Recupero Prestazionale e Funzionale dell'edificio EX INAM di Rimini (1960-1963)

Page 1

ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria Edile – Architettura

SCUOLA DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA - Dipartimento di Architettura Tesi di laurea in Recupero e Conservazione degli Edifici

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963) Tesi di laurea di Arianna Guerrini Relatore Chiar.mo Prof. Riccardo Gulli Correlatori Prof. Ing. Giorgia Predari - Ing. Marco Pasquini A.A. 2018/2019


ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SCUOLA DI INGEGNERIA E ARCHITETTURA Dipartimento di Architettura Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria Edile – Architettura

Tesi di laurea in

Recupero e Conservazione degli Edifici

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Tesi di laurea di

Arianna Guerrini Relatore

Chiar.mo Prof. Riccardo Gulli Correlatore

Prof. Ing. Giorgia Predari Ing. Marco Pasquini

Anno Accademico 2018/2019 Sessione III



A Ferino che mi ha trasmesso la passione per la matematica Alle mie nonne Concetta e Maria A Enrica A Elisa A Federico

 



Ci sono opere del passato, certe chiese, certi palazzi, che oggi sono utilizzate in modo diverso, sono sopravvissute pur cambiando la loro funzione: ancora oggi le usiamo, le frequentiamo. Questo succede perché ciò che è rimasto non è l’utilità che avevano all’epoca, ma è la bellezza; la bellezza e la poesia sono sopravvissute al tempo. (Oscar Niemeyer)



3.3.6.1 3.3.6.1.1 3.3.6.1.2 3.3.6.2 3.3.6.2.1 3.3.6.2.2 3.3.6.3 3.3.6.3.1 3.3.6.3.2

4.

Indice 1.

Introduzione

13

2.

Analisi Storica

15

2.1 L’Architetto Francesco Santini (Bologna 1904-1976) 2.1.1 La vita e l’attività professionale 2.1.2 Le opere 2.2 Rimini: breve analisi dell’evoluzione storica delle mura cittadine 2.2.1 2.2.2 2.2.3 2.2.4 2.2.5

L’epoca romana: dalla fondazione al III secolo d.C. Il Medioevo: VII - XIII secolo L’epoca malatestiana: XIV - XV secolo L’età moderna: dal XVI al declino del sistema difensivo XIX-XX secolo: le trasformazioni urbane

16 16 16 17

17 18 19 19 19

2.3 Rimini dal Secondo Dopoguerra: la rinascita post bellica

20

2.4 L’edificio nel progetto del 1960

21

2.3.1

3.

Lo Sferisterio

L’Edificio allo stato attuale

3.1 Riferimenti normativi 3.2 Descrizione dell’opera 3.2.1 3.2.2

Inquadramento territoriale Accessi

3.3 Descrizione del sistema costruttivo 3.3.1 Materiali impiegati 3.3.2

Pilastri

3.3.2.1 Progetto della sezione 3.3.2.2 Distribuzione delle staffe

3.3.3

3.3.3.1 3.3.3.1.1 3.3.3.1.2 3.3.3.2 3.3.3.2.1

3.3.4 3.3.5

54 54 55

55

Solai Analisi dei carichi Flessione Semplice Copertura Analisi dei carichi

55 55 56 56 56

Analisi delle tamponature esterne Scala interna

3.3.5.1 Analisi dei carichi

3.3.6

54 54

Analisi degli orizzontamenti

3.3.4.1 Analisi dei carichi

Travi

4.3.1 4.3.2

57 57

58

58

58

Caratteristiche dell’edificio Caratteristiche del sito

4.4 Livelli di conoscenza 4.4.1

5.

Definizione del modello di riferimento per le analisi

Modellazione Strutturale

5.1 Considerazioni generali 5.2 Dati di input per la modellazione 5.2.1 5.2.2

103

Geometrie Materiali

109 109

111

111

135 136 136

136 137

5.2.2.1 Calcestruzzo 5.2.2.2 Acciaio

138 138

5.3 Metodi di analisi

138

5.3.1

Analisi Pushover

5.3.1.1 Risultati 5.3.1.2 Cause del collasso

139 140 141

5.4 Caratteristiche di sollecitazione

152

5.5 Modi di vibrare

153

5.4.1 5.4.2 5.4.3 5.4.4

52 52

52 53

La Vulnerabilità Sismica In Italia

58 58 59 59 59 60 60 60 60

4.1 Storia delle normative sismiche italiana e degli eventi che ne hanno stimolato lo sviluppo 104 4.2 Il caso di Rimini 107 4.3 Valutazione della vulnerabilità sismica 109

20

51

Travi principali di bordo Analisi dei carichi Flessione Semplice Travi principali di centrali Analisi dei carichi Flessione Semplice Travi secondarie Analisi dei carichi Flessione Semplice

6.

Taglio Tx Taglio Ty Momento Mx Momento My

Intervento Architettonico

6.1 Riferimenti normativi 6.2 Inquadramento generale 6.2.1 6.2.2

Richieste progettuali Storia delle normative antincendio in Italia

6.2.2.1 L’analisi della normativa in ambito scolastico

152 152 153 153

157 158 158

158 158 159

6.3 Limiti progettuali riscontrati

159

6.4 Progetto architettonico

165

6.3.1 6.3.2 6.4.1

Vie di uscita Scala antincendio

Dimensionamento aule e laboratori

6.4.1.1 Distribuzione dei posti a sedere 6.4.1.2 Sistemazione dei posti a sedere

6.4.2

Dimensionamento uffici

164 164

165 165 165

166 9


6.4.3 6.4.4 6.4.5

7.

Spazi per la distribuzione e spazi per i servizi igienico-sanitari Intervento edilizio Interventi esterni

Rinforzo Strutturale

7.1 Riferimenti normativi 7.2 Considerazioni generali 7.3 Progetto di rinforzo strutturale 7.3.1 7.3.2 7.3.3 7.3.4 7.3.5 7.3.6 7.3.7 7.3.8

Variazione dei carichi Intervento di rinforzo dei solai Setti Intervento a taglio sulle travi Intervento a essione sulle travi Intervento a taglio sui pilastri Dati di input per la modellazione Analisi Push-Over

7.3.8.1 Risultati 7.3.8.2 Cause del collasso

166 167 169

217 218 218 219

219 219 220 220 222 223 224 224 224 224

8.

Conclusioni

239

9.

Normativa Di Riferimento

243

10. BibliograďŹ a

245

11. SitograďŹ a

247

10




1. Introduzione


che ha evidenziato come l’edificio, progettato in anni in cui Rimini non era classificata come zona sismica, cosa che avverrà nuovamente solo dal 1983, non soddisfa i criteri di resistenza imposti dalle attuali normative tecniche. In particolare, il nodo che presenta maggiori criticità è dove si incontrano i due corpi di fabbrica della “L” e dove sono inoltre presenti i collegamenti verticali ad apportare ulteriori criticità. Parallelamente si è redatto il progetto architettonico, corredato dal progetto di prevenzione incendi, per la nuova destinazione d’uso dell’immobile: dovrà ospitare aule, laboratori, studi docenti e uffici tecnici-amministrativi a servizio del Dipartimento di Scienze della Qualità della Vita (QUVI) dell’Università di Bologna. Le scelte operate hanno tenuto conto delle vulnerabilità riscontrate, con l’obiettivo di ricercare il miglior compromesso tra progetto architettonico e progetto di miglioramento sismico, in modo da rendere l’edificio funzionale rispetto alla nuova destinazione d’uso migliorandone al tempo stesso la risposta nei confronti del sisma. Si è quindi passati alla fase di progettazione degli interventi di miglioramento sismico al fine di ridurre e, ove possibile, eliminare le vulnerabilità riscontrate in fase di analisi: si sono inseriti due elementi resistenti in c.a. al piano interrato in corrispondenza del vano scala collaborante ai fini della resistenza orizzontale. A seguito di questo intervento la risposta globale dell’edificio è notevolmente migliorata, arrivando a presentare solo altre due criticità: la resistenza al taglio non viene verificata per la trave-cordolo del setto perpendicolare al vano scale e per il pilastro del vano scale al piano terra. Per entrambi gli elementi si è pensato ad un intervento con materiali fibrorinforzati.

Immagine 1.1

Vista dell’edificio da via Circonvallazione Occidentale

La presente tesi ha come obiettivo l’analisi della vulnerabilità sismica dell’edificio “Ex INAM”, sito a Rimini in via Circonvallazione Occidentale 57, e la redazione di un progetto di rifunzionalizzazione e miglioramento sismico dello stesso. I disegni del progetto di massima dell’edificio sono datati dicembre 1960 ad opera dell’architetto bolognese Francesco Santini. La costruzione ha luogo in una porzione di terreno facente parte delle allora mura storiche delle città di Rimini dove si trovava l’antico Gioco del Pallone. Lo sferisterio venne costruito a partire dall’ottobre del 1815 e, venuta meno la sua primaria funzione, nel secondo Dopoguerra, venne demolito completamente per far spazio all’attuale edificio dell’AUSL e ad un asilo comunale. Dal progetto alla costruzione passano pochi anni poiché, da foto storiche, sappiamo che già nel 1963 la parte strutturale era completata. L’ossatura portante è in calcestruzzo armato a formare una “L” nel cui snodo sono presenti i collegamenti verticali a servizio dei quattro piani fuori terra e dell’interrato: fino ad oggi l’edificio ha ospitato e ospita ambulatori e uffici a servizio dell’AUSL Romagna – Sede di Rimini. Se, in prima battuta, si ipotizzava una serie di portali trasversali collegati dai solai, il sopralluogo ha portato in luce come invece l’impianto non si basi su dei telai bidimensionali, ma su una struttura concepita tridimensionalmente: si hanno quindi le due travi di bordo e centrale a sostenere i solai e una serie di travi secondarie di collegamento. Parallelamente all’analisi storica dell’edificio, che non ha subito molte modifiche dal progetto iniziale, si è svolta un’indagine conoscitiva volta a costruire una base fondata e il più possibile completa della struttura del fabbricato, così da proporre in un secondo momento un intervento architettonico adeguato e consapevole. Poiché l’analisi storico-critica nei vari archivi ha portato a un livello di conoscenza LC1, in quanto non sono stati ritrovarti disegni storici dei dettagli costruttivi, ma solo il progetto di massima di piante e prospetti, si è svolto un progetto per la definizione della campagna di indagini e prove da effettuare per raggiungere un livello di conoscenza LC2 sulle caratteristiche materico-costruttive. Terminata questa fase di analisi sulla caratterizzazione materico - costruttiva degli elementi strutturali dell’immobile, si è eseguita una valutazione della vulnerabilità sismica grazie all’utilizzo del programma di modellazione strutturale STS - CDSWin 14


2. Analisi Storica


2.1.2

Le opere

LE POPOLARISSIME (via Pier De Crescenzi, Bologna 1935-1936 e via Vezza 1394-1939)

2.1 L’Architetto Francesco Santini (Bologna 1904-1976) 2.1.1 La vita e l’attività professionale Francesco Santini nasce a Bologna nel 1904, frequenta il regio Istituto Tecnico di Bologna, ottenendo la licenza nella sezione Fisica-Matematica nel 1924. Lo stesso anno si iscrive all’Accademia delle Belle Arti di Bologna e due anni dopo consegue il diploma di professore di disegno architettonico: inizia così la sua attività collaborando con architetti bolognesi già affermati. Successivamente si trasferisce a Roma dove si laurea in Architettura nel 1937 presso l’Università La Sapienza: è durante questi anni che conosce ed è allievo di Marcello Piacentini. Vincitore di numerosi concorsi nazionali, dalla fine degli anni Venti avvia una attività intensissima e diventa uno dei protagonisti più attivi in ogni campo della professione a Bologna e non solo. Grazie ad una sapiente pratica del mestiere realizza un numero considerevole di opere, dedicando presto gran parte della sua attività come progettista, tra il 1932 e 1962, prima per lo I.F.A.C.P. Immagine 2.1 Francesco Santini  (Istituto Fascista Autonomo Case Popolari), divenuto poi I.A.C.P. (Istituto Autonomo Case Popolari, oggi Acer) per il quale lavora nell’arco dei tre decenni, a volte senza figurare quale vero autore delle opere. L’Istituto, presieduto negli anni trenta da Augusto Baulina Paleotti, e tra i suoi consiglieri Paolo Dore (preside della facoltà d’Ingegneria), nel 1934 bandì un concorso nazionale per “fabbricati ed alloggi destinati a famiglie numerose”, aggiudicato al gruppo milanese di Franco Albini, Renato Camus e Gianfranco Palanti che propongono nei loro progetti le soluzioni dell’”existenz-minimum”. L’istituto bolognese però trovò le soluzioni proposte dal gruppo inadeguate e incaricò il giovane architetto di rivedere i progetti. Egli, attento alle norme dell’ingegneria sanitaria come orientamento, ventilazione, larghezza della strada, ecc, adotta i principi alla base dell’esperienza delle Siedlung del Razionalismo Europeo: blocchi accostati in file parallele perfettamente orientati, separati tra loro da giardini passanti che accolgono gli spazi-gioco per bambini, l’asilo nido e i locali del “gruppo rionale fascista”. I progetti di Santini per l’Istituto passano da varie mostre nazionali a quelle di Vienna e Ginevra del 1935, ottenendo grandi consensi. Fu poi lui affidato l’incarico per la “città-giardino” del Villaggio della Rivoluzione Fascista alla Pineta Zangheri, nei pressi del Littoriale di Bologna e anche in questo caso l’architetto si rifà a storici esempi virtuosi del tempo come il Weissenhof di Stoccarda (1928), seguendo così l’esempio dei migliori esponenti dell’architettura moderna (Le Corbusier, Bruno Taut, Ludwig Mies van der Rohe). Con questi lavori, insieme a quelli elaborati per la nuova Via Roma (oggi via Marconi), Santini occupa una posizione preminente nell’ultima stagione del razionalismo bolognese. Nel dopoguerra Santini prosegue la collaborazione con I.A.C.P., confermandosi l’autore di gran parte degli interventi edilizi che caratterizzano la nuova espansione urbana bolognese. Nel contempo collabora attivamente con gli imprenditori privati, spesso impegnandosi nell’opera di ricostruzione e riqualificazione post bellica del centro storico della città, e nelle lottizzazioni che affiancano l’intervento pubblico di configurazione della periferia. Tra il 1955 e il 1958 è presidente dell’Ordine degli Architetti dell’Emilia Romagna, nonché membro dell’Accademia Clementina. Tra il 1954 e il 1959 partecipa a progetti per l’INA CASA; negli anni 1956-1960 progetta e realizza edifici per l’INAM. Sono diversi i campi in cui si applica, dall’edilizia privata a quella pubblica, dalla decorazione, ponendo grande attenzione nell’impiego dei colori (si pensi alla villa in via XII Giugno ricoperta di mosaici bianchi e verdi che nel secondo Dopoguerra destò scandalo in città) ai progetti urbanistici.

Immagine 2.2

F. Santini e Ufficio Tecnico I.F.A.C.P., Bologna, Case “Popolarissime” in via Pier De Crescenzi.

Immagine 2.3

F. Santini e Ufficio Tecnico I.F.A.C.P., Bologna, Case “Popolarissime” in via Vezza.

VILLAGGIO DELLA RIVOLUZIONE (via Irma Bandiera 1936-1938) I lavori iniziarono il 19 agosto 1937 e terminarono il 28 ottobre dell’anno successivo. L’insediamento è composto da 16 fabbricati con 78 appartamenti, 11 villette binate, 3 fabbricati medi a 8 appartamenti, 2 fabbricati più grandi con doppie scale e 16 appartamenti. L’asilo nido (1938) realizzato all’interno, in un edificio a due piani, con soggiorno, refettorio, stanze di riposo, bagni, cucina, saletta per la direzione e per il medico, costituisce una realizzazione unica per l’epoca, ampiamente ispirato a criteri “montessoriani”.

Immagine 2.4 F. Santini, Bologna, Villaggio della Rivoluzione Fascista, scorcio di via Irma Bandiera e Asilo del Villaggio 1936 - 38.

16


VILLAGGIO DUE MADONNE (piazza Lambrakin, Bologna 1954) Il villaggio sorge a fianco della via Emilia, in corrispondenza del confine est della città. Analoga posizione era stata assegnata pochi anni prima al Villaggio INA Casa di Borgo Panigale, all’estremità ovest del territorio comunale. I due quartieri assumono di conseguenza un significato emblematico, come nuove porte della città, inserendosi inoltre tra le prime realizzazioni del piano INA Casa a scala di quartiere. L’insediamento è dotato di tutti i servizi necessari e gli edifici sono conformati ad una disposizione planimetrica molto articolata, con uno studio attento degli spazi di relazione comune e dei percorsi di servizio.

Immagine 2.7  Insegna in marmo sotto al portico di via Indipendenza del Cinema Metropolitan; le Officine Minganti

Tra le sue opere principali si riporta anche la parte artistica dell’albergo Roma in via D’Azeglio (1934), il padiglione del Grano alla I Mostra corporativa dell’agricoltura ai Giardini Margherita (1935), il palazzo per le abitazioni e uffici dell’INAIL in via Amendola (1938), la sistemazione urbanistica della Zona della Canapa in via Beverara (1940), casa Baravelli in via degli Orti (1951), il complesso residenziale INA-casa a Borgo Panigale (1951) con altri architetti, gli immobili Frabboni in via Irnerio e via del Bordo (1955).

Immagine 2.5  Villaggio INA-Casa Due Madonne, piazza Lambrakis, Bologna 1954

PALAZZO FACCETTA NERA (attuale via Marconi, già via Roma Bologna 1936) Tale palazzo viene realizzato all’interno del progetto urbanistico di copertura dei canali Reno e Cavaticcio.

Immagine 2.8  Esterno dell’hotel Roma in via D’Azeglio; Padiglione del Grano; uffici INAIL in via Amendola

2.2 Rimini: breve analisi dell’evoluzione storica delle mura cittadine1 2.2.1

Immagine 2.6  Palazzo Faccetta Nera, via Marconi, Bologna 1936

CINEMA METROPOLITAN (via Indipendenza 28, Bologna) Santini lavora al recupero del famoso Teatro Apollo (costruito nel 1912) dopo che il bombardamento del 1943 lo ridusse in macerie, trasformandolo in un cinema. Ora è sede di un’attività commerciale, ma è visibile ancora l’insegna in marmo collocata nel pavimento del portico. OFFICINE MINGANTI (via della Liberazione, Bologna) La ditta Minganti, fondata da Giuseppe Minganti (1889-1947), si occupa di costruzione di macchine utensili e ben presto diviene concorrente ed erede delle grandi aziende meccaniche bolognesi, dalla Calzoni alla Barbieri. Le macchine utensili (trapani, torni, fresatrici, ecc.), prodotte soprattutto per la Fiat e la Riv, costituiscono gli strumenti di base delle officine e delle imprese meccaniche. Negli anni Venti il tornio idraulico Minganti, presentato all’Esposizione industriale di Parigi, acquista notorietà internazionale. Nel 1947 la ditta verrà guidata da Gilberta Minganti, che la erediterà dal marito, inaugurando l’esperienza imprenditoriale femminile nell’area bolognese. Le macchine Minganti saranno protagoniste anche nell’avventura spaziale: produrranno infatti un pezzo dell’astronave russa, che nel 1957 porterà la cagnetta Laika in orbita attorno alla terra. Il nuovo stabilimento, situato tra via della Liberazione e via Ferrarese, viene progettato dall’architetto Santini nel 1957 e costruito tra il 1960 e il 1963. Le Officine Minganti saranno dismesse alla fine del ‘900 e nel 2006 diventeranno un centro commerciale.

L’epoca romana: dalla fondazione al III secolo d.C.

È accertato che la fondazione della colonia di diritto latino Ariminum risale al 268 a.C. e, come per le altre città di origine latina, anche a Rimini il circuito murario determinò “l’assetto e la vita della città sotto diversi aspetti: da quello più scontato, di tipo defensionale, a quello urbanistico, come elemento di definizione spaziale e funzionale dell’area destinata allo stanziamento della comunità civica.”2 La posizione di Rimini era un punto chiave nella penisola: “a cavallo dello spartiacque fra mondo di fede romana e aree galliche e celtiche, stazione di passaggio fondamentale fra l’Italia centrale e la Padania, che permetteva, attraverso le valli del Savio e del Marecchia, di evitare le maggiori asperità della formazione appenninica.”3 Rimini è uno dei primi esempi di approccio urbanistico tipico romano in Romagna: la centuriazione avveniva mediante la suddivisione delle aree secondo gli assi celesti N-S (cardines) e E-O (decumani). L’andamento dei fiumi che confluivano verso il mare fecero sì che il cardo maximus (attualmente via Garibaldi, via IV Novembre e via Clementini) avesse orientamento SO-NE: la città si trovava così ubicata tra i due corsi d’acqua del Marecchia e dell’Ausa, nell’avvallamento venutosi a creare dal mare verso l’interno. I lavori di esecuzione della cinta muraria si protrassero abbastanza a lungo per l’entità dell’opera, ma furono avviati e compiuti nel minor tempo possibile: nel 236 a.C. la linea difensiva di Ariminum era definitivamente impostata e riuscì a proteggere la città dalle scorrerie galliche. Venutosi a stabilire un periodo di quasi un secolo di pace, sulle strutture di età coloniale vennero eseguite opere di restauro o potenziamento.

1

Cfr. M.Bramucci, A. Vicini, Progetto di valorizzazione delle mura di Rimini. Conoscenza, utilizzo e conservazione, Tesi di Laurea 2012

2

J. Ortalli, Ariminum e le sue mura, in: Porta Montanara. Un monumento restituito alla città, Comune di Rimini, Rimini 2006, pag. 133

3

D. Giorgetti, Geografia storica ariminense, in: Analisi di Rimini antica. Storia e archeologia per un museo, Comune di Rimini, Rimini

1980, pag. 93

17


che si stava attraversando e l’impedimento che la rigida perimetrazione dello spazio urbano costituiva per il crescente sviluppo edilizio fecero sì che in “piena età imperiale le mura riminesi versassero in uno stato di relativo abbandono”5. Nella seconda metà del III secolo d.C., con le prime scorrerie barbariche, la funzione difensiva delle mura tornò in auge segno del cambiamento dei tempi e della fine della pax romana6: il tracciato delle mura tardoantiche correva per circa 2.5 km e ricalcava esattamente, nei settori meridionale e orientale, il percorso di quelle di età repubblicana; nel settore settentrionale le mura furono invece costruite ex-novo, con grande rapidità e minore cura, per rafforzare i lati difesi dal mare e dal fiume Marecchia: elementi naturali ritenuti non più sufficienti contro il pericolo delle invasioni. Alte in alcuni punti fino a sette metri e spesse tre, erano dotate probabilmente anche di un cammino di ronda in sommità e circondate da un fossato, come testimonia l’esistenza di un notevole dislivello tra il piano di calpestio interno, più elevato, e quello esterno.7 A ridosso dell’Anfiteatro le nuove mura verso l’Adriatico, furono costruite quando il grande edificio era già in rovina, a seguito delle prime incursioni barbariche, e non si esclude che lo stesso monumento possa essere divenuto proprio in quel periodo cava di materiale di riuso per la cinta aureliana. Lo stesso anfiteatro divenne inoltre parte integrante del sistema difensivo, come una sorta di saliente avanzato sul mare, dopo la chiusura delle arcate del lato settentrionale del monumento.8 Dall’Anfiteatro le mura procedevano parallelamente al decumano fino all’incontro con il cardo massimo, da dove arretravano con decisione assecondando la linea di costa, mentre lungo il fiume Marecchia il tracciato è di difficile identificazione. Del tracciato delle mura tardoantiche rimangono resti evidenti in tutta la città, con frammenti e brevi tratti accertati in via dei Molini, ai lati dell’Arco di Augusto, nel lungo rettilineo compreso tra via Minghetti e via Bastioni Orientali fino all’Anfiteatro, in vicolo Mastini, via Cattaneo, piazza Ferrari e nel cortile esterno del Collegio dei Gesuiti.

2.2.2

Immagine 2.9  Pianta di Rimini romana (restituzione da diverse fonti). Credits: G. Gobbi, P. Sica, “Le città nella storia d’Italia - Rimini” Il tracciato di fondazione identificato o ipotizzabile è indicato con la linea tratteggiata al disopra del tessuto attuale della città: 1. Porta Montanara; 2. Arco di Augusto; 3. Ponte di Tiberio; 4. Ponte sull’Ausa; 5. Teatro; 6. Anfiteatro; 7. Resti della pavimentazione stradale; 8. Mura Aureliane (ritrovamenti e percorso presunto); 9. Reperti significativi di strutture murarie, mosaici, ecc.; 10. Percorso della Fossa Patara.

Con l’apertura della via Flamina, collegamento diretto con Roma, nel 220 si stabilì sempre più l’importanza della città nell’assetto dello stato romano che culminò con l’attribuzione del titolo di Colonia Augustea da parte dell’imperatore Augusto nel 27 a.C. Fu lo stesso Augusto ad attuare importanti edificazioni e ristrutturazioni alla città, compreso anche il ripristino di alcuni tratti della cinta muraria: rafforzate da torri e da lunghi rettifili, il tracciato cambiava direzione nella zona della attuale Rocca Malatestiana e sfruttava, ove possibile, cordoni naturali di terreno più elevati rispetto alle aree circostanti. Il rialzo naturale fu sfruttato anche in corrispondenza del torrente Ausa dove le mura furono erette sopra ad una scarpata, con una sopraelevazione di circa due metri, per questi motivi la cinta muraria seguiva un tracciato in gran parte autonomo dalla scacchiera ortogonale dell’impianto urbano. Nelle mura si aprivano quattro porte poste in corrispondenza del cardo e del decumano massimo: porta Meridionale (o Montanara), porta Orientale (o Romana) sostituita dall’arco di Augusto che dava accesso al ponte sull’Ausa, porta Occidentale (o Gallica) e porta Marina. Delle ultime due porte non è stata rinvenuta alcuna traccia.4 Sempre a questa epoca imperiale e ad Augusto si devono i primi lavori per la costruzione del ponte in pietra a cinque arcate sul Marecchia (14 d.C), opera inaugurata nel 21 d.C. sotto la guida dell’imperatore Tiberio succeduto ad Augusto. A partire dalla prima età imperiale, l’originaria finalità strategica del circuito murario fu destinata a scemare: il periodo di pace 4

D. Giorgetti, Geografia storica ariminense, in: Analisi di Rimini antica. Storia e archeologia per un museo, Comune di Rimini, Rimini

1980, pag. 98

18

Il Medioevo: VII - XIII secolo

L’organizzazione della città nel periodo medioevale prevedeva che il nodo delle funzioni e delle attività si sviluppasse a partire da Piazza della Fontana; qui avevano sede i poteri religiosi e civili: verso ovest si sviluppava il cuore dell’organizzazione ecclesiastica con il vescovado e le residenze attorno alla cattedrale di Santa Colomba mentre il potere politico e militare si snoda in quella parte della città detta “Corte dei Duchi”. Tutto intorno si sviluppava la realtà cittadina: “casette e casupole basse addossate le une alle altre, o intervallate da orti e scarichi, cui chiesette e parrocchie davano un senso. [...] Il senso del tracciato ordinato cardo-decumano, dell’allineamento, si era ormai perduto”.9 È dopo l’anno 1000 che Rimini vede un nuovo sviluppo urbanistico: in una bolla di papa Niccolo II del 1059 si menziona già il nuovo porto sul Marecchia resosi necessario a causa dell’insabbiamento del vecchio scalo sull’Ausa, questo farà si che l’espansione urbana avvenga ora verso nord e nord-est.10 La città si popola quindi di piccoli borghi che nascono al di fuori delle mura: borgo San Giuliano, Oltremarecchia, si dota anche di una cinta muraria. La nuova linea di mura di cui si dota la città di Rimini si pone come coronamento di della fase comunale dello sviluppo della città: non fu dovuto a esigenze di espansione dell’area urbana o all’insufficienza di aree edificabili entro i vecchi limiti difensivi; al contrario, all’interno della vecchia cinta romana si estendevano ampie superfici non edificate, utilizzate in prevalenza come orti; le mura esistenti e il vecchio tracciato romano funzionavano come “infrastruttura”, ben lontano dalla saturazione, tanto che, in alcuni punti, parte delle mura erano diventate parte integrante di torri gentilizie, nuovi edifici e anche delle più povere abitazioni11. Si era perduto, in sostanza, quello spazio di rispetto che costituisce un elemento fondamentale di ogni sistema difensivo. La vecchia cinta non fu smantellata con la costruzione del nuovo sistema difensivo: essa viene ricordata in numerose fonti notarili del XV secolo come “murus vetus” o “murus antiquus” e appare addirittura nel bassorilievo del Cancro all’interno del Tempio Malatestiano. Nella famosa raffigurazione scolpita da Agostino di Duccio una doppia cerchia chiude la città sul lato rivolto verso il Marecchia, a mare del Ponte di Tiberio, a testimonianza della coesistenza delle due cinte murarie12. Motivazioni di natura fiscale e esigenze difensive fecero sì che, su suggerimento dello stesso Federico II, nel 1225 si diede inizio alla costruzione della nuova cerchia, come menziona la Cronaca dei Malatesta di Fra Roberto da Rimini: si menziona esplicitamente il primo tratto lungo il corso antico del Marecchia, compreso tra il Ponte di Tiberio e il ponte Gemboruto, mentre per le altre parti i lavori si protrassero per alcuni decenni, andando a sostituire le fosse, i terrapieni e le palizzate provvisorie 5

J. Ortalli, Ariminum e le sue mura, in: Porta Montanara. Un monumento restituito alla città, Comune di Rimini, Rimini 2006, pag. 140

6

G. Gobbi. P. Sica, Le città nella storia d’Italia. Rimini, Editori Laterza, Bari 1982, pag. 26

7

J. Ortalli, Ariminum e le sue mura, in: Porta Montanara. Un monumento restituito alla città, Comune di Rimini, Rimini 2006, pag. 142-

144 8

G. Gobbi. P. Sica, Le città nella storia d’Italia. Rimini, Editori Laterza, Bari 1982, pag. 26

9

Ivi pag. 33

10

Ivi pag. 37

11

G. Gobbi. P. Sica, Le città nella storia d’Italia. Rimini, Editori Laterza, Bari 1982, pag. 47

12

O. Delucca, L’abitazione riminese del Quattrocento, vol. II, Patacconi, Rimini 2006, pag. 909


medioevali, andandosi a concludere tra la fine del XIII e inizio del XIV secolo. Il nuovo giro di mura seguiva in gran parte quello delle mura romane, eccetto che nel settore nord-orientale: tutta la parte a monte della città, dall’anfiteatro al ponte di Tiberio, procedeva ad una distanza quasi costante di 30 metri dalle mura preesistenti, con un andamento rettilineo nel lato sud-orientale e curvo in quello occidentale13.

2.2.3

L’epoca malatestiana: XIV - XV secolo

Nella seconda metà del 1500, viene prodotta e diffusa la prima cartografia di Rimini: una veduta prospettico-assonometrica contenuta nell’opera di Giorgio Braun, Simone Novellanus, Francesco Hogenberg, Civitates Orbis Terrarum: “la veduta mostra la città chiaramente definita nel suo circuito murario a cortina semplice, con fortificazioni più consistenti, com’è ovvio, dalla parte del mare. Le proporzioni e i rapporti, però, sono in gran parte falsati. L’asse urbano costituito dall’antico decumano, è enfatizzato nella larghezza rispetto alle altre strade, mentre tutta l’area a sud del cardo risulta assai contratta rispetto alla realtà”17.

