arcireport
settimanale a cura dell’Arci | anno XIII | n. 5 | 12 febbraio 2015 | www.arci.it | report @arci.it
Mare Nostrum chiude e nel Mediterraneo si ricomincia a morire di Walter Massa responsabile nazionale Arci Immigrazione e asilo
Questa volta non possiamo parlare di tragedia per gli oltre 300 migranti morti di freddo al largo delle coste libiche e a 140 miglia da Lampedusa. Non possiamo perchè oggi si muore in mezzo al mare ‘grazie’ alle normative europee nella più totale indifferenza. Si muore a causa di Triton, il famigerato nuovo sistema di protezione delle coste. Questa Europa assassina ed egoista che non ha voluto ascoltare le sacrosante ragioni di migliaia e migliaia di organizzazioni sociali europee (tra cui l’Arci) sulla necessità di mantenere attivo Mare Nostrum. Si apre quindi con questo omicidio il 2015 nel Mediterraneo, frutto, dicevamo, non del caso, o delle condizioni avverse del mare, o del freddo invernale - che pure hanno contribuito a determinarla - ma in primo luogo imputabile alla scelta sciagurata compiuta dal governo italiano e dall’Europa connivente, di sospendere Mare Nostrum, passando da un’azione dedicata al salvataggio e al soccorso in mare dei migranti all’operazione Triton, finalizzata solo al controllo e alla sicurezza delle frontiere. Di quale sicurezza abbiamo bisogno di fronte a queste nuove vittime? Da cosa ci dobbiamo difendere? Non certo
dal nuovo terrorismo. Una tragedia collettiva è alle porte dell’Europa; una tragedia che coinvolge milioni di persone nel silenzio quasi assordante dei nostri media. Né l’egoismo cinico dell’Europa, né la furia della natura potranno infatti fermare la determinazione di chi si mette in viaggio alla disperata ricerca di condizioni migliori di vita. Le parole ipocrite di cordoglio da parte delle istituzioni, italiane ed europee, suscitano ormai solo un moto di indignazione. Tutto ciò si sarebbe potuto evitare se solo si fosse potenziato Mare Nostrum come chiedemmo anche in occasione di Sabir. Richiesta che portammo, in quel 3 ottobre denso di emozioni e di rabbia sacrosanta, direttamente all’attenzione del Presidente Schultz e dell’Alto Rappresentante della politica estera dell’Unione Europea Mogherini, oltre al Governo Italiano presente con il Vice Ministro all’Interno Bubbico. Richiesta che rafforziamo oggi con l’appello promosso da Arci, Cgil, Libera e Uil e inviato a Federica Mogherini perché si adoperi per l’apertura di canali d’ingresso umanitari e a Matteo Renzi perché riattivi l’operazione Mare Nostrum. Noi non abbiamo perso la speranza. Anche volendo non possiamo permet-
tercelo. Siamo la voce per centinaia di migliaia di uomini e donne alla ricerca di un futuro. Ci aspettiamo adesso non lacrime di coccodrillo ma azioni concrete, che dimostrino un cambiamento radicale delle politiche italiane ed europee sull’immigrazione. Ci aspettiamo con urgenza un cambio di rotta su Triton e una decisione unilaterale che costruisca le condizioni per l’attivazione di un canale umanitario che impedisca una volta per tutte omicidi di massa nelle nostre acque territoriali ed in quelle internazionali. Su questo ultimo punto in particolare, come Arci, stiamo costruendo le condizioni politiche per una grande vertenza euromediterranea in vista del Forum Sociale Mondiale di Tunisi, attraverso lo spazio di Alternative Mediterranee. Altrimenti con questa idea di difesa delle coste si dovrà continuare sempre più a parlare di omicidi premeditati e non di tragedie. Non è più possibile accettare che il Mediterraneo sia un cimitero di vite e speranze. Non è più possibile rimanere inermi a contare le bare. Il futuro del Mediterraneo e dell’Europa non è questo. E nessuno può convincerci che non c’è nulla da fare.
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diritticivili
#Lostessosì. Le Piazzate d’amore di Maria Chiara Panesi responsabile nazionale Arci Laicità e diritti civili
Un logo semplice e di immediata comprensione ed uno slogan efficace animeranno il 14 febbraio le piazze d’Italia. Sono ben 32 ed ancora sta crescendo il numero delle città che hanno aderito a Piazzate d’amore, il flash mob vedrà in contemporanea centinaia di cuori alzati nelle piazze da nord a sud. #Lostessosì per chiedere pari dignità e pari diritti per lo stesso amore. I cuori alzati rivendicheranno il diritto ad esercitare una piena cittadinanza chiedendo uguaglianza, riconoscimento e tutele. L’obiettivo è l’accesso al matrimonio di rito civile, l’istituzione che garantisce i diritti familiari e che sancisce il riconoscimento pubblico dell’affettività. L’iniziativa è promossa dalla Coalizione per il riconoscimento del matrimonio egualitario, a cui abbiamo convintamente aderito insieme a molte associazioni LGBTI ed organizzazioni della società civile che si occupano di diritti e laicità. Il nostro ruolo di attori sociali che rappresentano e attraversano ampi segmenti della società è quello di costruire su questi temi opinione pubblica, lavorando perché la battaglia per l’estensione dello stato di diritti diventi patrimonio collettivo, perché la rivendicazione di pieni diritti per le coppie omosessuali non
venga relegata a tematica di interesse settoriale. Con l’adesione dell’Arci alle Piazzate d’amore vogliamo contribuire a costruire un supporto ampio, pieno e trasversale intorno al lavoro puntuale e strutturato delle associazioni LGBTI. L’Italia marca su questo tema un imperdonabile ritardo, le leggi che garantiscono i diritti costituzionali alla famiglia sono da troppo tempo disattese ed il parlamento non riesce a legiferare in una società moderna che muta profondamente e sembra trovare risposte unicamente nelle aule dei tribunali,
One Billion Rising Revolution anche in cento città italiane Le Nazioni Unite stimano che 1 donna su 3 sul pianeta sarà picchiata o stuprata nel corso della vita. Questo significa un miliardo di donne e bambine. Per chiedere di porre fine a questa violenza, la scrittrice statunitense Eve Ensler, fondatrice del movimento V-Day e autrice de I monologhi della vagina, ha ideato la campagna One Billion Rising, dando vita, il 14 febbraio 2013, ad una grande manifestazione di massa. Dopo One Billion Rising (2013) e One Billion Rising for Justice (2014), l’appuntamento del 2015 è con One Billion Rising Revolution, sempre nel giorno di San Valentino: non fiori e cioccolatini, quindi, ma un vero atto d’amore, gioioso, celebrato dalle donne e dagli uomini che le rispettano, con la volontà di manifestare insieme per
