Arcireport n 43 2015

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arcireport

settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 43 | 11 dicembre 2015 | www.arci.it | report@arci.it

Per il diritto all’amore e alla cultura di Francesca Chiavacci presidente nazionale Arci

In queste settimane successive alle stragi parigine del 13 novembre, numerosi dibattiti televisivi e un po’ tutto il circuito mediatico mettono in evidenza il dialogo tra le confessioni religiose come elemento di pacificazione e antidoto risolutivo al terrorismo, inteso come guerra che troverebbe fondamento (per quanto ci riguarda solo ‘apparentemente’) in una religione ispirazione. Mai come oggi le fedi religiose hanno invaso totalmente la dimensione pubblica, la discussione su scuola e formazione, la vita istituzionale, i diritti di libertà. Sembra scomparsa la dimensione laica, e spesso si registra una sorta di arretramento, anche rispetto a regole e opinioni già esistenti e consolidate, talvolta in nome dello scoop mediatico e della strumentalità, talvolta in nome del razzismo e dell’odio (è significativo in questo senso la polemica sulla festa di Natale nella scuola di Rozzano). Per la nostra associazione, che affonda le proprie radici nei valori della solidarietà laica (assai meno visibile della consorella religiosa), è importante svolgere il proprio ruolo di agente di difesa

e promozione dei diritti civili e della sua declinazione nella direzione della riduzione delle disuguaglianze sociali, economiche e culturali. È il motivo principale per cui in questi giorni abbiamo concentrato il nostro impegno su due direzioni. Abbiamo voluto ricordare in occasione del 10 dicembre, Giornata dei Diritti Umani, la permanenza e persistenza nel nostro paese di una grave ingiustizia: il mancato riconoscimento della dimensione ‘neutra’ dell’amore. La legge italiana riconosce il legame affettivo solo se sancito dal matrimonio tra persone di sesso diverso. Con la campagna #giafamiglia, che abbiamo lanciato sui social network, abbiamo voluto dare voce a tutte e a tutti coloro che vivono questa condizione, senza ottenere un riconoscimento pubblico e quindi senza tutele, diffondendo la nostra idea di famiglia attraverso le immagini. La seconda azione, che vedrà la nostra associazione unita in un impegno simultaneo e contemporaneo in tanti territori, è la maratona di lettura Chi ha paura del libro cattivo?, che si svolgerà

domenica 13 dicembre in 49 circoli dell’Arci, diffusi in tutto il paese. Sappiamo bene che la paura scatenata dall’ignoranza è un sentimento potente. Negli scorsi mesi alcuni sindaci hanno deciso di mettere al bando libri di favole illustrate per bambini dai nidi e dalle scuole dell’infanzia delle loro città, perché ispirati alla fantomatica teoria gender. È stato vietato l’utilizzo di spazi pubblici per la presentazione di libri (in particolare quello della brava e coraggiosa Michela Marzano Papà, mamma, gender). Si tratta di una vicenda paradigmatica che tiene insieme, in modo esemplare, alcuni temi fondamentali: la censura, l’educazione e il sistema pedagogico, la libertà di espressione. Questa vicenda, inoltre, diventa molto più rilevante se riusciamo a vederla come un tassello inserito in un quadro più complesso che vede espandersi il movimento in difesa della famiglia tradizionale, le manifestazioni di piazza e i seminari organizzati dai vari Le Manif pour Tous e Sentinelle In piedi, e comprende l’ostilità verso i nostri comitati che promuovono nelle scuole percorsi formativi sulla parità di genere. Lo spauracchio della teoria gender è riuscito a diventare in questi ultimi mesi una grottesca catena di Sant’Antonio, impastata di banalità e di procurati allarmi a tratti comici ma molto pericolosi, in grado di alimentare le paure di tanti genitori e persuadere pezzi dell’opinione. Un fuoco di fila, insomma, che come già accaduto in passato vive una recrudescenza tesa a fomentare divisioni e confronti aspri (attraverso l’attivismo delle associazioni del Family Day, discussioni sul tema dell’omogenitorialità), ogni volta che il paese si accinge a colmare l’enorme vuoto normativo sul tema dei diritti civili. Ecco allora che, nel momento in cui al tempo stesso si alimenta un clima di censura da una parte e di negazione di diritti dall’altro, che resta fondamentale è compito della nostra associazione, l’Arci, esporsi, prendere parte, dire la propria per denunciare atti e tendenze di censura arbitraria e irragionevole, passi indietro sui temi della laicità, arretramenti rispetto a un sistema scolastico che invece dovrebbe educare all’uguaglianza, al rispetto delle diversità, al contrasto all’omofobia, alla parità di genere.


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diritti

Non saremo i soldatini docili delle vostre guerre di Marino Canzoneri Commissione Laicità e diritti civili

Arriva Natale e i cattolici sono in fibrillazione. Si dirà: stanno marciando uniti contro Coop, Mediaworld e le varie gallerie commerciali che hanno ridotto una festa a loro così cara, quella della venuta del figlio di Dio sulla terra, a un mercimonio urticante e devastante da far ribrezzo persino a coloro che non credono che Gesù sia il figlio del Dio vivente. E invece no. Quello non disturba - anzi. Il consumismo, la riduzione dell’uomo a merce, a mero consumatore non sono la negazione del loro cristianesimo. Invece disturba che qualcuno, in questi tempi di guerra, chieda moderazione, chieda l’adesione alle leggi che garantiscono la netta separazione fra Stato e Chiesa, inviti i religiosi di tutte le religioni a rispettare la laicità dello Stato e della scuola in particolare. Da Rozzano a Sassari, da Monza a Padova si pretende di poter entrare nelle aule e fare pura e semplice propaganda per la propria… Ci si oppone così alle basi stesse della laicità che lo Stato garantisce alla scuola. Coloro che non hanno una

fede religiosa sono ridotti al silenzio. Si presenta l’adesione ad una fede religiosa come l’unica possibilità ragionevole che gli uomini, le collettività, gli stati hanno per risolvere in maniera pacifica i loro contrasti. Giornalisti da strapazzo, al soldo di politici adoratori di fantomatiche divinità fluviali si fanno portavoce di tutto ciò, in difesa di una fantomatica identità nazionale ed europea contro il barbaro aggressore. I mezzi di comunicazione di massa, televisione e rete fra tutti, montano casi su ciò che invece dovrebbe essere la normalità le fedi religiose rimangano non invadano i luoghi dell’educazione pubblica. In questi giorni di dolore causato dalla guerra, Avvenire, giornale della CEI, attacca con parole di fuoco lo stato francese, perché vieta qualsiasi manifestazione di religiosità nei luoghi gestiti dalla cosa pubblica. Niente croci, kipah e veli nelle scuole e negli ospedali pubblici. Questi attacchi sono inaccettabili. Le religioni non sono la soluzione dei problemi sollevati