I Malatesta provvidero ad un’estesa opera di rifortificazione della città e dei suoi borghi nel XIV e nel XV secolo. Nel 1352 fecero costruire una nuova cinta di ampliamento del borgo S. Giuliano, mai urbanizzato ma divenuto “Orto dei Cervi”, parco e piccola tenuta di caccia della famiglia Malatesta. All’inizio del XV secolo, Carlo Malatesta modificò il tracciato delle mura nel lato a mare per includere due conventi venutisi a creare: questo è l’ultimo intervento sulla cerchia di mura medioevali, sulla quale si tornerà a metter mano più tardi soltanto con azioni di ripristino conseguenti a crolli, invecchiamento o eventi catastrofici. Con la salita al potere di Sigismondo Malatesta nel 1432 inizia per Rimini un periodo di fioritura rinascimentale: in città arrivano grandi artisti che con i proprio modelli celebreranno la città e la famiglia Malatesta. Nel 1437 inizia la costruzione del Castello a sottolineare la potenza della famiglia Malatesta che abbandona il contado per approdare in città: già precedentemente erano state trasformate in residenziali le torri già presenti nell’area del futuro Castello grazie ad un accordo tra la potente famiglia e il Comune, ma solo con l’opera di Sigismondo si viene a creare un vero e proprio castello dotato di difesa murata all’interno della città. La costruzione del castello, delle sue mura e del fossato comportarono la demolizione di antichi edifici presenti nel territorio: un battistero paleocristiano o romanico, il palazzo del Vescovo e persino lo scapitozzamento del campanile della Cattedrale. Non fu un problema per Sigismondo avere l’autorizzazione per queste demolizioni in quanto era ormai signore incontrastato14. Terminata la costruzione del Castello nel 1446, Sigismondo si mette all’opera per la costruzione del tempio di famiglia. Ottiene dal papa Niccolò V l’autorizzazione a restaurare la cappella di famiglia, ma fra 1449 e 1452 vi è il decisivo cambiamento di indirizzo: da questo momento Sigismondo si affida alla cultura umanistica per la ridefinizione architettonica del monumento: sul cantiere troviamo illustri nomi come Matteo de’ Pasti, Agostino di Duccio, Piero della Francesca e Leon Battista Alberti.

Immagine 2.11  L’immagine di Rimini divulgata dalla prima carta a stampa è quella contenuta nelle Civitates Orbis Terrarum di Braun e Hogenberg, prototipo e modello, grazie alla diffusione di quest’opera, di tutte le successive cartografie di tipo vedutistico della città fino al XVIII secoolo. Credits: G. Gobbi, P. Sica, “Le città nella storia d’Italia - Rimini”

Il quadro generale che seguirà e che emerge dai documenti storici e dalle cronache locali è quello di una lenta decadenza del sistema difensivo: sul finire del XVII secolo le mura cittadine versavano in uno stato miserabile poiché in parte erano state distrutte negli anni dalla furia del Marecchia: le inondazioni del Marecchia furono anche successivamente un grosso problema per la città e interessarono più volte in maniera diretta le mura poiché il corso del fiume, molto ampio, si spingeva fino ai bastioni.18 Immagine 2.10  Particolare del bassorilievo del Cancro, Agostino di Duccio nel Tempio Malatestiano (cappella dei Pianeti) 1450 circa; il Castello e il Tempio nella struttura urbana di metà del XV secolo. Credits: G. Gobbi, P. Sica, “Le città nella storia d’Italia - Rimini”

2.2.4

L’età moderna: dal XVI al declino del sistema difensivo

Dalla fine dell’egemonia dei Malatesta nel XV secolo , Rimini attraversa un periodo di instabilità politica, passando dai Veneziani, alla Chiesa, sotto la guida di Cesare Borgia, detto il Valentino, per poi ritornare sotto il dominio papale15. Adimario Adimari propose tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo un progetto di ristrutturazione, ampliamento e regolarizzazione dell’impianto urbano che prevedeva la costruzione di un nuovo giro di mura. Nell’angolo orientale delle mura, al posto di un bastione, è prevista una piccola cittadella: un’idea analoga a quella delle fortificazioni sabaude, anche se in forma molto più ridotta e più arretrata rispetto al tracciato difensivo16.

2.2.5

XIX-XX secolo: le trasformazioni urbane

A differenza di altre città (Firenze e Milano, ma anche Bologna, Modena e Forlì) a Rimini non si pensò mai tuttavia ad un progetto completo di demolizione delle mura e di trasformazione del suo sedime in viali di circonvallazione, giardini o passeggiate: la strada di circonvallazione fu realizzata molto presto ma solo in pochi punti interessò la cinta muraria. Nel 1829 si costruì la strada di circonvallazione esterna che, dalla via Flaminia, all’esterno del borgo San Giovanni, seguendo il perimetro delle mura raggiungeva, con un andamento semicircolare porta Sant’Andrea, Castel Sismondo ed infine il Ponte di Tiberio, dove si attraverso il quale si immetteva nella via Emilia. La nuova strada fu realizzata ai margini dell’antico fossato, avvicinandosi molto alle mura in alcuni punti. All’imbocco del Ponte di Tiberio l’apertura della strada richiese la demolizione di porta San Pietro, che lasciò spazio ad un ampio slargo.19

13

G. Gobbi. P. Sica, Le città nella storia d’Italia. Rimini, Editori Laterza, Bari 1982, pag. 50

14

Ivi pag. 56-57

17

G. Gobbi. P. Sica, Le città nella storia d’Italia. Rimini, Editori Laterza, Bari 1982, pag. 87

15

Ivi pag. 69

18

G. Conti, P.G. Pasini, Rimini città come storia, volume I, Giusti, Rimini 1982, pag. 62

16

Ivi pag. 85

19

L. Tonini, Rimini dopo il Mille, Bruno Ghigi Editore, Rimini 1975, pag. 63

19


consolidamento del turismo che divenne quindi l’elemento trainante di tutte le politiche cittadine: “dopo la città dei villini, dopo il grande albergo d’élite, dopo le vacanze della buona borghesia, è l’ora adesso del turismo di massa. [...] La nuova realtà urbana deriva da un processo incessante di saturazione e addensamento della trama esistente piuttosto che da una gestione controllata del patrimonio edilizio e da un’immagine autonoma e più controllata di sviluppo”.22 Dalla metà degli anni Sessanta questo tipo di espansione entra in crisi: una volta esauriti i lotti liberi, l’attività edilizia si arresta e ci si imbatte nel problema della valorizzazione dell’enorme capitale edilizio che Rimini trova sul suo territorio.

2.3.1

Immagine 2.12  Catasto gregoriano, particolare (1835). Penna su carta. Credits: G. Conti, P.G. Pasini, Rimini Città come Storia, vol. 2

Immagine 2.13

Lo Sferisterio

Nell’ottobre 1815 iniziarono i lavori per la realizzazione dello Sferisterio per il Gioco del Pallone: un muro alto 14 metri lungo le mura fra il ponte di Tiberio e il Castello, e fu inaugurato nell’estate dell’anno successivo, il 24 giugno 1816, riscuotendo un grande interesse da parte della cittadinanza. L’area interna misurava circa novanta metri di lunghezza per sedici di larghezza e fu teatro di epiche gare con squadre avversarie del territorio. Fino ad allora a Rimini, questo ed altri tipi di intrattenimenti, si erano svolti nella piazza della Fontana del centro storico, divenne quindi necessario individuare un’area adeguata dove poter effettuare tale attività. Dai resoconti delle vicende riminesi, si attesta che la realizzazione della struttura sportiva fu affidata al capomastro riminese Giovanni Morolli su disegno del ravennate Guido Romiti, mentre all’allora capitano della guardia urbana Angelo Antimi, nativo di Macerata ma riminese d’adozione, andò il merito di sostenere e promuovere il progetto, l’incasso dei fondi e l’assistenza complessiva.23 Nel secondo Dopoguerra, venuta a meno la sua primaria funzione, lo Sferisterio venne demolito nel 1963 per far spazio all’edificio dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie (I.N.A.M.), l’ attuale edificio dell’AUSL, e ad un asilo comunale, privando così la città di un pezzo della sua storia sportiva.

Pianta della Città di Rimini rilevata e disegnata da Enrico Meluzzi (1882)

La pianta di Rimini del 1882 mostra chiaramente come ancora il sistema difensivo riminese fosse in sostanza intatto: esso è il primo documento cartografico, dopo la mappa catastale del 1811, che per l’accuratezza del rilievo permette di leggere le trasformazioni dell’organismo urbano intervenute nei 70 anni che dividono le due piante. Il primo piano di espansione della città risale al 1906, il cosiddetto Piano Regolatore Nord-Est dell’ingegner Camerani: fu attuato in due tempi, tra il 1907 e il 1929, dalla Società Anonima Cooperativa Case Popolari. Per realizzare il nuovo impianto urbano, sovrapposto alle mura con assoluta indifferenza, furono demolite in gran parte delle mura federiciane e il grande bastione malatestiano del convento di San Cataldo. Quest’opera rappresenta il più esteso intervento di demolizione della cinta muraria cittadina avvenuto in età contemporanea e l’unico, fino a quel momento, dovuto ad un piano urbanistico. Fu anche l’ultimo significativo intervento sulle mura della città insieme alla demolizione di alcuni brevi tratti per la realizzazione della linea ferroviaria Rimini - Mercatino Marecchia (1916), che correva lungo le mura dalla stazione centrale (nell’attuale largo Martiri d’Ungheria) fino alla rocca malatestiana, per poi immettersi su viale Valturio. Nel 1932 furono completamente demolite le mura della prima cinta di San Giuliano nel lato a monte, per consentire i lavori per l’apertura del grande viale Tiberio (1934), che collegava il ponte romano con il tratto extraurbano della via Emilia, fungendo da completamento per la circonvallazione occidentale ed evitando le strette strade del borgo.20

2.3 Rimini dal Secondo Dopoguerra: la rinascita post bellica Le conseguenze materiali della guerra a cui Rimini dovrà far fronte sono molteplici: “le incursioni dell’aviazione angloamericana, a centinaia, si lasciarono dietro un bilancio devastante, secondo soltanto, in Italia, a quello di Montecassino: il 35% degli edifici urbani distrutto, il 40% danneggiato gravemente, il 23% lesionato.”21 La ricostruzione affrettata portò a una perdita storica di parte della città (come la demolizione di Palazzo Lettimi, il teatro Poletti, il Vescovado) che trovò gioco facile nell’ansia della ripresa sotto l’urgenza del bisogno e sotto la sollecitazione di motivi speculativi. Terminati gli anni dell’emergenza, attorno agli anni Cinquanta il rilancio della città si prometteva roseo grazie all’incontrastato

Immagine 2.14 Vitale Valvassori, Rimini. Rocca Malatestiana, luglio 1954, negativo fotografico. Biblioteca Civica Gambalunga

20

L. Tonini, Rimini dopo il Mille, Bruno Ghigi Editore, Rimini 1975, pag. 148

22

G. Gobbi. P. Sica, Le città nella storia d’Italia. Rimini, Editori Laterza, Bari 1982, pag. 142

21

G. Gobbi. P. Sica, Le città nella storia d’Italia. Rimini, Editori Laterza, Bari 1982, pag. 142

23

https://www.comune.rimini.it/comune-e-citta/citta/storia

20


2.4 L’edificio nel progetto del 1960 L’edificio oggetto di studio della presente tesi è ubicato nel lotto venutosi a liberare dopo la demolizione dello Sferisterio, nell’attuale via Circonvallazione Occidentale. Come emerso dai documenti di archivio, la Sede Provinciale di Forlì dell’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie (I.N.A.M.), nella persona del Dott. Tommaso Maucione, richiede in data 16 febbraio 1961 l’autorizzazione a dar seguito al progetto di costruzione sull’area “ex-Sferisterio” del fabbricato ad uso della “Sezione Territoriale I.N.A.M.”. L’edificio viene commissionato dalla Sede Provinciale di Forlì dell’ I.N.A.M. all’architetto bolognese Francesco Santini, il quale già nel gennaio del 1961 aveva proceduto all’invio del progetto di massima dell’edificio all’ingegner Capo della Direzione Lavori Pubblici del Comune di Rimini, augurandosi di “non dovere apportare sostanziali varianti in quanto i successivi esami degli organi tecnici dell’INAM, lunghi e laboriosi, imporrebbero un notevole ritardo alla presentazione del progetto definitivo, in contrasto alla fretta che ha l’Ente di dar corso ai lavori.”

Immagine 2.15  Corrispondenza ufficiale depositata presso l’Archivio Storico Comunale di Rimini

così che il 30 settembre del 1961 parte la demolizione del Gioco del Pallone dopo quasi 150 anni dalla sua costruzione.

Immagine 2.16 Ingresso allo Sferisterio in via D’Azeglio; vista del muro del Gioco del Pallone da Via Circonvallazione Occidentale

Immagine 2.17  Foto d’epoca: Lo Sferisterio; Lavori di demolizione allo Sferisterio: 30 settembre 1961; Nuova Casa INAM al Gioco del Pallone. Archivio Fotografico Davide Minghini, Biblioteca Civica Gambalunga Rimini

21


Attualmente l’area circostante l’edificio oggetto di studio rientra nel grande progetto del Museo Fellini: l’area delimitata tra Piazza Malatesta, Castel Sismondo, Teatro Galli e Fulgor – Casa del Cinema, è il terzo asse del progetto, uno spazio urbano capace di rappresentare un nuovo elemento caratterizzante nel tessuto cittadino, dotato di autonomia grazie a specifiche installazioni, che costituisce i vettori di interconnessione tra i due vari poli museali.

Immagine 2.18 Piazzetta dello Sferisterio vista da via D’Azeglio: stato attuale e render di progetto per il Museo Fellini

L’edificio non cambierà mai destinazione d’uso: dalla sua inaugurazione nel 1963, cambierà solo nome adeguandosi all’evoluzione dell’ente di sanità pubblica. L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro le Malattie, istituito da Mussolini nel 1943, era l’ente pubblico italiano al quale era affidata la gestione dell’assicurazione obbligatoria per provvedere, in caso di malattia dei lavoratori dipendenti privati e dei loro familiari, alle cure mediche e ospedaliere. Nel 1977 l’ente è stato sciolto a seguito della nascita del Servizio Sanitario Nazionale: da allora i contributi obbligatori, pagati dai lavoratori e dai datori di lavoro, sono gestiti dall’INPS. L’edificio verrà così ricordato nella memoria pubblica col nome si SAUB: Struttura Amministrativa Unificata di Base cioè come quell’organismo che ha riunito in sé tutte le competenze degli enti mutualistici soppressi nel periodo di transizione tra il vecchio sistema mutualistico e la riforma sanitaria a partire dagli anni ‘70, poi sostituita dalla USL: Unità Sanitaria Locale. Successivamente, col decreto legislativo n° 502 del 1992, le U.S.L. vennero trasformate in A.S.L. (aziende sanitarie locali), dotate di autonomia e svincolate da un’organizzazione centrale a livello nazionale, poiché dipendenti dalle regioni italiane.

22
















3. L’Edificio allo stato attuale


L’edificio è costituito da una struttura portante in cemento armato si sviluppa lungo il dislivello creatosi tra il centro della città sopraelevato, protetto dalle mura, e la zona circostante; il fabbricato è costituito da un unico corpo a quattro piani fuori terra oltre a un seminterrato della cubatura totale di 12492 mc circa, costruito sopra un’area coperta di 723 mq, con un’altezza pari a circa 17 m. In pianta ha impronta a forma di “L” e risulta regolare in altezza. I prospetti mostrano un forte richiamo all’Architettura Razionalista dove la struttura viene sapientemente rivestita con lastre in marmo ad assegnare all’opera un connotato purista che viene interrotto in presenza delle aperture le quali sono scandite dalla trave strutturale a formare l’architrave a vista, la trasparenza della bucatura e infine, al di sotto, un rivestimento in mattone faccia a vista. Le facciate sono ordinate dalla griglia strutturale, alla quale si affianca una maglia secondaria di falsi pilastri a scandire il ritmo delle bucature che risultano allineate e si ripetono con lo stesso ritmo a tutti i livelli, differenziandosi laddove la disposizione interna lo richieda.

3.1 Riferimenti normativi

• • • •

Regio Decreto 16 novembre 1939, n. 2228 Regio Decreto 16 novembre 1939, n. 2229 Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici 4 maggio 1961, n. 1042 Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”;

3.2 Descrizione dell’opera 3.2.1

Inquadramento territoriale

L’edificio oggetto di studio è indicato mediante il RUE (Regolamento Urbanistico Edilizio) approvato nel marzo 2016 come categoria D4, cioè “corpi di fabbrica o manufatti incongrui, di norma di epoca recente, la cui permanenza impedisce la valorizzazione di risorse storiche o archeologiche primarie, per le quali si prospetta la demolizione senza ricostruzione. art.49 comma 5.” ed è inoltre inserito nelle unità d’intervento speciali attuabili tramite POC.

Immagine 3.2  Vista dell’edificio da Via Circonvallazione Occidentale

Immagine 3.1 Estratto del Rue di Rimini, tavola 2-3, adottato nel 2011 e approvato nel 2016    Immagine 3.3  Vista dell’edificio dal lato nord-est in Piazzetta Sferisterio

52


L’edificio presenta due importanti zone cieche: sul lato prospiciente l’entrata e sul lato che accompagna all’entrata dell’edificio entrambe in continuità con il linguaggio delle zone opache, sono rivestite con listelli di marmo. Alcuni perni nella zona opaca sul fronte strada fanno ipotizzare che qui vi fosse posizionata la scritta “INAM” alla data di inaugurazione dell’edificio. Il lato nord-est presenta meno aperture e di dimensione più piccola che apparentemente non seguono un determinato ordine dispositivo, sicuramente il fatto che questo sia il lato “più cieco” è dovuto innanzitutto al suo orientamento e poiché si trova davanti alla Piazzetta Sferisterio, ad una quota superiore: solo parte del primo piano, il secondo e il terzo sono “liberi”. Le altre due facciate, sempre ordinate dalla griglia strutturale, ricalcano quanto descritto e quanto si vede per il prospetto anteriore, di particolare abbiamo un piccolo aggetto, corrispondente a quattro campate, sul lato sud-ovest mentre il lato posteriore è quello che presenta maggiori elementi per l’aerazione dei locali e macchine per l’aria condizionata.

Immagine 3.5  Viabilità di accesso al lotto: in azzurro l’accesso pedonale, in rosso l’accesso carrabile e il parcheggio per i dipendenti sul retro e in giallo i parcheggi a servizio dei mezzi di soccorso e AUSL.

L’edificio presenta, oltre all’ingresso principale, un ingresso secondario sul lato sud-ovest che presenta una rampa e una saracinesca a chiudere.

Immagine 3.4  Viste del lato sud-ovest e del retro dell’edificio

Il fronte del piano terra presenta una grande pensilina di ingresso che permette di superare il dislivello che vi è dal piano strada al piano terra che risulta rialzato, difatti vediamo il ripetersi delle differenti texture mattoni/marmo anche per il livello interrato, dove la presenza del rivestimento in mattoni sottolinea la presenza di bocche di lupo per l’illuminazione e areazione del piano. L’edificio presenta un sottotetto accessibile solo per la manutenzione e la copertura risulta essere a falde e, dalle immagini aeree, è possibile distinguere una struttura in mattoni in corrispondenza del vano ascensore. Un’importante modifica rispetto al progetto originario riguarda proprio la copertura, andata modificata con un intervento di manutenzione straordinaria nel 2011 per quanto riguarda il manto: si è eliminato il manto in lastre di cemento amianto con una lamiera grecata, pertanto un notevole decremento dei pesi. Attualmente l’edificio ospita locali, ambulatori e uffici a servizio dell’AUSL Romagna per la Sede di Rimini e possiamo dedurre dal rilievo che le uniche modifiche apportate al progetto iniziale riguardano i controsoffitti e i pavimenti galleggianti, presumibilmente per adeguare l’edificio alle normative igieniche-sanitarie e per l’adeguamento degli impianti. Il piano interrato risulta essere adibito a deposito e a locali per i vari impianti, in particolare il braccio della “L” parallelo alla strada risulta essere allo stato grezzo e da questo si è potuto dedurre, in sede si sopralluogo, come la struttura non sia realizzata come telai bidimensionali che si susseguono collegati dagli orizzontamenti, ma l’ossatura portante è concepita tridimensionalmente e i solai sono a collegare le travi di bordo con un’unica trave centrale che poggia sulla fila di pilastri collocata quasi a metà della luce dell’edificio, creando una maglia regolare.

3.2.2

Accessi

Il lotto oggetto di studio presenta due ingressi sul via Circonvallazione Occidentale: l’ingresso pedonale principale, in corrispondenza della grande pensilina di ingresso, affiancato a un ingresso carrabile per i mezzi di emergenza e per dare accesso al parcheggio riservato per l’AUSL, e un ingresso sul lato prettamente carrabile che dà accesso al parcheggio riservato ai dipendenti che si trova sul retro dell’edificio.

Immagine 3.6 Viste dell’edificio: lato vero la Piazzetta dello Sferisterio con ancora riconoscibile parte del muro di ingresso; particolare dell’ingresso con la grande pensilina; vista dal retro dell’edificio verso via Circonvallazione Occidentale con ingresso secondario riconoscibile nella saracinesca aperta

53


3.3 Descrizione del sistema costruttivo 3.3.1 Materiali impiegati Dalla relazione di collaudo del 1963, depositata presso l’Archivio di Stato di Forlì, si è potuto risalire alle tipologie di materiali utilizzati per la costruzione della struttura, riporta infatti i materiali utilizzati per la platea di fondazione, per le travi, i pilastri e i solai. L’ossatura portante si posa su una platea di fondazione realizzata in conglomerato cementizio con cemento “tipo 500” e ferro di armatura del tipo “AQ 42 omogeneo”. Le travi, i pilastri e i solai sono invece stati calcolati per l’utilizzo di cemento “tipo 680”1 e ferro di armatura del tipo “AQ 50 semiduro”. Le caratteristiche meccaniche relative a queste due tipologie di materiali sono riportate nella normativa vigente all’epoca2 e, così come riporta il “Prontuario del Cemento Armato” dell’Ingegner Santarella, il cemento “tipo 500 o 680”3 fa riferimento alla resistenza minima che si ottiene a compressione trascorsi 28 giorni, mentre il ferro d’armatura4 viene identificato rispetto alla resistenza a rottura: Denominazione

Identificazione

Caratteristica peculiare

cemento normale

Resistenza minima a compressione dopo 28 giorni: 500 Kg/cmq

CEMENTO TIPO 680

cemento ad alta resistenza

Resistenza minima a compressione dopo 28 giorni: 680 Kg/cmq

ACCIAIO AQ 42

acciaio dolce (ferro omogeneo)

Resistenza minima a rottura: 42 Kg/mmq

ACCIAIO AQ 50

acciaio semiduro

Resistenza minima a rottura: 50 Kg/mmq

CEMENTO TIPO 500

Nella relazione di collaudo si fa riferimento poi al modulo di elasticità medio Ec28 del calcestruzzo5 (impasto normale dopo 28 giorni di stagionatura) alla compressione, come valore medio entro le sollecitazioni normali di calcolo, per calcestruzzi con una resistenza a compressione Kc ≥160 Kg/cmq: Ec28=250.000 kg⁄cm2 Per sezioni inflesse e presso-inflesse6 , i carichi massimi nel calcestruzzo armato non devono essere maggiori di: σc=50 kg⁄cm2 per calcestruzzi con cementi d’alta resistenza e alluminoso. Il carico di sicurezza al taglio7 per conglomerati di cemento ad alta resistenza e alluminoso: τ=6 kg⁄cm2 Per carichi superiori la resistenza al taglio va affidata interamente alle armature. In ogni caso la tensione tangenziale massima non può superare i valori (in conglomerati di cemento ad alta resistenza e alluminoso): τ=16 kg⁄cm2 Per quanto riguarda l’acciaio invece, il carico unitario massimo a trazione per sezioni rettangolari (purchè sia impiegato calcestruzzo di cemento ad alta resistenza): σ(f,max)=1800 kg⁄cm2 Il modulo di elasticità del ferro Ef5 vale: Ef=2.000.000 kg⁄cm2 Il rapporto di amplificazione dell’area metallica si assume di regola: m=Ef/Ec = 10 - 8 - 6 a seconda della qualità del cemento, se normale, d’alta resistenza o alluminoso. Per il nostro calcolo adottiamo quindi: m=8

3.3.2

Pilastri

Per lo studio dei pilastri, facciamo riferimento pilastri con sforzo assiale di compressione (senza carico di punta)8: Rapporto fra la lunghezza libera di flessione e la minore dimensione trasversale l/a ≤ 15 L’armatura longitudinale Ff si terrà: • non inferiore a 0.8% della sezione Fc strettamente necessaria del pilastro, per Fc ≤ 2000 cm2 • non inferiore a 0.5% di Fc, per Fc≥8000 cm2 Per valori intermedi di Fc fra 2000 e 8000 cm2 la percentuale minima di ferro va interpolata linearmente fra i due limiti indicati. Le staffe comuni periferiche, del diametro da 5 a 8 mm, vanno disposte a distanza breve, non mai superiore alla metà della minore dimensione della sezione del pilastro, né a 10 volte il diametro dei ferri.

3.3.2.1

Progetto della sezione

Determinato il carico assiale P in kg, agente sul pilastro ed indicando con m= Ef/Ec il rapporto fra i moduli di elasticità, con σ_c in kg⁄cm2 la tensione ammissibile, con μ=Ff/Fc il coefficiente di armatura (variabile fra 0.008 ÷0.005, preso a fattor di sicurezza μ=1%), si determina la sezione di calcestruzzo Fc in cm2: Immagine 3.7 Art. 4 - Leganti Idraulici - R.D. 2228/1939

1

Immagine 3.8 Art. 17 - Armatura dei conglomerati - R.D. 2229/1939

Dalla relazione di collaudo sappiamo la ditta che fornì il cemento per la costruzione dell’edificio è la cementeria “Marchino” di

Santarcangelo di Romagna, dal nome dei primi proprietari, poi diventata Unicem, del gruppo Fiat, infine passata alla Buzzi, diventando così Buzzi-Unicem, chiusa definitivamente nel dicembre 2009. 2

R.D. 16/11/1939, n. 2228 “Norme per l’accettazione dei leganti idraulici” pubblicato in Gazzatta Ufficiale del Regno d’Italia,

La formula serve per progettare la sezione di conglomerato (senza sottrarne l’area occupata dall’armatura metallica). Determinata Fc, l’area del ferro Ff è definita dal valore ammesso per μ e cioè: Ff = μ * FC

Supplemento Ordinario del 18/04/1940, n. 92

Gazzatta Ufficiale del Regno d’Italia, Supplemento Ordinario del 18/04/1940, n. 92

3

Solo nel 1961 con la Circolare del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici n. 1042, si adotteranno leganti con resistenze maggiori: “In

5

Ing. L. Santarella, “Prontuario del Cemento Armato”, XXII edizione, Hoepli, Milano 1956, pag. 13

attesa che un provvedimento di legge, all’esame del Parlamento, prescriva [...] l’adozione obbligatoria del cemento a resistenza a compressione

6

Ivi pag. 14

di 600 e 730 Kg/cm2 al posto di quello comunemente oggi adoperato di 500 e 680 Kg/cm2”

7

Ivi pag 15

4

8

Ing. L. Santarella, Prontuario del Cemento Armato, XXII edizione, Hoepli, Milano 1956, pag. 17

54

R.D. 16/11/1939, n. 2229 “Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato” pubblicato in


Poiché per il nostro caso di studio abbiamo già la dimensione della sezione di calcestruzzo, si andrà a svolgere solo il calcolo per l’area del ferro Ff con la formula precedente, assumendo il valore di μ=0.008 : Dimensione della sezione

Sezione calcestruzzo

Dimensione minima

l/a ≤ 15

Ff min non < 0.8% della sezione

b (cm)

h (cm)

Fc (cm2)

a (cm)

P-1

50

40

2000

40

8.5

16

P-1, PT, P1, P2, P3

40

40

1600

40

8.5

30

30

900

30

80

32

2560

40

30

1200

3.3.2.2

Ff, min (cm2)

Area armatura

n° tondini

controllo A>Amin

Ff (mm2)

Ff (cm2)

12

1847

18.47

VERO

12.8

10

1539

15.39

VERO

11.3

7.2

8

1232

12.32

VERO

32

10.6

20.48

14

2155

21.55

VERO

30

11.3

9.6

8

1232

12.32

VERO

(mm)

14

del solaio Excelsior10, si è ipotizzata una sezione di 8x20 cm per i travetti, mentre per le pignatte si è fatto riferimento a dimensionamenti di pignatte utilizzate oggi11

Distribuzione delle staffe9

Immagine 3.10  Dettaglio del solaio di piano. Scala 1:10 e tipologia di pignatta utilizzata per il calcolo (RBT 40)

I solai sono orditi perpendicolarmente alle travi di bordo e scaricano il loro peso sulle travi di bordo e centrali. Le travi trasversali, parallele all’orditura dei solai, sono elementi secondari di collegamento tra i pilastri a creare una maglia quadrata. Per i pesi dell’unità di volume e di superficie si è fatto riferimento a quanto indicato dalle Norme Tecniche al paragrafo 3.1 e dalle tabelle presenti nel testo “Lezioni sul c.a.”12:

L’armatura trasversale è disposta esternamente ai tondini longitudinali, con copertura di circa 2 cm di calcestruzzo e può essere costituita da staffe semplici ordinarie (che hanno lo scopo di evitare la flessione dei ferri longitudinali, poste ad un intervallo < della metà minor dimensione trasversale del pilastro e di 10 volte il diametro dei tondini longitudinali). d < (dimensione minore della sezione)/2 e d < 10* long Dimensione della sezione

Dimensione minima

d < a/2

b (cm)

h (cm)

a (cm)

d (cm)

P-1

50

40

40

20

PT, P1, P2, P3

40

40

40

20

30

30

30

15

40

30

30

15

d < 10* d (mm)

long

d (cm)

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI

dmin d (cm)

Peso unitario di volume PESO (kg/m) (kg/m3)

ELEMENTO

DIMENSIONE

Pignatte

20x40x25 cm

800

64

Soletta calcestruzzo non armato

s=4 cm

2400

38.4

Travetti in calcestruzzo armato di sezione rettangolare

8x20 cm

2500

40

G1

142.4

TOTALE

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI 140

14

14

DIMENSIONI DIMENSIONI (cm) (m)

ELEMENTO Pavimento

Le staffe comuni periferiche, del diametro da 5 a 8 mm, vanno disposte a distanza breve, non mai superiore alla metà della

spessore

2

PESO (kg/m2)

0.02

40

Massetto allettamento

spessore

3

0.03

55

Intonaco in malta di calce

spessore

1

0.01

20

TRAMEZZI13

122 TOTALE

G2

237

ANALISI DEI SOVRACCARICHI Cat. B2 Uffici aperti al pubblico

qk (kN/m2)

Qk (kg/m2)

3.00

306

TOTALE CARICHI minore dimensione della sezione del

3.3.3

Immagine 3.9 G. Colombo, Manuale dell’ingegnere, 80° edizione, Hoepli, Milano 1958, pag. 708  pilatro,

né a 10 volte il diametro dei ferri.

Analisi degli orizzontamenti

9

G. Colombo, Manuale dell’ingegnere, 80° edizione, Hoepli, Milano 1958, pag. 707 e seguenti

interasse (m)

(kg/m)

G1

356

-

142.4

G2

237

Q

306 899

3.3.3.1 Solai 3.3.3.1.1 Analisi dei carichi La relazione di collaudo indica che il solaio è del tipo a pignatte con laterizi delle fornaci Silvestroni di Galumiana, di altezza H = 20 cm più un massetto di calcestruzzo di spessore s= 4 cm, per una altezza totale del solaio pari a h = 24 cm. L’interasse tra i travetti è di i = 40 cm e da questo dato abbiamo supposto sia la dimensione dei travetti facendo riferimento alle tipologie di solai utilizzate in quegli anni, sia la dimensione delle pignatte. Comparando quindi i dati con la scheda n.1

(kg/m2)

10

0.40 TOTALE

94.8 122.4 359.6

Predari G., I solai latero-cementizi nella costruzione moderna in Italia 1930-1950, Bononia University Press, Bologna 2015, pag. 148 e

seguenti 11

Si è fatto riferimento alla scheda tecnica di laterizi per solai della ditta Ripabianca di Santarcangelo di Romagna, in particolare al

prodotto RBT 40. 12

A. Spizuoco, Lezioni sul c.a., Ed.LER, Napoli/Roma 2002

13

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, §3.1

55


3.3.3.1.2 Flessione Semplice

I coefficienti r,t,s,ζ sono contenuti nelle tab. XI15 (m = 8) :

Per calcolare la superficie di armatura tesa di cui necessita ogni travetto per sopportare il peso del solaio e il sovrappeso delle parti non strutturali, si applica la formula per una sezione rettangolare sollecitata a flessione semplice con armatura semplice. I momenti flettenti sono calcolati per un elemento di solaio nelle condizioni di trave continua su due campate di luce differente soggette a carico distribuito uniformemente e con vincoli di appoggio.