chiedere un mondo in cui le donne possano vivere al riparo dalla violenza e dall’abuso. Nel mondo hanno aderito alla campagna 207 nazioni e in Italia saranno oltre 100 le città coinvolte: da Roma a Milano, da Genova a Bologna, da Lecce a Trieste, insieme a decine di realtà di provincia in tutto il Paese, da nord a sud, animate da una rete di associazioni e militanti che operano durante tutto l’anno sul territorio ma anche da scuole, università, istituzioni culturali. Anche quest’anno al centro della manifestazione ci saranno la musica e la danza e le note dell’inno Break the Chain, per spezzare le catene della violenza e dimostrare che si può farlo con gioia, in maniera politica ma con il sorriso. http://obritalia.livejournal.com
in cui molti giudici stanno di fatto a suon di sentenze riscrivendo il diritto di famiglia. Molti paesi hanno sanato questa disparità con impianti legislativi e regolamenti diversi, solo in Europa sono 13 i paesi che hanno dato pieno riconoscimento al matrimonio egualitario, tra cui Francia, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo, Svezia e Danimarca. In Italia invece le leggi sulla differenziazione degli istituti familiari e sulle unioni civili sono ferme nelle paludi parlamentari, ciclicamente nei programmi elettorali spuntano sigle improbabili come i PACS, i DICO, i DIDORE e i CUS che velocemente vengono dimenticate; sono ben 44 le proposte di legge cassate prima ancora di essere discusse in aula. Questa è la fotografia di un paese che da trent’anni non riesce ad approvare una legge sulle unioni civili, in cui vige di fatto uno stato di assenza di diritti per tanti cittadini e cittadine. Cittadini imperfetti. Una disparità che incide pesantemente nella vita quotidiana e che determina l’esclusione di molte coppie omosessuali dai diritti sanciti per le famiglie tradizionali, basti pensare all’assistenza ospedaliera e penitenziaria, alla previdenza sociale e reversibilità della pensione, all’eredità, ai congedi parentali sul lavoro, alla possibilità di decidere sulla salute in caso di impossibilità come ai permessi di soggiorno per ricongiungimento familiare. Elementi cardine della vita delle persone, elementi di solidità e tutela. Al momento è in commissione giustizia al Senato un testo unico elaborato dalla Senatrice Cirinnà, che prova a racchiudere la regolamentazione delle coppie di fatto e l’estensione dei diritti sanciti dal matrimonio senza tuttavia prevedere l’istituzione dello stesso. Dalla nostra prospettiva è dunque un testo che parte da una mediazione al ribasso e l’intero iter parlamentare che dovrà seguire ci lascia pensare che sarà oggetto di ridimensionamenti, emendamenti, alleanze e veti dal risultato insondabile. Crediamo dunque che in questo scenario iniziative di grande risonanza debbano avere l’obiettivo di parlare alle persone e costruire opinione, in un paese moderno il tema di diritti civili non può più essere rimandato. Il 14 febbraio dovremo essere in molti nelle piazze per chiedere #lostessosì.
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Dalla parte giusta. È cambiata la Grecia, cambiamo l’Europa di Luciana Castellina presidente onoraria Arci
Sabato 14 febbraio una quantità di personalità e di organizzazioni - Cgil, Fiom, Arci, Attac, Flc-Cgil, Fp-Cgil, Rete della conoscenza, Act, Tilt, Forum italiano dei movimenti per l’acqua, L’altraEuropa, partiti della sinistra ed esponenti della sinistra di partiti che fanno ormai fatica a connotarsi come tali - tutti quelli, insomma, che avevano firmato l’appello Cambia la Grecia Cambia l’Europa a favore del nuovo governo greco, si ritroveranno in piazza a Roma. Analoghe manifestazioni e sit in sono promossi in questi giorni in moltissime città italiane così come in altri paesi europei. Per dire che sarebbe fatale per l’Europa se a Bruxelles non capissero che occorre cambiare politica, a cominciare dal caso greco. La novità è che oramai una parte importante dell’opinione pubblica - anche tedesca, come dimostra fra l’altro il sostegno offerto dai sindacati di quel paese alle proposte di Syriza - ha capito che le cose stanno assai diversamente da come i media l’hanno raccontata: non è la Grecia che deve chiedere un favore all’esecutivo dell’UE, ma, al contrario, è questo esecutivo che deve chiedere scusa ai greci. Per aver sbagliato tutto: per essersi fidato - e per continuare a fidarsi - degli uomini che hanno fin qui governato la Grecia e per averli indotti a perseguire una linea che ha portato al disastro. Deve infatti essere chiaro che la catastrofe greca non è stata provocata solo dalla crisi ma anche dalla dissennata politica di bilancio e fiscale promossa dal governo Samaras.Tutto questo era evidente già dal 2008. Sebbene la troika fosse ben consapevole - lo ha anche dichiarato pubblicamente - che quel governo di Atene non solo aveva consentito un’impensabile esenzione fiscale ai più ricchi ma aveva addirittura falsificato i bilanci statali, essa ha continuato a dire che se alle elezioni Samaras non fosse tornato a vincere sarebbe stato un disastro. Dopo due anni di medicine bruxellesi, nel 2010 il PIL del paese era già sceso di 10 punti. È allora intervenuta una consistente ristrutturazione del debito che però, anzichè essere mirata alla ripresa dell’economia reale, è stata utilizzata sostanzialmente per ripagare i crediti privati detenuti dalle banche (quasi tutte tedesche), così ulteriormente allontanando ogni possibilità di ripresa. Il risultato:
due anni dopo il PIL era crollato a meno 25% e la disoccupazione a più 18, mentre nessuna, dico nessuna, riforma fiscale era stata avviata. Che le cose stiano proprio così lo riconoscono ormai non solo un largo numero di economisti stranieri di fama (buon ultimo John Galbraith), ma lo stesso Fondo Monetario Internazionale nel suo più recente documento. I veri colpevoli della drammatica situazione della Grecia sono dunque i suoi presunti salvatori e i loro complici ad Atene. Quelli che alla vigilia delle elezioni hanno gridato che se Syriza avesse vinto la Grecia sarebbe diventata come la Corea del nord. Le ragioni per manifestare e gridare queste verità come si vede sono molte. Anche se a Bruxelles sono sordi. O meglio: cercano di nascondere le scelte che hanno compiuto per difendere specifici interessi
che non hanno nulla a che vedere con quelli del popolo greco e dell’Europa tutta con la predica filistea secondo cui chi ha preso in prestito danaro deve restituirlo. Ma se per ottenerlo prima ti ho strozzato è evidente che quel debito non potrò mai pagarlo. È come Melchisedech che se la prendeva col proprio asino perchè, proprio quando gli aveva insegnato a non mangiare, era morto. Quel che il governo Tsipras oggi chiede, e con lui tutti quelli che stanno manifestando, è di aver almeno sei mesi di tempo per riparare ai guasti prodotti in sei anni dalla troika e dai precedenti governi greci. Per poter restituire, non per non farlo, sapendo che se invece si subisce il diktat della troika quel debito non potrà mai essere pagato. Perchè la Grecia sarà morta. Come è stato ripetuto ormai da molti il problema è politico, non finanziario: e così la soluzione possibile.