dalle guerre in corso, sono parte non secondaria del problema. Le religioni, è vero, non sono causa della guerra in corso, né sono direttamente responsabili delle morti in Francia o in Siria, è vero molti religiosi e uomini di fede sono al fianco di chi lotta per la pace e per la giustizia nelle singole società e fra i popoli e gli stati ma, altrettanto indubbiamente proprio le religioni forniscono ai ‘combattenti’ la lingua con cui esprimersi, l’armamentario retorico da cui trarre coraggio e forza per superare il disgusto della violenza e della morte e questo sia quando si fanno saltare in nome di Allah, sia quando un cristianissimo milite schiaccia il bottone di un drone o un pilota ebreo dirige un aereo sui ‘terroristi’ di Gaza. L’Arci non ritiene che la soluzione sia ‘far parlare a scuola tutte le religioni’ in nome di un male inteso pluralismo, bensì sia quella di rispettare la laicità nelle istituzioni pubbliche, in primis la scuola, come in teoria garantiscono la Costituzione e la legislazione italiana.

‘Chi ha paura del libro cattivo?’ Le prime iniziative Negli scorsi mesi il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ha deciso di mettere al bando dai nidi e dalle scuole dell’infanzia della sua città 49 libri di favole illustrate per bambini, perché ispirati alla fantomatica teoria gender. Per questo l’Arci lancia, per il 13 dicembre, l’iniziativa Chi ha paura del libro cattivo? Almeno 49 tra circoli e case del popolo (tanti quanti i libri censurati) organizzeranno per questa data letture corali delle favole, tese a denunciare l’arretratezza di chi pone i libri all’indice, ma anche a rappresentare il fare insieme, lo stare insieme per comprendere, incontrare, accogliere la diversità. Un momento di denuncia, di festa e di ironia, di corretta informazione, di formazione e di sensibilizzazione.

Le iniziative vanno segnalate ad Alessandra Vacca vacca@arci.it. A questo link: www.google.com/maps/d/ viewer?mid=z7ezgytIAXoA.kVijAbOzhNqw la mappa che raccoglie tutte le iniziative. Materiali grafici ed elenco dei libri messi all’indice su www.arci.it

Le prime iniziative REGGIO EMILIA | Dalle 16 il circolo Gardenia, in collaborazione con il circolo Darwin e l’Associazione Cittadini, promuove la lettura di libri messi all’indice, affidata a Giuseppe Caliceti, insegnante e scrittore; Fabiana Montanari, Presidente Arcigay Reggio Emilia; Elisabetta Ambrogi, Responsabile dei servizi Biblioteca Panizzi; Francesca Perlini, Presidente circolo Darwin e consigliera Arci nazionale; Giulia Bassi, Presidente Arci Solidarietà Reggio Emilia. In conclusione, lettura combinata di Arturo Bertoldi, poeta, scrittore e agitatore culturale, Centro Studi Cucine del Popolo e Max Collini (Offlaga Disco Pax e Spartiti - Jukka Reverberi + Max Collini). FB Circolo Arci Gardenia

BRUINO (TO) | Al circolo Hakuna Matata, dalle 16 letture animate per bambini e, in contemporanea, un incontro per i genitori

per far chiarezza su tutto ciò che è nato attorno al termine ‘gender’. Se ne discute con Carlotta Trevisan (Osservatorio diritti civili e LGBT) e Claudia Angotti (maestra della scuola dell’infanzia). Relazionerà Magda Morelli (coordinamento Arci Infanzia e Adolescenza). www.circoloarcihakunamatata.it

FERRANDINA (MT) | Il circolo Linea Gotica organizza alle ore 19.15 letture animate dei seguenti testi: Orecchie di farfalla - Luisa Aguilar; Pezzettino - Leo Lionni; Piccolo blu e piccolo giallo - Leo Lionni; A caccia dell’orso - Michael Rosen, Helen Oxenbury; Tutti diversi & Tutti Uguali - Emme Erownjohn. FB Linea Gotica Circolo Arci

Siena | Appuntamento a partire dalle ore 17 al circolo La Società di Pianella, nel Comune di Castelnuovo Berardenga. Gli spazi del circolo accoglieranno la lettura e i disegni collettivi dedicati ai libri Nei panni di Zaff e Orecchie di farfalla, due tra i 49 libri illustrati per bambini messi all’indice. A seguire, sarà offerta una merenda a tutti i partecipanti, adulti e bambini. FB Arci Siena


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solidarietàinternazionale

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La Pace è una necessità di Franco Uda coordinatore nazionale Arci Pace, solidarietà e cooperazione internazionale

I più accorti lo avevano predetto da subito: dopo gli attacchi terroristici a Parigi nessuna cosa sarebbe stata più come prima. Tutto ciò che è seguito a quella tragica notte è costituito da scontata retorica, dichiarazioni avventate, azioni non meditate, il fil rouge che le lega insieme è dato da una sostanziale e generalizzata inadeguatezza dei governanti a fronteggiare una situazione complessa e inedita. Manca una visione d’insieme del mondo, la difficoltà per l’occidente di stabilire cosa vuole fare ed essere fuori dai confini dell’occidente stesso. Il mondo è cambiato, e con esso sono cambiate anche le modalità dei conflitti che si continuano ad affrontare con gli stessi criteri del secolo scorso: Daesh non è la Germania nazista, la sola risposta in campo oggi - quella militare e muscolare - è inadatta proprio perchè mutuata acriticamente dalla seconda guerra mondiale e dettata dall’impellenza vendicativa avente come solo obbiettivo quello di placare gli animi (e le forze politiche che li animano) più reazionari e nazionalisti.

