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anno IX - n. 43 6 dicembre 2011
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Il bicchiere è quasi vuoto + Anche a voler essere generosi, è difficile trovare elementi di discontinuità nella manovra proposta dal nuovo governo. Pur con gli aggiustamenti dell'ultima ora, come la tassa sui capitali scudati o l'innalzamento - ancora insufficiente - del limite per l'adeguamento delle pensioni, ci vuole molta fantasia per vedere il bicchiere mezzo pieno. Dell'equità promessa non c'è traccia. Ci sono invece i sacrifici previsti, ma quasi tutti a senso unico. Una cosa è certa: se questo è il decreto "salva Italia", a sostenerne il peso sono solo i lavoratori a reddito fisso, i pensionati, i ceti più deboli. Ancora una volta si chiamano fuori i veri ricchi e i grandi patrimoni. Un provvedimento insostenibile, destinato ad impoverire ampie fette della popolazione. Per non parlare dell'impatto sociale di un così drastico cambio del modello pensionistico e dell'innalzamento delle pensioni di anzianità oltre i quarant'anni. Il mancato adeguamento delle pensioni all'inflazione, unito all'aumento dell'iva e al conseguente incremento dei prezzi, ridurranno il potere d'acquisto di fasce sociali già penalizzate dalla crisi. Facile prevedere che questo produca ulteriori contrazioni dei consumi con effetti recessivi per l'intera economia nazionale. Non c'è l'imposta patrimoniale, né la tassa sulle rendite speculative; non c'è un vero impulso alla lotta all'evasione. Si continua a far cassa con le imposte indirette anziché usare le imposte dirette per una necessaria redistribuzione della ricchezza. Se l'esigenza di riportare in equilibrio i conti pubblici non è in discussione, nell'interesse del paese e per scongiurare il tracollo dell'euro e del processo di integrazione europea, non sono certo queste le uniche scelte possibili per farlo. Anche a saldi invariati i contenuti della manovra si possono cambiare e il Parlamento deve poterlo fare. Su provvedimenti di tale portata non può essere messo di fronte a un "prendere o lasciare". C'è troppa continuità col governo precedente. Se sono diversi i toni e la volontà di interlocuzione con le parti sociali, non è cambiata la sua impronta liberista. Manca un segno politico nuovo, la disponibilità a cogliere l'occasione della crisi per una svolta in direzione dell'equità sociale e di un diverso modello di sviluppo. L'emergenza che motiva il sostegno a questo governo non può cancellare l'urgenza di un'operazione di giustizia. La prospettiva a cui lavorare è quella di una vera alternativa politica, economica e sociale.
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti”
Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adotta la Dichiarazione universale dei diritti umani a geografia dei diritti umani, a distanza di oltre 60 anni dall’approvazione della Dichiarazione del 1948, mostra ancora una smisurata quantità di macchie che stanno a indicare le continue e diffuse violazioni in molti Stati del pianeta. La Dichiarazione è stata scritta dopo l'evento che aveva segnato nella coscienza degli estensori e di milioni di persone una cesura netta tra la civiltà della guerra e dello sterminio e una nuova civiltà fondata sulla pace e la tutela dei diritti fondamentali degli individui. Da allora i progressi ci sono stati, ma seguendo un percorso molto accidentato e contraddittorio che ne ha spesso offuscato la portata. Troppo spesso i diritti umani, nel corso di questi decenni, sono stati merce di scambio al servizio della geopolitica e in nome della ragion di Stato il riflettore sulle violazioni ha illuminato in maniera arbitraria alcuni lati del pianeta a discapito di altri. Per queste ragioni si è andata diffondendo
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RICORDO DI LUCIO MAGRI I PAGINA 4 Articoli di Luciana Castellina e Pietro Ingrao
la convinzione che il monitoraggio sia delle violazioni dei diritti umani che delle azioni di contrasto debba essere messe in campo da autorità indipendenti, legittimate dalle autorità statali, ma libere di denunciare qualsiasi situazione in cui venga messa in mora il pieno rispetto della Dichiarazione. Per capire, senza andare troppo lontano nel tempo, aiuta sottolineare come oggi sia facile esaltare la primavera araba e l'eroismo dei ragazzi Tunisini, Egiziani, Libici o Siriani, ma al tempo stesso ricordare che gli stessi dittatori deposti, responsabili di massacri e sistematiche violazioni dei diritti umani siano stati, negli anni, ricevuti e riveriti dai Capi di stato delle democrazie occidentali in nome della non ingerenza diplomatica. Il mondo che stiamo consegnando alle nuove generazioni sarà sempre meno disposto ad accettare la globalizzazione delle merci e la nazionalizzazione dei diritti quando questo significhi carcere, tortura, discriminazioni etniche, sessismo.
CONGRESSO ARCI PISA I PAGINA 10 Intervista alla neo presidente Stefania Bozzi
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Una rete europea per rafforzare il peso delle tante campagne europee promosse dalla società civile
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spazio europeo, come faremo a salvare insieme l'Europa e i diritti?» La democrazia è evaporata dal livello nazionale ma non si è mai davvero ricostruita a livello dell'Unione e, di fronte alla crisi, quel poco di democrazia europea si è ancora più ristretta. I destini del progetto europeo sono di fatto consegnati nelle poche mani di alcuni governanti e dei banchieri. Una maggiore unità e condivisione fra i tanti attori della società civile democratica è oggi una necessità: terzo settore, sindacati, cultura, movimenti, coloro che privilegiano il lavoro di lobby verso le istituzioni e quelli che si muovono con le vertenze di massa, Europa dell'est e dell'ovest, il nord e la comunità mediterranea devono sentire la spinta alla convergenza, pena l'inutilità dei nostri sforzi. La mole di campagne presentate a Bruxelles, disponibili a stare in rete e ad invitare altri a farlo, è significativa. Alcune utilizzeranno nel prossimo anno il nuovo strumento dell'Iniziativa dei Cittadini, la raccolta di un milione di firme a livello europeo. Si raccoglieranno le firme per il reddito minimo garantito, «che costa certo, ma meno dei 200 miliardi di euro che paghiamo per la disoccupazione giova-
nile» hanno detto i promotori. I sindacati europei raccoglieranno insieme ai movimenti le firme per l'acqua pubblica, dopo la costruzione della rete europea a Napoli il prossimo fine settimana. Lo stesso si farà per la confisca e il riuso sociale dei beni sottratti al crimine organizzato. E poi c'è la campagna per il pluralismo dei media. Quella per i diritti delle coppie omosessuali. Quella per l'accesso nei centri di detenzione dei migranti. Le campagne europee, ma anche quelle nazionali e locali, perché siamo Europa anche quando lavoriamo a casa nostra. L'Arci ha da oggi una possibilità in più per dare visibilità ai suoi contenuti, e trovare partners e alleati alle sue campagne. Info: bolini@arci.it
PETIZIONI ONLINE Lanciata dal Movimento Sem Terra del Minas Gerais la campagna Chiudere le scuole è un crimine, per denunciare la chiusura di 24mila scuole nelle zone rurali del Brasile. Info: www.petitiononline.com
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na mailing list, un sito web, incontri in diversi paesi europei, un logo comune da apporre a singole campagne e iniziative: è un coordinamento leggero, ma non per questo poco importante, ciò che è emerso dall'incontro che l'Arci ha co-promosso a Bruxelles il 30 novembre su invito di European Alternatives, una bella associazione con sedi in diversi paesi europei promossa da giovani italiani residenti all'estero. Obiettivo della rete è dare maggior peso alle tante campagne europee della società civile nel momento in cui è in pericolo la stessa Unione Europea e in cui l'impegno per l'Europa sociale rischia di schiantarsi contro il fallimento dell'intero progetto europeo. «Non siamo euro-scettici, al contrario vogliamo salvare l'Europa nell'unico modo possibile» hanno detto Lorenzo Marsili e Alessandro Valera di European Alternatives nell'introduzione alla discussione in Parlamento. «È falso il mantra che recita: non c'è alternativa all'attuale gestione della crisi. Non è vero che le due sole possibilità sono l'obbedienza alle regole del mercato finanziario o la bancarotta. Ma se non ci battiamo per la democratizzazione dello
In Europa c’è bisogno di democrazia e di una nuova economia di Danilo Bardi, responsabile Economia Cgil Europa attraversa una fase cruciale. La costruzione europea è in pericolo, a partire dalla moneta unica. Se non si verificano svolte significative, la speculazione sul debito, unita alla recessione, può produrre rotture irreparabili. C'è un'emergenza politico-democratica, come ha detto Cohn Bendit sottolineando che non si può affidare alla Commissione il potere di controllo sui paesi senza decidere chi democraticamente controlla la Commissione, né si può considerare democratica una Unione Europea dove decidono solo Francia e Germania. C'è poi una emergenza economico-sociale collegata alla prima. È la crisi dei paesi di prima industrializzazione, paragonabile solo a quella del '29. Anche il New Deal di allora fu verde, almeno parzialmente: un terzo dei lavori pubblici venne destinato al riassetto idrogeologico degli Stati Uniti. Quando si uscì dalla crisi, dopo la seconda guerra mondiale, le monete e il circuito delle monete avevano un controllo definitivo: le banche nazionali erano diventate i loro controllori. E questa è la grande lezione che dal New Deal ci viene per superare la crisi di oggi. La Banca Centrale Europea fu istituita in un'epoca in cui il problema era controllare l'inflazione in un contesto di piena occupa-
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zione. La crisi attuale ha origine nella speculazione, ma adesso a generare il panico è la consapevolezza che gli stati possono fallire. Si vendono titoli pubblici che erano all'1,5% e, con la stessa liquidità, si ricomprano titoli pubblici al 7%. È un circolo vizioso che rischia di essere inarrestabile. L'unica proposta possibile - ancora prima di mettere mano alla riforma in senso democratico dei Trattati - è quella di trasformare il Fondo di Stabilità in una banca, anche se si tratta di un escamotage. Il Fondo di Stabilità infatti si fonda su un accordo intergovernativo, e per trasformarlo basterebbe un accordo fra i governi. Questa banca potrebbe garantire i prestiti degli stati membri. La BCE può infatti finanziare i mercati ma non gli stati. Una banca invece può intervenire non sul mercato secondario ma sui mercati delle emissioni, quando si supera un certo tasso di interesse, purchè la BCE immetta la liquidità necessaria. Così lo Stato tornerebbe a controllare la finanza: questa è la lezione del 1929. Il punto chiave della ricostruzione dopo la guerra fu proprio il fatto che la moneta non era più proprietà dei mercati, com'è invece oggi in Europa. Nel Patto di Stabilità bisogna introdurre flessibilità di fronte al pericolo di recessione, ma le spese devono essere finalizza-
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te a settori specifici, in particolare l'innovazione ambientale e la difesa idro-geologica. Tutto ciò si può fare rapidamente, pena la fine dell'Europa. Crollerebbe l'Italia, ma subito dopo anche la Francia e la Spagna. E a quel punto anche le esportazioni della Germania, che per il 60% finiscono in Europa, andrebbero in crisi. C'è da compiere un'opera di mediazione tra i governi, ma anche tra i popoli (pensiamo all'atteggiamento dell'opinione pubblica tedesca). Non esistono paesi più o meno virtuosi, ciascuno ha bisogno di aiuto: quelli deboli hanno bisogno di finanziamenti per il debito, quelli ricchi hanno bisogno di mercati. È un grande problema che interroga tutto il mondo. Bisogna ragionare su una domanda e una crescita nuove, non più affidate ai consumi individuali, per motivi ecologici e strutturali. C'è bisogno di una nuova idea di economia. I soggetti che vengono dalla cultura ambientale e quelle che vengono dalla cultura del lavoro hanno una grande alleanza da stringere, perché le risposte sono le stesse: consumi collettivi, lavoro di cura, innovazione industriale verso la transizione ambientale. Il nemico comune è il capitalismo finanziario, per sua natura indifferente a quello che si produce e a quello che si consuma.