Manifestazione nazionale a Roma il 14 febbraio Promossa dai firmatari dell’appello Cambia la Grecia Cambia l’Europa si terrà sabato 14 febbraio una grande manifestazione nazionale a Roma, in connessione con le altre piazze europee e con la mobilitazione prevista ad Atene il 16 febbraio. I prossimi giorni saranno cruciali. Il popolo greco torna nelle piazze per
difendere le proprie scelte, espresse in libere elezioni. Non possiamo lasciarlo da solo. Il braccio di ferro fra la Grecia e la BCE e le elites dominanti europee è la prova di forza fra due idee di Europa. Una solidale, l’altra egoistica. Diamo più forza alla prima, la parte giusta, insieme a tanti altri paesi e popoli del nostro continente che scenderanno in piazza in molte capitali europee. Alla manifestazione di Roma ha aderito anche l’Arci, come pure tanti esponenti del mondo della cultura e dello spetta-
colo. Tra gli altri gli attori Toni Servillo e Teatri Uniti, Anna Bonaiuto, Licia Miglietta, Moni Ovadia e gli scrittori Loredana Lipperini, Maurizio De Giovanni, Nicola Lagioia, Christian Raimo. Parteciperanno organizzazioni sindacali come la Cgil, la Fiom, l’Flc-Cgil, la FpCgil; associazioni e movimenti, da Don Ciotti ad Attac, agli studenti della Rete della conoscenza, ai giovani di Act e di Tilt, al Forum dei movimenti per l’acqua pubblica; la Federazione italiana emigrazione immigrazione, testate come il manifesto e Left, e poi L’altra Europa con Tsipras, Sel, Rifondazione Comunista, Sinistra critica, esponenti della sinistra del Pd come Fassina e Civati. Al corteo parteciperanno anche l’economista greco Haris Golemis, direttore del Nicos Poulantzas Insitute di Atene e Argiris Panagopoulos, giornalista e dirigente di Syriza. L’appuntamento di sabato è alle 14 a Piazza Indipendenza, da dove partirà il corteo che raggiungerà Piazza del Colosseo, passando per piazza dei Cinquecento, via Cavour, piazza Esquilino, Via Merulana, Via Labicana.
www.cambialagreciacambialeuropa.eu
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forumterzosettore
Un’assemblea partecipata e costruttiva di Maurizio Mumolo Coordinamento Forum Terzo Settore
Grande partecipazione e clima positivo nell’assemblea elettiva del Forum del Terzo settore tenutasi l’11 febbraio a Roma. Pochi mesi fa era stata adottata una modifica allo statuto del Forum che ha portato a quattro anni (non rinnovabili) la durata degli organi. Si è trattato, in pratica, di una assemblea di metà mandato che ha analizzato il lavoro di questi due anni e definito i prossimi impegni programmatici alla luce dello scenario politico e sociale che si va delineando. Infine sono stati votati gli organismi, riconfermati nella loro composizione, a partire dal portavoce Pietro Barbieri. Nel documento introduttivo è stata sottolineata la necessità che il Forum rivendichi un ruolo più partecipe e attivo che lo porti ad essere presente nella costruzione dell’agenda del Paese, esercitando una rappresentanza che gli restituisca pienamente il ruolo di parte sociale. La fase nuova che stiamo attraversando ha riaperto il dibattito politico e culturale
sul ruolo del terzo settore, prova ne è la proposta di riforma organica in discussione in parlamento in queste settimane. Anche i recenti fatti di cronaca richiamano la necessità di ricostruire un orizzonte di senso per il terzo settore italiano, da un lato schiacciato dalle molte emergenze sociali, ambientali e culturali, dall’altro impegnato a costruire innovazione, cambiamento, coesione e democrazia.
Gli organismi eletti L’Assemblea ha rinnovato, oltre al presidente, anche il Coordinamento nazionale che, a seguito delle modifiche di Statuto, passerà dagli attuali 20 a 24 componenti, includendo quattro rappresentanti dei Forum regionali, divisi per ambiti territoriali: centro, nord-ovest, nord-est e sud Italia. Il Coordinamento nazionale risulta così composto: Luigi Agostini (Federconsumatori) Franco Bagnarol (Movi) Maria Teresa Bellucci (ModaVi) Gianfranco Cattai (AOI) Enzo Costa (Auser) Andrea Fora (Federsolidarietà) Alessandro Geria (Anolf) Maurizio Gubbiotti (Legambiente) Vincenzo Manco (Uisp) Renato Mattivi (Avis) Paola Menetti (Legacoopsociali) Giancarlo Moretti (MCL) Maurizio Mumolo (Arci) Paolo Nardi (Cdo opere sociali) Nirvana Nisi (Ada)
Benito Perli (Fitus) Fabrizio Pregliasco (Anpas) Sofia Rosso (Anteas) Stefano Tassinari (Acli) Armando Zappolini (Cnca) per i Forum regionali: Gianni Palumbo (Portavoce Forum Lazio) Sergio Silvotti (Portavoce Forum Lombardia) Paolo Alfier (Portavoce Forum Veneto) Gianluca Budano (Portavoce Forum Puglia). Collegio dei Revisori dei conti Gianluca Mezzasoma (Agesci) Maurizio Marcassa (Aics) Franco Giona (Aism) Collegio nazionale di Garanzia Luca De Fraia (Action Aid Italia) Roberto Speziale (Anffas) Licio Palazzini (Arci Servizio Civile) Stefano Gobbi (CSI) Antonio Bronzino (Fidas)
«Le radici da cui nasce l’impegno civico dei cittadini che si costituiscono in associazioni di volontariato, di promozione sociale e in cooperative sociali, non hanno bisogno di aggiornamenti o di riletture. Hanno invece bisogno di essere riscoperte e rilanciate. Bisogna ripartire dall’autonoma iniziativa dei cittadini per contrastare le disuguaglianze, promuovere uno sviluppo equo e sostenibile e la cultura per tutti». Gli interventi hanno sottolineato, tra l’altro, i temi del radicamento territoriale e della soggettività delle organizzazioni aderenti. Quanto più le politiche pubbliche si delineano a livello territoriale tanto più è necessario avere dei soggetti che esercitano, a quel livello e in modo riconosciuto, la rappresentanza sociale. E l’ingresso, per la prima volta, nel coordinamento nazionale, dei portavoce dei Forum regionali è un primo concreto segnale dell’investimento in questa direzione. Ma il Forum può anche svolgere un ruolo di servizio per le organizzazioni aderenti e per tutto di terzo settore, creando condizioni di dialogo e di collaborazione, offrendo a dirigenti ed operatori strumenti condivisi di analisi e di lettura del territorio. Da questo punto di vista l’esperienza di FQTS (formazione quadri del terzo settore) va rilanciata e diffusa. I prossimi anni saranno senz’altro cruciali per disegnare un nuovo modello di società: il terzo settore può decidere di stare ai margini di questo processo, ritagliandosi uno spazio protetto ma residuale o assumere un ruolo di protagonista mettendo in campo i suoi saperi e il suo radicamento sociale. Il terzo settore italiano ha deciso di giocare, fino in fondo, questa partita.