Nessuna riflessione emerge invece su come fronteggiare l’Is depauperandolo di forniture militari e facili guadagni economici derivanti dalla vendita di petrolio sottocosto; nessun insegnamento tratto dagli insensati interventi che sono stati agiti a favore di dittatori senza scrupoli - funzionali, di volta in volta, alle variegate politiche neocoloniali - per poi spodestarli determinando instabilità regionali e macerie che abbiamo chiamato pace. La Storia non si ripete solo in forma di tragedia o di farsa, ma anche come colpevole riproposizione di modalità fallimentari sapientemente suggerite da appetiti economici e di potere privati. Qual è il primato di civiltà che dovremmo far prevalere contro la barbarie? Forse quello che annuncia la creazione, nel cuore dell’Europa, di luoghi di detenzione straordinari per i terroristi, obbrobri giuridici nella patria dello Stato di diritto di cui andiamo tanto fieri? O la minaccia di poter utilizzare ancora ordigni nucleari, in una guerra non convenzionale per definizione? Possiamo rimanere inerti ad ascoltare le proposte di chiusura dei

confini nazionali - su base razziale e di culto religioso - da parte di chi si candida a rappresentare lo Stato paladino dell’ordine mondiale? Per quanto dovremo ancora sopportare di essere cittadini di un’Europa che ha fallito l’unità politica e tradito i propri ideali di umanesimo subordinandoli all’egoismo dei nazionalismi e delle spinte più reazionarie? Viviamo tempi bui per la ragionevolezza e il buon senso: siamo costretti a barattare le libertà individuali con la sicurezza, i frutti di secoli di lotte per l’emancipazione con qualche strumento in più di controllo delle nostre vite, chiediamo ancora tempo per edulcorare i danni prodotti al nostro pianeta quando di tempo non ne abbiamo più. Siamo a un passo dal baratro, dovremmo resuscitare non solo la capacità d’indignazione della società tutta ma appellarci all’umanità che risiede in ciascuno per un sussulto che segni un deciso cambio di rotta nelle politiche globali e nazionali, che prima di ogni cosa metta la Pace non più come opzione possibile ma come necessità impellente.

Misión posible di Giuditta Nelli responsabile Solidarietà e cooperazione internazionale Arci Liguria

Da un paio di giorni e dopo 36 ore di un lungo rientro, tra voli e aeroporti, sono di nuovo a casa. Si è appena conclusa la missione della bella delegazione Arci, a Cuba: una nuova misión. Sono passati due anni dalla mia prima esperienza cubana e in questi due anni molte cose sono cambiate, in me e attorno a me, grazie al lavoro svolto in particolare a Santa Fé: il mio rapporto con il territorio cubano, con i suoi operatori culturali e, certo, con alcuni suoi abitanti si è costruito e, nel tempo, rinsaldato. È cambiato anche il mio ruolo, in Arci Liguria. Scrivo, oggi, in qualità di responsabile della cooperazione internazionale di uno dei regionali attivi da anni in questo incredibile paese. Scrivo per confermare quanto senso abbia esserci, attivi, seri e pronti a mettersi in discussione, in questo momento, storico e politico; a Cuba, ora, come e più di prima. Scrivo, per ripetere a chi abbia dubbi sulla sensatezza dell’operare in un paese che viva una politica anche criticata/ criticabile e ora alle porte di una grande prova, che il lavoro fatto finora (di

mediazione, diffusione e produzione di cultura, solidarietà internazionale e rafforzamento dei servizi socio-culturali) è stato capito, assimilato, apprezzato, al punto di diventare - pienamente condiviso. Adelante! Fare cooperazione significa ascoltare i territori, comprenderne le reali esigenze, abbandonare superficialità ed entrare nelle cose, pienamente, ma mantenendo la propria identità, che diventa ricchezza nell’incontro. Fare cooperazione, come la stiamo facendo, grazie al lavoro di Arcs e dando seguito a quasi una quarantina d’anni di straordinari fatti, compiuti da Arci, significa fare la cooperazione giusta. Ogni paese in cui si vada ad operare va apprezzato nella sua complessità, scoperto e ascoltato, nel tentativo di diventarne strumento, utile, in risposta a esigenze vere, reali. Il momento, cubano, è un momento tanto interessante, quanto complesso. Un momento che ci chiede maggiore coesione, maggiore sinergia, maggiore

capacità di cogliere i bisogni di un paese che non finirà mai di stupire, in risorse, cadute e risalite. Scrivo per rinnovare l’impegno e la volontà, rinsaldata da nuovi successi progettuali e stimolata da alcune difficoltà incontrate, a continuare questo cammino. E scrivo per incitare ad una maggiore e più forte attenzione da parte della nostra Arci. È opportuno riuscire a mantenere e rilanciare - in un futuro cubano e internazionale, che si sta lentamente delineando - il ruolo, importante, che abbiamo avuto finora. La nostra presenza e il nostro lavoro, più noto ai cubani di quanto non si possa neppure immaginare, hanno permesso di costruire una base solida e significativa, da valorizzare e su cui andare a sviluppare nuovi progetti, ben strutturati. Lavoriamo, insieme, da qui. Rinsaldiamo le vecchie sinergie, rinnoviamole, costruiamone di nuove e proseguiamo questo prezioso percorso, lì. Adelante! «El único autógrafo digno de un hombre es el que deja escrito con sus obras» (José Martí).


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migranti

Il sistema di accoglienza italiano ha scelto di far tornare i numeri a scapito delle tutele di Valentina Itri ufficio Immigrazione Arci nazionale

Lo avevamo detto subito, noi dell’Arci, a luglio 2014, quando il Piano Nazionale di Accoglienza era stato presentato come un ottimo risultato, che le evoluzioni del sistema paventate all’interno destavano dubbi e preoccupazioni. Un accordo forse sottovalutato: tutti gli interventi successivi, dal recepimento di direttive alle circolari ministeriali hanno avuto quell’ accordo come faro guida. L’introduzione di tre livelli di interventi, facilmente individuabili con le sigle, Cpsa - CARA/ CAS - Sprar , vanno incontro a una messa a sistema dei numeri dell’accoglienza, a un ordine formale, alla necessità di essere in grado di dare le statistiche quando l’Europa ce lo chiede. Vanno contro però alla tutela e a i percorsi di integrazione. Vogliamo subito fare una premessa: modificare il sistema di accoglienza subordinan-

do la sua durata allo status giuridico delle persone senza migliorare la procedura, e non solo dal punto di vista quantitativo (fare subito, fare male!) ma soprattutto da quello qualitativo, è perdente. Ci sembra che si stia delineando un sistema che riconosce sempre meno aventi diritto alla protezione internazionale così che i numeri della seconda accoglienza possano essere adeguati alla domanda e che stiano accelerando le procedure al punto da non permettere un percorso anche minimo di presa in carico della persona, di emersione dei traumi e di rielaborazione del vissuto drammatico del viaggio verso l’Europa. Aumentano così i diniegati, nonché i titolari di protezione umanitaria. I primi diventeranno, per la maggior parte, ricorrenti andando così a stressare i Tribunali Ordinari competenti

