arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XII | n. 5 | 6 febbraio 2014 | www.arci.it | report @arci.it
Perché l’Italia affoga di Raffaella Bolini*
Un tempo, per scherzare, si diceva che per garantire la piena occupazione bisognava fare come i comunisti cinesi, che pagavano la gente per scavare le buche e poi riempirle di nuovo. Oggi in Italia basterebbe solo riempirle, tante ce ne sono, per dare lavoro a tutti. Ma non siamo più comunisti e tanto meno cinesi, e così nei buchi neri della devastazione territoriale e dell’incuria continuano ad affondare senza fine persone, comunità, beni, territori e ricchezze. È dall’inizio dell’autunno che regolarmente, una volta a settimana, un pezzo di Europa (e di mondo) viene travolto da un fatto climatico di proporzioni non normali. Pioggia, vento, tempeste, mareggiate hanno flagellato terra, viventi umani e non umani senza tregua e senza confini. Il riscaldamento climatico questo inverno mostra un volto bagnato. Una delle cause di questa solo apparente contraddizione è il calore del mare - che non riesce più a raffreddarsi in inverno e fa faville continua a pagina 2
Per cancellare la legge Fini-Giovanardi di Patrizio Gonnella presidente Antigone
La war on drugs ha avviato la retromarcia. Nel Colorado è stato legalizzato l’uso della cannabis a scopo non solo terapeutico. L’Uruguay ha anch’esso recentemente legalizzato le droghe leggere. In Italia si è aperto il dibattito con un intervento inaspettato da parte di un esponente leghista. Tanto inaspettato non si può dire che lo fosse visto che il presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, nel lontano 1995 aveva firmato la proposta di legge diretta alla legalizzazione il cui primo firmatario era Franco Corleone. Il fenomeno delle droghe è un fenomeno complesso, sociale, culturale, umano, sanitario, antropologico e infine, seppur artificiosamente, criminale. L’aspetto criminale è l’ultimo che dovrebbe venire in gioco, invece è l’unico oggi considerato dalla legislazione italiana. Una legislazione, la Fini-Giovanardi, dalle asperità repressive irragionevoli e dagli eccessi punitivi fondati su una base morale, non scientifica né giuridica. I consumatori sono trattati come se fossero tutti dipendenti. Non si distingue tra droga pesante e droga leggera, tra droghe tradizionali e droghe sintetiche. Si catapultano tragica-
mente nella illegalità svariati milioni di italiani. Non si coglie il grido di aiuto delle famiglie e dei pazienti. Lo Stato liberale e costituzionale non deve intromettersi negli stili di vita dei propri cittadini. Nel mondo contemporaneo ci sono tante cose in libera vendita che sarebbe meglio fossero proibite o che non fossero state mai inventate, eppure ne siamo sommersi. Invece sulla droga non si può neanche aprire la discussione senza che Muccioli o Giovanardi intervengano, mai colti dal germe del dubbio. Bisogna sempre diffidare da chi vive di certezze granitiche. Ci sono almeno tre motivi che spingono per un cambio di politica sulle droghe. 1) Motivi di ordine etico-filosofico. Tutto ciò che non lede la libertà altrui non può essere vietato e sanzionato. 2) Motivi di ordine giuridico-penale. Ogni reato per essere tale deve essere ispirato al principio di offensività, costituzionalmente protetto. Non si deve limitare la libertà personale, bene primario dell’individuo, quando il suo comportamento non lede alcun bene o continua a pagina 2
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quando si scontra con le correnti invernali di aria fredda, rendendo molto difficile la vita non solo a chi vive dentro o intorno alle sue acque. Intanto perdura la vergognosa ignavia di governi e istituzioni internazionali nella lotta al cambio climatico, che è ben lontana dall’essere al centro dell’agenda. La COP 19 a Varsavia, Conferenza per il clima dell’Onu, a novembre è stata abbandonata dalle organizzazioni sociali. Nessun impegno a ridurre le emissioni, nessun sostegno alle politiche di adattamento, nessuna via segnata verso un accordo globale a Parigi nel 2015. La questione non diventa politica tantomeno in Italia. Come al solito, a tragedia corrisponde emergenza, fino a che l’emergenza diventa abbandono, prima di una nuova tragedia. Qui da noi la ribellione della natura si scontra, lo sappiamo, ben più che altrove con gli effetti di un consumo di territorio predatorio, assecondato da una politica e da una amministrazione quasi sempre complice di interessi economici rapinosi e omicidi. Le vittime delle alluvioni, degli smottamenti, delle mareggiate - spesso colpite più volte in poco tempo, spesso vittime anche della non ricostruzione dopo i terremoti - loro sì ormai denunciano oltre che piangere. Chiamano con nome e cognome le responsabilità, nei casi migliori fanno lo stesso i loro amministratori locali. Denunciano la mancanza di prevenzione, la mancanza di manutenzione, i piani regolatori approvati a furia di mazzette, il territorio scempiato per qualche spicciolo. Ma chi risponde loro? Chi ha il coraggio di dire: non c’è Fiscal Compact che tenga di fronte alla messa in sicurezza di vite e territorio? Chi ha il coraggio di dire che, prima di ripagare a tappe forzate il debito, viene l’esigenza di investire risorse per non morire di fango e bombe d’acqua? Non c’è bisogno di essere comunisti cinesi per credere che abbiamo bisogno di un grande piano pubblico, costruttore di lavoro e di futuro, contro l’impermeabilizzazione dei suoli, per il controllo e la prevenzione dei movimenti di massa (frane, mareggiate, alluvioni), per il restauro di suolo e delle aree abitate, contro il cambio di destinazione delle aree agricole, per il consumo zero di territorio, per il rimboschimento e il ritorno alla terra. * Responsabile nazionale Arci Ambiente e stili di vita
interesse costituzionalmente rilevante. La legge Fini-Giovanardi sulle droghe è un contenitore di delitti senza vittime, dove anzi l’unica vittima è il consumatore. 3) Motivi di politica criminale. La war on drugs ha fallito. Le narco-mafie invece prosperano. È quindi il caso di cambiare strategia come molti investigatori e magistrati suggeriscono. I prossimi giorni saranno decisivi. Il Parlamento dovrà convertire in legge il decreto del Governo diretto a contrastare il sovraffollamento. Quel decreto contiene una piccola norma in materia di droghe, diretta a rendere meno dura la mano per fatti di lieve entità. Giovanardi e Alfano si sono ribellati nel nome dello Stato etico. Speriamo che il Pd resista alla tentazione di un compromesso che avrebbe il sapore di una sconfitta culturale. L’11 febbraio la Corte Costituzionale dovrà decidere se l’intera legge sulle droghe FiniGiovanardi è illegittima o meno. La Corte di Cassazione, la Corte d’Appello di Torino e il Gup di Roma vi si sono rivolti certi che quella legge è nata in modo invalido. La legge fu approvata con un colpo di mano governativo nel 2006 dal governo Berlusconi. Era all’esame del Parlamento il decreto legge del Governo sulla sicurezza alle Olimpiadi invernali di Torino. Quel decreto, impropriamente, includeva una sola piccola norma diretta a rendere meno difficoltoso l’accesso
all’affidamento terapeutico ai servizi sociali per i tossicodipendenti recidivi. Due mesi prima, un’altra famigerata legge, la ex Cirielli, li aveva cancellati provocando un danno alle comunità terapeutiche, comprese quelle amiche di Giovanardi, Fini e Berlusconi. Il Governo durante la discussione parlamentare in sede di conversione presentò un emendamento composto da decine e decine di articoli che andarono a cambiare radicalmente la legge precedente sulle droghe. Un decreto legge per potere essere emanato dal Capo dello Stato richiede la verifica della sussistenza dei requisiti di urgenza e necessità. Entra immediatamente in vigore. Se nei sessanta giorni successivi il Parlamento dovesse introdurre norme che c’entrano poco con il testo originario compie un’opera illegittima in quanto produce un aggiramento dei vincoli costituzionali. Su questo dovrà esprimersi la Consulta. Nel caso dovesse decidere per l’abrogazione della FiniGiovanardi rivivrà la precedente legge Jervolino-Vassalli così come modificata dal referendum radicale del 1993 che aveva depenalizzato il consumo. Intanto l’8 febbraio il coordinamento leggeillegale.it invita tutti a Roma perché come recita il sottotitolo della manifestazione «Giusto o sbagliato non può essere reato».