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tesseramento
Il Comitato Arci Bari e BAT consegna la tessera onoraria a Luciano Canfora di Lara Angelillo Arci Bari
«L’indifferenza opera potentemente nella storia» (Indifferenti - Antonio Gramsci 1917). Contro questa indifferenza si dispone la produzione di Luciano Canfora, storico, filologo, intellettuale di sinistra, cui è andata la prima tessera onoraria Arci 2015 del comitato Bari e BAT. Lunedì 9 febbraio dalle 19, nel circolo Arci Zona Franka di Bari, si sono attraversati due secoli di storia, in occasione della presentazione del volume Il presente come Storia edito da Rizzoli, ultima pubblicazione del professore emerito dell’Università degli Studi di Bari, direttore dal 1975 della rivista Quaderni di storia edizione Dedalo, curatore della collana I Classici del Pensiero per il Corriere della Sera. Il professor Canfora ha discusso con Andrea Catone, co-direttore della rivista Marx XXI, del rapporto tra masse e oligarchie, del cambiamento del sistema partitico, del nuovo schiavismo e della
forza propulsiva della sinistra greca e spagnola di fronte a una platea vivace. Francesca Torre, presidentessa del circolo che ha ospitato l’evento, ha moderato gli interventi. Luca Basso, presidente Arci Bari, ha motivato la decisione del comitato di consegnare la tessera onoraria 2015 al luminare barese: «L’Arci - ha sottolineato Basso - è l’unico soggetto storico della sinistra italiana a non aver cambiato nome e identità nel tempo.
Questo è stato possibile perché siamo un soggetto plurale con un solido patrimonio di valori e principi. Ringrazio il Professor Canfora a nome dei circa cinquemila soci Arci Bari e BAT. Abbiamo scelto di consegnare la tessera onoraria a una personalità rappresentativa della cultura, della politica e della società. È un modo per rendere chiaro a tutti chi siamo e dove andiamo: siamo un’associazione attiva nel presente, con forti radici nel passato e con un chiaro progetto di progresso civile e sociale per il futuro». Il professor Canfora ha accolto affettuosamente l’iscrizione d’onore al circolo Arci commentando così: «Sono grato per questo riconoscimento. Sono grato per il lavoro penetrante che si fa giorno per giorno. È questa la cosa più importante. Perché viviamo in tempi oscuri ed è fondamentale che ognuno porti un po’ di luce. Discutendo in ambienti indubbiamente ostili. Ponendo dei dubbi. Senza squadernare certezze».
#LiberiDiVolare La campagna di tesseramento Arci 2015 È entrata nel vivo la campagna tesseramento #LiberiDiVolare, di questa Arci che, nella grafica del 2015, ci siamo immaginati trapezista e sognatrice. Abbiamo scelto di costruire dal basso questa campagna tesseramento, fin dalla scelta della grafica, affidata ad un concorso aperto, a cui hanno potuto partecipare studenti e giovani grafici; abbiamo scelto di costruirla dal basso, perché crediamo fermamente nella partecipazione democratica come unica vera forza trasformatrice. Abbiamo deciso di chiedere alle nostre compagne e ai nostri compagni di strada, incontrati nei circoli e nelle piazze in uno spazio geografico che va da Bolzano a Lampedusa, dalla Puglia alla Val di Susa, di metterci la faccia, di diventare i ‘testimonial’ della nostra campagna tesseramento. Sono i volti di musicisti, scrittori, animatori, operatori sociali, cuochi, baristi, registi, ballerini, circensi, dirigenti, volontari; donne e uomini impegnati a costruire una società più
giusta ci hanno regalato uno scatto con la loro tessera Arci 2015.
#LiberiDiVolare, dunque, da sognatori con i piedi per terra, consci che in tempi come questi promuovere spazi di aggregazione è di per sé un atto rivoluzionario, ma che non basta: dobbiamo essere parte attiva del cambiamento che vogliamo. Immersi come siamo in questa crisi che dura da troppo tempo, originata dalle logiche stesse del mercato, pensiamo debba prevalere la cultura delle cooperazione su quella della competizione, perché «Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno» (Enrico Berlinguer). Soci, circoli e comitati possono partecipare raccogliendo foto di ‘testimonial’ con la tessera Arci 2015, sia personaggi noti amici dell’Arci, sia di soci, dirigenti e volontari dei nostri circoli, inviandole a liberidivolare@arci.it e pubblicandole sui social network con gli hashtag #LiberiDiVolare #ARCI2015 indicando: nome, cognome, circolo e dove ha sede. Le foto più belle verranno pubblicate sui social network e su www.arci.it
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solidarietàinternazionale
La sesta edizione dell’Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo di Raffaele Crocco direttore Atlante delle guerre
È come camminarci dentro, più o meno. Scegliere di fare un Atlante per raccontare le guerre che, ogni anno, rendono drammatica la vita nel mondo è questo: decidere di camminare dentro le cose. Esattamente come dovrebbero fare, sempre, i giornalisti. La sesta edizione di questo Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo in qualche modo rispetta questa voglia. Sono trentatré le guerre che raccontiamo, assieme a una decina di situazioni a rischio e a tante altre cose. Le novità davvero non mancano: c’è uno speciale dedicato ai conflitti ambientali, curato dal Cdca. Poi, ci sono un reportage fotografico di Mario Boccia, le analisi sulla Svolta Islam, su donne e guerra, sulla pirateria. Tornano, infine, le vignette di Kako, di Flora Graiff: ci regalano un punto di vista ancora differente, solo apparentemente più leggero. Non è finita. Tra le novità c’è anche un cambio forte nella gestione della parte fotografica complessiva. Si è infatti rafforzata la collaborazione con Fabio Bucciarelli e il gruppo di fotoreporter
che fanno capo a MeMo, neonata rivista digitale. Questo significa che le foto che vedrete sono state in gran parte scattate da alcuni fra i più grandi fotografi del mondo. Un bel salto di qualità, nel racconto delle cose. Già, racconto: insistiamo da sempre, dai sei anni di pubblicazione, sulla necessità di raccontare, di fare il nostro mestiere di giornalisti per dare a chiunque voglia informazioni e, quindi, strumenti per capire. Siamo tornati a mettere in fila ciò che accade nel Pianeta. Alcune guerre sembrano essere alla fine, dopo decenni: nei Paesi Baschi, in Colombia, in parte nelle Filippine. Altre sono arrivate a sconvolgere la vita di milioni di persone, costrette a fuggire, a lasciare tutto. In Ucraina lo scontro fra indipendentisti filo russi e governo centrale è costato la vita a migliaia di esseri umani ed ha riportato l’Europa a guardare in faccia lo spettro della guerra. Nel Mali l’integralismo sta distruggendo storia e cultura di un popolo in nome di un dio. In Siria e in Iraq si è fatto strada il mostro del gruppo di terrore che si
