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Agenzia per il terzo settore: il governo ci ripensi + Non sappiamo ancora come finirà, ma gli annunci sulla chiusura dell'Agenzia per il terzo settore non promettono niente di buono. In attesa che il governo chiarisca se intende andare all'azzeramento delle funzioni svolte dall'agenzia o ricollocarle nell'ambito del ministero del welfare, le dichiarazioni del ministro Fornero sono uno schiaffo al non profit e un grave passo indietro nel rapporto fra istituzioni e terzo settore. La decisione era nell'aria visti i tagli già operati nei mesi precedenti, ma c'era da augurarsi che il governo Monti non facesse un errore che tradisce sottovalutazione e scarsa conoscenza dell'universo non profit. La scelta è poco comprensibile dal punto di vista della razionalizzazione della spesa, visto che il bilancio annuo dell'Agenzia supera appena il milione di euro; ma è ancor più insensata se pensiamo al momento difficile attraversato dal terzo settore, in difficoltà a causa dei tagli alla spesa sociale e ciononostante impegnato a garantire ciò che resta dei servizi di welfare nei territori. È miope non capire che per risollevarsi dalla crisi il paese ha bisogno di ritrovare senso di comunità e coesione sociale, e sottovalutare il contributo che in questo senso possono dare proprio associazioni, cooperative sociali e gruppi di volontariato. Il terzo settore è motore di partecipazione, mobilita risorse e competenze, è un argine alla frammentazione e all'egoismo sociale, contribuisce a rafforzare e innovare il sistema di welfare, fa crescere la cultura della responsabilità civica e la qualità della democrazia, è volano di nuovo sviluppo economico. Oggi più che mai andrebbero riconosciuti e sostenuti il ruolo del privato sociale, la sua rappresentatività e la sua autonomia, la sua capacità di avanzare proposte e concorrere alle scelte per il futuro del paese. Andrebbero finalmente affrontati nodi da tempo irrisolti che limitano l'azione dei soggetti sociali: il riordino di un quadro normativo e legislativo oggi frammentato e contraddittorio, la revisione delle agevolazioni fiscali, i criteri della rappresentanza e dell'accreditamento nei rapporti con la pubblica amministrazione, la stabilizzazione del 5 per 1000. L'Agenzia, che in questi anni ha svolto un lavoro utile e apprezzato dalle organizzazioni di terzo settore, potrebbe dare un contributo importante. Abolirla o ridimensionarne la struttura significa fare una scelta di segno opposto alla valorizzazione del terzo settore e delle sue potenzialità.
Diritti di cittadinanza, ultimi giorni per metterci la firma
Lo scrittore Amara Lakhous, uno dei testimonial della Campagna
Ridare la parola ai popoli per salvare l’Europa elmut Kohl disse a suo tempo che la Germania era di fronte a un bivio: o europeizzare se stessa o germanizzare l’Europa. La Merkel ha imbroccato decisamente questa seconda strada e l’accordo sul ‘fiscal compact’ firmato lunedì da 25 su 27 paesi dell’Ue è il coronamento del suo disegno. Il nuovo trattato sposa in pieno la linea del rigore, stabilisce che i deficit strutturali non possono superare la soglia dello 0,5% pena sanzioni automatiche, chiede che il pareggio di bilancio entri in tutte le Costituzioni. La Grecia verrebbe ammutolita, poiché il suo bilancio sarebbe deciso di fatto a Bruxelles. I paesi europei dovrebbero rinunciare alla propria sovranità senza che sia prevista nessuna forma di governance democratica sovrannazionale, restando le decisioni in mano a organi non elettivi e
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MIGRANTI I PAGINA 3 Un articolo di Omeyya Seddik, Consigliere del Segretario di Stato alle migrazioni e ai cittadini all’estero della Repubblica tunisina
mancando l’unità politica dell’Europa. Il famoso principio liberale “nessuna tassa senza rappresentanza democratica” viene così rovesciato nel suo contrario. Intanto la crisi non si risolve. L’ampliamento del fondo salva stati, che la Germania non vuole, non sarebbe comunque sufficiente. Già si profila, dopo quello della Grecia, il default del Portogallo, mentre le stime che ci offre il premio Nobel Paul Krugman indicano un trend italiano peggiore che nella crisi del ’29. Servirebbe cambiare il ruolo della Bce, perché diventi prestatore in ultima istanza aiutando gli stati a combattere la speculazione. Ma il Trattato lo vieta. Gli stati salvano le banche ma non vale il contrario. Ridare la parola ai popoli sul nuovo trattato (come chiede la maggioranza degli irlandesi) è l’unico antidoto al fallimento dell’Europa.
SOCIETÀ I PAGINA 13 Un articolo di Federico Amico sulla campagna di tesseramento Arci 2012
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l’Italiasonoanch’io
Riforma della cittadinanza: una campagna ispirata al principio di uguaglianza l dibattito che si sta sviluppando sulla cittadinanza dimostra che bene abbiamo fatto a spostare, con la Campagna l'Italia sono anch'io, il dibattito pubblico sull'immigrazione dal terreno dell'emergenza a quello dei diritti. Si parla finalmente delle milioni di persone di origine straniera che vivono nel nostro Paese e del loro rapporto con lo Stato in tutte le sue articolazioni. La raccolta delle firme ci ha permesso di avere una relazione diretta con 'l'opinione pubblica', non mediata da politica e stampa. In tanti, firmando, hanno optato per un modello di società aperta e tra pari, per un'idea di cittadinanza che non si costruisce per esclusione. Tuttavia, anche tra coloro che si sono dichiarati favorevoli alla riforma della cittadinanza, c'è chi ha mostrato una certa propensione ad una idea di diritti 'in prova'. Più precisamente, l'idea che la cittadinanza per i nati in Italia di origine straniera debba essere ottenuta attraverso la dimostrazione di una 'volontà di integrazione' delle famiglie e addirittura degli stessi minori, che necessita di un percorso complesso. In generale tutta la materia dell'immigrazione, quando si parla di diritti, è affrontata da alcuni con un approc-
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cio 'premiale': se vuoi diventare italiano devi superare delle prove. Questa logica, che sta alla base del contratto di soggiorno, è anche quella che induce a pensare che la cittadinanza sia lo spazio dentro il quale misurare la 'integrabilità' di una persona o di una famiglia nella società. A chi ritiene che lo ius soli vada 'temperato', ricordiamo che l'articolo 3 della Costituzione sancisce il principio di uguaglianza e impegna lo Stato a rimuovere gli ostacoli che ne impediscono il pieno raggiungimento. Il contrario di chi sostiene la 'integrabilità' come condizione per la sua piena applicazione. Nella nostra proposta di legge di riforma della cittadinanza sosteniamo che la regolarità del soggiorno di uno dei genitori da un anno è condizione sufficiente per richiedere la cittadinanza per i nati in Italia. La regolarità del soggiorno di un anno, data l'attuale legislazione, presuppone la presenza stabile e un'occupazione. Introdurre altre condizioni provocherebbe solo disuguaglianze. È giusto, per esempio, prevedere che il minore che compie un ciclo di studi possa chiedere la cittadinanza, ma non come condizione aggiuntiva alla nascita. Pensiamo a un minore che si trasferisce
in Italia da piccolo: nonostante frequenti la scuola, anche per l'intero ciclo scolastico, oggi è assimilato a un qualsiasi altro straniero che chiede di naturalizzarsi e a 18 anni dovrà dimostrare di avere i requisiti per ottenere il titolo di soggiorno se vuole evitare l'espulsione. Sarebbe utile confrontarsi anche su due altri aspetti importanti, finora poco toccati. La competenza sulla procedura relativa alla cittadinanza secondo noi dovrebbe passare ai Comuni, cioè all'amministrazione più vicina al cittadino. La procedura, inoltre, dovrebbe essere sottratta a ogni discrezionalità e definita con precisione per legge. Decine di migliaia di domande di naturalizzazione giacciono invece da anni al Ministero dell'Interno, senza che venga fornita agli interessati nessuna certezza sui tempi e gli esiti. In altre parole, sarebbe opportuno che nel dibattito sulla possibile riforma della cittadinanza si partisse dai problemi che oggi incontrano le persone che vogliono accedervi, in un Paese che cambia e che rischia di essere in gran parte popolato da persone che rimangono straniere per sempre. Info: miraglia@arci.it
Cittadini onorari i bambini di origine straniera nati nella provincia di Pesaro e Urbino entre continua la raccolta firme della campagna L'Italia sono anch'io in tutta la regione Marche, grande rilievo mediatico ha avuto nei giorni scorsi l'iniziativa del Presidente della Provincia di Pesaro e Urbino Matteo Ricci del PD, che ha annunciato la volontà di conferire la cittadinanza onoraria a più di 4mila bambini nati da genitori immigrati nella provincia. Quest'annuncio ha già raccolto l'apprezzamento del Capo dello Stato, in quanto atto «di grande valore simbolico». Del resto, sul tema dello 'ius soli' il Presidente Napolitano ha più volte preso posizione e Matteo Ricci ha deciso di passare all'azione, invitando alla cerimonia, che si terrà nei prossimi mesi, il ministro Riccardi. Il progetto è piaciuto al Quirinale, cui Ricci si era rivolto con una lettera: la consulente per i problemi della coesione sociale Giovanna Zincone ha risposto auspicando che «questo esempio possa essere seguito anche da altre realtà territoriali», e che la cittadinanza onoraria possa essere «la premessa all'effettivo riconoscimento della cittadinanza italiana a quanti nascono nel nostro Paese da genitori stranieri stabilmente residenti». Fra
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il 2001 e il 2010, nel Pesarese sono venuti al mondo 4.536 bimbi figli di immigrati (su un totale di 34.700 stranieri residenti), «considerarli italiani a tutti gli effetti é soltanto un atto dovuto. Il riconoscimento del Presidente della Repubblica - dice Ricci - ci spinge a proseguire una battaglia di civiltà, affinché il Parlamento legiferi presto sulla questione». A Pesaro intanto si lavora per preparare l'accoglienza ai 'neo pesaresi': una festa con la consegna ai ragazzi di una copia della Costituzione e di una maglia della Nazionale di calcio. E a proposito di calcio segnaliamo la bellissima domenica organizzata dal circolo Arci Babazuf a Castel di Lama, piccolo comune della provincia di Ascoli Piceno. Il circolo, composto da più di 100 giovani «laureati e non partiti», come si definiscono - ha organizzato una riuscitissima conferenza stampa per presentare l'Italia sono anch'io. Ha partecipato anche il calciatore dell'Ascoli Papa Waigo, uno dei testimonial della campagna nazionale. La conferenza stampa e' proseguita con aperitivo e cena multietnica, Jam Session e balli fino a tarda notte nei locali del circolo con un coinvolgimento straordinario della comunità locale di
