Arcireport n 40 2014

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arcireport

settimanale a cura dell’Arci | anno XII | n. 40 | 4 dicembre 2014 | www.arci.it | report @arci.it

di Francesca Chiavacci presidente nazionale Arci

Avevamo scritto, in un comunicato del giugno scorso in occasione dell’anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite, che l’introduzione nel nostro paese del reato di tortura è una questione non solo di giustizia. È questione di scelta culturale fondamentale. Sono trascorsi altri sei mesi e non abbiamo notizie di una progressione dell’iter sul ddl che era stato licenziato dal Senato a marzo 2014. Nemmeno il clamore dell’assoluzione in appello di tutti gli imputati per la morte di Stefano Cucchi è riuscito a ridare impulso alla discussione. A quanto ci risulta, dal fronte istituzionale, sul tema registriamo solo le parole pronunciate il 6 novembre dal procuratore generale della Cassazione che, in occasione della richiesta di annullamento del processo all’ex questore di Genova ai tempi del G8 del 2001, ha detto: «Sono convinto che tutta la vicenda del G8 di Genova sia stata una vergogna nazionale (…) innanzitutto perché non siamo stati capaci di elaborare una norma sulla tortura in grado di dare una sanzione per tutto quello che è successo». Per ora - sono passati oltre 25 anni dalla firma di quella Convenzione Onu - in Italia il reato di tortura continua a essere un miraggio. E, lo ricordiamo, i casi in cui il reato di tortura avrebbe potuto

fare la differenza sono ormai tanti. Accanto alle violenze del G8 e al dramma di Stefano Cucchi, ce ne sono tanti altri, come Federico Aldrovandi, Aldo Bianzino, Giuseppe Uva, Emmanuel Bonsu, Michele Ferrulli, Riccardo Magherini, Franco Mastrogiovanni. Per il prossimo 10 dicembre, Giornata mondiale per i diritti umani, assieme a Amnesty International, Antigone, Cittadinanzattiva e Cild, l’Arci si sta mobilitando per un’iniziativa che torni a chiedere alle forze politiche e al Parlamento di fare un passo di civiltà giuridica, di

giustizia e ribadire il principio secondo cui nessuno in uno stato democratico debba sentirsi al di sopra della legge.Ci ritroveremo alla Camera dei deputati, alle ore 10. Osserveremo un minuto di silenzio per chiedere una legge contro la tortura. La tortura non può esistere senza il silenzio che la protegge. All’omertà di tutti coloro che hanno coperto crimini di tortura opporremo un silenzio di pacifica protesta di tutti i cittadini che credono in uno Stato trasparente e non violento. Il nostro silenzio contro il silenzio delle Istituzioni.

L’articolo 5 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani recita: «Nessuno dovrà essere sottoposto a tortura o trattamenti o punizioni crudeli, inumani e degradanti». Simili assunti sono presenti in molti altri testi sui diritti umani. Nessun governo può usare lo stato di guerra, o la minaccia di guerra o l’instabilità politica interna o qualsiasi altra emergenza pubblica per giustificare la tortura. In base alla Convenzione di Ginevra, la tortura è illegale nell’ambito di tutti i conflitti, siano essi esterni o interni. La tortura e i maltrattamenti sono inoltre illegali nella pressoché totalità dei paesi, sebbene in alcuni casi le leggi applicate siano ampiamente inadeguate. Una forma di tortura permessa dalle legge di alcuni paesi sono le punizioni corporali giudiziarie. Secondo le ricerche di Amnesty International, pene corporali sono contemplate dalle leggi di almeno 31 paesi. Il 26 giugno 1987 è entrata in vigore la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, che ha reso inderogabile il divieto di ricorrere alla tortura. La Convenzione, però, è stato firmata soltanto da 132 dei 193 paesi membri dell’ONU.


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ucca

A Ferrara il 13 e 14 dicembre il tredicesimo Congresso Ucca di Greta Barbolini

Si svolgerà a Ferrara dal 13 al 14 dicembre il XIII Congresso dell’Unione dei Circoli Cinematografici dell’Arci. Con il congresso Ucca, dopo il congresso Arci e l’assemblea dei soci dell’Immobiliare San Pietro, procede il percorso di rinnovamento degli organismi e la definizione delle priorità che sta via via coinvolgendo l’insieme delle realtà associative che compongono l’articolazione del sistema Arci. La scelta di agganciarne lo svolgimento in lineare continuità con la principale manifestazione dell’Arci sulla cultura, Strati della cultura appunto, organizzata da Arci nazionale e Arci Emilia Romagna, non è casuale. Conferma la volontà di fare dell’elaborazione e dell’iniziativa culturale un asse portante e imprescindibile per il rilancio del nostro Paese e un tratto identitario del nostro agire associativo. La fase in cui operiamo certamente non è semplice, per tante diverse ragioni. Infatti, dopo una lunga fase di riduzione degli spazi di iniziativa a seguito delle minori risorse a disposizione per la cultura e di riconoscimento del ruolo del non profit culturale - dal livello dei circoli a quello dell’associazione nazionale - Ucca ha vissuto nel 2014 un annus horribilis. L’iter di monitoraggio sui

circoli del cinema Ucca avviato dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali sulla base di meri formalismi, a nostro avviso, eccessivi e fuori dal tempo, ha determinato uno stato di crisi che si è evidenziato nella parte finale dell’anno determinando un’importante riduzione di risorse per la corrente annualità. I circoli culturali polivalenti, le realtà associative che sviluppano attività cinematografica integrandola ad un’azione culturale a 360 gradi, sono a nostro avviso un valore aggiunto prezioso e non un limite. Sono ciò che caratterizza Ucca dal 1967, anno del suo riconoscimento come associazione di cine circoli. In un Paese come il nostro in cui le sale dei centri storici e dei piccoli centri di provincia chiudono, ci chiediamo chi, se non il no profit culturale, possa garantire

Il programma del Congresso Il congresso Ucca si svolgerà presso la Sala della Musica a Ferrara, in Via Boccaleone 19, nelle giornate di sabato 13 e domenica 14 dicembre 2014. Sabato 13 dicembre I lavori di sabato 13 dicembre si articolano in una sessione mattutina condivisa con il programma di Strati per riprendere alle ore 15 con la prima sessione congressuale vera e propria. Ore 15 inizio lavori Ore 15.30 relazione della presidente uscente. Ore 16 nomina delle commissioni verifica poteri, elettorale, politica e statuto. Ore 16.30 relazione del candidato alla presidenza nazionale. A seguire dibattito. I lavori potranno essere intervallati

dalla presentazione di opere e progetti dei circoli Ucca presenti. Dopo la cena, che si terrà presso il circolo Arci Zuni (Via Ragno 15), i/le delegati/e al congresso potranno assistere gratuitamente alla proiezione del film Mommy di Xavier Dolan (Francia/ Canada, 2014), vincitore del Premio della Giuria al Festival di Cannes 2014, presso la sala Boldini (via Previati 18). Domenica 14 dicembre Ore 9.30 ripresa dei lavori A seguire dibattito Ore 11 relazioni dalle commissioni e relative deliberazioni. Ore 12 elezione degli organismi dirigenti. A seguire convocazione del neo-eletto Consiglio nazionale per l’elezione del Presidente nazionale.

nei fatti un’adeguata promozione del cinema di qualità creando occasioni di fruizione e crescita culturale dei cittadini e delle cittadine. Alla domanda di farsi carico, di sperimentare nuove forme di protagonismo culturale, di integrare linguaggi e modelli organizzativi noi continuiamo a rispondere convintamente sì. Con la piena disponibilità a modificare tutto quanto possa permettere il pieno e reale riconoscimento dell’importante valore della rete dei circoli del cinema Ucca e delle tante attività cinematografiche promosse, ma senza fare un solo passo indietro sul nostro modo di intervenire nel campo culturale, un modo che difendiamo orgogliosamente, convinti di essere su posizioni avanzate e corrispondenti ai bisogni delle nostre comunità oggi. Di questo proveremo a ragionare a Ferrara passando dall’analisi della situazione del cinema italiano, con numeri e performances troppo spesso legati a doppia mandata a pochi film di successo. Un cinema ipertrofico in termini di produzione di opere rispetto alla capacità dell’esercizio di ‘assorbire’ titoli nella programmazione effettiva. Discuteremo di come creare nuovo pubblico e formare i giovani con e attraverso il cinema. Faremo il punto di come definire con più precisione e formalmente una rete di circoli del cinema presente su tutto il territorio nazionale; una rete che sappia essere specializzata e autorevole nel campo del cinema e dell’audiovisivo e al contempo integrata nel progetto culturale complessivo dell’Arci. Il congresso sarà anche l’occasione per rinnovare gli organismi dirigenti, a partire dal Consiglio nazionale fino alla Presidenza e al Presidente. Per chi scrive si conclude una stagione appassionante, ricca in termini di crescita umana e professionale, che aumenta il sentimento di gratitudine per il mondo Arci che rimane davvero una delle poche comunità che sa davvero sostenere la crescita delle persone e l’esercizio della rotazione delle responsabilità. A Roberto Roversi, ad oggi candidato unico alla Presidenza nazionale Ucca, va un grazie preventivo per la disponibilità a presiedere Ucca in un momento non facile, sinceri auguri di buon lavoro accompagnati dalla certezza che saprà fare bene e fare tanto per la nostra bellissima e amata associazione.