fa chiamare Stato Islamico e intanto il potere difende se stesso uccidendo chi dovrebbe governare. Il risultato è in 200mila morti in 46 mesi di guerra, con 2milioni di rifugiati a fare da contorno. Sono storie che troppo spesso teniamo lontane. La Comunità internazionale sta mostrando - anche in questi casi, soprattutto in Siria, ma anche in Ucraina e Iraq - la propria incapacità nel trovare soluzioni, nel portare pace. Gli interessi contrari e contrastanti delle potenze che siedono nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite impediscono interventi e rendono inevitabile l’idea del massacro. Quando qui nelle nostre case, al sicuro, non siamo distratti, scopriamo di essere addolorati e impotenti. L’unica strada possibile, allora, è continuare a raccontare quello che avviene, insistere nell’informare, pensando che ognuno, poi, possa avere una libera opinione e possa chieder conto di quello che accade. È la vecchia storia della democrazia. Lo abbiamo dimenticato, ma a volte funziona ancora. www.atlanteguerre.it
400 rabbini: “Stop alle demolizioni” Quattrocento rabbini di Israele, Gran Bretagna e di altri paesi si sono uniti alle voci che chiedono al premier Netanyahu di revocare l’ordine di demolizione di abitazioni, strutture ed edifici palestinesi costruiti senza l’autorizzazione delle autorità di occupazione nella zona C della Cisgiordania. Nella petizione, promossa dall’associazione Rabbini per i Diritti umani, la decisione presa dal governo è definita contraria al «diritto internazionale e alla tradizione ebraica». Ricordano che migliaia di palestinesi «sono stati costretti a costruire senza permesso» e che «grande sofferenza umana è causata ogni anno dalla demolizione di centinaia di case». Infine sottolineano che Israele ha l’obbligo di garantire il diritto ad avere una casa a tutti coloro che sono sotto il suo controllo. Per Israele quelle case e strutture edilizie vanno demolite perchè sono illegali, ma proprio nella zona C ci sono le colonie costruite da Israele in violazione di leggi e convenzioni internazionali. C’è un altro dei dolorosi capitoli de-
gli accordi di Oslo. Con la creazione dell’Autorità nazionale palestinese, la Cisgiordania fu divisa in tre zone. La A, sotto l’Anp, la B a controllo misto, e la C sotto la piena autorità di Israele. Questa divisione doveva essere temporanea, cioè fino alla definizione dello ‘status permanente’ dei Territori occupati e alla nascita dello Stato di Palestina. A distanza di 21 anni da quelle intese, non è cambiato nulla, se non in peggio. La zona C è la parte più ampia della Cisgiordania, in cui l’esercito israeliano detiene tutti i poteri, a cominciare dalla pianificazione edilizia. È popolata da 150mila palestinesi che vivono in 542 comunità. I coloni israeliani giunti dopo l’occupazione nel 1967 sono quasi 350mila e vivono in 135 insediamenti e un centinaio di ‘avamposti colonici’. E mentre alle colonie sono assegnate ampie aree per l’espansione edilizia, solo l’1% della zona C è destinato allo sviluppo delle comunità arabe. Circa 5mila palestinesi, specialmente nel sud della zona C, abitano in 38 comunità
dentro o nei pressi di aree definite ‘zone di addestramento militare’. Il 70% delle comunità palestinesi della zona C non sono inoltre collegate alla rete idrica, a differenza degli insediamenti colonici. Con discrezione l’Unione europea cerca di dare sostegno ai 150 mila palestinesi che vivono nella zona C, attraverso progetti umanitari che però Israele ritiene, almeno in parte, ‘illegali’. È improbabile, in mancanza di pressioni internazionali, che il governo cambi la decisione di demolire le 400 strutture ‘abusive’. Netanyahu è un accanito sostenitore della colonizzazione ma pesa anche il voto del 17 marzo. Continuerà perciò la corsa della colonizzazione. Due settimane fa era stata approvata la costruzione di altre 430 unità abitative negli insediamenti. Ieri il giornale Haaretz ha rivelato che l’esercito israeliano ha confiscato 374 ettari di terre in Cisgiordania per espandere quattro colonie, più altri 100 ettari che saranno messi a disposizione degli insediamenti del blocco di Etzion.
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società/diritti
Carceri, i diritti violati e le iniquità sui detenuti stranieri Grazie a una ricerca recentemente pubblicata nel libro Detenuti stranieri in Italia, l’associazione Antigone fa luce sulla situazione dei detenuti immigrati nel nostro Paese. Vengono forniti dati, analisi delle norme vigenti. E alcune proposte che potrebbero migliorare la situazione. Al 31 luglio del 2014 i detenuti immigrati rappresentano il 32% del totale della popolazione carceraria, con una diminuzione, in pochi anni, di cinque punti percentuali. Ma questo è avvenuto più per caso che non per una strategia penale diretta a redistribuire il peso delle iniquità sociali. «Di fronte al grave problema del sovraffollamento non si poteva che intervenire nei confronti di quelle categorie di persone detenute che nel tempo, loro malgrado, hanno contribuito a determinarlo», scrive Gonnella, il presidente di Antigone. In tema di diritti non ci si può affidare al caso, il rischio è il ritorno al passato. Per questo, mentre si sentono le sirene di nuove campagne contro gli immigrati che potrebbero portare a un nuovo aumento della popolazione reclusa, l’unica soluzione è una «rivoluzione organizzativa
che tenga conto di come sia cambiata l’utenza penitenziaria e ridisegni il tutto alla luce della presenza non minoritaria dello straniero in carcere». Il punto è prevedere che lo staff penitenziario sia all’altezza delle sfide poste dall’accoglienza degli stranieri. Che va fatta anche in carcere. Ancora Gonnella: «L’enunciazione di principi anti- discriminatori, per essere effettiva, richiederebbe ulteriori modifiche legislative, organizzative e operative. Ogni carcere deve avere un numero sufficiente di mediatori culturali e interpreti pagati dallo Stato e inseriti a pieno titolo nella vita penitenziaria». Tutto per rendere il sistema non punitivo ma indirizzato sulla strada del reinserimento sociale anche dello straniero che delinque. Antigone propone trentatré punti che
potrebbero comporre uno Statuto dei diritti dei detenuti stranieri in Italia. Si parte dalla cancellazione dell’espulsione come misura di sicurezza fino all’inserimento nel sistema procedurale italiano del principio del favor rei, secondo il quale nessuno deve essere soggetto in Italia a una sanzione o una misura alternativa più afflittiva rispetto a quella del Paese di provenienza. Poi la recezione della Raccomandazione del 2012 del Consiglio d’Europa sui detenuti stranieri. E ancora, il lavoro culturale da organizzare negli istituti di pena. Dai corsi per conoscere le diverse ‘culture nazionali’ fino alle norme che esplicitino come in materia di vestiario ed igiene vanno rispettate le identità culturali e religiose e che stabiliscano che all’interno del carcere sia possibile acquistare cibi etnici. Poi la liberalizzazione della corrispondenza telefonica e l’uso di internet: dalla comunicazione via skype fino alla possibilità di inviare mail ai parenti lontani. Infine le biblioteche, lo sport, l’accelerazione nelle pratiche per la concessione del visto. Per uno Stato che faccia sentire meno soli i migranti che ospita anche nelle proprie strutture carcerarie.