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Italiani e residenti delle diverse nazionalità. «Papa Waigo, oltre che un bravissimo calciatore, si e' dimostrato persona di grandi qualità umane e sensibilità, un uomo che nel suo paese, il Senegal, ha fatto grandi cose importanti per i suoi concittadini e anche in Italia si e' sempre battuto per i diritti dei suoi connazionali», così lo presenta Paola Senesi di Libera. Papa è salito alla ribalta per l'episodio di Crotone dove, dopo i fatti di Firenze, si strinse in un lungo abbraccio con quattro suoi connazionali presenti a bordo campo. Da parte sua il calciatore dichiara: «sono onorato di avere questo ruolo di testimonial di un progetto che spero sia condiviso da molti italiani. I nostri figli,e io ne ho due piccoli, nascono in Italia ma non hanno gli stessi diritti degli altri bambini. io devo dire grazie all'Italia che mi ospita, mi dà la possibilità di lavorare e mi ha reso famoso. Ci sono però delle leggi che vanno cambiate e unendo le forze le cose miglioreranno per tutti. Lo dico anche ai miei connazionali: non vi chiudete, non vi isolate. Integratevi, fatevi conoscere, perchè conoscendosi si cresce insieme.» Info: pucci@arci.it
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migranti
I tunisini del dopo-dittatura chiedono all'Italia di costruire rapporti virtuosi sulle migrazioni di Omeyya Seddik, Consigliere del Segretario di Stato alle migrazioni e ai cittadini all'estero della Repubblica tunisina n vero Stato democratico è quello che protegge la vita e i diritti delle sue cittadine e dei suoi cittadini ovunque essi siano, e che protegge la vita e i diritti di tutte le persone che si trovano sul suo territorio. Questo è uno dei principi affermati dal processo tunisino che ha dato il via alla primavera delle rivoluzioni arabe. Lo stesso principio è alla base dell'istituzione nel primo governo eletto liberamente - di un nuovo ministero: il Segretariato di Stato alle migrazioni e ai tunisini all'estero. La Tunisia è un Paese d'emigrazione, con più del 10% della popolazione che vive all'estero, ma da qualche anno è diventato anche un Paese di immigrazione e di transito. Non può più fare a meno di una politica indipendente, democratica ed equilibrata sulle migrazioni, né di strategie coerenti per metterla in pratica. Una politica indipendente è quella che non è dettata dalle pressioni esercitate in contesti informali senza preoccuparsi dell'interesse nazionale. Una politica democratica è quella che viene concertata in istituzioni legittimate e che tengono conto delle aspettative dei cittadini. Una politica sull'immigrazione equilibrata è quella che non tralascia l'interesse del Paese d'accoglienza né del Paese d'origine, ma soprattutto gli interessi dei migranti. La nuova Tunisia considera una simile politica possibile, necessaria e ineluttabile. L'Italia, insieme alla Francia, è uno dei nostri primi due partner economici e uno dei primi due Paesi di emigrazione dei tunisini. Gli interessi condivisi, tra Italia e Tunisia, nel campo della produzione e degli investimenti, nel turismo e in ambito energetico, grazie alla prossimità geografica e culturale o per le affinità storiche plurimillenarie, sono evidenti a tutti. Nonostante ciò, la Storia condivisa degli ultimi decenni è stata caratterizzata da rapporti non equilibrati, e da avvenimenti indegni di Paesi amici che si dichiarano democratici. Questa realtà va imputata a politiche irresponsabili portate avanti da dirigenti motivati, da parte tunisina, dal mantenimento di un potere impopolare e antidemocratico, da parte italiana, dalla ricerca di benefici elettorali populisti e a breve termine. Lo spettacolo indegno di cui l'isola di Lampedusa è stata teatro, la situazione nei centri di detenzione che si sono moltiplicati sul territorio italiano, le tragedie che hanno fatto del canale di Sicilia un enorme cimitero, o più semplicemente le condizioni di vita di molti migranti
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nelle città e nelle campagne sono le manifestazioni più eclatanti di questo disastro. Le altre cause, più profonde, di questo fiasco sono da ricercare in un atteggiamento di criminalizzazione della migrazione e nella gestione securitaria della mobilità di manodopera a dispetto dei diritti umani e delle realtà economiche e sociali. Le politiche migratorie realizzate in Europa da trent'anni sulla base di questi assunti hanno avuto un effetto nefasto per tutte le società coinvolte, oltre a conseguenze negative in termini di violazione generalizzata dei diritti fondamentali. Noi, tunisine e tunisini del dopo-dittatura, vorremmo proporre all'Italia di avviare un'esperienza che sia modello di rapporti virtuosi nel campo delle migrazioni, cioè di rapporti che rompano con le politiche nefaste e costose ancora in corso, in un'epoca in cui sforzi giganteschi dovrebbero invece essere indirizzati alla soluzione della crisi. Virtuosi sono quei rapporti fondati sul rispetto, la presa in carico degli interessi reciproci e la difesa dei diritti fondamentali di tutti. Sappiamo di un linguaggio nuovo che si è affermato recentemente tra i responsabili italiani, segnale di realismo e coraggio rispetto alla politiche migratorie, in particolare da parte del ministro Riccardi incaricato della Cooperazione e dell'Integrazione. Auspi-
chiamo dunque di poter approfondire queste tematiche, è tempo di aprire questo cantiere. Vorremmo infine condividere una questione che è per noi della massima priorità, per i suoi risvolti umanitari e tragici: quella dei migranti dispersi e di coloro che vengono chiamati i tunisini di Lampedusa. Migliaia di giovani migranti si sono diretti verso le coste europee sulla scia delle insurrezioni tunisina, egiziana e libica, per cercare condizioni degne di vita. Molti di loro sono stati presto disillusi. Centinaia sono morti annegati. E poi ci sono i dispersi, quelli che da quasi un anno non mandano notizie ai loro cari, ma di cui non si può affermare con certezza che siano annegati; si tratta di circa trecento persone. Tra loro, c'è anche chi, in base a elementi abbastanza solidi, dovrebbe essere giunto sulle coste italiane. Questi dispersi hanno famiglie che non si rassegnano e chiedono alle autorità delle risposte. Facciamo di questa questione la nostra priorità, perché siamo convinti che la loro vita non conti meno delle altre e una vera democrazia lo deve dimostrare coi fatti. Chiediamo al governo italiano di fornire tutta la cooperazione necessaria per far luce sulla sorte di questi cittadini tunisini dispersi, perché senza ristabilire un rapporto di fiducia è impossibile avere rapporti amichevoli. E nessuna fiducia ci può essere verso chi ritiene che la vita dei tuoi figli conti poco.
L'Italia sono anch'io in Emilia-Romagna: sensibilità civile e sostegno istituzionale Verso la conclusione la campagna di raccolta firme in Emilia-Romagna: il risultato prevedibile (almeno 15mila firme per entrambe le proposte di legge) segnala un buon esito della 'ricetta' adottata: una combinazione virtuosa di impegno delle organizzazioni promotrici (cui si sono affiancate numerose associazioni locali) e di sostegno delle Istituzioni locali, in primo luogo l'Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna. Si può tracciare anche un identikit del firmatario-tipo: un cittadino 'esperto' nelle relazioni con i migranti, che ne conosce l'identità ed il grado di inserimento nella comunità locale. La base del consenso alle due proposte di legge è la conoscenza diretta e personale dei migranti, che rende incomprensibile il loro trattamento come 'cittadini di serie B'. Non sono mancate, anche localmente, i latori di stupidaggini
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del tipo «Non si può concedere la cittadinanza a gente che viene apposta in Italia». È significativo il fatto che leghisti e simili si siano ben guardati dal partecipare a incontri e dibattiti pubblici che avrebbero messo in evidenza l'infondatezza delle loro obiezioni. Era sufficiente passare al banchetto di piazza Maggiore per rendersi conto che il giovane pakistano che ti offriva la tazza di the in perfetto italiano era, né più né meno, un bolognese di oggi e non certo un profittatore occasionalmente capitato in Italia. Come spesso avviene in campagne di questo genere, spiccano i risultati ottenuti nelle province di Modena e Reggio Emilia, che da sole raccolgono circa la metà delle firme complessive: segno di solidità del tessuto associativo, di cui Arci è stata ancora una volta componente rilevante. Info: spaggiari@arci.it
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relazioniinternazionali
Reinventare un nuovo paradigma. Verso la Cupola dei Popoli a Rio+20 e idee necessitano di soggetti che ne siano portatori e che abbiano o conquistino forza politica». Con una frase, semplice e forte come le cose vere, Candido Gryzbowski di Ibase riassume il grande lavoro che, ancora una volta, la società civile brasiliana mette a disposizione di tutti, in un momento tanto complicato, organizzando la Cupola dos povos, il summit dei popoli, a Rio de Janeiro. La Cupola, che si terrà dal 15 al 23 giugno in occasione della Conferenza Onu Rio+20 sullo sviluppo sostenibile, ha un obiettivo preciso: fare emergere una nuova alleanza globale fra chi condivide l'esigenza di un cambio di sistema. Giustizia ambientale, sociale, ecologica. Un nuovo modo di produrre, di vivere e lavorare. No alla mercificazione della natura e dei beni comuni. Basta con la politica consegnata al capitalismo liberista e finanziario, generatore di instabilità e diseguaglianze. Per una democrazia rinnovata. Con una visione lunga di futuro e un progetto concre-
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Due incontri per preparare il FAME Dal 12 al 17 marzo, a Marsiglia, si terrà la sesta edizione del Forum Mondiale dell’Acqua organizzato dal Consiglio Mondiale dell’Acqua, organismo privato presieduto e guidato dalle multinazionali dell’acqua. Dal 14 al 17 marzo, sempre a Marsiglia, si svolgerà anche il Forum Mondiale Alternativo dell’Acqua (FAME), organizzato dai movimenti internazionali impegnati nella difesa dell’acqua come diritto umano per tutti. In preparazione di questi appuntamenti, il comitato italiano per il Contratto mondiale sull’acqua promuove il 3 e 4 febbraio a Milano due eventi di approfondimento. Il 3 febbraio presso la sala conferenze dell’Acquario civico si svolgerà una sessione seminariale su Acqua, cibo, energia e cambiamenti climatici, rivolta in particolare a comitati, associazioni e ong. Il 4 febbraio si svolgerà, presso la Sala Alessi di Palazzo Marino, il convegno sul percorso e le proposte alternative che i Movimenti dell’acqua hanno costruito attraverso l’esperienza dei Forum Alternativi e, a seguire, la tavola rotonda per stimolare un confronto con i rappresentanti europei di Istituzioni, Enti locali, gestori pubblici dell’acqua, sindacati. Info: www.contrattoacqua.it