No allo stralcio sulle droghe Un appello sottoscritto anche dall’Arci Nei giorni scorsi il Parlamento è stato messo sotto ricatto dal Ncd di Giovanardi che minaccia di non votare il decreto legge Cancellieri se si tocca la legge sulle droghe che porta il suo nome. Il Parlamento deve decidere se migliorare il decreto secondo le nostre richieste o subire il ricatto di uno dei principali responsabili del sovraffollamento penitenziario. Per far cessare questa vergogna il quinto comma dell’art. 73 della legge antidroga, che colpisce la detenzione di sostanze stupefacenti per fatti di lieve entità, non solo deve restare nel decreto come un reato distinto dal traffico di stupefacenti, ma dovrebbe prevedere una pena più mite. Se la montagna partorirà il topolino, sarà concreto il rischio che a fine maggio pioveranno centinaia di condanne della Corte europea sui diritti umani. Nel decreto è stata introdotta una piccolissima modifica alla legge Fini-Giovanardi, la fattispecie autonoma della lieve entità. Avremmo voluto una ben più ampia depenalizzazione, il ritorno alla ragionevolezza sanzionatoria e alla differenziazione tra
le sostanze. Ma il centrodestra ha fatto la voce grossa ed è stato chiesto lo stralcio anche della timida norma che modificava la legge Fini-Giovanardi. Noi, che con la campagna Tre leggi per la giustizia e i diritti abbiamo raccolto decine di migliaia di firme per l’abrogazione della legge Fini-Giovanardi, invitiamo tutte le forze presenti in Parlamento sensibili al tema della dignità umana, dei diritti e delle libertà a non farsi condizionare da chi è responsabile di avere approvato e difeso una legge vendicativa, ideologica, illiberale. Ricordiamo che circa il 40% dei detenuti ha un’accusa o una condanna per avere violato la legge sulle droghe ed è quindi quella legge la prima responsabile del sovraffollamento penitenziario. Nelle prossime settimane la Corte Costituzionale si esprimerà sulla sua illegittimità. È ora di cambiare quella legge che tanto male ha fatto ai ragazzi, alle loro famiglie, alla società italiana, al nostro sistema delle carceri. Non ci si faccia condizionare da Alfano e Giovanardi.
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migranti
arcireport n. 5| 6 febbraio2014
La Carta di Lampedusa dopo e oltre Lampedusa a cura del circolo Arci Thomas Sankara Messina
È stato un enorme privilegio prendere parte ai lavori della Carta di Lampedusa e confrontarsi con le diverse realtà e le singole persone che quotidianamente si spendono nella lotta per i diritti delle e dei migranti e, non ultimo, per la smilitarizzazione dei territori e del Mediterraneo. L’entusiasmo che ha attraversato l’esperienza lampedusana non deve, tuttavia, lasciare che gli sforzi di collaborazione e partecipazione si dileguino, già, dall’indomani della fine dei lavori. Da questo momento, infatti, è necessario rinnovare costantemente il patto sottoscritto, individuando efficaci strategie di lotta e di contrasto alle politiche securitarie dei governi, ai modelli economici dominanti e alla scellerata militarizzazione dei territori e dei mari. Sul terreno dei principi e delle libertà promosse dalla Carta di Lampedusa
si delineano, da oggi, le coordinate politiche per azioni concrete che mirino all’individuazione delle problematicità locali e internazionali, puntando alla loro risoluzione definitiva. Incontrarsi a Lampedusa ha avuto il merito di portare all’attenzione di tutte e tutti le enormi criticità di chi abita, ma anche di chi attraversa l’isola che, per sua stessa natura, evoca memorie di confinamento e si presta alla produzione di un disciplinamento giuridico eccezionale. Ma Lampedusa è anche metafora delle logiche securitarie che coordinano la sostanziale riscrittura dei confini globali che diventano, per così dire, impermeabili all’attraversamento della maggior parte degli esseri umani. Le pratiche politiche devono, pertanto, aderire al richiamo dell’universalità dei principi sanciti dalla Carta, mettendo a frutto le esperienze di lotta accumulate
negli anni e indirizzando gli sforzi verso il contrasto a tutte le forme di recinzione e detenzione giuridica, politica, amministrativa e materiale; a tutte le forme di irrigidimento dei confini e delle frontiere; a tutte le proposte di legge in disaccordo con i principi sanciti dalla Carta e la libertà di movimento di tutte e tutti; a tutti gli apparati e ai dispositivi di controllo esercitati al fine di limitare le libertà personali, di movimento, di scelta, di progettualità della propria esistenza, di restare e di resistere e, infine, a tutte le forme di militarizzazione dei confini. Con questi obiettivi abbiamo lasciato l’isola di Lampedusa, convinti che il nostro compito di costituenti debba prendere le mosse proprio dalla nostra città nell’immediato tentativo di mettere fine alla rovinosa esistenza di una tendopoli per richiedenti asilo allestita nel cuore della città di Messina.
Garantire a tutti/e uguale libertà di spostarsi o di restare di Giuliana Sanò dirigente circolo Arci Thomas Sankara
«La Carta di Lampedusa è un patto che unisce tutte le realtà e le persone che la sottoscrivono nell’impegno di affermare, praticare e difendere i principi in essa contenuti, nei modi, nei linguaggi e con le azioni che ogni firmatario/a riterrà opportuno utilizzare e mettere in atto». A giudicare da queste prime battute la Carta di Lampedusa sembra interpretare al meglio il senso e l’autentico valore di una pratica politica condivisa e dal basso. La scelta di utilizzare la forma di un patto, infatti, avvicina l’impegno di chi sottoscrive questo documento al gesto radicale di chi non si limita a denunciare le politiche criminali e a segnalare le anomalie giuridico-istituzionali che ruotano intorno alle libertà fondamentali delle persone, ma di chi fa appello, in prima istanza, agli sforzi e alle potenzialità inscritte in un percorso collettivo e di rete. La posta in gioco è quella di riuscire a tenere insieme l’universalità dei principi sanciti dalla Carta e la singolarità delle esperienze territoriali, consegnando, così, a tutti e tutte l’opportunità di riconoscersi nei principi stabiliti e di sperimentare pratiche di lotta diversificate. La natura positiva e dal basso del documento politico che il 2 febbraio è stato
ufficialmente approvato a Lampedusa tiene sullo sfondo le politiche di governo e il controllo dei movimenti delle persone, segnalando, a più riprese, l’urgenza di una radicale trasformazione di tutti i rapporti sociali, economici, politici, culturali e giuridici che caratterizzano l’attuale sistema e che sono a fondamento dell’ingiustizia globale subita da milioni di persone. Perché le libertà e i diritti fondamentali di tutte e tutti possano concretizzarsi è necessario, infatti, denunciare i disegni di politiche migratorie che, senza tener conto delle esigenze e dei desideri delle persone che si muovono, ricalcano le distinzioni di classe e le disuguaglianze prodotte dal capitale globale; ed è per questa ragione che la Carta di Lampedusa afferma «che non può essere accettata nessuna divisione tra gli esseri umani tesa a stabilire, di volta in volta, chi, a seconda del suo luogo di nascita e/o della sua cittadinanza, della sua condizione economica, giuridica e sociale, nonché delle necessità dei territori di arrivo, sia libero di spostarsi in base ai propri desideri e bisogni, chi possa farlo soltanto in base a un’autorizzazione, e chi, infine, per poter compiere quello stesso percorso, debba accettare di subire pratiche di di-
scriminazione, di sfruttamento e violenza anche sessuali, di disumanizzazione e mercificazione, di confinamento della propria libertà personale, e di rischiare di perdere la propria vita». All’attuale sistema economico vengono imputati anche i conflitti armati, le catastrofi climatiche e l’ingiustizia globale; eventi, questi, che congiuntamente alle scelte personali, sono causa di migrazioni forzate e impediscono, a chi lo vorrebbe, di restare e, dunque, la Carta di Lampedusa afferma «la libertà di restare come libertà di tutti/e di non essere costretti/e ad abbandonare il paese in cui si nasce o che si abita quando non si sceglie di farlo. La Carta di Lampedusa afferma altresì la libertà di lottare, promuovere, costruire tutte le iniziative necessarie a rimuovere ogni forma di sfruttamento, assoggettamento economico, politico, militare e culturale che impedisca l’esistenza autonoma, libera, indipendente e pacifica di tutte le persone che abitano il mondo». Varrebbe senz’altro la pena soffermarsi su ogni singolo passaggio della Carta di Lampedusa, ma abbiamo scelto di congedarci dai nostri lettori con un suggerimento: «La Carta di Lampedusa afferma la libertà e il dovere di disobbedire a ordini ingiusti».