σf=1800 kg⁄cm2

-

m=8

σc [kg⁄cm ]

r

t

s

ζ

50

0.484

0.001222

0.182

0.939

2

Si dimensiona l’armatura rispetto ai momenti calcolati precedentemente, per il lato sinistro e per il lato destro dell’edificio, avendo luci diverse. Ricordando che i travetti hanno una sezione di larghezza b = 8 cm: Lato Sinistro

Lato Destro

Mmax = M(D) 305477 kg*cm

Mmax = M(I) 310645 kg*cm

Ff, max 1.91 cm

Ff, max 1.93 cm2

2

M(B) 177789 kg*cm Ff 1.46 cm

M(G) 179210 kg*cm Ff 1.46 cm2

2

M(E) 245290 kg*cm Ff 1.71 cm

M(L) 243370 kg*cm Ff 1.71 cm2

2

Si adottano quindi: Immagine 3.11 Schema statico per trave continua a tre appoggi semplici e carico distrbuito (G. Colombo, Manuale dell’Ingegnere, G. Colombo, Hoepli 1958, pag. 653) )

Lato Sinistro Ff, max 1.91 cm

dove: p il carico totale per metro lineare; l la luce teorica (lune netta aumentata del 5%).

2 2

Lna

6.46

m

Lnb

5.36

m

Lnc

6.53

m

Lnd

5.30

m

1

56

2

La

6.78

m

Lb

5.63

m

Lnc

6.86

m

Ld

5.57

m

10 + 1

Ff 1.46 cm2

10 1.57 cm

2

2

12 1.92 cm2

12 2.26 cm2 10 1.57 cm2 Ff 1.71 cm2

1

10 + 1

12 1.92 cm2

Gli stessi risultati sono riportati nel collaudo, sebbene lì si faccia riferimento a due solai, indicati con F1 e F2, armati rispettivamente con “a) solaio distinto con F1: per travetto 2Φ12 = cmq. 2.26; b) solaio distinto con F2: per travetto 1Φ10 più 1Φ10 oppure 1Φ12 alternati con una sezione mediana pari a cmq. 1.73.”16

3.3.3.2

M(A)=M(C)

0

kg*m

M(B)

1777.89

kg*m

M(D)

3054.77

kg*m

M(E)

2452.90

kg*m

M(F)=M(H)

0

kg*m

M(G)

1792.10

kg*m

M(I)

3106.45

kg*m

M(L)

2433.70

kg*m

Dati σc,σf,m e fissata la larghezza b dei travetti e noto il valore del momento flettente M massimo, si determina l’armatura tesa Ff14: Ff=t √(M b) Per l’impiego della formula, si osservi che:

14

12 2.26 cm2

Ff 1.71 cm2

luce teorica (+5%)

Lc Ld

Ff, max 1.93 cm2

Ff 1.46 cm2 luce netta

La Lb

Lato Destro 2

Ing. L. Santarella, Prontuario del Cemento Armato, XXII edizione, Hoepli, Milano 1956, pag. 56

Copertura

La relazione di collaudo non indica la tipologia di copertura utilizzata nel progetto ed esecuzione del 1961, sappiamo però dai documenti rinvenuti all’Archivio Storico Comunale di Rimini che nel 2011 è stato eseguito un intervento di manutenzione straordinaria per la sostituzione del manto di copertura. Da quanto si può dedurre invece dalla sezione originale, il solaio di copertura è del tipo a pignatte senza soletta, con uno spessore di 12 cm ed è sorretto da muretti in laterizio dello spessore di 10 cm, mentre il muretto che sorregge il colmo ha spessore 12 cm. La pendenza delle falde è del 25% (circa 15°) e il manto di copertura risultava costituito di lastre in cemento amianto che subirono, nell’agosto 2005, un’ intervento di bonifica (incapsulamento) per evitare la dispersione di fibre di amianto nell’ambiente circostante. Con l’intervento del 2011 si sostituì questa copertura con “lastre in lamiera grecata in alluminio 7/10 di spessore, fissata al solaio sottostante (latero-cemento) derivandone una diminuzione dei pesi portati passando dai circa 12.00 kg/mq a circa 8.00 kg/mq.” 17

3.3.3.2.1 Analisi dei carichi Si è ipotizzato di mantenere un interasse tra i travetti pari a quello dei solai sottostanti, non avendo altre fonti, così come per la sezione dei travetti. Si fa riferimento quindi a travetti con sezione di 8x12 cm, mentre per le pignatte si è fatto riferimento a dimensionamenti di pignatte utilizzate oggi18. Per quanto riguarda invece il manto di copertura, si studia il carico di quanto previsto da progetto, quindi con le lastre di cemento amianto: come si evince da quanto riportato sopra, attualmente il manto di copertura ha portato ad una diminuzione dei carichi. 15

Ivi pag 66

16

Relazione di Collaudo (1963)

17

Relazione tecnica dell’intervento di manutenzione straordinaria di sostituzione del manto di copertura.

18

Si è fatto riferimento alla scheda tecnica di laterizi per solai della ditta Ripabianca di Santarcangelo di Romagna, in particolare al


Il solaio di copertura è ordito perpendicolarmente alle travi di bordo e scarica il proprio peso sulle travi di bordo e sui muretti sottostanti. Per i pesi dell’unità di volume e di superficie si è fatto riferimento a quanto indicato dalle Norme Tecniche al paragrafo 3.1 e dalle tabelle presenti nel testo “Lezioni sul c.a.”19:

3.3.4.1

Analisi dei carichi

Per valutare il peso dei muri perimetrali, si va considerando un valore omogeneo per tutta la superficie della parete risultato della media pesata delle finestre e dell’elemento in muratura: TAMPONATURE ESTERNE

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI Peso unitario di volume PESO (kg/m) (kg/m3)

ELEMENTO

DIMENSIONE

Pignatte

12x40x25 cm

800

38.4

Travetti in calcestruzzo armato di sezione rettangolare

8x12 cm

2500

24.0

G1

62.4

TOTALE

DIMENSIONI DIMENSIONI (cm) (m)

ELEMENTO spessore

14

0.14

1700

476

Colla

spessore

1.5

0.015

1500

22.5

Lastre di travertino esterne (60X100)

spessore

3.5

0.035

2400

84

Intonaco in malta di calce

spessore

2

0.02

2000

40

Totale 35

DIMENSIONI DIMENSIONI PESO (cm) (m) (kg/m2)

Lastre ondulate in cemento amianto

spessore

5

0.05

12

TOTALE

G2

12

ANALISI DEI SOVRACCARICHI qk (kN/m )

Qk (kg/m )

2

Cat. H Coperture accessibili per la sola manutenzione o riparazione

2

0.5

PESO (kg/m2)

Mattone pieno (2 paramenti a una testa)

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI ELEMENTO

PESO (kg/m3)

TOTALE 622.5

FINESTRE ELEMENTO

DIMENSIONI DIMENSIONI (cm) (m)

PESO (kg/m3)

PESO (kg/m2)

incidenza (%)

PESO EFFETTIVO (kg/m2)

70%

14

VETRI DOPPI 4+4

0.8

0.008

2500

20

ALLUMINIO

5

0.05

2700

135

51

30%

40.5

TOTALE

54.5

A tot finestre (m2) 146.05 TOTALE CARICHI (kg/m) G1

62.4

G2

-

Q

-

A saracinesca (m2) 5.57

interasse (m) 0.40

(kg/m2)

A tot bucature (m2) 151.62

156 12

-

51

TOTALE

219

A vetro (m2) 102.24 A infisso (m2) 43.82

70% della quota architettonica 30% della quota architettonica

2p (m) 149.78

3.3.4

Analisi delle tamponature esterne

Dalle tavole del progetto esecutivo, si evidenzia come le tamponature esterne sono “a cassa vuota”, cioè i due paramenti murari, interno ed esterno, vanno a creare un’intercapedine interna vuota di spessore variabile. L’intercapedine tra i due strati contribuisce all’isolamento termico della parete, inoltre limita l’assorbimento dell’acqua allo strato esterno della muratura, preservando lo strato interno dall’umidità. Il rivestimento delle pareti con lastre in marmo o, sottofinestra, con lastre di mattoni faccia vista, favorisce ulteriormente l’impermeabilità all’acqua delle pareti. Nel modello tridimensionale per il programma di calcolo, i muri perimetrali esterni sono stati inseriti come elementi di tamponamento appoggiati sulle travi di bordo e aventi altezza pari all’interpiano.

h (m) 3.1 A tot pareti 464.32 A tamponamento 312.69

(area totale - area bucature)

Incidenza bucature 32.66%

(area bucature/area totale)

Incidenza muratura 67.34%

(area tamponamento/area totale)

Peso muratura (kg/m2) 419.2 Peso finestre (kg/m2) 17.8 TOTALE (kg/m2)

437

prodotto RBT 40.

Immagine 3.12  Viste del muro a cassetta al piano interrato

19

A. Spizuoco, Lezioni sul c.a., Ed.LER, Napoli/Roma 2002

57


3.3.5

Scala interna

3.3.6

Le rampe della scala interna sono formate da una soletta di 12 cm di altezza, ogni rampa ha larghezza pari a 1.40 m ed è composta da cemento “tipo 680” e ferro di armatura tipo AQ50 (15Φ8), i gradini sono invece in marmo20.

Travi

3.3.6.1

Travi principali di bordo

Le travi devono sostenere: • il carico del solaio, • il peso proprio, • i carichi accidentali dipendenti dalla destinazione d’uso, • il peso del tamponamento. Sono soggette a flessione e a taglio quindi è necessario prevedere l’armatura per resistere a entrambe le sollecitazioni. Le travi di bordo sono in altezza con sezione a “L rovesciata” e hanno dimensioni come da figura (A=1806 cm2): Per semplicità di calcolo, si riporta la sezione dell’immagine soprastante ad una sezione rettangolare di dimensioni: B=30 cm H=60 cm A=1800 cm2

Immagine 3.13 Schema della scala interna

3.3.5.1

Analisi dei carichi ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI ELEMENTO

DIMENSIONE (cm)

Alzata

15.5

Pedata

30

Peso unitario di volume (kg/m3)

L’area di influenza che afferisce alla trave di bordo è: i1= La/2 = 646/2 = 323 cm

2500

33.77 Altezza soletta

Immagine 3.14 Dettaglio della trave di bordo - Fonte: Sezione, Archivio di Stato di Forlì

12

PESO AL METRO LINEARE

G1 159.4

3.3.6.1.1 Analisi dei carichi

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI ELEMENTO

SPESSORE DIMENSIONE LUNGHEZZA PESO (cm) (cm) (cm) (kg/m3)

Massetto

2

Marmo

2

Intonaco

1.5

45.5 alzata

14

pedata 33.5

1800

PESO (kg/ml) 16.4

47.5

2700

19.2

33.77

2000

13.5

PESO AL METRO LINEARE

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI ELEMENTO Peso proprio della trave di bordo

G2 49.1

Per ottene il carico al metro quadro è necessario dividere il carico a metro lineare di gradino per la larghezza della rampa

58

60

2500

450

G1*

450

ELEMENTO

INCIDENZA

PESO (kg/m2)

PESO PONDERATO (kg/m2)

Murature

67.34%

622.5

419.2

32.66%

54.5

17.8

TOTALE Altezza interpiano h (m)

ANALISI DEI SOVRACCARICHI

Dati ottenuti dalla relazione di collaudo.

H

Finestre

TOTALE 148.9 kg/m2

20

30

PESO (kg/m)

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI21

kg/ml

TOTALE 208.5

Cat. C Scale comuni

B

PESO UNITARIO DI VOLUME (kg/m3)

TOTALE

G1 159.4 G2 49.1

DIMENSIONE (cm)

qk (kN/m2)

Qk (kg/m2)

4.00

408

3.10 TOTALE

21

Cfr. 3.3.4 “Analisi delle tamponature esterne”

G2* 437 G2* 1354.7 (kg/m)


Si adottano quindi:

TOTALE CARICHI PESO (kg/ m2)

interasse (m)

PESO (kg/m)

G1*

-

-

450

G2*

-

-

1354.7

G1

-

-

142.4

G2

237

Q

306

765.5

3.23

988.4

TOTALE

3701

3.3.6.1.2 Flessione Semplice Per calcolare la superficie di armatura di cui necessita ogni trave di bordo, si applica la formula per una sezione rettangolare sollecitata a flessione semplice con armatura semplice. I momenti flettenti sono calcolati per un elemento di trave nelle condizioni di vincolo corrispondente all’incastro con momenti: essendo:

Ff, max 4.89 cm2

BORDO L1

6

Ff, max 4.95 cm2

BORDO L2

3.3.6.2

12 6.79 cm2

6

12 6.79 cm2

Travi principali di centrali

Le travi devono sostenere: • il carico del solaio, • il peso proprio, • i carichi accidentali dipendenti dalla destinazione d’uso. Sono soggette a flessione e a taglio quindi è necessario prevedere l’armatura per resistere a entrambe le sollecitazioni. Le travi centrali sono in spessore e hanno dimensioni: B=100 cm H=24 cm

Immagine 3.15 Particolare della trave centrale del solaio del PT

q il carico totale per metro lineare; l la luce teorica (lune netta aumentata del 5%).

L’area di influenza che afferisce alle travi centrali è24: luce netta Ln1

3.96

m

Ln2

4.00

m

luce teorica (+5%) L1

4.16

m

L2

4.20

m

i2= La/2 + Lb/2 = 646/2 + 536/2 = 591 cm

BORDO M(A)=M(B’) L1 M(D’)

-5337

kg*m

2669

kg*m

M(F)=M(G’)

-5440

kg*m

M(I’)

2720

kg*m

BORDO L2

3.3.6.2.1 Analisi dei carichi ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI ELEMENTO

Dati σc,σf,m e fissata la larghezza b dei travetti e noto il valore del momento flettente M massimo, si determina l’armatura tesa Ff22: Ff=t √(M b)

Peso proprio della trave di bordo

BORDO L2

2

Mmax = M(F) = M(G’) |544000| kg*cm Ff 4.95 cm2

22

Ing. L. Santarella, Prontuario del Cemento Armato, XXII edizione, Hoepli, Milano 1956, pag. 56

23

Ivi pag. 66

100

H

24

PESO (kg/m)

2500

600

G1*

600

TOTALE CARICHI

Mmax = M(A) = M(B’) |533700| kg*cm Ff, max 4.89 cm

B

PESO UNITARIO DI VOLUME (kg/m3)

TOTALE

Ricordando che il valore di t viene desunto dalla tab. XI23 (m = 8) e vale: t = 0.001222, si dimensiona l’armatura rispetto ai momenti calcolati precedentemente, per il lato sinistro (L1 ) e per il lato destro dell’edificio (L2), avendo luci diverse. Ricordando che le travi hanno una sezione di larghezza b = 30 cm:

BORDO L1

DIMENSIONE (cm)

PESO (kg/ m2)

interasse (m)

G1*

-

-

600

G1

-

-

142.4

G2

237

Q

306

5.91 TOTALE

24

PESO (kg/m)

1400.7 1808.5 3952

Si è fatto riferimento alle luci maggiori

59


3.3.6.2.2 Flessione Semplice Per calcolare la superficie di armatura di cui necessita ogni trave di bordo, si applica la formula per una sezione rettangolare sollecitata a flessione semplice con armatura semplice. I momenti flettenti sono calcolati per un elemento di trave nelle condizioni di vincolo corrispondente all’incastro con momenti:

Le travi trasversali (nel verso di orditura dei solai) sono in spessore e hanno dimensioni: B=50 cm H=24 cm L’area di influenza che afferisce alle travi trasversali27 è, come per la trave centrale: i= L1/2 = (400+400)/2 = 400 cm

3.3.6.3.1 Analisi dei carichi ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI essendo: q il carico totale per metro lineare; l la luce teorica (lune netta aumentata del 5%).

ELEMENTO Peso proprio della trave di bordo

luce netta Ln1

3.96

m

Ln2

4.00

m

4.16

m

L2

4.20

m

B

50

H

24

PESO UNITARIO DI VOLUME (kg/m3)

PESO (kg/m)

2500

300

G1*

300

TOTALE

luce teorica (+5%) L1

DIMENSIONE (cm)

TOTALE CARICHI

CENTRALE L1

M(B)=M(C’)

-5699

kg*m

M(E)

2850

kg*m

CENTRALE L2

M(G)=M(H’)

-5809

kg*m

M(L)

2905

kg*m

PESO (kg/ m2)

interasse (m)

PESO (kg/m)

G1*

-

-

300

G2

237

Q

306

4.00 TOTALE

Dati σc,σf,m e fissata la larghezza b dei travetti e noto il valore del momento flettente M massimo, si determina l’armatura tesa Ff25: Ff=t √(M b) 26 Ricordando che il valore di t viene desunto dalla tab. XI (m = 8) e vale: t = 0.001222, si dimensiona l’armatura rispetto ai momenti calcolati precedentemente, per il lato sinistro (L1 ) e per il lato destro dell’edificio (L2), avendo luci diverse. Ricordando che le travi hanno una sezione di larghezza b = 30 cm:

CENTRALE L1 CENTRALE L2

948 1224 2472

3.3.6.3.2 Flessione Semplice Per calcolare la superficie di armatura di cui necessita ogni trave, si applica la formula per una sezione rettangolare sollecitata a flessione semplice con armatura semplice. I momenti flettenti sono calcolati per un elemento di trave nelle condizioni di trave continua su due campate di luce differente, soggette a carico distribuito uniformemente e con vincoli di appoggio.

Mmax = M(A) = M(B’) |569900| kg*cm Ff, max 9.22 cm2 Mmax = M(F) = M(G’) |580900| kg*cm Ff 9.31 cm2

Si adottano quindi: CENTRALE L1 CENTRALE L2

3.3.6.3

Ff, max 9.22 cm2 8

14 12.32 cm2 Ff, max 9.31 cm2

8

14 12.32 cm

Travi secondarie

Le travi devono sostenere: • il peso proprio, • i carichi accidentali dipendenti dalla destinazione d’uso. Sono soggette a flessione e a taglio quindi è necessario prevedere l’armatura per resistere a entrambe le sollecitazioni.

25

Ing. L. Santarella, Prontuario del Cemento Armato, XXII edizione, Hoepli, Milano 1956, pag. 56

26

Ivi pag. 66

60

Immagine 3.16 Schema statico per trave continua a tre appoggi semplici e carico distrbuito (G. Colombo, Manuale dell’Ingegnere, G. Colombo, Hoepli 1958, pag. 653)

2

dove: p il carico totale per metro lineare; l la luce teorica (lune netta aumentata del 5%). luce netta

27

Si è fatto riferimento alla luce maggiore

Lna

6.46

m

Lnb

5.36

m

Lnc

6.53

m

Lnd

5.30

m


luce teorica (+5%) La

6.78

m

Lb

5.63

m

Lnc

6.86

m

Ld

5.57

m

M(A)=M(C)

0

kg*m

M(B)

12208.20

kg*m

M(D)

20976.12

kg*m

M(E)

16843.22

kg*m

M(F)=M(H)

0

kg*m

M(G)

12305.74

kg*m

M(I)

21330.98

kg*m

M(L)

16711.38

kg*m

La Lb

Lc Ld

Dati σc,σf,m e fissata la larghezza b dei travetti e noto il valore del momento flettente M massimo, si determina l’armatura tesa Ff28: Ff=t √(M b) Ricordando che il valore di t viene desunto dalla tab. XI29 (m = 8) e vale: t = 0.001222, si dimensiona l’armatura rispetto ai momenti calcolati precedentemente, per il lato sinistro (La, Lb ) e per il lato destro dell’edificio (Lc, Ld ), avendo luci diverse. Ricordando che le travi hanno una sezione di larghezza b = 50 cm: Lato Sinistro

Lato Destro

Mmax = M(D) 2097612 kg*cm

Mmax = M(I) 2133098 kg*cm

Ff, max 12.51 cm

Ff, max 12.62 cm2

2

M(B) 1220820 kg*cm Ff 9.55 cm

M(G) 1230574 kg*cm Ff 9.59 cm2

2

M(E) 1684322 kg*cm Ff 11.21 cm

M(L) 1671138 kg*cm Ff 11.17 cm2

2

Si adottano quindi: Lato Sinistro

Lato Destro

Ff, max 12.51 cm 10

14 15.39 cm2 Ff 9.55 cm

8

Ff, max 12.62 cm2

2

10

14 12.32 cm2

8

Ff 11.21 cm2 8

14 12.32 cm2

14 15.39 cm2 Ff 9.59 cm2

2

14 12.32 cm2 Ff 11.17 cm2

8

14 12.32 cm2

28

Ing. L. Santarella, Prontuario del Cemento Armato, XXII edizione, Hoepli, Milano 1956, pag. 56

29

Ivi pag. 66

61


DISTANZE DA CONFINE

499

CABINA ENEL 1726.9

AREA POZZO N.21 SEMISFERIO 614.8

1133

710

628

Stato di Fatto - Lotto oggetto di- studio Tavola comparativa demolito-costruito Piano Interrato

603.9

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

via CIRCONVALLAZIONE OCCIDENTALE

547.7

511.8

953.1

887.5

958.4

475

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1:200

1A 1

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


Bocca di lupo chiusa con vetrocemento Bocca di lupo con griglia

64 81

198 81

Bocca di lupo con griglia

198 81

198 81

198 81

198 81

198 81

Bocca di lupo chiusa con vetrocemento Bocca di lupo con griglia

174 81

Bocca di lupo chiusa con vetrocemento Bocca di lupo con griglia

198 81

Bocca di lupo chiusa con vetrocemento

2A

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

65 208

LOCALE POMPE

h = 2,95 m

CENTRALE TERMICA

Stato di Fatto - Piano Interrato

h = 2,29m

DEPOSITO h = 2,29 m

121 200

h = 1,50m

h = 2,27 m

LOCALE TECNICO

65 118

DEPOSITO

130 61

88 198

h = 1,32m

DIS.

85

h = 2,29 m 200

77 210

118 200

h = 2,99m

120 210

120 210

124 215

DEPOSITO

198 81

Bocca di lupo con griglia

DEPOSITO

PIANO INTERRATO h= 3,00 m

80 210

340 33,8

120 210

120 210

340 68

DEPOSITO

342 50

120 210

DEPOSITO

120 210

341 70

120 210

341 68

DEPOSITO DEPOSITO

172 90

5m

343 90

1

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

341 89

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

CENTRALE ELETTRICA

Bocca di lupo con griglia

DISIMPEGNO

198 81

198 81

198 81

198 81

198 81

127 215

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

109 215


UFFICIO

141 162

114 64

UFFICIO *h = 2,63 m 169 162

AMBULATORIO *h = 2,74 m

WC *h = 2,75 m

*h = 2,73 m

*h = 2,73 m

145 215

82 200

**h = 2,45 m

167 162

146 200

341 162

84 162

84 162

ATRIO *h = 2,61 m

h = 4,22 m

340 162

SPORTELLI AL PUBBLICO

110 235

120 235

340 162

**h = 2,45 m

PIANO RIALZATO h. interpiano = 3,10 m

SALA ATTESA h = 3,08 m 340 162

341 162

** = quota realizzata tramite controsoffitto e pavimento galleggiante non strutturali

SPORTELLO AL PUBBLICO

120 200

340 162

340 162

**h = 2,45 m SPORTELLO AL PUBBLICO

SPORTELLO AL PUBBLICO

SPORTELLO AL PUBBLICO

SPORTELLO AL PUBBLICO

223 162

**h = 2,22 m

1

5m

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

172 162

h = 4,29 m

343 162

**h = 2,44 m

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

206 162

119 162

149 162

149 162

150 162

150 162

150 162

150 162

151 162

156 162

110 227

118 227

160 215

*h = 2,68 m

AMBULATORIO *h = 2,73 m

*h = 2,74 m

Stato di Fatto - Piano Terra

67 212

125 81

82 200

h = 3,09 m

INGRESSO *h = 2,74 m

82 200

72 200

SALA ATTESA *h = 2,74 m

h = 3,74 m

RAMPA 72 200

ANTI *h = 2,75 m 72 200

81 200

81 200

UFFICIO *h = 2,75 m

105 162

92 200

58 162

161 200

AMBULATORIO *h = 2,73 m

2B

60 162

59 162

59 162

59 162 71 200

59 162

71 200 497

71 200 72 200

*h=2,78m

157 131

157 131

157 131

82 200

32.5

82 200

81 200

SPOGL. *h = 2,73 m

AMBULATORIO *h = 2,73 m

72 200

DEPOSITO *h=2,73m

81 200

82 200

82 200

82 200

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

DISIMPEGNO

60 162

ANTI ANTI *h=2,74m *h=2,71m

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

185 162

A VERDE

*h = 2,54 m

81 200

82 200 13

ANTI *h = 2,69 m

SPAZIO WCH *h=2,70m

300 162

*h = 2,74 m

UFFICIO INFORMAZIONI *h=2,73m

WC WC *h=2,74m *h=2,71m

72 200

AMBULATORIO *h = 2,72 m

WC *h=2,70m

194 174

120 162

DOCCE *h=2,72m

82 200

AMBULATORIO *h = 2,72 m

WC *h=2,75m

71 200

AMBULATORIO *h = 2,72 m

91 200

**h = 2,50 m

71 200

UFFICIO SCELTA/REVOCA

WC *h=2,72m

71 200

356

WC *h=2,72m

59 162

340 162

169 162

162 162

216 162

85 162

340 162

151 162

151 162

151 162

151 162

151 162

151 162

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


59 162

*h=2,71m

*h= 2,62 m

DIS.

AMBULATORIO h = 3,00 m

h = 3,03 m

h = 3,02 m 71 200

RIP.

ANTI

h = 3,02 m

WC

SALA PERSONALE

AMBULATORIO h = 3,03 m

71 200

ANTI

h = 3,03 m

81 200

*h = 2,75 m

h = 3,12 m

146 215

*h = 2,75 m 145 215 50.2

215 162

91 200

32.87

340 162

30.49 341 162

215 162

83 162

340 162

h = 3,07 m 85 162

h=3,03m

340 162

97 162

233 162

191 162

150 162

149 162

AREA PRELIEVI

h=3,03m

WC

h = 3,05 m

81 210

SALA ATTESA

SALA ATTESA

71 200

AMBULATORIO

83 162

83 162

8 20 1 0

81 200

h = 3,01 m

71 210

*h= 2,70 m

82 200

82 200 71 200

DISIMPEGNO

h= 3,04 m

82 200

85 200

82 200

SALA ATTESA

81 200

81 200

DIS. h = 3,00 m

ANTI *h WC = 2,71 m

32.48

82 200

71 210

*h = 2,74 m

Stato di Fatto - Piano Primo

103 162

305 162

91 200

59 162

*h=2,47m

72 200

82 200

75 200

75 200

59 162

ANTI ANTI

*h=2,63m *h=2,63m

81 200

h = 3,00 m

148 162

61 162

59 162 71 200

71 200 71 210

*h=2,74m

*h=2,67m

71 200

60 162

60 162

341 162

339 162

340 162

59 162

DOCCE

81 210

ANTI

72 200

SPOGL.

AMBULATORIO *h = 2,78 m

*h = 2,75 m

WC HAND.

82 200

120 162

AMBULATORIO

h = 3,03 m

WC

h=3,02m

84 200

WC

h = 3,00 m

WC

*h=2,63m *h=2,63m

254 162

UFFICIO h = 3,02 m

82 200

SALA D'ATTESA 77 162

UFFICIO

340 162

h = 3,07 m 82 200

PIANO PRIMO h. interpiano = 3,10 m

197 162

zone con solaio aumentato: h. = 3,00 m

* = quota realizzata tramite controsoffitto non strutturale

*h = 2,68 m

118 162

340 162

LABORATORIO 11.759.6 59.6

h = 3,02 m

163 162

81 200

166 162

82 200

82 200

UFFICIO h = 3,01 m

82 200

LABORATORIO

83 162

h = 3,02 m

h = 3,04 m

UFFICIO h = 3,03 m

82 200 82 200

LOCALE C.E.D.

5m

81 200

173 162

h = 3,13 m

346 162

1

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

247 162

RIPOSTIGLIO h = 3,01 m

223 162

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

h = 3,01 m

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

60 162

*h=2,74m

72 200

h=3,04m

UFFICIO 71 200

ANTI

WC

*h=2,74m 72 210

h = 3,03 m

h = 3,03 m

h = 3,03 m

72 200

AMBULATORIO

AMBULATORIO

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

ZONA STERILIZ.

WC

WC

h=3,02m 72 200

WC

h=3,04m

98 162

121 162

100 162

210 162

118 162

221 162

108 162

340 162

2C

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


60 162

59 162

59 162

103 162

*h=2,73m

91 200

71 200

71 200

71 200

ANTI

*h=2,72m

60 162

60 162

60 162

*h=2,70m

71 200

71 200

59 162

71 200

71 200

*h=2,72m

*h=2,72m

RIP.

83 162

*h=2,73m

91 210

DIS.

*h = 2,74 m

UFFICIO

92 200

92 200

ANTI

WC HAND.

*h = 2,71 m

80 200

h = 2,95 m

SALA ATTESA UFFICIO h = 2,96 m

82 200

ANTI

80 200

SPOGLIATOIO

*h = 2,71 m

*h = 2,43 m

*h = 2,43 m

215 162

AMBULATORIO

UFFICIO h = 2,95 m

104 162

82 200

h = 3,09 m 145 215

h = 2,95 m

*h = 2,59 m *h = 2,72 m

102 162

145 215

*h = 2,73 m

103 162

*h = 2,63 m

82 200

82 200

239 162

RIP.

103 162

RIP.

71

h = 3,00 m200

h = 3,00 m 103 162

AMBULATORIO 205 162

h = 3,00 m

75 200

zone con solaio aumentato: h. = 3,00 m

* = quota realizzata tramite controsoffitto non strutturale

DIS.

72 200

82 200

h = 3,00 m 89 162

PIANO SECONDO h. interpiano = 3,10 m

103 162

*h = 2,63 m

339 162

341 162

340 162

340 162

215 162

84 162

340 162

235 162

100 162

228 162

99 162

AMBULATORIO

124 162

103 162

AMBULATORIO h = 3,01 m

82 200

103 162

AMBULATORIO h = 3,00 m

85 162

103 162

82 200

102 162

82 200

AMBULATORIO

*h = 2,63 m 85 162

104 162

h = 3,01 m

AMBULATORIO

92 200

102 162

82 200

h = 2,98 m

82 200

92 200

82 200

AMBULATORIO h = 3,02 m

AMBULATORIO

5m

h = 2,98 m

172 162

1

342 162

0

Stato di Fatto - Piano Secondo

81 200

72 200

ANTI

*h=2,73m

ANTI

*h=2,70m

340 162

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

91 210

118 78

94 210

70 200

82 200

71 200

WC

*h=2,72m

DIS 82 210

DEPOSITO

*h=2,74m

*h = 2,44 m

*h = 2,44 m

*h = 2,43 m

AMBULATORIO

AMBULATORIO

81 200

91 200

DIS.

DEP.

58 162

100 162

340 162

81 200

81 200

91 210

92 210

84 210

81 200

82 200

WC

WC

*h=2,71m

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

UTA

h = 2,95 m

*h = 2,62 m

WC

*h=2,71m

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

DIS

*h=2,73m

h = 2,99 m

*h = 2,37 m

81 200

82 200

*h = 2,69 m

SPOGLIATOIO

60 162

h = 3,00 m

ANTI *h = 2,69 m

81 200

60 162

60 162

UFFICIO

h = 2,98 m

h = 2,97 m

78 78

DIS.

AMB.