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cultura

Non Profit e Cultura di Carlo Testini

Quest’anno l’Arci ha deciso di tematizzare la sua settima edizione di Strati della Cultura, appuntamento di confronto sulle politiche culturali, sul legame tra cultura e occupazione con particolare attenzione a quella giovanile. Culture Jobs è un titolo che ci rimanda sia alla qualità del lavoro in questo settore che alla sua dimensione economica e alla portata innovativa in termini di pratiche e processi. Per la nostra associazione è una sfida importante perché ci costringe a ragionare in profondità e senza ipocrisie sul ruolo del non profit nell’ambito delle cosiddette ‘politiche culturali’. Conosciamo i numeri della mostruosa disoccupazione giovanile di questi mesi, con punte drammatiche nelle regioni del nostro straordinario Sud. Sappiamo anche che con la prossima legge di stabilità le Regioni e i Comuni avranno ancora meno risorse da investire direttamente nella valorizzazione dei beni e nel sostegno alle attività culturali. Mentre il MIBACT, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo è alle prese con una complessa riorganizzazione che risponde anche alla cosiddetta spending review varata dal Governo. Siamo anche tutti consapevoli che la crisi è pesantissima e le famiglie spendono sempre meno per le pratiche culturali. Siamo quindi di fronte, anche per il settore della Cultura, a uno scenario da una parte drammatico (chiusura di cinema, di teatri, di spazi culturali, crisi della maggior parte delle Fondazioni lirico-sinfoniche, diminuzione dei redditi e della occupazione) e dall’altro di grandi cambiamenti ed opportunità. È in atto un grande ripensamento di ogni parte del nostro sistema culturale. A tratti, già negli scorsi anni, si è richiamato il Terzo Settore come uno degli attori che potrebbe dare una mano al cambiamento in corso. Ma come? Da una parte ci sono stati maldestri tentativi di coinvolgere il cosiddetto ‘volontariato culturale’ per sostituire l’arretramento dell’attore pubblico nella gestione dei beni (piccoli e non) culturali. A questo si è risposto che il terzo settore non vuole fare il tappabuchi ma vuole partecipare presentando progetti, partecipando alla pianificazioni strategica territoriale

anche su questi temi. D’altra parte, anche l’Europa lo chiedeva promuovendo i tavoli di partenariato per la programmazione dei Fondi Strutturali 2014-2020. Processo che in Italia, per ora, non è stato particolarmente virtuoso. È poi di qualche giorno fa la notizia importante di un accordo tra MIBACT e il Ministero del Lavoro per l’utilizzo di 2000 volontari in servizio civile. Com’è noto, il sistema del servizio civile nazionale si basa sulla presentazione di progetti da parte delle organizzazioni non profit accreditate per coinvolgere i giovani, con percorsi di valutazione e formazione. Siamo felici che una parte importante di questi progetti potranno essere dedicati al sistema culturale in

Matera capitale della cultura Quasi due mesi fa Matera, nota anche come ‘Città dei Sassi’, è stata ufficialmente proclamata Capitale della cultura europea 2019. La città lucana ha avuto la meglio sulle altre cinque italiane finaliste: Ravenna, Cagliari, Lecce, Perugia e Siena, con sette voti su tredici. L’iniziativa nasce nel 1985 per opera della Comunità Europea per far conoscere meglio a tutti i cittadini europei il patrimonio culturale, storico, linguistico, artistico composto dalla somma di quelli dei vari stati membri in modo che diventino anche propri. Proprio per questo ogni anno vengono scelte due nazioni e al loro interno due città. Insieme a Matera, farà parte del binomio la città di Plovdiv in Bulgaria.

sinergia con il Ministero. Da un altro versante sembra esserci una spinta a superare l’utilizzo della forma associativa e non profit in campo culturale. Alcuni sostengono che è meno efficiente di quella d’impresa e che crea meno occupazione stabile. Ovviamente tutto da dimostrare. Anzi, dal nostro osservatorio (non piccolo) il problema sembra essere che le forme associative, soprattutto quelle partecipate ed indipendenti, in questo periodo fanno fatica perché oneri, costi, burocrazia le mettono in seria difficoltà. Non certo per mancanza di capacità organizzativa e progettuale. Certo è che oggi più che mai c’è bisogno di essere più bravi. Più preparati, più innovativi, più attenti a come interagire con le esperienze più interessanti nate sul territorio. È arrivato il momento di interrogarci sul possibile utilizzo di forme di gestione diversa per attività complesse. Soprattutto in questo ambito dove l’Arci, in particolare, ha sviluppato un know-how importante. Dobbiamo essere pronti a interloquire con Regioni e Comuni nei processi di Rigenerazione Urbana delle città attraverso la Cultura, anche per contrastare il degrado e la crescita del razzismo nelle periferie più degradate. Ci aiuterà la riforma legislativa del Terzo Settore in discussione in questi mesi? Lo potrà fare se sapremo tenere insieme l’ambito del sociale con quello delle politiche culturali anche in questa discussione. Per questo il Forum Nazionale del Terzo Settore ha promosso un documento sulle Politiche Culturali che deve far parte da subito della discussione con Governo e Parlamento. Tuttavia, il pallino lo abbiamo in mano noi. Innovazione e cambiamento, tutelando i diritti di chi lavora, per essere parte attiva di un nuovo progetto Paese che ancora oggi si fa fatica a individuare.


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economia/società

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Così non va! ll 12 dicembre sciopero generale di Danilo Barbi Segreteria nazionale Cgil

«Così non va!», occorre davvero cambiare verso alle politiche che hanno prodotto la crisi. Con questo messaggio il prossimo 12 dicembre scenderemo nelle piazze di tutta Italia, insieme alla Uil, in occasione della giornata di sciopero generale. Di fronte a un’economia europea che continua a dimostrarsi complessivamente debole è ormai chiaro che le prospettive di crescita dipendono più che mai dal recupero della domanda interna (redditi e investimenti). Obiettivo che si può raggiungere allentando la morsa depressiva imposta dai vincoli europei, spingendo gli investimenti e creando occupazione, in primo luogo attraverso politiche pubbliche. È necessario un intervento pubblico europeo adeguato, non quello previsto dal piano Juncker. Dare maggiore spazio a politiche di crescita in Europa e in Italia è la ricetta per aiutare lo sviluppo e per uscire da condizioni di deflazione, oggi ampiamente sottovalutate,

che possono produrre effetti di depressione e stagnazione di lungo periodo. Le politiche del governo Renzi, al di là dei proclami, continuano ad andare nel verso opposto: non produco direttamente occupazione e svalutano il lavoro. Siamo convinti che anche nel nostro Paese si possano percorrere politiche diverse, più efficaci contro la deflazione e più eque, come proponiamo con il Piano del Lavoro della Cgil. Di tutto ciò nei provvedimenti dell’esecutivo e nella Legge di Stabilità non si parla: non si dà nessuna risposta alla necessità di un cambio di passo nella politica economica. Al contrario, viene programmata la riduzione della spesa e degli investimenti pubblici, sperando in un aumento (che non ci sarà) di quelli privati, finanziati da riduzioni fiscali a pioggia. Il 12 dicembre saremo in piazza per dire che «Così non va!»: occorrono nuove politiche industriali che innovino e qualifichino la nostra struttura produttiva e dei servizi, aumentandone la produttività

attraverso riforme di struttura giuste. Occorrono nuove politiche per l’uguaglianza: da tempo la Cgil propone di tassare i grandi patrimoni, con un gettito potenziale di circa 10 miliardi di euro, in grado di sostenere un Piano straordinario per l’occupazione, soprattutto giovanile e femminile. È doveroso dare una vera svolta alla lotta all’evasione, primo passo per un riordino di un sistema fiscale iniquo e poco progressivo, che, come ha rilevato la Corte dei Conti, concentra la sua attenzione soprattutto su lavoro dipendente e pensionati. Non ci limitiamo a dire no al Jobs Act e alla filosofia della Legge di Stabilità, saremo in piazza per proporre politiche alternative, per mettere sotto gli occhi di tutti l’insensatezza, l’ingiustizia e l’inefficacia delle politiche di austerità. Vogliamo svelare l’inganno renziano che presenta come progressisti provvedimenti socialmente ed economicamente sbagliati, non adeguati ad uscire dalla crisi.

La Difesa non conosce austerità di Francesco Vignarca Rete Disarmo

Nessun ‘grande taglio’, ma solo una leggera flessione. Che comunque mantiene il totale della spesa militare al di sopra di quanto stanziato nel 2012. È quanto emerge dall’analisi dettagliata della Legge di Bilancio presentata dal governo al Parlamento, ed in corso di discussione con la gemella Legge di Stabilità. Non è quindi vero che la Difesa abbia rinunciato a 1,5 miliardi di euro su un totale fondi di 19. Per arrivare a queste conclusioni e a questi dati occorre andare oltre il semplice Bilancio proprio della Difesa, ampliando lo sguardo verso le spese militari complessive. La debolezza economica del nostro Paese si riverbera infatti in una problematicità dei conti pubblici che ha costretto il governo Renzi a operare circa 1 miliardo di tagli sui Ministeri. Circa la metà del miliardo di tagli appena ricordato è attribuito proprio al Ministero della Difesa. Eppure l’impatto finale di questo intervento porta ad una flessione ben al di sotto dell’1% complessivo. Come si concilia questo dato con le allarmate prese di posizione cui stiamo assistendo in questi giorni? Per capire la situazione occorre mettere in fila i numeri veri, quantomeno quelli che il Parlamento sta discutendo e che in linea teorica potrebbe ancora

cambiare. La Legge di Stabilità è infatti un elenco di interventi e decisioni che fanno variare le spese sui vari capitoli del bilancio dello Stato a partire da quanto già finanziato e previsto dalla legislazione vigente. Nel lungo e complesso testo presentato per il 2015 alla Difesa sono dedicati vari interventi per lo più compresi negli articoli 21 e 31. Si tratta di provvedimenti correttivi minori comportanti un risparmio complessivo di poche decine di milioni, con l’eliminazione molto ‘comunicativa’ di piccoli sprechi ma una continua mancanza di coraggio rispetto all’eliminazione di uno dei privilegi e sprechi maggiori: il trattamento di ‘ausiliaria’. Solo per chi vi transiterà a partire dal 2015 ci sarà infatti un abbassamento dal 70% al 50% dell’indennità riconosciuta a chi comunque già percepisce una pensione. Con un risparmio quantificabile in meno di 10 milioni su un totale di oltre 440 milioni dedicato ad un istituto di natura in un certo senso previdenziale previsto solamente per il personale militare (di alto grado). Più interessante invece il meccanismo che andrà a obbligare la Difesa a mettere a reddito, vendendo o affittando, i propri immobili per circa 220 milioni di euro.