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Come chiudere la stagione del razzismo di Stato. Le dieci cose da fare scito di scena il governo Berlusconi, adesso bisognerà rimediare ai suoi tragici errori sapendo che non sarà facile visto che in Parlamento i numeri rimangono gli stessi. Noi vorremmo provare a indicare le prime dieci cose da fare subito per chiudere la stagione del razzismo di Stato, stabilendo un rapporto diverso tra istituzioni e persone di origine straniera: 1) ripristinare i tavoli istituzionali di confronto con le organizzazioni sociali operanti prima del 2008; 2) riattivare la programmazione triennale e il decreto flussi annuale, ricostituendo il fondo nazionale per le politiche migratorie; 3) chiudere in modo positivo tutti i casi
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ITALIA Per la Giornata contro il razzismo e per i diritti dei migranti, il 17 e 18 dicembre prosegue, in tante piazze italiane, la raccolta firme per la campagna L'Italia sono anch'io Info: www.litaliasonoanchio.it
ancora aperti legati all'ultima sanatoria, riconoscendo le ragioni di chi è stato truffato e di chi si è fidato dello Stato; 4) sostenere i percorsi di regolarizzazione anche attraverso l'applicazione della Direttiva sulla lotta al lavoro nero; 5) chiudere tutti i centri di detenzione, ridimensionando il sistema di controllo e rimpatrio degli irregolari, adottando le misure previste nella Direttiva Rimpatri, consentendo il diritto alla difesa e istituendo una commissione indipendente che verifichi stabilmente il rispetto dei diritti delle persone detenute nei Cie (nella prospettiva di chiuderli); 6) riportare all'interno del sistema Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) la rete d'accoglienza emergenziale gestita dalle Regioni e dalla Protezione Civile, arrivando ad un numero di posti Sprar pari alle persone che ne hanno diritto, e intervenire anche sui percorsi di inclusione sociale di chi ha ottenuto lo status ma viene abbandonato a se stesso; 7) a proposito della cittadinanza per i nati in Italia e della naturalizzazione per chi la chieda, in attesa di riformare la legge, si
potrebbe rendere trasparente e meno punitiva la procedura (l'anno scorso c'è stato un forte aumento delle risposte negative). Già un passo avanti sarebbe accelerare i tempi di risposta; 8) finanziare, anche con risorse europee, i corsi di italiano per stranieri, abbandonando l'assurdità del permesso a punti e introducendo un sistema che consenta a chi lavora di seguire i corsi; 9) predisporre un piano nazionale per il superamento dei campi rom, insieme alle organizzazioni sociali e con una ampia partecipazione dei diretti interessati; 10) concludere il processo per l’indipendenza dell'Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), predisponendo un piano nazionale contro le discriminazioni che acceleri il progressivo radicamento sul territorio di strumenti e attività. Confidiamo che chi è stato chiamato alla responsabilità di ridare credibilità all'Italia, possa farlo anche su un terreno come quello dell'immigrazione che riguarda la qualità della nostra democrazia e il futuro del nostro Paese. Info: miraglia@arci.it
L’accoglienza dei rifugiati, al di là dell’emergenza. Il rapporto Sprar 2010/2011 ANCI/Servizio Centrale e il Ministero dell’Interno hanno presentato lunedì a Roma il Rapporto annuale del Sistema di Protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) 2010/2011, che fotografa le attività di accoglienza realizzate dagli enti locali in collaborazione con le realtà di terzo settore da oltre un decennio. Il Rapporto traduce in dati e analisi il lavoro sul campo dei 151 progetti territoriali di accoglienza dello SPRAR, con un focus su tutte le regioni italiane, che per la prima volta vengono descritte attraverso il confronto diretto tra i singoli contesti regionali di immigrazione e gli interventi del Sistema di Protezione. Lo SPRAR è presente in maniera omogenea in tutte le Regioni (unica eccezione la Valle d’Aosta). Il Lazio nel 2010 ha accolto il 57,8% dei beneficiari SPRAR ospiti nel Centro Italia; la Sicilia è la regione con il maggiore numero di persone accolte per il Sud e le Isole, mentre Piemonte e Liguria lo sono per il Nord. «Uno sguardo sulle dimensioni regionali permette di conoscere meglio i
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differenti territori italiani», commenta Daniela Di Capua, direttrice del Servizio Centrale dello SPRAR. «Consente a chi legge il Rapporto di collocarsi in una posizione di osservazione privilegiata, acquisendo anche nuove chiavi di lettura per l’attualità del 2011, anno caratterizzato dall’arrivo di persone provenienti dal Nord Africa». Nel 2011 lo SPRAR si è visto confermare una capacità di accoglienza di 3.000 posti che, pur con un bilancio molto positivo, ha comportato la chiusura delle attività del 2010 con una lista di attesa di almeno 2.500 persone. Nel corso del 2010 lo SPRAR ha accolto 6.855 richiedenti e titolari di protezione internazionale. Per l’86,4% si è trattato di persone appartenenti alla categoria degli ordinari, mentre per il 13,6% sono stati casi di vulnerabilità. Numeri ampi, ma sui quali si può fare ancora di più, destinando nuove risorse finanziarie che consentano di potenziare la capacità ricettiva dello SPRAR. In risposta alla cosiddetta ‘emergenza Nord Africa’, lo SPRAR nel 2011 ha messo
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a disposizione della Protezione Civile 1.500 posti straordinari per ospitare richiedenti asilo provenienti dalla Libia. «L’anno che si sta chiudendo è stato particolarmente intenso, perché numerosi sono stati gli sforzi, a livello centrale come a livello locale, per garantire piena collaborazione e supporto alla Protezione Civile negli interventi di accoglienza» commenta Flavio Zanonato, Sindaco di Padova e delegato ANCI all’immigrazione. «Come SPRAR abbiamo contribuito con la nostra esperienza decennale e con due obiettivi prioritari: evitare la frammentazione dell’accoglienza e raggiungere quante più persone possibile secondo gli standard qualitativi a cui si attiene il Sistema di Protezione». «L’anno trascorso - conclude Zanonato - ci ha consentito di dimostrare che lo SPRAR è un sistema in grado di rispondere alla quotidianità dell’accoglienza, come alla straordinarietà, sempre con il fine di facilitare le persone accolte a intraprendere percorsi di integrazione e di autonomia, senza poi gravare sui servizi locali, una volta ultimate le misure di accoglienza».
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‘Nessuna sconfitta è definitiva finchè gli echi delle nostre passioni riescono a rinascere in forme nuove’ Il ricordo di Pietro Ingrao on Lucio ho condiviso un percorso lungo e intenso: non avrebbe senso tentare di ripercorrerlo in poche righe. Mi limiterò solo a brevi immagini. Erano gli anni '60, Lucio era stato licenziato da Botteghe Oscure. Veniva a pranzo a casa nostra, quasi tutti i giorni. In quelle ore passate insieme si consolidava fra me e Lucio una comune visione del mondo, una tensione al cambiamento che vedeva nel partito il suo soggetto centrale, ma che delle regole del partito sentiva ormai troppo rigidi i vincoli e le liturgie. Ricordo nitidamente la nottata passata con lui a preparare l'intervento che avrei pronunciato all'XI Congresso del Pci, pesando con cura ogni parola: era la prima volta che nel partito
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veniva rivendicato il diritto al dissenso. Sentivamo addosso la condanna ossessiva del cosiddetto 'frazionismo', che nel Pci demonizzava ogni sodalizio, ogni condivisione di pensiero, ogni vero dibattito interno. Fu quella condanna a portare alla drammatica espulsione dal partito di lui e degli altri compagni del Manifesto: è per me ancora una ferita ricordare che allora non ebbi il coraggio di oppormi in nome di un'errata concezione dell'unità del partito. Un errore che ancora mi brucia dentro, anche se in seguito fra me e Lucio, e con tutti i compagni del Manifesto, si ricostruì nuovamente uno scambio intenso e fattivo. Lucio ci ha lasciati, in giorni bui dominati da gelide dispute sulla Borsa e i bilanci. Un altro ricordo: era i maggio
del '62, in un convegno dell'Istituto Gramsci sulle tendenze del capitalismo. In quell'occasione, Lucio parlò del bisogno di una critica a quella che lui chiamò 'la società opulenta': la pervasività del mito dell'opulenza in ogni luogo della vita, a colpire l'autonomia dei bisogni umani. In questo presente così aspro e difficile, in cui la politica sembra aver ceduto le armi di fronte ai luoghi della finanza, ho risentito l'eco di quelle parole negli slogan di chi si accampa davanti a Wall Street. Caro Lucio, compagno di tante lotte e di tante sconfitte: nessuna sconfitta è definitiva, finché gli echi delle nostre passioni riescono a rinascere in forme nuove, perfino di fronte al tempio del capitalismo mondiale.