WC

*h = 2,60 m

82 200

*h = 2,69 m

h = 2,96 m

*h = 2,43 m

*h = 2,62 m

WC

UFFICIO

SPOGLIATOIO

60 162

216 162

84 162

340 162

340 162

2D

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


ANTI

*h = 2,67 m

72 200

*h=2,69m

60 162

60 162

60 162

57 162

82 200

341 162

*h = 2,74 m *h = 2,56 m

92 200

*h = 2,73 m

*h = 2,67 m

UFFICIO

AMBULATORIO h = 2,96 m

h = 2,96 m

AMBULATORIO h = 2,97 m

AMBULATORIO h = 2,97 m

AMBULATORIO

h = 2,98 m

145 215

UFFICIO

*h = 2,75 m

*h = 2,74 m 82 200

145 215

340 162

85 162

215 162

340 162

339 162

340 162

341 162

78 200

86 162

92 200

AMBULATORIO

h = 2,99 m

UFFICIO

h = 3,02 m 340 162

92 200

83 162

32.14

31.14

SALA RIUNIONI *h = 2,75 m 92 200

PIANO TERZO h. interpiano = 3,10 m

zone con solaio aumentato: h. = 3,00 m

236 162

UFFICIO

*h = 2,64 m

h = 3,00 m

340 162

340 162

* = quota realizzata tramite controsoffitto non strutturale

92 200

92 200

UFFICIO h = 3,00 m

340 162

243 162

UFFICIO h = 2,99 m

99 162

UFFICIO

h = 3,03 m 92 200

UFFICIO h = 3,01 m

82 200

5m

UFFICIO

172 162

h = 3,02 m

340 162

1

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

184 162 81 200

92 200

129 162

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

82 200

82 200

82 200

82 200

UFFICIO

Stato di Fatto - Piano Terzo

155 98

82 210

*h=2,75m

h = 2,95 m 82 200

h = 2,97 m

82 200

*h = 2,56 m

92 200

WC H.

82 200

82 200

82 200

82 200

80 200

WC

h = 2,97 m

ANTI

*h=2,74m

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

82 200

62 162

60 162

60 162

ANTI

*h=2,72m

*h=2,74m

60 162

SALA ATTESA

h = 2,98 m

61 162

W.C.H.

300 162

h = 2,98 m

UFFICIO

71 200

82 200

71 200

UFFICIO

WC

91 200

h = 2,99 m

UFFICIO

WC

72 200

h = 2,97 m

h = 2,97 m

ARCHIVIO

72 200

AMBULATORIO

WC

*h=2,69m *h=2,72m *h=2,74m 71 200

WC

*h=2,69m

AMBULATORIO

60 162

60 162

341 162

150 162

150 162

151 162

151 162

151 162

150 162

340 162

340 162

340 162

2E

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


0 1 5m Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

B B Stato di Fatto - Copertura

2F

A

A

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


1739

1591 1591

1210

140

5

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

840

Stato di Fatto - Prospetto Anteriore

1739

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

1:100

3A

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


1591 1591

Stato di Fatto - Prospetto lato Nord-Est

1739

456

147

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

1739

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1:100

3B

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


1591 1591

1210

140 147

Stato di Fatto - Prospetto Posteriore

1739

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

1739

840

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1:100

3C

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


1591 1591

140

5

Stato di Fatto - Prospetto lato Sud-Est

1739

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

1739

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1:100

3D

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


Griglia

46

10.0000

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

147

Bocca di lupo

Muratura in folio

Intercapedine cavo

Muratura a una testa

Colla 1.5 cm

Rivestimento in laterizio 2 cm

Davanzale in marmo 2 cm Mensola in cls

Infisso

Cassonetto serranda

10.0000

99.3003

64.8202

Stato di Fatto - Sezione trasversale A-A

98.7168

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

310 30 310 30 310 30 310 30 310

164 100

24

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1:50

Infisso a vasistas

Soletta 4 cm Pignatte 20 cm Intonaco 2 cm

Pavimento 2 cm Massetto 3 cm

4A

73

194

534

874

1214

1591

1739

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


30

310

140

5

Stato di Fatto - Sezione Longitudinale B-B

840

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

309.99

1210

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

4B

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


2

1

Pilastri in angolo 40x40 10Ø14

Pilastri esterni 50x40 12Ø14

4

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

5

5A

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

6

Pilastri in angolo 40x40 10Ø14

E

E

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastri interni 50x40 12Ø14

Trave Principale Centrale 100x24 8Ø14

Pilastro 30x80 14Ø14

D

Pilastro 30x30 8Ø14

C

D

Trave 15x30

C

Muratura a due teste Vano ascensore in c.a.4

Pilastro 30x40 8Ø14 Trave in altezza 50x70

Trave pianerottolo 30x24

3

B

B

Trave secondaria 50x24 cm 10Ø14

1

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Solaio gettato in opera 20+4 cm con travetti di 8 (2Ø12) cm e interasse di 40 cm

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

2

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Trave Principale centrale 100x24 8Ø14

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastri interni 40x50 12Ø14

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastri esterni 40x50 12Ø14

Solaio gettato in opera 20+4 cm con travetti di 8 (2Ø12) cm e interasse di 40 cm

1

5m A

A

3

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

5

6

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Inspessimento del pilastro con mattoni forati

Pilastri 40x40 10Ø14

Pilastri esterni 50x40 12Ø14

Pilastri in angolo 40x50 12Ø14

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Muratura a una testa

Stato di Fatto - Pianta Strutturale Piano Interrato

Trave secondaria - cordolo 50x24 cm 10Ø14


2

1

Pilastri esterni 40x40 10Ø14

5

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Pilastri in angolo 40x40 10Ø14

E

Lb

536

C

E

B

E'

Trave Principale Centrale 100x24 8Ø14

Pilastro 30x80 14Ø14

D

D

Trave 15x30

Pilastro 30x30 8Ø14

C

C'

410

24

Muratura a due teste

La

646

Vano ascensore in c.a. 4

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastro 30x40 8Ø14 D

Trave pianerottolo 30x24

D'

B

A

B

B'

396

653

L1

Lc

Trave secondaria 50x24 cm 10Ø14

1

398

3

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Solaio gettato in opera 20+4 cm con travetti di 8 (2Ø12) cm e interasse di 40 cm

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

2

530 Ld Trave Principale centrale 100x24 8Ø14

Trave secondaria 50x24 10Ø14 F

I'

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastri interni 40x40 10Ø14 G

I

Pilastri esterni 40x40 12Ø14 H

L

L'

G'

H'

400

Solaio gettato in opera 20+4 cm con travetti di 8 (2Ø12) cm e interasse di 40 cm

0

1

L1

490

613

5m A

A

3

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

C

Pilastri interni 40x40 10Ø14

5

6

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastri 40x40 10Ø14

Pilastri esterni 40x40 10Ø14

Pilastri in angolo 40x40 10Ø14

Muratura a una testa

Stato di Fatto - Pianta Strutturale Piano Terra

E

6

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Pilastri in angolo 40x40 10Ø14

4

5B

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


2

1

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

6

Pilastri in angolo 40x40 10Ø14

E

Pilastri interni 40x30 8Ø14

Trave Principale Centrale 100x24 8Ø14

Pilastro 30x80 14Ø14

D

Trave 15x30

Pilastro 30x30 8Ø14

C

D

Pilastri esterni 40x30 8Ø14

Pilastri in angolo 30x40 8Ø14

D

C

Muratura a due teste Vano ascensore in c.a.4

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastro 30x40 8Ø14

Trave pianerottolo 30x24

3

B

B

Trave secondaria 50x24 cm 10Ø14

1

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Solaio gettato in opera 20+4 cm con travetti di 8 (2Ø12) cm e interasse di 40 cm

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

2

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Trave Principale centrale 100x24 8Ø14

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastri interni 30x40 8Ø14

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastri esterni 30x40 8Ø14

Solaio gettato in opera 20+4 cm con travetti di 8 (2Ø12) cm e interasse di 40 cm

0

1

5m A

A

3

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastri 40x40 10Ø14

E

5

6

A

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Muratura a una testa

E

Stato di Fatto - Pianta Strutturale Piano Primo

Pilastri esterni 40x30 8Ø14

5

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Pilastri in angolo 40x40 10Ø14

4

5C

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


2

1

Pilastri in angolo 30x30 8Ø14

Pilastri esterni 30x30 8Ø14

4

5

5D

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

6

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

E

Pilastri 40x40 10Ø14

Pilastri interni 30x30 8Ø14

Trave Principale Centrale 100x24 8Ø14

Pilastro 30x80 14Ø14

D

Pilastro 30x30 8Ø14

C

D

Trave 15x30

C

Muratura a due teste Vano ascensore in c.a. 4

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Trave secondaria 50x24 10Ø14 100

Pilastro 30x40 8Ø14

Trave pianerottolo 30x24

3

B

B

Trave secondaria 50x24 cm 10Ø14

1

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Solaio gettato in opera 20+4 cm con travetti di 8 (2Ø12) cm e interasse di 40 cm

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

2

Trave Principale centrale 100x24 8Ø14

Solaio gettato in opera 20+4 cm con travetti di 8 (2Ø12) cm e interasse di 40 cm

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

1

5m A

A

3

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

5

6

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

1600

Trave secondaria 50x24 10Ø14

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Muratura a una testa Trave secondaria 50x24 10Ø14

Stato di Fatto - Pianta Strutturale Piano Secondo

E


2

1

Pilastri in angolo 30x30 8Ø14

Pilastri esterni 30x30 8Ø14

4

5

5E

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

6

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Pilastri 40x40 10Ø14

Pilastri interni 30x30 8Ø14

Trave Principale Centrale 100x24 8Ø14

Pilastro 30x80 14Ø14

D

Pilastro 30x30 8Ø14

C

D

Trave 15x30

C

Muratura a due teste Vano ascensore in c.a. 4

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Pilastro 30x40 8Ø14

Trave pianerottolo 30x24

3

B

B

Trave secondaria 50x24 cm 10Ø14

1

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Solaio gettato in opera 20+4 cm con travetti di 8 (2Ø12) cm e interasse di 40 cm

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

2

Trave Principale di bordo 30x60 6Ø12

Trave Principale centrale 100x24 8Ø14

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Trave secondaria 50x24 10Ø14

Solaio gettato in opera 20+4 cm con travetti di 8 (2Ø12) cm e interasse di 40 cm

1

5m A

A

3

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

5

6

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Muratura a una testa Trave secondaria 50x24 10Ø14

Stato di Fatto - Pianta Strutturale Piano Terzo

E

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

E


46

310

164

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Rivestimento in mattone faccia vista sp. 3.5 cm Colla per fissaggio sp. 1.5 cm

100

Intonaco interno 2 cm Mattone sp. 6 cm Intercapedine sp. variabile

Mattone sp. 14 cm

Trave di bordo ribassata a creare l'architrave

scala 1:100

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Sezione A-A

Pavimento 2 cm Massetto allettamento 3 cm Soletta non armata 4 cm Pignatte h 20 cm Intonaco 1 cm Travetti b = 8 cm 2Ø12

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Davanzale in marmo 2 cm

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Stato di Fatto - Dettaglio della parete e solaio tipo

1:20

6

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


4. La VulnerabilitĂ Sismica In Italia


4.1 Storia delle normative sismiche italiana e degli eventi che ne hanno stimolato lo sviluppo La storia delle normative sismiche in Italia ha inizio nei primi anni del XXVII secolo, e grazie al “Progetto Norme Sismiche” dell’Associazione ISI - Ingegneria Sismica Italiana è possibile ripercorrerne a grandi linee la crescita. Il primo ampio dibattito scientifico e filosofico in merito ai terremoti si ebbe a seguito del terremoto di che distrusse completamente Lisbona nel 1755. Secondo una diffusa convinzione nasce in questo momento l’ingegneria antisismica. La ripercussione si ebbe i tutto il territorio europeo e, negli anni successivi, si hanno i primi scritti che trattano degli effetti del sisma sulle costruzioni1. Nel 1783 viene emanato il primo decreto relativo alla sismica dopo il gravissimo terremoto che colpì Calabria e Sicilia, il cosiddetto terremoto delle Calabrie, che vide circa 30000 morti. La risposta del governo borbonico fu immediata e il re Ferdinando IV “diede vita ad un programma di ricostruzione che resta, sotto molti aspetti, un modello notevole nella storia del nostro Paese.”2 Giovanni Vivenzio nel suo scritto Istoria e teoria de’ terremoti in generale ed in particolare di quelli della Calabria e di Messina del MDCCLXXXIII, riporta il primo progetto conosciuto di un edificio antisismico: il cosiddetto “sistema baraccato alla beneventana” basato su una struttura intelaiata in legno, con ritti infissi in un basamento di muratura e con le specchiature dei telai chiuse con materiali leggeri (canne, legname) cementate con malta ed intonacate. Il quadro delle disposizioni antisismiche pre-unitarie di completa con il Regolamento edilizio da osservarsi per le fabriche del Comune di Norcia, emanato dal governo Pontificio di Pio IX, a seguito degli eventi sismici che colpirono il territorio di Norcia nel 1859. Nel regolamento edilizio si fissavano alcuni limiti, come ad esempio: l’altezza massima della struttura (8.5 m); si fissava lo spessore minimo delle murature, anche interne a 60 cm; si stabiliva la necessità che muri interni ed esterni “facciano una massa unica” e veniva richiesto che le aperture di porte e finestre fossero a una congrua distanza dagli angoli dei muri e che le aperture risultassero verticalmente allineate. Negli anni immediatamente successivi si susseguono alcune leggi e regi decreti sempre a seguito di eventi sismici che portano a vietare le strutture spingenti. La vera normativa antisismica italiana può dirsi nascere a seguito del terremoto del 28 dicembre 1908 che distrusse completamente Messina e Reggio Calabria con più di centomila vittime, fu emanato il Regio Decreto n. 193 del 18 Aprile 1909 (G.U. n. 95 del 22 Aprile 1909) “Norme tecniche ed igieniche obbligatorie per le riparazioni ricostruzioni e nuove costruzioni degli edifici pubblici e privati nei luoghi colpiti dal terremoto del 28 dicembre 1908 e da altri precedenti elencati nel R.D. 15 aprile 1909 e ne designa i Comuni.” e Circolare n. 2664 del 20 Aprile 1909 “Istruzioni tecniche”. In tale decreto si prescriveva: l’esclusione delle strutture spingenti; il collegamento fra le strutture; la limitazione di 5 metri tra le strutture portanti; che le costruzioni fossero realizzate con “una ossatura in legno, di ferro, di cemento armato o di muratura armata”, limitando la muratura, in mattoni o in blocchi di pietra squadrata o listata, alle costruzioni di un solo piano; esclude l’edificabilità su siti inadatti (paludosi, franosi, ecc…). Tale norma prescrive inoltre di considerare forze statiche orizzontali e verticali proporzionali ai pesi: queste forze vengono introdotte ma non quantificate nel dettaglio. Risulta di particolare importanza questo regio decreto perché è il primo a fornire l’individuazione delle zone sismiche in Italia: in un elenco preliminare individua come zone sismiche quelle dove sono avvenuti i terremoti del 28 dicembre 1908 (province di Messina e Reggio Calabria) o antecedenti (province di Cosenza e Catanzaro), evidenziate in Figura 4.1 in blu. Inoltre è questo il decreto che dà inizio alle cosiddette norme di “prima generazione”, la cui validità si estenderà fino al 1974.

102

Immagine 4.1 Data di prima classificazione sismica dei comuni italiani, dal 1909 al 1984

Nel 1912 un ulteriore Regio Decreto ammette la muratura ordinaria anche per edifici di due piani, purché non superino i 7 metri di altezza, in mattoni o blocchi di pietra naturale o artificiale di forma parallelepipeda, nel 1916 si arrivò a quantificare le forze sismiche e la loro distribuzione lungo l’altezza dell’edificio mentre nel 1924 le norme tecniche prescrivono che le azioni orizzontali e verticali non agiscano contemporaneamente e che la progettazione venga eseguita da un ingegnere. Si susseguono ancora Regi Decreti a seguito dei terremoti che colpirono la regione della Marsica (province de L’Aquila, Ascoli, Campobasso, Caserta, Chieti, Perugia, Roma e Teramo), Ancora, Siena e Grosseto: con il Regio Decreto n. 705 del 3 Aprile 1926 (G.U. n. 102 del 3/05/1926) si introdussero per la prima volta le categorie sismiche, andando a coprire meno del 5% del territorio nazionale: zona sismica di prima categoria: limitava a 10 metri e due piani l’altezza dei fabbricati mentre le costruzioni in muratura ordinaria erano consentite fino a 8 m di altezza; zona sismica di seconda categoria: limitava a 12 metri e a tre piani l’altezza dei fabbricati anche per le costruzioni in muratura ordinaria. Veniva ulteriormente specificato come l’altezza di interpiano dovesse essere in ogni caso inferiore ai 5 metri, che i muri trasversali non fossero a distanza superiore a 7 m, lo spessore della muratura in mattoni fosse almeno pari a 30 cm all’ultimo piano con aumento di 15 cm ad ogni piano inferiore. Nel 1927 il Regio Decreto n. 431 del 13 Marzo 1927 (G.U. n. 82 del 08/04/1927) estese il concetto di zonizzazione ed indica le aree a seconda della categoria sismica. Il testo contiene le prescrizioni differenziate a seconda della categoria del sito e considera delle forze sismiche differenziate a seconda della categoria, nell’allegato si ha a disposizione il primo elenco dei Comuni a seconda della zonizzazione per categoria sismica, comprendendo circa il 15% dell’intero territorio nazionale. La provincia di Forlì, cui Rimini faceva parte, è classificata in larga parte in 2° categoria3 . Le seguenti normative in materia di sicurezza sismica emanate nel corso degli anni successivi, seguirà “la medesima ratio, ovvero quella di rispondere alle situazioni emergenziali scandite dal susseguirsi di eventi calamitosi nelle diverse aree del paese, senza nessun intento o possibilità di prevenirli” e andranno a coprire comunque in minima parte il territorio nazionale4. Negli anni, inoltre, si perderà man mano la visione di natura dinamica del sisma, concetto che venne poi ripreso solo nel 1975. Nella Legge 25 novembre 1962, n. 1684, “Provvedimenti per l’edilizia, con particolari prescrizioni per le zone sismiche” troviamo un nuovo elenco aggiornato dei Comuni sottoposti a classificazione sismica, ma “nel periodo di massimo sviluppo dell’attività edilizia coincidente con la fase di espansione economica di fine anni cinquanta e metà anni settanta, le prescrizioni normative


per la sicurezza delle costruzioni in ambito sismico erano vigenti solo in una ridotta porzione del territorio italiano, stimabile al massimo nel 20% dell’estensione complessiva, di cui l’80% era classificato in 2° categoria e con le aree del centro nord quasi totalmente escluse.”5 Il disastroso terremoto del Belice del 15 gennaio 1968, con una magnitudo di 6.1 nella notte, causò la morte di 296 persone e il ferimento di circa un migliaio e fu il primo evento sismico dalle tragiche conseguenze a scuotere l’Italia repubblicana e sarebbe rimasto uno dei più funesti, per numero di vittime, dopo quelli dell’Irpinia nel 1980, del Friuli nel 1976 e dell’Aquila nel 2009. Oltre alle perdite di vite umane, in termini di economia si perse circa il 90% del patrimonio edilizio rurale su un’area a vocazione pressoché esclusivamente agricola.

dall’evolversi delle conoscenze dei fenomeni sismici, mentre per la classificazione sismica si è operato, come per il passato, attraverso l’inserimento di nuovi comuni colpiti dai nuovi terremoti. A seguito della Legge 64/1972, videro la luce due decreti, entrambi n. 40 del 3 Marzo 1975 (G.U. n. 93 del 08/04/1975): il primo, “Approvazione delle Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”, che può considerarsi la matrice di tutte le normative attuali in materia di sicurezza sismica, contiene tutta la nuova normativa; il secondo, invece, stabilisce che questa è da applicare a tutte le località già classificate. Tale decreto riprende in causa la natura del sisma, dando la possibilità di eseguire analisi di tipo statico o dinamico e andando ad adeguare le norme italiane a quelle vigenti già altrove. In questo stesso anno viene emanato il Decreto Ministeriale del 18 Dicembre 1975 (G.U. n. 29 del 2/02/1976) “Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica, da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica”.

Immagine 4.3 a) Comuni classificati sismici al 1974; b) Comuni declassificati nel periodo 1927-1965. CREDITS: C. Meletti, M. Stucchi, G.M. Calvi, La classificazione sismica, oggi, dicembre 2014

Immagine 4.2

In alto: veduta delle rovine del paese di Salaparuta raso al suolo dopo il terremoto del Belice. In basso: i ruderi e alcune macerie caricate su un camion della Chiesa Madre a Santa Margherita di Belice dopo il terremoto. Credits: MONDADORI PORTFOLIO/Giorgio Lotti

L’atto successivo del Governo fu quello di emanare la Circolare Ministeriale LL.PP. n. 6090 dell’11 Agosto 1969 “Norme per la progettazione, il calcolo, la esecuzione e il collaudo di costruzioni con strutture prefabbricate in zone asismiche e sismiche”: tale circolare fu il riferimento per le costruzioni in muratura armata e a pannelli prefabbricati degli anni Ottanta. Con la Legge n. 64 del 2 Febbraio 1974 (G.U. n. 76 del 21/03/1974) “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche” si sostituisce integralmente la Legge n.1684 del 1962 e viene approvata una nuova normativa sismica nazionale che stabilisce il quadro di riferimento per le modalità di classificazione sismica del territorio, oltre che la redazione delle norme tecniche: queste legge fa da capostipite alle norme di “seconda generazione”, fino al 1996. Il carattere distintivo di tale legge è stata la possibilità di aggiornare le norme sismiche ogni qualvolta fosse giustificato

Nel 1977 la Legge Regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 30 del 20 giugno, all’indomani del sisma del 6 maggio 1976, introduce il metodo di calcolo POR per le murature, quindi, per le murature, si introduce un primo metodo per la valutazione della duttilità strutturale. Nel 1981 il D.M. 7 Marzo 1981 n. 593 “Dichiarazione in zone sismiche nelle regioni Basilicata, Campania e Puglia” dà una classificazione sismica del territorio basata su uno studio del CNR: tale studio si basa per la prima volta su un’indagine di tipo probabilistico e sarà alla base della classificazione dell’OPCM 3274 del 2003. Viene introdotta la zona sismica di terza categoria a minor sismicità rispetto alle altre. Si susseguono quindi negli anni normative che non troveranno sempre riscontro nell’efficacia pratica e sul piano applicativo poiché il processo di classificazione sismica sarà lento e contraddittorio dovuto anche al rapido sviluppo economico degli anni Settanta. Nel 1996 col D.M. del 16 Gennaio 1996 (G.U. n. 29 del 5/02/1996). “Norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche”, considerata l’ultima disposizione di legge contenente normative antisismiche cosiddette di “seconda generazione”, non si fa più riferimento al numero di piani di un edificio, ma alla sua altezza massima, inoltre permette di adottare anche nelle zone sismiche il metodo di verifica agli stati limite oltre a quello alle tensioni ammissibili e vengono limitati i danni alle parti non strutturali attraverso il controllo degli spostamenti. Sarà con le leggi di “terza generazione” che si adotterà quasi esclusivamente il metodo semiprobabilistico agli stati limite, andando a superare il metodo delle tensioni ammissibili nato nelle disposizioni di “prima generazione”. Con la Legge Bassanini del 1997 si inserisce un nuovo processo per la distribuzione delle competenze tra Stato, Regioni ed Enti Locali: la competenza per l’individuazione delle zone sismiche che fino ad allora era di competenza del Ministro dei Lavori Pubblici, viene trasferita alle Regioni, mentre allo Stato spetta quella di definire i relativi criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e le norme tecniche per le costruzioni nelle medesime zone.

103


Immagine 4.4 A sinistra: Classificazione sismica del territorio italiano (1984). Decreto MLP del 14/07/1984 e decreti successivi. A destra: Proposta di riclassificazione sismica del territorio italiano (1998) a cura del Gruppo di Lavoro ING-GNDT-SSN costituito dalla Commissione Nazionale di Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi. Credits: INGV.

Nel 2003 l’Ordinanza del Consiglio dei Ministri OPCM n. 3274 del 20 Marzo 2003 (G.U. n. 105 del 8/05/2003) “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” per la prima volta recepisce i contenuti degli Eurocodici, rendendo obbligatorio il calcolo semiprobabilistico agli stati limite e le analisi dinamiche con spettro di risposta. A differenza della precedente, tale normativa ha classificato tutto il territorio nazionale come sismico ed è stato suddiviso in 4 zone caratterizzate da pericolosità sismica decrescente:

Immagine 4.5  A sinistra: zone sismiche del territorio italiano (2003). Ordinanza PCM 3274 del 20/03/2003. A destra: zone sismiche del territorio italiano con recepimento delle variazioni operate dalle singole Regioni (fino a marzo 2004). Credits: INGV

Un aggiornamento dello studio di pericolosità di riferimento nazionale è stato adottato con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3519 del 28 aprile 2006: il nuovo studio di pericolosità ha fornito alle Regioni uno strumento aggiornato per la classificazione del proprio territorio, introducendo degli intervalli di accelerazione (ag), con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni, da attribuire alle 4 zone sismiche.

Zona sismica

Zona 1 - E’ la zona più pericolosa. La probabilità che capiti un forte terremoto è alta Zona 2 - In questa zona forti terremoti sono possibili Zona 3 - In questa zona i forti terremoti sono meno probabili rispetto alla zona 1 e 2 Zona 4 - E’ la zona meno pericolosa: la probabilità che capiti un terremoto è molto bassa Immagine 5.6

1

ag >0.25

2

0.15 <ag≤ 0.25

3

0.05 <ag≤ 0.15

4

ag ≤ 0.05

Pericolosità sismica a seguito dell’OPCM 3274. Credits: http://www.protezionecivile.gov.it

I decreti in vigore fino 2003, che consideravano solamente 3 categorie sismiche a diversa severità: sismicità alta, media e bassa, “avevano classificato complessivamente 2.965 comuni italiani su di un totale di 8.102, che corrispondono al 45% della superficie del territorio nazionale, nel quale risiede il 40% della popolazione.” 6 Mentre dagli anni Duemila sparisce quindi il territorio “non classificato” e viene introdotta la zona 4, nella quale è facoltà delle Regioni prescrivere l’obbligo della progettazione antisismica e a ciascuna zona viene assegnato un valore dell’azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35 g, zona 2=0.25 g. zona 3=0.15 g, zona 4=0.05 g). L’OPCM 3274 segna il passaggio tra le norme di vecchia e nuova concezione, cioè tra le normative puramente prescrittiva e la nuova impostazione prestazionale, nella quale gli obiettivi della progettazione che la norma si prefigge vengono dichiarati ed i metodi utilizzati allo scopo vengono singolarmente giustificati.

Con la pubblicazione delle “Norme Tecniche per le Costruzioni” (Decreto Ministeriale del 14 gennaio 2008), che entrano in vigore all’indomani del terremoto de L’Aquila dell’aprile 2009, “per ogni costruzione ci si deve riferire ad una accelerazione di riferimento “propria” individuata sulla base delle coordinate geografiche dell’area di progetto e in funzione della vita nominale dell’opera. Un valore di pericolosità di base, dunque, definito per ogni punto del territorio nazionale, su una maglia quadrata di 5 km di lato, indipendentemente dai confini amministrativi comunali.”7 Dunque la classificazione sismica per zone resta una mera indicazione utile solo per la gestione della pianificazione e per il controllo del territorio da parte degli enti preposti. Dal 2009 ad oggi hanno ancora “parlato” i terremoti: Emilia 2012, Amatrice-Norcia-Visso 2016 e 2017, facendo sì che le tanto attese nuove norme tecniche vengono pubblicate a gennaio 2018.

7

104

Accelerazione con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni (ag)

http://www.protezionecivile.gov.it/attivita-rischi/rischio-sismico/attivita/classificazione-sismica


Immagine 4.7

R.D.L del 13/03/1927, n. 431. Allegato - Comuni e frazioni di Comune nei quali è obbligatoria l’osservanza delle norme tecniche ed igieniche di edilizia.

Dal 1927, quando Rimini si trova in 2° categoria, nonostante proseguano gli aggiornamenti degli elenchi, aggiungendo sempre più Comuni alla categorizzazione, arrivando però a coprire sempre un’esigua percentuale del suolo italiano, già nel 1937, dopo solo dieci anni, come riporta il Decreto Ministeriale 18 novembre 1938 - XVII, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 9/2/1939 n. 33, Rimini viene cancellata dall’elenco delle città sottoposte a categoria sismica8. Immagine 4.8  R.D.L. del 22/11/1937, n. 2105. Elenco dei Comuni e frazioni di Comune nei quali è obbligatoria l’osservanza delle speciali norme tecniche di edilizia per le località sismiche della 1a e della 2a categoria.

Immagine 4.6 Classificazione sismica al 31 gennaio 2019. Credits: http://www.protezionecivile.gov.it

4.2 Il caso di Rimini Come si evince dalla storia normativa percorsa nel paragrafo 5.2, per ridurre gli effetti del terremoto, l’azione dello Stato si è concentrata sulla classificazione del territorio, in base all’intensità e frequenza dei terremoti del passato, e sull’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche. La legislazione antisismica italiana prescrive norme tecniche in base alle quali un edificio debba sopportare senza gravi danni i terremoti meno forti e senza crollare i terremoti più forti, salvaguardando prima di tutto le vite umane. Per quanto concerne il territorio riminese, appartenente alla provincia di Forlì, la prima categorizzazione del suolo come area sismica appare nel Regio Decreto n. 431 del 13 marzo 1927.

8

“Visto il decreto interministeriale 27 luglio 1937, n. 1193, registrato alla Corte dei conti il 23 agosto successivo, al registro 17 LL.

PP., foglio 166, col quale il comune di Rimini è stato cancellato dall’elenco dei Comuni allegato al R. decreto-legge 22 novembre 1937, n. 2105, nei quali è obbligatoria la osservanza delle speciali norme tecniche di edilizia per le località di 1° e 2° categoria […]”.

105


Nel nuovo elenco aggiornato dei Comuni sottoposti a classificazione sismica, nella Legge 25 novembre 1962, n. 1684, non troviamo Rimini che rimarrà non classificata fino al 1983, quando con il Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici 23 luglio 1983 “Aggiornamento delle zone sismiche della regione Emilia Romagna”, all’art. 1 troviamo la classificazione basata sulla legge del 2 febbraio 1974, n. 64 con grado di sismicità S:

Immagine 4.10 Aggiornamento delle zone sismiche della provincia di Forlì. D. M. LL. PP 23/07/1983

Col susseguirsi delle normative e degli aggiornamenti della zonizzazione, ritroviamo Rimini d’ora in poi sempre in categoria 2. Certo è che le esigenze di natura speculativa e turistica che il boom economico del Dopoguerra ha prodotto ben si associavano con gli anni di “non-classificazione” di Rimini e, più in generale, di tutto il litorale romagnolo-marchigiano. Se consideriamo che oltre il 60% degli edifici (circa 7 milioni) è stato costruito prima del 19719 , quindi prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica per nuove costruzioni (1974) e che il dato sale a circa il 70%, se si pone il limite del 1984 quando cioè viene completata la classificazione sismica dell’Italia, “è facile stimare che quasi l’intero patrimonio edilizio esistente e precedente gli ultimi vent’anni, sia sostanzialmente stato costruito senza nessuna prescrizione normativa per la sicurezza sismica.”10

Immagine 4.11 ALLEGATO A_CLASSIFICAZIONE SISMICA DEI COMUNI DELL'EMILIA-ROMAGNA (2003)

Immagine 4.9 Decreto Ministeriale 18 novembre 1938 - GU 9/02/1939 n. 33

106

9

Fonte: Primo Rapporto ANCE - CRESME “Lo stato del territorio italiano 2012”

10

Gulli R., Recupero sostenibile del patrimonio costruito in ambito sismico, cit, p. 58


provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le conseguenze di un loro eventuale collasso. Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità. Industrie con attività particolarmente pericolose per l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al DM 5/11/2001, n. 6792, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”, e di tipo C quando appartenenti ad itinerari di collegamento tra capoluoghi di provincia non altresì serviti da strade di tipo A o B. Ponti e reti ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente dopo un evento sismico. Dighe connesse al funzionamento di acquedotti e a impianti di produzione di energia elettrica. PERIODO DI RIFERIMENTO PER L’AZIONE SISMICA Le azioni sismiche sulle costruzioni vengono valutate in relazione ad un periodo di riferimento VR che si ricava, per ciascun tipo di costruzione, moltiplicandone la vita nominale di progetto VN per il coefficiente d’uso CU: VR = VN · C U [2.4.1] Il valore del coefficiente d’uso CU è definito, al variare della classe d’uso, come mostrato in Tab. 2.4.II

Immagine 4.12 Classificazione sismica dei comuni dell’Emilia-Romagna. Aggiornamento della classificazione sismica, luglio 2018

Riassumendo, per l’edificio in esame, consideriamo che sia una costruzione con livelli di prestazione ordinari e, dovendo essere adibito a edificio per l’edilizia universitaria, si considera una classe d’uso che prede affollamenti significativi: CARATTERISTICHE DELL’EDIFICIO

4.3 Valutazione della vulnerabilità sismica 4.3.1

Caratteristiche dell’edificio11

VITA NOMINALE La vita nominale di progetto VN di un’opera è convenzionalmente definita come il numero di anni nel quale è previsto che l’opera, purché soggetta alla necessaria manutenzione, mantenga specifici livelli prestazionali. I valori minimi di VN da adottare per i diversi tipi di costruzione sono riportati nella Tab. 2.4.I. Tali valori possono essere anche impiegati per definire le azioni dipendenti dal tempo.