Nella Giornata mondiale per i diritti umani l’Europa chiede più controlli e repressione sui migranti La Commissione europea ha confermato di avere inviato all’Italia una lettera di richiamo per la mancata applicazione del regolamento sulla registrazione dei migranti con la presa di impronte digitali. La lettera è il primo passaggio della procedura di infrazione. Il presidente del consiglio Renzi risponde con la solita autocelebrazione di tutto quello che il governo starebbe facendo, a cominciare dagli hot spot e rispedisce al mittente le critiche, sostenendo che non basta dare soldi a qualche paese per mettersi la coscienza a posto. Se si riferisce ai tre miliardi concessi alla Turchia perché fermi i migranti alle proprie frontiere non possiamo che essere d’accordo. Peccato ometta di dire che al vertice che ha preso questa decisione ci fosse anche il suo ministro dell’Interno e che Alfano si è guardato bene dall’esprimere preoccupazioni di carattere umanitario. Col beneplacito di tutti i presenti, la Turchia è stata ‘pagata’ per fermare i migranti con i sistemi che le sono propri: violenze e carcere. Intanto nemmeno una parola sulle persone che continuano a morire nel

tentativo di raggiungere la Grecia, fra cui tanti bambini. La commozione per la foto del corpo senza vita del piccolo Aylan riverso sulla spiaggia di Bodrum è durata lo spazio di qualche giorno. Oggi, di fronte alla notizia che sarebbero almeno 700 i bambini morti dall’inizio del 2015, si risponde chiedendo maggiori controlli e repressione da parte di un’Europa che non riesce nemmeno a ricollocare poche migliaia di rifugiati e che nulla dice di fronte alle barriere e ai muri che sono sorti nel cuore del continente per bloccare chi fugge da guerre e persecuzioni. Nella giornata mondiale dei diritti umani che si celebra il 10 dicembre, ben altre dichiarazioni ci saremmo aspettati, dall’Italia e dalle istituzioni europee: l’attivazione di una missione per la ricerca e il salvataggio in mare, l’apertura di canali di ingresso umanitari, l’abbattimento di muri e barriere, un impegno per un’accoglienza dignitosa. Invece, ancora una volta, a pagare le conseguenze di questa nuova spirale guerra-terrorismo saranno in primo luogo i più deboli, a cui non è concesso nemmeno di fuggire.

e i secondi, la più significativa compagine di titolari di protezione in Italia, finiscono col vedersi negato il diritto all’accoglienza in quanto non più esplicitamente normato. Né il Decreto Legislativo n. 142 entrato in vigore il 30 settembre 2015, né la circolare esplicativa emanata dal prefetto Morcone il 30 ottobre 2015 fanno infatti riferimento alla possibilità di accedere all’accoglienza da parte dei titolari di protezione umanitaria. Il nuovo decreto assicura l’accoglienza esclusivamente ai richiedenti asilo fino all’esito del ricorso in primo grado (qualora venga presentato). La circolare invece rimanda al decreto ministeriale del 7 agosto 2015 per il trasferimento di titolari di protezione internazionale all’interno dello Sprar ma non fa cenno ai titolari di protezione umanitaria. Più del 50% degli esiti positivi registrati nel 2015 è il riconoscimento della protezione umanitaria. Le commissioni territoriali sembrano orientate a verificare il percorso di integrazione e le vulnerabilità dei richiedenti riconoscendo loro questa forma di protezione e poi però il sistema di accoglienza non vorrebbe che finissero tra i propri utenti. Da un lato si chiede loro prova del percorso di inserimento, dall’altro non gli si permette di esser beneficiari di un’accoglienza integrata che li sostenga nel cammino verso un’autonomia lavorativa e abitativa. Stiamo chiudendo gli occhi e lo stiamo facendo con scienza e coscienza. L’Italia deve adoperarsi per fare e non per dare accoglienza. Non ci sono ragioni di sostenibilità economica che tengano: cosa pensa il Ministero dell’Interno dei titolari di protezione umanitaria che non vengano inseriti? Che scompaiano? Se il Piano di Accoglienza Unificato deve essere il nostro riferimento allora ci appelliamo alla dichiarazione più importante: il sistema Sprar è destinato a diventare il modello di riferimento nazionale per l’accoglienza. Per l’accoglienza di tutti però: richiedenti asilo, titolari di protezione umanitaria e titolari di protezione internazionale. L’Arci continua a chiedere un sistema unico, un rafforzamento dello Sprar con una categoria di centri specializzati nella prima accoglienza e un coordinamento di questi centri affidato alle regioni. Banca dati unica, standard unico e sistema di monitoraggio e verifica unico.


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ambiente

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L’Arci sostiene i referendum contro le trivellazioni Dieci regioni, sulla spinta dei movimenti No Trivelle che si sono costituiti nei territori interessati, hanno depositato i quesiti per i referendum che, proponendo di abrogare parti del decreto Monti e dello Sblocca Italia, bloccherebbero tutti i progetti di trivellazione. I quesiti referendari hanno già superato il vaglio della Corte di Cassazione e si aspetta ora il parere della Corte Costituzionale perché il governo ne fissi la data di svolgimento. L’Arci, con le sue strutture territoriali, è presente nei movimenti che si sono costituiti a livello locale, coerentemente col suo impegno per la giustizia climatica e ambientale, e la difesa del territorio. La Presidenza nazionale ha quindi approvato un ordine del giorno che impegna tutta l’associazione a sostenere i referendum contro le trivellazioni, partecipando ai comitati referendari che si costituiranno in tutta Italia e promuovendo un’azione di informazione capillare sulle ragioni del sì. Di seguito, il testo dell’ordine del giorno.

«Lo scenario planetario definito dall’ultimo rapporto dell’IPCC è chiaro e invita i governi riuniti a Parigi per la COP21 a prendere posizione in modo deciso ed assumersi la responsabilità di un accordo vincolante per le parti che preveda sanzioni per chi non rispetta gli obiettivi necessari a contenere l’aumento della temperatura entro 1,5-2°C, ad uscire dalle fonti fossili che contengono il carbonio e a puntare al 100% di energia dalle rinnovabili entro il 2030. L’Italia presenta soprattutto ombre e invece di proseguire su aumento della produzione da fonti rinnovabili, riduzione degli sprechi e sull’efficienza energetica, abbandonando strade virtuose che per esempio avevano portato ad un obiettivo del 43% di produzione