Lucio ci ha lasciato troppo presto. Il ricordo di Luciana Castellina on è facile per me scrivere in morte di Lucio Magri: oltre ad aver condiviso più di mezzo secolo di impegno politico, siamo stati anche compagni di vita, sia pure in un tempo ormai molto remoto. E tuttavia scrivo, perché Lucio era ormai fuori dalla vita politica pubblica da moltissimi anni. I più giovani forse non l'hanno nemmeno mai sentito nominare, se non dai padri sessantottini. Per questo vorrei raccontare, soprattutto a chi non l'ha conosciuto, o conosciuto male. Non era disimpegnato, Lucio, neppure ora, tutt'altro. Intanto ci sono gli anni più recenti, quelli in cui fu pubblicata la seconda serie della Rivista del manifesto. Durò cinque anni e poi, per tante ragioni, cessò. Da allora Lucio si è impegnato a scrivere il libro che è uscito due anni fa. Un grosso lavoro, non una autobiografia, una ricerca documentata sul comunismo italiano visto nel contesto internazionale, una riflessione attenta, forse la sola, sul più grande partito comunista d'occidente, sulle ragioni del suo successo e su quelle che lo hanno portato a scomparire. Non manca - e questo di continuare ad interrogarsi sul proprio stesso operato era un pregio di Lucio - anche una riflessione critica su alcune semplificazioni del gruppo del Manifesto. Il libro si chiama Il sarto di Ulm, titolo di una parabola di Bertold Brecht: il sarto diceva che l'uomo avrebbe volato, il vescovo principe non ci credeva, alla fine gli dice «provaci, vai sul campanile e buttati». Il sarto si butta e si sfracella. Ma chi aveva ragione? Perchè è vero che il sarto non era riuscito a volare, ma poi l'uomo ha volato. La parabola vale per il comunismo: per ora non ce l'ha fatta, ma
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domani forse ce la farà. Non è pessimista né disfattista il libro di Lucio sul comunismo italiano. C'è anzi la testarda dimostrazione che sebbene fosse necessario un rinnovamento profondo del Pci, c'erano motivi validissimi per andare avanti e, in appendice, il documento che aveva scritto nel 1988 come piattaforma per il XVIII congresso che, anche a leggerlo adesso, dopo più di vent'anni, appare attualissimo. Perché Lucio aveva una grande capacità anticipatrice. Negli ultimi tempi aveva cominciato a raccogliere scritti e documenti della nostra storia, quella di prima del '68, l'epoca della cosiddetta corrente ingraiana, poi del Manifesto e del Pdup, moltissimi redatti da lui stesso. Sono di grande interesse perché molte tematiche che sembrano scoperte da poco sono già esplicitate: dalla questione ecologica, alla crisi della democrazia, al declino della supremazia americana e le sue conseguenze. Le "nuove contraddizioni della nostra epoca" non sono evocate in modo rituale, ma motivo di analisi e spunto per una nuova strategia. Andando in giro per l'Italia trovo tante compagne e compagni che mi dicono che la stagione politica vissuta assieme è stata decisiva nella loro formazione. Anche la storia del Pdup, nato come proseguimento del 'Movimento Organizzato del Manifesto' quando ci unificammo con il gruppo ex psiuppino di Vittorio Foa, dovrebbe esser rivisitata e fatta conoscere. Questo partito l'avevamo sempre pensato transitorio. Nell'84 avviammo la discussione per decidere se rientrare o meno nel Pci: si era in pieno regime craxiano e un nuovo anticomunismo conquistava terreno, restare divisi non aveva senso, anche per-
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ché c'era stata la "seconda svolta di Salerno", con cui Berlinguer pose fine all'unità nazionale, denunciò la deriva della politica e ruppe definitivamente con l'Unione sovietica. Fu proprio Berlinguer che ci chiese di rientrare. Ma pochi mesi dopo morì e ci ritrovammo in un Pci che era oramai altra cosa, peggiore di quello che ci aveva cacciati. E così fu Lucio a trovarsi in realtà alla testa della contestazione - non conservatrice ma rinnovatrice - contro lo scioglimento del partito. Il rapporto che tenne ad Arco, dove si svolse l'ultima assemblea della mozione del no alla svolta per il XXI congresso del Pci, è un lucido e moderno programma per la sinistra. Lucio non aveva un carattere facile. Il suo più grande amico, Michelangelo Notarianni, diceva di lui che aveva grandissime qualità, ma gli mancavano i sentimenti intermedi. Era assolutamente vero: intellettualmente generosissimo, sembrava sgarbato a arrogante; pronto a riflettere sui suoi errori, non perdonava quelli degli altri, perché era oltremodo, fastidiosamente integralista. Ma il suo peccato più grande è stato di andarsene così. Riteneva di non poter più dare niente per una rinascita della sinistra di cui diceva «ci sarà, ma ci vorranno decenni e io comunque non sono più in grado di dare alcun contributo». Sbagliava, naturalmente, perché avrebbe potuto ancora aiutarci. Ma la depressione che lo aveva colto dopo aver seguito la terribile agonia di Mara, la compagna con cui ha trascorso gli ultimi 25 anni e che amava moltissimo, l'ha spezzato. Non aveva più motivi che lo trattenessero e noi amici e compagni non ci siamo riusciti.
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COP17
COP17: un nuovo fallimento è sempre più probabile Un articolo di Alberto Zoratti, responsabile Fair - Economie solidali ltre 10mila persone il 3 dicembre scorso sono scese nelle strade di Durban, in Sudafrica, per ricordare a negoziatori e Capi di stato che il tempo sta scadendo. La COP17, la Conferenza delle Parti Onu sul cambiamento climatico, ha una grande responsabilità: uscire dalle sabbie della diplomazia e dimostrare che è possibile, oggi, unirsi contro la più grande minaccia che la storia dell'umanità ricordi. La risposta, indiretta ma significativa, è stato un Amalgamation document da parte di uno dei due gruppi di lavoro istituzionali della COP, quello sulla cooperazione di lungo periodo che ha il compito di implementare e aggiornare i termini della Convenzione quadro. Il termine, di per sé, è significativo, perché è un documento minestrone in cui tutto, ma proprio tutto, è stato inserito, dalle posizioni più radicali dell'Alba, l'Alternativa Bolivariana di Chavez, Morales e Correa, a quelle più regressive di Stati Uniti e Canada. Il motivo è mettere sul piatto tutto quello che c'è in ballo e a vederlo tutto insieme l'impressione che si ha è che la roba da mangiare sia molta e per alcuni anche particolarmente indigeribile, come l'ormai famoso ‘secondo periodo di impegni’ (second commitment period) che, dal 1 gennaio 2013, come previsto dal Protocollo stesso dovrebbe mantenere in piedi Kyoto con nuovi vin-
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coli per i Paesi industrializzati. Intanto la prima settimana di negoziati ha chiuso i battenti, senza avanzamenti sostanziali sul lato del Protocollo di Kyoto. Le posizioni si stanno cristallizzando e il blocco del negoziato conviene soprattutto a quei Paesi come Stati Uniti, Canada, Giappone ed Australia che di tutto vogliono sentir parlare fuorché di impegni vincolanti. Mentre la Cina, per bocca del suo viceministro allo sviluppo economico, dichiara che sarebbe disposta a sottostare a delle regole e a degli impegni se viene varato un ambizioso ‘second commitment period’. Dopotutto la posta in gioco è molto alta, l'ultimo report dell'Unep (il Programma ambiente delle Nazioni Unite) Bridging the Gap pubblicato a fine novembre dimostra come la comunità internazionale sia ancora lontana dagli obiettivi di riduzione che la scienza richiede. E gli appelli a fare presto stanno arrivando da buona parte della comunità scientifica mondiale e non solo dall'IPCC, il Panel di esperti incaricato dall'Onu di studiare il fenomeno. Alltro grande capitolo è il Green Fund di 100 miliardi di dollari entro il 2020. Gli Stati Uniti sono convinti che entro venerdì, giornata di conclusione della COP, si raggiungerà un risultato concreto per renderlo realmente operativo. Ma non si capisce da dove pro-
venga tanto ottimismo se è vero che buona parte dei Paesi emergenti e del Sud del mondo si oppongono radicalmente a un coinvolgimento dei privati per evitare speculazioni poco trasparenti su risorse che dovrebbero essere invece destinate all'adattamento dei Paesi del Sud al cambio climatico, oltre che alla mitigazione delle emissioni. Quali siano i rischi lo ha spiegato molto bene World Development Movement, Ong inglese da anni impegnata sulla giustizia climatica e sociale, sul suo report pubblicato in questi giorni: un progetto finanziato dalla Banca Mondiale in Messico, ha permesso la costruzione di un parco eolico capace di produrre 67 MW all'anno, in grado cioè di alimentare oltre 160mila abitazioni in una zona dello stato dove il 7% della gente è senza elettricità. Una possibilità che è diventata utopia, perché tutta l'elettricità prodotta verrà acquistata a tariffa scontata da Walmart, la più grande compagnia di distribuzione al mondo. E questo è stato possibile grazie a una possibilità offerta dalla legge sull'energia messicana, che consente a una grande impresa come Walmart di tenere per sé l'energia che è stata finanziata da un fondo apposito (in questo caso della Banca Mondiale) e che va nella direzione contraria rispetto a una lotta efficace per una giustizia climatica e sociale.