to di transizione per uscire dalla crisi globale con una nuova economia e una nuova società. Intorno a questi obiettivi lavorano insieme per costruire il Summit gli ambientalisti, i sindacati, gli altermondialisti, i movimenti educativi e dei diritti, gli indigeni, con un equilibrio complicato ma a cui tutti tengono molto. Nessuno coltiva l'illusione che la Conferenza Onu ufficiale riesca a produrre le risposte di cui il mondo avrebbe bisogno. Solo due mesi fa, la Conferenza sul cambio climatico di Durban si è conclusa con un risultato al di sotto del minimo. La prima bozza del documento che chiuderà la Conferenza ufficiale è stata massacrata la settimana scorsa a Porto Alegre, nel Forum Tematico verso Rio. Nella bozza, ad esempio, non si nomina mai la diseguaglianza. Leonardo Boff lo dice chiaramente: «la nostra missione è reinventare un paradigma nuovo. Oggi l'unico progetto razionale fa i conti con la finitezza delle risorse, con i rischi che corrono l'umanità e la biodiversità e con il bisogno di giustizia. Ma di questo nella bozza dei governi non c'è nulla». Di ben altro ci sarebbe bisogno, dice Marina Silva, leader molto amata uscita dal PT su posizioni ambientaliste: «affrontare un problema di tanta magnitudine, richiede un impegno altrettanto grande. Dobbiamo essere capaci di una operazione di decostruzione, di discontinuità produttiva e creativa. E anche di disadattamento creativo, rispetto a tutte le cose che abbiamo appreso lungo tutta la nostra vita. Ci hanno detto che il sogno era avere la macchina, ora dobbiamo imparare a sognare un buon trasporto pubblico». I cambiamenti storici avvengono grazie all'avanzamento culturale e al mutamento dei rapporti di forza. Anche quando la politica non è capace di produrli, la cittadinanza organizzata può fare molto, aiutando la costruzione di un nuovo immaginario e offrendo un punto di riferimento ai tanti che sentono l'esigenza di un cambiamento. Spesso la storia ha camminato sulla gambe dei movimenti di cittadinanza. E per questo da un anno la società civile brasiliana, i movimenti sociali, i sindacati lavorano per il summit dei popoli di Rio. Non sono teneri con il loro governo su molte cose, ma per il loro lavoro autonomo ricevono riconoscimenti importanti: la presidente Dilma Roussef ha incontrato a lungo il comitato promotore brasiliano e i componenti del
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Consiglio Internazionale del Fsm, in una poco retorica discussione sul ruolo del Brasile. La presidente difende la sua politica che, dice con forza, disobbedisce ogni giorno ai diktat neoliberisti, basata come è su un fortissimo intervento pubblico per combattere la disuguaglianza e per fornire servizi pubblici di qualità. Afferma che in Europa la crisi è stata costruita per distruggere i diritti sociali: è una situazione terribile, perché è peggio perdere diritti che non averne mai avuti. Il cambio degli equilibri mondiali qui in Brasile si vede ad ogni angolo di strada ed è potente. E qui salta anche agli occhi con tristezza, confrontandosi la qualità del dibattito, quanto sia profonda a tutti i livelli la nostra decadenza politica, culturale, perfino morale. Anche per questo, una nuova fase di relazione con questa società civile ci farebbe bene: non risolveremo la nostra crisi chiudendo la porta alla curiosità, alla ricerca e alla contaminazione. Rio+20, a fine giugno, può essere una davvero una occasione. I promotori del Summit chiedono a tutte le organizzazioni sociali del mondo la partecipazione attiva al loro progetto. Prevedono una partecipazione di centinaia di migliaia di persone, l'arrivo di delegazioni da tutti i paesi per scambiare idee e buone pratiche, manifestare insieme. In molti paesi del mondo esistono già coalizioni unitarie. In Italia il lavoro di preparazione a Rio+20 è già partito. Ha iniziato il Ministro dell'Ambiente Clini che, con un bel gesto di discontinuità, ha convocato un Forum della Società Civile per discutere la partecipazione italiana. La Cgil ha poi promosso un tavolo unitario, prova dell'investimento che i sindacati di tutto il mondo fanno sull'evento: è già prevista la presenza di Susanna Camusso alla Cupola dei Popoli. Diverse altre riunioni si terranno nei prossimi giorni. Speriamo di riuscire anche noi ad essere della partita: in questo cammino non c'è niente di esotico. C'è invece la ricerca necessaria della forza che serve, come dice Candido, a far camminare le nostre idee, in una fase da cui altrimenti usciremo con i nostri diritti tornati indietro di cinquanta anni e un pianeta ammazzato. Info: www.rio2012.org.br
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solidarietàinternazionale
Sabah el Thawra, Buongiorno Rivoluzione Di Paola Caridi, giornalista e blogger abah el Thawra. Nonostante le delusioni, i rischi, i morti, la galera, gli attivisti di Piazza Tahrir hanno salutato così il 25 gennaio. Giornata di celebrazioni, a un anno dall'epopea iniziata un mattino d'inverno. Piazza Tahrir si è riempita di gente. Complice anche il fatto che i Fratelli Musulmani, stavolta, hanno deciso di partecipare alle celebrazioni. Anzi, alcuni dei 'ragazzi di Tahrir' li hanno accusati di voler monopolizzare il Revolution Day. Che è comunque, a ben vedere, la rappresentazione del loro successo: un successo arrivato senza esserselo cercato, visto che nei primi giorni della Thawra i Fratelli Musulmani (la gerarchia del movimento) si guardarono bene dal partecipare alla sollevazione popolare. A un anno di distanza, resta ancora divisione, tra una parte delle giovani generazioni islamiste, il vertice dei Fratelli Musulmani e il Partito Libertà e Giustizia che dall'Ikhwan è nato. Alcuni dei più interessanti protagonisti (islamisti) della 'rivoluzione del 25 gennaio' continuano a fare storia a sé, a non volere essere cooptati dentro l'islam politico ora al potere. È certo, però, che i
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Fratelli Musulmani hanno vinto, e non solo perché sono il primo gruppo parlamentare nell'Assemblea del Popolo. Hanno soprattutto vinto lo sdoganamento da parte delle cancellerie occidentali. L'Ikhwan ha vinto. Non vuol dire, però, che abbia vinto la rivoluzione. Piazza Tahrir ha ancora una capacità di mobilitazione importante. Ma la rivoluzione è altra cosa, e con la rivoluzione tutti - giunta militare e gerarchia dell'islam politico - dovranno fare i conti. Lo dicono le proteste dei diversi settori sociali. Lo dice la crisi economica. E soprattutto il fatto che non si intravedano, sinora, ricette sulla richiesta fondamentale del 25 gennaio 2011: non solo la caduta del regime di Mubarak (che ancora non è caduto, ma prova a resistere), ma l'accoglienza nello sviluppo del paese sia delle generazioni più giovani che rappresentano la maggioranza della popolazione, sia di interi settori che dallo sviluppo sono stati espulsi negli scorsi anni. La rivoluzione, insomma, è lungi dall'essersi compiuta e conclusa. Come d'altro canto è normale, perché le rivoluzioni non si
fanno in un giorno. Intanto il generale Tantawi ha annunciato il parziale ritiro della legislazione d'emergenza. Parziale, e già bollata da Human Rights Watch. Dopo 31 anni senza interruzione, le leggi di emergenza in Egitto vengono tolte, salvo nei casi di ‘atti criminali’. Una definizione vaga, in cui si può far rientrare tutto. Troppo vaga, appunto, anche per Human Rights Watch. La decisione della giunta militare è arrivata proprio all'indomani dell'insediamento del nuovo parlamento egiziano, e alla vigilia dell'anniversario del 25 gennaio, ma non basta a placare gli attacchi contro l'esercito. Contro la giunta si protesta a Tahrir. Contro la giunta si è pronunciato il cartello che riunisce gran parte dell'attivismo in un documento che ne chiede le dimissioni e il passaggio dei poteri all'autorità civile. Nonostante tutto questo, il 25 è stato l'anniversario di uno dei giorni più belli ed emozionanti per l'intera regione. Un giorno che ha cambiato tutto, e non solo al Cairo. A loro, a chi era in piazza, ai morti, ai feriti, a chi ci ha creduto veramente e continua a crederci e a pagarne il prezzo, grazie.
Taglia le ali alle armi. Un mese di mobilitazione per dire NO ai caccia F-35. L'appello da firmare er tutto il mese di febbraio, associazioni e gruppi locali daranno vita a iniziative in sostegno della campagna Taglia le ali alle armi, promossa dalla Rete italiana per il disarmo, Sbilanciamoci! e Tavola della Pace per chiedere al nostro Governo di non procedere all'acquisto di 131 caccia bombardieri F-35. Il 25 febbraio sarà la giornata delle '100 piazze d'Italia contro gli F-35', che precederà la consegna al governo delle firme raccolte in calce all'appello che riportiamo di seguito. «Anche se il Governo tiene bloccata da tempo la decisione definitiva, l'Italia a breve potrebbe perfezionare l'acquisto di oltre 130 cacciabombardieri d'attacco F-35: un programma che ad oggi ci è costato già 1,5 miliardi di euro e ne costerà almeno altri 15, solo per l'acquisto dei velivoli, arrivando ad un impatto di 20 miliardi nei prossimi anni. Senza contare il mantenimento successivo di tali velivoli. Siamo quindi in gioco, come partner privilegiato, nel più grande progetto aeronautico militare della storia, costellato di problemi, sprechi e budget sempre in crescita, mentre diversi altri paesi partecipanti -
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tra cui Gran Bretagna, Norvegia, Olanda, Danimarca e gli stessi Stati Uniti capofila! hanno sollevato dubbi e rivisto la propria partecipazione. In questo periodo di crisi e di mancanza di risorse per tutti i settori della nostra società, diviene perciò importante effettuare pressione sul Governo italiano affinché decida di rivedere la propria intenzione verso l'acquisto degli F-35, scegliendo altre strade più necessarie ed efficaci sia nell'utilizzo dei fondi (verso investimenti sociali) sia nella costruzione di un nuovo modello di difesa. L'esempio del programma Joint Strike Fighter deve quindi servire come emblema degli alti sprechi legati alle spese militari e della necessità di un forte taglio delle stesse verso nuovi investimenti più giusti, sensati, produttivi. Per questo noi diciamo: NO allo spreco di risorse per aerei da guerra sovradimensionati e contrari allo spirito della nostra Costituzione SI all'utilizzo di queste ingenti risorse per le necessità vere del paese: rilancio dell'economia, ricostruzione dei luoghi colpiti da disastri naturali, sostegno all'occupazione NO alla partecipazione a un programma