L’effetto combinato di queste decisioni si abbatte sul budget previsionale per la Difesa del 2015. Cosa ne esce? Una somma totale che scende sotto i 20 miliardi attestandosi a 19.776,8 milioni complessivi ed una flessione di 535,5 mln (-2,64%). Tutto sommato e previa conferma parlamentare la spesa militare italiana ammonterà nel 2015 a 23.496 milioni di euro, con riduzione lieve di 131 milioni (o lo 0,6%, se preferite) rispetto allo scorso anno. Il decremento rispetto al 2013 è del 2,65%. Ma tra il 2012 e il 2015 il segno è positivo per il 2,34%. Stiamo parlando dunque di una spesa militare che equivale all’1,42% del PIL e al 3,9% della spesa finale dello Stato. Non si preoccupino perciò tutti coloro che vogliono sempre più soldi per eserciti ed armi: anche perché oltre ai fondi di partenza alla fine qualcosa in più si trova sempre. Nelle previsioni assestate per il 2014 sono stati infatti ben 600 i milioni ulteriori rispetto alla bozza andata al voto parlamentare: ciò significa che nel 2014 si è in concreto sfondato il muro dei 24 miliardi per la spesa militare. C’è sempre la ‘speranza’ (sicurezza?) che ciò avvenga anche per il 2015, annullando del tutto i tagli tanto sbandierati in questi giorni.


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lavoro

Per la Sardegna è il tempo della rinascita di Marino Canzoneri presidente Arci Sardegna

Martedì 2 dicembre 2014 - Stamattina, come ogni martedì, malgrado il cielo minacciasse pioggia, alle 8.20 sono uscito di casa e mi sono incamminato lungo la strada che porta alla casa circondariale di Iglesias. Sono solo quattro chilometri, ma mai come questa settimana mi sono sembrati lunghi. Il carcere si trova in un’area pomposamente chiamata zona industriale. Fino al 2009 i capannoni degli artigiani si susseguivano e un traffico lento ma continuo testimoniava lo sviluppo di un’economia asfittica che stentava, ma cercava comunque di uscire da secoli di minorità e di sfruttamento coloniale. Oggi non un tir, non un’auto che trasportasse operai o impiegati al consueto tirare la carretta che dava da mangiare a tutta una famiglia. Solo il silenzio, rotto dal rumore di un refolo di vento e dai miei passi. L’area industriale di Iglesias è il paradigma perfetto dell’economia in Sardegna oggi: un grande cimitero di imprese, grandi e

piccole. Alcune di queste situazioni sono conosciute anche a livello nazionale: Alcoa, Rusal (ex Eurallumina), spesso portate ad esempio di sfascio economico e di disperazione operaia. Queste situazioni sono state a volte il grimaldello di una cultura antioperaia e anti lavoro (secondo cui i ‘privilegi novecenteschi’ di una classe operaia cialtrona e sfaticata, dimentica di generazioni di sacrifici e di lotte, sono la palla al piede della modernità e dei giovani, dello sviluppo di questa Sardegna e di questa Italia). Quanto di odioso e quanto odio in questa cultura: odio per la cultura del lavoro, per la cultura dell’essere ‘compagni’ tutti accomunati da un unico destino. Cosa ha portato l’accettazione supina di questo pensiero unico, dello smantellamento del sindacato, ridotto a stampella di un regime di ‘progresso’ basato sul silenzio, l’asservimento e i bassi salari? Ha portato il deserto culturale ed economico. Poche situazioni esemplari: Keller (la Sezione fallimentare del Tribu-

‘Noi non abbiamo paura’ La solidarietà dell’Arci alla lotta delle lavoratrici dell’Igea «Noi non abbiamo paura» dicono le venti lavoratrici dell’Igea che dal 28 novembre stanno occupando la Galleria Villamarina della ex miniera Monteponi a Iglesias perché la Regione prenda impegni precisi sul futuro della società che dovrebbe operare le bonifiche. Assieme ad altri 250 lavoratori rivendicano anche il pagamento degli stipendi arretrati. Ma questa volta sono le donne a volere condurre la battaglia in prima linea, calate nel sottosuolo. Così, in quelle condizioni - lo dicono loro stesse in un documento - vogliono attirare l’attenzione sulle difficoltà che incontra ogni giorno chi è madre, moglie, compagna e lavoratrice. Per farlo, sembra quasi un paradosso, devono scendere sottoterra, sfatando un’antica preclusione verso la presenza femminile nel sottosuolo. Loro non hanno paura! Sono pronte all’occupazione ad oltranza

finché non riceveranno risposte rassicuranti da parte della Regione. Una lotta eccezionale, per difendere il destino della loro società, per la dignità del lavoro, per il futuro di tutti i lavoratori in una regione martoriata da processi di dismissione e da una disoccupazione crescente. La loro lotta ha la nostra piena solidarietà. Vorremmo che quelle donne ci sentissero davvero al loro fianco. Ci uniamo a tante altre organizzazioni e movimenti nel chiedere che le istituzioni, a partire dal livello regionale, si adoperino per trovare finalmente una soluzione che dia risposte positive e certe. Alle donne di Iglesias vorremmo dire «voi non avete paura non solo perché siete straordinariamente coraggiose, ma anche perché non sarete mai sole. Siete voi, con la vostra azione, a infondere coraggio a tutte e tutti noi».

nale di Cagliari rigetta le richieste di amministrazione straordinaria dell’azienda di Villacidro e i 270 lavoratori licenziati e senza ammortizzatori sociali; Meridiana (circa 1600 licenziamenti su 1742 - l’impresa semplicemente licenzia i piloti il personale di bordo e quello di terra per appaltare le proprie attività ad aziende esterne con piloti e personale che costano molto meno ma hanno anche assai meno anzianità, esperienza e sicurezza); Igea, società pubblica a totale partecipazione della Regione autonoma della Sardegna, che semplicemente non paga gli stipendi, dopo avere opportunamente dimenticato di appaltare i lavori di manutenzione e di messa in sicurezza dei siti minerari alla sua azienda. Un discorso a parte meritano le aziende dell’informazione Sardegna UNO a Cagliari e Cinque Stelle ad Olbia: decine di giornalisti, tecnici e operatori dell’informazione in cassa integrazione da tre anni, a beneficio del monopolio della voce unica (Videolina e Unione Sarda). Cosa piace alla informazione omologata? Piace il fatto che così risulta evidente la ‘complicità’ dei lavoratori a questo sistema, che impedisce l’emergere della vera vocazione della Sardegna: quella turistica ed agro pastorale. Peccato che Equitalia, le banche e i grandi monopoli dell’agroalimentare rapinino il duro lavoro della terra, del pastore o del barista. Questo piace alla informazione omologata, i visi della disperazione, giovani donne che entrano nelle viscere della terra per salvare il proprio posto di lavoro o quello del compagno e la vita e il futuro dei propri figli. Ma la disperazione porta alla sconfitta, guardiamo un po’ più in là. Solo avendo la capacità di unire tutte queste situazioni in un’unica lotta per lo sviluppo può portare a un qualche minimo risultato, solo la fattiva solidarietà di tutti ai lavoratori in lotta può portare ad una prospettiva. Alla fine della seconda guerra mondiale la Sardegna sembrava altrettanto prigioniera del suo passato e dei suoi drammi, eppure una lotta unitaria ha portato la nostra terra dalla preistoria al XX secolo in poco più di una generazione e solo una lotta altrettanto unitaria di tutte le forze della nostra isola potrà portarla nel XXI secolo. Forse non è il tempo di un nuovo piano di rinascita ma è sicuramente il tempo di una rinascita in cui non solo i sardi ma lo Stato tutto faccia la sua parte intervenendo in economia e utilizzando il grande capitale umano costretto all’emigrazione e all’esilio.