A Durban la Global march contro i cambiamenti climatici urante il Global day migliaia di persone hanno manifestato a Durban per chiedere giustizia climatica e sociale. Ma la prospettiva è ancora lontana, e c'è chi, tra le alte sfere della diplomazia, ipotizza addirittura di mettere Kyoto in un congelatore. Glymil Goyns è sudafricana, ha superato da un po' i sessant'anni e di professione fa la Pastora presbiteriana. Ha un sorriso solare mentre marcia incollata al suo striscione, ma dietro ad un'apparenza tranquilla nasconde una grave preoccupazione. «Dio ci ha dato una grande responsabilità, che è quella di salvaguardare il mondo per come ci è stato donato» racconta con il tono deciso di chi sa che la posta in gioco è alta, «il pianeta non può essere considerato una merce ed il modo con cui lo stiamo considerando ci porterà a distruggere noi stessi.» La prospettiva ricorda l'armageddon, ma il senso c'è tutto. Glymil è parte di un movimento interconfessionale chiamato We have faith -
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testualmente ‘Noi abbiamo fede’ - che ha messo in gioco professioni religiose di ogni provenienza per combattere il cambiamento climatico. We have faith ha uno spezzone di un centinaio di persone che sta poche decine di metri dietro a quello principale della Global march against climate change che si è conclusa proprio davanti al Convention Center dove si tiene la COP17. Tante persone di provenienze le più diverse, ong, movimenti contadini e di pescatori, movimenti sociali, tanta gente proveniente soprattutto dall'Africa, anche quella più lontana. Perchè quando le previsioni fosche ma veritiere dell'IPCC si concretizzeranno, chi ne pagherà la prima conseguenza è proprio il continente africano con tutte le sue fragilità. Il Sudafrica come Presidente di turno sta giocando il tutto per tutto su questa Conferenza delle Parti, ed il primo ministro Zuma vorrebbe portare a casa un risultato storico, ma i rischi della montagna che partorisce un topolino ci sono tutti ed è bene aumentare
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la pressione sociale, in questi giorni di negoziato, prima della chiusura della Conferenza il prossimo 9 dicembre. Ma c'è chi profetizza la fine di Kyoto o la sua temporanea ibernazione, come Lord Prescott, già Ministro dell'ambiente britannico ai tempi del Governo laburista. «Bisogna fermare l'orologio» dichiara al Guardian, in modo che «il meccanismo di Kyoto, con tutti i suoi principi cardine, le strutture e le competenze formate non scada e le parti possano continuare ad agire come se il trattato fosse ancora valido mentre ci si concede del tempo per finalizzare un nuovo accordo». Il tentativo di salvare Kyoto, unico protocollo vincolante sul tema, fa arrivare persino a conclusioni bizzarre. Ma in uno scenario di mancanza di ambizione, come denunciato dalle ong del Climate Action Network, tutto è concesso. «We have faith», ricordava Glymil in marcia a Durban. Il rischio è che ci tolgano anche quella. Info: azoratti@yahoo.it
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Si è chiuso il nono congresso di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza riconfermato Presidente Avete celebrato il vostro nono Congresso e tu sei al tuo secondo mandato. Come sta oggi Legambiente? È stato un bel congresso, con la più alta partecipazione mai registrata. Numerosissimi gli interventi, anche di ospiti, a dimostrazione che l'apertura, in questi anni, di tanti ambiti di impegno insieme alle altre associazioni ha dato i suoi frutti. Direi che Legambiente sta bene, con tanta voglia di fare. Con l'occhio attento a quanto sta cambiando intorno a noi. Ma anche con l'umiltà di chi sa quanta strada c'è da fare e quanto è faticoso fare il volontario nei circoli, sul territorio.
Il Sud ha già in sé le potenzialità del riscatto e della rinascita, partendo dalle risorse locali, ma il 'localismo virtuoso' non è sufficiente. Centrale sarà nei prossimi anni la capacità della classe politica di mettere in campo le condizioni non solo economiche dello sviluppo, favorendo la proiezione verso il Mediterraneo.
Quali i principali obbiettivi che vi siete dati nell'immediato e per i prossimi anni? Il primo punto è la costruzione di un vero e proprio green new deal, una sfida che ha bisogno di un grande rilancio di scuola e cultura. Sul piano più strettamente ambientale, ci muoveremo su tre assi fondamenPerché la scelta di tenerlo in un città del sud? tali: l'uscita dal fossile, la rigenerazione È la prima volta che teniamo un congresso delle città , la garanzia della sicurezza. al sud. Vogliamo accendere i riflettori sulle Uscire dal fossile vuol dire ridurre i consupotenzialità del meridione, perché da qui mi, a partire dal sistema dei trasporti, e passano molte delle sfide della nostra implementare efficienza e fonti rinnovabili. epoca: se vinciamo qui vinciamo in tutta Vuol dire lavorare sugli stili di vita e chiuItalia. Oggi il sud rappresenta il territorio dere definitivamente col nucleare, mettenche può mettersi in cammino per superare do in sicurezza i siti esistenti. Vuol dire la fase dello sviluppo sporco. Al sud c'è più impedire nuove trivellazioni petrolifere. bisogno di una risposta rapida alla crisi È arrivato il momento di chiedere la prosociale, all'abbandono dei giovani e alla gressiva chiusura delle centrali a olio comprecarietà, alla domanda di legalità, alla bustibile e a carbone, partendo da quelle richiesta di qualità della classe dirigente. più inquinanti, e la moratoria sui nuovi impianti a carbone dando gambe al comitato nazionale Fermiamo il Carbone. Le città oggi sono il luogo del caos quotidiano, della perdita di identità, dell'inefficienza energetica, della dispersione sociale e della bruttezza In nome della coesione e della solidarietà dei cittadini, delle periferie, delle morti bianche e sono in molti ad affermare che questi non sono tempi del lavoro nero, del consumo di di manifestazioni di piazza. suolo. Ma proprio per questo sono il «Bisogna stringere i denti e fare sacrifici - dicono - per luogo da cui ripartire, costruendo una uscire tutti insieme dalla crisi». Ma alcune manifestaforte alleanza con gli amministratori zioni sono un contributo responsabile (corresponsabilocali, le organizzazioni dei lavoratori le) per dare una spinta al vagone Italia nella giusta diree degli imprenditori, per la rigenerazione. zione delle città, per investire in Le donne di Se non ora quando? tornano a far sentire riqualificazione energetica e idrica, in la voce e le idee, le proposte e la presenza, domenica efficienti sistemi di raccolta differenprossima 11 dicembre in Piazza del Popolo a Roma e ziata domiciliare, in sistemi di mobiliin tante città d'Italia. tà su ferro, in quartieri a zone 30. Non mendicano l'ascolto della politica. Vogliono esserLa sicurezza in Italia riguarda le aree ci. Altrimenti la democrazia è zoppa, falsa, farsa, inaindustriali, le bonifiche, la presenza deguata, incompiuta, incerta, doppia, ovvero poco tradiffusa dell'amianto, gli inquinanti in sparente. atmosfera o nell'acqua, la depurazioLa loro voce è essenziale a questa Italia quanto l'eroine e il sistema delle fognature. smo quotidiano e discreto di tante di loro. E soprattutto riguarda la sicurezza E forse non basterà solo ascoltarle. Ancora più vitale sismica e quella idrogeologica. per tutti e tutte sarà fare spazio (democratico) alla Per mettere in sicurezza i territori dal volontà di partecipazione. E questa è l'ora giusta. dissesto idrogeologico, oltre a proseCi sono questioni talmente profonde che non basta un guire col lavoro di denuncia e di procambio di governo per illudersi che mali troppo antichi posta, proponiamo di avviare un serpossano dissolversi come d'incanto. vizio civile volontario per la prevenInfo: www.senonoraquando.eu zione, di tre mesi, che oltre a realiz-
Di nuovo in piazza le donne di Se non ora quando?
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6 dicembre 2011
Verso la rete europea per l’acqua pubblica «Oggi abbiamo 50milioni di morti di fame all'anno, domani avremo 100milioni di morti di sete». Padre Alex Zanotelli spiega così la battaglia per l'acqua pubblica, una lotta che ha bisogno di un respiro europeo. «A Bruxelles sono migliaia i lobbisti impegnati a fare pressione sul parlamento. Il gruppo più agguerrito fa capo a Veolia e Suez che, in fatto di sfruttamento delle risorse idriche, detengono la quota maggiore del mercato mondiale. La commissione li supporta nella loro continua espansione senza tener conto dell'impatto sui paesi, soprattutto i più poveri». È uno scontro, insomma, che non può rimanere nei confini nazionali: a Napoli il 10 e 11 dicembre si incontrerà il Forum italiano dei movimenti per l'Acqua per promuovere la rete europea per l'Acqua pubblica. Sono attese delegazioni di movimenti, associazioni e sindacati da tutta Italia, ma anche dall’Europa. Il comune partenopeo è stato il primo a dare attuazione alla volontà degli elettori, convertendo la società che gestisce il servizio idrico in azienda speciale Abc - Acqua bene comune. Da qui partirà anche la mobilitazione contro il Forum Mondiale dell'acqua, che le grandi multinazionali terranno a Marsiglia a marzo, ma anche la campagna per l'Ice - Iniziativa dei Cittadini Europei da avanzare alla Commissione Ue: un milione di firme da raccogliere in sette paesi per cambiare l'agenda del parlamento in fatto di oro blu. Alberto Lucarelli, assessore ai Beni comuni, proporrà di estendere la raccolta di firme all’intero comparto dei beni comuni, materiali e immateriali, da sottrarre al mercato. Fondamentale la dimensione europea quindi, ma senza perdere di vista il contesto nazionale perché la vittoria al referendum rischia di rimanere nel cassetto se non si rafforzerà la mobilitazione.
zare interventi di manutenzione leggera degli alvei, lavori con la popolazione per informarla e insegnare cosa fare in caso di emergenza. Infine ci siamo impegnati a costruire una grande campagna nazionale per il diritto di voto degli stranieri alle amministrative, perché solo così sarà possibile dare un nuovo volto alla partecipazione, alla condivisione e alla interazione nelle nostre città.
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società
Investire sul volontariato per un’Italia migliore entinaia di associazioni, volontari e giovani provenienti da tutta Italia hanno partecipato il 5 dicembre alla celebrazione della Giornata Internazionale del Volontariato, che si è svolta a Roma presso l'Auditorium Conciliazione, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La manifestazione, promossa da Forum del Terzo Settore, Consulta del Volontariato presso il Forum, ConVol (Conferenza Permanente delle Associazioni, Federazioni e Reti del Volontariato) e CSVnet (Coordinamento Nazionale dei Centri di Servizio per il Volontariato) ha sottolineato il forte valore che dono, gratuità e solidarietà hanno per affrontare le sfide etiche, prima ancora che economiche e sociali, della nostra società.
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APPELLO La Tavola della pace lancia alla Rai l'appello Non chiudete quelle sedi!, per chiedere più informazione dal mondo e sul mondo, meno gossip e più attenzione alle persone. Per aderire: segreteria@perlapace.it
All'iniziativa ha partecipato anche Elsa Fornero, ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ha riconosciuto nel volontariato un fondamentale strumento per rafforzare il senso di appartenenza e di coesione sociale, in chi lo pratica e in chi lo riceve, oltre a favorire comportamenti utili alla crescita economica. Il ministro ha poi rassicurato i presenti sull'impegno del Governo a garantire efficienza nella gestione e assegnazione dei fondi del 5 per mille. Andrea Olivero, portavoce del Forum del Terzo Settore, ha sottolineato come in questo momento così difficile per la vita del Paese, il volontariato vada ulteriormente valorizzato, perché c'è più che mai bisogno dell'impegno responsabile che quotidianamente le persone che lo praticano si assumono. Secondo Stefano Tabò, presidente di CSVnet, il volontariato e il terzo settore rappresentano un investimento da sostenere perchè sono in grado di moltiplicare le risorse a loro disposizione e di tradurle in atti e presenze concrete ed efficaci. Da loro arriva una spinta importante a superare la crisi attraverso la proposizione di nuovi modelli sociali basati sulla solidarietà, la creatività, la responsabilità personale e
collettiva. Concorda il coordinatore della Consulta del Volontariato Fausto Casini, che si dice convinto che il volontariato goda di una grandissima fiducia da parte degli italiani e debba continuare ad alimentare il proprio senso di responsabilità per essere in grado di rispondere anche alle emergenze. Emma Cavallaro, presidente ConVol, ha evidenziato come il volontariato italiano, che ha radici profonde nella nostra storia, sia un'esperienza unica nel panorama europeo, da potenziare e riconoscere in quanto diritto alla solidarietà. In tempo di crisi, il rischio non sta nella possibilità che il volontariato sia meno sostenuto. Continuerà a fare la propria parte perché non si crea né si distrugge con una normativa. Il nodo è comprendere come evitarne la marginalità, facendolo diventare sempre più parte attiva della vita sociale. Bisogna convincere che il volontariato è un investimento, anche perché riesce a cogliere prima e meglio di altri rilevatori sociali la peculiarità del momento, le criticità ma anche le potenzialità. Durante la manifestazione pubblica è stato letto l'Appello del volontariato, il cui testo riportiamo in questa stessa pagina.