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fallimentare anche nell'efficienza: il costo per velivolo è già passato (prima della produzione definitiva) da 80 a 130 milioni di dollari (dati medi sulle tre tipologie) SI all'investimento delle stesse risorse per nuove scuole, nuovi asili, un sostegno vero all'occupazione, l'investimento per la ricerca e l'Università, il miglioramento delle condizioni di cura sanitaria nel nostro Paese NO ai programmi militari pluriennali e mastodontici, pensati per contesti diversi ed incapaci di garantire Pace e sicurezza SI all'utilizzo delle risorse umane del nostro Governo e delle nostre Forze Armate non per il vantaggio commerciale dell'industria bellica, ma per la costruzione di vera sicurezza per l'Italia NO al soggiacere delle scelte politiche agli interessi economici particolari dell'industria a produzione militare e dei vantaggi che essa crea per pochi strati di privilegiati SI al ripensamento della nostra difesa nazionale come strumento a servizio di tutta la società e non come sacca di privilegi e potere» Info: www.disarmo.org/nof35
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12 film per raccontare l’Italia che non si vede Italia che non si vede - rassegna itinerante del cinema del reale - arriva alla sua terza edizione e si conferma uno dei progetti più importanti per i circoli e comitati che vogliono mettere in evidenza un racconto fuori dagli schemi dell'Italia di oggi, valorizzando opere cinematografiche trascurate o ignorate dalla distribuzione commerciale. Nelle scorse edizioni, L'Italia che non si vede ha unito in una staffetta virtuale oltre 60 città per un totale di oltre 200 proiezioni, realizzando così una vera e propria operazione di controinformazione sociale e promozione culturale insieme. Proprio per questo il Consiglio nazionale di Ucca, nel quadro del piano delle attività e del relativo bilancio di previsione 2012, pur in un contesto di riduzione delle risorse, ha collocato la rassegna tra le principali iniziative da realizzare. La dimensione di rete che questa rassegna sviluppa è importante perché potenzia, valorizzandola, la funzione di promozione della cultura cinematografica che i circoli Arci-Ucca svolgono sul territorio in modi e forme diverse. Alcune realtà inseriscono i titoli de L'Italia che non si vede nella propria programmazione, altre costruiscono manifestazioni specifiche per l'occasione. In tanti casi la presenza degli autori e il dibattito fa della rassegna un'opportunità per incontrare autori emergenti e parlare di nuovo cinema italiano. È impos-
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sibile parlare dell'Italia di oggi senza mettere in evidenza il tema del lavoro: alcune opere mettono al centro il mondo del lavoro che cambia, altri raccontano il lavoro che non c'è o che viene sacrificato sull'altare dei profitti aziendali e dell'irresponsabilità sociale. Altri raccontano il deserto sociale e morale che l'assenza di lavoro crea in una delle periferie più desolate d'Italia, come nel caso del bellissimo Et in terra pax di Daniele Coluccini e Matteo Botrugno. Il film Pugni chiusi di Fiorella Infascelli ricostruisce la storia degli operai della Vinyls e della loro occupazione dell'isola dell'Asinara. L'ultimo lavoro di Andrea Segre, Sic fiat Italia, ripercorre le vicende dell'azienda Fiat con particolare riguardo ai fatti di Pomigliano. Sceglie un'angolatura del tutto peculiare sulla realtà del lavoro il film 40%, le mani libere del destino. Piazza Garibaldi di Davide Ferrari muove dal 150° anniversario dell'unificazione del Paese per rintracciare una nuova chiave di lettura di ciò che non funziona nell'Italia di oggi. Black blok di Carlo Bachschmidt mette a fuoco i fatti di Genova 2001. Anche Un mito antropologico televisivo di Helene Bertino, Dario Castelli e Alessandro Gagliardo analizza un periodo importante per la Sicilia e per l'Italia, gli anni tra il 1992 e 1994, ricostruiti attraverso i 'tagli' di un’emittente televisiva di Catania. Mentre Italy, love it or leave it di
Gustaf Hofer e Luca Ragazzi si sforza di restituire allo spettatore una lettura organica, quasi sociologica del nostro paese affrontando temi politici legati all'economia e alla società. Ferrohotel di Mariangela Barbanente, premio Ucca 20 città all'ultima edizione del Torino Film Festival, racconta il limbo nel quale si trovano a vivere tanti migranti regolari che, dopo l'odissea dell'arrivo in Italia, devono superare il confine dell'isolamento sociale. MM Milano mafia di Bruno Oliviero e Gianni Barbacetto, realizzato anche grazie al sostegno dell'Arci milanese, mette in evidenza la pervasività delle infiltrazioni mafiose nel nord Italia in un apparente contesto di assenza di violenza. Rimetti a noi i nostri debiti di Stefano Aurighi, Davide Lombardi e Paolo Tomassone e Vite da recupero di Enrico Verra hanno in comune il tema della drammatica crisi che vivono l'Italia e l'Europa, sviluppando al contempo due racconti molto diversi. 12 film per comporre il racconto di un paese in crisi provando a schivare il rischio, sempre dietro l'angolo, di un eccesso di retorica o di autocompiacimento e facendo al contempo una scelta coraggiosa: guardare dritto negli occhi l'Italia di oggi senza alcun pudore nel dare spazio alla realtà per come è. Per informazioni e adesioni contattare Ucca allo 06/41609501 o ucca@arci.it Info: barbolini@arci.it
Rosario Pantaleo, consigliere comunale e dirigente dell’Arci a Milano, scrive al Presidente del Consiglio su Expo e Regione entile Presidente, il percorso che porterà la città di Milano alla manifestazione di Expo 2015 è avviato e, ci auguriamo, possa portare al recupero dei tempi improduttivi che ne hanno inficiato il cronoprogramma. A salvaguardia della credibilità che deve contraddistinguere il lavoro del Governo e degli organi Istituzionali che operano sui diversi territori del nostro Paese, in particolar modo nella Regione Lombardia che ha seguito e sostenuto le fasi di assegnazione della manifestazione di Expo 2015, ogni attore coinvolto deve essere al di sopra di ogni dubbio nella capacità di gestire compiti e persone. Per tale ragione mi permetto di esternarLe, nell'ambito del mio ruolo istituzionale, le mie preoccupazioni nel rilevare l'intervento della Magistratura all'interno degli organi istituzionali della Regione Lombardia, come avvenuto con il recente arresto di uno dei suoi Vicepresidenti, Nicoli Cristiani. Ovviamente nulla è possibile esprimere sulla vicenda che vede coinvolto Cristiani ma, certamente la frequenza di situazioni negative
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che coinvolgono la Regione Lombardia non può essere lasciata priva di riflessioni e necessarie azioni di controllo. Se Expo 2015 sarà la vetrina attraverso cui saremo giudicati dal mondo intero e dai suoi referenti istituzionali e finanziari, ritengo necessario che tutti gli attori che operano in quest'ambito siano nella condizione di essere quanto più obiettivi e razionali nel loro operato. È evidente una sorta di 'stanchezza', da parte del Presidente della Regione Lombardia, nel saper fare le giuste valutazioni circa le qualità personali e politiche di un candidato, oltre che la difficoltà nell'esercitare la posizione di responsabilità. Senza nulla addebitare al presidente Formigoni, della cui personale onestà e rettitudine morale sono convinto, è la sequenza di situazioni in cui sono state e sono coinvolte persone a lui vicine o da lui nominate che mi rende perplesso rispetto all'incarico di Commissario Generale di Expo 2015. Molti i nomi di ex Assessori regionali nonché di Assessori e Consiglieri tuttora inquisiti ed altri, pur non indagati, i cui nomi, sono finiti in inchieste
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seguite dalla DDA. Un elenco cui si aggiunge l'arresto del Consigliere Regionale Massimo Ponzoni, da oltre dieci anni presente nella massima Istituzione regionale ed attualmente Segretario del Consiglio Regionale della Lombardia. Con queste righe, Presidente, ho voluto esternarLe le mie preoccupazioni sia di cittadino milanese che di componente di un'importante Istituzione rappresentativa, sul mantenimento dell'incarico di Commissario Generale per Expo 2015 al Presidente della Regione Lombardia. Persona indubbiamente capace, che ha lavorato cercando di innovare la politica e l'Istituzione da lui presieduta per tre Legislature ma che ora non è più in grado, a mio avviso, di verificare e valutare la capacità e la moralità dei propri collaboratori. Ciò, conseguentemente, pone forti dubbi nell'effettiva capacità di tutela della collettività nello svolgere e sostenere le complesse procedure per giungere a realizzare in maniera efficace la manifestazione di Expo 2015». Il testo integrale della lettera sul sito www.rosariopantaleo.it
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ACTA, una guerra politica di Arturo Di Corinto, giornalista e docente, esperto di nuove tecnologie così ce l'hanno fatta. Le grandi multinazionali sono riuscite a imporre all'Unione Europea la firma del trattato ACTA, l'accordo globale anticontraffazione. Con la scusa di tutelare i diritti di proprietà intellettuale dei produttori di farmaci, alimenti, canzoni e film dalla pirateria globale, poche corporations sono riuscite ad anteporre i propri profitti alla libertà di espressione, di ricerca, di cooperazione, mettendo a rischio economie di sussistenza, il diritto alla salute e alla cultura e trasformando Internet in uno stato di polizia. Dopo tre anni di accordi riservati, pesanti azioni di lobbying, e di sberleffi al Parlamento Europeo, l'accordo è stato siglato a Tokio da una quarantina di paesi fra cui USA, Giappone, Canada, Australia e Unione Europea. Dicono dovrebbe armonizzare le regole e le modalità di enforcement sulla proprietà intellettuale, ma la verità é che si tratta di un imponente dispositivo di censura e autocensura che prevede dure sanzioni e persino la galera per chi ne viola le regole. Alla faccia della privacy. Per chi produce farmaci generici, ad esempio, visto che in base ad Acta, le grandi aziende farmaceutiche potranno richiedere e ottenere i nominativi di chi sta
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facendo ricerche su farmaci basati su brevetti e impedire le ricerche sugli equivalenti generici, mentre le major del disco potranno chiedere ai provider i dati degli utenti sospetti di violazione del copyright. Senza l'intervento della magistratura. La posta in gioco è alta e non ha niente a che vedere con la tutela dei cittadini. ACTA è ‘un'evoluzione’ dei famigerati TRIPs (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights), gli accordi sul libero commercio intesi fra l'altro a limitare la commercializzazione di farmaci anti-Aids; é figlia del pessimo Telecom Package che dovrebbe armonizzare il mercato europeo delle telecomunicazioni ponendo pesanti restrizioni al libero uso della rete; é il coronamento degli sforzi della lobby anti-Internet che dal 2005 chiede, passando per il governo americano, che l'Europa attui un pesante giro di vite sulla diffusione di contenuti online remixati dagli utenti. Il tema è geopolitico. Obiettivo sono la Cina e la Russia, vasti mercati di copie illegali del l'industria hollywoodiana, l'India e il Sudafrica, dove si sperimentano i farmaci generici salvavita, il Brasile, dove si ampliano gli appezzamenti di terra coltivata con sementi OGM brevettati.