Con la crisi le famiglie impoveriscono e 7 milioni di giovani non ce la fanno a mantenersi da soli Gli anni della grande crisi hanno portato l’austerity dentro le case, le abitudini sono cambiate in profondità. Ora la metà delle famiglie italiane, certifica l’Istat, si fa bastare 1500 euro per arrivare alla fine del mese. L’Eurostat, invece, segnala un aumento dei ragazzi tra i 18 e i 34 anni che vivono a casa con mamma e papà: sono il 65,8%, oltre sette milioni di persone che vivono ancora nella famiglia d’origine, ben più che in Europa. Ma con la disoccupazione al galoppo, la famiglia è l’ultima frontiera del welfare. La famiglia, del resto, ha dovuto sviluppare negli ultimi anni la difficile arte di tirare la cinghia. Il dato (la rilevazione si riferisce al 2013) di chi si dice capace di arrivare a fine mese con 1500 euro al mese non è altro che l’altra faccia della contrazione dei consumi. Quella rilevata dall’Istat è una ‘media’ tra famiglie che vivono in condizioni molto differenti tra loro. Nel Mezzogiorno chi pone i 1.500 euro come soglia minima
per campare arriva al 55,3%, contro il 44,9% del Nord Ovest. Il fabbisogno familiare cambia anche a seconda che il ‘capofamiglia’ sia un disoccupato (in tal caso il 61,4% riesce a cavarsela con 1.500 euro) o un lavoratore dipendente, caso in cui solo il 37,7% delle famiglie dice che bastano 1500 euro. Cambia poi la situazione se la famiglia ha almeno un figlio piccolo (si scende al 27,3%), oppure il nucleo consideri un single con più di 65 anni: allora per l’84,5% dichiara che 1500 bastano. Accanto a famiglie che riducono i propri budget, ci sono quelle che rinunciano perfino a formarsi. Sono poco meno di 7,4 milioni i giovani tra i 18 e i 34 anni che scelgono di continuare a vivere nella casa d’origine. I due terzi del totale che, secondo i calcoli di Eurostat (sempre nel 2013), non trova eguali in Europa. Quanto poi abbia pesato la crisi è presto calcolato: rispetto al 2008 la percentuale di chi resta con mamma e
papà è salita di oltre 5 punti. Nel nostro Paese, poi, crescono i giovani più maturi (con più di 25 anni e meno di 34 anni) che decidono di non lasciare i genitori: sono il 49,4% del totale, nonostante il 60% di loro abbia un’occupazione. In casa ci restano soprattutto i maschi: è una scelta che coinvolge il 57,5% di loro. Le ragazze che restano con i genitori sono il 41,1% del totale, ma nel 2008 erano molto meno. Secondo un’elaborazione dell’agenzia Adnkronos su dati di Banca d’Italia, in 6 anni, dal 2007 al 2013, le ricchezza delle famiglie italiane si è ridotta del 12%, mentre considerando gli ultimi 10 anni il calo è del 5,8%. Nel 2003 la ricchezza netta per famiglia era di 377.302 euro, per toccare i massimi nel 2006 (412.469 euro) e planare, nel 2013 a 355.876 euro. Il valore del bene ‘simbolo’, la casa, dal 2010 ha subito un calo dell’11,7%, abbattendo l’apprezzamento che c’era stato in precedenza.
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Stay tuned, finanziato il progetto di Radio Barrio Bilancio positivo per la campagna di crowdfunding della web radio di Crotone di Enrica Tancioni Radio Barrio
Cinquanta giorni (40 più una proroga di dieci), 103 sostenitori, 5.000 euro raccolti. Sono questi i numeri del progetto di crowfunding sulla piattaforma di Eppela proposto da Radio Barrio, web radio made in Crotone. Stay tuned è andato in porto anche grazie agli ultimi sforzi dello staff della struttura pitagorica. Radio Barrio ha infatti raccolto la quota con la quale potrà fare fronte alle spese di streaming, al rinnovo delle licenze Siae ed Scf e alle spese relative all’abbonamento annuale per i servizi internet. Un bilancio positivo per una web radio che in poco meno di 20 mesi è riuscita ad ‘ispirare’ 30 programmi radiofonici e a raggiungere 114mila contatti su Spreaker, la piattaforma che permette la trasmissione sul web. «Siamo soddisfatti della riuscita del progetto - ha detto Alfredo Lucente, presidente dell’associazione di promozione sociale Il Barrio, nonché circolo Arci – con la somma raccolta potremo garantire i nostri programmi, la nostra musica e l’intrattenimento con il quale abbiamo accompagnato i nostri ascoltatori per oltre due anni. Abbiamo fatto un piccolo sforzo e la proroga ci ha permesso di arrivare a quelle persone che non conoscevano le difficoltà economiche di Radio Barrio. Anche grazie a loro potremo proseguire con il nostro progetto». La radio, nata ad aprile 2013, è sopravvissuta grazie al contributo di volontari e soci, senza il sostegno di finanziamenti pubblici. «Purtroppo - ha proseguito Lucente - non siamo una radio commerciale,
siamo una struttura retta dalle attività dei volontari di un’associazione che ha spese annuali molto alte». Sventato il pericolo della chiusura, la web radio crotonese si appresta a ‘conquistare’ il cuore del Barrio pitagorico. Sì perché si trasferirà nel centro storico: «il nostro obiettivo - ha continuato Lucente - è quello di creare un polo culturale che possa portare nel centro storico e in tutta la città musica, cultura e attività sociali. Questo anche grazie al sostegno e alla continua collaborazione con l’Arci e il gruppo Fotoamatori Crotone». Radio Barrio, dunque, si diffonderà nell’etere da una delle location più caratteristiche della città pitagorica: via Lucifero 15, luogo da sempre vocato alla cultura, all’arte e alla musica. Dalla terrazza della nuova sede la musica e in contenuti della Radio verranno diffusi in tutto il mondo. In una condivisione globale che rimane tuttavia legata alla tradizione della città. La programmazione di Radio Barrio, che spazia dal puro intrattenimento musicale al sociale, con le dirette radiofoniche di eventi dedicati al terzo settore, verrà inoltre arricchita. In cantiere ci sono infatti programmi di approfondimento dedicati sempre al sociale e all’informazione. «Radio Barrio - ha affermato Raffaele Drago, vicepresidente dell’associazione - è nata per dare spazio alle categorie che non hanno molta visibilità. Ci siamo sempre dedicati al Terzo settore, perché crediamo che sia una risorsa da condividere e sostenere». www.radiobarrio.it
Lumen in fabula Anche quest’anno Arci Link di Monreale (PA) aderisce alla campagna M’illumino di meno con l’appuntamento ormai consolidato da 5 anni dal titolo Lumen in fabula. Appuntamento il 13 febbraio alle 21 presso la sala Novelli del complesso Guglielmo II con lo spettacolo teatrale La scommessa di Prometeo, scritto e diretto da Antonino Renda. La scommessa di Prometeo è tratta dalle Operette Morali di Giacomo Leopardi composte nel 1824; Leopardi immagina
in più luogo comune COMO Quarantadue scatti del foto-
grafo Mimmo Dabbrescia (già esposti in anteprima durante la serata di tributo a De Andrè allo Spazio Gloria Xanadù, circolo Arci di Como, lo scorso 24 gennaio) saranno in mostra fino al 22 febbraio nella ex chiesa di San Pietro in Atrio. La mostra è parte del progetto Luogo comune di Arci Xanadù, Arci Como ed ecoinformazioni con il contributo di Fondazione Cariplo. Realizzata in collaborazione con la galleria Prospettive d’Arte di Milano, è patrocinata dalla Fondazione Fabrizio De Andrè Onlus e dal Comune di Como. www.spaziogloria.it
andiamo a kobane IMPERIA La talpa e l’orologio e
il circolo Arci Guernica organizzano venerdì 13 febbraio presso il circolo Arci Andiamo a Kobane, serata a tema per informarsi e discutere su quanto sta succedendo oggi in Siria e nel Rojava. Alcuni partecipanti alla cena si uniranno alla carovana internazionale diretta a Kobane, città della Siria conquistata dall’Isis e recentemente liberata dai curdi. La serata avrà inizio alle ore 20 con cena di finanziamento, mentre alle ore 21.30 avrà inizio l’incontro. www.guernica.imperia.it
m’illumino di meno COLLEGNO (TO) Arci Valle Susa
e il circolo Arci Asylum aderiscono all’iniziativa M’illumino di meno, in programma il 13 febbraio alle 20 in piazza del Municipio. Qui tutti i partecipanti prenderanno parte ad una passeggiata a lume di candela che si concluderà al circolo Asylum, dove sono in programma la cena M’illumino di meno e il concerto acustico di Ila Rosso. http://asylumcollegno.com
gli Dei sottoporsi ad un collegio di giudici interpellati per decretare l’invenzione più importante mai inventata dalle capricciose divinità. Un vero e proprio viaggio dentro i sentimenti dell’umanità cinicamente rinchiusa nelle aree più ansiogene della propria immagine. Gli spettatori potranno muoversi all’interno di tre scenari e interagire con alcuni dei figuranti, in una particolare sperimentazione teatrale inedita per Lumen in fabula.