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migranti

Il Processo di Khartoum Unione Europea e Italia decidono di esternalizzare le frontiere di Filippo Miraglia vicepresidente nazionale Arci

Si é tenuta nei giorni scorsi a Roma la conferenza ministeriale ‘EU-Horn of Africa Migration Route Initiative’, meglio conosciuta come processo di Khartoum, dal nome della capitale del paese in cui é stata organizzata la prima riunione di questo percorso che ha come obiettivo la «gestione delle rotte migratorie in provenienza dal corno d’Africa». La conferenza é stata presieduta dal ministro degli Esteri Gentiloni e dal ministro dell’Interno Alfano e si è svolta sotto la presidenza italiana dell’UE. Il Governo ha spiegato che si vogliono promuovere progetti concreti per una più efficace gestione dei flussi migratori nei Paesi del Corno d’Africa e nei maggiori Paesi mediterranei di transito (Libia, Egitto e Tunisia). Nel Processo sono coinvolti, oltre ai 28 stati membri UE, Libia, Egitto, Sudan, Sud Sudan, Etiopia, Eritrea, Gibuti, Somalia, Kenya, Tunisia, Paesi nei quali in molti casi diritti umani non sono tutelati o, come in Eritrea e Sudan, retti da sanguinose dittature. L’Italia ha sostenuto che «la gestione dei flussi in provenienza dal Nord Africa non può avvenire unicamente con operazioni umanitarie, come Mare Nostrum, o di controllo delle frontiere, come l’operazione Triton, gestita dall’agenzia europea Frontex». Il Processo di Khartoum deve concentrarsi, secondo il nostro governo, su un tema di grande urgenza: la lotta al traffico di migranti (‘smuggling’) e alla tratta (‘trafficking’). Successivamente, il Processo di Khartoum potrà coinvolgere anche altri temi, in coerenza con le priorità dell’UE (migrazione regolare, migrazione irregolare, migrazione e sviluppo e protezione internazionale). Anche in questo caso viene proposta la politica dei due tempi, laddove la certezza di impiego di risorse e di strumenti riguarda solo la parte di controllo e blocco dei flussi, mentre sulla parte di accesso regolare permane una totale incertezza su tempi e modi. Il primo passo sembra essere quello di coinvolgere, attraverso progetti di cooperazione da finanziare con fondi UE, l’Organizzazione internazionale per la Migrazione (OIM) e l’UNHCR con l’obiettivo di creare e gestire campi per migranti nei Paesi di partenza e di transito. Accanto a questo, si pensa a una campagna di informazione, già promossa in passato con evidente insuccesso, per

dissuadere le persone a partire, informandole dei rischi che corrono. E poi progetti per finanziare la formazione delle guardie di frontiera. In concreto l’obiettivo dell’UE, con in prima fila il governo italiano, è provare a trasferire nel nord Africa, se non direttamente nei paesi di partenza, le nostre frontiere, bloccando alla partenza sia i migranti ‘economici’ che i richiedenti asilo. Per raggiungere questo obiettivo, l’UE è pronta a discutere anche con il dittatore eritreo Isaias Afewerki, che dal 1993 governa il Paese dal quale arriva uno dei gruppi più numerosi di persone in cerca di protezione, proprio a causa della mancanza di qualsiasi parvenza di democrazia e di rispetto dei diritti umani. Una commissione d’inchiesta ONU sta fra l’altro indagando sui crimini commessi in Eritrea. Non molto migliori sono le condizioni della democrazia in Somalia e Sudan, da cui c’è un esodo costante di migliaia di profughi. L’idea di esternalizzare le frontiere è già stata promossa in passato da altri governi democratici. Il primo a farlo ufficialmente fu Tony Blair, ed è un’operazione che rischia di ottenere grande consenso perché, mistificando l’obiettivo con la lotta al traffico di esseri umani, in realtà rilancia le ragioni del razzismo istituzionale, oltre a rappresentare un grande business per le aziende che producono armi e sistemi di controllo. Ricordiamo che solo un anno fa l’allora governo Letta siglò un accordo col già traballante governo libico per l’installazione di un moderno sistema di monitoraggio radar della frontiera sud di quel Paese per una spesa di ben 300 milioni di euro andati a Finmeccanica. Questo Processo punta quindi a fermare, lontano dagli occhi dell’opinione pubblica e usando argomenti apparentemente a favore dei profughi («se non partono non rischiano la vita»), quel flusso di persone che ottengono sempre una forma

di protezione dallo stato italiano considerati i paesi da cui provengono. Nel 2013 l’Eritrea è stato il decimo paese di provenienza dei rifugiati si competenza UNHCR a livello globale e nella prima metà del 2014, l’Eritrea, insieme a Iraq e Afghanistan, è stato il secondo paese di provenienza di tutte le richieste d’asilo presentate. Le percentuali di riconoscimento tra le persone provenienti da Siria, Eritrea, Iraq, Somalia e Afghanistan variano tra il 62 e il 95 per cento. Fermare i profughi attraverso l’istituzione di campi nei paesi di transito (per esempio in Libia) vuol dire chiudere gli occhi di fronte alle gravissime, e ampiamente denunciate, violazioni dei diritti umani che lì si compiono. In Libia, peraltro, è in atto una guerra civile e la gestione dei migranti é controllata dalle milizie armate che usano gli stranieri, detenendoli, come fonte di introito economico, oltre alla pratica diffusa dei rapimenti alle frontiere sud, a Kufra e Sebha. Come Arci, insieme a tanti altri, continuiamo a sostenere che, per evitare altri migliaia di morti e scomparsi in mare, è necessario aprire subito canali di ingresso legali, e tra questi, canali di ingresso umanitari. Il che è evidentemente cosa assai diversa dall’attribuire a paesi inaffidabili o con regimi dittatoriali la responsabilità di accogliere e farsi carico delle domande d’asilo. L’UE e l’Italia devono abbandonare le politiche proibizioniste, che rendono possibile l’accesso solo attraverso canali illegali, anche dei richiedenti asilo, promuovendo una riforma della legislazione che ne cambi completamente il segno per consentire ai migranti di non doversi più mettere nelle mani dei trafficanti e della criminalità. Avere politiche di ingresso comuni, rendendo possibile la circolazione delle persone che arrivano in Europa per ricerca di lavoro o per chiedere protezione, vuol dire combattere concretamente coloro che fanno affari o speculano politicamente sul proibizionismo dei governi. Il Processo di Khartoum è una scelta che va nella direzione opposta e che può favorire nei fatti, oltre agli affari delle aziende della guerra, oltre al razzismo politico e istituzionale, anche il business di chi organizza i viaggi della speranza, che spesso si trasformano in viaggi della morte.


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società

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La solidarietà di Arci Toscana al Presidente della Regione di Gianluca Mengozzi presidente Arci Toscana

I giornali hanno titolato: «la foto che fa discutere i social». Ma per noi a far discutere sono i commenti che quella foto ha generato. Ci riferiamo all’immagine postata sulla propria pagina facebook dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che lo vede ritratto assieme ad una numerosa famiglia Rom, sua vicina di casa. La foto è comparsa nel pomeriggio della scorsa domenica e ancora oggi continua ad accumulare visualizzazioni. Sin da subito il tenore dei commenti negativi ha preso il sopravvento sui like. Ad alimentare il fuoco di critiche è stato l’attivismo di esponenti della destra toscana e nazionale. Su quel post sono migliaia i commenti impregnati di razzismo e odio razziale nonché considerazioni di ‘opportunità’ che giustificano la discriminazione invocando la necessità in questo momento di crisi economica di concentrare l’attenzione sui cittadini italiani e toscani. Ora. Noi, come abbiamo scritto in un comunicato diffuso nella giornata di lunedì, abbiamo ribadito che «la furia del pregiudizio e la gabbia della paura ci lasceranno solo più tristi, arrabbiati e

abbrutiti», solidarizzato con il presidente della Toscana e sostenuto la sua richiesta rivolta a Facebook Italia di aderire pienamente alla campagna No Hate Speech Movement (http://www.nohatespeechmovement.org), iniziativa del Parlamento europeo diretta a contrastare il linguaggio intollerante sul web. Alla luce di quanto accaduto, mettiamo in evidenza ulteriori elementi. In primo luogo, l’unico comunicato ufficiale di solidarietà è giunto dalla nostra associazione. In secondo luogo, sono stati numerosi i commenti critici nei confronti del governatore provenienti da persone che si definivano di sinistra e si dichiaravano sostenitori dello stesso Rossi. In terzo luogo, e soprattutto, le dichiarazioni giunte da esponenti politici di rilievo nazionale, anche appartenenti al centro-sinistra, non solo hanno lasciato intendere l’inopportunità di una foto del genere ma hanno accompagnato la loro considerazione (in nome della difesa dalle accuse di ‘buonismo’) sottolineando il proprio impegno a coniugare diritti, inclusione e rispetto della legalità: insomma, quasi dando

per scontato l’automatismo lombrosiano etnia-reato. Dunque, sulla base soprattutto di quest’ultima considerazione, siamo, nostro malgrado, sicuramente di fronte ad un pericoloso innalzamento dei livelli di intolleranza, che sempre più spesso è strumentalmente alimentata da forze politiche che non nascondono la loro matrice xenofoba. Ma ad emergere è un dato ancora più preoccupante. Sembra essersi perso, anche in parte del campo progressista, un punto politico principale e fondante di civiltà: il principio di dignità e uguaglianza delle persone, senza distinzioni di appartenenza etnica o razziale. La sfida contro il razzismo e la xenofobia sul piano culturale e sociale si fa sempre più difficile e delicata. Per noi, l’Arci, il compito non solo di non arretrare di un millimetro, ma di rilanciare in maniera convincente nel dibattito pubblico le ragioni dell’antirazzismo, delle politiche pubbliche inclusive. Il confronto è complicato, ma, come spesso è già avvenuto, a rischio sono la convivenza civile e la qualità della democrazia.