da fonti rinnovabili sul mix elettrico, dimostra di voler andare verso il passato come testimoniano le facilitazioni procedurali per le fonti fossili, per gli impianti come le centrali termiche e termovalorizzatori, sulle le opere ed infrastrutture per trasportare energia che banalizzano e offendono il territorio, come TAP, Elettrodotti e Gasdotti tutti inseriti nello Sblocca Italia, sostenuti nella Strategia Energetica Nazionale che ci avvicina alle posizioni più retrive dell’Unione Europea come per esempio la Polonia piuttosto che verso le realtà più avanzate del nord Europa e della Germania che dopo l’abbandono del nucleare programmano o hanno già programmato l’abbandono delle fonti contenete carbonio. Tale situazione insostenibile ha portato, oltre ad una legittima e prevedibile opposizione delle Comunità locali, in difesa dei beni comuni, delle risorse territoriali e delle economie basate su agricoltura, pesca e turismo, ad un vero e proprio scontro istituzionale tra Regioni e Enti locali da una parte a tutela del territorio, delle scelte e delle pianificazioni per un benessere durevole e sostenibile e il Governo nazionale che invece in nome della ragion di Stato avvalla le richieste speculative dei petrolieri, delle compagnie private a scapito della collettività e dell’ambiente. L’azione promossa dai movimenti No Trivelle e raccolta dalle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto ha portato i Consigli Regionali di queste Regioni a richiedere che sia sottoposta a referendum la questione delle trivellazioni in relazione ad alcune norme del decreto Monti, in particolare quelle contenute nell’articolo 35 che estendono il divieto di trivellazione in mare alle 12 miglia, riattivando contestualmente i procedimenti bloccati dal

Ministro Prestigiacomo, e l’abrogazione di alcune norme dell’art. 37 del decreto Sblocca Italia che pone invece l’attenzione su un altro tema legato alla partecipazione delle regioni, dei territori e delle popolazioni alle decisioni assunte dallo stato su temi che li riguardano da vicino come la pianificazione di studi, la ricerca e l’estrazione di idrocarburi. Il senso dell’azione referendaria è il blocco di tutti i progetti in essere e la sua approvazione farà sì che il divieto sia assoluto e non superabile, in quanto non potrà più essere introdotta alcuna norma che lo consenta. Dopo il positivo esito degli ultimi giorni con il sì definitivo della Cassazione ai quesiti referendari, in attesa dell’ultimo passaggio della Consulta che dovrebbe avvenire tra gennaio e aprile, è opportuno che si inizi a prefigurare il lavoro per avviare la campagna referendaria per farsi trovare pronti dopo che l’ultimo passaggio sarà completato.

PERTANTO Vista la presenza molto forte dell’Arci all’interno delle vertenze territoriali, come circoli e comitati territoriali, e a livello nazionale contro il Decreto Passera e lo Sblocca Italia, nonché l’impegno preso all’interno della Coalizione Clima di andare oltre Parigi e la COP21 impegnando l’associazione tutta a fare della giustizia climatica e della giustizia ambientale una delle tematiche centrali su cui lavorare nei prossimi mesi ed anni; SI IMPEGNA La Presidenza e il Consiglio nazionale ad attivarsi al fine di sostenere, a livello nazionale e promuovere tramite la nostra rete territoriale, i referendum abrogativi contro le trivellazioni presentati dalle Regioni e dai Movimenti No Trivelle».


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informazione

Il digitale è donna di Vincenzo Vita esperto di comunicazione

Il rapporto sull’Italia dell’e-Leadership Scoreboard sulle culture digitali segnala un ritardo pesante nei riguardi dei cosiddetti digital soft skills, vale a dire nelle aree di informazione e comunicazione, di creazione di contenuti, di sicurezza e di risoluzione di problemi. E su 12 delle 16 competenze proposte ai ‘valutatori’ le donne sono state considerate in modo più positivo. Questo non stupisce. Se al termine digitale si toglie quel tanto di immaginifico che spesso lo circonda, se ne possono cogliere le opportunità, tecnologiche o, più ancora, sociali e organizzative. L’era analogica si è basata su un sistema complesso di gerarchie, facile preda delle logiche maschili, mentre la stagione digitale rompe con un passato bloccato e ingombrante. Si dischiudono maggiori possibilità per l’universo femminile, colto e di maggiore versatilità. Tuttavia, attenzione ai rischi, ben descritti da Marie Bénilde su Le Monde diplomatique di novembre. La ‘Gioiosa colonizzazione digitale’ porta con sé enormi rischi di intrusione nella vita

privata delle persone - oggi al massimo per il dramma del terrorismo fondamentalista - e di vittoria della versione tecnoliberista del capitalismo contemporaneo. Antidoti non ne mancano, come la sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in merito al trasferimento dei dati svolto dai grandi aggregatori come Google. Ma è una questione politica, perché la transizione tra i due mondi si colora ben diversamente a seconda delle strategie di chi governa. Gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano hanno sentenziato: «Agenda digitale: niente più alibi». Il 2016 dovrebbe essere l’anno del decollo. Ma gli obiettivi della compagine di Renzi assomigliano pericolosamente alla piattaforma con cui il governo si presentò alla conferenza sulla società della conoscenza di Lisbona nel 2000: anagrafe unica, fascicolo sanitario elettronico, e così via. Insomma, persi quindici anni, con l’eventualità non remota di farsene scappare altri. Se è vero che finora l’Agenzia per l’Italia digitale ha passato il tempo soprattutto in un lungo

atto di nascita, e che sulla banda larga e ultralarga è in corso un ‘Risiko’. A suggello e sintesi dello stato delle cose è arrivato - nello scenario della Reggia di Veneria sabato 21 novembre - il meeting Italian digital day. Una sorta di prima della Scala sul versante tecnologico. Purtroppo, secondo la grande parte degli osservatori, sotto il maquillage si è visto ben poco. Il digitale nell’epoca berlusconiana fu ridotto a un aggettivo di televisione. Sotto il segno dell’attuale presidente del consiglio è una retorica nuovista buona a strappare qualche applauso, mentre nella legge di stabilità si tagliano gli investimenti per l’informatica. Persino la Rai, per bocca del direttore generale, avrà una direzione digitale. Come se fosse un’aggiunta e non una rivoluzione possibile del servizio pubblico. Mentre l’arretratezza si coglie immediatamente dai risultati delle inchieste sull’utilizzo non gratificante di Internet: scuole, aziende, pubblica amministrazione. Con i Digital Champions, cantori di qualcosa che non c’é.