caffe’ letterario CALOLZIOCORTE (LC) Il
circolo Arci di Foppenico si trasforma in Caffè Letterario per una serie di incontri promossi dal regista e scrittore Paolo D’Anna e dall’attore e cantante Salvatore De Gennaro. Prossimo appuntamento giovedì 19 febbraio, sempre alle ore 21, con l’autrice Maria Luisa Lamanna. www.arcilecco.it
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Libri e film che raccontano il ‘conflitto’ con la rassegna del reale di Arci Modena Austerity, vita sulla Striscia di Gaza, il sequestro Sgrena, banche e moneta unica. Sono questi alcuni dei temi affrontati all’interno de La rassegna del reale proposta da Arci Modena, il circolo de il manifesto, Ucca, Associazione Attac, Legambiente e Voiceoff, giunta al suo quinto anno di vita, che ha come filo rosso quello del conflitto dal punto di vista geopolitico, sociale, di guerra, economico e ambientale. Nove gli appuntamenti in programma, tutti i lunedì di febbraio e marzo, ospitati dal Teatro dei Segni alle ore 21, a ingresso libero. Il 16 febbraio proiezione del film Striplife, un documentario di Luca Scaffidi, Valeria Testagrossa, Andrea Zambelli, Alberto Mussolini e Nicola Grignani, dove si racconta la storia di sette personaggi che vivono nella Striscia di Gaza. Lunedì 23 presentazione del libro Strade senza uscita. Banche, costruttori e politici. Le nuove autostrade al centro del colossale spreco di denaro pubblico, di Roberto Cuda che discuterà con il pubblico in sala. Il 2 marzo sarà invece proiettato il documentario Triangle di Costanza Quatriglio, a cento anni dall’incendio della fabbrica di New York dove morirono le operaie del maglificio. Lunedì 9 l’ex direttore de il manifesto Gabriele Polo racconta, attraverso le pagine del suo libro, Il mese più lungo. Dal sequestro Sgrena all’omicidio Calligari tutti i retroscena dell’operazione che ha portato alla morte di Nicola Calipari, colpito dal cosiddetto fuoco amico. Il 16 marzo si parla invece del progetto della tav Torino Lione, con il documentario Qui di Daniele Gaglianone, che cerca di raccontare il pensiero che guida questa lunghissima e devastante ribellione. Lunedì 23 Marco Bertorello indaga il ruolo della moneta unica nel suo libro Non c’è euro che tenga. Come non piegarsi alla moneta unica senza per forza uscirne dove spiega la sua critica all’euro, ma il suo ruolo importante. La rassegna si conclude il 30 marzo con il film capolavoro di Ermanno Olmi Torneranno i prati, iniziativa inserita nel programma Bisognava andare avanti promosso dal Comune di Modena per i cento anni dal primo conflitto mondiale. www.arcimodena.org
Cafiero Live Contest 2015 Il circolo Arci Carlo Cafiero di Barletta lancia la terza edizione del Cafiero Live Contest, il contest musicale per band emergenti. Le esibizioni live del contest si svolgeranno presso la sede del circolo Arci Carlo Cafiero di Barletta durante la programmazione 2015. In ciascuna serata si esibiranno 2 band candidate per 40 minuti ciascuna alla presenza di una giuria composta da esperti del settore. Le iscrizioni al contest saranno aperte dalla pubblicazione del bando e termineranno a 30 giorni dalla data di apertura. Potranno iscriversi tutti i musicisti solisti e band emergenti; saranno prese in considerazione le sole domande di iscrizione di quelle band che presentino esclusivamente brani inediti nei live del contest. Non saranno accettate le richieste di iscrizione di cover e tribute band. Le tre band finaliste avranno diritto a partecipare alla settima edizione della Festa della Musica 2015, con un’esibizione live durante la serata. La band vincitrice del Cafiero Live Contest 2015 riceverà un premio monetario ed un minitour nei circoli Arci Real pugliesi. Al termine del contest verrà redatta una compilation con i brani dei partecipanti al contest. Le domande di iscrizione andranno presentate all’indirizzo email info@arcibarletta.it inserendo come oggetto ‘contest musicale’ ed allegando scheda tecnica della band ed almeno due brani. Sul sito internet www.arcibarletta.it sarà disponibile un modello in cui inserire i dati della band da inoltrare in allegato alla mail di iscrizione.
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Gli sportelli del Consumatore Il comitato Arci Torino apre gli Sportelli del Consumatore, attivi tutti i mercoledì, venerdì e sabato nei rispettivi circoli che si occupano dell’iniziativa, e nello specifico: circolo 1° maggio a Nichelino, circolo Margot a Carmagnola e circolo Risorgimento a Torino. L’iniziativa si inserisce all’interno del progetto Arci Solidale, con il contributo della Tavola Valdese. www.arcipiemonte.it/torino
Mostra al Luogocomune Fa tappa anche a Cremona la mostra itinerante Sulla stessa barca - Il fumetto incontra i popoli in fuga. La mostra sarà visitabile fino a sabato 28 febbraio, presso Luogocomune, centro sociale culturale Arci, a Cremona in via Speciano 4 (ingresso con tessera Arci 2015). Arci Cremona, circolo Arcicomics e circolo Arcipelago, con il patrocinio del Centro Fumetto ‘Andrea Pazienza’, invitano la cittadinanza a visitare la mostra e partecipare all’asta di beneficenza a sostegno del progetto umanitario in favore dei minori stranieri non accompagnati. L’iniziativa è nata da un’idea di Mario Benenati, dell’associazione culturale Fumettomania Factory, in collaborazione con Marco Grasso dello staff di Etna Comics e del Forum ZTN di Catania, dopo quel tragico 3 ottobre del 2013, quando oltre 360 naufraghi persero la vita al largo delle coste di Lampedusa. Hanno risposto all’invito a realizzare un’opera legata al tema della migrazione e dei popoli in fuga 55 autori provenienti da tutta Italia.