Tempi ‘neri’ nella capitale di Mariangela De Blasi Arci Solidarietà onlus

Tempi bui nella Capitale, forse potremmo anche dire ‘neri’. L’onda lunga dell’amministrazione Alemanno, che ha sdoganato vecchi e nuovi fascisti ridandogli voce e spazi, non smette di travolgere Roma. Periferie in subbuglio agitate da sedicenti difensori dei diritti e della legalità di quella piccola Italia invasa da zingari e immigrati che ci rubano tutto, anche il buon senso. Un odio sociale alimentato da professionisti speculatori che si insinuano tra le maglie del malessere e di quel senso di precarietà che attanaglia gran parte della popolazione stremata dalla crisi. Il livello è sceso talmente in basso che si è arrivati a impedire ai minori rom del campo di via Lombroso di andare a scuola. Infatti, alcuni giorni fa, dopo le notizie, smentite dai dirigenti scolastici, di raid compiuti da rom contro gli studenti di alcuni istituti nella zona di Monte Mario, un gruppo di ‘manifestanti’ di Casa Pound ha bloccato l’uscita del villaggio attrezzato mentre i bambini del campo si apprestavano ad andare a scuola. Lo stesso è avvenuto di fronte ad alcune scuole della zona in cui

i minori rom sono iscritti. È ormai evidente che il clima da ‘caccia alle streghe’ che si respira nella nostra città, alimentato dalla cattiva informazione e sfruttato da uno squallido opportunismo politico, non può più essere tollerato, a maggior ragione se a farne le spese sono i gruppi sociali più fragili. Noi vogliamo parlare alle persone che vivono nei quartieri, invitando tutti a recuperare la lucidità necessaria per capire che non sono i rom il problema della nostra città, non sono i rifugiati di Tor Sapienza ad aver fatto sprofondare il quartiere nel degrado. Parlare ai cittadini di Roma raccontando la verità, questo è ciò che Arci Solidarietà ha chiesto anche attraverso una lettera aperta a Corrado Formigli, conduttore su La7 della trasmissione Piazza Pulita, durante la quale, partendo dai fatti del campo di Lombroso, si è gettata un’ombra sulla serietà e sulla trasparenza degli enti che intervengono con progetti sociali ed educativi all’interno dei campi. Arci Solidarietà ha respinto con forza l’accusa di essere la solita «cooperativa rossa che

prende affidamenti diretti da sindaci amici». Abbiamo invitato Formigli a guardare la documentazione che attesta la regolarità dei rapporti con la P.A., a passare con noi una giornata di lavoro tra pulmini che raggiungono le periferie dove sono ubicati i campi e presidi interni ai villaggi, in cui si respira la diossina dei materiali di risulta bruciati. Vorremmo che ascoltasse il nostro racconto lungo vent’anni di politiche sui rom a Roma, fatto di storie delle persone che abitano i campi, dei loro bisogni e desideri. Di chi sa che i campi sono microcosmi in cui convivono tante realtà differenti e per questo si adopera a cercare soluzioni differenziate, che non salvino e non condannino un popolo in toto solo perché ‘zingaro’. È il racconto di chi ha interloquito con le istituzioni a tutti i livelli, provando a costruire politiche di inclusione e di fuoriuscita dai campi, operatori sociali impegnati tutti i giorni in luoghi di marginalità e disagio dove troppo spesso siamo gli unici ad entrare. Il racconto di chi sa che il lavoro sociale si fa costruendo comunità solidali.


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legalitàdemocratica

Si chiude in Spagna il viaggio europeo della Carovana antimafie di Alessandro Cobianchi

La Carovana franco-spagnola è durata tanti giorni, il viaggio si fa sentire, specialmente se ti muovi a bordo di furgone. Perpignan è l’ultima tappa francese. Siamo ospiti della Ligue in una palazzina che ricorda per tanti versi il centro Malafronte. Compresa la difficoltà di parcheggiare i furgoni nel cortile. Ci aspetta un pubblico eterogeneo, fra cui tanti giovani del servizio civile. La tratta degli schiavi è un tema sentito, siamo vicini alla Spagna e ancora una volta avvertiamo sensibilità diverse in ogni territorio. È così anche in Italia, a noi carovanieri è richiesta una versatilità che ci porta a cambiare spesso impostazione del discorso e scelte ‘didattiche’. La mostra fotografica I nuovi schiavi piace tanto da chiederci di partecipare ad uno dei più prestigiosi premi europei di fotografia, che si tiene proprio a Perpignan. Ripartiamo con la promessa di tornare: i primi frutti di un lavoro che finalmente inizia

a produrre risultati. Con tanta fiducia in più, ma anche molta stanchezza, ci dirigiamo verso Barbera del Valles, un grande sobborgo alle porte di Barcellona, prima tappa della Carovana in Spagna, anzi scusate, in Catalunya. I nostri partner sono i Casal des Joves, un’associazione conosciuta grazie al campo antimafia organizzato dall’Arci di Catania e ai tanti scambi europei realizzati dal comitato. Il Casal ricorda molto l’Arci, ha tanti circoli in cui si svolgono le più svariate attività ricreative e culturali. Sono impegnati sul tema degli sfratti forzati di coloro che non sono più in grado di pagare il mutuo e sui Cie (si chiamano così anche in Spagna). I Casal sono una via di mezzo fra i centri sociali (almeno nell’iconografia) e, appunto, il circolo Arci. Colpisce che in un’atmosfera tanto ‘alternativa’ (l’anima anarchista catalana si respira davvero tutta!), vi siano decine di opuscoli sul bere responsabile e sul

La mafia non è... A Genova un progetto per la legalità Nel centro storico di Genova è nata una rete di negozianti antimafia. Si riconoscono perché hanno affisso un cartello arancione in vetrina, che spiega il loro impegno per la legalità. Come simbolo del loro impegno hanno anche scelto di tenere a listino (o nel loro menu) alcuni prodotti di Libera Terra. La rete nasce ispirandosi all’esperienza siciliana di Addiopizzo ed è sostenuta da associazioni di cittadini, gas, scout, parrocchie che hanno condiviso un percorso di formazione e di sensibilizzazione del quartiere (un mese fa le vie della Maddalena sono state tappezzate di ‘pizzini’ contenenti estratti delle relazioni della Commissione parlamentare sulle mafie, della Dia, della Fondazione Caponnetto...). Promotori del percorso sono Arci Genova, la Comunità di San Benedetto al Porto, il presidio di Libera Francesca Morvillo e l’associazione dei commercianti della Maddalena, che da molto tempo ha assunto un codice etico che impegna chiaramente gli aderenti a contrastare l’infiltrazione mafiosa

nell’economia del quartiere. Ora gli esercizi commerciali che hanno appeso il cartello, in una zona ad alto tasso di infiltrazione mafiosa (si pensi che sono stati confiscati oltre 90 beni in poche vie), hanno bisogno del sostegno di tutti: della città ma anche dei turisti. La Maddalena, quartiere bellissimo e antico, deve tornare ad essere attraversata da chi ama la città, con la curiosità di incontrare chi si batte per mantenerla bella e ricca di cultura. Per promuovere la rete dei commercianti antimafia è stata avviata una campagna - MafiaNonÈ padrona, non è lavoro, non è una banca...- collegata ad un hashtag (#mafianone) e a una pagina facebook (Lamafianone) su cui si trovano la mappa aggiornata dei negozi, ristoranti, pub e b&b che hanno aderito e la galleria di scatti che cittadini e volti noti hanno scelto di farsi presso i negozi per far conoscere l’iniziativa. I primi sono stati il sindaco e gli assessori al commercio e alla legalità e sabato notte è comparso un post dei Subsonica.

consumo delle droghe. A Molins de rei, in un Casal che è una vera e propria casa del popolo, raccontiamo ad un pubblico vasto, composto da ragazzi e da adulti, le buone pratiche realizzate in questi anni dalla rete di Carovana. Da bravi ‘guastatori’ manifestiamo la preoccupazione sulla presenza delle mafie italiane (e non solo) in Spagna, poi il dibattito scivola sulle rotte dei traffici di esseri umani. I prodotti dei beni confiscati (vino, taralli, ecc) sono più efficaci di un manuale antimafia perché hanno l’ingrediente del «ce la possiamo fare». Il giorno dopo ci aspetta Barcellona e qui c’è il destino del carovaniere che attraversa città stupende per rinchiudersi in stanze per riunioni uguali ad ogni latitudine. La Rambla è a pochi passi ma la precisione catalana prevede diversi incontri preparatori. Incontriamo Joan Queralt, scrittore e giornalista di caratura internazionale, autore de La Gomorra di Barcellona. Joan è preparatissimo e ci fa inorgoglire quando dice che aspettava da anni la Carovana in Spagna. Abbiamo molte idee in comune sulle mafie in Europa, sulla permeabilità spagnola alle infiltrazioni, che rende questo Paese, anche a causa del suo sistema giuridico, più debole proprio rispetto alle organizzazioni mafiose. Non è un caso che un terzo dei latitanti italiani per reati di mafia, venga a rifugiarsi qui in compagnia di narcos colombiani e messicani. Le rotte della droga e di esseri umani hanno in Spagna uno dei suoi nodi essenziali, si pensi alla Galizia o, per le speculazioni edilizie della Camorra e delle altre mafie, alla Costa (detta ‘Cosca’) del Sol. L’ultima tappa di Carovana è ricca di spunti e di idee. Non siamo polizie europee ma reti sociali che si intrecciano sull’antimafia ‘popolare’. La Carovana europea è stata proprio questo: la costruzione dal basso di una rete associativa che, a partire dalla partecipazione, sperimenta pratiche concrete nel singolo quartiere, nella banlieu, nel barrio. Il sogno? Federare a livello europeo queste reti, costruire soggettività tanto forte e incentrata sul rapporto fra giustizia sociale e legalità, che liberi la circolazione delle persone arginando quella delle mafie. Come scriveva, in fondo, Buenaventura Durruti, protagonista della rivolta anarchica catalana del 1936, «la vittoria politica è inganno e illusione, se non è seguita dalla vittoria economica».