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cultura
arcireport n. 5| 6 febbraio2014
Obiettivi sul lavoro: ultime battute di Paola Scarnati Obiettivi sul lavoro
Fra poco sarà finalmente possibile vedere i film che hanno partecipato al concorso Obiettivi sul lavoro - storie dal mondo della conoscenza. Il termine per partecipare al bando è infatti scaduto il 30 gennaio. Molti i film – fiction e documentari - arrivati alla segreteria del concorso di durate diverse, ma tutti non oltre i 60 minuti, come richiesto dal bando. L’argomento proposto in questa edizione non era certamente semplice: infatti oltre ad avere al centro il lavoro precario, il lavoro poco tutelato, il tema veniva limitato al campo della cultura e della conoscenza, cioè al mondo della scuola, dell’università, della ricerca, nel mondo dello spettacolo in tutte le sue possibili espressioni. Non solo, sollecitava anche quei racconti sui processi di innovazione che tanti giovani sono stati capaci di avviare creando nuove forme di lavoro e di impresa. Obiettivo del concorso era quindi quello di denunciare la disattenzione verso questi ambiti di lavoro ma anche di intercettare storie di creatività che in genere sono proprie del mondo giovanile. La commissione di selezione è ora al lavoro per l’ammissione dei film e per inoltrare quelli selezionati alla giuria.
Un compito non facile perché selezionare i film vuol dire attribuirgli già un premio; infatti i film selezionati saranno proposti per un’ampia diffusione nei circoli del cinema, nei circoli Arci, nelle sedi sindacali, nelle scuole e nelle Università; insomma saranno visti da tantissime persone, aspetto che per un film è già un bel riconoscimento. La giuria – a sua volta – dovrà attribuire i premi, che quest’anno sono quattro. I promotori del concorso hanno infatti voluto dare un segnale tangibile di attenzione verso coloro che con la loro opera informano e contribuiscono a dare consapevolezza sulle condizioni di lavoro e di vita di tante persone. Oltre ai tre premi già programmati (primo, secondo e terzo rispettivamente di 4, 3, 2mila euro), la Fondazione Unipolis ha voluto aggiungere un premio speciale riservato ai giovani filmmakers con meno di 35 anni per promuovere e valorizzare ulteriormente la capacità e l’iniziativa di tanti giovani che cercano di uscire dalla crisi. Premi che saranno consegnati giovedì 27 febbraio alla Casa del Cinema a Roma, nel corso di una serata un po’ speciale, così come è speciale, tra l’altro, la giuria
che ha nominato in qualità di presidente la giovane regista Costanza Quatriglio. Naturalmente oltre alla premiazione è prevista la proiezione dei film vincitori. La segreteria del concorso ha intrapreso inoltre una bellissima iniziativa. Ha proposto a tre circoli del cinema di Roma di proiettare il giorno precedente la premiazione, cioè mercoledì 26 febbraio alle ore 21, i film selezionati, con l’obiettivo di far vedere e conoscere i film al maggior numero di ‘appassionati’. L’Apollo 11, il Detour e il Kino hanno tutti accettato volentieri di organizzare questa serata altrettanto speciale. Un altro aspetto importante di questo concorso, che vogliamo sottolineare, è l’adesione di tante istituzioni. Adesioni non formali, ma impegnate in modalità diverse a sostenere il concorso con la circuitazione dei film vincitori, con proiezioni e incontri. Istituzioni che non c’è bisogno di presentare: dalla Regione Emilia Romagna alla Cineteca di Bologna alle Università di Cagliari e di Roma Tre, all’associazione di Doc/it, oltre ovviamente alla Direzione Generale del Cinema del MiBACT. www.obiettivisullavoro.it
#SPAZIAGLIARTISTI
Campagna di comunicazione agli artisti, agli amici di artisti, alle associazioni di Roberta Alonzi circolo Arci Fanfulla
Questo non è un Paese per giovani, lo sappiamo. Esistono però dei luoghi, e di certo non grazie al sostegno delle istituzioni che dovrebbero promuovere tali strutture, dove ancora emerge una linfa creativa e propositiva volta a preservare quel fermento culturale di cui tanti giovani artisti e operatori di diverse associazioni si fanno carico con il proprio lavoro e le proprie idee. Il Fanfulla è uno di questi luoghi, che da anni opera sul territorio di Roma cercando di interpretare dal basso le esigenze degli abitanti del quartiere da un lato e dell’associazione dall’altro. Un luogo attraversato da centinaia di interpreti della promozione culturale, giovani e non, che qui trovano la possibilità di esprimersi e sentirsi parte di un percorso comune, combattendo ogni giorno una battaglia, mettendo in campo le proprie esperienze per diffondere e mettere in atto buone pratiche di ‘come fare Cultura’. È proprio da questa volontà che il Fanfulla si fa promotore della campagna di comunicazione #Spaziagliartisti, per
informare e rendere partecipi amici, artisti, associazioni e cooperative presenti in tutta Italia, del Decreto pubblicato dal Ministero ai Beni Culturali e che prende il nome di ‘Decreto valore cultura’, poi convertito in legge a ottobre 2013, nel quale viene tra l’altro prevista l’assegnazione di immobili di proprietà dello stato ad associazioni e cooperative di artisti ad uso atelier, pagando un canone simbolico di 150 euro per 10 anni e varie altre agevolazioni. Il 7 gennaio si sarebbe dovuto rendere pubblici i criteri di assegnazione e il bando di gara. Ma questo non è successo. Allora abbiamo scritto al Ministero dell’Economia e Finanza, che è l’ente designato per l’emissione del decreto contenente questi criteri. Ma l’Urp del ministero non è competente per queste faccende. Abbiamo saputo in via informale che questi termini non vengono mai rispettati, che questa data potrebbe anche slittare a mai più, e che sarebbe stato utile fare un’azione collettiva inviando più mail possibili alla segreteria
del ministro da parte di varie associazioni o singoli rivendicando l’emanazione del decreto con i criteri. Chiediamo a tutti coloro che sono interessati di inviare una mail a segreteria.ministro@tesoro.it Per facilitare quest’operazione abbiamo scritto un oggetto e un testo standard, che potete anche cambiare. Oggetto: Richiesta emanazione criteri rif Decreto Valore Cultura, art.6, convertito con Legge 7 ottobre 2013, n. 112 Testo: « Egregio Ministro, chiedo a titolo di soggetto potenzialmente interessato a concorrere, l’emanazione dei criteri per l’assegnazione degli immobili di proprietà dello stato ad associazioni e cooperative di artisti, in riferimento al decreto in oggetto. I termini stabiliti per legge sono scaduti lo scorso 7 gennaio, essendo fissati in 90 giorni dall’emanazione della legge di conversione. Nel ringraziarla per la sua attenzione, la autorizzo a utilizzare la mia mail per comunicazioni inerenti alla questione in oggetto». www.fanfulla.org
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arcireport n. 5| 6 febbraio2014
solidarietàinternazionale
Riforma della cooperazione internazionale: ultima chiamata di Silvia Stilli direttrice Arcs
Due settimane fa il Consiglio dei Ministri ha approvato la proposta di Disegno di legge governativo per la riforma della cooperazione internazionale. Per decenni ci sono stati tentativi in Parlamento e nel Governo per rinnovare il sistema istituzionale, con l’obiettivo di indicare politiche coerenti per una cooperazione internazionale chiamata ad affrontare le sfide globali della lotta alle povertà e dell’affermazione della pace e della giustizia. Quanto discusso nel Forum della Cooperazione di Milano, ormai più di un anno fa, è il patrimonio da cui partire per affrontare il dibattito e l’iter che adesso si apre in Parlamento: occorre ottenere una legge efficace nel delineare modalità e strumenti adeguati ai tempi, che dia ragione e crei condizioni sostenibili perchè gli attori non istituzionali, in primis le organizzazioni sociali, vedano affermati i valori etici della cooperazione comunitaria e della cittadinanza attiva per un mondo migliore. Il confronto parlamentare vedrà come
luogo di partenza il Senato, dove è annunciato, da parte del relatore per la Commissione Esteri, Giorgio Tonini, un emendamento generale. Questo Disegno di legge è frutto di una mediazione ottenuta dopo un periodo di ‘concerto’ tra i principali Ministeri interessati, Esteri, Finanze e Funzione Pubblica. La riforma vede come cardine l’istituzione dell’Agenzia come garanzia del cambiamento verso un’autonomia dagli indirizzi diplomatici e di rafforzamento e valorizzazione di tutto il sistema della cooperazione internazionale, pubblico e privato. Al nuovo Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale spetta la definizione delle priorità e delle linee di indirizzo concertate con gli altri Ministeri, nel rispetto del programma. Questa filosofia di riforma è stata sostenuta dal mondo non governativo, che non è disponibile, però, a sostenere una nuova legge che non sia veramente efficace e riformi solo la ‘facciata’. Essa deve garantire la trasparenza della gestione delle risorse e di un quadro generale
di azione coerente per una cooperazione internazionale non ancella della politica estera, ma riconoscibile nella sua trasversalità ai temi della crescita economica e sociale, del lavoro dignitoso, dell’immigrazione e dei diritti, delle sfide ambientali legate ai cambiamenti climatici. Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri propone contraddizioni e refusi culturali che non garantiscono una positiva prospettiva di cambiamento, perchè è frutto di una mediazione concertata tra gruppi di interesse istituzionali. Il mondo non governativo giudica un fatto positivo la scelta di campo governativa di inserire il tema come priorità politica, ma adesso l’attenzione si sposta sul piano parlamentare per procedere con coerenza e con serietà nel cammino di modifica con emendamenti complessivi e condivisi con le istanze non istituzionali per sciogliere i nodi e rivedere i tanti punti critici. Inesorabilmente, questa è l’ultima occasione per cambiare.