L’anteprima di Left sabato in edicola «La guerra non è iscritta nel destino dell’umanità. Abolire la guerra non è un’utopia, anzi, è qualcosa di molto realista. E non esiste la guerra giusta». È Gino Strada che parla, con passione, in una intervista esclusiva su Left in uscita il 12 dicembre. Il fondatore di Emergency, testimone diretto della disumanità della guerra che miete vittime tra i civili, lancia un appello alle Nazioni Unite. «Perché non sono mai intervenuti? Devono stabilire che la guerra è come la schiavitù e dobbiamo capire come liberarcene». Il medico chirurgo paragona la guerra al cancro: «Occorre cercare la soluzione. E la violenza non è la medicina giusta: non cura la malattia, uccide il paziente». Nell’ampio sfoglio dedicato al pacifismo di fronte alla violenza dell’Isis, Left pubblica un Dialogo per pacifisti

pieni di dubbi tra il critico Filippo La Porta e lo storico Alberto Castelli, sul concetto di guerra ‘giusta’. Abbiamo poi scritto di pacifisti ‘concreti’ che nella storia hanno evitato conflitti armati, quelli che alla crisi del pacifismo hanno risposto con la nonviolenza. Infine le cifre: l’Italia spende per militari e armamenti 23,6 miliardi di euro all’anno, per la cooperazione allo sviluppo 3 miliardi e per la diplomazia 1,8 miliardi. Dalla guerra al lavoro, o meglio alle dichiarazioni del ministro del Lavoro Giuliano Poletti che non sono banalità o provocazioni ma parte di un vero manifesto politico che ripete come fosse un mantra: lo studio è inutile, così come il tempo libero e la vita privata, conta solo la dimensione utilitaristica e produttiva. Poi il racconto di un fenomeno tristemente in ascesa e poco contrastato nel nostro Paese: la tratta di esseri umani. Left pubblica la ‘storia di G.’ una ragazza nigeriana venduta da bambina ad una maman e arrivata poi in Italia. Giacomo Russo Spena è entrato in una delle prime Rems (Residenza per le misure di sicurezza detentive) e ci fa capire come vivono i

‘rei folli’ dimessi dagli ex Opg (Ospedali psichiatrici giudiziari). Infine, un focus sul ‘mercato’ delle fotocopie che un ddl prova a liberalizzare. Negli Esteri l’analisi del manuale del Terrore, La gestione della ferocia; la Spagna che si avvicina alle elezioni del 20 dicembre sempre più frammentata a sinistra e l’intolleranza della destra indiana che arriva a colpire le megastar di Bollywood. La cultura apre con l’incontro con il premio Nobel Orhan Pamuk, lo scrittore turco racconta a Left il suo Paese martoriato ma svela anche i segreti dell’amore che attraversa il suo ultimo romanzo. E ancora: Michela Murgia che parla del suo romanzo ‘politico’ Chirù, mentre il regista Gianni Zanasi racconta il senso del suo film La felicità è un sistema complesso. Per la scienza, Pietro Greco ci racconta della ricerca sulle zanzare geneticamente modificate contro la malaria e Left lancia insieme ad Amica un appello al ministro Lorenzin per la demedicalizzazione dell’interruzione di gravidanza attraverso la corretta procedura della pillola abortiva Ru486.


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ucca

Scrivere un film

16-17 Gennaio 2016, Workshop di Sceneggiatura con Heidrun Schleef di Manuela Ianniello presidente Road To Pictures Film

«La scrittura di una sceneggiatura è la parte più difficile… la meno compresa e la meno rimarcata» (Frank Capra). Molto spesso viene sottovalutata, affrontata superficialmente, calpestata da bieche dinamiche produttive. Ma ancora oggi, la sceneggiatura rappresenta le solide fondamenta su cui si regge la struttura di una grande opera filmica. Dopo aver spento a novembre quattro candeline, e con più di quaranta workshop pratici di cinema organizzati alle spalle, l’associazione Road To Pictures Film di Roma presenta il prossimo appuntamento per il 2016: Scrivere un film, workshop pratico di scrittura cinematografica con Heidrun Schleef, sceneggiatrice di punta del cinema italiano. Ventennale esperienza alle spalle, ricordiamo importanti collaborazioni con registi del calibro di Nanni Moretti (La stanza del figlio, film vincitore della Palma D’Oro a Cannes; Il Caimano, dove cura il soggetto cinematografico), Gabriele Muccino (Ricordati di me, vincitrice del Nastro d’Argento come miglior sceneggiatura), Marco Puccioni (Come il vento, candidata ai Nastri d’Argento), Mimmo Calopresti (La parola Amore esiste, vincitrice del Nastro d’Argento come miglior soggetto), e tanti altri. Il workshop si terrà il 16 e il 17 gennaio a Roma presso la sede dell’associazione in via Antonio Cotogni 16 (location facilmente raggiungibile dalla stazione metro B Eur Fermi). Il percorso formativo, strutturato attentamente per stimolare gli allievi alla scrittura cinematografica singola e di coppia, sarà suddiviso nelle due giornate. Le lezioni inizieranno alle 10 e termineranno alle 18. Programma della prima giornata: ♦ Introduzione: Tradizione americana VS Tradizione europea. Plot o personaggio? ♦ Teoria: Le tre fasi della scrittura cinematografica. Dal soggetto, passando per il trattamento, alla sceneggiatura. ♦ Lettura: Esempi pratici di alcune scene tradotte dal trattamento alla sceneggiatura. ♦ Quesito: Come nasce un’idea? Dove scovarla? ♦ Esercitazione di gruppo: Far nascere il germe di un’idea, la base di un soggetto cinematografico. ♦ Esposizione delle varie idee.

Programma della seconda giornata: ♦ Introduzione: Il conflitto genera plot. ♦ Discussione: Analisi di alcuni film. ♦ Esercitazione di gruppo: Partire da un conflitto prestabilito e portarlo alle estreme conseguenze, ossia a un rudimentale plot. ♦ Esposizione del plot. ♦ Teoria: Come facciamo parlare i nostri eroi? Cosa dicono? ♦ Esercitazione di gruppo: Il dialogo, una breve scena con battute. ♦ Esposizione dei vari dialoghi. Il programma è flessibile e si adatterà alle esigenze di ogni singolo partecipante. Il workshop è a numero chiuso (massimo 15 partecipanti) ed esclusivamente basato sulla pratica. Ad ogni allievo verrà fornito gratuitamente tutto il materiale didattico su cui lavorare. L’associazione rilascerà un attestato di partecipazione e un certificato di presenza. Le iscrizioni scadono il 12 gennaio 2016, a meno che non venga raggiunto prima di tale data il numero massimo di iscritti. Per ricevere info su costi e modalità di iscrizione inviare un’e-mail a roadtopicturesfilm@gmail.com o visitare il sito www.roadtopicturesfilm.it dove poter visionare i video promo di tutte le attività formative, con i commenti degli allievi delle edizioni passate. Nata a Roma nel 2011, l’associazione