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società

Sosteniamo ‘Ristretti Orizzonti’ di Walter Massa presidente Arci Liguria

La qualità della vita nelle nostre carceri è ancora lontana da uno standard che sia coerente col dettato costituzionale, in particolare gli articoli 27, sulle finalità educativa della pena, e 32, sul diritto alla salute intesa non come mancanza di malattia ma come stato di benessere psico-fisico. A fronte di queste riflessioni pessimistiche ricordiamo che, fortunatamente, esiste l’impegno di volontariato e Terzo settore per cercare di modificare la situazione. È quanto facciamo noi in Liguria, da molti anni, attraverso diverse iniziative

Report sul Seminario nazionale di studi ‘Per qualche metro e un po’ di amore in più’ a cura di Sara Viganò    volontaria servizio civile

Quella che segue è l’introduzione di Sara Viganò all’articolo che ha scritto sul seminario nazionale di studi Per qualche metro e un po’ di amore in più. L’articolo completo è su www.arciliguria.it «Nell’attesa dell’inizio del seminario, mentre ancora nessuno si è accomodato e ci si appresta a porgere saluti a sguardi conosciuti o cari, non posso fare a meno di notare il via vai che coinvolge l’intero spazio adibito al convegno. Tra la confusione dei saluti e dei nuovi arrivi spiccano al mio sguardo i passi a tre delle persone ristrette che approfittano dell’attesa per passeggiare. Rifletto e penso a quanto la ristrettezza influenzi i gesti e i movimenti quotidiani. E di come, soprattutto in un giorno come quello di oggi che potrebbe rappresentare un momento di rottura rispetto ai ritmi costanti e ripetitivi dell’istituto, sia comunque affrontato con le consuetudini apprese».

tra cui, ad esempio, il progetto Ponte e l’impegno a sostenere l’esperienza della messa alla prova recentemente estesa anche ai detenuti adulti dopo i buoni risultati ottenuti con i minori. Nel panorama delle realtà impegnate sul carcere spicca, indiscutibilmente, quella dei detenuti del carcere di Padova che, col sostegno dell’associazione Granello di Senape di Padova, ha dato vita, dal 1998, alla rivista bimestrale Ristretti Orizzonti. Negli anni alla rivista si sono aggiunti libri, cd, un’accurata rassegna stampa quotidiana sul carcere e numerose iniziative di sensibilizzazioni di alto livello. Ultima iniziativa in ordine di tempo il seminario nazionale di studi Per qualche metro e un po’ di amore in più, di cui in pagina trovate il Manifesto conclusivo con alcune proposte concrete per rendere il carcere «più umano», e la premessa di Sara Viganò, nostra volontaria del servizio civile, all’articolo scritto da lei dopo aver partecipato al seminario. Ora Ristretti Orizzonti è in difficoltà: «La crisi economica ha fatto diminuire di molto gli abbonamenti a Ristretti

Orizzonti e anche i contributi pubblici, abbiamo gravi problemi di liquidità e il servizio di informazione che vi offriamo rischia di cessare se non raccogliamo il necessario per dare un compenso minimo ai detenuti che ci lavorano e a pagare bollette e canoni vari nel 2015 - spiegano nel loro appello - il Notiziario quotidiano è gratuito e deve restare gratuito: non vogliamo perdere neppure un lettore, perché di carcere si deve sapere, discutere, riflettere». È proprio per questo che sentiamo la necessità di farci carico come associazione di sostenere Ristretti Orizzonti, che anche per noi è diventato uno strumento indispensabile per capire e conoscere. Estendiamo questo invito a sostenere Ristretti Orizzonti a tutti i comitati Arci con le modalità che ognuno riterrà opportuno. Siamo infatti fortemente convinti che aiutando questo strumento di preziosa informazione e documentazione della vita ‘dentro’ possiamo aiutare noi stessi a costruire una società migliore. E forse anche più giusta. www.ristretti.it

Manifesto con alcune proposte concrete per rendere il carcere più ‘umano’ • ‘Liberalizzare’ le telefonate per tutti i detenuti, a telefoni fissi o cellulari, introducendo il sistema della scheda telefonica, che consente un’enorme riduzione della burocrazia rispetto alle ‘domandine’ scritte. Telefonare più liberamente ai propri cari potrebbe costituire un argine all’aggressività determinata dalle condizioni di detenzione e una forma di prevenzione dei suicidi; • consentire i colloqui riservati di almeno 24 ore ogni mese, da trascorrere con la famiglia senza il controllo visivo. Consentire inoltre che i colloqui siano cumulabili per chi non fa colloquio con i familiari almeno ogni due mesi; • aumentare le ore dei colloqui ordinari, dalle sei ore attuali, a dodici ore mensili, per rinsaldare le relazioni, che sono alla base del reinserimento nella società; • aggiungere agli attuali 45 giorni di permessi premio alcuni giorni nell’arco dell’anno da trascorrere con la famiglia. Nell’attesa dell’approvazione di queste riforme dal convegno di Ristretti Oriz-

zonti sono state avanzate anche una serie di proposte che potrebbero essere attuate subito, con una semplice circolare dell’Amministrazione penitenziaria, senza neppure cambiare una legge: • dare la possibilità di aggiungere alle sei ore di colloqui previste ogni mese alcuni colloqui ‘lunghi’ con il permesso di pranzare con i propri cari; • due telefonate in più al mese per tutti i detenuti; • l’allestimento di postazioni per permettere ai detenuti, in particolare quelli che hanno famiglie lontane, di fare colloqui visivi via Skype con i loro familiari; • migliorare i locali adibiti ai colloqui, e all’attesa dei colloqui, con una attenzione maggiore per le esigenze di anziani e bambini (servirebbero in tutte le carceri pensiline, strutture provviste di servizi igienici, spazi per i bambini); • maggiore trasparenza sui trasferimenti, che dovrebbero essere ridotti al minimo e rispettare i principi della vicinanza alle famiglie e della possibilità di costruire reali percorsi di reinserimento sul territorio.


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solidarietàinternazionale

Cibo per il pianeta, democrazia, diritti umani, legalità nel confronto tra giovani italiani e latinoamericani di Silvia Stilli direttrice Arcs

Nell’agenda internazionale che coinvolge quell’Italia che ha relazioni strette con la società civile latinoamericana, due gli appuntamenti importanti da maggio a ottobre 2015: l’Expo 2015 Nutrire il pianeta, energia per la vita, all’interno del processo di aggiornamento e ridefinizione degli Mdg’s (Obiettivi del Millennio), in cui le associazioni aderenti a reti e movimenti per i diritti globali e i beni comuni, a partire da via Campesina, cercheranno di far sentire la loro voce, partendo dall’esperienza del comitato italiano dell’Expo dei Popoli; l’Anno per le relazioni tra Italia e America Latina,un contenitore molto istituzionale, anch’esso proteso verso Expo, che va ‘contaminato’ con iniziative e tematiche che pongano al centro la cittadinanza attiva, la democrazia, le relazioni comunitarie. Fuori dall’Expo, nella città di Milano, negli spazi sociali, nei circoli Arci, come nel Padiglione della Società Civile dentro il villaggio di Expo, la Cascina Triulza, Arcs vuole portare i partner latinoame-

ricani delle associazioni giovanili attive sui temi della sostenibilità ambientale e della sovranità alimentare, dell’impegno civile contro l’esclusione sociale, da Cuba, Colombia, Bolivia, Argentina e Brasile. Per questo, da più di un anno, sta dialogando con il Maeci per costruire un progetto di scambio, cofinanziato anche dall’UE e da Fondazioni private, che coinvolga, oltre il territorio milanese, comitati che hanno relazioni forti con i Paesi citati e altri partner associativi. Con un piccolo finanziamento della direzione generale Scambi e un contributo fattivo e materiale del Comitato Arci di Caserta, Arcs ha realizzato a Roma, dal 23 al 27 novembre scorso,un primo start-up del progetto previsto per il 2015, coinvolgendo 2 giovani cubani di Actaf e di Hermanos Saiz e 2 giovani di Viva la Ciudadania della Colombia, partner di programmi in corso e 10 tra ragazze e ragazzi impegnati nella costruzione dei campi della legalità, volontari e stagisti in Italia e nei campi di conoscenza all’estero.

Sono stati giorni di incontro e confronto con le esperienze importanti dell’Arci sui temi dei migranti, della pace e sull’impegno nelle reti internazionali, sulla fotografia e la comunicazione sociale, di conoscenza di campagne sui beni comuni ed esperienze di economia solidale e coworking sostenibile. Il 27 novembre, alla sala stampa di Montecitorio, l’evento finale di incontro con parlamentari sensibili ai temi del volontariato giovanile, con altre esperienze di prevenzione dell’esclusione sociale e promozione di associazionismo rivolte ai giovani. Per i 2 ospiti colombiani, il viaggio è continuato in Toscana, presso Arci Firenze, partner di progettazione di Arcs. Adesso il lavoro ricomincia dagli esiti di queste giornate di scambio, dalle attenzioni ricevute da alcuni parlamentari, dall’interesse del Maeci e dalla sinergia con attività di solidarietà internazionale di Arcs e dei comitati Arci in America Latina per realizzare il programma previsto nel 2015.