Atlante delle guerre L’Appello del volontariato: impegnamoci per sperimentare solidarietà e uguaglianza e dei conflitti 2011 In occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia vogliamo ricordare a noi e a tutti i cittadini che il Volontariato è stato parte attiva nella costruzione della coscienza della comunità nazionale e delle comunità locali ed ha contribuito, con il proprio apporto originale, alla realizzazione di una solidarietà diffusa e partecipata, elemento imprescindibile di una buona democrazia. La nostra storia è storia di solidarietà, sussidiarietà e partecipazione civica. Oggi il volontariato e il terzo settore sono un soggetto strutturato che opera con quasi 6 milioni di volontari e gode della fiducia della stragrande maggioranza degli italiani. Questo ci rende particolarmente consapevoli delle responsabilità della nostra azione e della necessità di continuare a dare risposte, insieme agli altri soggetti della società civile e della politica, alle sempre più pressanti richieste di aiuto che si levano da chi ancora è escluso dai diritti fondamentali e vive situazioni di grave difficoltà e di emarginazione sia dai diritti fondamentali della persona che dalla cittadinanza. Operiamo in tutti i campi, nelle emergenze e nella quotidianità, per
dare senso alla nostra vita e speranza a quella degli altri, lavorando concretamente e ponendo istanze di cambiamento al Paese. Il nostro presente si chiama solidarietà, sussidiarietà e partecipazione civica. Ci impegniamo, consci della complessità in cui viviamo, a continuare la nostra collaborazione con tutte le forze sociali e le istituzioni mettendo a disposizione le nostre competenze e la gratuità della nostra azione sociale. Ci impegniamo a sensibilizzare tutti i cittadini, anche attraverso nuovi stili di vita, a costruire un nuovo modello di sviluppo, sociale, culturale ed economico. Il nostro appello si rivolge a tutti perché insieme ci si impegni concretamente per costruire una cultura del volontariato e sperimentare solidarietà, fratellanza ed uguaglianza, in modo che il dono e la gratuità ed i valori ad essa connessi divengano bene comune e fondamento della nostra vita sociale. Anche il nostro futuro ci vedrà artefici di solidarietà, sussidiarietà e partecipazione civica. Info: www.forumterzosettore.it
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6 dicembre 2011
È uscita l'edizione 2011 dell'Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo, edito da Terra Nuova Edizioni. Un annuario, giunto alla terza edizione, sui 'conflitti dimenticati', nato con lo scopo di informare sulle guerre in corso sul pianeta, sulle motivazioni che le scatenano e le alimentano, ma anche sulle drammatiche condizioni di vita delle popolazioni civili, sui danni ai beni culturali e ambientali e sulle storie straordinarie di donne e uomini che hanno fatto della speranza e del coraggio le uniche armi contro la guerra. La campagna 1 euro per la Somalia promossa dall'Atlante delle guerre e l'Unhcr è una delle importanti novità di questa terza edizione che offre ai lettori 248 pagine a colori, 35 schede conflitto, uno speciale di 24 pagine sulle rivolte in Medio Oriente e Nord Africa e ancora, più dati e notizie su profughi, rifugiati, sfollati, un'analisi sulla 'Guerra della terra' che si combatte in Africa per le risorse, uno speciale di 5 pagine sulla carestia in Somalia. Un euro per ogni copia venduta sarà destinato alle operazioni di emergenza dell'Unhcr in Corno d'Africa. I soci Arci possono acquistare l'Atlante delle guerre a 15 euro anziché 20 e ordinarlo al link indicato sul sito dell’associazione.
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legalitàdemocratica
Amministratori sotto tiro, il rapporto di Avviso Pubblico in provincia di Nuoro. Le cose non sembrano andare meglio per l'anno 2011: la Calabria si conferma la regione dove gli amministratori locali subiscono più intimidazioni e minacce. La provincia più colpita è quella di Reggio Calabria (10 casi), seguita da quelle di Crotone (6 casi), Vibo Valentia (4 casi), Catanzaro e Cosenza (3 casi ciascuno). Da rilevare che nel corso di quest'anno si sono registrate delle intimidazioni e delle minacce nei confronti di donne che ricoprono il ruolo di Sindaco e, in particolare, nei comuni di Isola Capo Rizzuto, Monasterace e Rosarno. Primato, questo, che fa i conti anche con il Centro Nord, dove ha ricevuto minacce anche il Sindaco di Follonica Eleonora Baldi. Info: www.avvisopubblico.it
ono 212 gli episodi di minacce e di intimidazioni di tipo mafioso e criminale ai danni di amministratori locali e personale della pubblica amministrazione, per una media di 18 casi al mese, una ogni giorno e mezzo, censite nel solo 2010. È questo il dato più eclatante che emerge dal Rapporto Amministratori sotto tiro. Buona politica e intimidazioni mafiose presentato da Avviso Pubblico, Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie nell'assemblea nazionale che si è svolta a Roma lo scorso 2 dicembre. Avvalendosi delle notizie contenute nell'archivio Ansa, nei siti web dei giornali locali e tramite internet, sono stati censiti 212 casi di minacce e intimidazioni, la maggioranza dei quali si concentra nelle regioni del Mezzogiorno e in particolare in Calabria (87 episodi), in Sicilia (49 episodi) e in Campania (29 episodi). Non mancano casi di intimidazioni pesanti nei confronti di sindaci, assessori, consiglieri e funzionari della pubblica amministrazione anche in Sardegna (25 casi, il 12% del totale), in Puglia (11 casi, il 5% del totale) e, in numero più limitato, anche in alcuni regioni del Centro-Nord, come Lazio (5 casi), Liguria (3 casi), Basilicata, Abruzzo e Marche (1 caso ciascuna).
La situazione appare particolarmente grave in Calabria dove ben il 13,7% delle amministrazione comunali (56 su 409) ha subito almeno una minaccia, intimidazione o attentato nel corso del 2010. E il dato diventa ancora più preoccupante nelle province di Crotone e Vibo Valentia, zone caratterizzate dalla presenza di cosche particolarmente violente. Nella prima la percentuale arriva al 18,3% (5 comuni su 27) e nella seconda al 18% (9 comuni su 50). Seguono poi Cosenza (13,5%) e Reggio Calabria (12,3%). Anche in Sicilia si riscontrano percentuali molto alte. Ad esempio nella provincia di Agrigento risulta colpito almeno una volta il 16,3% dei comuni (7 su 43). Segue Caltanissetta col 13,6%. Plurimi casi di intimidazioni e di minacce si sono registrati ad Agrigento, Favara (Ag), Partinico (Pa), Caccamo (Pa), Gela e Niscemi (Cl). Anche in questo caso si tratta di zone dove la mafia dimostra ancora la sua forza. In Campania, dato molto significativo per la provincia di Napoli col 13%. In particolare, i fatti censiti in questo rapporto hanno evidenziato minacce e intimidazioni nei comuni di Portici, Castellamare di Stabia, Boscoreale. In Sardegna si segnalano, in particolare, i comuni di Ottana e di Siniscola,
A gennaio ‘Per non morire di mafia’
L’impegno dell’antimafia sociale per spezzare sordide alleanze tra mafia e politica
SiciliaTeatro Associazione, in collaborazione con Teatro Eliseo, presenta l'evento nazionale sulla legalità Per non morire di mafia, che si terrà il 16 gennaio 2012 al Teatro Eliseo di Roma. L'evento è articolato in due diversi momenti: un incontro pubblico pomeridiano con il Procuratore Nazionale Pietro Grasso (ingresso libero ad esaurimento posti) e lo spettacolo serale dal titolo Per non morire di mafia, tratto dal libro omonimo di Pietro Grasso. L'iniziativa ha ricevuto il patrocinio del Comune di Roma - Roma Capitale, della Provincia di Roma e della Regione Lazio e l'adesione di importanti associazioni impegnate nella lotta alle mafie come Arci, Fondazione Antonino Caponnetto e Libera. In questa giornata il senso del progetto spettacolo Per non morire di mafia si compie per intero, dando opportunità di approfondimento delle tematiche introdotte, grazie alla presenza di Pietro Grasso che, intervistato da Attilio Bolzoni, incontra la città di Roma e i giovani delle associazioni antimafia impegnati nei progetti di recupero dei beni confiscati alle mafie, che avranno l'opportunità di testimoniare le loro esperienze e porre domande. Info: www.teatroeliseo.it
Milano può diventare Reggio Calabria, questo è l'allarme delle Procura reggina e di quella milanese dopo i 14 arresti per mafia di fine novembre. Un grido a cui vogliamo fare da cassa di risonanza e che da anni ci trova concordi. Sin da quando, percepita la pericolosità, la diversità delle organizzazioni criminali e la loro forte espansione su tutto il territorio italiano abbiamo cambiato la ‘a’ finale della nostra Carovana antimafia in ‘e’. Mafie appunto e - purtroppo - dappertutto o quasi: Camorra, Cosa nostra, Sacra Corona Unita e 'Ndrangheta, nomi che oggi travalicano le regioni ritenute di ‘tradizionale insediamento mafioso’. Queste organizzazioni sono capaci, evolvendosi nella strategia, di fiutare sempre nuovi territori, aggredirli, degradarli (oggi non c'è molta differenza fra alcune periferie delle città del sud e altre del nord). Per le mafie non c'è confine (né regionale, né nazionale): sono ovunque si possa accumulare ricchezza in modo illecito, come dimostrano i dati sulla Lombardia, quarta regione per beni confiscati alla criminalità organizzata. Anche grazie a Carovana abbiamo iniziato