Al via il progetto ‘More and better Europe’ Nel mese di febbraio è ufficialmente partito il progetto More and better Europe - Ensuring Italian contribution to enhance EU role as a global and consistent player on sustainable development issues presentato da un consorzio di associazioni (Oxfam, Arcs, Cipsi, Focsiv, Gvc) a nome di Concord Italia, la Piattaforma nazionale italiana delle organizzazioni non governative di sviluppo, solidarietà e cooperazione internazionale, parte integrante della Confederazione della ONG europee Concord Europe. Il progetto vuole offrire il contributo delle ONG all’agenda per lo sviluppo del semestre di Presidenza italiana dell’Unione Europea, accrescendo la capacità delle associazioni di influenzare il dibattito politico sui temi dello sviluppo e di mobilitare l’opinione pubblica italiana. La Piattaforma cercherà di informare e favorire l’attenzione e la consapevolezza del pubblico, o almeno di settori significativi di esso, sui temi relativi all’Agenda dello sviluppo a livello europeo e internazionale, producendo notizie e materiali che saranno veicolati attraverso
media tradizionali e nuovi media e stimolando un dialogo politico tra i decisori nazionali ed europei, la società civile ed altri stakeholders rilevanti cogliendo le molteplici opportunità fornite dal Semestre di presidenza italiana. I temi al centro del progetto sono: • il processo post 2015, che impegna la comunità internazionale, l’Europa e il nostro Paese nella definizione di una nuova agenda globale per lo sviluppo e di un nuovo quadro di strutture e strumenti operativi; • il cibo e la nutrizione, tema storicamente prioritario sia per il nostro Paese che per la cooperazione italiana anche in ragione della presenza in Italia delle Agenzie della sicurezza alimentare del sistema delle Nazioni Unite e perché il semestre di Presidenza cade alla vigilia dell’inaugurazione dell’Expo di Milano del 2015 che su questi temi è centrata. Particolare attenzione verrà data al tema strategico dell’agricoltura familiare, utilizzando l’opportunità del 2014 quale anno internazionale dedicato a questo fondamentale aspetto della sicurezza alimentare;
• migrazione e mobilità quale questione globale di interesse prioritario per la collocazione geopolitica del nostro Paese. Si tratta di un tema cruciale sul quale è necessario coinvolgere l’intera Europa in termini di responsabilità e di politiche comuni per le sue molteplici implicazioni con la cooperazione, lo sviluppo, i diritti umani e il diritto di asilo; • la coerenza delle politiche per lo Sviluppo quale tematica strategica e trasversale al centro del dibattito a livello europeo e nazionale come questione strettamente legata al dibattito sull’efficacia dello sviluppo, al processo post 2015 per le aree di azione ad essa riconducibili: sicurezza alimentare, commercio, migrazione. Numerose attività sono già previste per affrontare queste tematiche e raggiungere gli obiettivi del progetto: attività di capacity building e mobilitazione, eventi pubblici (conferenze, seminari, dibattiti), azioni di advocacy. Informazioni più dettagliate saranno disponibili di volta in volta sul sito www. concorditalia.org. Per contatti si può inviare una mail al segretariato di Concord Italia: info@concorditalia.org.
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solidarietàinternazionale
arcireport n. 5| 6 febbraio2014
Siria: le richieste delle Ong in una lettera al Ministro Bonino In occasione del meeting svoltosi a Roma lo scorso 3 febbraio sugli aiuti umanitari per la Siria, la Piattaforma Ong Italiane Mediterraneo e Medio Oriente, AOI e LINK2007 hanno inviato una nota alla delegazione Italiana presente al meeting, in particolare al Ministro degli Affari Esteri, Emma Bonino, e al Vice Ministro degli Affari Esteri, Lapo Pistelli, offrendo il proprio contributo per la costruzione della pace nella regione (Siria, Libano, Giordania, Iraq e Turchia per i profughi siriani). Pubblichiamo di seguito alcuni estratti della lettera. «La Conferenza di Ginevra II non porta pace per le siriane e i siriani ma si è raggiunto l’obiettivo minimo e indispensabile di aprire i primi corridoi umanitari per far evacuare donne e bambini dalle città, come Homs, sotto assedio. In Siria si continua a morire ogni giorno: oltre 130mila morti, 200mila detenuti politici, interi quartieri distrutti, 9 milioni di persone che necessitano di aiuti umanitari, 6,5 milioni di sfollati interni, 2,3 milioni di rifugiati, 3 milioni di studenti senza scuola, 4,2 milioni di bambini a rischio, 60% tasso di disoccupazione, perdita del 45% del Pil. Riteniamo che una risposta umanitaria efficace, slegata da interessi politici, non solo è necessaria per rispondere ai bisogni delle popolazioni colpite ma è uno degli elementi indispensabili per favorire prospettive concrete di riconciliazione e di pace ed avviare un processo che conduca alla risoluzione del conflitto. L’efficacia dell’aiuto umanitario non può prescindere dal coinvolgimento della società civile siriana che, seppure attraversata da mille contraddizioni e sottoposta a pressioni e strumentalizzazioni, tenta oggi di riorganizzarsi anche grazie al supporto di programmi promossi da ONG Internazionali. Nel sostenere il coinvolgimento della società civile, un’attenzione particolare deve essere prestata ad assicurare la partecipazione delle donne essendo il rispetto dei loro diritti un elemento critico per una pace giusta e duratura. La tutela dello ‘spazio umanitario’ deve cominciare dall’identificazione dei bisogni e delle aree di intervento secondo i principi propri dell’aiuto umanitario: imparzialità, neutralità e indipendenza. Chiediamo un maggiore impegno dei
paesi donatori per far fronte alla crisi e in particolare: • la consultazione con le ONG attive nella risposta umanitaria per elaborare una efficace strategia di risposta regionale all’emergenza; • che i paesi donatori avviino politiche di finanziamento di più lungo periodo, visto il perdurare della crisi ed il peso che essa esercita sui paesi confinanti; • una specifica azione di advocacy da parte di tutti gli attori coinvolti nella crisi per avviare una campagna di vaccinazioni contro la polio che possa raggiungere tutti i minori in stato di necessità in Siria;
• un sistema monitorabile di corridoi umanitari per facilitare l’invio di aiuti in Siria; • ai paesi europei di garantire la protezione umanitaria europea a tutti i rifugiati in arrivo dalla Siria e ove necessario l’adozione di misure di accoglienza e ospitalità in Europa per evitare ai siriani di finire nelle mani dei trafficanti; • un sostenuto intervento della comunità internazionale per l’assistenza e la protezione dei rifugiati Palestinesi che vivono in Siria e che cercano rifugio nei paesi limitrofi (in particolare Libano e Giordania)».
In partenza il progetto di servizio civile all’estero Il futuro possibile! Sono in arrivo in Arcs i 10 volontari selezionati per il progetto di servizio civile all’estero di Arci direzione nazionale. Francesco, Giulia, Vittoria, Sara, Manuela, Alessandra, Jacopo, Patrizia, Elisa e Silvia resteranno un mese a Roma per partecipare alla formazione generale e specifica e nella prima settimana di marzo partiranno per le diverse destinazioni. Il progetto II Futuro possibile si realizzerà in Brasile, Mozambico, Palestina, Libano, Serbia con l’obiettivo di promuovere i diritti dei giovani e delle donne come chiave di sviluppo dell’intera società. I volontari, in relazione con i partner locali, si occuperanno di promuovere e realizzare attività di educazione non formale con giovani e donne, supporto
nella realizzazione di campagne ed attività di sensibilizzazione all’educazione primaria e lotta agli stereotipi di genere, supporto nella realizzazione di attività di formazione e orientamento professionale per promuovere la microimprenditorialità, preparazione di attività per organizzare viaggi di turismo responsabile. Durante questo primo mese in Italia, i giovani si prepareranno ad affrontare questa importante esperienza, approfondendo la conoscenza dei paesi e delle attività in loco di Arcs ed Arci, approcciandosi ai temi della cooperazione e solidarietà internazionale della nostra ONG, alla comunicazione sociale e alla progettazione. Ed è solo l’inizio di una bella avventura. www.arciculturaesviluppo.it
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pace&disarmo
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Il problema F-35 va risolto cancellando la nostra partecipazione Anche se nel 2013 il Governo ha deciso di non bloccare l’acquisto dei caccia F-35, la partita non è finita. «La nostra mobilitazione non si ferma, ed anzi le ultime notizie tecniche provenienti dagli USA rilanciano la forza della nostra azione». È questa la posizione espressa dalla campagna Taglia le ali alle armi che si batte per la cancellazione della partecipazione italiana al programma dei caccia F-35. I motivi di fondo sono quelli che animano la mobilitazione dal 2009: è assolutamente insensato acquistare - con finte motivazioni difensive - dei cacciabombardieri d’attacco a capacità nucleare. Con i miliardi previsti per questo programma di armamento (14 per il solo acquisto e 50 fino al termine, compresa la manutenzione) altri e più importanti sarebbero gli interventi possibili a vera difesa dei cittadini italiani: investimenti in welfare, sanità, scuola, lavoro. Anche le ultime informazioni messe nero su bianco dal Pentagono dimostrano quanto sosteniamo da tempo: il programma Joint Strike Fighter ha più problemi che aspetti positivi e si sta dimostrando una scelta sbagliata sia per gli Stati Uniti che per il nostro paese.