Nel 2011 meno libertà di informazione nelle grandi democrazie Secondo l'organizzazione internazionale Reporter sans frontieres nel 2011 la situazione della libertà di stampa è peggiorata in particolare nelle grandi democrazie. Eclatante l'esempio degli Stati Uniti che dal 20esimo posto della classifica 2010 passano al 47esimo. Ma anche l'Italia va male, passando al 61esimo posto e perdendo ben 12 posizioni, collocandosi così largamente alla coda dei principali paesi europei. Secondo l'organizzazione il periodo più negativo ha coinciso col declino del berlusconismo, quando il conflitto d'interessi ha prodotto i suoi effetti peggiori, come dimostrano i tentativi ripetuti di introdurre la cosiddetta legge bavaglio o di filtrare arbitrariamente i contenuti della Rete. Finlandia e Norvegia si confermano invece al primo posto, seguite da Estonia, Paesi Bassi, Austria, Islanda, Lussemburgo e Svizzera. Ma in Europa, molto più libera che da noi, in base al rapporto, è l'informazione anche in Germania, Polonia, Regno Unito, Francia, Spagna e persino in Romania e Bosnia Erzegovina. Fra i Paesi che occupano le posizioni più alte in classifica, oltre al Canada, per la prima volta troviamo
anche capo Verde e la Namibia, dove non esiste pressione di alcun tipo sull'attività giornalistica. Agli ultimi posti si confermano invece Eritrea, Turkmenistan e Corea del nord. Complessivamente un anno pieno di criticità, quindi, in cui la parola d'ordine è stata 'repressione', secondo gli estensori del rapporto, e in cui la libertà di informazione non è mai stata così tanto associata alla democrazia. C'è però anche qualche buona notizia che arriva dalla sponda sud del Mediterraneo. In Tunisia, per esempio, la situazione è migliorata dopo la rivoluzione. Non così in Egitto, dove anche nell'anno appena trascorso si sono registrate molte violenze contro giornalisti. E purtroppo non solo in Egitto. Sono infatti ben 124 i reporter e dipendenti di media internazionali morti in 40 diversi paesi del mondo dove si trovavano per dare copertura ai conflitti in corso e la primavera araba ha contribuito ampiamente a questo bilancio di sangue, con 23 giornalisti uccisi, di cui 10 nella sola Libia. Info: en.rsf.org
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La crisi economico-finanziaria che morde l'Occidente ha anche questo come effetto, l'irrigidimento delle norme a tutela degli asset immateriali delle imprese che invece di competere sulla qualità e l'innovazione dei propri prodotti, cercano di non perdere un euro o un dollaro di revenues legate a royalties e brevetti. Ma sotto sotto c'è anche un attacco di tipo politico. Contro Obama, notoriamente sostenuto dai grandi intermediari della comunicazione come Google, Facebook, Twitter, e i grandi fornitori di connettività, attraverso cui la ‘pirateria’ si declina, e che non per caso sono contrarie ad ACTA, all'opposto delle associazioni dei discografici e dei cinematografici, insieme a un pugno di multinazionali del farmaco come Monsanto e Pfizer. La cosa sarebbe farsesca se non fosse tanto drammatica. Proprio loro che campano sulla biopirateria e sul copyright di opere della cultura orale come fa Disney, chiedono un giro di vite contro i pirati. Ma l'accordo deve essere ratificato a giugno dall'Europa. Le dimostrazioni di strada contro ACTA negli Usa, in Inghilterra e in Polonia, e gli attacchi di Anonymous in rete contro le multinazionali, ci dicono che non tutto è perduto.
Un appello del cdr di Liberazione «Una storia collettiva stratificata lungo vent'anni non può essere cancellata con una riga di calcolatrice. Una voce non allineata e plurale non può essere messa a tacere con un clic. Liberazione non può morire. Né trasformarsi, neanche temporaneamente, nella caricatura di se stessa. Al governo, al primo ministro Monti, al sottosegretario Peluffo ripetiamo che il mancato rifinanziamento del Fondo per l'Editoria e il ritardo nella fissazione di criteri rigorosi e chiari di erogazione del contributo pubblico si stanno trasformando in una vivisezione di giornali. All'editore di Liberazione, il partito di Rifondazione Comunista, chiediamo di sottrarsi al gioco al massacro. Se non è possibile rimandare subito nelle edicole una forma anche ridotta all'osso ma giornalisticamente ficcante di giornale cartaceo, almeno il giornale in pdf e il sito internet devono tornare in attività, per restituire a lettori e lettrici, al dibattito pubblico e ai movimenti che si battono contro la crisi degli speculatori e per l'informazione libera una voce sottile ma tenace e indispensabile. Tornare sulla decisione di spegnere il giornale è un gesto costruttivo ancora possibile». Per firmare: cdrliberazione@gmail.com
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La protesta non si ferma: il 25 febbraio in marcia contro la militarizzazione della valle e le grandi opere hi sperava che il cambio al governo del Paese portasse un clima più disteso anche in Val di Susa per ora è rimasto deluso. Prosegue la militarizzazione della Maddalena di Chiomonte, ed ora arrivano anche gli arresti, condotti in un'operazione che ha avuto un'eco mediatica degna delle retate antimafia o antiterrorismo. Pur evitando ogni prematuro giudizio sul merito dei reati ascritti agli imputati, lasciano non poche perplessità l'emissione, nei giorni scorsi, di misure cautelari nei confronti di decine di partecipanti al presidio ed alla manifestazione del 3 luglio scorso a Chiomonte, per fatti avvenuti dunque sette mesi fa. Come spiega il magistrato Livio Pepino, le misure cautelari «Non erano obbligatorie e, dunque, la loro emissione è stata una scelta discrezionale», inoltre i reati contestati consentirebbero, in caso di condanna, la sospensione condizionale della pena o l'accesso immediato a misure alternative al carcere. Dunque sarebbe stato logico attendersi degli avvisi di garanzia e indagati in condizioni di libertà. L'azione, anche secondo
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Sandro Plano, Presidente della Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone, «genera il sospetto di voler trasmettere un forte monito ai dissidenti della nuova linea ferroviaria. Strategia criticabile soprattutto in un momento che vede i Sindaci della Valle di Susa impegnati a stemperare le tensioni e ricondurre la protesta nell'ambito dell'assoluta legalità. Azione intempestiva in un periodo di crisi finanziaria che trascina nelle piazze migliaia di persone che si vedono ridotti diritti, pensioni, servizi e possibilità di incidere nelle scelte politiche». Una bella risposta è stata la manifestazione di sabato 28 a Torino, fissata da tempo, e che ha visto sfilare sotto la neve 10mila persone, pacifiche e determinate, precedute da un corteo di sei carriole piene di candelotti dei lacrimogeni sparati alla Maddalena. Molti manifestanti avevano le stampelle, per ironizzare sull'arresto di Guido Fissore, consigliere comunale di Villarfocchiardo accusato di aver colpito con la sua stampella degli agenti lo scorso 27 giugno, quando la polizia sgomberò a forza con le ruspe il presidio No Tav. Secondo le testimo-
nianze Guido era con il proprio corpo su una della barricate, aveva messo il fazzoletto sul viso perché l'atmosfera era ipersatura di lacrimogeni, ma tutti vedevano chi era. Cercarono di spostarlo a forza, lo strattonarono di peso, e lui improvvidamente colpì gli scudi di due poliziotti con la sua stampella. «Rilevo anche che questi arrestati - prosegue Plano - non hanno agito per mero tornaconto personale, ma per opinioni, giuste o sbagliate, sulla visione politica e sulla tutela dell'ambiente. Queste persone potranno anche essere condannate, ma noi politici e amministratori, protagonisti di questi venti anni di dissidi sui fronti del sì e del no, non potremo mai dirci estranei, politicamente e moralmente, da quello che è avvenuto e avverrà». Il prossimo appuntamento sarà la manifestazione nazionale contro la militarizzazione della Valle e le grandi opere, una marcia da Bussoleno a Susa promossa insieme - per la prima volta dal 3 luglio - da sindaci, associazioni e comitati no tav, per il prossimo sabato 25 febbraio, a cui aderisce Arci Valle Susa. Info: moroni@arci.it
Una lettera a Monti per chiedere di ripensare il progetto della linea ferroviaria Torino - Lione ubblichiamo di seguito stralci dell'appello che un gruppo di intellettuali ed esperti ha inviato al Presidente del Consiglio Mario Monti per chiedere un ripensamento del progetto della nuova linea ferroviaria Torino - Lione.
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Onorevole Presidente, il problema della nuova linea ferroviaria ad alta velocità/alta capacità Torino-Lione rappresenta per noi, ricercatori, docenti e professionisti, una questione di metodo e di merito sulla quale non è più possibile soprassedere, nell'interesse del Paese. Diminuita domanda di trasporto merci e passeggeri. Per effetto del transito di treni passeggeri e merci, l'effettiva capacità della nuova linea ferroviaria Torino-Lione sarebbe praticamente identica a quella della linea storica, attualmente sottoutilizzata nonostante il suo ammodernamento terminato un anno fa e per il quale sono stati investiti da Italia e Francia circa 400 milioni di euro. Assenza di vantaggi economici per il Paese. Per quanto attiene gli aspetti finanziari, ci sembra particolarmente importante sottolineare l'assenza di un effettivo ritorno del capitale investito. In particolare, non sono noti piani finanziari di sorta; il ritorno
finanziario appare trascurabile, anche con scenari molto ottimistici; ci sono opere con ritorni certamente più elevati, occorre valutare le priorità; il ruolo anticiclico di questo tipo di progetti sembra trascurabile; ci sono legittimi dubbi funzionali, e quindi economici, sul concetto di corridoio. Bilancio energetico-ambientale nettamente negativo. Esiste una vasta letteratura scientifica nazionale e internazionale, da cui si desume chiaramente che i costi energetici e il relativo contributo all'effetto serra da parte dell'alta velocità sono enormemente acuiti dal consumo per la costruzione e l'operatività delle infrastrutture (binari, viadotti, gallerie) nonché dai più elevati consumi elettrici per l'operatività dei treni, non adeguatamente compensati da flussi di traffico sottratti ad altre modalità. Risorse sottratte al benessere del Paese La nuova linea ferroviaria Torino-Lione, con un costo totale del tunnel transfrontaliero di base e tratte nazionali, previsto intorno ai 20 miliardi di euro (e una prevedibile lievitazione fino a 30 miliardi e forse anche di più), penalizzerebbe l'economia italiana con un contributo al debito pubblico della stessa entità della manovra economica che il Suo Governo ha messo in atto per fronteggiare
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la grave crisi economica e finanziaria che il Paese attraversa. Sostenibilità e democrazia. L'applicazione di misure di sorveglianza di tipo militare dei cantieri della nuova linea ferroviaria ci sembra un'anomalia che Le chiediamo vivamente di rimuovere al più presto, anche per dimostrare all'Unione Europea la capacità dell'Italia di instaurare un vero dialogo con i cittadini, basato su valutazioni trasparenti e documentabili. Per queste ragioni, Le chiediamo rispettosamente di rimettere in discussione in modo trasparente ed oggettivo le necessità dell'opera. Non ci sembra privo di fondamento affermare che l'attuale congiuntura economica e finanziaria giustifichi ampiamente un eventuale ripensamento e consentirebbe al Paese di uscire con dignità da un progetto inutile, costoso e non privo di importanti conseguenze ambientali, anche per evitare di iniziare a realizzare un'opera che potrebbe essere completata solo assorbendo ingenti risorse da altri settori prioritari per la vita del Paese. È possibile leggere il testo completo sul sito dell’Arci Valle Susa. Info: www.arcipiemonte.it/vallesusa
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società