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Il 10 dicembre alle 9.30, nell'Aula Magna del Liceo Scientifico B. Mangino, si terrà una tavola rotonda sul tema L'Italia Unita contro le mafie. 150 anni di mafia e antimafia. Partecipano Luigi Ciotti, Luigi De Magistris, Giuliano Pisapia
notizieflash
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PAGANI (SA)
un viaggio difficile nel mondo dello scetticismo e di coloro che a sentir parlare di mafia a Milano ci davano, senza sconti, degli allarmisti. E fra i detrattori non ci sono stati solo cittadini comuni o giornalisti ma anche uomini delle istituzioni. Oggi ci piace pensare che quei magistrati, come hanno fatto loro illustri predecessori, stiano riscattando uno parte dello Stato (non tutto, attenzione!), sempre in ritardo rispetto alla mafie, a leggerle, a capirle. Tutto intento a confondersi, a infettarsi di quel virus che porta ad abbracci mortali come insegnano le notizie degli ultimi giorni sulla contaminazione fra clan e politica. Tuttavia non solo quest'ultima sembra ‘offrirsi’ alle mafie, le organizzazioni mafiose vivono del consenso dettato non solo dalla paura ma anche dalla convenienza; se sono anche al nord è perché ci sono professionisti, imprenditori e cittadini comuni che con loro fanno affari. All'antimafia sociale un compito importante, quello di inserirsi come un cuneo e spezzare alleanze sordide. Abbiamo buone pratiche e strumenti sperimentati. A partire da quello a noi caro, la partecipazione. Info: cobianchi@arci.it
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economia
Le misure del governo avranno ricadute devastanti sulla vita quotidiana di milioni di persone to. Si è definito questo un ‘Governo tecnico’, un'espressione fuorviante che induce a pensare a un esecutivo neutro, incolore, in grado di occuparsi, come già accaduto a metà degli anni Novanta, delle sorti di un Paese in cui la politica ha perso la bussola. I Governi tecnici sono un'invenzione dell'italiana creatività: le decisioni sono politiche e chi le prende è portatore di un vissuto culturale e professionale che ne condiziona l'indirizzo. Non pochi dei membri dell'attuale esecutivo sono banchieri - in qualche caso figli di banchieri - cresciuti con le teorie neoliberiste e arricchitisi nel mondo della finanza. Probabilmente, quindi, appartengono a quella generazione di studenti che ha superato a destra Adam Smith e che si è lasciata affascinare dalla Scuola di Chicago. È un problema di empatia: non vivono la condizione di molti loro connazionali e non sono portati a capirne le difficoltà; il loro lavoro li gratifica e forse pensano di lasciarlo quanto più tardi possibile; i loro figli non sono precari, e anche se lo fossero nel lavoro, non lo sarebbero nella vita. Domenica Mario Monti ha annunciato di rinunciare al compenso di Presidente del Consiglio e di Ministro dell'Economia, e la Ministra Elsa Fornero è stata colta dalla commozione mentre annunciava a uomini e donne, che lavorano da una vita e che meriterebbero di guadagnare un po' di riposo e di tempo libero, che dovranno prodigarsi ancora per qualche anno. In quei momenti tornava Sale la disoccupazione: in Italia, ma anche in Europa. alla mente un brano di Andrew Lloyd A fine ottobre i senza lavoro nella Ue a 27 erano più di Webber: «Non sarà facile, vi sembre23,5 milioni, con un tasso di disoccupazione salito al rà strano/che io stia cercando di spie9,8%. Va ancora peggio nella zona eurodove il tasso di gare cosa provo/che ho ancora bisodisoccupazione è del 10,3%. gno del vostro amore/dopo tutto quel E l'Italia? All'incirca nella media: il tasso di disoccupache ho fatto... ho dovuto lasciare che zione è risalito all'8,5%, ma schizza al 29,2% per i gioaccadesse...ho parlato troppo?/Non vani. Un dato nettamente superiore a quello (21,4%) so che altro dirvi/ma dovete solo dei 17 paesi della zona Ue. Una situazione nera, destiguardarmi per capire/che le mie paronata a peggiorare se saranno confermate le previsioni le sono vere»... «Don't cry for us, in base alla quali in tutti paesi europei nel 2012 il Pil ralElsa», verrebbe da dirle per poi suglenterà e addirittura diminuirà in alcuni paesi come gerirle di farsi coraggio e di assumere Grecia e Italia. un diverso atteggiamento nei riguardi L'Europa appare impotente a risolvere, o quanto meno, della parte più sana della nazione. alleviare, il disagio sociale determinato da una disocAi giovani e meno giovani, che lavocupazione troppo alta. rano ‘a singhiozzo’ e che accederanDi più: la riduzione del numero dei lavoratori sta produno interamente al sistema contributicendo una progressiva contrazione dei redditi e dei vo, non verrà garantirà una pensione consumi provocando una ulteriore diminuzione del Pil. dignitosa. A molti lavoratori e lavoraSenza contare che sulla crescita si abbattono anche le trici che prima di domenica erano manovra correttive destinate a riportare ordine nei prossimi alla pensione, è stata confeconti pubblici nazionali. rita l'ulteriore preoccupazione di non Ma che ordine può esserci con decine di milioni di perpoter esercitare adeguatamente quel sone buttate fuori dal mercato del lavoro. ruolo di cura nei confronti dei genitori
igore, crescita ed equità sono le tre linee guida che Mario Monti ha presentato al Senato a fine novembre, ottenendo la fiducia più ampia nella storia di Palazzo Madama: «I sacrifici per risanare il debito e far ripartire la crescita saranno equi», ha detto, avendo la certezza che «più le riforme saranno eque, più saranno efficaci». La dichiarazione - di stampo keynesiano e rooseveltiano - veniva apprezzata da molti italiani, convinti che dopo la disinvolta gestione dell'economia e dell'Italia osservata con il precedente Governo, ci si potesse finalmente affidare a delle personalità riconosciute a livello internazionale, credibili, anche se rigorose nel tracciare il doloroso percorso di uscita dalla crisi. Ma in una domenica d'autunno, al termine di una giornata convulsa e trascorsa tra calcoli e consultazioni, il Primo Ministro ha illustrato l'attesa e infausta manovra. Nonostante l'ex Commissario europeo si sia deciso a spiegarne i dettagli nel corso di una conferenza stampa convocata nella sala della Presidenza del Consiglio - e non, come si era vociferato negli ultimi giorni, ad anticiparla nella cosiddetta Terza Camera di Bruno Vespa - lo sconforto ha preso il sopravven-
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In Europa 23,5 milioni senza lavoro
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6 dicembre 2011
Prezzi alle stelle e salari al palo C’è un altro tipo di spread che dovrebbe preoccupare molto gli italiani, se non altro per le sue immediate ripercussioni sulle loro tasche. È quello tra la crescita dei salari dei lavoratori e quella dell’inflazione: rallenta la prima e aumenta la seconda, la cui distanza, anziché oscillare, continua ad allargarsi alle spese del potere d’acquisto delle famiglie. L’Istat ha rilevato il divario più alto da almeno quindici anni, pari a 1,7 punti percentuali. Nel mese di ottobre, infatti, l’indice delle retribuzioni contrattuali orarie ha registrato una variazione nulla rispetto al mese precedente e un incremento dell’1,7% rispetto a ottobre 2010, mentre il carovita ha proseguito la sua corsa al rialzo con un’accelerazione del 3,4%. La forbice ha così toccato un nuovo massimo e bruciato il precedente record da 1,3% raggiunto nel 1997. Ma difficilmente si può parlare di sorpresa, visto il costante ritardo con cui vengono rinnovati i contratti di lavoro in scadenza: in media ogni salariato deve aspettare 23 mesi per vedersi aggiornare condizioni contrattuali e trattamento economico, decisamente troppi per tenere il passo con la fuga dei prezzi al consumo. Attualmente sono 31 quelli che attendono il rinnovo, di cui 16 appartenenti alla pubblica amministrazione, relativi a circa 4,3 milioni di dipendenti. Nel complesso, si tratta del 33,1% dei lavoratori dipendenti in generale, e del 12,9% di quelli del settore privato. Se la passano particolarmente male i dipendenti della pubblica amministrazione, che per effetto del blocco contrattuale ad ottobre hanno visto la valutazione delle buste paga fermarsi allo 0,6%. I settori con gli incrementi maggiori sono invece militari-difesa (più 3,7%), forze dell’ordine (più 3,5%), vigili del fuoco (per entrambi più 3,1%).
ormai anziani. Perché non di solo lavoro si tratta: le misure economiche varate dal Governo, se usciranno dal Parlamento così come sono entrate, avranno ricadute devastanti sulla vita quotidiana di milioni di persone. Mario Monti si è purtroppo ricordato del suo incarico alla Goldman Sachs e si è scordato di essere stato uno studente di James Tobin: mentre impartiva insopportabili sacrifici alla fascia media e popolare del Paese, spruzzava ‘acqua di rose’ sulle rendite finanziarie. Info: verona@arci.it
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Stefania Bozzi, nuovo presidente Arci Pisa: ‘Tra le nostre priorità, avvicinare i giovani ai circoli’ o scorso 26 novembre, durante il XVI Congresso dell’Arci di Pisa, Stefania Bozzi è stata eletta nuovo presidente provinciale. Nel farle i nostri auguri di buon lavoro, le abbiamo rivolto qualche domanda.