I ritardi nello sviluppo del software, la fragilità complessiva del velivolo, l’emergere di sempre nuovi problemi non sono evenienze sfortunate ma derivano strutturalmente dall’impostazione di base di questo programma, incapace anche di garantire una reale ricaduta occupazionale. Diventa quindi ancora più urgente che il nostro Governo riveda la propria decisione in merito e non continui in questo spreco di risorse pubbliche. Riteniamo quindi positiva la presentazione di interrogazioni parlamentari sottoscritte da diversi gruppi politici che, proprio sulla scorta degli ultimi dati provenienti dagli Stati Uniti, chiedono al Ministro della Difesa di prenderne atto nel valutare la prosecuzione alla partecipazione al programma. «Se non si vogliono ascoltare i pacifisti e i disarmisti, che chiedono
questa sensata decisione da tempo, che almeno si ascolti il Pentagono» concludono i referenti della Campagna per il no agli F-35. La campagna Taglia le ali alle armi ancora una volta torna a: ribadire la titolarità del Parlamento ad esprimersi sulle scelte del Governo relative all’acquisto di nuovi sistemi d’arma; richiedere il ripensamento rispetto al programma F-35 quantomeno sospendendo immediatamente la partecipazione italiana; ritenere necessaria un’attenta e puntuale verifica degli impegni contrattuali già intercorsi e i relativi costi, sia per valutare l’impatto per l’Italia dei problemi sollevati dal Pentagono sia per raccogliere dati dettagliati sull’impatto occupazionale effettivo degli accordi sinora siglati. Nessuna di tali richieste è stata accettata, perché anche se l’Indagine conoscitiva (su tutti i sistemi d’arma) è stata decisa dalla Camera, si evince dai documenti ufficiali che la Difesa non ha ancora fornito alcun dato preciso su impegno contrattuali e costi. Rendendo di fatto inefficace qualsiasi controllo parlamentare in merito. www.disarmo.org/nof35
Diritti delle donne in bilico nell’Afghanistan di Karzai In Afghanistan prosegue la smobilitazione delle truppe internazionali. Del Paese che si lasceranno alle spalle, dopo 13 anni di guerra, migliaia di morti e molti miliardi spesi, dà un quadro allarmante, a due mesi dalle elezioni presidenziali, il report annuale sullo stato dei diritti umani di Human Rights Watch. Nel 2013 l’instabilità è cresciuta e il rispetto dei diritti umani, in particolare di quelli delle donne, è calato progressivamente. Il disinteresse dei media e della comunità internazionale sulle vicende afghane ha fatto mancare la pressione politica sul rispetto degli impegni che il governo Karzai si era assunto dopo la conferenza di Tokyo. Le preoccupazioni per la sicurezza della popolazione restano alte. Secondo l’Onu, le vittime civili sono aumentate del 23% rispetto al 2012, colpite, per la maggior parte, da gruppi armati e talebani, o dagli attacchi aerei occidentali. L’instabilità e i combattimenti hanno spinto, nel 2013, 106.000 afghani a lasciare le loro case e ad ammassarsi nei campi profughi delle città, portando il numero degli sfollati interni a più di 583.000. In aumento anche gli afghani che cercano salvezza all’estero.
Forti sono anche i dubbi sulla capacità di controllare il territorio da parte delle forze di sicurezza afghane. Aumentano gli abusi impuniti, omicidi, stupri, rapimenti ed estorsioni, di cui viene accusata la polizia locale afghana, che sfugge a un regolare controllo. Incerta sembra la possibilità di garantire la sicurezza nelle giornate elettorali. Metà dei 7000 seggi previsti per le elezioni sono già stati minacciati, mentre il processo elettorale va a rilento, con scarsa registrazione dei votanti, minima quella delle donne. L’accordo bilaterale per la sicurezza, che dovrà decidere le modalità dell’impegno militare Usa dopo il 2014, è stato nuovamente rinviato da Karzai a dopo le elezioni, aumentando l’incertezza politica sul futuro. I candidati alle elezioni del 5 aprile non sono meno scoraggianti. Gli afghani si ritroveranno in lizza ex militari e comandanti di milizie, seriamente implicati in abusi di diritti umani, e famosi warlords, protagonisti della guerra civile, uomini, colpevoli di crimini di guerra, che hanno continuato, negli ultimi 13 anni, ad accrescere il loro potere e gli abusi contro la popolazione. Com’è possibile che questi personaggi si candidino alle
elezioni? Eppure la Costituzione afghana impedisce a «individui condannati per crimini contro l’umanità e atti criminali» di presentarsi. Ma le condanne non ci sono mai state. Human Rights Watch ha chiesto l’abrogazione dell’amnistia, concessa da Karzai per tutti i crimini di guerra commessi nei 30 anni passati, e delle leggi elettorali che impediscono di bandire i candidati responsabili di atrocità. Sono cresciuti anche, scrive il rapporto, i rischi per i giornalisti indipendenti, mentre il calo dell’interesse internazionale sui diritti delle donne, secondo Hrw, ha anche permesso, nello scorso anno, di mettere a serio rischio i limitati, ma fondamentali, diritti acquisiti. La legge Evaw (per l’eliminazione della violenza contro le donne), approvata nel 2009, è stata messa in discussione in Parlamento. Secondo il nuovo codice penale è vietato ai membri di una stessa famiglia di testimoniare in tribunale, clausola che renderà sempre più difficile perseguire i casi di violenza domestica e i matrimoni precoci. E, intanto, cresce l’impunità per questi delitti, mentre crescono omicidi e intimidazioni contro donne impegnate nella vita politica e sociale.
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infanzia/società
Ogni bambino conta, ma quanto conta l’infanzia? di Camillo Cantelli presidente nazionale Arciragazzi
I dati restituiti dall’Unicef, nel Rapporto 2014 La condizione dell’infanzia nel mondo - Ogni bambino conta ci impongono una lettura con occhio strabico. Un occhio non può non avere uno sguardo incoraggiante: i progressi nelle azioni avviate e i risultati raggiunti ci rassicurano che la strada intrapresa è quella giusta, l’altro occhio ha sicuramente di fronte un panorama che è ancora preoccupante, confermandoci che c’è ancora tantissimo lavoro da fare, che questo lavoro è urgente e non procrastinabile: basti leggere il dato secondo cui «nel 2012, 6.6 milioni di bambini sotto i 5 anni – 18mila ogni giorno - sono morti per cause prevenibili». Leggere i dati, uno dopo l’altro, nel disarmante e asettico elenco non può non renderci ancor di più consapevoli che siamo di fronte ad una tragedia mondiale, dove l’anello debole dell’intero sistema rimane sempre quello che andrebbe maggiormente tutelato e sul quale, invece, dovrebbero essere concentrati gli sforzi di tutti. Ma è una tragedia evitabile? Dobbiamo arrenderci all’idea che sia solo un’emergenza sanitaria, educativa oppure iniziare a essere consapevoli che questa tragedia
sia anche figlia di una crisi della cultura dell’infanzia? E, infine, cosa possiamo fare noi, come uomini e donne, come cittadini e cittadine, come educatori? Oltre a sostenere i progetti di Unicef, delle Organizzazioni Non Governative e di chi altro agisce quotidianamente, dobbiamo essere convinti e consapevoli che la rotta può essere invertita. Gli interventi ‘in emergenza’ devono essere accompagnati da progetti e azioni, riflessioni e idee che costruiscano una nuova cultura dell’infanzia. Dobbiamo farci carico di una lotta senza quartiere e presidiare, monitorare e sostenere la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, anche in quei luoghi, come casa nostra, dove i numeri ci dicono che i bambini e le bambine non muoiono
in tenera età (se non quattro su mille), ma ai quali, comunque, vengono negati molti altri diritti (banalità?), ai quali non vengono comunque riconosciuti livelli essenziali (non minimi) di assistenza sociale. Promuovere i diritti dell’infanzia è fare cultura, sostenere progetti e avviare processi è agire questa cultura. Dobbiamo affermare con forza e convinzione che siamo stanchi di contare dati negativi (per quanto esercizio utile), ma che vogliamo che conti l’infanzia! E allora, partiamo da questo: - riportiamo al centro del dibattito pubblico e politico le condizioni dell’infanzia, dell’adolescenza e dei giovani e promuoviamo politiche, fondi, azioni che richiamino l’importanza strategica di questo tema per il presente e il futuro del nostro Paese; - diamo nuovamente centralità ai diritti, chiedendo che la legge 171/91 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo) venga attuata e sostanziata; - costruiamo e rinsaldiamo alleanze per sviluppare, partecipare, animare reti con soggetti di terzo settore impegnati sul versante dei diritti e delle politiche giovanili (PIDIDA, Gruppo CRC, Batti il Cinque).