4.3.2

50 anni

CLASSE D’USO

III

Caratteristiche del sito12

CATEGORIE DI SOTTOTUOLO E CONDIZIONI TOPOGRAFICHE Categorie di sottosuolo Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto, l’effetto della risposta sismica locale si valuta mediante specifiche analisi, da eseguire con le modalità indicate nel § 7.11.3. In alternativa, qualora le condizioni stratigrafiche e le proprietà dei terreni siano chiaramente riconducibili alle categorie definite nella Tab. 3.2.II, si può fare riferimento a un approccio semplificato che si basa sulla classificazione del sottosuolo in funzione dei valori della velocità di propagazione delle onde di taglio, VS. I valori dei parametri meccanici necessari per le analisi di risposta sismica locale o delle velocità VS per l’approccio semplificato costituiscono parte integrante della caratterizzazione geotecnica dei terreni compresi nel volume significativo, di cui al § 6.2.2. I valori di VS sono ottenuti mediante specifiche prove oppure, con giustificata motivazione e limitatamente all’approccio semplificato, sono valutati tramite relazioni empiriche di comprovata affidabilità con i risultati di altre prove in sito, quali ad esempio le prove penetrometriche dinamiche per i terreni a grana grossa e le prove penetrometriche statiche. Le categorie di sottosuolo che permettono l’utilizzo dell’approccio semplificato sono definite in Tab. 3.2.II:

CLASSE D’USO Con riferimento alle conseguenze di una interruzione di operatività o di un eventuale collasso, le costruzioni sono suddivise in classi d’uso così definite: Classe I:

VITA NOMINALE

Costruzioni con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli.

Classe II: Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività non pericolose per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe d’uso III o in Classe d’uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza. Dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti. Classe III: Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attività pericolose per l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’uso IV. Ponti e reti ferroviarie la cui interruzione 11

Cfr. paragrafo 2.4 “NTC2018”

12

Cfr. paragrafo 3.2.2 “NTC2018”

107


Dal sito https://geoapp.eu/parametrisismici2018/ otteniamo i parametri allo stato limite di salvaguardia della vita SLV:

Per queste cinque categorie di sottosuolo, le azioni sismiche sono definibili come descritto al § 3.2.3 delle presenti norme. Per qualsiasi condizione di sottosuolo non classificabile nelle categorie precedenti, è necessario predisporre specifiche analisi di risposta locale per la definizione delle azioni sismiche. Condizioni topografiche Per condizioni topografiche complesse è necessario predisporre specifiche analisi di risposta sismica locale. Per configurazioni superficiali semplici si può adottare la seguente classificazione (Tab. 3.2.III): Le suesposte categorie topografiche si riferiscono a configurazioni geometriche prevalentemente bidimensionali, creste o dorsali allungate, e devono essere considerate nella definizione dell’azione sismica se di altezza maggiore di 30 m.

Immagine 4.13 Parametri ricavati dal sito https://geoapp.eu/parametrisismici2018/

L’accelerazione massima (ag,max) attesa al suolo libero (al periodo T=0) si ottiene applicando il coefficiente di amplificazione S ad ag. Le NTC2018 forniscono nel § 3.2.3.2.1 l’espressione per calcolare Ss:

Immagine 4.14 § 3.2.3.2.1 NTC 2018

108


Mentre il valore di ST è riferito alla categoria topografica, come indicato in Tab. 3.2.V13:

Immagine 4.15 Tabella 3.2.V NTC 2018

Riassumendo: CARATTERISTICHE DEL SITO LATITUDINE

44.0610372

LONGITUDINE

12.563628

CATEGORIA DI SOTTOSUOLO

C

CATEGORIA TOPOGRAFICA

T1

ACCELLERAZIONE MASSIMA (IN FRAZIONE DI G) SLV

0.212

FATTORE F0

2.507

OEFFICIENTE AMPLIFICAZIONE TOPOGRAFICA ST

1.0

4.4 Livelli di conoscenza 4.4.1

Definizione del modello di riferimento per le analisi14

Nelle costruzioni esistenti le situazioni concretamente riscontrabili sono le più diverse ed è quindi impossibile prevedere regole specifiche per tutti i casi. Di conseguenza, il modello per la valutazione della sicurezza dovrà essere definito e giustificato dal progettista, caso per caso, in relazione al comportamento strutturale atteso, tenendo conto delle indicazioni generali di seguito esposte. 8.5.1. ANALISI STORICO-CRITICA Ai fini di una corretta individuazione del sistema strutturale e del suo stato di sollecitazione è importante ricostruire il processo di realizzazione e le successive modificazioni subite nel tempo dalla costruzione, nonché gli eventi che l’hanno interessata. C8.5.1 ANALISI STORICO-CRITICA L’analisi inizia con il reperire tutti i documenti disponibili sulle origini del fabbricato quali, ad esempio, elaborati e relazioni progettuali della prima realizzazione della costruzione e di eventuali successivi interventi, elaborati e rilievi già prodotti, eventuali relazioni di collaudo riguarda: - l’epoca di costruzione; - le tecniche, le regole costruttive e, se esistenti, le norme tecniche dell’epoca di costruzione; - la forma originaria e le successive modifiche; - i traumi subiti e le alterazioni delle condizioni al contorno; - le deformazioni, i dissesti e i quadri fessurativi, con indicazioni, ove possibile, della loro evoluzione nel tempo; - gli interventi di consolidamento pregressi; - gli aspetti urbanistici e storici che hanno regolato lo sviluppo dell’aggregato edilizio di cui l’edificio è parte. Risulta, in generale, utile anche la conoscenza delle patologie o delle carenze costruttive evidenziate da edifici simili per tipologia ed epoca di costruzione. In definitiva, questa fase deve permettere di interpretare la condizione attuale dell’edificio come risultato di una serie di vicende statiche e di trasformazioni che si sono sovrapposte nel tempo. 13

Cfr. paragrafo 3.2.3.2.1 “NTC2018”

14

Cfr. paragrafo 8.5 “NTC2018”

8.5.2. RILIEVO Il rilievo geometrico-strutturale dovrà essere riferito alla geometria complessiva, sia della costruzione, sia degli elementi costruttivi, comprendendo i rapporti con le eventuali strutture in aderenza. Nel rilievo dovranno essere rappresentate le modificazioni intervenute nel tempo, come desunte dall’analisi storico- critica. Il rilievo deve individuare l’organismo resistente della costruzione, tenendo anche presenti la qualità e lo stato di conservazione dei materiali e degli elementi costitutivi. Dovranno altresì essere rilevati i dissesti, in atto o stabilizzati, ponendo particolare attenzione all’individuazione dei quadri fessurativi e dei meccanismi di danno. C8.5.2.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O ACCIAIO Il rilievo è finalizzato alla definizione sia della geometria esterna, sia dei dettagli di tutti gli elementi costruttivi effettivamente raggiungibili, con funzione strutturale o meno. Per gli elementi aventi funzione strutturale la geometria esterna deve essere sempre descritta in maniera la più completa possibile, allo scopo di ottenere un modello di calcolo affidabile, mentre i dettagli, spesso occultati alla vista (ad esempio la disposizione delle armature), possono essere rilevati a campione, estendendo poi le valutazioni agli altri elementi operando per analogia, anche in forza delle norme vigenti e dei prodotti in commercio all’epoca della costruzione. Il rilievo di manufatti che non hanno funzione strutturale (pareti divisorie, controsoffitti, impianti) deve essere effettuato con l’obiettivo principale di identificare eventuali rischi per la sicurezza degli abitanti, connessi a problemi di stabilità dei manufatti stessi o delle strutture. Il rilievo geometrico degli elementi deve permettere: - l’identificazione dell’organizzazione strutturale; - l’individuazione della posizione e delle dimensioni di travi, pilastri, scale e setti; - l’identificazione dei solai e della loro tipologia, orditura, sezione verticale; - l’individuazione di tipologia e dimensioni degli elementi non strutturali quali tamponamenti, tramezzature, etc. Nel caso in cui la geometria della struttura sia nota dai disegni originali, deve essere comunque eseguito il rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni di progetto. Nel definire il comportamento della costruzione in presenza di sisma sono di particolare importanza i dettagli costruttivi; le informazioni su di essi possono essere desunte dai disegni originali, da un progetto simulato o da indagini in situ. Il progetto simulato, eseguito sulla base delle norme tecniche in vigore all’epoca della costruzione e della corrispondente pratica costruttiva, è utile per fornire informazioni su quantità e disposizione dell’armatura negli elementi con funzione strutturale e sulle caratteristiche dei collegamenti. Sia che si disponga dei disegni originali, sia che si sia prodotto un progetto simulato, per verificarne la rispondenza alla realtà del costruito in termini di particolari costruttivi occorre effettuare rilievi in situ. Nei rilievi si possono individuare tre livelli di indagine, in relazione al loro grado di approfondimento. Indagini limitate: consentono di valutare, mediante saggi a campione, la corrispondenza tra le caratteristiche dei collegamenti riportate negli elaborati progettuali originali o ottenute attraverso il progetto simulato, e quelle effettivamente presenti. Indagini estese: si effettuano quando non sono disponibili gli elaborati progettuali originali, o come alternativa al progetto simulato seguito da indagini limitate, oppure quando gli elaborati progettuali originali risultano incompleti. Indagini esaustive: si effettuano quando si desidera un livello di conoscenza accurata e non sono disponibili gli elaborati progettuali originali. Le indagini in-situ basate su saggi sono effettuate su una congrua percentuale degli elementi strutturali, privilegiando, tra le tipologie di elementi strutturali (travi, pilastri, pareti…), quelle che rivestono un ruolo di primaria importanza nella struttura. Il quantitativo di indagini in-situ basate su saggi dipende dal livello di conoscenza desiderato in relazione al grado di sicurezza attuale e deve essere accuratamente valutato, anche in vista delle notevoli conseguenze che comporta sulla progettazione degli interventi. Al fine di determinare, in maniera opportuna, il numero e la localizzazione delle indagini in-situ da effettuare, è utile eseguire, a seguito del rilievo geometrico: 109


- una campagna preliminare di indagini in-situ volta alla conoscenza dei dettagli costruttivi ritenuti più significativi; - un’analisi preliminare della sicurezza statica e della vulnerabilità sismica dell’edificio, eseguita estendendo il risultato dei rilievi dei particolari costruttivi (sfruttando anche eventuali simmetrie o situazioni ripetitive della struttura) agli elementi simili per dimensioni e/o impegno statico, eventualmente utilizzando i risultati preliminari delle prove sui materiali come definite al § C8.5.3.2. Dall’esito, in termini di impegno statico e ruolo delle diverse membrature nella sicurezza della struttura, fornito dall’analisi preliminare può scaturire la necessità di approfondimenti in termini di numero, tipologia e localizzazione delle indagini in-situ basate su saggi; il progetto delle indagini ne fornisce la misura, consentendo così di graduare quantitativamente il livello di approfondimento. Il rilievo dei dettagli costruttivi è finalizzato a conseguire le seguenti informazioni: Costruzioni di calcestruzzo armato: - quantità di armatura longitudinale in travi, pilastri, pareti e sua disposizione; - quantità di barre di armatura piegate che contribuiscono alla resistenza a taglio, presenti nelle travi; - quantità e dettagli di armatura trasversale nelle zone critiche e nei nodi trave-pilastro; - quantità di armatura longitudinale che contribuisce al momento negativo di travi a T, presente nei solai; - lunghezze di appoggio e condizioni di vincolo degli elementi orizzontali; - spessore dei copriferri; - lunghezza delle zone di sovrapposizione delle barre e dei loro ancoraggi; 8.5.3. CARATTERIZZAZIONE MECCANICA DEI MATERIALI Per conseguire un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali e del loro degrado, ci si baserà sulla documentazione già disponibile, su verifiche visive in situ e su indagini sperimentali. Le indagini dovranno essere motivate, per tipo e quantità, dal loro effettivo uso nelle verifiche; nel caso di costruzioni sottoposte a tutela, ai sensi del D.Lgs. 42/2004, di beni di interesse storico-artistico o storico- documentale o inseriti in aggregati storici e nel recupero di centri storici o di insediamenti storici, dovrà esserne considerato l’impatto in termini di conservazione. I valori di progetto delle resistenze meccaniche dei materiali verranno valutati sulla base delle indagini e delle prove effettuate sulla struttura, tenendo motivatamente conto dell’entità delle dispersioni, prescindendo dalle classi discretizzate previste nelle norme per le nuove costruzioni. C8.5.3.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O ACCIAIO I valori delle caratteristiche meccaniche dei materiali prescindono dalle classi discretizzate previste nelle NTC. Per definire le caratteristiche meccaniche dei materiali è possibile riferirsi anche alle norme dell’epoca della costruzione. Calcestruzzo: si fa riferimento alle Linee Guida per la valutazione delle caratteristiche del calcestruzzo in opera, del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Acciaio: la misura delle caratteristiche meccaniche si ottiene, in generale, mediante estrazione di campioni ed esecuzione di prove a trazione fino a rottura con determinazione della tensione di snervamento, della resistenza a rottura e dell’allungamento, salvo nel caso in cui siano disponibili certificati di prova conformi a quanto richiesto per le nuove costruzioni nella normativa dell’epoca di costruzione. […] Sono ammessi metodi di indagine non distruttiva di documentata affidabilità, ad integrazione di quelli sopra descritti, purché i risultati siano tarati su quelli ottenuti con prove distruttive. Le prove sui materiali, in analogia a quanto definito per le indagini sui dettagli costruttivi, possono essere eseguite su un numero di elementi diverso, a seconda del livello di conoscenza che si vuole raggiungere. Si possono distinguere, in relazione al loro grado di approfondimento, tre livelli di prova. Prove limitate: prevedono un numero limitato di prove in-situ o su campioni, impiegate per completare le informazioni sulle proprietà dei materiali, siano esse ottenute dalle normative in vigore all’epoca della costruzione, o dalle caratteristiche nominali riportate sui disegni costruttivi o nei certificati originali di prova. Prove estese: prevedono prove in-situ o su campioni più numerose di quelle del caso precedente e finalizzate a fornire informazioni in assenza sia dei disegni costruttivi, sia dei certificati originali 110

di prova o quando i valori ottenuti con le prove limitate risultino inferiori quelli riportati nei disegni o sui certifica-ti originali. Prove esaustive: prevedono prove in-situ o su campioni più numerose di quelle del caso precedente e finalizzate a ottenere informazioni in mancanza sia dei disegni costruttivi, sia dei certificati originali di prova, o quando i valori ottenuti dalle prove, limitate o estese, risultino inferiori a quelli riportati sui disegni o nei certificati originali, oppure nei casi in cui si desideri una conoscenza particolarmente accurata. Al fine di determinare in maniera opportuna il numero e la localizzazione delle prove sui materiali, è utile: - eseguire un numero limitato di indagini preliminari sugli elementi individuati come rappresentativi a seguito dell’analisi storico-critica, della documentazione disponibile e del rilievo geometrico, al fine di definire un modello preliminare della struttura; - eseguire un’analisi per la verifica preliminare della sicurezza statica e della vulnerabilità sismica, utilizzando i dettagli costruttivi valutati nel corso della campagna di indagini preliminari (§ C8.5.2.2). In base all’esito dell’analisi preliminare è valutata la necessità di approfondimenti della campagna di indagini in termini di numero e localizzazione, in relazione all’impegno statico delle diverse membrature, del loro ruolo riguardo alla sicurezza della struttura e del grado di omogeneità dei risultati delle pro-ve preliminari, anche in relazione a quanto previsto dai documenti originari; il progetto delle prove ne fornisce la misura, consentendo così di graduare quantitativamente il livello di approfondimento. Per l’identificazione delle caratteristiche dei materiali, i dati raccolti devono includere le seguenti caratteristiche: - resistenza e, ove significativo, il modulo elastico E del calcestruzzo; - tensione di snervamento, resistenza a rottura e allungamento dell’acciaio. 8.5.4. LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA Sulla base degli approfondimenti effettuati nelle fasi conoscitive sopra riportate, saranno individuati i “livelli di conoscenza” dei diversi parametri coinvolti nel modello e definiti i correlati fattori di confidenza, da utilizzare nelle verifiche di sicurezza. Ai fini della scelta del tipo di analisi e dei valori dei fattori di confidenza si distinguono i tre livelli di conoscenza seguenti, ordinati per informazione crescente: - LC1; - LC2; - LC3. Gli aspetti che definiscono i livelli di conoscenza sono: geometria della struttura, dettagli costruttivi, proprietà dei materiali, connessioni tra i diversi elementi e loro presumibili modalità di collasso. Specifica attenzione dovrà essere posta alla completa individuazione dei potenziali meccanismi di collasso locali e globali, duttili e fragili. C8.5.4 LIVELLI DI CONOSCENZA E FATTORI DI CONFIDENZA I fattori di confidenza sono utilizzati per la riduzione dei valori dei parametri meccanici dei materiali e devono essere intesi come indicatori del livello di approfondimento raggiunto. Limitatamente al caso di verifiche in condizioni non sismiche di singoli componenti (ad esempio solai sui quali siano state condotte indagini particolarmente accurate) oppure di verifiche sismiche nei riguardi dei meccanismi locali, è possibile adottare livelli di conoscenza differenziati rispetto a quelli impiegati nelle verifiche sismiche globali. Di seguito, con riferimento alle specifiche contenute al § 8.5 delle NTC, è riportata una guida alla stima dei Fattori di Confidenza (FC), definiti con riferimento ai tre Livelli di Conoscenza (LC) crescenti, secondo quanto segue. LC1: si intende raggiunto quando siano stati effettuati, come minimo, l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato, con riferimento al § C8.5.1, il rilievo geometrico completo e indagini limitate sui dettagli costruttivi, con riferimento al § C8.5.2, prove limitate sulle caratteristiche meccaniche dei materiali, con riferimento al § C8.5.3; il corrispondente fattore di confidenza è FC = 1,35; LC2: si intende raggiunto quando siano stati effettuati, come minimo, l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato, con riferimento al § C8.5.1, il rilievo geometrico completo


e indagini estese sui dettagli costruttivi, con riferimento al § C8.5.2, prove estese sulle caratteristiche meccaniche dei materiali, con riferimento al § C8.5.3; il corrispondente fattore di confidenza è FC = 1,2; LC3: si intende raggiunto quando siano stati effettuati l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato, come descritta al § C8.5.1, il rilievo geometrico, completo ed accurato in ogni sua parte, e indagini esaustive sui dettagli costruttivi, come descritto al § C8.5.2, prove esaustive sulle caratteristiche meccaniche dei materiali, come indicato al § C8.5.3; il corrispondente fattore di confidenza è FC = 1 (da applicarsi limitatamente ai valori di quei parametri per i quali sono state eseguite le prove e le indagini su citate, mentre per gli altri parametri meccanici il valore di FC è definito coerentemente con le corrispondenti prove limitate o estese eseguite). C8.5.4.2 COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO ARMATO O DI ACCIAIO I fattori di confidenza, determinati in funzione del livello di conoscenza acquisito, vengono applicati ai valori medi delle resistenze dei materiali ottenuti dai campioni di prove distruttive e non distruttive, per fornire una stima dei valori medi delle resistenze dei materiali della struttura, entro l’intervallo di confidenza considerato (in genere si assume un intervallo di confidenza pari al 95%). Per determinare i fattori di confidenza per i diversi elementi strutturali o loro insiemi si deve tener conto che essi includono, oltre alle incertezze nella stima della resistenza dei materiali, anche le incertezze relative all’individuazione dei dettagli costruttivi. Il livello di conoscenza acquisito in base ai rilievi, alle indagini sui dettagli strutturali e alle prove sui materiali, determina i valori dei fattori di confidenza da applicare alle proprietà dei materiali, anche in maniera differenziata per elementi strutturali o gruppi di elementi, e suggerisce il metodo di analisi più appropriato. In assenza di valutazioni specifiche, ci si può riferire alla Tabella C8.5.IV.

La quantità e il tipo di informazioni richieste per conseguire uno dei tre livelli di conoscenza previsti, sono, a titolo esclusivamente orientativo, ulteriormente precisati nel seguito. LC1: si intende raggiunto quando sia stata effettuata l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato (con riferimento al § C8.5.1), la geometria della struttura sia nota in base ai disegni originali (effettuando un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni) o a un rilievo, poiché non si dispone dei disegni costruttivi i dettagli costruttivi siano stati ricavati sulla base di un progetto simulato (con riferimento al § C8.5.2) e con indagini limitate in-situ sulle armature e sui collegamenti presenti negli elementi più importanti (i dati raccolti devono essere tali da consentire verifiche locali di resistenza), poiché non si dispone di informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali (provenienti dai

disegni costruttivi o dai certificati di prova) si siano adottati i valori usuali della pratica costruttiva dell’epoca, convalidati da prove limitate in situ sugli elementi più importanti (con riferimento al § C8.5.3); il corrispondente fattore di confidenza è FC = 1,35. La valutazione della sicurezza è, in genere, eseguita mediante analisi lineare, statica o dinamica; le informazioni raccolte devono consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo. LC2: si intende raggiunto quando sia stata effettuata l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato (con riferimento al § C8.5.1), la geometria della struttura sia nota in base ai disegni originali (effettuando un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni) o a un rilievo, i dettagli costruttivi siano noti, o parzialmente dai disegni costruttivi originali integrati da indagini limitate in situ sulle armature e sui collegamenti presenti negli elementi più importanti, o (con riferimento al § C8.5.2) a seguito di una indagine estesa in situ (i dati raccolti devono essere tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare), le caratteristiche meccaniche dei materiali siano note in base ai disegni costruttivi, integrati da prove limitate in situ (se i valori ottenuti dalle prove in situ sono minori dei corrispondenti valori indicati nei disegni di progetto, si eseguono prove estese in situ), o con prove estese in situ (con riferimento al § C8.5.3); il corrispondente fattore di confidenza è FC = 1,2. La valutazione della sicurezza è eseguita mediante metodi di analisi lineare o non lineare, statici o dinamici; le informazioni raccolte sulle dimensioni degli elementi strutturali, insieme a quelle riguardanti i dettagli strutturali, devono consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo. LC3: si intende raggiunto quando sia stata effettuata l’analisi storico-critica commisurata al livello considerato (con riferimento al § C8.5.1), la geometria della struttura sia nota in base ai disegni originali (effettuando un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni) o a un rilievo, i dettagli costruttivi siano noti, o dai disegni costruttivi originali integrati da indagini limitate in situ sulle armature e sui collegamenti presenti negli elementi più importanti, o (con riferimento al § C8.5.2) a seguito di una indagine esaustiva in situ (i dati raccolti devono essere tali da consentire, nel caso si esegua un’analisi lineare, verifiche locali di resistenza, oppure la messa a punto di un modello strutturale non lineare), le caratteristiche meccaniche dei materiali siano note in base ai disegni costruttivi e ai certificati originali di prova, integrati da prove limitate in situ (se i valori ottenuti dalle prove in situ sono minori dei corrispondenti valori indicati nei certificati originali di prova, si eseguono prove esaustive in situ), o con prove esaustive in situ (con riferimento al § C8.5.3); il corrispondente fattore di confidenza è FC = 1. La valutazione della sicurezza è eseguita mediante metodi di analisi lineare o non lineare, statici o dinamici; le informazioni raccolte sulle dimensioni degli elementi strutturali, insieme a quelle riguardanti i dettagli strutturali, devono consentire la messa a punto di un modello strutturale idoneo. Le resistenze dei materiali cui riferirsi nelle formule di capacità degli elementi sono ricavate dalle resistenze medie, ottenute dalle informazioni disponibili e dalle prove in situ aggiuntive, dividendole per gli FC indicati nella Tabella C8.5.IV. Gli FC possono essere valutati anche in modo differenziato per i diversi materiali, sulla base di considerazioni statistiche condotte su un insieme di dati significativo per gli elementi in esame e di metodi di comprovata validità. A titolo esclusivamente orientativo, nelle Tabelle C8.5.V e C8.5.VI si lega il livello (limitato, esteso, esaustivo) delle indagini alla quantità di rilievi dei dettagli costruttivi e di prove per la valutazione delle caratteristiche meccaniche dei materiali. Rimane inteso che il piano delle indagini deve essere opportunamente calibrato in funzione dell’analisi preliminare (v. § C8.5.2.2 e C8.5.3.2) e quindi, in relazione al livello di conoscenza da raggiungere, orientato agli approfondimenti necessari nelle zone della costruzione ove risulti opportuno, sia in relazione all’impegno statico delle diverse membrature e al loro ruolo riguardo alla sicurezza della struttura, sia in relazione al grado di omogeneità dei risultati delle prove preliminari e al loro accordo con quanto previsto dai documenti originari. 8.5.5. AZIONI I valori delle azioni e le loro combinazioni da considerare nel calcolo, sia per la valutazione della sicurezza sia per il progetto degli interventi, sono quelle definite dalla presente norma per le 111


esistenti, determinate secondo le modalità indicate al § 8.5.3, divise per i fattori di confidenza corrispondenti al livello di conoscenza raggiunto. Pertanto, da quanto si evince dalla normativa, rispetto a quanto trovato dai documenti originali e al livello di indagine sull’edifico e suoi materiali che è stato possibile eseguire, possiamo sintetizzare:

Documenti

• • ANALISI STORICOCRITICA

RILIEVO CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI

nuove costruzioni, salvo quanto precisato nel presente capitolo. Per i carichi permanenti, un accurato rilievo geometrico-strutturale e dei materiali potrà consentire di adottare coefficienti parziali modificati, assegnando a γG valori esplicitamente motivati. I valori di progetto delle altre azioni saranno quelli previsti dalla presente norma. 8.6. MATERIALI Gli interventi sulle strutture esistenti devono essere effettuati con i materiali previsti dalle presenti norme; possono altresì essere utilizzati materiali non tradizionali, purché nel rispetto di normative e documenti di comprovata validità di cui al Capitolo 12. 8.7. PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI IN PRESENZA DI AZIONI SISMICHE Nella progettazione di interventi sulle costruzioni esistenti, specie se soggette ad azioni sismiche, particolare attenzione sarà posta agli aspetti che riguardano la duttilità. Si dovranno quindi assumere le informazioni necessarie a valutare se i dettagli costruttivi, i materiali utilizzati e i meccanismi resistenti siano in grado di sostenere cicli di sollecitazione o deformazione anche in campo anelastico. 8.7.2. COSTRUZIONI IN CALCESTRUZZO ARMATO O IN ACCIAIO Nelle costruzioni esistenti in calcestruzzo armato o in acciaio soggette ad azioni sismiche viene attivata la capacità di elementi e meccanismi resistenti, che possono essere “duttili” o “fragili”. L’analisi sismica globale deve utilizzare, per quanto possibile, metodi di analisi che consentano di valutare in maniera appropriata sia la resistenza sia la duttilità disponibili. L’impiego di metodi di calcolo lineari richiede al progettista un’opportuna definizione del fattore di comportamento in relazione alle caratteristiche meccaniche, globali e locali, della struttura in esame. I meccanismi “duttili” si verificano controllando che la domanda non superi la corrispondente capacità in termini di deformazione o di resistenza in relazione al metodo utilizzato; i meccanismi “fragili” si verificano controllando che la domanda non superi la corrispondente capacità in termini di resistenza. Per il calcolo della capacità di elementi/meccanismi duttili si impiegano le proprietà dei materiali 112

• •

Piante, prospetti, sezione trasversale di massima (1960); Piante piano primo, secondo e terzo e sezione trasversale (1961) Relazione di collaudo (1964) Relazione tecnica di intervento di manutenzione straordinaria di rifacimento del manto di copertura (2011)

Piante dello stato attuale in dwg

Relazione di collaudo (1964)

Fonte

LIVELLI DI FATTORI DI CONOSCENZA, CONFIDENZA INDAGINE e PROVA

Archivio Storico Comunale di Rimini Archivio di Stato di Forlì

Livello di conoscenza LC1

AUSL Romagna

Indagini limitate

Archivio di Stato di Forlì

FC = 1.35

Prove limitate

Il livello di conoscenza globale risulta essere LC1 poiché, dalle ricerche agli archivi, il materiale di analisi storico-critica risulta molto limitato. Per quanto riguarda le geometrie si è utilizzato il rilievo fornitoci dell’AUSL Romagna e il riscontro con le tavole del progetto esecutivo (P1, P2, P3, sezione) provenienti dall’Archivio di Stato di Forlì e con i risultati del dimensionamento manuale con le normative dell’epoca. Si è quindi effettuato un progetto simulato, eseguito sulla base delle norme tecniche in vigore all’epoca della costruzione e della corrispondente pratica costruttiva. Mentre per i materiali, nella relazione di collaudo sono riportati i materiali utilizzati per la parte strutturale (acciaio e cemento), si sono dunque usati i valori usuali per quella tipologia di materiali. Il livello di conoscenza acquisito determina il metodo di analisi e i fattori di confidenza da applicare alle proprietà dei materiali. Quindi l’iter progettuale per la stima dell’indice di vulnerabilità sismica di un edificio può essere riassunto nei seguenti passaggi:

1. Indagine conoscitiva: definisce lo stato attuale della costruzione; 2. Analisi storico-critica: strumento che guida nella ricostruzione dello stato di sollecitazione attuale alla luce delle modifiche e degli eventi che hanno interessato l’edificio nel tempo;

3. Caratterizzazione meccanica dei materiali: valutazione della capacità di resistenza dei materiali mediante indagini svolte in sito e/o in laboratorio;

4. Definizione dei livelli di conoscenza e dei conseguenti fattori di confidenza; 5. Analisi strutturale e determinazione della vulnerabilità del sistema strutturale esistente; 6. Proposta di eventuali interventi di adeguamento. Di seguito si riportano le tavole con l’abaco delle sezioni dell’intera struttura per travi e pilastri e, in seguito, le tavole per la definizione e localizzazione delle prove da effettuarsi sull’edificio per ottenere un livello di conoscenza globale superiore a quello a cui nella presente tesi si fa riferimento.