Il contributo volontario-obbligatorio e i tagli (nascosti) alla scuola pubblica el clima di emergenza economica assoluta accadono molte cose che non si vedono. Il timone del governo nazionale punta dritto al risanamento dei conti pubblici e non lascia spazio nè al dibattito nè tantomeno alla semplice conoscenza dei fatti. Negli ultimi anni il fondo nazionale previsto dalla legge 440/97 (istituzione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi) è stato eroso ormai del tutto. Di fatto si è arrivati ad una spesa dello Stato di 1,40 euro a studente per tutte quelle offerte formative che dovrebbero arricchire la formazione dei nostri giovani: progetti, attività nel tempo scolastico ed extrascolastico in cui il mondo dell'associazionismo e del Terzo Settore impegnato sulla cosiddetta formazione non-formale e informale da anni svolge un ruolo fondamentale. Parliamo, insomma, dei progetti sulla multiculturalità e sui percorsi scolastici dei migranti di seconda generazione, sui linguaggi espressivi, sulla cittadinanza attiva e responsabile. Ma fin qui sarebbe ancora comprensibile che in una fase economico-finanziaria drammatica si rinunci, di fatto, a tale ambito. La cosa ancor più grave
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è che i pochi fondi residui vengano attributi con ritardi insostenibili e che le direttive del Miur in proposito dal passato novembre non siano neanche state pubblicate sul sito ufficiale del Ministero. Decisioni prese e misure adottate di nascosto, proprio come fanno i ladri... Se a questo elemento aggiungiamo la perversa pratica, ormai consolidata da molti plessi scolastici, di imporre una 'retta' che mescola l'assicurazione (obbligatoria) con il contributo (volontario) per l'ampliamento dell'offerta formativa appare del tutto evidente che la richiesta diventi fondamentalmente vessatoria, per tutti e ancor di più per i meno abbienti. Ma siamo anche a conoscenza che in molti casi il fondo così ottenuto serve per l'attività ordinaria. Si tratta di misure che spalancano le porte alla possibilità che i fondi privati arrivino nelle scuole, alla faccia della tanto sbandierata autonomia. Intanto continuiamo a vivere in un Paese in cui il tasso di abbandono scolastico (riportato da più fonti) si aggira tra il 18% ed il 20%. Gli studenti delle scuole superiori e delle università, con molte criticità, dall'anno passato hanno iniziato a costruire un movimento, la Flc della Cgil
L’appello del Comitato Verità e giustizia per Genova Pubblichiamo la lettera che Enrica Bartesaghi, presidente del Comitato Verità e Giustizia per Genova, ha inviato al Presidente Napolitano e ai ministri degli Interni e della Giustizia. «Signor Presidente, Signori Ministri, Vi scrivo per segnalarvi una grave inadempienza da parte dello Stato Italiano nei confronti di 300 cittadini italiani e stranieri che da anni attendono un risarcimento. Il tribunale di Genova, in primo e secondo grado, ha condannato 46 poliziotti, guardie penitenziarie, medici e infermieri per le violenze e le torture inflitte ai manifestanti fermati ed arrestati, nella Caserma di Genova Bolzaneto, in occasione del G8 del 2001. Nonostante le sentenze di condanna, nessuna parte civile ha ancora percepito nemmeno un euro di provvisionale. Nel frattempo numerose vittime della violenza ingiustificata da parte delle forze di polizia si sono avvalse del supporto medico-psicologico, per tentare di superare il trauma di quei giorni, ovviamente a loro spese. Nessuno dei condannati è stato sospeso o allontanato dal lavoro. Chiedo al Presidente della Repubblica, ai Ministri degli
Interni e della Giustizia, un immediato intervento affinché lo Stato Italiano risarcisca, almeno economicamente, le vittime degli abusi e delle violenze perpetrate da propri dipendenti e funzionari. Chiedo al Presidente della Repubblica, ai Ministri degli Interni e della Giustizia, di porgere, in nome della Repubblica Italiana, le scuse a tutti i manifestanti vittime delle violenze da parte delle forze di Polizia, alla Diaz, a Bolzaneto, nelle strade e nelle piazze di Genova, nel luglio del 2001. Invito il Presidente della Repubblica, i Ministri degli Interni e della Giustizia alla lettura delle sentenze di primo e secondo Grado dei processi Diaz e Bolzaneto. Sono certa che dopo queste letture non avranno più dubbi nel riconoscere immediatamente quanto dovuto alle parti civili, sia in termini di risarcimenti economici, sia in termini di scuse da parte della Repubblica che rappresentano. Chiedo inoltre che non ci siano ulteriori ritardi nella trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione onde evitare che intervenga la prescrizione per i processi Diaz e Bolzaneto». Info: www.veritagiustizia.it
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ci ha portato dentro al dibattito maturato in seno agli Stati Generali della Conoscenza. Manca un nuovo protagonismo dei genitori che guardi ad un rinnovato impegno di quanti ritengono la genitorialità un elemento essenziale nella costruzione di cittadinanza. L'Arci può fare molto, anche insieme ad altri soggetti, ma forse più che creare nuovi contenitori potremmo riprendere lo spazio aperto con gli Stati Generali della Conoscenza per svilupparlo in qualche cosa di nuovo, che rappresenti sì le criticità specifiche del mondo della scuola, ma che riesca a orientare il pensiero sul tema della conoscenza e della costruzione di un nuovo patto di cittadinanza ben oltre le sacrosante vertenze di carattere sindacale. Chi per ragioni diverse attraversa il mondo della scuola sa dello scempio a cui si assiste per lo più impotenti e spesso inermi. Nessuno può pensare di ottenere discontinuità tra la Gelmini e Profumo sul piano puramente economico-finanziario, ma la costruzione di un dibattito autentico che sappia disegnare un nuovo orizzonte di senso per il ruolo che dovrà avere la scuola pubblica è un obbligo politico e culturale. Info: camuffo@arci.it
Entro il 2013 chiudono gli Opg È stato approvato in Senato l’emendamento che porterà alla chiusura, entro il 1 febbraio 2013, di tutti gli ospedali psichiatrici giudiziari d'Italia. Entro il 31 marzo 2012, inoltre, dovrà essere emanato un decreto per stabilire gli ulteriori requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi relativi alle strutture destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza del ricovero in Opg e dell'assegnazione a casa di cura e custodia. Se questo è un buon risultato, secondo il comitato Stop Opg, di cui fa parte anche l’Arci, il traguardo è però ancora lontano: «Il vero obiettivo, per ogni internato, è avere un percorso personalizzato di assistenza esterno, finalizzato al reinserimento e al sostegno in ambiti, non solo residenziali, alternativi all’Opg e certamente non in strutture analoghe allo stesso. Per questo, Stop Opg continua la mobilitazione, verso il Governo e verso Regioni, Asl e Comuni, responsabili di organizzare la presa in carico delle persone internate, per curarle e assisterle nel territorio di residenza, come prevedono le norme e indicano le sentenze della Corte Costituzionale. Sapendo che serve investire nei servizi socio sanitari nel territorio, a partire dai Dipartimenti di Salute Mentale».
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Politiche sociali: luci e ombre dell’attività di Governo
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nido, non autosufficienza, povertà estrema. Ci sono migliaia di famiglie già prossime alla soglia di povertà che stanno precipitando verso l'indigenza. Su questo punto il Governo non sembra avere le idee chiare e stenta ad intraprendere un'iniziativa, più concentrato sulla riorganizzazione della previdenza e del mercato del lavoro. Bisogna trovare al più presto almeno un miliardo di euro per tamponare la situazione ed evidentemente la strada della tassazione straordinaria non è praticabile, va attinto a quei capitoli del bilancio statale che in questi anni sono stati inspiegabilmente salvaguardati, la Difesa innanzi tutto. Il Governo per bocca della sottosegretaria Guerra si è dimostrato disponibile ad ascoltare e accogliere le istanze e le proposte del terzo settore su questi temi, è un fatto importante ma si potrà dare un giudizio solo sulla base dei risultati del confronto. Un altro punto, molto dolente, delle iniziative del Governo è la recente uscita della ministra Fornero sulla chiusura dell'Agenzia per il terzo settore. Oltre a tutte le critiche per il modo, del tutto improvvisato, con cui è stato fatto l'annuncio e la pesante sottovalutazione delle funzioni che ha
l'Agenzia per la promozione di un soggetto di fondamentale importanza per la tenuta sociale del paese, tanto più in questa drammatica situazione, c'è un'altra questione che va sottolineata: spostare le funzioni dell'Agenzia all'interno del ministero significa considerare l'associazionismo, il volontariato, la cooperazione sociale, come meri erogatori di servizi sociali. Sappiamo peraltro che oltre la metà delle organizzazioni di terzo settore svolgono attività culturali, sportive, di tutela ambientale. Non vorremmo che dopo aver eliminato ogni strumento di promozione si proceda a dividere il terzo settore tra buoni e cattivi a prescindere dal merito e dalla qualità dell'attività svolta. Info: mumolo@arci.it
FIRENZE Pubblicato il nuovo quaderno Cesvot La comunicazione al centro, una ricerca sugli strumenti di comunicazione dei Centri Servizio per il volontariato promossa da Csvnet e condotta da un gruppo della Sapienza di Roma
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e prime iniziative del nuovo governo in tema di politiche sociali si prestano ad un giudizio piuttosto articolato. Innanzitutto va evidenziato un cambiamento importante nello ‘stile’ dell'azione di governo: attenzione al merito dei problemi, più rispetto dell'autonomia e dell'articolazione delle parti sociali (il Forum ha partecipato da subito ai tavoli di confronto), superamento di atteggiamenti pregiudiziali e violentemente ideologici. Abbandonate finalmente le dichiarazioni roboanti alle quali non faceva seguito alcun atto concreto. Monti ha compreso subito l'insostenibilità della famigerata legge delega in materia fiscale-assistenziale varata dal precedente governo: del tutto errata nei conti e pesantemente iniqua per la vita dei cittadini. Il problema è che non basta cancellare gli effetti della legge delega, i fondi per le politiche sociali sono stati già pesantemente e reiteratamente tagliati, in alcuni casi del tutto cancellati. Le conseguenze dei tagli degli anni scorsi si stanno manifestando solo ora e il panorama sta assumendo contorni drammatici: Regioni ed Enti locali non hanno più risorse per finanziare numerosi servizi essenziali: asili
Nel mondo 200 Secondo un’indagine di Bankitalia è milioni di disoccupati povero il 14,4% della popolazione italiana Nel corso dei prossimi 10 anni andranno creati nel mondo 600 milioni di posti di lavoro per poter garantire una crescita sostenibile e preservare la coesione sociale. È quanto sostiene il rapporto annuale sull'occupazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO). Dopo tre anni di crisi e con un probabile ulteriore peggioramento della situazione economica mondiale, la disoccupazione ha raggiunto la cifra di 200 milioni di persone a livello globale, mentre saranno necessari più di 400 milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi 10 anni per assorbire la crescita di manodopera stimata in 40 milioni l'anno. Inoltre, secondo il rapporto, il mondo dovrà confrontarsi con un'ulteriore sfida, quella di creare posti di lavoro dignitoso per circa 900 milioni di lavoratori che vivono attualmente al di sotto della soglia di povertà, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Infatti, secondo l'Ilo, la crisi dell'occupazione continua senza tregua: nel mondo un lavoratore su tre - circa 1,1 miliardo di persone - è disoccupato o vive al di sotto della soglia di povertà. La priorità è dunque la creazione di posti di lavoro 'buono' nell'economia reale, perché, dall'inizio della crisi, i disoccupati in più sono oltre 27 milioni.