L’Unesco: senza scuola 57 milioni di bambini Ci vorranno più di 70 anni prima che tutti i bambini abbiano accesso all’istruzione primaria. È quanto si legge nel rapporto diffuso dall’Unesco sullo stato di avanzamento degli Obiettivi del Millennio. Quello dell’accesso all’istruzione era tra le mete che tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite si sono impegnati a raggiungere entro il 2015. Ma l’anno prossimo si avvicina e l’obiettivo resta lontanissimo, tanto che l’autrice del rapporto, Pauline Rose, ha parlato di una crisi mondiale dell’istruzione. Restano fuori da ogni forma di scolarizzazione 57 milioni di bambini e soprattutto bambine. Nello studio, redatto alla luce dei dati del 2011, si precisa che, a condizioni immutate, solo nel 2086 l’accesso alla scuola primaria sarà garantito anche alle ragazze africane più povere, che vivono nelle zone
rurali, attualmente le più penalizzate. Dati «scioccanti», secondo l’autrice del rapporto, non solo per i tanti bambini che non hanno accesso alla scuola, ma anche per la scarsa qualità degli studi offerta dalle scuole nei Paesi poveri. A peggiorare la situazione è la diminuzione degli aiuti e il fatto che non vengono destinati agli Stati più bisognosi: il principale beneficiario dei finanziamenti è infatti la Cina, mentre è l’Africa subsahariana l’area che avrebbe bisogno di maggior supporto. Il sostegno all’educazione è andato scemando a partire dal 2008, anno d’inizio della crisi economica. Nonostante il segno negativo, alcuni Paesi, come India, Vietnam, Etiopia e Tanzania hanno fatto considerevoli passi avanti. Netti miglioramenti anche nella qualità dell’istruzione, ma ci sono ancora 130 milioni di ragazzini
che restano di fatto analfabeti nonostante abbiano avuto la possibilità di frequentare una scuola. Secondo il rapporto un ragazzo su quattro nei Paesi più poveri non sa leggere e scrivere, con gravi conseguenze per le prospettive di sviluppo economico della regione di appartenenza. A pagare di più le conseguenze sono le ragazze, che più spesso vengono tenute fuori dal sistema scolastico. Il rapporto denuncia anche come la scarsa qualità dell’insegnamento si traduca in un grosso spreco di risorse: la metà degli investimenti nel settore resta improduttiva, per una perdita stimata in 129 miliardi di dollari. A volte sono barriere materiali a limitare il successo degli studi: in Tanzania, per dire, solo il 3,5% dei bambini ha libri di testo, mentre in Malawi ci sono classi che arrivano a 130 studenti.
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Arci Udine: cambiare l’agire politico, creare reti sul territorio, valorizzare i circoli Sabato 1 febbraio si è svolto il Congresso dell’Arci Comitato Territoriale di Udine. Abbiamo voluto costruire un congresso differente, articolato su tutta la giornata. La mattina dedicata ai soci, ai rappresentanti delle associazioni, dei sindacati, dei partiti e delle istituzioni, il pomeriggio dedicato ai lavori congressuali. Ci piace pensare a questo congresso come versione 1.0 del nostro comitato perché è forte l’urgenza di un cambiamento radicale, che solo in parte abbiamo saputo realizzare negli ultimi 4 anni. Il cambiamento deve riguardare il nostro agire politico, inteso come capacità di apertura verso l’esterno, costruendo reti e relazioni, senza perdere di vista i circoli e i soci. Il congresso si è svolto nella sede dell’Arci, nessun palco, nessun tavolo dei relatori, tutti sullo stesso piano, per confrontarci sul percorso fatto e per gettare le basi del lavoro che ci aspetta. Lo abbiamo fatto insieme a Banca Etica, a Libera Udine, a Legambiente, alla CGIL, alla CISL, alla Coop.Damatrà,
ad Arcigay Friuli, ad Arcilesbica Udine, all’ANPI di Udine e a Federico Pirone, assessore alla Cultura del Comune di Udine. È stato uno scambio interessante e propositivo, ognuno con la chiarezza della propria identità ma consapevoli dell’importanza di un agire comune per poter incidere sul nostro territorio. Nel pomeriggio ci ha raggiunti Emanuele Patti, rappresentante dell’Arci nazionale e siamo entrati nel vivo del nostro congresso. Emanuele ha presentato il documento congressuale nazionale, ha risposto alle domande dei circoli, ha dissipato diversi dubbi e si è portato ‘a casa’ un elenco di critiche e di osservazioni che speriamo siano da stimolo per l’Arci. Grazie alla sua presenza ci siamo sentiti parte di una grande associazione, appartenenza realizzabile solo se si avrà la capacità di rafforzare il rapporto tra i territori dell’Arci. Il Congresso ha infine eletto il nuovo Direttivo che ha riconfermato Presidente Antonella Fiore, al suo secondo mandato.
L’Arci Lecco resiste alla crisi Il Congresso di Arci Lecco si è svolto sabato 1 febbraio - con la partecipazione di 56 delegati su 108 e 20 su 26 circoli - presso il circolo cooperativo Bonfanti, storica Casa del popolo chiusa nel 2012 a causa della crisi economica e dell’Imu. La struttura sta per essere risistemata e riavviata grazie al Comitato e ad un nuovo circolo Arci appena costituitosi: la Ferriera. La scelta di svolgere il Congresso in questa sede è emblematica: restituire alla città di Lecco un suo pezzo di storia e di socialità ma riattualizzandola. Il Congresso ha visto la partecipazione della CGIL, dei partiti della sinistra, del comune di Lecco, di federate Arci e altre associazioni, della deputata Veronica Tentori, del CSV locale. La relazione del Presidente uscente, Davide Ronzoni, ha insistito sulle politiche errate degli ultimi governi – controlli, tassazione, burocratizzazione - che stanno rendendo la vita difficile ai circoli, invece di promuoverli come spazi di comunità autogestita. Gli interventi si
sono concentrati sul ruolo del volontariato (200 volontari nel comitato e nei circoli della provincia) come motore di aggregazione e rilancio delle attività culturali e ricreative nonché primo passo per il futuro. Si è deciso di avviare un percorso di riscoperta del senso profondo di essere circolo attraverso un impegno diretto e maggiore dei Consiglieri neo eletti del Comitato in primis verso i Presidenti (17 su 26 sono cambiati negli ultimi 4 anni) e nei confronti dei Consiglieri e volontari presenti in ogni base associativa. All’attività del Consiglio Provinciale – 6 donne e 5 uomini, età media sotto i 40 anni- sarà affiancata un’assemblea annuale dei Presidenti di circolo per creare maggiore scambio delle buone prassi e confronto sulle difficoltà. Il Comitato ovviamente continuerà il suo impegno nella progettazione sociale, negli eventi culturali pubblici sulla Resistenza, la legalità democratica e il sostegno dei lavoratori in lotta, i diritti civili e l’educazione popolare.
congressiarci
Arci Lucca Sabato 1 febbraio si è svolto il V Congresso territoriale di Arci Lucca. I lavori sono stati aperti dal Presidente uscente Beppe Corso, con una relazione dal titolo Il valore dell’associazionismo al tempo della crisi. Il presidio culturale e sociale per la ricostruzione dello spazio pubblico. Subito dopo è stato approvato un ordine del giorno di solidarietà con gli occupanti del complesso delle Madonne Bianche. Al congresso è intervenuta anche Ilaria Vietina, Vicesindaco di Lucca, che ha portato il saluto dell’Amministrazione comunale. Le conclusioni del dibattito sono state affidate al Presidente di Arci Toscana Gianluca Mengozzi. Si è proceduto poi, come da statuto, alla elezione diretta del Presidente di Arci Lucca, ruolo in cui è stato riconfermato Beppe Corso, mentre il Consiglio direttivo sarà eletto nella prima riunione della rinnovata Assemblea Territoriale. Sono stati poi eletti i delegati al congresso regionale - Beppe Corso e Silvana Sechi - che rappresenteranno l’associazione anche al Congresso nazionale. www.arcilucca.org
Arci Brescia Il 1 febbraio si è svolto il VI congresso dell’Arci di Brescia presso il circolo di Collebeato. Dopo il saluto del Sindaco Antonio Trebeschi, il presidente in carica Paolo Mancino ha tenuto la relazione introduttiva in cui ha sottolineato la necessità di uscire dai circoli, per essere più vicini alle persone e ai loro bisogni, e di definire meglio il profilo identitario dell’associazione. Sono intervenuti per portare un saluto: Cesira Pedrini per il Forum del Terzo Settore; Giulio Ghidotti per l’ANPI; Rino Alessandrini per l’UISP; Ivano Baldi per la Bottega dei Popoli; Anita Filippini per il Comitato Provinciale Rifiuti Zero; Samuele Zavanella per Arciragazzi; Luigi Bandera per il Forum del Turismo Sociale; Sergio Silvotti per la fondazione Triulza; Alberto Hoch per Banca Etica. Sono seguiti gli interventi dei delegati dei circoli e si sono svolte le votazioni del prossimo direttivo, del collegio dei garanti e del collegio dei probiviri. Il prossimo 11 febbraio si riunirà il nuovo consiglio direttivo per eleggere il Presidente Provinciale.