Legge di Stabilità: mancano le risorse promesse per la nuova cooperazione internazionale dell’Italia Le reti e rappresentanze delle organizzazioni e associazioni non governative di cooperazione internazionale - AOI, CINI e Link 2007 – esprimono viva preoccupazione alla luce dell’andamento della discussione sulla legge di stabilità, rispetto al testo approvato alla Camera dei Deputati. In vista dell’esame in corso in Senato, portano quindi all’attenzione di tutti gli attori privati della cooperazione internazionale, dei media, della pubblica opinione, oltre che del Governo e del Parlamento, il fatto che allo stato attuale i finanziamenti in capo al Ministero degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale sono fermi al livello del 2014, ovvero circa 240 milioni. Ritengono che questo sia un fatto grave in questa importante fase di avvio dell’implementazione della Legge 125/2014, che ha istituito il nuovo sistema e la nuova strutturazione del MAECI per un effettivo aggiornamento delle politiche di cooperazione internazionale dell’Italia, oltre che alla luce del periodo di presidenza italiana del semestre europeo, che ripropone con forza il suo ruolo geopolitico centrale

per la stabilità, il dialogo e la pace nel Mediterraneo, riconosciutole dall’Europa con la scelta di assegnare la delega Pesc al Ministro Federica Mogherini. Le rappresentanze delle ong e degli attori sociali di cooperazione internazionale fanno notare anche in questa occasione che l’Italia è, nella comunità dei donatori internazionali, fra i Paesi più lontani dagli obiettivi internazionali, avendo raggiunto nel 2013 lo 0,16% in aiuti della propria ricchezza, molto distante dall’obiettivo dello 0,7% entro il 2015. Rispetto agli obiettivi assunti a partire dalla Conferenza Nazionale sulla Cooperazione internazionale del 2012, riconfermati con il DEF del governo Renzi e la stessa legge 125, ci attendevamo quanto meno un incremento del 10% dei finanziamenti per il Ministero. Al momento non risulta che tali risorse siano state reperite. In questa legge di Stabilità approvata alla Camera è presente un ulteriore elemento di preoccupazione, condivisa con l’intero Terzo Settore italiano, che riguarda l’aumento della tassazione sugli utili delle fondazioni di origine bancaria, che avrà

come conseguenza diretta la riduzione delle loro erogazioni al mondo no profit impegnato nel sociale, nell’educazione, nella promozione culturale e anche nei programmi di cooperazione, solidarietà e volontariato internazionale. Le organizzazioni e ong che hanno forte vocazione di volontariato internazionale chiedono inoltre che sia posta attenzione da parte dei soggetti istituzionali e dell’opinione pubblica al taglio rilevante che la legge di stabilità approvata alla Camera ha segnato nei confronti dell’impegno previsto e confermato dal Governo per il rafforzamento del servizio civile nazionale e internazionale, anche in vista del passaggio al servizio civile universale. Il presente appello é rivolto con decisione a Senatori e Deputati affinché siano attribuite alle attività di cooperazione del Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale le risorse necessarie, ovvero 25 milioni di euro addizionali ai livelli del 2014. È un atto necessario, tanto più alla luce del semestre di Presidenza Italiana dell’UE e degli impegni internazionali del prossimo anno, a partire dall’Expo 2015.


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Le iniziative del circolo L’Alba per la Giornata della salute mentale

Il 19 dicembre lo spettacolo Big bug Fish In occasione della Giornata nazionale della Salute mentale del 5 dicembre, il circolo Arci L’alba di Pisa promuove una serie di iniziative volte ad informare e sensibilizzare l’opinione pubblica a percorsi innovativi e buone pratiche per ridurre il pregiudizio nei confronti di questa problematica. Il 5 dicembre alle 9 presso l’Auditorium del Polo tecnologico di Navacchio (PI) si terrà Servizi cogestiti dagli utenti, l’impresa sociale, giornata di studio in collaborazione con l’Azienda USL 5 di Pisa. Il convegno prevede una riflessione e un approfondimento del tema dei servizi coprogettati e cogestiti dagli utenti della salute mentale in Italia e all’estero con un approfondimento sulla natura dell’impresa sociale italiana ed estera, la fotografia dello stato dell’ arte e le possibilità di evoluzione di questa importante realtà nella compagine dei servizi di sostegno e reinserimento di persone con problematiche psichiatriche. Il 6 dicembre alle 17 ci sarà, presso la sede del circolo, la premiazione del concorso di poesia e prosa Versi per l’Anima, giunto alla sesta edizione, nato con l’obiettivo di aumentare l’attenzione sul problema del disagio psichico e mostrare come la scrittura, in quanto espressione di sé e dei propri stati d’animo, sia una delle arti utili per trovare la strada verso un maggior benessere. Venerdì 19 dicembre alle ore 21 presso il Teatro Verdi di Pisa si svolgerà lo spettacolo Big Bug Fish, ideato e prodotto dall’Alba. Lo spettacolo, frutto di una regia partecipata coordinata da Gabriella

Garzetti, integra in scena la sapienza dei laboratori artistici utilizzati dall’Alba come strumenti per la trasformazione emozionale e l’autonomia di persone con problemi mentali, che diventano attori dello spettacolo. Uno scenario a metà tra il surreale e lo psichedelico, il grottesco e il fiabesco, che si staglia in momenti di eccezionale poesia e verità grazie alla professionalità e profondità umana dei conduttori dei laboratori e all’autenticità dei soci-attori utenti. Pesci e insetti a metafora di tutti gli esseri superano le dure prove del vivere attraversando le avventure del percorso vitale, morti e rinascite. Lo spettacolo sarà impreziosito dalle esibizioni di Madaus (vincitori Premio Ciampi 2011 e SenzaFilo Contest 2013), Finaz (chitarrista della Bandabardò) e E.P.O. (King Crimson cover band). La serata si concluderà con un finale a sorpresa. L’incasso sarà devoluto ai percorsi di inclusione e riabilitazione psico-sociale di utenti della salute mentale. www.lalbassociazione.com

Premio Pierangelo Bertoli Prende il via la terza edizione del Premio Pierangelo Bertoli, dedicato al cantautore sassolese, il cui valore artistico è stato talmente elevato da motivare la nascita di un concorso per premiare chi – come lui - attraverso la musica è capace di arrivare al cuore della gente. Al concorso, destinato ai giovani cantautori, possono partecipare singoli o band che scrivono i testi delle proprie opere, requisito fondamentale, e ne compongono la musica. Il brano presentato deve essere inedito, in lingua italiana o dialetto. Non

ci sono limiti di età. La domanda deve essere inviata entro il 14 marzo 2015 a premiobertoli@bertolifansclub.org o per posta ordinaria ad associazione culturale Montecristo, via Rainusso 130, 41124 Modena. Il concorso è promosso dall’associazione culturale Montecristo, dal Comune di Modena, dal Comune di Sassuolo, con la collaborazione di Arci nazionale circuito musicale, Arci Real, Arci Modena e con il pieno appoggio della famiglia Bertoli. www.arcimodena.org

daiterritori

in più chiamata alle ‘arti’ BERGAMO L’Arci di Bergamo, in

occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne dello scorso 25 novembre, ha lanciato una ‘chiamata alle arti’ chiedendo a tutte le donne che operano nel campo della cultura di realizzare un’opera (dipinto, fotografia, video, piccole installazioni, scultura, prosa, poesia) sul tema e di metterla a disposizione per organizzare sul territorio bergamasco delle ‘installazioni culturali’ contro la violenza per tutto l’anno. Fino al 10 febbraio le opere saranno raccolte nella sede Arci. L’8 marzo sarà inaugurata la prima installazione delle opere in città e poi in provincia. bergamo@arci.it

special christmas PERUGIA Dal 6 al 23 dicembre si

terrà a Perugia la prima mostra mercato di artigianato natalizio promossa dal comitato Arci di Perugia e patrocinato dalle istituzioni locali. Perugia Special Christmas, questo il titolo dell’evento, trasformerà le più importanti vie e piazze della città in un vero e proprio villaggio natalizio. Il mercatino sarà inaugurato dal

coro dell’Istituto comprensivo Perugia 1 che, il 6 dicembre alle 11.30 sulle scale del Palazzo dei Priori, si cimenterà in canti natalizi.. perugia@arci.it

festarci 2014 SAVONA Sei appuntamenti in cin-

que circoli tra Savona e provincia con FestArci 2014, manifestazione nata con l’obiettivo di promuovere la cultura e far conoscere l’attività svolta quotidianamente dagli 80 circoli Arci presenti nella provincia di Savona. Concerti, proiezioni, rappresentazioni teatrali, balli occitani, con eventi culturali ma allo stesso tempo ricreativi e di svago. Ingresso gratuito. fb Arci Savona

pacchi di natale RIETI L’Arci territoriale propone

l’acquisto dei pacchetti di Natale del Gas, per dare un contributo natalizio all’economia locale fatta dai produttori buoni, puliti e giusti del territorio. Chi fosse interessato puó ordinare i pacchetti inviando una mail entro il 15 di dicembre all’indirizzo rieti@arci. it. La consegna avverrà presso la sede dell’Arci di Rieti il 20 dicembre.


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daiterritori

A Fondi Obiettivi sul lavoro 2014

Il cineforum

L’associazione Murales Arci-Ucca presenta Obiettivi sul lavoro 2014, la rassegna cinematografica itinerante dei film premiati e selezionati dal concorso per audiovisivi Obiettivi sul lavoro. Nei giorni 4, 11 e 18 dicembre alle 18, presso la sala Lizzani del complesso conventuale San Domenico a Fondi (LT), saranno proiettati i sei film premiati e i sette selezionati e ci saranno incontri con la partecipazione di alcuni registi delle opere proiettate e rappresentanti sindacali della Flc-Cgil. Tra gli ospiti già confermati, la regista Camilla Ruggiero, il regista Massimo Ferrari e Mauro D’Arcangelo della Flc-Cgil nazionale.