Nel 2010 è aumentato il numero dei poveri a causa della diminuzione del reddito percepito. A dirlo è Bankitalia che nei giorni scorsi ha pubblicato l'analisi biennale sui bilanci delle famiglie. Oltre al peggioramento nella distribuzione dei redditi, i dati evidenziano anche una maggiore concentrazione della ricchezza: il 10% delle famiglie più ricche possiede il 45,9% della ricchezza netta totale. In termini reali il reddito medio nel 2010 risulta inferiore del 2,4% rispetto a quello del 1991. La contrazione del reddito (e la sua pessima distribuzione) ha prodotto un aumento della quota di persone povere, che rappresentano il 14,4% della popolazione totale, un punto percentuale in più rispetto al 2008. La percentuale aumenta sino al 40% tra i lavoratori immigrati (il 7,7% della popolazione). Il reddito familiare medio risulta più elevato per le famiglie con capofamiglia laureato, lavoratore indipendente o dirigente, di età compresa tra i 45 e i 64 anni, mentre risulta inferiore per le famiglie residenti al Sud e nelle Isole. Inoltre, il reddito delle famiglie in cui il capofamiglia ha la cittadinanza straniera
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risulta in media inferiore di circa il 45% a quello delle famiglie italiane. L'indagine di Bankitalia rileva anche come il 29,8% delle famiglie nel 2010 reputava le proprie entrate insufficienti a coprire le spese; il 10,5% le reputava più che sufficienti, mentre il restante 59,7% segnalava una situazione intermedia, riteneva cioè le entrate appena sufficienti per vivere. Rispetto al 2008, aumenta dunque la percentuale di chi si percepisce in bilico e paventa di precipitare in una situazione di difficoltà. La percentuale delle famiglie indebitate è pari al 27,7%. L'indebitamento (poco meno di 44mila euro in media), come in passato, risulta più diffuso tra le famiglie a reddito medio alto (che hanno più facilità nell'accesso al credito) con capofamiglia di età inferiore ai 55 anni, lavoratore indipendente o con elevato titolo di studio. Le passività sono costituite in larga parte da mutui per l'acquisto e la ristrutturazione di immobili. E infatti il 68,4% delle famiglie italiane nel 2010 era proprietaria della casa in cui viveva, mentre il 21,1% era in affitto.
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Un vento che soffoca la cultura: solidarietà e musica a Rozzano per il circolo Groove l circolo Arci Groove di Rozzano è un luogo dove incontrarsi, frequentare corsi, andare a teatro, sentire musica dal vivo, suonare. Ma soprattutto un luogo dove mettersi in gioco, dove imparare a stare in comunità, a confrontarsi e partecipare. Da un mese tutto questo rischia di non esserci più. A causa della denuncia sporta da un vicino disturbato dal rumore, il Groove è sotto processo: con costi legali altissimi che rischiano di soffocare una realtà basata sul volontariato. Pensavamo che la vittoria di Pisapia portasse un vento di cambiamento a Milano e nel suo hinterland. A quanto pare, invece, Rozzano e la sua giunta hanno appreso e persino peggiorato la gestione degli spazi culturali e ricreativi di De Corato, mentre a Milano poco o nulla si sta muovendo. Il vento di maggio ha già smesso di soffiare? È davvero questa la città che volevamo? Una metropoli dove gli spazi aggregativi, la musica e la cultura sono considerati solamente inquinamento acustico o un problema di ordine pubblico? Sogniamo una realtà diversa. Una metropoli viva, allegra, cul-
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turale, musicale. Una metropoli dove la cultura e l'aggregazione siano un valore e non un problema. Il processo penale è solo alla prima udienza, ma l'Amministrazione comunale, senza nemmeno tentare un dialogo, ha già deciso le sorti del circolo emettendo un'ordinanza che decreta la chiusura del Groove. «Non siamo mai stati contattati dall'amministrazione comunale - spiega Andrea Varacalli, presidente dell'Arci Groove - non pretendiamo nulla ma solo che l'ordinanza che limita l'orario venga sospesa fino a che non terminerà il processo. Anche perché, chiudendo anticipatamente, non riusciamo a reperire i fondi per fare gli interventi richiesti». «Per noi la cultura è il motore del cambiamento, uno strumento di emancipazione delle persone, un indiscutibile bene comune presente nella nostra città - spiega il sindaco Massimo D'Avolio - ma nel caso specifico di Arci Groove l'ordinanza è un atto dovuto, in quanto l'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente, autorità competenze in materia, ha accertato il superamento dei limiti sonori. Non è mai venuta meno la volontà di collaborare
e risolvere il problema con Arci Groove, ma come sindaco ho il dovere di tutelare tutti i cittadini». «Condividiamo le necessità del Comune di tutelare tutti i cittadini - replica il presidente dell'Arci Groove - infatti all'apertura del circolo, come prevede la legge, abbiamo provveduto a consegnare la documentazione che prova che la nostra insonorizzazione è idonea e ci permette di rimanere entro i limiti previsti dalla zonizzazione assegnata dal Comune. Inoltre abbiamo svolto, nel nostro anno e mezzo di vita, ulteriori lavori per ottimizzare l'insonorizzazione e siamo pronti a svolgerne di nuovi, se necessari. Chiediamo però che vengano tutelati i diritti non solo dei pochi cittadini che si lamentano ma anche dei numerosi cittadini nostri associati». Dopo il live show del 28 gennaio e l'assemblea pubblica del 29, si replica sabato 4 febbraio con un nuovo appuntamento da mezzogiorno a mezzanotte: suoni, interventi, politica e solidarietà. Per trasformare l'attacco al Groove in una festa dove ballare, ascoltare e pensare. Info: www.arcigroove.it
Notizie Brevi L’Italia sono anch’io MILANO - Il 2 febbraio alle 18.30, presso la Feltrinelli di corso Buenos Aires, il comitato milanese della Campagna L’Italia sono anch’io, di cui fa parte Arci Milano, presenta Conversazione sulla cittadinanza necessaria: intervengono il giornalista Gad Lerner, Sumaya Abdel, autrice di Porto il velo adoro i Queen, Anna Granata, autrice di Sono qui da una vita, Pape Diaw portavoce della comunità senegalese di Firenze, l’attore Manuel Ferreira e il regista e attore Moni Ovadia. Info: www.arcimilano.it
Gianni Mura al Fuori Orario TANETO DI GATTATICO (RE) - Il giornalista sportivo Gianni Mura è l’atteso ospite del circolo Fuori Orario nella cena-incontro di giovedì 2 febbraio. Interviene anche Erik Messori, fotoreporter freelance, e viene proiettato il documentario Terramacchina, un viaggio nella food valley e nella sua (in)sostenibilità: ai presenti ne verrà consegnata gratuitamente una copia. Info: www.arcifuori.it
Letture sulla Shoah UDINE - In occasione della Giornata della memoria, secondo appuntamento per non dimenticare al circolo Mis(s)kappa: il 3 febbraio alle 21 Così stamattina è stato inverno, serata di letture dedicate alla Shoah, con Nicoletta Oscuro e i CCFT e con la partecipazione di Ornella Luppi. Ingresso riservato ai soci Arci. Info: misskappa.wordpress.com
Dentro la tempesta LA SPEZIA - Al circolo Origami mercoledì 1 febbraio a partire dalle 22 Dentro la tempesta, performance di fotografia e musica. Cecilia Ibañez e Davide Toffolo presentano il primo libro targato La Tempesta: 64 scatti on the road in bianco e nero immortalano le band della Tempesta, come i Tre allegri ragazzi morti, Le luci della centrale elettrica, Il Teatro degli orrori, Il Pan del diavolo, catturate dallo sguardo personale della fotografa argentina dentro le luci segrete dei palchi e dei backstage. L'incontro inizia con un'introduzione di Davide Toffolo e prosegue con uno showreel esclusivo delle proiezioni delle foto-
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grafie. Interviene inoltre un musicista della Tempesta che conclude la presentazione in musica con un minilive acustico. Info: www.arciorigami.it
Iniziativa sulla legalità PISA - Il 5 febbraio a partire dalle 17.30, presso il circolo Arci Unità di via Boccherini, si tiene l’inaugurazione del circolo Arci intitolato a Placido Rizzotto. Per l’occasione, ci sarà la presentazione del libro Placido Rizzotto di Dino Paternostro, il lancio dei Campi della legalità 2012 e a seguire la cena della legalità con i prodotti di Libera Terra. Info: arcilegalita.pisa@gmail.com
Credi sia possibile? ORBASSANO (TO) - Il 2 febbraio al circolo Puzzle si tiene l’iniziativa Credi sia possibile? Nascere in Italia e non essere italiani, con la proiezione di 18 ius soli, film documentario che racconta 18 storie di ragazze e ragazzi nati e cresciuti in Italia ma figli di immigrati, che studiano nel nostro Paese, parlano la nostra lingua e i nostri dialetti, molto probabil-
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mente non sono nemmeno mai stati nel paese d'origine dei loro genitori né ne parlano la lingua, eppure non sono riconosciuti cittadini italiani come tutti gli altri. Si terrà anche la raccolta firme per la Campagna L’Italia sono anch’io. Ingresso gratuito con tessera Arci. Info: asso.puzzle@gmail.com
Sostegno al Cinema Vekkio CORNELIANO D’ALBA (CN) - Alcuni tagli previsti dalla Regione Piemonte rischiano di far saltare il progetto educativo del circolo Arci Cinema Vekkio. Non solo un club con eventi musicali, ma anche un centro di aggregazione giovanile in cui si svolgono numerose attività educative per i bambini, ragazzi, adolescenti e giovani con il Cam (centro attività minori) portate avanti da due educatori insieme ai volontari del circolo. Per questo sabato 4 febbraio è stata organizzata una serata di sostegno con cena brasiliana e concerto degli Asia. Prenotazione obbligatoria entro il 2 febbraio. Info: www.cinemavekkio.it
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Una nuova scuola di musica per Aulla. Il progetto del Comitato Abreu
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‘Memoria, scuola e democrazia’ Parte a fine gennaio la seconda edizione di Memoria, scuola e democrazia, iniziativa realizzata da Spi e Flc Cgil di La Spezia in collaborazione con Arci, Anpi e Aned. Si tratta di incontri formativi con gli studenti sui temi della democrazia, della Costituzione, della storia e della Resistenza, con dei docenti d’eccezione: i partigiani. Obiettivo del progetto è far rivivere la memoria storica e favorire nei ragazzi la comprensione dei valori condivisi della nostra Costituzione, stimolando la partecipazione attiva degli studenti, rendendoli consapevoli del loro ruolo di custodi e futuri testimoni indiretti. Per il 2012 saranno coinvolti gli istituti Arzelà, Parentucelli, Poggi Carducci di Sarzana, le scuole medie di Vezzano, Romito, Ameglia, Castelnuovo Ortonovo, Ceparana, Arcola e l'Albeghiero di via Fontevivo. Oltre alle testimonianze dirette dei partigiani, gli studenti potranno visionare un video sulla Costituzione curato dalla Fondazione Camera dei Deputati e partecipare a visite guidate al Museo audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo.