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daiterritori
A Torino il progetto ‘Una questione settentrionale’
in più
L’8 febbraio sarà presentato il lavoro che parte dall’emergenza nord Africa
appunti di viaggio NISCEMI (CL) L’Arci Libera-
In occasione del bando Per la diffusione della cultura di parità e del principio di non discriminazione nel sistema educativo e nel mondo del lavoro, promosso dalla Regione Piemonte nell’ambito del Programma Operativo del Fondo Sociale Europeo, il circolo Arci Centro di cooperazione culturale e le associazioni Officina Koinè e Giallopalo presenteranno il progetto Una questione settentrionale – North Africa calling, un progetto video, audio e on line sulla cultura di parità. Il progetto, realizzato in collaborazione anche con l’Ucca, intende promuovere, sensibilizzare ed educare intorno ai temi e alle buone pratiche di solidarietà e pari opportunità partendo dall’emergenza Nord Africa che ha coinvolto l’Italia dal 2011 al 2013. Il primo appuntamento è previsto per sabato 8 febbraio presso la Sala Polivalente di via Leoncavallo 23 a Torino, con la proiezione del video e la rappresentazione live dello spettacolo teatrale. Alle 16.30 si terrà la proiezione del documentario Corpi di Matteo Tortone, che racconta la comunità bengalese presso un centro di accoglienza a Torino attraverso estratti e frammenti di vite, dialoghi, paure e ricordi. Alle 17 ci sarà lo spettacolo teatrale Una moltitudine di… Storie, lingue, vissuti ed emozioni di Stefania Soi e Davide Latocca, frutto dei laboratori realizzati all’interno dei CTP Gabelli e Saba. Interverranno gli autori e i responsabili del progetto Mauro Brondi, Stefania Soi, Davide Latocca, Matteo Tortone. Successivamente opere e temi saranno visibili e ripresi on line sul portale una-
questionesettentrionale.eu che rilancerà temi, problematiche, punti di vista con interviste, video, link ai temi delle pari opportunità. Il portale offrirà anche il calendario dei futuri appuntamenti delle proiezioni e delle rappresentazioni. Sempre sugli stessi temi e a Torino ,ma in data giovedi 6 febbraio, viene organizzata in collaborazione con Arci Torino e Ucca la serata a ingresso libero Identità e diversità - due facce della stessa medaglia. Una serata di cinema e cultura di parità, che si tiene alle 21 al Cecchi Point - Hub multiculturale di Torino. In questa occasione, saranno presentati i risultati del progetto Identità e diversità – due facce della stessa medaglia realizzato dall’associazione A.C.T.I.V.A. Donna di Torino nell’ambito del bando regionale per la diffusione della cultura di parità e del principio di non discriminazione nel sistema educativo e nel mondo del lavoro approvato e finanziato dal Fondo Sociale Europeo. L’appuntamento prevede la proiezione in anteprima torinese dei tre piccoli film realizzati all’interno del progetto firmati da Irene Dionisio e Vieri Brini.
www.arciliberamente.net
SAMSARA SARZANA (SP) Fino al 2 marzo
all’Arci MamaGamma ci sarà la mostra fotografica Samsara di Cristina Raso. Il locale di via Sotto gli Uffizi ospita gli scatti dell’artista dedicati all’America. Un luogo raccontato attraverso momenti di vita vissuta fra New York e le coste californiane fino agli angoli più nascosti del Maine. Tempi e spazi raccolti in un susseguirsi di colori, ricordi e momenti espressi in modo semplice, diretto e pragmatico che miscela alla perfezione il nero e il colore. fb Arci Mamagamma
cafiero live contest BARLETTA (BA) Da sempre
impegnato nella promozione della cultura dal basso, il circolo Arci Carlo Cafiero lancia la seconda edizione del Cafiero live contest, il contest musicale per band emergenti. Il sostegno e la promozione culturale dal basso si fondono con la rivendicazione di spazi per fare cultura e musica, spazi utili alla crescita culturale delle città e alla formazione dell’artista stesso. Il 7 febbraio a partire dalle 22 sesta serata con Ruvido e Ruja. Iscrivendosi al gruppo fb è possibile votare le band in gara.
Miss Sarajevo 1993 L’ 11 febbraio alle ore 21.00, presso il Laboratorio Urbano Mediterraneo a Sava (TA) si terrà lo spettacolo Miss Sarajevo 1993 di e con Alice Bachi, all’interno della rassegna Scene Madri (teatri cercati) organizzata da Arci Calypso con la collaborazione di Pelagonia Teatri. Aida è una giovane di Sarajevo che ha vissuto l’incendio della Vijecnica, che ne è uscita viva, che porta con sé, sempre, i cinque libri che salvò durante quell’incendio, e che adesso vuole partecipare
mente organizza la seconda edizione del concorso fotografico a premi dal tema Appunti di viaggio. L’obiettivo del concorso consiste nell’evidenziare la scoperta dell’alterità (culturale, etnica, sociale, religiosa, artistica, economica, politica, architettonica), sia essa relativa a luoghi lontani che a luoghi vicini. Scadenza il 30 luglio, info e regolamento sul sito del circolo.