Presso il Teatro del Pane, in via Fontane 91/A, a Fontane di Villorba (TV), ogni giovedì ci sarà la proiezione di un film della rassegna promossa dall’Arci di Treviso e dedicata al nuovo cinema tedesco anni Settanta e Ottanta. Prossimo appuntamento l’11 dicembre con Berlin Alexanderplatz di Rainer Werner Fassbinder. Ingresso 1 euro riservato ai soci Arci.

www.muralesfondi.it

A Nuoro il corso di archeologia Si è concluso con successo, nonostante le difficoltà, il corso di lezioni di archeologia promosso dall’Archeo Arci di Nuoro. Un mese intenso, ricco di cultura e anche di piacevoli rapporti umani, che ha rafforzato la presenza a Nuoro dell’attualità della ricerca archeologica. Venuto meno il contributo della Fondazione Banco Sardegna, sembrava stesse per esaurirsi l’esperienza ultradecennale dell’autunno archeologico nuorese. Invece è accaduto che un insieme solidale e funzionale di sinergie abbia consentito ancora e con maggiore entusiasmo un calendario ricco di appuntamenti. Il 15esimo corso di lezioni di archeologia, che ha impegnato, tra docenze e visite guidate sui siti, 12 giornate, ha dato spazio ai Giganti di Mont’e Prama, l’Associazione archeologi e docenti, Raimondo Zucca, Alessandro Usai, Carlo Tronchetti, protagonisti diretti che, sulla spianata di Cabras, stanno richiamando l’attenzione del mondo scientifico e culturale europeo e mondiale. www.archeoarcinuoro.it

A Bergamo contro la tortura In occasione della campagna In silenzio contro la tortura, lanciata per il 10 dicembre dall’Arci assieme ad Amnesty, Antigone e Cittadinanza Attiva, l’Arci di Bergamo propone una ulteriore iniziativa a tutti coloro che passeranno presso la sede in via Quarenghi 34: dalle 10 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 17,30 del 10 dicembre è possibile sostenere la richiesta di una legge che introduca il delitto di tortura lasciando un pensiero e la propria firma su un apposito quaderno oppure lasciandosi fotografare con l’immagine della campagna, reperibile sui social nell’album #notortura oppure inviando una foto o mandando un pensiero all’indirizzo bergamo@arci.it

Concorso per giornalisti precari L’Arci di Pinerolo, con l’associazione culturale Stranamore, l’associazione Per la conoscenza, la difesa, l’attuazione della Costituzione, Riforma-L’Eco delle Valli Valdesi, l’associazione culturale Pensieri in piazza, lancia il concorso a tema ambientalista per giornalisti precari e aspiranti in ricordo di Giorgio Gardiol. Sempre (come diceva) dalla parte dei perdenti della società, con gli umili, con i diseredati, a fianco degli emigrati italiani a Ginevra o alle madri di Plaza de Mayo in merito alla sorte dei tanti desaparecidos, Giorgio Gardiol fu attivo nelle battaglie antinucleari e per l’acqua pubblica e, negli ultimi dieci anni della sua vita, molto attivo nell’associazione Per la conoscenza, la difesa, l’attuazione della Costituzione. Il bando, aperto a tutto il territorio nazionale, si rivolge a giornalisti precari e ad aspiranti giornalisti tra i 22 e i 30 anni, per l’assegnazione di tre borse di studio. Gli articoli e la relativa documentazione dovranno essere inviati a partire dal 15 dicembre e fino al 15 gebbraio 2015 all’indirizzo di posta elettronica perlacostituzione@gmail.com

Donazioni per Kobane Il circolo Arci Pontenovo di San Polo d’Enza (Reggio Emilia) ha effettuato una donazione a favore della popolazione di Kobane, la città siriana che resiste ai feroci attachi dello stato islamico. La donazione di 200 euro, finanziata con il lavoro dei volontari del circolo, è un piccolo contributo, ma servirà a supportare le centinaia di migliaia di rifugiati che si affidano ora solo alla solidarietà della popolazione kurda stessa, delle municipalità kurde della Turchia e al volontariato e la militanza. Con questa raccolta fondi, promossa dalla Rete Italiana di solidarietà con il popolo kurdo, si potranno acquistare tende invernali, medicinali e coperte, cibo e tutto ciò di cui hanno bisogno gli sfollati di Kobane per sopportare i rigori dell’inverno e continuare a stare vicini ai loro cari dall’altra parte del confine, documentare quanto avviene, oltre a sperare in un rientro a breve appena le condizioni lo permetteranno. Il circolo di Pontenovo invita tutti a contribuire anche con cifre piccole effettuando un bonifico sul conto corrente intestato a: Associazione Senzaconfine, presso Banca Popolare Etica – Roma IBAN: IT91W0501803200000000111215 Specificare la causale: per Kobane


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arcireport n. 40 | 4 dicembre 2014

azionisolidali le notizie di arcs

a cura di Francesco Verdolino

‘Cose sul genere’

Cose sul genere è una campagna promossa da ARCS Arci Cultura e Sviluppo, l’Ong del sistema Arci. Obiettivo della campagna è sensibilizzare la cittadinanza sul ruolo della donna nei Paesi dove interviene l’organizzazione. Da sempre, infatti, ARCS garantisce la parità di genere tra i beneficiari dei suoi progetti, attraverso la costruzione di relazioni di scambio e condivisione con partner locali attivamente impegnati nella promozione dei diritti della donna. Obiettivo specifico di questa campagna è intervenire sull’immaginario collettivo promuovendo una visione della donna come protagonista del suo futuro e di quello delle comunità in cui vive. La partecipazione delle migliaia di donne alle attività previste dai nostri interventi testimoniano in maniera indiscutibile il ruolo centrale che possono giocare nella costruzione di relazioni, dialogo, confronto e scambio per un mondo più giusto ed equo, di pace, legalità e diritti globali. Per questo motivo ARCS investe molte delle sue energie nella valorizzazione delle specificità di cui queste donne sono portatrici. Dal Libano al Mozambico, dal Rwanda alla Colombia, dai Territori Palestinesi all’Afghanistan, le donne che ARCS incontra ogni giorno ci insegnano il valore della dignità, la forza della passione, il senso della vita. Siamo fieri di impegnarci insieme a loro per costruire un mondo migliore. La campagna illustrerà trasversalmente le attività che le donne realizzano all’interno dei nostri progetti, focalizzando l’attenzione di volta in volta sugli interventi più urgenti. A questi rivolgerà le principali iniziative di raccolta fondi, scegliendo modalità innovative e sperimentali per il panorama italiano. Per effettuare una donazione visita il sito di ARCS e scopri le modalità per sostenerci. Il tuo contributo ci permetterà di: ▪ realizzare le attività dei progetti di sviluppo; ▪ sviluppare la rete di relazioni a livello internazionale e permettere ai nostri soci e non di entrare in contatto con le realtà in cui lavoriamo; ▪ strutturare relazione tra territori di differenti paesi con l’obiettivo dello scambio di buone pratiche; ▪ trasmettere i principi alla base della nostra associazione come democrazia, solidarietà e diritti; ▪ lottare per la giustizia e l’eguaglianza sociale. .

società

Filiere agricole sotto la lente d’ingrandimento di Monica Falezza Fairtrade Italia

Un nuovo studio commissionato da alcune associazioni di commercio equosolidale europee tra cui il Fair Trade Advocacy Office (FTAO) e Fairtrade Deutschland e diffuso nelle scorse settimane ci ricorda quanto da un grande potere derivino grandi responsabilità, anche in economia. Analizzando i vari passaggi delle filiere agricole (produttori, importatori, trasformatori, distributori, consumatori) lo studio Chi ha il potere? Sfida ai disequilibri della filiera di produzione identifica delle concentrazioni di potere ad alcuni livelli chiave: i consumatori (7 miliardi) e i produttori/agricoltori (2,5 miliardi) costituiscono in numero assoluto gli anelli della filiera più consistenti, ma la maggior parte del valore degli scambi commerciali (fino all’86%) sta tra i distributori e chi lavora/trasforma il prodotto. Ad esempio, 4 corporation commercializzano il 90%

da alcuni grossi brand multinazionali, sul rischio che la produzione di fave di cacao nei prossimi anni si riduca al punto da far diventare il cioccolato un cibo d’élite. Tuttavia è evidente che per affrontare una situazione come questa è necessario un impegno in prima fila di queste stesse multinazionali. D’altra parte le legislazioni nazionali hanno la responsabilità di prevenire e contrastare le pratiche di commercio non corrette e la tendenza alla concentrazione delle filiere. E anche l’Unione Europea, forte del potere di acquisto dei suoi 550 milioni di abitanti e dei numerosi accordi commerciali che può mettere in atto con i paesi produttori esportatori, dovrebbe impegnarsi più. Solo se tutti gli attori saranno di comune accordo sarà possibile muovere dei passi in avanti verso la soluzione. Lo studio è stato realizzato con il supporto della Commissione Europea, la Cooperazione allo Sviluppo Belga, l’Agenzia Francese per lo sviluppo e la regione Île-de-France. www.fairtradeitalia.it

arcireport n. 40 | 4 dicembre 2014

del grano a livello mondiale, e 5 catene di supermercati controllano il 50% del mercato in Europa. Oppure, nella filiera del cacao a livello globale, trasformatori e distributori controllano ciascuno il 3540% del valore, lasciando ai coltivatori di cacao solo il 5%. Lo studio evidenzia alcuni schemi ricorrenti secondo i quali più piccolo è il numero dei soggetti che operano a ciascun livello, più forte è l’influenza che essi riescono ad esercitare sugli anelli più prossimi della filiera, per esempio tramite pratiche commerciali sleali che riducono i prezzi retroattivamente o minacciando la risoluzione dei contratti di fornitura. Come conseguenza di tale situazione si chiede ai potenti della filiera di operare scelte responsabili per evitare che la crescente concentrazione del potere nelle filiere agricole produca effetti irreversibili non solo sui produttori ma anche, lungo tutta la catena alimentare, sull’ambiente e le scelte dei consumatori. Ne è un esempio l’allarme lanciato nelle scorse settimane

In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Carlo Testini Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 19 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/


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