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culturascontata i tanti vantaggi della tessera Arci
w w w. a r c i / a s s o c i a r s i . i t a cura di Enzo Di Rienzo
Quando il cibo è sapere Roma - Museo Civico di Zoologia,
fino all’8 marzo. La mostra è un percorso sensoriale-cognitivo che condurrà il visitatore a vivere e sperimentare la Biodiversità alimentare di cinque Paesi (Albania, Benin, Palestina, Perù, Repubblica Democratica del Congo). Al termine del percorso un’area multimediale consentirà di approfondire i temi trattati attraverso la visione di videoreportage, di un corto di animazione e la sperimentazione di app e giochi online sul diritto al cibo. www.museodizoologia.it
Pais del cinema Roma - Museo di Roma in Tra-
stevere, fino all’8 marzo. Una mostra fotografica racconta il cinema e la società italiana degli anni ’60 attraverso le immagini del grande fotoreporter e fotografo Rodrigo Pais (1930- 2007). Una sezione speciale sarà dedicata all’indimenticabile Virna Lisi.In esposizione i film fotografati, molti tra i quali hanno lasciato un’indelebile traccia nella storia del nostro cinema, come Il sorpasso di Dino Risi, La ragazza di Bube di Luigi Comencini, L’eclisse di Michelangelo Antonioni, Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini. www.museodiromaintrastevere.it
Artisti in residenza: Cherimus - Valentina Vetturi Roma - Macro, fino al 1 marzo. Mo-
stra finale degli Artisti in Residenza, nuovo appuntamento del programma dedicato ai giovani artisti italiani e internazionali, cui il museo mette a disposizione uno studio e un appartamento per poter realizzare un progetto artistico originale, elaborato per l’occasione. I protagonisti di questa edizione speciale sono Cherimus (fondato nel 2007 a Perdaxius- Sardegna - da Marco Colombaioni, Matteo Rubbi e Emiliana Sabiu) e Valentina Vetturi (Reggio Calabria, 1979). www.museomacro.org
Timur Kerym - Incendayi Roma - Macro, fino al 1 marzo. La
mostra Roma e Istanbul, sulle orme della storia dell’artista turco Timur Kerim Incedayi, rappresenta un vero ponte fra Oriente e Occidente e, in particolare, fra Istanbul e Roma, due città, due storie e civiltà che nei secoli si sono confrontate e intrecciate per diversi e molteplici aspetti e che tornano a rispecchiarsi e confrontarsi proprio nella memoria pittorica e nella sua figurazione. www.museodizoologia.it
società
In Italia non si legge. Altri 820mila lettori persi nel 2014 Altre 820mila persone nel 2014 sono uscite dal mercato della lettura. L’Italia si conferma sempre più rallentata nei consumi culturali. Legge almeno un libro all’anno il 41,4% degli italiani, meno della metà della popolazione. Crollano i lettori deboli, che leggono tra 1 e 3 libri all’anno: nel 2014 sono diminuiti del 6,6%. Ma calano anche i lettori forti. Smettono di affezionarsi ai libri perfino le donne, che reggevano l’industria editoriale. Nel 2014 le lettrici sono state più dei lettori, ma si sono assottigliate dell’11,8% rispetto all’anno precedente. Il Nord legge più del Sud, ma perde il 4% circa nelle varie aree. Si salvano solo i ragazzi, metà dei quali, fino ai 18 anni, legge almeno un libro all’anno. L’Associazione italiana editori, che ha scattato questa fotografia impressionante sulla non lettura, ha deciso di stanare uno ad uno i ‘lettori dormienti’, convinta che l’unica soluzione possibile sia mettergli in mano un libro. È stata lanciata nei giorni scorsi la campagna Io leggo perché, una grande iniziativa nazionale di promozione del libro e della lettura rivolta ai non lettori, fondata sulla passione dei lettori di ogni età ed estrazione, come ha dichiarato il Presidente dell’Aie, ovvero la guerra dei lettori contro i non lettori. Una mobilitazione che prevede la distribuzione gratuita il 23 aprile, Giornata mondiale del libro, di 240mila volumi, corrispondenti a ventiquattro titoli scelti dagli editori, ristampati in una uniform edition. Una collana che punta sui classici: da Alessandro Baricco a Sveva Casati Modignani, da Massimo Carlotto ad Andrea Vitali. Tra gli stranieri, Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini, e Daniel Pennac. E due romanzi che dovrebbero riscoprire anche quelli che ancora leggono: Quando sei nato non puoi più nasconderti di Maria Pace Ottieri (Nottetempo) e Il corvo di Kader Abdolah (Iperborea), iraniano, rifugiato in Olanda. I libri donati dall’Aie saranno accessibili ai non vendenti, ma non saranno pubblicati in ebook, pur usando tutti gli stratagemmi della rete. La loro consegna avverrà tramite dei ‘Messaggeri’. Se il 23 aprile qualcuno vi fermerà per strada e vi regalerà Margaret Mazzantini,
Silvia Avallone o Andrea De Carlo, non spaventatevi: sono i volontari di Io leggo perché, reclutati nelle scuole e nelle
università. Ci saranno testimonial vip. I primi quattro sono Lella Costa, Arturo Brachetti, Linus e Vittorio Brumotti. Il 23 aprile l’Italia diventerà una libreria a cielo aperto con eventi a Torino, Vicenza, Roma, Cosenza e Sassari per Piazza un libro e la diretta di Rai 3 dalla Milano dell’Expo, in prima serata. I libri saranno distribuiti anche su 500 regionali e sui Frecciarossa. Gli studenti potranno giocare a Crossa un libro, scrivendo sui post-it le loro citazioni preferite e scambiandosele. Uno sforzo immane, che coinvolge una settantina di addetti ai lavori. Gli scrittori selezionati hanno rinunciato al diritto d’autore. Ora tocca ai non lettori farsi avanti per condividere questo piacere.
arcireport n. 5 | 12 febbraio 2015 In redazione Andreina Albano Maria Ortensia Ferrara Direttore responsabile Emanuele Patti Direttore editoriale Francesca Chiavacci Progetto grafico Avenida Impaginazione e grafica Claudia Ranzani Impaginazione newsletter online Martina Castagnini Editore Associazione Arci Redazione | Roma, via dei Monti di Pietralata n.16 Registrazione | Tribunale di Roma n. 13/2005 del 24 gennaio 2005 Chiuso in redazione alle 19 Arcireport è rilasciato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione | Non commerciale | Condividi allo stesso modo 2.5 Italia
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