo penultimi nell’unione Europea per velocità della connessione misurata. Siamo anche il Paese dell’ostacolo al wi-fi, dove gli esercenti possono rischiare multe di migliaia di euro se mettono a disposizione della clientela alcuni tablet. E sul fronte della trasparenza non va meglio. Manca infatti un Free of information Act, legge che esiste dalla Svezia al Ruanda per garantire ai cittadini una pubblica amministrazione trasparente. Oltre i confini nazionali, rimangono aperte le domande sulle policy arbitrarie di Facebook e Google, big player che godono di potere incontrastato sul mercato virtuale e decidono anche quali notizie possono pubblicare gli utenti. Questioni che coinvolgono Europa e Stati uniti. Ma per restare a casa nostra, è indubbio che c’è ancora molto da fare.

religioni, espressioni artistiche. Con questa proposta la CNESC ha posto al Governo e al Dipartimento del SCN anche la sfida di avviare il percorso del passaggio dalla progettazione annuale alla programmazione pluriennale degli interventi. Questa linea di intervento è nevralgica anche dal punto di vista educativo dei giovani, uno dei fronti più delicati, nella lotta alla xenofobia, al razzismo, al populismo. La conferenza stampa, promossa nel momento in cui al Senato è iniziato l’esame della legge di Stabilità 2016, a cui ha partecipato anche il Sottosegretario delegato Luigi Bobba, che se da un lato ha apprezzato questa modalità propositiva di lavoro, ha deluso sul tema essenziale delle risorse per il 2015 rimandando ad un generico impegno a reperire i fondi da vari capitoli di bilancio. Si apre quindi per la CNESC e le associazioni socie l’ennesima campagna autunnale per i fondi necessari ad assicurare nel 2016 50mila avvii. www.arciserviziocivile.it

arcireport n. 39 | 12 novembre 2015 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 18.30 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/


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