ni tecniche per permettere l'avvio dei primi laboratori musicali. Decidere oggi di investire fondi, e quindi donazioni, nella realizzazione di una scuola di musica significa creare i presupposti per costruire una modalità di relazione sociale che guardi al futuro. La musica può diventare lo strumento attraverso cui i nostri bambini imparano a lavorare insieme, a confrontarsi, a sbagliare e riprovare fino a raggiungere un risultato collettivo. Una opportunità che in un tessuto sociale come quello aullese, ancora ferito dall'evento alluvionale, vuole essere l'esempio di come si possa tornare a guardare al domani con ottimismo. L'idea di fondo è permettere ai ragazzi, attraverso lo studio della musica, di avere un sogno personale e collettivo. Dare loro la possibilità di essere protagonisti di progetti e di azioni che li mettano a contatto con tutta la comunità portando, attraverso la loro opera, quei valori di proposta e vitalità tipici dei giovani di tutto il mondo. Riconsegnare la scuola di musica alla città, riprendere l'esperienza dei laboratori musicali extrascolastici che
negli anni scorsi avevano permesso la creazione di un'orchestra di strada con oltre 200 elementi, realizzare una sala prove con strumenti ed impianto voci, essere attivi nella proposta di concerti, eventi culturali, stage e seminari dedicati ai giovani, sono gli obiettivi che il Comitato Abreu, con il sostegno degli amici e delle istituzioni, vuole perseguire. Crediamo che promuovere la ricostruzione di relazioni sociali capaci di incidere in senso positivo su tutta la comunità, sia uno degli obiettivi principali che ogni associazione o soggetto sociale dovrebbe perseguire. Farlo con e per i bambini è una sfida ancor più entusiasmante. Info: carrara@arci.it
MASSA (MS) Al circolo La Casamatta il 4 febbraio alle 21.30 la serata è dedicata a Fiabe per adulti, con letture da Mishima, Fitzgerald, Kafka, McEwan, Radiguet e musica del Collettivo Fralerighe
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icostruire una scuola di musica per i bambini e i ragazzi di Aulla: è l'idea a cui hanno lavorato le associazioni Arci di Massa Carrara, Arcadia e Donne di Luna, già attive nel raccogliere fondi da destinare a progetti di recupero sociale nel comune di Aulla. Nasce così, dopo il tragico evento alluvionale del 25 ottobre 2011, il Comitato Abreu. Il progetto è intitolato al musicista sudamericano Antonio Abreu, creatore di 'El Sistema', modalità di aggregazione che in Venezuela prima ed in tutta l'America Latina poi, ha permesso la nascita di quasi 300 orchestre giovanili proponendo, ad oltre 250mila giovani, lo studio di uno strumento musicale. Un progetto che ha convinto e coinvoge molte fra associazioni, musicisti, scuole, compagnie teatrali e privati cittadini, che hanno prestato la loro opera e il loro tempo nell'organizzare e nel sostenere i tanti eventi dedicati alla raccolta di fondi. Esempi di solidarietà e donazioni che hanno reso possibile la realizzazione di una considerevole parte del progetto, infatti a breve verranno acquistati sia gli strumenti musicali che le dotazio-
‘Vedere la povertà’, lo studio della Fondazione Gramsci e di Arci Bologna Né studio né formazione professionale, così il futuro dei giovani appare sempre più a rischio. È uno dei fenomeni più preoccupanti evidenziati dallo studio Vedere la povertà: una ricerca sulle nuove povertà a Bologna, promosso dalla Fondazione Gramsci insieme ad Arci e Coop Adriatica. Ma quella giovanile non è l'unica fascia a rischio. «C'è una multidimensionalità della vulnerabilità sociale spiega la coordinatrice della ricerca Matilde Callari Galli - la perdita del lavoro e della casa sono gli elementi che fanno 'scattare' la povertà, ma a questi si sommano una serie di concause: conflitti familiari, problemi psi-
chiatrici come ansia e depressione, dipendenza da alcool e altre sostanze». Fra le categorie più a rischio ci sono gli stranieri e le donne, ma emerge anche «un aumento delle famiglie che richiedono aiuti temporanei, che ritardano il pagamento di una bolletta o che alla terza settimana del mese si rivolgono alle mense dei poveri». Ed è indubbio che in città la povertà è aumentata. «Basta leggere i dati dei centri d'ascolto Caritas, che parlano di un aumento degli accessi del 30% dal 2005, o quelli sugli sfratti per morosità, aumentati del 200% dal 2008». Info: www.arcibologna.it
Ad Arezzo una giornata con don Luigi Ciotti Don Luigi Ciotti sarà ad Arezzo per tutta la giornata di sabato 4 febbraio per parlare dei temi della giustizia sociale. L'iniziativa Il territorio in movimento...per la giustizia sociale da Sansepolcro ad Arezzo è organizzata da Arcisolidarietà, Provincia di Arezzo e Libera, nell'ambito dei laboratori itineranti su vari temi di rilevanza etica e sociale che Arcisolidarietà porterà in giro per le scuole della provincia. L'appuntamento si rivolge
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agli studenti, ma anche a tutta la cittadinanza, grazie ad una serie di incontri ed iniziative che si svilupperanno tra Sansepolcro (dalle 10,30 in poi, grazie all'aiuto del presidio di Libera) e Arezzo (dalle 16,30 e per tutto il resto della giornata). Don Ciotti parlerà dell'importanza della memoria e della lotta alla mafia, ma anche della presenza mafiosa nel territorio aretino. Info: www.arciarezzo.it
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società
Tesseramento 2012: un’occasione di partecipazione per valorizzare il nostro patrimonio associativo rmai tutti i comitati sono nel vivo della stagione di tesseramento 2012, mentre si stanno perfezionando i consuntivi 2011. Il tesseramento è fuori di dubbio uno dei momenti più importanti per la vita della nostra associazione, che negli ultimi due anni ha consolidato più di 1.100.000 di soci e di oltre 5.000 circoli: l'Arci è l'associazione di promozione sociale maggiormente radicata sul territorio italiano. I Comitati territoriali sono perciò fortemente impegnati nella promozione associativa e hanno rinnovato il patto costituente tra circoli e associazione attraverso le migliaia di colloqui e discussioni che portano al rilascio dell'affiliazione ad Arci. Si tratta di una pratica sostanziale che si rinnova ogni anno e che garantisce a quel milione di soci partecipazione, democrazia, trasparenza, nonché la possibilità di essere parte di un progetto che agisce localmente per determinare una presenza di carattere nazionale. Si tratta di una pratica che sa coniugare i valori di autodeterminazione delle nostre basi associative in senso progettuale e pratico. Le sfide per il futuro sono molteplici e impor-
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tanti. Alcune sono state affrontate in questi anni ed hanno dato risultati importantissimi, altre devono ancora essere vinte. Chiaramente l'aver reso stabile un modello associativo dentro l'Arci non mette comunque al sicuro da insidie che di volta in volta si ripropongono. L'impresa sociale come modello di pratica culturale non è ancora un soggetto riconosciuto nella nostra società e dalle nostre istituzioni. L'impresa come forma di profitto continua a sentirsi minacciata, soprattutto in questo momento di crisi, da soggetti ritenuti, ingiustamente, 'troppo agevolati', il tesseramento come pratica di auto finanziamento e condivisione di spazi e attività non è sempre facile in una società che sembra confondere la libertà con la non appartenenza e la non identità, la politica fatica a valorizzare queste nuove esperienze di aggregazione. Il risultato raggiunto nel 2000 con la legge 383, che riconosce alle associazioni di promozione sociale un ruolo che va al di là degli interessi dei soci, risale ormai a dieci anni fa e ad oggi scontiamo ancora incertezze sul piano legislativo e carenze nella definizione del nostro status. In un sistema che sempre
Hanno collaborato a questo numero Federico Amico, Greta Barbolini, Raffaella Bolini, Francesco Camuffo, Paola Caridi, Arturo Di Corinto, Filippo Miraglia, Umberto Moisé, Gabriele Moroni, Maurizio Mumolo, Ornella Pucci, Paola Scarnati, Omeyya Seddik, Massimo Spaggiari
La magnifica ossessione Visioni di lavoro
Youngstown. Un'altra volta, un'altra onda È un film documentario realizzato da Emanuela Costa e Maurizio Gibertini ‘Gibo’
che l'Ucca distribuisce e che sarà proiettato il 4 febbraio nella piccola città di Fossacesia, in provincia di Chieti, in Abruzzo, nel circolo Arci Tom Benetollo del Basso Sangro, con un invito rivolto sopratutto ai giovani per far conoscere loro la lunga lotta che si è svolta nelle principali città d'Italia dall'ottobre 2008 all'ottobre 2009 contro i decreti legge adottati dal Governo Berlusconi (2008), con cui è stato fortemente ridotto il fondo per il finanziamento agli atenei, e sono state adottate norme sostanzialmente dequalificanti dei saperi.
Gianluca e Massimiliano De Serio al circolo di Roma Cinema Avvenire I fratelli De Serio saranno ospiti presso il Centro Culturale Polivalente Cinema Avvenire - un circolo Ucca dell'Arci di Roma mercoledì 1 febbraio per un incontro con il pubblico. Gianluca e Massimiliano sono praticamente nati con Cinema Avvenire ancora quando era solo un bellissimo ritrovo di giovanissimi accampati alla meno peggio con l'obiettivo di vedere tanti film. Oggi, che il loro film Sette opere di misericordia è in programmazione con successo in tanti cinema, tornano al circolo per inaugurare le celebrazioni per i 20 anni di Cinema Avvenire.
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In redazione Andreina Albano, Maria Ortensia Ferrara, Carlo Testini Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Paolo Beni Impaginazione e grafica Claudia Ranzani
www.ucca.it / ucca@arci.it
Il circolo Arci Circolovizioso di via S. Bernardino di Torino con il collettivo Mirafiori, la redazione di Lotta continua, sta organizzando una bellissima rassegna di film dal titolo Visioni di lavoro che nel sottotitolo dichiara l'obiettivo di collegare le lotte, le fabbriche, il territorio. La rassegna è iniziata il 19 gennaio e proseguirà ogni giovedì fino al 22 marzo. Interessanti i film in programma: Innese di Lambrate. Appunti di una storia di lotte di Silvia Tagliabue; Licenziato 1192, di Luciano Menaldino e Cadigia Perini; Tutti giù per aria, di Francesco Cordio, prodotti nel 2009; Storie di Call Center, di Enrico Omodeo Salè, (2008); Gli equilibristi, di E. Omodeo Salè e Serena Checcucci (2010); Rosarno, il tempo delle arance, di Nicola Angrisano (2009); Mai più sfruttati, di Autori vari, (2011); Indistruttibile, di Michele Citoni, (2003); ThyssenKrupp Blues di Pietro Balla e Monica Repetto, (2006); infine a chiusura della rassegna sarà proiettato Fuga dall'indifferenza, di Sergio D'Orsi, prodotto nel 2011.
più affida ad un'iniziativa del no-profit la capacità di risolvere tensioni e di rispondere ai bisogni, e che vede gli enti locali sempre più in difficoltà nell'organizzazione sociale e culturale, è assolutamente necessario essere attori protagonisti e determinati. Ci troviamo spesso a fare grandi cose, di assoluto valore e portata, ma in molte occasioni questo valore non sappiamo farlo conoscere. Dobbiamo tutti compiere uno sforzo proprio per rendere riconoscibile quel patrimonio a partire dalla corretta compilazione delle schede su www.tesseramento.it. Il principio della trasparenza, non solo sulle attività, ma anche sulle modalità di gestione e sulle finalità che ognuno cerca di compiere, servirà sia a renderci maggiormente consapevoli, sia a illustrare compiutamente quelle regole identitarie. Insomma dobbiamo far emergere con chiarezza il nostro valore associativo, certi che questo ci porterà a una maggiore solidità delle nostre pratiche e servirà a mantenere unita l'associazione. Info: amico@arci.it
Progetto grafico Sectio - Roma, Cristina Addonizio Editore Associazione Arci Redazione Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005
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