Road To Pictures Film, propone corsi formativi di alto livello con esperti del settore cinematografico. Collaborano attivamente professionisti del calibro di: Francesco Munzi (regista e sceneggiatore: Anime Nere - Premio David di Donatello, Saimir, Il Resto della notte), Marco Spoletini (montatore: Gomorra - Premio David di Donatello, Velocità Massima, L’Imbalsamatore - Premio Nastro D’Argento), Maurizio Calvesi (direttore della fotografia: Mine Vaganti, Viaggio Segreto - Premio Nastro D’Argento), Heidrun Schleef (sceneggiatrice: La Stanza del Figlio, Il Caimano, Ricordati di Me - Premio Nastro D’Argento), Ciro Scognamiglio (aiuto regista: Mia Madre, Habemus Papam, Senza Nessuna Pietà), Giuseppe Di Gangi (direttore di produzione: La Grande Bellezza, Youth - La Giovinezza, Il Divo), Elena Bindi (segretaria di edizione: Panni Sporchi, La sconosciuta, Maléna). Sempre dal 2011, l’associazione si occupa di aiutare i giovani autori a realizzare le loro opere di cortometraggio. Le opere brevi realizzate in questi anni hanno ottenuto molti riconoscimenti all’interno di festival e kermesse sia in Italia che all’estero. Tra questi, Massimo di Ciro D’Emilio (vincitore del First Glance Hollywood Film Festival), Illogo di Tommaso Del Signore (in concorso al Manhattan Film Festival), Ira Funesta di Gianluca Viti (vincitore al Premio Carpine D’Argento), The Bookmakers di Alessandro Tonda (vincitore del Premio Internazionale Dino De Laurentiis) e Il Volto dell’anima di Denise Dacquì (vincitore del Direct Short On-Line Film Festival).


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daiterritori

La felicità trova casa in Puglia di Monica dal Maso responsabile educazione popolare Arci Puglia

L’Arci Puglia sta vivendo con grande attenzione i cambiamenti socio - culturali che hanno reso la nostra una regione laboratorio su tanti aspetti e tematiche cruciali per il futuro dei suoi cittadini. Con questo sguardo attivo è divenuta interlocutore e parte sociale di riferimento già nel percorso politico che ha portato la coalizione progressista alla vittoria delle ultime elezioni, presenziando attivamente al percorso partecipativo delle Sagre del Programma volute da Michele Emiliano durante la campagna elettorale e che hanno raccolto l’interazione di oltre 3.000 cittadini pugliesi e a seguito delle quali è stato stilato l’attuale programma di governo della Regione Puglia per il prossimo quinquennio. Uno dei maggiori temi emersi dalla consultazione e accolti sul piano istituzionale è quello della creazione della Legge regionale sulla partecipazione, per la quale vi è stata anche una consultazione istituzionale nella quale l’Arci Puglia ha portato le sue istanze, riassumibili in un nuovo modo di intendere la sussidiarietà, non più verticale od orizzontale, ma di carattere

circolare in grado di coinvolgere la sfera pubblica, la business community e il terzo settore, che possa rispondere al bisogno del coinvolgimento dei corpi intermedi, delle reti tradizionali di rappresentanza e di un’apertura alle innovative forme di produzione e riproduzione sociale e culturale, economia collaborativa ed economia sociale e solidale. Raccogliere questa sfida al protagonismo delle comunità e dei singoli, che rappresenta appieno l’anima dell’Arci ci ha portato ad organizzare un evento laboratorio sulla partecipazione in questo momento in cui la bozza di legge è in elaborazione e sta per essere presentata in Giunta regionale e in seguito in Consiglio per l’iter legislativo. Il 12 dicembre l’Arci Puglia svolgerà presso il Cineporto di Bari il Laboratorio - World Cafè sulla partecipazione condotto da Rodolfo Lewanski, professore di Democrazia partecipativa ed analisi delle politiche pubbliche presso l’Università degli Studi di Bologna, già Autority della partecipazione della Regione Toscana. Alla sua conclusione, nel pomeriggio a partire dalle 17, vi sarà

un Dialogo sulla partecipazione pubblico, al quale prenderanno parte oltre al prof. Lewanski anche Raffaella Lamberti - esperta in processi di attivazione della cittadinanza attiva, fondatrice del Centro di Documentazione delle Donne di Bologna e presidente dell’Associazione Orlando - ed interverrà il Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. Una occasione di formazione e confronto nella quale tenere accesi i riflettori su quella che desideriamo essere una proposta di legge che possa garantire un coinvolgimento diffuso della cittadinanza e che renda protagonisti i pugliesi e tutti coloro che abitano il nostro territorio della propria ‘capacità di futuro’. In questo l’Arci Puglia conferma la propria determinazione nel rafforzare la coesione territoriale e di comunità e nel promuovere la cittadinanza attiva e la tutela dei diritti rendendo disponibile la propria rete associativa e valorizzando l’educazione popolare come cornice ideale per la crescita e lo sviluppo delle capabilities individuali e di comunità. Il diritto alla felicità trova casa in Puglia, felicità è partecipazione!

Palermo, cittadinanza onoraria a Öcalan Il 14 dicembre il presidente curdo Abdullah Öcalan verrà insignito della cittadinanza onoraria di Palermo. Di fronte ai venti di guerra e di terrore che soffiano in Europa, dopo i sanguinosi attentati di Ankara, Beirut, dell’aereo russo sul Sinai e di Parigi, è indispensabile mobilitarsi per opporsi a questa spirale di violenza, di razzismo e di propaganda militarista. Dobbiamo sostenere con forza la resistenza del popolo curdo contro il terrorismo dell’Isis e denunciare che, da sempre, la guerra e il terrore sono opera degli Stati. L’Isis, infatti, non è altro che un prodotto dei paesi occidentali per imporre il proprio dominio sui popoli e sulle risorse del Medio oriente. Le iniziative sono state promosse dal comitato Palermo Solidale con il Popolo Curdo, cui aderisce anche Arci Palermo. Già legata con la città

di Kobane e le comunità autonome del Rojava da un patto di amicizia, Palermo è ora la prima città Italiana a compiere questo importante gesto. La cittadinanza onoraria al presidente del popolo curdo Öcalan è un gesto simbolico e politico per il riconoscimento della lotta di tutto il popolo curdo, da sempre vessato e mortificato nelle sue aspirazioni alla libertà ed in favore di una soluzione di pace e giustizia sociale alla crisi in Turchia e Siria. La criminalizzazione nei confronti di Öcalan (rinchiuso in carcere a vita e in regime di isolamento), del Partito dei lavoratori curdi (PKK) e dell’intero movimento di liberazione, rappresenta una ferita aperta nel cuore della società civile internazionale. Una ferita ancor più dolorosa se si pensa al ruolo svolto da questo popolo nella lotta contro la barbarie creata da stati autoritari e dal fondamentalismo religioso del sedicente ‘Stato Islamico’. Mentre ricordiamo la liberazione della città di Kobane dopo più di quattro mesi di assedio da parte dei tagliagole di Daesh (ovvero l’Isis), ancora oggi in molte zone del Bakur (Kurdistan turco) il popolo curdo resiste agli attacchi dell’esercito e al