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Enzo Cerretini ha ricoperto la carica di presidente provinciale per ben 16 anni: quali gli insegnamenti più importanti che ti lascia in eredità? Enzo mi lascia molteplici insegnamenti, sicuramente tra questi la costanza e la perseveranza con cui ha portato avanti il suo incarico anche nei momenti di crisi economica del comitato. Non lasciarsi abbattere dinanzi alle difficoltà, riuscire a tessere relazioni improntate sulla correttezza ad ogni livello, mantenendosi super partes e
MESSINA IL 12 dicembre alle 20.30 presso il Palazzo della cultura viene proiettato Libera Tutti, docufiction realizzato dal laboratorio videopartecipativo del circolo Arci Thomas Sankara di Messina curato da Giuseppe Minolfi
non venendo mai meno ai propri principi sono gli insegnamenti che spero e penso di poter seguire. Quale ruolo svolgono oggi i circoli nel territorio pisano? Quali le difficoltà che incontrano? Vedo rispetto al passato una scarsa partecipazione alla vita dei circoli. Ne parla una che è praticamente cresciuta in un circolo Arci; mio padre era dispensiere del circolo Primavera di Cascina, di cui attualmente è presidente, e io, ragazzina dietro il bancone del bar, ricordo che era pieno di vita e di attività ricreative di ogni genere. Il problema è che, se da un lato alcuni circoli sono stati capaci di aggiornarsi e di adeguare la propria offerta alle richieste che, inevitabilmente, la società attuale prospetta, in molti non sono riusciti mettersi al passo coi tempi e sono stati soppiantati da bar o dalla ricerca di interessi diversi. Alcuni risentono poi di una disaffezione generale: non c’è stato ricambio generazionale, ma solo uno svuotamento. È fondamentale adesso individuare queste lacune per poter dare risposte alle diverse problematiche. Quali saranno i primi ambiti di intervento di cui ti
occuperai? Sicuramente sarà necessario lavorare per poter essere un punto di riferimento per tutti i circoli, sia con supporto di tipo amministrativo - gestionale che nella progettualità. Tra città e provincia mettiamo insieme circa 130 circoli, e dobbiamo essere in grado di coinvolgerli tutti in iniziative e progetti di rilievo, proponendoli come luoghi di incontro e di aggregazione. Un problema che oggi riscontro è che è sempre più difficile far entrare un giovane in un circolo, perchè non lo sente proprio. Eppure, ad esempio, con un progetto realizzato in collaborazione con il Cesvot in un circolo a Cascina su sobrietà e stili di vita siamo riusciti non solo a coinvolgere un gruppo di ragazzi togliendoli dalla strada, ma a farli diventare parte attiva del circolo, al punto che ora rappresentano il 90% del consiglio. Dobbiamo riuscire a portare nei circoli i più giovani e allo stesso tempo occuparci di tutte le fasce d’età. Uno dei prossimi obiettivi sarà occuparci dell’infanzia, creando opportunità per le famiglie di riavvicinarsi alla vita dei circoli e di riscoprire un modo alternativo di stare insieme.
Notizie Brevi Essenze BISCEGLIE (BT) - Ultimo appuntamento al circolo Open Source con la rassegna Essenze, performance proposte da artisti noti nel panorama pugliese. «Lo spettatore - si legge nella nota di presentazione - attraverso la danza, i suoni, le parole e i profumi, sarà accompagnato in un viaggio sensoriale, viaggio che come un'essenza officinale riequilibrerà il corpo allo spirito». Il 10 dicembre a partire dalle 21.30 Sonora entropia in bianco e nero, dialogo su note d'Africa, con Giuliano Di Cesare alla tromba e Michele Giuliani al pianoforte. Info: open source bisceglie (fb)
Legalità e cultura MILANO - Quattro serate in quattro circoli Arci per fare quattro passi nell'antimafia sociale con racconti e riflessioni, sapori ed emozioni e per sostenere la cooperativa Lavoro e non solo. Dopo l'appuntamento del 4 dicembre nel circolo Acropolis di Vimercate (MB) si prosegue il 10 dicembre con il circolo Ubik di Pessano con Bornago (MI) con la presentazione dei campi della legali-
tà e l'intervento di Calogero Parisi e l'11 dicembre con il circolo Agorà di Cusano Milanino (MI) con le Letture di legalità a cura di Cristina Berti, Serena Galante, Tommaso Pusant Pagliarini. Ingresso gratuito con tessera Arci. Info: www.arcimilano.it
Piccoli teatri viaggianti TRAPANI - Presso il circolo Amalatesta l'8 dicembre ha inizio Piccoli teatri viaggianti, laboratorio spettacolo in tre fasi che nasce con l'obiettivo di coinvolgere lo spettatore in modo diretto nel percorso del teatro. Il primo appuntamento è con Galileo testamento di uno scienziato, in cui lo spettatore viene accompagnato nel viaggio di costruzione di un’opera teatrale alternando l'ascolto della spiegazione del regista alla visione delle fasi sceniche. Info: arciamalatesta@gmail.com
Viaggio notturno UDINE - Al Mis(s)Kappa il 9 dicembre alle 21 va in scena lo spettacolo Viaggio notturno. Un viaggio pieno di suggestioni legate alla musica e alla
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parola, dove la voce raffinata e sensuale di Cristina Mauro e gli interventi teatrali di Stefano Montello faranno attraversare i secoli: dalla fine del 1500 con il musicista Giorgio Mainerio e il 'mugnaio intellettuale' Menocchio, agli inizi del 1600 nella Bassa Friulana, dove le donne cantavano Scjarazzule marazzule all'alba della Pentecoste, fino all'affermazione delle villotte, qualche decennio dopo, con una particolare attenzione per il canto di composizione ed esecuzione femminile. Per trascorrere una serata in modo lieve e allegro e conoscere, nel viaggiare, un po' meglio se stessi. Info: misskappa@livecom.it
Miles gloriosus IMPERIA - Il 9 dicembre al circolo Guernica cena popolare e a seguire Miles Gloriosus, ovvero morire di uranio impoverito, spettacolo di e con Antonello Taurino, premio Calandra 2011. Una storia di soldati, di misteri, di morti e di colpe. Una delle pagine più oscure e incredibili della recente cronaca italiana: soldati che tornano dalle missioni e muoiono poco a
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poco, senza assistenza, sparsi nel tempo e nello spazio. Le vittime dell'uranio impoverito nelle guerre degli anni '90 sono lontane dal clamore retorico del patriottismo nostrano.. tanti, tantissimi morti. Dimenticati. Di serie B. Ingresso riservato ai soci Arci. Info: arciguernica@yahoo.it
Il gioco e la memoria LUZZANA (BG) - Sabato 10 dicembre alle 16,30 presso l'ex chiesa di San Bernardino in piazza Castello sarà inaugurata la mostra Il gioco e la memoria, che descrive con fotografie, disegni, giochi costruiti nei laboratori un anno di lavoro svolto nelle cinque scuoledell'Istituto Comprensivo di Borgo di Terzo nell'ambito del progetto Per fare un albero ci vuole un seme. Il lavoro, realizzato dall'Associazione Genitori una voce, è stato sostenuto dalla Regione Lombardia, dall'Unione Media Valle Cavallina, dall'Arci di Bergamo e dall'associazione Oltre il cortile di Vigano San Martino. È possibile visitare la mostra fino al 29 gennaio, ingresso gratuito. Info: unavoceperlascuola@gmail.com
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Alluvione nel messinese: l’ennesimo disastro annunciato oco più di un mese fa a Barcellona Pozzo di Gotto si discuteva di quanto stava accadendo a Genova e dintorni con tristezza e anche un po' di paura: nel dicembre 2008 alcune zone della città erano state invase dall'acqua e dal fango, nel novembre 2010 un argine si era rotto lungo il torrente Idria allagando parte della frazione di Pozzo Perla, il 19 ottobre 2010 il geologo Roberto Iraci aveva redatto una relazione tecnica sullo stato di pericolosità del bacino del torrente Longano, suggerendo la modifica della classe di rischio e dando alcune indicazioni per la rimozione di elementi di criticità. Vicinissimo era poi il ricordo della tragedia di Giampilieri e Scaletta Zanclea. Barcellona Pozzo di Gotto è attraversata da un reticolo idrografico minore costituito dalle 'saje' e da due torrenti, il Longano e l'Idria, coperti parzialmente tra gli anni '50 e '60 per realizzare due delle più importanti vie di comunicazione all'interno della cittadina. Il 22 novembre le forti precipitazioni già dalle prime ore del mattino avevano iniziato a riempire il letto dei torrenti. La situa-
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I clandestini che eravamo Partir Loin. I clandestini che eravamo è il titolo della mostra di illustrazioni di Marcella Brancaforte che verrà presentata al pubblico mercoledì 7 dicembre alle 18 presso il Biancovolta, Spazio Arci, in via delle Piagge 23 a Viterbo. La mostra si concentra sul rapporto tra le immagini in bianco e nero degli emigranti italiani e i volti degli immigrati africani che sbarcano a Lampedusa. Da Ellis Island a Lampedusa, dalla stazione di Milano ai Centri di permanenza temporanea il viaggio è rimasto lo stesso atto di coraggio sfrontato o di disperazione estrema che una persona compie affidando ad un altrove incerto e sconosciuto il proprio destino. L'evento è organizzato da Arci Comitato provinciale, Arci Solidarietà Viterbo, in collaborazione con Aucs, La Metaphora, Maninalto e il Carma. La mostra è visitabile tutti i giorni tranne il lunedì dalle 16 alle 19. Inoltre dal 7 al 18 dicembre sono in programma a Viterbo una serie di eventi legati alla campagna di raccolta firme L'Italia sono anch'io per i diritti di cittadinanza agli immigrati. Info: arciviterbo.blogspot.com
zione è apparsa fin da subito preoccupante tanto che il sindaco ha ordinato l'evacuazione delle scuole e la chiusura degli uffici comunali già in mattinata. In poche ore sia il Longano che l'Idria si sono talmente ingrossati da esondare in più punti, rompendo gli argini e danneggiando alcuni ponti. A una settimana è ancora difficile fare un bilancio dei danni. Molti esercizi commerciali hanno perso gran parte della merce, numerose sono le famiglie sfollate, molte case sono vuote, distrutte. I volontari sono ancora all'opera, i mezzi pesanti sono riusciti a rimuovere finalmente le montagne di fango che ostruivano le vie del centro e si stanno spostando nelle frazioni più periferiche, i cittadini e le cittadine di Barcellona hanno dato una grandissima prova di coraggio e di forza. Pochi si domandano perché sia successo tutto questo, tutti conoscono la situazione critica del territorio. Lo sviluppo urbanistico della città non ha tenuto infatti conto delle esigenze della natura: case costruite sulle 'saje', cementi-
ficazione dei tratti cittadini dei torrenti, una rete fognaria non efficiente, pulizia superficiale del greto dei torrenti, nessun piano di ripascimento delle coste, zone montane poco coltivate e, anzi, in alcuni punti disboscate. È vero che le precipitazioni sono state particolarmente intense e concentrate in poco tempo, ma è altrettanto vero che bisognerebbe cambiare mentalità, non aspettare l'emergenza e il disastro per prendere provvedimenti e per tutelare il territorio. Nello stesso giorno, oltre a Barcellona Pozzo di Gotto, il disastro ha colpito anche Saponara - che piange purtroppo la perdita di tre persone -, e Milazzo - dove un versamento di sostanze tossiche ha invaso il mare - nonché altri comuni della Provincia. Questo evento drammatico dovrebbe essere trasformato in una reale occasione di riflessione per prendere provvedimenti importanti, per pretendere che le istituzioni si facciano carico delle proprie responsabilità e per stimolare i cittadini a partecipare in maniera più attiva e responsabile.