1A 1

11

32

12

29

13

30

14

31

15

33

16

38

69 78

4

23

24

25

26

27

35

34

79

83

7

6

8

9

80

74

71

10

39

72 73

5

37

53

68

2

36

76

77

81

70

59 54

67

17

18

20

19

21

22

49

75

40

50 82

TRAVI

55

45

PILASTRI

15x15

2Ø18 + 2Ø18

50x40

12Ø14

30x60

5Ø14

40x40

10Ø14

50x24

3Ø14 + 3Ø14

30x30

8Ø14

50x70

3Ø14 + 4Ø14

80x30

14Ø14

100x24

8Ø18

40x30

8Ø14

15x30

2Ø18 + 2Ø18

30x24

4Ø14 + 3Ø14

60

66

41

61 56

48

65

42

62

57

47

64

46

43

63

58

51

Statocomparativa di Fatto - Abaco delle sezioni - Piano Interrato Tavola demolito-costruito - Piano Interrato

28

44

52

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

3


1B 1 1

11

32

12

29

13

30

14

31

15

33

16

38

69 78

4

23

24

25

26

27

35

34

79

83

7

6

8

9

80

74

71

10

39

72 73

5

37

53

68

2

36

76

77

81

70

59 54

67

17

18

20

19

21

22

49

75

40

50 82

15x15

2Ø18 + 2Ø18

40x40

10Ø14

30x60

5Ø14

30x30

8Ø14

50x24

3Ø14 + 3Ø14

80x30

14Ø14

100x24

8Ø18

15x30

2Ø18 + 2Ø18

30x24

4Ø14 + 3Ø14

40x30

55

45

PILASTRI

TRAVI

8Ø14

60

66

41

61 56

48

65

42

62

57

47

64

46

43

63

58

51

Stato di Fatto - Abaco delle sezioni - Piano Terra

28

44

52

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

3


1C 1 1

11

32

12

29

13

30

14

31

15

33

16

38

69 78

4

23

24

25

26

27

35

34

79

83

7

6

8

9

80

74

71

10

39

72 73

5

37

53

68

2

36

76

77

81

70

59 54

67

17

18

20

19

21

22

49

75

40

50 82

15x15

2Ø18 + 2Ø18

40x40

10Ø14

30x60

5Ø14

30x30

8Ø14

50x24

3Ø14 + 3Ø14

80x30

14Ø14

100x24

8Ø18

15x30

2Ø18 + 2Ø18

30x24

4Ø14 + 3Ø14

40x30

55

45

PILASTRI

TRAVI

8Ø14

60

66

41

61 56

48

65

42

62

57

47

64

46

43

63

58

51

Stato di Fatto - Abaco delle sezioni - Piano Primo

28

44

52

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

3


1A 1D 1

11

32

12

29

13

30

14

31

15

33

16

38

69 78

4

23

24

25

26

27

35

34

79

83

7

6

8

9

80

74

71

10

39

72 73

5

37

53

68

2

36

76

77

81

70

59 54

67

17

18

20

19

21

22

49

75

40

50 82 55

45

PILASTRI

TRAVI 15x15

2Ø18 + 2Ø18

30x30

8Ø14

30x60

5Ø14

80x30

14Ø14

50x24

3Ø14 + 3Ø14

40x30

8Ø14

100x24

8Ø18

15x30

2Ø18 + 2Ø18

30x24

4Ø14 + 3Ø14

60

66

41

61 56

48

65

42

62

57

47

64

46

43

63

58

51

Statocomparativa di Fatto - Abaco delle sezioni - Piano Secondo Tavola demolito-costruito - Piano Interrato

28

44

52

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

3


1A 1E 1

11

32

12

29

13

30

14

31

15

33

16

38

69 78

4

23

24

25

26

27

35

34

79

83

7

6

8

9

80

74

71

10

39

72 73

5

37

53

68

2

36

76

77

81

70

59 54

67

17

18

20

19

21

22

49

75

40

50 82 55

45

PILASTRI

TRAVI 15x15

2Ø18 + 2Ø18

30x30

8Ø14

30x60

5Ø14

80x30

14Ø14

50x24

3Ø14 + 3Ø14

40x30

8Ø14

100x24

8Ø18

15x30

2Ø18 + 2Ø18

30x24

4Ø14 + 3Ø14

60

66

41

61 56

48

65

42

62

57

47

64

46

43

63

58

51

Stato di Fatto - Abaco delle sezioni -- Piano Tavola comparativa demolito-costruito Piano Terzo Interrato

28

44

52

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

3


2A 83

24

81

49

19

17

55

RILIEVO DEI DETTAGLI COSTRUTTIVI Livello di indagini e prove ESTESO: quantità e disposizione dell’armatura verificata per almeno il 35% degli elementi (tipo). TRAVI Eliminare copriferro Pacometro

PROVE SUI MATERIALI Livello di indagini e prove ESTESO: 2 provini di cls. per 300 mq di piano dell’edificio, 2 campioni di armatura per piano dell’edificio. - 6 provini di calcestruzzo (travi in altezza - bordo) (area media lorda di piano: 730 mq)

- 2 campioni di armatura

PILASTRI Eliminare copriferro Pacometro 58

Carotaggio PIANTA PIANO INTERRATO Quota -1.85 m

Tavola delle indagini e delle prove - Piano Interrato

4

33

32

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

3


2B 54

20

RILIEVO DEI DETTAGLI COSTRUTTIVI Livello di indagini e prove ESTESO: quantità e disposizione dell’armatura verificata per almeno il 35% degli elementi (tipo). TRAVI Eliminare copriferro Pacometro

PROVE SUI MATERIALI Livello di indagini e prove ESTESO: 2 provini di cls. per 300 mq di piano dell’edificio, 2 campioni di armatura per piano dell’edificio. - 6 provini di calcestruzzo (travi in altezza - bordo) (area media lorda di piano: 730 mq)

- 2 campioni di armatura

47

PILASTRI Eliminare copriferro Pacometro Carotaggio PIANTA PIANO TERRA Quota 1.55 m

57

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

76

Tavola delle indagini e delle prove - Piano Terra

29


2C Tavola delle indagini e delle prove - Piano Primo

25

22

45

RILIEVO DEI DETTAGLI COSTRUTTIVI Livello di indagini e prove ESTESO: quantità e disposizione dell’armatura verificata per almeno il 35% degli elementi (tipo). TRAVI Eliminare copriferro Pacometro

PROVE SUI MATERIALI Livello di indagini e prove ESTESO: 2 provini di cls. per 300 mq di piano dell’edificio, 2 campioni di armatura per piano dell’edificio. - 6 provini di calcestruzzo (travi in altezza - bordo) (area media lorda di piano: 730 mq)

- 2 campioni di armatura

PILASTRI Eliminare copriferro Pacometro Carotaggio PIANTA PIANO PRIMO Quota 4.95 m

56

42

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

23


2D Tavola delle indagini e delle prove - Piano Secondo

10

21

RILIEVO DEI DETTAGLI COSTRUTTIVI Livello di indagini e prove ESTESO: quantità e disposizione dell’armatura verificata per almeno il 35% degli elementi (tipo). TRAVI Eliminare copriferro Pacometro

82

PROVE SUI MATERIALI Livello di indagini e prove ESTESO: 2 provini di cls. per 300 mq di piano dell’edificio, 2 campioni di armatura per piano dell’edificio.

42

- 6 provini di calcestruzzo (travi in altezza - bordo) (area media lorda di piano: 730 mq)

- 2 campioni di armatura

57

PILASTRI Eliminare copriferro Pacometro 58

Carotaggio PIANTA PIANO SECONDO Quota 8.35 m

43

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

26


2E 4 83

81

RILIEVO DEI DETTAGLI COSTRUTTIVI Livello di indagini e prove ESTESO: quantità e disposizione dell’armatura verificata per almeno il 35% degli elementi (tipo). TRAVI Eliminare copriferro Pacometro

PROVE SUI MATERIALI Livello di indagini e prove ESTESO: 2 provini di cls. per 300 mq di piano dell’edificio, 2 campioni di armatura per piano dell’edificio. - 6 provini di calcestruzzo (travi in altezza - bordo) (area media lorda di piano: 730 mq)

- 2 campioni di armatura

PILASTRI Eliminare copriferro Pacometro Carotaggio PIANTA PIANO TERZO Quota 11.75 m

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

76

Tavola delle indagini e delle prove - Piano Terzo

33


5. Modellazione Strutturale


• •

Verif. N fondaz. – Nel caso di fondazione a plinti diretti connessi fra di loro da travi di collegamento, le suddette travi devono essere verificate nei confronti dello sforzo normale che si genera a seguito dell’azione sismica applicata alla struttura sovrastante. Effetti P-delta – Tramite questo parametro è possibile tenere in considerazione l’effetto P-delta (effetti del secondo ordine).

5.2.1

5.1 Considerazioni generali La modellazione tridimensionale dell’edificio in esame è stata eseguita con il software di calcolo strutturale CDSWin che permette di effettuare l’analisi di una qualsiasi struttura mediante le più sofisticate tecniche f.e.m. (Finite Element Method). Lo studio dell’edificio è stato affrontato come un corpo unico in quanto non è presente un giunto termico nei materiali trovati in archivio, nel rilievo attuale e dal sopralluogo non se ne è avuta traccia, possiamo quindi ipotizzare che l’edificio risponda al sisma come unicum.

5.2 Dati di input per la modellazione Preventivamente all’inserimento dei dati relativi all’input dello schema strutturale, vanno forniti al programma di calcolo CDSWin una serie di dati generali riguardanti la geometria della struttura, le caratteristiche dei materiali adottati, i parametri sismici ed altre specifiche relative all’impostazione generale del calcolo. Il programma, all’apertura di una nuova cartella di lavoro, pone una serie di dati generali di default, è quindi sufficiente intervenire per modificare soltanto i valori necessari. Per quanto riguarda la geometria della struttura e le caratteristiche dei materiali si rimanda ai successivi paragrafi per approfondire l’argomento. Attraverso quanto è emerso dallo studio della normativa vigente al capitolo 5 “La Vulnerabilità Sismica In Italia”, si va a compilare la tabella nelle sue parti: vita nominale, classe di uso, caratteristiche del sito. Per quanto riguarda invece le caratteristiche della costruzione, da quanto emerso nel capitolo 4 “Lo Stato Attuale”, si compila come segue: • Sist. Costr. Dir. 1 – Sistema strutturale resistente al sisma in direzione 1: C.A. • Sist. Costr. Dir. 2 – Sistema strutturale resistente al sisma in direzione 2, cioè ortogonale al sistema precedente: C.A. • Regol. Altezza – Regolarità in altezza del fabbricato1. • Regol. Pianta – Regolarità in pianta del fabbricato • Sp. Rel. Nodi - Questa opzione ha lo scopo di imporre al programma l’effettuazione del controllo degli spostamenti relativi considerando i soli nodi appartenenti ai piani sismici (SISMICI), oppure tutti i nodi della struttura (TUTTI)2. • Incr. Mens. Sism. V. – Parametro attivo solo in presenza di sisma verticale. • Sism. Vert. Parz. – Se questo parametro è attivato (SI), il sisma verticale verrà considerato solo sulle aste che hanno una percentuale di maggiorazione dei carichi maggiore di zero. • Direzione sisma – Angolo di ingresso del sisma espresso in gradi. • Sisma Verticale – Questo dato serve per attivare l’azione sismica verticale sul fabbricato esaminato. • Numero Modi – Numero dei modi propri di vibrare della struttura. • Tipo Combinaz. – Metodo di combinazione delle sollecitazioni tra i tre possibili: SRSS: Radice quadrata della somma dei quadrati. CQC: Combinazione quadratica completa. ABS: Somma dei valori assoluti. • Coeff. di Smorz. – Coefficiente di smorzamento viscoso equivalente. Immagine 5.1 Parametri Sismici CDSWin

1

I requisiti di regolarità strutturale in altezza (e in pianta) sono indicati al punto 7.2.1. delle NTC 2018

2

Manuale d’uso CDSWin

134

Geometrie

“Il modello della struttura deve essere tridimensionale e rappresentare in modo adeguato le effettive distribuzioni spaziali di massa, rigidezza e resistenza, con particolare attenzione alle situazioni nelle quali componenti orizzontali dell’azione sismica possono produrre forze d’inerzia verticali (travi di grande luce, sbalzi significativi, ecc.). [...] Nella definizione del modello, gli elementi non strutturali non appositamente progettati come collaboranti (quali tamponature e tramezzi) possono essere rappresentati unicamente in termini di massa; il loro contributo al comportamento del sistema strutturale in termini di rigidezza e resistenza sarà considerato solo qualora abbia effetti negativi ai fini della sicurezza.”3 Dal rilievo geometrico e dal sopralluogo si è potuto risalire, anche se in minima parte, alle geometrie, nella parte sinistra al piano interrato, di alcuni pilastri e travi, in quanto il fabbricato è allo stato grezzo, e dei pilastri liberi ai piani superiori. Come evidenziato nel capitolo 3, la struttura si presenta con controsoffitti in tutte le sue parti e, in alcune zone, di pavimenti galleggianti. Si è quindi partiti inserendo i fili fissi, supponendo che i fili fissi siano baricentrici per i pilastri: dal rilievo si è stimata una luce di 3.96 m tra le diverse campate interne sul lato sinistro, mentre di circa 4.00 m sul lato destro, quota che varia in prossimità delle parti terminali. Già nei disegni del 1961 si evince come il vano ascensore sia in calcestruzzo armato, mentre verosimilmente il vano scale sia costituito da muratura a una e due teste. Per quanto riguarda le travi, dalla sezione è stato possibile risalire alla geometria delle travi di bordo, qui semplificate da una forma poligonale a una geometria rettangolare di area confrontabile. Per le travi centrali e secondarie, invece, si è adottata la stessa geometria sul corpo di sinistra e destra così come si è potuto valutare in sede di sopralluogo. Per quanto riguarda i solai, si sono adottati pannelli con i pesi dedotti dall’analisi dei carichi del capitolo 4.3.3.1.1, orditi secondo quanto emerso dal sopralluogo; per i tamponamenti si è eseguita la stessa procedura, ponendo sul pannello dedicato alle tamponature i pesi derivati dall’analisi dei carichi del capitolo 4.3.4.1. Per quanto riguarda la copertura, non si è modellata tridimensionalmente ma la si è fatta gravare sull’ultimo solaio piano. A tal proposito si precisa come l’ultimo solaio sia solamente strutturale quindi si è proceduto a creare una nuova tipologia di carico da applicare solo a quest’ultimo livello composto da solaio piano strutturale e copertura (manto, solaio di copertura e muretti di sostegno): ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI SOLAIO Peso unitario di volume PESO (kg/m) (kg/m3)

ELEMENTO

DIMENSIONE

Pignatte

20x40x25 cm

800

64

Soletta calcestruzzo non armato

s=4 cm

2400

38.4

Travetti in calcestruzzo armato di sezione rettangolare

8x20 cm

2500

40

G1s

142.4

TOTALE solaio

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI COPERTURA Peso unitario di volume PESO (kg/m) (kg/m3)

ELEMENTO

DIMENSIONE

Pignatte

12x40x25 cm

800

38.4

Travetti in calcestruzzo armato di sezione rettangolare

8x12 cm

2500

24.0

G1c

62.4

TOTALE copertura


ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI COPERTURA - muri di sostegno4 PESO quantità (kg/m3)

DIMENSIONE spessore (cm)

altezza (cm)

volume (cm3)

lunghezza (cm)

massa (kg)

M1

2

35

1960000

3332

M2

2

68

3808000

6474

M3

2

5712000

9710

M4

2

135

7560000

12852

M centro

1

166

5577600

9482

10

1700

12

102

2800

cioè “elemento la cui presenza nel modello strutturale a telaio sarà considerata sia ai fini della resistenza all’azione sismica (farà cioè parte dello schema sismo-resistente) che ai fini della valutazione della gerarchia delle resistenze”6, i setti in muratura sono classificati come “secondario NTC2018: elemento la cui presenza nel modello strutturale non sarà considerata né ai fini della resistenza all’azione sismica (non farà cioè parte dello schema sismo-resistente) né ai fini della valutazione della gerarchia delle resistenze”7.

Mtot 41850 Area tetto

355 m2

Carico distribuito G1cm 118

q= massa/area kg/m2

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI COPERTURA DIMENSIONI DIMENSIONI (cm) (m)

ELEMENTO LASTRE ONDULATE IN CEMENTO AMIANTO

spessore

PESO (kg/m2)

5

0.05

12

TOTALE

G2c

12 Immagine 5.2 Modellazione strutturale col programma CDSWin

TOTALE CARICHI (kg/m) G1s

interasse (m)

(kg/m2)

142.4

G1cm

-

G1c

62.4

G2c

-

Q

-

356 156 12 -

51

TOTALE solaio ultimo livello

Materiali

Dal collaudo strutturale trovato in Archivio, si è potuto risalire alle tipologie di materiali utilizzati per la costruzione della struttura. Il software di calcolo utilizzato CDSWin ha la possibilità di inserire un qualsiasi materiale che non sia già tra quelli presenti nell’archivio attraverso la funzione “PROVINI”, così da poter assegnare esplicitamente il valore delle resistenze dichiarate dal collaudo alla simulazione. Poiché il programma di calcolo, in input, dispone solo dei seguenti materiali, si è provveduto a verificare a quale classe corrispondano i materiali utilizzati e, nel caso non vi fosse corrispondenza, si è utilizzata l’opzione “PROVINI”.

118

0.40

5.2.2

693

Lo sbalzo del secondo piano sul lato sud-ovest, invece, è stato modellato come “BALLATOIO”, cioè come carico a sbalzo dalle travi, per semplicità di svolgimento dei calcoli Si è quindi valutato il peso del solaio in aggetto e delle tamponature: ANALISI DEI CARICHI PESO (kg/m)

PESO (kg/m2)

G1

142.4

356

G2s

-

237

ELEMENTO Solaio Tamponature

G2t Q

437 -

306

Per le scale, invece, non si è utilizzato il comando “SCALE” presente nel programma, ma si è posto un solaio con i pesi dedotti dall’analisi dei carichi di riferimento5, poiché intese come carico unidirezionale gravante su due travi posizionate a quote diverse, sostenute, nel lato anteriore, dai pilastri del vano ascensore da un lato e terminale della parete in muratura dall’altro, mentre nella parte posteriore dalle pareti in muratura a chiusura della scala. Per questo motivo si è scelto di modellare queste pareti non come “tamponature”, ma come “setti” ai quali è stato assegnato un cordolo sommitale in cemento armato avente le stesse caratteristiche delle travi di piano, ma, a differenza delle travi che per l’analisi sismica sono “tel. sismoresistente” 4

Il calcolo è eseguito sul lato sinistro dell’edificio, supponendo poi di applicare lo stesso risultato a tutta la copertura.

5

Capitolo 3.3.5 “Scala Interna”

Immagine 5.3 Valori in input del programma CDSWin per classe del calcestruzzo e acciaio

6

Manuale d’uso CDSWin pag. 198

135


5.2.2.1

Calcestruzzo

Poiché la relazione di collaudo indica solo il tipo di cemento utilizzato e non la ricetta del calcestruzzo per ricavarne la classe di resistenza, si sono seguite le indicazioni generali del “Prontuario del Cemento Armato” dell’ing. L. Santarella (XXII edizione, 1956): “In pratica per i cementi armati più idonea è la consistenza plastica, con la quale l’aggregato nel calcestruzzo è ben avviluppato in modo omogeneo dalla pasta di cemento (acqua + cemento). Questo diverso criterio per la composizione del calcestruzzo plastico è basato sulla constatazione che la resistenza a compressione dipende soltanto dal rapporto acqua : cemento = A/Ce. Il rapporto A/Ce (in peso) varia secondo la seguente serie di valori sperimentali (Abrams) in relazione alle Kp28 (resistenza a compressione a 28 giorni della pasta (acqua+cemento) su cilindri) e Kc28 (resistenza a compressione a 28 giorni per il calcestruzzo) in kg/cm2. [...] In pratica sono molto usate le seguenti composizioni medie per i calcestruzzi: CONGLOMERATO NORMALE (a consistenza di terra appena umida): Kg. 300 di cemento - m3 0.400 di sabbia - m3 0.800 di ghiaia - m3 litri 120 di acqua. CONGLOMERATO PLASTICO: Kg. 330 di cemento - m3 0.400 di sabbia - m3 0.800 di ghiaia - m3 litri 150 di acqua. [...] Provini prelevati dal conglomerato in cantiere (4 cubi di almeno 16 cm. di lato) debbono presentare dopo 28 giorni una resistenza a pressione Kc28 almeno tripla del carico di sicurezza adottato nel calcolo per la pressione semplice. [...] In media è risultato da esperienze che un buon calcestruzzo di cemento Portland a consistenza di terra umida deve avere un rapporto in peso acqua : cemento eguale a circa 0.4 (per es. 300 kg. di cemento e 120 litri d’acqua).”8 Vista quindi la tabella che riporta i rapporti acqua : cemento e la relativa resistenza a compressione del calcestruzzo e quanto riportato dal testo dell’ing. Santarella, prendiamo a riferimento un rapporto A/Ce pari a 0.5 per un calcestruzzo plastico e prendiamo come riferimento un Kc28 = 350 kg/cm2.

− tensione di rottura, fu compresa tra 500 e 600 N/mm2; − allungamento a rottura, A10φ non inferiore al 16%.” 9 Per quanto riguarda il dato di input nel programma si opta quindi per utilizzare l’opzione provini in quanto nessun materiale presente è paragonabile ai valori dell’acciaio utilizzato, si inserisce quindi il valore di fsm (resistenza media a trazione dell’acciaio) pari a fsm= 270 N/mm2 cioè circa fsm=2750 kg/cm2.. CEMENTO TIPO 680

fck=28 N/mm2 Rck= 34 N/mm2

fck=0.83* Rck=290 kg/cm2 Rck= 350 kg/cm2

ACCIAIO AQ 50

fsm = 270 N/mm2

fsm= 2750 kg/cm2

Si precisa inoltre come si sia indicata una classe di esposizione ambientale “POCO AGGRESSIVA” poiché la struttura nelle sue parti più esterna è protetta dal rivestimento in marmo e poiché, da quanto si evince dalla relazione di collaudo, è stato comunque mantenuto un copriferro di s= 2 cm.

Immagine 5.5 Input dati materiali CDSWin

5.3 Metodi di analisi “La valutazione della sicurezza di una struttura esistente è un procedimento quantitativo, volto a determinare l’entità delle azioni che la struttura è in grado di sostenere con il livello di sicurezza minimo richiesto dalla presente normativa. L’incremento del livello di sicurezza si persegue, essenzialmente, operando sulla concezione strutturale globale con interventi, anche locali.”10 “Le azioni conseguenti al moto sismico possono essere modellate sia attraverso forze statiche equivalenti o spettri di risposta, sia attraverso storie temporali del moto del terreno, opportunamente selezionate. La domanda sismica può essere valutata considerando gli effetti di interazione terreno-struttura di tipo sia inerziale sia cinematico, nonché definendo l’input sismico di progetto tramite analisi di risposta sismica locale. Per le relative procedure dovranno essere utilizzati metodi e modelli di comprovata validità. Non è ammesso l’uso di storie temporali del moto del suolo artificiali o con componenti artificiali per le analisi di risposta sismica locale e per analisi di interazione terreno struttura che prevedano legami costitutivi isteretici per la modellazione del sottosuolo, coerentemente con le indicazioni del § 3.2.3.6. In quanto alla domanda sismica ed alla risposta strutturale valgono le seguenti limitazioni: a) I valori dello spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti dell’azione sismica di progetto, valutato assumendo il 5 % di smorzamento ed ottenuto tramite analisi di risposta sismica locale e/o di interazione terreno struttura, devono essere almeno pari al 70% di quelli del corrispondente spettro di risposta elastico in accelerazione per sottosuolo di tipo A, come definito al § 3.2.3.2. b) Ove si effettuino analisi di interazione terreno struttura, la risultante globale di taglio e sforzo normale

Immagine 5.4 Rapporti in peso A/Ce e corrispondenti valori di Kp28 e Kc28

Per quanto riguarda il dato di input nel programma si opta per utilizzare la classe C28/35 poiché il valore di Kc28 = 350 kg/cm2 è paragonabile alla classe della normativa attuale C28/35 dove la resistenza caratteristica a compressione vale Rck=35 N/mm2 cioè circa Rck=360 kg/cm2..

5.2.2.2

Acciaio

“Nel seguito sono analizzate e discusse le caratteristiche meccaniche degli acciai denominati Aq.42. La classificazione degli acciai è avvenuta in conformità alle disposizioni dell’epoca: so-no, pertanto, definiti Aq.42 gli acciai caratterizzati dalle seguenti caratteristiche meccaniche: −tensione di snervamento, fy non inferiore a 230 N/mm2; −tensione di rottura, fu compresa tra 420 e 500 N/mm2; −allungamento a rottura, A10φ non inferiore al 20%. [...] Analogamente a quanto fatto per l’acciaio Aq.42, si analizzano e discutono le caratteristiche meccaniche degli acciai denominati Aq.50. Anche in questo caso la classificazione degli acciai è avvenuta in conformità alle disposizioni dell’epoca: sono, pertanto, definiti Aq.50 gli acciai caratterizzati dalle seguenti caratteristiche meccaniche: − tensione di snervamento, fy non inferiore a 270 N/mm2; 8

136

Ing. L. Santarella, Prontuario del cemento armato, XXII edizione, Hoepli, Milano 1956, pag. 8 e seguenti

9

G.M. Verderame, A. Stella, E. Cosenza, Le proprietà meccaniche degli acciai impiegati nelle strutture in c.a. realizzate negli anni ’60, X

Convegno Nazionale “L’Ingegneria Sismica in Italia”, Potenza e Matera 9-13 Settembre 2001. 10

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, §8.3


trasmessa all’estradosso della fondazione della costruzione deve essere almeno pari al 70% di quella ottenuta da identico modello strutturale con vincoli fissi all’estradosso della fondazione e con input sismico corrispondente allo spettro di risposta per sottosuolo tipo A, come definito al § 3.2.3.2.”11 “L’entità della domanda con la quale confrontare la capacità della struttura, secondo i criteri definiti al § 7.3.6, può essere valutata utilizzando una delle modellazioni descritte in precedenza ed adottando uno fra i metodi di analisi illustrati nel seguito. I metodi di analisi si articolano in lineari e non lineari, in funzione delle caratteristiche della struttura e del modello di comportamento adottato. Nel caso di analisi lineare, la domanda sismica per strutture a comportamento sia non dissipativo, sia dissipativo, può essere ridotta utilizzando un opportuno fattore di comportamento q. I valori attribuibili a q variano in funzione del comportamento strutturale (dissipativo o non dissipativo) e dello stato limite considerati, legandosi all’entità delle plasticizzazioni, che a ciascuno stato limite si accompagnano. Per ciascuno degli stati limite e dei metodi di analisi considerati, nella tabella successiva sono riportati: - per l’analisi lineare, il comportamento strutturale, le modalità di modellazione dell’azione sismica e i limiti da attribuire al fattore di comportamento q, a seconda dello stato limite considerato; - per l’analisi non lineare, il comportamento strutturale, le modalità di modellazione dell’azione sismica.”12

Le Norme Tecniche prevedono quindi quattro diversi approcci numerici atti alla valutazione di strutture soggette ad azione sismica: 1. Analisi statica lineare: si tratta di una analisi semplificata. Essa è basata sull’ipotesi che la risposta della struttura sia dominata dal primo modo di vibrazione; 2. Analisi dinamica lineare: è il metodo convenzionalmente adottato dai vari codici normativi come metodo «normale» e considera la risposta strutturale come combinazione dei modi di vibrare significativi; 3. Analisi statica non lineare: permette la stima della massima deformazione in campo anelastico mediante l’applicazione di un sistema di forze monotonamente crescenti alla struttura e incrementate sino alla condizione di collasso (analisi pushover); 4. Analisi dinamica non lineare: fornisce la risposta temporale al passo (time-history) della struttura ad una storia di accelerazioni data in input.13

In alternativa all’analisi modale si possono adottare tecniche di analisi più raffinate, quali l’’integrazione al passo, modellando l’azione sismica attraverso storie temporali del moto del terreno. Per le sole costruzioni la cui risposta sismica, in ogni direzione principale, non dipenda significativamente dai modi di vibrare superiori, è possibile utilizzare, per comportamenti strutturali sia dissipativi sia non dissipativi, il metodo delle forze laterali o “analisi lineare statica”. In essa l’equilibrio è trattato staticamente, l’analisi della struttura è lineare e l’azione sismica è modellata attraverso lo spettro di progetto definito al § 3.2.3.5. Infine, per determinare gli effetti dell’azione sismica si possono eseguire analisi non lineari; in esse l’equilibrio è trattato, alternativamente: a) dinamicamente (“analisi non lineare dinamica”), modellando l’azione sismica, mediante storie temporali del moto del terreno; b) staticamente (“analisi non lineare statica”), modellando l’azione sismica, mediante forze statiche fatte crescere monotonamente.”15

5.3.1

La procedura di analisi non lineare considera, in maniera esplicita, “il comportamento non lineare degli elementi strutturali, dipendente sia dalla non linearità dei materiali sia dalla non linearità geometrica (effetto P-delta). La maggiore accuratezza associata a questo tipo di analisi è però pagata in termini di una più elevata complessità concettuale e operativa legata alla caratterizzazione e modellazione più «realistica» della struttura e delle azioni sismiche, e un conseguente maggiore onere computazionale.”16 L’analisi non lineare, dinamica o statica, può essere usata come metodo di valutazione della capacità di edifici esistenti17: il metodo consiste nell’applicare distribuzioni di forze via via crescenti sulla struttura, in modo da studiare la sua risposta in termini elasto-plastici fino al collasso locale o globale. Tale risposta, pertanto, deve essere ottenuta mediante un’analisi non lineare tenendo conto sia degli effetti di non linearità del materiale (formazioni di cerniere plastiche, svergolamenti di elementi compressi, snervamento di elementi in trazione) sia degli effetti di secondo ordine (quindi non linearità di tipo geometrico) qualora esse assumano un valore non trascurabile. L’analisi pushover è una analisi statica incrementale non lineare effettuata per forze orizzontali nelle direzioni X e Y (e nei versi positivo + e negativo -) monotonamente crescenti, determinando, per ogni incremento di carico, la risposta della struttura. Il risultato dell’analisi consisterà in un diagramma riportante in ascissa lo spostamento orizzontale del punto di controllo, in ordinata la forza orizzontale totale applicata.

“L’analisi lineare può essere utilizzata per calcolare la domanda sismica nel caso di comportamento strutturale sia non dissipativo sia dissipativo (§ 7.2.2). In entrambi i casi, la domanda sismica è calcolata, quale che sia la modellazione utilizzata per l’azione sismica, riferendosi allo spettro di progetto. [...] L’analisi non lineare può essere utilizzata sia per sistemi strutturali a comportamento non dissipativo, sia per sistemi strutturali a comportamento dissipativo (§ 7.2.2) e tiene conto delle non linearità di materiale e geometriche.”14 “Oltre che in relazione al fatto che l’analisi sia lineare o non lineare, i metodi d’analisi sono articolati anche in relazione al fatto che l’equilibrio sia trattato dinamicamente o staticamente. Il metodo d’analisi lineare di riferimento per determinare gli effetti dell’azione sismica, per comportamenti strutturali sia dissipativi sia non dissipativi, è l’analisi modale con spettro di risposta o “analisi lineare dinamica”. In essa l’equilibrio è trattato dinamicamente e l’azione sismica è modellata attraverso lo spettro di progetto definito al § 3.2.3.5. 11

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, §7.2.6

12

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, §7.3

13

M. Mezzina, D. Raffaele, G. Uva, G.C. Marano , Progettazione sismo-resistente di edifici in cemento armato, Città Studi, Torino 2011,

§8.1 14

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, §7.3.1

Analisi Pushover

Immagine 5.6  Esempio del grafico forza-spostamento per la 1° pushover

15

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, §7.3.2

16

Ibidem

17

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, §7.3.4

137


Se al posto della forza orizzontale riportiamo in ordinata il taglio diviso la massa del sistema equivalente, cioè un accelerazione, si ha lo spettro ADSR.

Immagine 5.7 Esempio dello spettro ADSR

Dopo aver realizzato il modello e definita quindi l’analisi da eseguire, l’iter che si è seguito è stato quello di eseguire il calcolo del progetto simulato che “consente di svolgere il progetto “ipotetico” delle armature per un edificio esistente di cui non si dispone del progetto originario, né di informazioni sufficienti a raggiungere un livello di conoscenza tale da ipotizzare, in maniera affidabile, le armature presenti sugli elementi strutturali. Il Progetto Simulato, utilizzato in genere per lo studio di fabbricati di epoche non recenti, e possibilmente preesistenti alla zonizzazione sismica del territorio italiano, prevede la progettazione degli elementi strutturali utilizzando solamente le sole azioni statiche, e utilizzando la verifica sezionale con il metodo delle tensioni ammissibili. Ovviamente le quantità e disposizioni di armatura ottenute applicando la presente procedura non possono essere considerate alla stregua di un rilievo reale del fabbricato, ma solo come base di partenza per prevedere un’adeguata campagna di indagini sull’opera, necessaria a ricavare l’effettiva condizione strutturale.”18 È stato quindi operato solo un mero confronto tra il calcolo delle armature eseguito precedentemente al paragrafo 3.3 e gli esecutivi ottenuti dal calcolo del progetto simulato poiché la quantità di informazioni per considerare il calcolo effettuato veritiero si è ritenuto fossero troppo poche e sommarie. Il procedimento seguito per svolgere un calcolo di questo tipo può essere riassunto nei seguenti punti: 1 – Input del modello strutturale, senza armature; 2 – Avvio del calcolo come PROGETTO SIMULATO; 3 – Generazione degli esecutivi di tutte le aste; 4 – Copia delle suddette armature in input, tramite la casella di spunta presente nel menù di stampa degli esecutivi di travi e pilastri; 5 – Verifica dell’intero sistema strutturale, per il quale è adesso presente l’armatura su tutte le aste, tramite l’opzione RIVERIFICHE – PUSHOVER, contenuta sul menù principale del programma.