fb Arci Carlo Cafiero Barletta
a Miss Sarajevo, l’edizione del 1993. Vorrebbe partecipare, ma un cecchino l’ha presa di mira, si è dovuta rifugiare nella Vijecnica. I giorni passano, ha sempre più fame, è sempre più stanca. Parla, continua a parlare, perché non le resta che questo: parlare con quest’uomo, che vuole, deve ucciderla, proprio perchè è in trappola come lei. Chi è la bestia e chi è la bella a Sarajevo? Ingresso riservato ai soci Arci. fb Arci Calypso Sava
per conoscere la citta’ MILANO Il circolo Arci Metromon-
do, su ideazione ed accompagnamento di Red Star Line, organizza per sabato 8 febbraio dalle 10 alle 20 Milàn l’è un gran Milàn, tour di conoscenza della città alla ricerca delle tradizioni e delle storie della ‘vecchia’ Milano. La terza tappa del tour sarà alla scoperta del quartiere Morvione-Vigentino. www.metromondo.it
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dall’8 febbraio
A Reggio Emilia ‘Digital Refresh’ Workshop sulla comunicazione digitale e il marketing La comunicazione oggi non può prescindere dal digitale. Da questo presupposto nasce Digital Refresh, il progetto di cultura digitale proposto da Arci Reggio Emilia e dallo studio di comunicazione Helmut in collaborazione con Scuole Cepam: una serie di 12 workshop – fruibili anche singolarmente – dedicati al marketing e alla comunicazione digitale, in partenza sabato 8 febbraio a Villa Arci a Reggio Emilia. A fronte di una conoscenza in materia ancora limitata – con evidenti deficit di competenze e conseguenti ritardi nella formazione e nella sperimentazione – emerge sempre più la richiesta di professionalità specifiche, in grado di padroneggiare principi, canali e strumenti, ma soprattutto di creare nuovi contesti e dare vita a progetti innovativi. I workshop di Digital Refresh si propongono di fornire competenze di tipo teorico, pratico e operativo per usare meglio la rete e i social, creare contenuti interessanti, elaborare strategie online e mobile, orientarsi tra canali, piattaforme e app. I corsi sono pensati per piccoli imprenditori addetti ai lavori, creativi, freelance, studenti e neolaureati che vogliano comprendere e utilizzare al meglio il web e i social media, in una prospettiva strategica e integrata con i propri obiettivi professionali. I partecipanti ai workshop possono acquisire competenze spendibili nell’ambito della comunicazione digitale di aziende, enti e associazioni, che vanno dal content marketing al social media management fino al mobile marketing, passando per il guerrilla marketing e il crowdfunding. L’elenco completo e il calendario sono disponibili sul sito del progetto. Il percorso didattico-esperienziale di Digital Refresh si distingue non solo per il prestigio dei docenti coinvolti – esperti del settore attivi sul territorio nazionale – ma per la concretezza del metodo d’insegnamento, la costante attività di laboratorio e la possibilità per gli allievi di condividere la propria esperienza con i docenti e i colleghi, ottenendo consigli e indicazioni pratiche sulla propria presenza online. Il progetto Digital Refresh rappresenta per Arci Reggio Emilia la tappa di un percorso verso l’apertura al digitale – già avviata con l’inaugurazione della nuova sede nel cuore dell’area che sarà Parco della conoscenza, creatività e innovazione – che punta alla progressiva costruzione di una rete tra circoli della provincia. www.arcire.it www.digitalrefresh.it
EducaItalia, L’Italia che educa L’Arci, in collaborazione con il Consorzio Nettuno, è partner del progetto EducaItalia, L’Italia che educa, cofinanziato dall’Unione Europea e dal Ministero dell’Interno. Il progetto si pone l’obiettivo di realizzare interventi a favore di giovani cittadini dei Paesi Terzi presenti in Italia, atti a favorirne l’integrazione sociale e la crescita personale. I corsi di ‘lingua e cittadinanza italiana’, che si svolgeranno presso le sedi della Scuola Popolare Interculturale dell’Arci di Roma, sono finalizzati alla diffusione della conoscenza della lingua e della cultura italiana presso i cittadini stranieri immigrati, provenienti da paesi terzi, con scarsa o nessuna conoscenza della lingua seconda. L’obiettivo è di progettare e gestire percorsi formativi rivolti a giovani stranieri (350 giovani tra i 14 e i 25 anni residenti nella provincia di Roma) allo scopo di agevolare la loro crescita culturale e una più consapevole partecipazione negli ambiti sociali, lavorativi e di cittadinanza. Le iscrizioni si possono effettuare fino al 18 febbraio presso la sede dell’Arci di Roma in viale G. Stefanini 15, Roma. romaimmigrazione@arci.it
daiterritori
La rassegna sul viaggio Torna la tradizionale rassegna cinematografica del circolo Arci John Belushi di Agrigento. Il filo conduttore dei quattro film selezionati quest’anno sarà ‘il viaggio’. Ogni proiezione sarà accompagnata dal dibattito condotto in collaborazione con un’organizzazione locale. Il primo appuntamento è per giovedì 13 febbraio alle ore 21, al Teatro della Posta Vecchia in via Giambertoni. Sarà proiettato Re della terra selvaggia, per la regia di Benh Zeitlin. Partecipa Slow Food Agrigento. fb Arci John Belushi Agrigento
Scrivi il libro dell’Agorà Il circolo Arci Agorà di Cusano Milanino (MI) lancia l’iniziativa Scrivi il libro dell’Agorà, rivolta a tutti gli scrittori o aspiranti tali che negli anni hanno avuto a che fare con il circolo. Chi vuole partecipare può inviare il proprio racconto entro il 2 marzo a libroagora@gmail.com. Il testo deve essere al massimo di 5 pagine e va ambientato all’Agorà. In primavera, dopo aver selezionato i 20 racconti migliori, sarà realizzato l’ebook Cronache di un circolo fuori porta edito da Prospero editore. Nato nel 2012, Prospero editore si occupa di e-book e offre agli scrittori esordienti la possibilità di pubblicare gratis le proprie opere. www.agoracircolo.it
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società
Salario dignitoso, una questione di nord e sud del mondo di Wilbert Flinterman Consulente in materia di Diritti dei lavoratori e relazioni con i sindacati di Fairtrade International
Dalle proteste dei lavoratori dei fast food americani alle numerose contestazioni che si sono susseguite in paesi europei come Italia, Grecia, Spagna: fatti di cronaca sempre più frequenti fanno riflettere su come la distinzione tra Paesi sviluppati e non stia diventando quanto meno rilevante per il dibattito globale sul salario dignitoso. Come insegna il passato, il confronto su cosa si debba intendere per tale concetto dovrebbe sempre coinvolgere i sindacati. La reputazione dei più influenti attori del mercato oggi si gioca sulla capacità di rispondere ai requisiti sociali minimi per i propri dipendenti, ma se la risposta alla necessità di tali standard è un un’operazione di facciata piuttosto che un cambiamento vero e proprio nella vita dei lavoratori, le cose spesso peggiorano invece che migliorare. Analizziamo ad esempio due tipologie di processi aziendali in cui gli interessi dei lavoratori spesso non sono considerati: l’aumento della produttività del lavoro e la meccanizzazione. Il primo, accrescendo il rendimento e abbassando il costo uni-
tario per prodotto, potrebbe assicurare un guadagno aggiuntivo da utilizzare per migliorare i salari. Se l’aumento di produttività venisse acquisito con la riduzione dell’assenteismo o migliorando la pianificazione, gli effetti sul lavoro sarebbero normalmente positivi. Ma non accade così quando la produzione viene aumentata forzando al massimo il ritmo di lavoro, costringendo i lavoratori più anziani a lasciare la propria occupazione. La meccanizzazione invece è ragionevole dal punto di vista aziendale quando i salari rendono i lavoratori più costosi delle macchine– ma in questo caso chi rimane potrebbe essere pagato meglio. Accade invece che chi ha perso il lavoro a causa di questo tipo di intervento non trovi ulteriore collocamento vista la scarsità di offerta di manodopera, e di conseguenza diventi più povero. In entrambi i casi aziende e ai retailer possono raccontare ai propri consumatori che produttività e salari sono aumentati, ma la verità è che i benefici sono arrivati solo a chi è riuscito a salvaguardare il proprio posto di lavoro.
il libro
Le federazioni globali dei sindacati e le organizzazioni come Fairtrade International hanno un approccio globale alla questione dei diritti dei lavoratori nelle catene di valore e guardano alla distribuzione della ricchezza lungo tutta la filiera. In ogni discussione sul salario dignitoso bisogna essere molto specifici e concreti, e agire in particolare su tre fronti, ovvero sulla remunerazione ricevuta dai lavoratori e il salario medio della regione, sulla differenza tra il prezzo ricevuto dal fornitore per un prodotto e il prezzo sufficiente per supportare un salario che consente condizioni di vita dignitose e da ultimo sulla differenza tra il prezzo retail del prodotto e il prezzo necessario per assicurare che un fornitore possa pagare la propria forza lavoro con un salario dignitoso. L’impegno di Fairtrade International per supportare i diritti dei lavoratori va proprio in questa direzione, ovvero quella di fornire gli strumenti per negoziare efficacemente per un salario dignitoso e colmare queste lacune, promuovendo quanto più possibile l’attività di sindacati indipendenti.
MORIRE DI NON LAVORO
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di Elena Marisol Brandolini - Edizioni Ediesse pp. 152. € 10,00
In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Carlo Testini
La crisi nella percezione soggettiva
Alcune ricerche indicano come, all’aumento di un punto percentuale del tasso di disoccupazione, corrisponda un aumento dello 0,8% nel tasso dei suicidi. E le politiche pubbliche di sostegno? Totalmente insufficienti e inadeguate. L’autrice ci racconta di chi la crisi la vive, tutti i giorni, sulla propria pelle. Lo fa confrontando la situazione dell’Italia e quella di Spagna e Catalogna per capire da vicino quali siano le conseguenze reali della crisi e delle politiche di rigore sul benessere psicofisico delle persone. «Volevo scrivere un libro sugli ultimi, su quelli che sono diventati gli ultimi con questa crisi e non ce la fanno più; oppure vanno avanti, inventandosi strategie di sopravvivenza. Volevo osservare, raccontare, non dare risposte, parlare di condizioni concrete, di donne e uomini concreti, provare a individuare alcune suggestioni. Volevo fare una denuncia delle classi dirigenti e di questa politica che non si occupa delle persone. Lo so, è qualcosa che mi riguarda, molto. È stata la mia personale strategia per resistere, fino a qui». Con queste parole, l’autrice introduce un punto di vista differente sulla crisi economica, quello delle persone che ne sono colpite, denunciando le politiche di rigore dell’Unione Europea che strangolano le economie dei paesi e peggiorano le condizioni di vita dei cittadini, minandone la salute psico-fisica. L’indagine sulla percezione soggettiva della crisi, proposta attraverso la tecnica del focus group, è applicata alle situazioni italiana e spagnola/catalana, permettendone una lettura comparata, da cui emergono similitudini, peculiarità e differenze di comportamento rispetto a politiche che producono sofferenza e umiliazione nelle popolazioni, incontrando rabbia nelle piazze e disperazione nell’isolamento. Fino al suicidio, come risposta individuale che si fa collettiva e riempie di sé la cronaca degli ultimi anni. Mentre si strutturano strategie singole e di gruppo messe in atto dalle persone per resistere.
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