All’Arci Bitte ‘Black block’, del genovese Carlo A. Bachshmidt Domenica 11 dicembre all'Arci Bitte proiezione milanese del film Black block di Carlo A. Bachshmidt, responsabile della segreteria del Genova Social Forum, presentato al Festival del Cinema di Venezia 2011. Il docu-film è centrato sui racconti di sette personaggi che hanno condiviso la protesta del G8 di Genova nel 2001 e i traumi personali che ne sono seguiti. Un racconto a sette voci che inizia con la partecipazione alle giornate di luglio 2001 per continuare con le violenze subite, il ritorno a casa, la scelta di ritornare a Genova per testimoniare ai processi, costituendosi parte civile, e si chiude
con le valutazioni sulle sentenze emesse dopo lunghi anni di attesa. La proiezione sarà anticipata da un dibattito che prende le mosse dallo 'spauracchio' del Black Block, ritornato in questi mesi prepotente all'attenzione dell'opinione pubblica, a 10 anni dal G8 e a poche settimane dal 15 ottobre. Intervengono Carlo A. Bachshmidt e Heidi Giuliani che ne discuteranno con Alex Foti di MilanoX, Emanuele Patti presidente di Arci Milano, Francesco Purpura di MilanoinMovimento. Modera Gioia Giudici, giornalista Ansa. Ingresso con tessera Arci. Info: info@bittemilano.com
A Radio Siani va in onda il processo ai clan Trasmesso in differita e disponibile sul sito di Radio Siani, radio di Arci Zona Rossa, il processo che vede imputati i clan Birra e Ascione che per anni hanno tenuto sotto scacco i commercianti della città di Ercolano. «Radio Siani, che ha sede in un bene confiscato proprio al boss Giovanni Birra, non poteva non seguire questo processo. La trasmissione dell'udienza del processo tenutosi in data 30 novembre è un esperi-
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mento che cercheremo di estendere anche ad altri processi di mafia - dichiara la direttrice Amalia De Simone. «Questo ulteriore passo che Radio Siani ha compiuto è un continuum del lavoro volontario che porta avanti nel quotidiano e che ebbe inizio il 21 novembre di due anni fa con la marcia anticamorra che fu il simbolo del riscatto della gente onesta di Ercolano». Info: www.radiosiani.com
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‘Tutta la Milano possibile’: primo forum cittadino delle politiche sociali enerdì 2 e sabato 3 dicembre si è tenuto il primo Forum cittadino delle politiche sociali intitolato Tutta la Milano possibile, promosso dall'Assessorato alle Politiche sociali e cultura della salute e diretto da Pierfrancesco Majorino. Nelle due giornate, il Forum ha coinvolto più di 2000 persone tra educatori sociali, amministratori della cosa pubblica, associazioni di volontariato, di promozione sociale e mondo delle cooperative. Presenti anche i sindacati e semplici cittadini vogliosi di capire come si sta muovendo la nuova giunta. Le giornate si sono svolte tra appuntamenti plenari e tavoli tematici disseminati nella città, che hanno approfondito tematiche legate a bambini e giovani, anziani, esclusione e lotta contro il razzismo, disabilità, passando per l'emergenza della casa e dell'abitare fino alle dipendenze e alla cul-tura. In questa occasione una serie di organizzazioni, Acli provinciale di Milano Monza e Brianza, Arci Milano, Auser Milano, Confcooperative-Federsolidarietà, Legacoop, Legambiente, Anteas, Cnca hanno avuto l'opportunità di presentare un documento intitolato Visione Comune, di fatto un patto
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tra queste realtà, volto a condividere valori e percorsi verso la costituzione di un Forum del Terzo Settore della città di Milano. Si legge infatti nel documento presentato: «Sentiamo la necessità di aggiornare la nostra visione del welfare alla luce dei molti e veloci cambiamenti che il modello di sviluppo delle società attuali ha determinato e che la crisi economica e finanziaria ha messo in evidenza e - continua - lo facciamo proponendo un patto tra le Organizzazioni di Terzo Settore verso la costituzione di un Forum della Città di Milano, in un quadro condiviso di valori e di visione che accomuni tutte le realtà di Terzo Settore che operano quotidianamente a Milano per la coesione sociale». E queste Organizzazioni lo hanno fatto tenendo presente la nuova formulazione dell'art. 118 comma 4 della nostra Costituzione dove é contenuto un principio in forza del quale «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Le organizzazioni di terzo
La magnifica ossessione Premio Ucca Venti Città
Ad Arezzo Le ragioni della laicità Continua ad Arezzo la rassegna cinematografica Le ragioni della laicità promossa da Arci, Ucca, Liberaperta e dalla Biblioteca comunale, che per l’occasione ha messo a disposizione la Sala Conferenze per consentire la proiezione dei film. Si tratta di un momento culturale nato per riflettere sui temi
Hanno collaborato a questo numero Danilo Bardi, Raffaella Bolini, Luciana Castellina, Alessandro Cobianchi, Michela Faccioli, Sergio Giovagnoli, Pietro Ingrao, Paola Scarnati, Alberto Zoratti
della laicità, non come il contrario della fede, ma come forma mentis, approccio trasversale con cui costruire uno spazio pubblico plurale attraverso il linguaggio del cinema. Lunedì 12 dicembre appuntamento alle 21 con Mare dentro di Alejandro Amenabar, Premio Oscar 2005 come miglior film straniero.
In redazione Andreina Albano, Maria Ortensia Ferrara, Carlo Testini Direttore responsabile Emanuele Patti
Proiezione pro Rwanda al Fanfulla Il 7 dicembre al Forte Fanfulla a Roma seconda serata di solidarietà al Rwanda con la proiezione di Munyurangabo di Lee Isaac Chung. Il regista ha scelto di raccontare in modo semplice e poco costruito il dramma del genocidio, visto con gli occhi di chi è sopravvissuto, ma ha altre ferite da far rimarginare: quelle della memoria, della giustizia e del desiderio di vendetta. L’appuntamento fa parte di una serie di iniziative organizzate da Arci Cultura e Sviluppo a sostegno del progetto che Arcs sta attualmente realizzando in Rwanda, insieme all’associazione locale Sevota, per la reintegrazione sociale e lavorativa delle donne e dei ragazzi orfani che, avendo subito violenze e traumi nel corso del genocidio, soffrono di forti disagi psico-sociali. Ingresso a offerta libera, i proventi sosterranno il progetto Arcs in Rwanda.
Direttore editoriale Paolo Beni
www.ucca.it / ucca@arci.it
La giuria nazionale Ucca ha conferito il Premio Ucca Venti Città 2011 a Ferrhotel di Mariangela Barbanente con la seguente motivazione: «Per la capacità di raccontare l’esperienza dell’immigrazione nel nostro paese rivelando gli aspetti di lotta, resistenza, riscatto sociale e per lo sguardo emozionante che scava con delicatezza nell’intimità dei personaggi». Il premio consiste nella circuitazione dell’opera nelle sale o presso le sedi di circoli Ucca di almeno venti città italiane. Due menzioni speciali a Bad weather di Giovanni Giommi e a Un mito antropologico televisivo di Maria Helene Bertino, Dario Castelli e Alessandro Gagliardo. Il premio è stato dedicato quest’anno al Museo Diffuso della Resistenza, della deportazione, della guerra e della libertà, che vede a rischio la continuità della propria attività.
settore sono espressione di questa autonoma iniziativa e in quanto tali possono assumere la funzione di soggetti per l'organizzazione delle libertà sociali». Assi centrali della proposta di confronto del documento sono stati temi come la corresponsabilità, la partecipazione, il governo integrato delle spese e delle politiche e il welfare territoriale, la sobrietà e l'equità come valori. Indicando che è necessario orientarsi verso un'azione concreta per il rispetto delle regole contro la decadenza dei costumi e i costi della politica, verso la promozione di una cultura della legalità democratica e il contrasto alle organizzazioni malavitose, verso la promozione della cura e tutela dell'ambiente e dei comportamenti sostenibili ed infine verso l'equità nella partecipazione contributiva progressiva nei servizi della Città. Il documento in questione ha suscitato molto interesse tra le organizzazioni presenti, quindi ora alle Organizzazioni promotrici del Forum del Terzo Settore il compito di un rapido percorso partecipato per la sua istituzione. Info: patti@arci.it
Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Progetto grafico Sectio - Roma, Cristina Addonizio Editore Associazione Arci Redazione Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005
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SALVIAMO IL PIANETA, IL PAESE, IL TERRITORIO AIUTIAMO LA RICOSTRUZIONE DOPO LE ALLUVIONI In mezza Italia ancora si scava nel fango. Nell’altra mezza, i contadini contano i danni della siccità. A Durban nessuno scommette una lira sull’accordo, mentre il trattato di Kyoto scade. Fino a pochi anni fa politica e mercato negavano lo sconvolgimento climatico. Oggi puntano sul fatalismo: in fondo la terra ne ha visti tanti. È vero, ma non sono mai stati così rapidi, e mai in un pianeta così abitato. I produttori di champagne comperano terre in Gran Bretagna: lì faranno il vino, e a noi rimarrà la polvere del deserto. Si perderanno lavoro, diritti, vite, economie, storie, culture e futuri di miliardi di persone, italiani inclusi. Della Conferenza di Durban si accorgeranno in pochi, da noi: c’è la crisi. Eppure, gli unici che si salvarono da quella analoga del ’29 furono gli Usa del New Deal. E anche oggi non ne usciamo senza un New New Deal. Un patto sociale inedito fra natura, diritti, lavoro, economia e cultura. Fondato sulla riconversione energetica, industriale, urbana, della mobilità e dell’abitare. Sulla difesa del territorio: mare, cielo, terra, acqua, comunità. Sulla dignità contadina, sul chilometro zero. Sul riuso e il risparmio. Sull’innovazione che non distrugge ma aiuta a salvare. Nascerebbero milioni di posti di lavoro, in cambio di un deciso intervento pubblico su queste priorità strategiche. L’economia ricomincerebbe a girare, e l’Europa arresterebbe il declino. Una riEvoluzione: andare avanti bene. Per avvicinarla, noi riconvertiamo noi stessi, i circoli e gli stili di vita. Nei giorni di Durban, in nome della giustizia climatica, aiutiamo i nostri circoli e le comunità distrutte dalle alluvioni. Conti Correnti: Arci Liguria presso Banca Popolare Etica - Agenzia di Genova, causale: Emergenza alluvione Liguria 2011: IBAN IT 16 B 05018 01400 000000140234 Arci Sicilia presso Banca Popolare Etica, causale: Raccolta fondi per alluvionati del messinese: IBAN IT 38 E 05018 04600 000000 140686