L’analisi Pushover, trattandosi di un’applicazione di forze statiche che vengono via incrementate, deve essere eseguita sia in direzione X che Y, e nei due versi + e -. La norma prescrive che le verifiche siano effettuate in generale utilizzando due tipo di distribuzione di forze orizzontali: una prima distribuzione si assume proporzionale al modo più significativo per la direzione del sisma considerata ed una seconda proporzionale alle masse; nella finestra di avvio sono raggruppate per direzione e verso. Inoltre attivando la casella di selezione Eccentr. Accident. viene eseguito il calcolo di Pushover considerando per ogni direzione e verso di ingresso del sisma le eccentricità aggiuntive, previste dalla Norma, pari a +/-5% della dimensione strutturale in direzione trasversale al sisma. L’attivazione di tale flag, raddoppia il numero di risoluzioni Pushover. L’opzione Accoppia Sismi, invece, come previsto a partire dalle N.T.C. 2018 (punto 7.3.5.), offre la possibilità di combinare le azioni sismiche agenti lungo le due direzioni ortogonali principali del sistema di riferimento globale X e Y anche per l’analisi non lineare. Tale opzione è sempre attiva per l’analisi lineare. La combinazione delle azioni sismiche è ottenuta applicando la seguente relazione:19 1,00×Ex + 0,30×Ey + 0,30×Ez20

Immagine 5.9 Finestra di scelSi riporta di seguito la tabella contenente le condizioni e le combinazioni di carico: le colonne ta delle pushover da eseguire    corrispondono alle combinazioni, mentre per ogni riga si hanno i coefficienti relativi a tutte le condizioni di carico esistenti: il segno negativo associato ai suddetti coefficienti indica che i relativi carichi saranno considerati nel verso opposto a quello con cui sono stati inseriti21. Nel caso di condizioni sismiche, ogni sisma verrà considerato per ogni direzione di ingresso nei due versi (+ e -).

Immagine 5.10 Condizioni e combinazioni di carico per eseguire il calcolo delle Pushover

È necessario sottolineare come questo tipo di analisi sia ammesso solo se si ha un livello di conoscenza almeno LC2. In questo caso, come descritto nel capitolo 4, il livello di conoscenza raggiunto è LC1 per questo motivo è stata pianificata una campagna di indagini sulle sezioni e sui materiali da eseguire per raggiungere il livello di conoscenza che le prove pushover richiedono. È stato comunque svolto questo tipo di analisi poiché più attendibile quando si valutano le prestazioni di una struttura esistente perché permette di stimare realmente le accelerazioni che generano un danneggiamento grave. La simulazione di seguito eseguita è stata forzata utilizzando comunque un fattore di confidenza pari a 1,35 (corrispondente a un livello di conoscenza LC1); eseguendo le prove indicate, sicuramente si sarebbe raggiunto un livello di conoscenza sulle sezioni, sulle armature e sui materiali adeguato all’utilizzo di questo tipo di analisi.

5.3.1.1

Risultati

Si procede ora a mostrare i risultati delle 32 combinazioni, riassunti sotto forma di tabella al fine di rendere più intuitiva la lettura. Si ricorda che il livello di riferimento di ag/g è di 0.21222 e che il livello di sicurezza della costruzione è quantificato attraverso il rapporto:

Immagine 5.8

A sinistra: scelta del tipo di calcolo; a destra: le condizioni e le combinazioni di carico per eseguire il calcolo

Prima di avviare la verifica, il programma chiederà quale tipo di Pushover effettuare, secondo la tabella di scelta (Immagine 5.9): la prima casella di selezione Ver.Comb. Statiche non è un’analisi sismica ma è semplicemente una verifica agli S.L.U. delle aste per la combinazione dei carichi statici in modo da verificare che non vi siano collassi prematuri per solo azioni statiche che ovviamente pregiudicano qualunque capacità di resistere alle azioni sismiche. 18

138

Manuale d’uso CDSWin

e che per interventi di miglioramento deve essere non minore del 60%. Le percentuali mostrate derivano dal rapporto, ovvero il rapporto tra l’accelerazione al suolo che conduce al raggiungimento dello SLV e quella relativa al periodo di ritorno di riferimento. Si riporta anche il valore del fattore di struttura (q) legato alle singole combinazioni, ricordando che questo è un fattore che ha la funzione di scalare le ordinate dello spettro di risposta elastico riducendole, dando vita così allo spettro di progetto per la 19

Manuale d’uso CDSWin pag. 370

20

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, formula [7.3.10]

21

Manuale d’uso CDSWin pag. 372

22

Paragrafo 4.3.2


verifica agli Stati Limite Ultimi in combinazione sismica. L’applicazione del fattore di comportamento alle ordinate dello spettro di risposta elastico fa in modo che la struttura oggetto di analisi subisca accelerazioni sismiche più basse rispetto a quelle che subirebbe se il suo comportamento fosse indefinitamente elastico. Quando una struttura esce dal campo elastico si riduce la forza sollecitante massima che questa deve sopportare ed entra in gioco un nuovo concetto: la duttilità.23

Immagine 5.12 Pushover n° 1

Immagine 5.13 Pushover n° 2

Immagine 5.11  Risultati delle pushover sullo stato di fatto

5.3.1.2

Cause del collasso

Per le analisi pushover il programma CDSWin permette di visualizzare sia le deformate che le sollecitazioni sulle aste. Trattandosi di analisi di tipo incrementale i risultati sono riferiti ad ogni singolo passo della curva di capacità a cui corrisponderà un livello di taglio alla base e di spostamenti. In particolare, per le deformate, vengono visualizzate alle estremità delle singole aste le eventuali cerniere colorate in funzione del loro impegno plastico. Si ricorda che a danno leggero corrisponde la rotazione al limite di snervamento mentre per il danno severo corrisponde ¾ della rotazione ultima e per il collasso la rotazione ultima. Le eventuali modalità di collasso fragile vengono visualizzate con doppia cerniera con il colore corrispondente alla situazione di collasso. Questa voce consente di visualizzare la successione della generazione delle cerniere plastiche sulla struttura, evidenziando con una differente colorazione il diverso livello di danno. Come si può vedere dall’immagine, nella toolbar superiore è possibile scegliere la combinazione (da 1 a 32) e il passo incrementale. Di seguito si mostrano i risultati dell’ultimo passo delle deformazioni legate alle possibili tipologie di collasso a cui la struttura potrebbe essere sottoposta nelle 32 combinazioni.

23

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, §7.3

Immagine 5.14 Pushover n° 3

139


140

Immagine 5.15 Pushover n° 4

Immagine 5.18 Pushover n° 7

Immagine 5.16 Pushover n° 5

Immagine 5.19 Pushover n° 8

Immagine 5.17 Pushover n° 6

Immagine 5.20 Pushover n° 9


Immagine 5.21 Pushover n° 10

Immagine 5.24 Pushover n° 13

Immagine 5.22 Pushover n° 11

Immagine 5.25 Pushover n° 14

Immagine 5.23 Pushover n° 12

Immagine 5.26 Pushover n° 15

141


142

Immagine 5.27 Pushover n° 16

Immagine 5.30 Pushover n° 19

Immagine 5.28 Pushover n° 17

Immagine 5.31 Pushover n° 20

Immagine 5.29 Pushover n° 19

Immagine 5.32 Pushover n° 21


Immagine 5.33 Pushover n° 22

Immagine 5.36 Pushover n° 25

Immagine 5.34 Pushover n° 23

Immagine 5.37 Pushover n° 26

Immagine 5.35  Pushover n° 24

Immagine 5.38 Pushover n° 27

143


Immagine 5.39 Pushover n° 28

Immagine 5.42 Pushover n° 31

Immagine 5.40 Pushover n° 29

Immagine 5.43 Pushover n° 32

Per completezza di informazione si è scelto di riportare tutti i meccanismi di collasso che si presentano al variare dei modi di vibrare dell’edificio, tali collassi sono in parte giustificabili dalla presenza di elementi strutturali non verificati a taglio:

Immagine 5.41 Pushover n° 30

144

Immagine 5.44 Verifica a taglio dello stato di fatto


E di aste non verificate a pressoflessione

Immagine 5.45 Verifica a pressoflessione dello stato di fatto

Di seguito i modi di collasso per ogni pushover:

Immagine 5.46 Modo di collasso pushover n° 1

Immagine 5.47 Modo di collasso pushover n° 2

Immagine 5.48 Modo di collasso pushover n° 3

Immagine 5.49 Modo di collasso pushover n° 4

Immagine 5.50 Modo di collasso pushover n° 5

145


146

Immagine 5.51 Modo di collasso pushover n° 10

Immagine 5.54 Modo di collasso pushover n° 8

Immagine 5.52 Modo di collasso pushover n° 6

Immagine 5.55 Modo di collasso pushover n° 9

Immagine 5.53 Modo di collasso pushover n° 7

Immagine 5.56 Modo di collasso pushover n° 11


Immagine 5.57 Modo di collasso pushover n° 12

Immagine 5.60 Modo di collasso pushover n° 15

Immagine 5.58 Modo di collasso pushover n° 13

Immagine 5.61 Modo di collasso pushover n° 16

Immagine 5.59 Modo di collasso pushover n° 14

Immagine 5.62 Modo di collasso pushover n° 17

147


148

Immagine 5.63 Modo di collasso pushover n° 18

Immagine 5.66 Modo di collasso pushover n° 21

Immagine 5.64 Modo di collasso pushover n° 19

Immagine 5.67 Modo di collasso pushover n° 22

Immagine 5.65 Modo di collasso pushover n° 20

Immagine 5.68 Modo di collasso pushover n° 23


Immagine 5.69 Modo di collasso pushover n° 24

Immagine 5.72 Modo di collasso pushover n° 27

Immagine 5.70 Modo di collasso pushover n° 25

Immagine 5.73 Modo di collasso pushover n° 28

Immagine 5.71 Modo di collasso pushover n° 26

Immagine 5.74 Modo di collasso pushover n° 29

149


5.4 Caratteristiche di sollecitazione Si riportano ora gli inviluppi dei diagrammi delle caratteristiche di sollecitazione.

5.4.1

Taglio Tx

Immagine 5.75 Modo di collasso pushover n° 30

Immagine 5.78 Diagrammi del taglio Tx

5.4.2

Taglio Ty

Immagine 5.76 Modo di collasso pushover n° 31

Immagine 5.79 Diagrammi del taglio Ty

Immagine 5.77 Modo di collasso pushover n° 32

150


5.4.3

5.5 Modi di vibrare

Momento Mx

La struttura è stata sottoposta a 12 differenti modi di vibrare, si riportano a titolo esemplificativo le visualizzazioni delle deformate modali della struttura, cioè di come si deformerebbe la struttura se fosse soggetta singolarmente a ciascuno dei modi di vibrazione: non si tratta di deformazioni reali, perché nella realtà la struttura vibrerà con una composizione dei modi qui visualizzati.

Immagine 5.80 Diagrammi del momento Mx

5.4.4

Momento My

Immagine 5.82 Modo di vibrare n° 1

Immagine 5.83 Modo di vibrare n° 2

Immagine 5.81 Diagrammi del momento My

151


152

Immagine 5.84 Modo di vibrare n° 3

Immagine 5.87 Modo di vibrare n° 6

Immagine 5.85 Modo di vibrare n° 4

Immagine 5.88 Modo di vibrare n° 7

Immagine 5.86 Modo di vibrare n° 5

Immagine 5.89 Modo di vibrare n° 8


Immagine 5.90 Modo di vibrare n° 9

Immagine 5.93 Modo di vibrare n° 12

Da quanto si può dedurre dall’analisi delle immagini precedenti, la struttura presenta delle criticità nello snodo tra i due corpi di fabbrica della “L” dove sono inoltre presenti i collegamenti verticali: è in particolare il pilastro n°25, non resiste a taglio alla quota 0 e alla quota 1, rispettivamente piano interrato e piano terra, che porta la struttura a collasso a basse accelerazioni (circa 0.05) in 12 combinazioni sulle 16 che non verificano. Il pilastro n°23, in angolo al piano interrato, invece, non verifica nelle restanti 4 combinazioni sulle 16 che hanno un risultato inferiore al 60%, sempre a causa del taglio ma arrivando a sopportare accelerazioni sull’ordine di grandezza del 0.12 circa. Si rimanda al capitolo 7 per il progetto di rinforzo strutturale complessivo della struttura.

Immagine 5.91 Modo di vibrare n° 10

Immagine 5.92 Modo di vibrare n° 11

153


1A1

Setti nei muri a cassetta - 1 campata - 2 + 5 livelli

Setti nei muri a cassetta - 1 campata - 2 + 5 livelli

Setti nei muri a cassetta - 1 campata - 1 + 5 livelli

Setti nei muri a cassetta - 2 campate - 1 livello

Setti nei muri a cassetta - 1 campata - 2 + 5 livelli

Setti nei muri a cassetta - 1 campata - 2 + 5 livelli

Setti nei muri a cassetta - 1, 2 campate - 1 livello

Setti nei muri a cassetta - 2, 1 campate - 1+3 livelli

Setto parallelo al vano scale - 1 campata - 1 livello

2 Setti paralleli al vano scale - 1 campata - 1 livello

Setto vano scale - 1 campata - 1 livello

2 Setti paralleli al vano scale - 1 campata - 1 livello

2 Setti paralleli al vano scale - 1 campata - 1 livello

2 Setti paralleli al vano scale - 1 campata - 1 livello

Setti vano scale - 1 campata - 2 livelli

2 setti - 1 campata - 2 + 1 livelli

1 setto - 1 campata - 3 livelli

Setto parallelo al vano scale - 1 campata - 1 livelli

Setto parallelo al vano scale - 1 campata - 2 livelli

2 Setti paralleli al vano scale - 1 campata - 2+1 livello

2 Setti paralleli al vano scale - 1 campata - 2+2 livelli 2 Setti paralleli al vano scale + 1 destra - 1 campata - 2+1 livello

3 Setti - 1 campata - 2 livelli

1 setto - 1 campata - 1 livelli

1 setto - 1 campata - 3 livelli

1 setto destra- 1 campata - 1 livelli

2 Setti paralleli al vano scale - 1 campata - 2+2 livello

Setto vano scale - 1 campata - 1 livello

Setto vano scale - 1 campata - 2 livelli

Ϭ͘ϮϭϮ KD ͘ ϭ Ϯ ϯ ϰ ϱ ϲ ϳ ϴ ϵ ϭϬ ϭϭ ϭϮ ϭϯ ϭϰ ϭϱ ϭϲ ϭϳ ϭϴ ϭϵ ϮϬ Ϯϭ ϮϮ Ϯϯ Ϯϰ Ϯϱ Ϯϲ Ϯϳ Ϯϴ Ϯϵ ϯϬ ϯϭ ϯϮ ŵŝŶ ŵĂdž ŵĞĚŝĂ

ϭ WŐĂ ^>s ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϰϰ Ϭ͘Ϭϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϳϭ Ϭ͘ϭϲϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϰϮ Ϭ͘Ϭϱϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϭϵ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϯϳ Ϭ͘ϬϱϮ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϱϴ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϱϮ Ϭ͘Ϭϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϯϯ Ϭ͘Ϭϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϳϭ Ϭ͘Ϭϳϵ

й ϲϳ͘ϵ ϯϯ͘Ϭ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϴϬ͘ϳ ϳϴ͘ϴ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϲϳ͘Ϭ Ϯϲ͘ϵ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϱϲ͘ϭ Ϯϲ͘ϰ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϲϰ͘ϲ Ϯϰ͘ϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϳϰ͘ϱ Ϯϱ͘ϵ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϳϭ͘ϳ Ϯϴ͘ϯ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϲϮ͘ϳ Ϯϴ͘ϯ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ

ϯϳ͘ϯ

Ϯ WŐĂ ^>s ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘Ϭϴϭ Ϭ͘Ϭϳϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϴϲ Ϭ͘ϭϮϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϱϳ Ϭ͘Ϭϲϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϮϴ Ϭ͘Ϭϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϵϯ Ϭ͘Ϭϳϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϵϱ Ϭ͘ϭϮϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϲϭ Ϭ͘Ϭϲϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϰϰ Ϭ͘Ϭϲϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϲϭ Ϭ͘Ϭϳϱ

й ϯϴ͘Ϯ ϯϯ͘ϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϰϬ͘ϲ ϱϴ͘ϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϳϰ͘ϭ ϯϮ͘ϭ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϲϬ͘ϰ ϯϯ͘Ϭ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϰϯ͘ϵ ϯϱ͘ϴ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϰϰ͘ϴ ϱϵ͘Ϭ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϳϱ͘ϵ ϯϭ͘ϭ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ ϲϳ͘ϵ ϯϭ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ

ϯϱ͘ϲ

ϯ WŐĂ ^>s ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϳ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϳϲ

Ϭ͘Ϭϳϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϵϯ Ϭ͘Ϭϳϲ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϳϱ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϴϴ

Ϭ͘Ϭϳϭ Ϭ͘Ϭϱ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϭϭ Ϭ͘Ϭϳϵ Ϭ͘Ϭϱ

Ϭ͘Ϭϱ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϭϭ Ϭ͘ϬϲϬ

Armatura a taglio pilastro n°25 - p -1

ϰ ϱ ϲ ϳ ϴ ϵ ϭϬ ϭϭ ϭϮ ϭϯ ϭϰ ϭϱ ϭϲ ϭϳ ϭϴ ϭϵ ϮϬ Ϯϭ ϮϮ Ϯϯ Ϯϰ Ϯϱ Ϯϲ Ϯϳ Ϯϴ Ϯϵ ϯϬ ϯϭ ϯϮ WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й й ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϱϯ ϳϮ͘Ϯ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϲϴ ϳϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϮ ϴϭ͘ϭ Ϭ͘ϮϬϯ ϵϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϬϭ ϰϳ͘ϲ Ϭ͘ϭϮϭ ϱϳ͘ϭ Ϭ͘ϭϮϴ ϲϬ͘ϰ Ϭ͘ϭϲϮ ϳϲ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϰ ϴϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϮϬϭ ϵϰ͘ϴ Ϭ͘ϭϰϭ ϲϲ͘ϱ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϲϭ ϳϱ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϮ ϲϳ͘Ϭ Ϭ͘ϮϬϭ ϵϰ͘ϴ Ϭ͘ϭ ϰϳ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘ϭϱϳ ϳϰ͘ϭ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϬϱ ϰϵ͘ϱ Ϭ͘ϭϬϮ ϰϴ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϲϴ ϳϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϵϳ ϵϮ͘ϵ Ϭ͘Ϭϵϵ ϰϲ͘ϳ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘ϮϬϮ ϵϱ͘ϯ Ϭ͘ϭϲϭ ϳϱ͘ϵ Ϭ͘ϭϴϲ ϴϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘ϭϵϱ ϵϮ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘ϭϬϱ ϰϵ͘ϱ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘ϭϵϱ ϵϮ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴϲ ϰϬ͘ϲ Ϭ͘Ϭϳϴ ϯϲ͘ϴ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϬϱϮ Ϯϰ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϮ ϳϭ͘ϳ Ϭ͘ϭϱϭ ϳϭ͘Ϯ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϰ ϲϲ͘Ϭ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϯ ϲϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϯ ϲϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϮ ϲϮ͘ϯ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϰϮ ϲϳ͘Ϭ Ϭ͘ϭϱ ϳϬ͘ϴ Ϭ͘ϭϯϭ ϲϭ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϭ ϰϮ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϱ ϳϬ͘ϴ Ϭ͘ϮϮϮ ϭϬϰ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘ϮϯϮ ϭϬϵ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϭ ϯϴ͘Ϯ Ϭ͘ϭϱϱ ϳϯ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϲϳ ϳϴ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϯ ϴϭ͘ϲ Ϭ͘ϭϭϳ ϱϱ͘Ϯ Ϭ͘ϭϭϭ ϱϮ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϮ ϴϭ͘ϭ Ϭ͘ϭϰϵ ϳϬ͘ϯ Ϭ͘ϭϲϵ ϳϵ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳ ϴϬ͘Ϯ Ϭ͘ϭϱϮ ϳϭ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϯϯ ϭϬϴ͘ϱ Ϭ͘Ϯϱ ϭϭϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϳ ϴϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϵϴ ϰϲ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϮϴ ϲϬ͘ϰ Ϭ͘ϭϮϮ ϱϳ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϭϱ ϱϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϲϳ ϳϴ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϳ ϴϴ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϴϱ ϰϬ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘ϭϬϰ ϰϵ͘ϭ Ϭ͘Ϭϵϵ ϰϲ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϳ ϯϲ͘ϯ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϬϱϮ Ϯϰ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘ϬϱϮ Ϯϰ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘ϭϴϵ ϴϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϵ ϴϵ͘Ϯ Ϭ͘ϮϬϮ ϵϱ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϵ ϴϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϵϮ ϵϬ͘ϲ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϴϲ ϴϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϰϴ ϲϵ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϵ ϴϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϵ ϴϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϳ ϴϴ͘Ϯ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϴϵ ϴϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϵϭ ϰϮ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϯ ϴϭ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘ϭϲϰ ϳϳ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϴϱ ϴϳ͘ϯ Ϭ͘ϭϵϱ ϵϮ͘Ϭ Ϭ͘ϭϵϰ ϵϭ͘ϱ Ϭ͘ϭϵϱ ϵϮ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘Ϭϴϭ ϯϴ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϴϯ ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϭϰϯ ϲϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϲϭ ϳϱ͘ϵ Ϭ͘ϭϴϱ ϴϳ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϴ ϲϵ͘ϴ Ϭ͘ϭϲϭ ϳϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϳ ϯϭ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϵ ϴϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘ϭϵ ϴϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϴϳ ϴϴ͘Ϯ Ϭ͘ϭϵϯ ϵϭ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘ϭϴϱ ϴϳ͘ϯ Ϭ͘ϮϬϯ ϵϱ͘ϴ Ϭ͘ϮϬϭ ϵϰ͘ϴ Ϭ͘ϭϵϵ ϵϯ͘ϵ Ϭ͘ϭϱϰ ϳϮ͘ϲ Ϭ͘Ϯϭϵ ϭϬϯ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϲ ϳϱ͘ϱ Ϭ͘ϭϵϵ ϵϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘ϭϱϴ ϳϰ͘ϱ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϭ ϳϭ͘Ϯ Ϭ͘ϭϱϮ ϳϭ͘ϳ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϯ ϲϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϭϰ ϲϲ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϰ ϲϲ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϴ ϲϵ͘ϴ Ϭ͘ϭϭϮ ϱϮ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϵ ϲϱ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϱϲ ϳϯ͘ϲ Ϭ͘ϮϮϰ ϭϬϱ͘ϳ Ϭ͘ϭϬϭ ϰϳ͘ϲ Ϭ͘ϭ ϰϳ͘Ϯ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϲϭ ϳϱ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϱϱ ϳϯ͘ϭ Ϭ͘Ϭϵϲ ϰϱ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϲ ϰϱ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘ϭϲϴ ϳϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϮϮ ϱϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϮϮϲ ϭϬϲ͘ϲ Ϭ͘ϭϰϭ ϲϲ͘ϱ Ϭ͘ϮϮϳ ϭϬϳ͘ϭ Ϭ͘Ϭϵϴ ϰϲ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϬϳϮ ϯϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϮϮ ϱϳ͘ϱ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϵ ϯϳ͘ϯ Ϭ͘Ϭϴϳ ϰϭ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϵ ϰϮ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϱ ϰϬ͘ϭ Ϭ͘Ϭϴϳ ϰϭ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϳ ϰϭ͘Ϭ Ϭ͘Ϯϭϱ ϭϬϭ͘ϰ Ϭ͘Ϯϭϱ ϭϬϭ͘ϰ Ϭ͘ϮϭϮ ϭϬϬ͘Ϭ Ϭ͘Ϯϭϱ ϭϬϭ͘ϰ Ϭ͘Ϯϭϭ ϵϵ͘ϱ Ϭ͘Ϯϭϭ ϵϵ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϮ ϱϮ͘ϴ Ϭ͘Ϯϭϯ ϭϬϬ͘ϱ Ϭ͘ϮϮϮ ϭϬϰ͘ϳ Ϭ͘ϮϮϰ ϭϬϱ͘ϳ Ϭ͘ϮϮϮ ϭϬϰ͘ϳ Ϭ͘ϭϱϲ ϳϯ͘ϲ Ϭ͘Ϯϳϵ ϭϯϭ͘ϲ Ϭ͘Ϯϭϴ ϭϬϮ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘ϮϮϮ ϭϬϰ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘ϭϵϲ ϵϮ͘ϱ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϬϱϮ Ϯϰ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘ϬϱϮ Ϯϰ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϬϱϮ Ϯϰ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϭ ϳϭ͘Ϯ Ϭ͘ϭϵϯ ϵϭ͘Ϭ Ϭ͘ϭϵϮ ϵϬ͘ϲ Ϭ͘ϮϬϰ ϵϲ͘Ϯ Ϭ͘ϮϬϭ ϵϰ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘ϭϵ ϴϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϵ ϴϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϵϲ ϵϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϵϲ ϵϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϲϯ ϳϲ͘ϵ Ϭ͘ϭϵ ϴϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϬϮ ϰϴ͘ϭ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϵϭ ϰϮ͘ϵ Ϭ͘ϬϵϮ ϰϯ͘ϰ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϳϵ ϯϳ͘ϯ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϲϳ ϳϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϲϮ ϳϲ͘ϰ Ϭ͘ϭϵϱ ϵϮ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϱ ϰϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϬϵ ϱϭ͘ϰ Ϭ͘ϭϭϰ ϱϯ͘ϴ Ϭ͘ϭϲϳ ϳϴ͘ϴ Ϭ͘ϭϲϯ ϳϲ͘ϵ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϵϴ ϵϯ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϵϱ ϵϮ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϰ ϴϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϯ ϲϭ͘ϯ Ϭ͘ϭϵϴ ϵϯ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘Ϭϴϳ ϰϭ͘Ϭ Ϭ͘ϭϱϯ ϳϮ͘Ϯ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϬϲ ϱϬ͘Ϭ Ϭ͘ϭ ϰϳ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘ϮϬϴ ϵϴ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϵϲ ϵϮ͘ϱ Ϭ͘Ϯ ϵϰ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϯ ϵϰ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϳ Ϯϲ͘ϵ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϱ ϳϯ͘ϭ Ϭ͘ϭϱϯ ϳϮ͘Ϯ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϭϰ ϲϲ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϮϴ ϲϬ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘Ϭϳϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϮϴ ϲϬ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϲ ϰϬ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϵϲ ϰϱ͘ϯ Ϭ͘ϭϬϮ ϰϴ͘ϭ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϮϬϱ ϵϲ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϵϮ ϰϯϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϲ ϳϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϬϯ ϰϴ͘ϲ Ϭ͘Ϭϵϵ ϰϲ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϰ ϴϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϲ ϳϱ͘ϱ Ϭ͘ϭϱϵ ϳϱ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϱ ϳϬ͘ϴ Ϭ͘ϭϵ ϴϵ͘ϲ Ϭ͘Ϯϭϳ ϭϬϮ͘ϰ Ϭ͘Ϯϰϯ ϭϭϰ͘ϲ Ϭ͘ϭϮϲ ϱϵ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϴ ϳϰ͘ϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘ϭϮϯ ϱϴ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϵϭ ϰϮ͘ϵ Ϭ͘Ϭϵϭ ϰϮ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴϯ ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϵ ϲϱ͘ϲ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘Ϯ ϵϰ͘ϯ Ϭ͘ϭϬϲ ϱϬ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϯ ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϯ ϵϰ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϴϱ ϰϬ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϬϱϮ Ϯϰ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘ϬϱϮ Ϯϰ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϭ Ϯϰ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϵ ϴϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϵϯ ϵϭ͘Ϭ Ϭ͘ϭϵϯ ϵϭ͘Ϭ Ϭ͘Ϯ ϵϰ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϵ ϴϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϵ ϴϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϵϰ ϵϭ͘ϱ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϲϭ ϳϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴϭ ϯϴ͘Ϯ Ϭ͘ϭϮϴ ϲϬ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϳ ϴϴ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϵ ϴϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϮϵ ϲϬ͘ϴ Ϭ͘Ϭϴϯ ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϮϵ ϲϬ͘ϴ Ϭ͘ϭϯϵ ϲϱ͘ϲ Ϭ͘ϭϲϱ ϳϳ͘ϴ Ϭ͘ϭϱϱ ϳϯ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϴ ϲϵ͘ϴ Ϭ͘ϭϰϵ ϳϬ͘ϯ Ϭ͘ϭϲϭ ϳϱ͘ϵ Ϭ͘ϭϵϳ ϵϮ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϰ ϴϮ͘ϭ Ϭ͘ϬϴϮ ϯϴ͘ϳ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘ϭϲϭ ϳϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘ϭϱ ϳϬ͘ϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϵϳ ϵϮ͘ϵ Ϭ͘ϮϬϴ ϵϴ͘ϭ Ϭ͘ϮϬϲ ϵϳ͘Ϯ Ϭ͘ϮϬϴ ϵϴ͘ϭ Ϭ͘ϭϵϵ ϵϯ͘ϵ Ϭ͘ϮϬϭ ϵϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϳ ϯϭ͘ϲ Ϭ͘ϭϰϯ ϲϳ͘ϱ Ϭ͘Ϭϵϵ ϰϲ͘ϳ Ϭ͘ϭϵ ϴϵ͘ϲ Ϭ͘Ϯϭϵ ϭϬϯ͘ϯ Ϭ͘Ϯϭϱ ϭϬϭ͘ϰ Ϭ͘ϮϬϳ ϵϳ͘ϲ Ϭ͘ϭϲϱ ϳϳ͘ϴ Ϭ͘Ϯϯϵ ϭϭϮ͘ϳ Ϭ͘ϭϴϲ ϴϳ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϯϵ ϲϱ͘ϲ Ϭ͘ϮϬϳ ϵϳ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘ϭϱϯ ϳϮ͘Ϯ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘ϬϳϮ ϯϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱϳ Ϯϲ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϲ ϳϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϰ ϳϮ͘ϲ Ϭ͘ϭϰϴ ϲϵ͘ϴ Ϭ͘ϭϰϴ ϲϵ͘ϴ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϵ ϳϬ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϴ ϲϵ͘ϴ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϵ ϲϱ͘ϲ Ϭ͘ϭϰϮ ϲϳ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϵ ϯϳ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϮ ϲϳ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϮ ϲϳ͘Ϭ Ϭ͘ϭϭϵ ϱϲ͘ϭ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϰ ϲϲ͘Ϭ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϰ ϲϲ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϲϱ ϳϳ͘ϴ Ϭ͘Ϯϭϭ ϵϵ͘ϱ Ϭ͘Ϭϴϳ ϰϭ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϲϯ ϳϲ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϲ ϳϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϴϵ ϰϮ͘Ϭ Ϭ͘ϬϴϮ ϯϴ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϱ ϰϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϭϰϮ ϲϳ͘Ϭ Ϭ͘ϭϱϮ ϳϭ͘ϳ Ϭ͘ϮϮ ϭϬϯ͘ϴ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘Ϯϭϵ ϭϬϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϱϮ ϳϭ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ ϱϮ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘Ϭϳϳ ϯϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳϴ ϯϲ͘ϴ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘ϭϴϲ ϴϳ͘ϳ Ϭ͘Ϯϯϰ ϭϭϬ͘ϰ Ϭ͘ϮϯϮ ϭϬϵ͘ϰ Ϭ͘Ϯϯϰ ϭϭϬ͘ϰ Ϭ͘Ϯϯ ϭϬϴ͘ϱ Ϭ͘ϮϮϵ ϭϬϴ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϴ ϯϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϱϮ ϳϭ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϱ ϱϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘Ϯϯϳ ϭϭϭ͘ϴ Ϭ͘Ϯϯϳ ϭϭϭ͘ϴ Ϭ͘ϮϮϵ ϭϬϴ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘Ϯϯϴ ϭϭϮ͘ϯ Ϭ͘Ϯϯϴ ϭϭϮ͘ϯ Ϭ͘Ϭϴϭ ϯϴ͘Ϯ Ϭ͘ϭϮϳ ϱϵ͘ϵ Ϭ͘ϮϮϵ ϭϬϴ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘ϭϵϵ ϵϯ͘ϵ ϯϳ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϭ ϯϴ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϭ Ϯϰ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϭ Ϯϰ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϳ ϳϰ͘ϭ Ϭ͘ϭϵϱ ϵϮ͘Ϭ Ϭ͘ϭϵϰ ϵϭ͘ϱ Ϭ͘ϮϬϱ ϵϲ͘ϳ Ϭ͘ϮϬϯ ϵϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϵϯ ϵϭ͘Ϭ Ϭ͘ϭϵϯ ϵϭ͘Ϭ Ϭ͘ϭϵϯ ϵϭ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϵϴ ϵϯ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϵϳ ϵϮ͘ϵ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘ϭϴϱ ϴϳ͘ϯ Ϭ͘ϭϵϯ ϵϭ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϵϯ ϵϭ͘Ϭ Ϭ͘ϭϭϳ ϱϱ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϯϯ͘ϲ