contempo dichiara e realizza l’autonomia democratica delle zone liberate, come sta accadendo nella città di Silvan. Tra le macerie di un Medioriente dilaniato dalla guerra, dove le potenze straniere muovono le loro pedine a tutela di inconfessabili interessi economici e politici, soffiando sul fuoco dell’intolleranza e del razzismo, la lezione del popolo curdo si condensa nella proposta del Confederalismo Democratico, una formula inedita per costruire l’autogoverno del territorio nel rispetto delle diversità, l’uguaglianza sociale e la parità di genere, la democrazia diretta e l’assemblearismo, il rispetto della natura e la solidarietà. Palermo rende omaggio non soltanto ad Abdullah ‘Apo’ Öcalan, ma a tutte le donne e a tutti gli uomini che in Kurdistan hanno combattuto e combattono per edificare una società più umana, più giusta, più libera. Questa cittadinanza onoraria, dopo quella conferita l’anno scorso al leader palestinese Marwan Barghuthi, dimostra ancora una volta la solidarietà di questa città verso la lotta per la libertà dei popoli senza terra. Programma dettagliato dei tre giorni su www.arcipalermo.it


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società

Piazza Dalmazia, quattro anni dopo Sabato 12 dicembre a Firenze sarà la giornata del ricordo della strage di Piazza Dalmazia, in cui, il 13 dicembre 2011, per la follia razzista di un simpatizzante dell’estrema destra furono uccisi i cittadini senegalesi Samb Modou e Diop Mor, e loro tre connazionali furono feriti gravemente: Mor Sougou, Cheikh Mbengue e Moustapha Dieng. Arci Firenze, Cgil Firenze e Anpi sezione G. di Vittorio hanno deciso di partecipare al ricordo di quella strage con un’iniziativa pubblica che si terrà appunto sabato 12 dicembre, alle ore 9.30 al Teatro del Circolo Sms di Rifredi, insieme a un centinaio di studenti delle classi V del Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci e dell’Istituto d’Istruzione Superiore Leonardo Da Vinci. «Questa iniziativa assume un valore particolare - spiega Lorenzo Ballini, responsabile Immigrazione di Arci Firenze che sarà uno dei relatori - perché riteniamo che sia necessario mantenere viva la memoria storica di fatti simili nei nostri giovani, facendo informazione, condividendo con loro un momento di riflessione per cercare di affrontare in maniera approfondita il tema del razzismo, scandagliando tra le sue origini e cercando di comprenderne

la diffusione, in una società come la nostra. In più confrontarsi con i ventenni di oggi rappresenta un’occasione di crescita anche per noi: loro sono cresciuti in una società davvero multietnica, diversa da quella in cui siamo cresciuti noi adulti di oggi e sarà interessante capire il loro approccio a questi temi». La giornata inizierà con la proiezione del film Va’ pensiero - Storie Ambulanti di Dagmawi Yime: un racconto in parallelo tra la strage di Firenze del 2011 e l’aggressione razzista del 2009 a Milano, in cui rimase ferito il drammaturgo Mohamed Ba. Proprio Ba sarà anche tra i relatori della giornata fiorentina, insieme a Mor Sougou, uno dei tre feriti del 2011 in Piazza Dalmazia, che porterà la propria testimonianza agli studenti.

il libro

Papà, mamma e gender di Michela Marzano - Utet editore recensione di Francesca Chiavacci

Michela Marzano è docente di filosofia morale all’Universite Descartes a Parigi, è anche deputata del Partito Democratico, ma soprattutto, per noi, è una scrittrice di cui abbiamo avuto modo di apprezzare coraggio e bravura, in tanti libri, in cui ha raccontato la propria esperienza di vita, sia nella dimensione privata che in quella pubblica. Anche in Papà, mamma e gender lo fa in un testo che, oltre che ben scritto, risulta utile per comprendere il dibattito sulla famigerata teoria del gender, e Michela lo fa anche a partire dalla propria cultura di estrazione cattolica. L’agitazione della cosiddetta ‘teoria del gender’ (analizzata anche attraverso la lettura di video e testi di Associazioni come Pro-vita o Le Manif pour tous Italia, spesso pieni di errori grossolani e di bugie) è stata, di fatto, lo strumento per dare forza al nogender e ad azioni di censura e divieti per incontri di divulgazione e formazione nelle scuole e nei territori. L’autrice, senza ‘ridicolizzare’ o semplificare eccessivamente documenti e scritture di coloro che invece pensano che nel nostro Paese si stia portando avanti un disegno di indottrinamento volto a scardinare i valori della famiglia, argomenta molto attentamente la decostruzione di questa teoria. Nonostante la pacatezza e la ‘scientificità’ delle argomentazioni il libro ha trovato opposizione, è stata addirittura negata la sala per la presentazione del libro a Padova, ed ha sicuramente suscitato molta discussione. Per noi dell’Arci rappresenta uno strumento importante, anche nelle battaglie che stiamo conducendo (Michela sarà con noi a Verona. Approfitterà della presentazione del suo libro per partecipare alla Maratona di lettura Chi ha paura del libro cattivo? organizzata da Arci e Arcigay Verona).

A parlare della necessaria risposta che la società tutta deve dare di fronte a recrudescenze razziste e fasciste e a indagare sul perché in un Paese come il nostro periodicamente il razzismo - sia in forma strisciante sia in esplosioni plateali e violente - torni ad affacciarsi in maniera pericolosa, saranno, nella mattinata di sabato, oltre a Mohamed Ba e Mor Sougou: Roberto Bianchi, professore associato di Storia contemporanea - Università degli Studi di Firenze; Lorenzo Ballini, responsabile settore Immigrazione Arci Firenze; Carla Bonora, segreteria Cgil Firenze; Gianluca Lacoppola, presidente Sez. Anpi G. Di Vittorio; Diye Ndiaye, presidente dell’Associazione dei Senegalesi di Firenze e circondario. www.arcifirenze.it

arcireport n. 43 | 11 dicembre 2015 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 14.30 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia

http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/2.5/it/


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