Ϯϴ͘Ϯ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϰϱ Ϭ͘Ϭϳϰ

ϯϰ͘ϴ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϰ Ϭ͘Ϭϳϯ

ϯϰ͘ϯ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϵ Ϭ͘ϭϬϴ

ϱϭ͘ϭ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϮϮϮ Ϭ͘ϭϭϲ

ϱϰ͘ϲ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϮϮϰ Ϭ͘ϭϬϮ

ϰϳ͘ϵ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϮϯϮ Ϭ͘ϭϬϬ

ϰϳ͘Ϯ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϵϮ Ϭ͘ϭϭϴ

ϱϱ͘ϲ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϭϱ Ϭ͘ϭϯϬ

ϲϭ͘Ϯ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϯϰ Ϭ͘ϭϭϴ

ϱϱ͘ϱ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϮϯϮ Ϭ͘ϭϭϳ

ϱϱ͘ϭ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϯϰ Ϭ͘ϭϭϴ

ϱϱ͘ϱ

Ϭ͘ϬϱϬ Ϭ͘ϮϯϬ Ϭ͘ϭϯϲ

ϲϯ͘ϵ

Ϭ͘ϬϱϮ Ϭ͘ϮϮϵ Ϭ͘ϭϯϭ

ϲϮ͘Ϭ

Ϭ͘Ϭϲϭ Ϭ͘ϭϭϳ Ϭ͘ϬϴϬ

ϯϳ͘ϱ

Ϭ͘ϬϱϮ Ϭ͘ϭϵϳ Ϭ͘ϭϬϮ

ϰϴ͘Ϯ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϮϬϴ Ϭ͘Ϭϵϯ

ϰϯ͘ϳ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϭϯ Ϭ͘ϭϯϮ

ϲϮ͘ϯ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϯϳ Ϭ͘ϭϯϱ

ϲϯ͘ϵ

Ϭ͘Ϭϱϴ Ϭ͘Ϯϯϳ Ϭ͘ϭϰϰ

ϲϴ͘ϭ

Ϭ͘Ϭϱϴ Ϭ͘ϮϮϵ Ϭ͘ϭϱϭ

ϳϭ͘Ϭ

Ϭ͘Ϭϱϴ Ϭ͘ϮϮϲ Ϭ͘ϭϯϭ

ϲϭ͘ϵ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϳϵ Ϭ͘ϭϯϱ

ϲϯ͘ϵ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϯϴ Ϭ͘ϭϯϴ

ϲϱ͘Ϯ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϱ Ϭ͘Ϭϴϵ

ϰϭ͘ϳ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϴϰ Ϭ͘ϭϭϲ

ϱϰ͘ϲ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϮϮϵ Ϭ͘ϭϱϬ

ϳϬ͘ϲ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϯϲ Ϭ͘ϬϴϬ

ϯϳ͘ϵ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϵϱ Ϭ͘Ϭϳϭ

ϯϯ͘ϱ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϵϵ Ϭ͘ϭϮϬ

ϱϲ͘ϱ

Abaco delle e risultati ottenuti Abacoprove dellepushover prove di rinforzo strutturale

Setti nei muri a cassetta - 1 campata - 2 + 4 livelli

Recupero Prestazionale e Funzionale TITOLO TESI dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Setti nei muri a cassetta - 1 campata - 2 livelli


1B2

Setto vano scale - 1 campata - 1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 2 +1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 3 +1 livello

Armatura a taglio pilastro 25 - p0

Armatura a taglio pilastro 25 - p-1 e p0

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 1 livello

Setto vano scale - 1 campata - 2 livelli

Setto vano scale - 1 campata - 1 livello

Setto vano scale - 1 campata - 1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 2 +1 livello

Setto perpendicolare al vano scale - 1 campata - 1 livello

Setto perpendicolare al vano scale - 1 campata - 2 livelli

Setto perpendicolare al vano scale - 1 campata - 1 livello

Setto perpendicolare al vano scale - 1 campata - 1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 2 +1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 3 +1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 1 livello

Setto vano scale - 1 campata - 1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 1 livello

2 Setti perpendicolari - 1 campata - 1 livello

2 setti perpendicolari - 1 campata - 1 + 2 livelli

Setto perpendicolare al vano scale - 1 campata - 2 livelli

Setto perpendicolare al vano scale - 1 campata - 2 livelli

Le varie prove effettuate si riferiscono al periodo di studio combinato della struttura e delle sue risposte al sisma. La presenza dei setti o meno è subordinata a cambiamenti della struttura, necessari affinchè il programma concepisca nel modo più veritiero e funzionale la stessa, a evoluzione nello studio dei materiali, correlato alla ricerca storica e infine allo studio delle sezioni affinchè le ipotesi fossero il più possibile simili al reale. Quello emerso è che la configurazione che maggiormente dà risultati positivi al fine della verifica è l’inserimento dei setti nel nodo del vano scala. Scelta che si persegue nello svolgimento della tesi. Ϭ͘ϮϭϮ KD ͘ ϭ Ϯ ϯ ϰ ϱ ϲ ϳ ϴ ϵ ϭϬ ϭϭ ϭϮ ϭϯ ϭϰ ϭϱ ϭϲ ϭϳ ϭϴ ϭϵ ϮϬ Ϯϭ ϮϮ Ϯϯ Ϯϰ Ϯϱ Ϯϲ Ϯϳ Ϯϴ Ϯϵ ϯϬ ϯϭ ϯϮ ŵŝŶ ŵĂdž ŵĞĚŝĂ

ϯϯ ϯϰ ϯϱ ϯϲ ϯϳ ϯϴ ϯϵ ϰϬ ϰϭ ϰϮ ϰϯ ϰϰ ϰϱ ϰϲ ϰϳ ϰϴ WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s WŐĂ ^>s й й й й й й й й й й й й й й й й ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭ ϰϳ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘ϭ ϰϳ͘Ϯ Ϭ͘ϭ ϰϳ͘Ϯ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϱϵ ϳϱ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϮ ϴϭ͘ϭ Ϭ͘ϭϯ ϲϭ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϮ ϴϭ͘ϭ Ϭ͘ϭϯϭ ϲϭ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘ϭϱϯ ϳϮ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘ϭϱϴ ϳϰ͘ϱ Ϭ͘ϭϱϴ ϳϰ͘ϱ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴϲ ϰϬ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϱ ϱϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϴϵ ϰϮ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϳ Ϯϲ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱϳ Ϯϲ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϭ ϲϭ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϭ ϰϮ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϳ ϯϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘ϭϰϭ ϲϲ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϳ ϯϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϳ ϯϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϭ ϲϲ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϭ ϲϲ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘Ϭϵϴ ϰϲ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘ϮϮϰ ϭϬϱ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϲ ϱϰ͘ϳ Ϭ͘ϮϮϰ ϭϬϱ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϲ ϱϰ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϭ ϱϮ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϳ ϯϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϳ ϯϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϴϳ ϰϭ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘ϬϵϮ ϰϯ͘ϰ Ϭ͘ϬϵϮ ϰϯ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϵϭ ϰϮ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϳ ϯϭ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϴ ϲϵ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϰϴ ϲϵ͘ϴ Ϭ͘ϭϮϮ ϱϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϴϭ ϯϴ͘Ϯ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϰϭ ϲϲ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϱϯ ϳϮ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯ ϲϭ͘ϯ Ϭ͘ϭϱϱ ϳϯ͘ϭ Ϭ͘ϭϱϱ ϳϯ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϳ Ϯϲ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϱϰ ϳϮ͘ϲ Ϭ͘ϭϭϳ ϱϱ͘Ϯ Ϭ͘ϬϳϮ ϯϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϭϳ ϱϱ͘Ϯ Ϭ͘ϭϭϴ ϱϱ͘ϳ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϰϳ ϲϵ͘ϯ Ϭ͘ϭϭϲ ϱϰ͘ϳ Ϭ͘ϭϱϭ ϳϭ͘Ϯ Ϭ͘ϭϱϭ ϳϭ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘ϭϭϮ ϱϮ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘ϭϰϮ ϲϳ͘Ϭ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϳ ϯϭ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘ϭϰϭ ϲϲ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϮ ϲϳ͘Ϭ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘ϬϳϮ ϯϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϵϲ ϰϱ͘ϯ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϲ ϰϱ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵ ϰϮ͘ϱ Ϭ͘ϮϮϮ ϭϬϰ͘ϳ Ϭ͘Ϭϵ ϰϮ͘ϱ Ϭ͘ϮϮϮ ϭϬϰ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϵ ϱϲ͘ϭ Ϭ͘Ϭϵ ϰϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘ϭϭϮ ϱϮ͘ϴ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϯϭϰ ϭϬϬ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘Ϯϭϰ ϭϬϬ͘ϵ Ϭ͘ϭϭϮ ϱϮ͘ϴ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϴϱ ϴϳ͘ϯ Ϭ͘ϭϭ ϱϭ͘ϵ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘ϭϴϴ ϴϴ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘ϭϬϮ ϰϴ͘ϭ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϴϭ ϴϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϱ ϴϳ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϱ ϴϳ͘ϯ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘Ϭϴϳ ϰϭ͘Ϭ Ϭ͘ϭϲϯ ϳϲ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘Ϭϵϭ ϰϮ͘ϵ Ϭ͘ϭϲϯ ϳϲ͘ϵ Ϭ͘ϭϱϭ ϳϭ͘Ϯ Ϭ͘ϭϲϱ ϳϳ͘ϴ Ϭ͘ϭϮϯ ϱϴ͘Ϭ Ϭ͘ϭϲϱ ϳϳ͘ϴ Ϭ͘ϭϮϮ ϱϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϮϯ ϱϴ͘Ϭ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘ϭϱ ϳϬ͘ϴ Ϭ͘ϭϱ ϳϬ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵ ϰϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϰ Ϯϱ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘ϭϮϴ ϲϬ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϲ ϰϬ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘ϭϰϯ ϲϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϮ ϲϳ͘Ϭ Ϭ͘ϭϰϯ ϲϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϯϭϯ ϭϬϬ͘ϱ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘Ϯϭϯ ϭϬϬ͘ϱ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϴϱ ϰϬ͘ϭ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϲ ϰϱ͘ϯ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘ϭϮϵ ϲϬ͘ϴ Ϭ͘Ϭϴϯ ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϱ ϴϳ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϴϱ ϴϳ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϱ ϴϳ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϲ ϴϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϴϲ ϴϳ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘ϭϰϵ ϳϬ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘ϭϰϵ ϳϬ͘ϯ Ϭ͘ϭϮϱ ϱϵ͘Ϭ Ϭ͘ϭϲϴ ϳϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϲϴ ϳϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϭ ϲϭ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϰϵ ϳϬ͘ϯ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘ϭϱϭ ϳϭ͘Ϯ Ϭ͘ϭϱϭ ϳϭ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϭ ϴϱ͘ϰ Ϭ͘ϬϳϮ ϯϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϭ ϴϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϱϳ ϳϰ͘ϭ Ϭ͘ϭϮϮ ϱϳ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϮϮ ϱϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϱϮ ϳϭ͘ϳ Ϭ͘ϭϮ ϱϲ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϲ ϳϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϲ ϳϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘ϭϭϵ ϱϲ͘ϭ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϮ ϲϮ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘ϭϯϮ ϲϮ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϯ ϲϮ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϮ ϲϮ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϯ ϲϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϵϲ ϰϱ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϵϲ ϰϱ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘Ϯϭϴ ϭϬϮ͘ϴ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘Ϯϭϴ ϭϬϮ͘ϴ Ϭ͘ϭϭϴ ϱϱ͘ϳ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘ϭϰϲ ϲϴ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘ϭϱϯ ϳϮ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϱϯ ϳϮ͘Ϯ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϴϰ ϯϵ͘ϲ Ϭ͘ϭϵϭ ϵϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϭ ϱϭ͘ϵ Ϭ͘ϭϵϰ ϵϭ͘ϱ Ϭ͘ϭϵϰ ϵϭ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϬϱϮ Ϯϰ͘ϱ Ϭ͘ϬϱϮ Ϯϰ͘ϱ Ϭ͘ϭϭϳ ϱϱ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϳ ϯϭ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϲ ϴϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϴϳ ϴϴ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϳ ϴϴ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϯϲ Ϭ͘ϬϴϬ

ϯϳ͘ϵ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϭϵϱ Ϭ͘Ϭϳϭ

ϯϯ͘ϱ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϴϭ Ϭ͘ϭϬϴ

ϱϬ͘ϵ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϭϱ Ϭ͘ϬϳϬ

ϯϯ͘Ϯ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϲϴ

ϯϭ͘ϵ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϴϭ Ϭ͘ϭϬϴ

ϱϬ͘ϵ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϴϱ Ϭ͘ϭϬϱ

ϰϵ͘ϱ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϮϮϰ Ϭ͘ϭϮϲ

ϱϵ͘ϲ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϯ Ϭ͘Ϭϳϰ

ϯϰ͘ϵ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϮϮϰ Ϭ͘ϭϮϲ

ϱϵ͘ϲ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϳϵ Ϭ͘ϭϬϱ

ϰϵ͘ϯ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϮϯ Ϭ͘ϬϳϮ

ϯϰ͘Ϭ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϵϭ Ϭ͘ϭϮϬ

ϱϲ͘ϱ

Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϴϲ Ϭ͘Ϭϵϳ

ϰϱ͘ϵ

Ϭ͘ϬϱϮ Ϭ͘ϭϵϰ Ϭ͘ϭϮϲ

ϱϵ͘Ϯ

Ϭ͘ϬϱϮ Ϭ͘ϭϵϰ Ϭ͘ϭϮϲ

ϱϵ͘Ϯ

ϰϵ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘ϭϬϴ ϱϬ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϯϯ ϭϬϴ͘ϱ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϰ ϴϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϲϵ ϳϵ͘ϳ Ϭ͘ϭϬϲ ϱϬ͘Ϭ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϮϮϲ ϭϬϲ͘ϲ Ϭ͘Ϯϭϱ ϭϬϭ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϵ ϰϮ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϳ ϴϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϬϱ ϰϵ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘Ϯϭϰ ϭϬϬ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘Ϭϴϵ ϰϮ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϯ ϴϭ͘ϲ Ϭ͘ϭϬϮ ϰϴ͘ϭ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϮϮϭ ϭϬϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϵϴ ϵϯ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϱ ϰϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϰ Ϭ͘Ϯϯ Ϭ͘ϭϱϬ

ϳϬ͘ϳ

ϱϬ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϳϴ ϴϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘ϭϬϴ ϱϬ͘ϵ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϯϯ ϭϬϴ͘ϱ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϰ ϴϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϲϵ ϳϵ͘ϳ Ϭ͘ϭϬϲ ϱϬ͘Ϭ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϮϮϲ ϭϬϲ͘ϲ Ϭ͘Ϯϭϱ ϭϬϭ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϵ ϰϮ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϳ ϴϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϬϱ ϰϵ͘ϱ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘Ϯϭϰ ϭϬϬ͘ϵ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘Ϭϴϵ ϰϮ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϯ ϴϭ͘ϲ Ϭ͘ϭϬϮ ϰϴ͘ϭ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϮϮϭ ϭϬϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϵϴ ϵϯ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϱ ϰϬ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϰ Ϭ͘Ϯϯ Ϭ͘ϭϱϬ

ϳϬ͘ϳ

ϱϭ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϳ ϯϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϭϵ ϱϲ͘ϭ Ϭ͘ϭϭϲ ϱϰ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘Ϭϳϵ ϯϳ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϳ ϯϭ͘ϲ Ϭ͘Ϭϴϲ ϰϬ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘ϭϮϱ ϱϵ͘Ϭ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϴ ϯϲ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϴ ϯϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϭϲ ϱϰ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϴ ϱϱ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϳϴ ϯϲ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲ Ϭ͘ϭϯϰ Ϭ͘Ϭϴϯ

ϯϵ͘ϯ

ϱϮ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϭϱ ϱϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘ϭϭ ϱϭ͘ϵ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϳ ϰϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱϳ Ϯϲ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϲϳ ϯϭ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϭϱ Ϭ͘Ϭϲϴ

ϯϭ͘ϵ

ϱϯ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘ϬϴϮ ϯϴ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϭ͘ϭϮϮ ϱϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϬϮ ϰϴ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘ϭϴϭ ϴϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘Ϯϯϭ ϭϬϵ͘Ϭ Ϭ͘Ϯϭϱ ϭϬϭ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϳ Ϯϲ͘ϵ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϴ ϯϲ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϭϮϯ ϱϴ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϰ ϴϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϭ ϴϱ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϵ ϲϱ͘ϲ Ϭ͘ϮϮϳ ϭϬϳ͘ϭ Ϭ͘Ϯ ϵϰ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϯϭ Ϭ͘ϭϮϴ

ϲϬ͘Ϯ

ϱϰ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘Ϭϵϰ ϰϰ͘ϯ Ϭ͘ϬϴϮ ϯϴ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϭ͘ϭϮϮ ϱϳ͘ϱ Ϭ͘ϭϬϮ ϰϴ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱϴ Ϯϳ͘ϰ Ϭ͘ϭϴϭ ϴϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘Ϯϯϭ ϭϬϵ͘Ϭ Ϭ͘Ϯϭϱ ϭϬϭ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱϳ Ϯϲ͘ϵ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘Ϭϵϱ ϰϰ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳϴ ϯϲ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϭϮϯ ϱϴ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϴϴ ϰϭ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϰ ϴϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϭ ϴϱ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϵ ϲϱ͘ϲ Ϭ͘ϮϮϳ ϭϬϳ͘ϭ Ϭ͘Ϯ ϵϰ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϯϭ Ϭ͘ϭϮϴ

ϲϬ͘Ϯ

ϱϱ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϵϲ ϰϱ͘ϯ Ϭ͘ϭϰϵ ϳϬ͘ϯ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϮϯϮ ϭϬϵ͘ϰ Ϭ͘ϭϭϭ ϱϮ͘ϰ Ϭ͘ϭϵϰ ϵϭ͘ϱ Ϭ͘ϭϴϯ ϴϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘ϭϰϮ ϲϳ͘Ϭ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘Ϯϯϭ ϭϬϵ͘Ϭ Ϭ͘ϮϮϲ ϭϬϲ͘ϲ Ϭ͘ϭϰϴ ϲϵ͘ϴ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϳ ϴϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϯϵ ϲϱ͘ϲ Ϭ͘ϮϮϯ ϭϬϱ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϴϳ ϰϭ͘Ϭ Ϭ͘ϭϰϭ ϲϲ͘ϱ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϰ ϴϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϰϰ ϲϳ͘ϵ Ϭ͘ϭϰ ϲϲ͘Ϭ Ϭ͘ϮϮϵ ϭϬϴ͘Ϭ Ϭ͘ϭϴϳ ϴϴ͘Ϯ Ϭ͘ϭϱϭ ϳϭ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϰ ϴϲ͘ϴ Ϭ͘Ϭϴ Ϭ͘ϮϯϮ Ϭ͘ϭϲϰ

ϳϳ͘ϰ

ϱϲ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘ϭϰϱ ϲϴ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϱϱ ϳϯ͘ϭ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϭϮϳ ϱϵ͘ϵ Ϭ͘Ϯϭϵ ϭϬϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϲϴ ϳϵ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱϱ Ϯϱ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϰϯ ϲϳ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϳ ϴϯ͘ϱ Ϭ͘ϭϱϱ ϳϯ͘ϭ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϮ ϲϮ͘ϯ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘Ϯϯϵ ϭϭϮ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϯϵ Ϭ͘ϭϮϮ

ϱϳ͘ϳ

ϱϳ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϳϱ ϴϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲ Ϯϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘Ϯϭϯ ϭϬϬ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘ϮϮϯ ϭϬϱ͘Ϯ Ϭ͘Ϯϭϵ ϭϬϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϲϳ ϳϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱϯ Ϯϱ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘Ϯϭϵ ϭϬϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱϵ Ϯϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϲϵ ϳϵ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϴ ϱϱ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϮϮϭ ϭϬϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϳ ϴϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϮϮϯ Ϭ͘ϭϮϳ

ϲϬ͘ϭ

ϱϴ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϳϯ ϴϭ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘Ϯϭϱ ϭϬϭ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϰ ϴϮ͘ϭ Ϭ͘ϭϳϮ ϴϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϱ ϲϯ͘ϳ Ϭ͘ϮϮϳ ϭϬϳ͘ϭ Ϭ͘ϮϮϰ ϭϬϱ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϲϱ ϳϳ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϯϭϰ ϭϬϬ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϴ ϴϰ͘ϵ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϳϵ ϴϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϭ͘ϮϮϱ ϭϬϲ͘ϭ Ϭ͘ϭϳϭ ϴϬ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϴϭ ϴϱ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϮϮϳ Ϭ͘ϭϯϮ

ϲϮ͘ϰ

ϱϵ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϱ ϳϬ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϮ ϱϲ͘ϲ Ϭ͘ϬϳϮ ϯϰ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϴϭ ϴϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϳϯ ϴϭ͘ϲ Ϭ͘ϭϲϲ ϳϴ͘ϯ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϭϰ ϱϯ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϴϭ ϴϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϯϲ ϲϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϱϲ Ϯϲ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϴ ϲϱ͘ϭ Ϭ͘ϭϭϲ ϱϰ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϳϮ ϴϭ͘ϭ Ϭ͘ϭϳϲ ϴϯ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϯϳ ϲϰ͘ϲ Ϭ͘ϭϭϵ ϱϲ͘ϭ Ϭ͘Ϯϯϭ ϭϬϵ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϭϴϮ ϴϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘Ϯϯϭ Ϭ͘ϭϭϴ

ϱϱ͘ϴ

ϲϬ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϯϰ ϲϯ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϳϴ ϯϲ͘ϴ Ϭ͘ϭϭϴ ϱϱ͘ϳ Ϭ͘Ϭϵϯ ϰϯ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘Ϭϳϵ ϯϳ͘ϯ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϴ ϯϮ͘ϭ Ϭ͘Ϭϴϳ ϰϭ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϱ ϯϬ͘ϳ Ϭ͘ϭϮϱ ϱϵ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϲϭ Ϯϴ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘ϬϳϮ ϯϰ͘Ϭ Ϭ͘ϭϭϱ ϱϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϰ ϯϰ͘ϵ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϴ ϯϲ͘ϴ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϯϰ Ϭ͘Ϭϳϰ

ϯϱ͘Ϭ

ϲϭ WŐĂ ^>s й ;ĂŐͬŐͿ Ϭ͘ϭϯϮ ϲϮ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϳ ϯϲ͘ϯ Ϭ͘ϭϬϴ ϱϬ͘ϵ Ϭ͘Ϭϳϱ ϯϱ͘ϰ Ϭ͘ϭϭϵ ϱϲ͘ϭ Ϭ͘Ϭϵϴ ϰϲ͘Ϯ Ϭ͘ϭϭϭ ϱϮ͘ϰ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘Ϭϴϭ ϯϴ͘Ϯ Ϭ͘ϬϲϮ Ϯϵ͘Ϯ Ϭ͘ϭϬϳ ϱϬ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϵϭ ϰϮ͘ϵ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϱ Ϯϯ͘ϲ Ϭ͘Ϭϲϰ ϯϬ͘Ϯ Ϭ͘ϭϮϰ ϱϴ͘ϱ Ϭ͘Ϭϲϯ Ϯϵ͘ϳ Ϭ͘ϭϬϴ ϱϬ͘ϵ Ϭ͘Ϭϳϯ ϯϰ͘ϰ Ϭ͘ϭϭϱ ϱϰ͘Ϯ Ϭ͘Ϭϴ ϯϳ͘ϳ Ϭ͘ϭϭϯ ϱϯ͘ϯ Ϭ͘Ϭϳϭ ϯϯ͘ϱ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘Ϭϳ ϯϯ͘Ϭ Ϭ͘ϭϭϮ ϱϮ͘ϴ Ϭ͘Ϭϲϵ ϯϮ͘ϱ Ϭ͘Ϭϴϳ ϰϭ͘Ϭ Ϭ͘Ϭϳϲ ϯϱ͘ϴ Ϭ͘ϭϭϲ ϱϰ͘ϳ Ϭ͘Ϭϲϲ ϯϭ͘ϭ Ϭ͘Ϭϱ Ϭ͘ϭϯϮ Ϭ͘Ϭϴϴ

ϰϭ͘ϯ

Abaco delle e risultati ottenuti Abacoprove dellepushover prove di rinforzo strutturale

Setto vano scale - 1 campata - 1 livello

Recupero Prestazionale e Funzionale TITOLO TESI dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Setto vano scale - 1 campata - 2 livelli


6. Intervento Architettonico


realizzazione: • Al piano primo: 2 laboratori informatici, 1 laboratorio fotografico, 1 laboratorio sartoriale e 4 studi docenti; • Al piano secondo: 18 studi docenti e 7 uffici direzione e personale tecnico amministrativo; • Al terzo piano: 9 laboratori biologici, 4 laboratori chimici e 3 studi docenti. Il progetto quindi necessita di ospitare contemporaneamente, all’interno dell’edificio oggetto di studio studenti per lezioni frontali o impegnati in progetti di ricerca nei laboratori e il personale docente e di supporto occorrente per il regolare svolgimento dell’attività scolastica universitaria. La nuova destinazione d’uso inoltre prevede un notevole aumento del numero di utenti che frequentano contemporaneamente l’edificio rispetto allo stato attuale. Per questo motivo, il principale obiettivo del progetto è quello di soddisfare le richieste avanzate rispettando contemporaneamente sia le normative antincendio che gli indici minimi di affollamento per garantire il comfort e il benessere ai suoi utenti.

6.1 Riferimenti normativi

• • • • • • • • •

D.M. LL. PP. 18 dicembre 1975 “Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica, da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 29 del 02/02/1976 L. 11/01/1996, n. 23 “Norme per l’edilizia scolastica”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 19/01/1996 D.M. 30 novembre 1983 “Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi“. Gazzetta Ufficiale n. 339 del 12 dicembre 1983; D.M. del 26.08.1992 “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica”; D.M. 10 marzo 1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”; D. M. 16 febbraio 2007 “Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione”; D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell’articolo 49 comma 4-quater, decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”; 87 DM 3 agosto 2015, integrato dal DM 7 agosto 2017; D.L. 30 dicembre 2016, n.244, come modificato dalla Legge 21 settembre 2018 n 108.

6.2 Inquadramento generale È doveroso sottolineare come la normativa in merito alla tutela degli edifici sia piuttosto controversa. L’art. 10 del Decreto Legislativo 42 del 22 gennaio 2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, indica i beni immobili appartenenti allo Stato, alle Regioni, agli altri enti pubblici territoriali oggetto di tutela. In base a quanto espresso al comma 5 dell’art. 10 era fissata a 50 anni la soglia per considerare vincolato un bene immobile pubblico. Con il Decreto-legge 13 maggio 2011 n° 70 (convertito con modificazioni dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, in G.U. 12/7/2011, n. 160), all’art. 4, comma 16, si innalza a 70 anni la soglia1. L’articolo 217 del nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 18 aprile 2016, n° 50) ha abrogato l’art. 4 del D.L. 70/2011, incluso il comma 16 che aveva innalzato a 70 anni tale soglia2. Essendovi quindi alcune incongruenze sul fatto di considerare vincolati gli immobili con oltre 50 anni oppure quelli con oltre 70 anni, con parere del 3 agosto 2016, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo3 ritiene che l’articolo 217 del nuovo Codice appalti si limita ad abrogare l’art. 4 comma 16 del decreto sviluppo (D.L. 70/2011), senza alcun riferimento alle disposizioni del D.Lgs. 42/2004 le quali erano già state abrogate nel 2011 e che pertanto non possono in alcun modo rivivere. In definitiva secondo il Ministero sono vincolati solo gli immobili pubblici con oltre 70 anni.

6.2.1

Richieste progettuali

Il progetto architettonico prevede di porre all’interno dell’edificio le seguenti funzioni: • Laboratori didattici: biologici, chimici, informatico, fotografico e sartoriale • Aule di lezione • Aule studio • Studi docenti • Uffici direzione e personale tecnico amministrativo. Il progetto architettonico prevede, innanzitutto, una modifica della disposizione interna degli spazi e delle destinazioni d’uso dei singoli ambienti. In particolare, in quanto saranno dapprima disponibili solo parte del piano primo, il piano secondo e il terzo, si prevede la

6.2.2

Storia delle normative antincendio in Italia4

Le prime regole tecniche in materia antincendio risalgono al Regio Decreto 31/07/1934, che riguardava, in realtà, molto più genericamente l’approvazione delle norme di sicurezza per la lavorazione, l’immagazzinamento, l’impiego, la vendita e il trasporto di oli minerali. Successivamente la legislazione di antincendio fu estesa con le circolari n°16 del 1951 (Norme di sicurezza per la costruzione, l’esercizio e la vigilanza dei teatri, cinematografi e altri locali di spettacolo in genere), n°91 del 1961 (Norme di sicurezza per la protezione contro il fuoco dei fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile) e n° 73 del 1971 (Impianti termici ad olio combustibile o a gasolio - Istruzioni per l’applicazione delle norme contro l’inquinamento atmosferico; disposizioni ai fini della prevenzione incendi). Negli stessi anni inoltre furono emanati i primi regolamenti per la prevenzione degli incendi da: DPR 547/1955 (Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), L. 469/1961 (Ordinamento dei servizi antincendi e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e stato giuridico e trattamento economico del personale dei sottufficiali, vigili scelti e vigili del Corpo nazionale dei vigili del fuoco), DPR 689/1959 (Determinazione delle aziende e lavorazioni soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei vigili del fuoco), e DM 27/09/1965 (Determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi). Successivamente con il DM 16/02/1982 compare poi il secondo elenco dei depositi e industrie pericolose soggetti alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi. Il decreto, oltre alla descrizione delle attività, riporta anche la durata, espressa in anni, del Certificato di Prevenzione Incendi (CPI). Da queste prime normative emerge una netta separazione dei doveri in materia antincendio tra i privati e la pubblica amministrazione. Dopo l’incendio del Cinema Statuto di Torino, la sera del 13 febbraio 1983, in cui persero la vita 64 persone per intossicazione da fumi e per ustioni, sono state effettuate perizie che hanno dimostrato che le cause, oltre che nelle responsabilità o nelle negligenze individuali, risiedevano nel sistema di leggi vigenti in materia di sicurezza nell’Italia dei primi anni ‘80, redatte e conseguentemente applicate in maniera superficiale. Le nuove normative hanno quindi approvato un aumento della responsabilità dei professionisti in materia antincendio, ai quali avrebbero fatto capo eventualmente anche le relative conseguenze amministrative e penali. Tra gli anni ‘80 e ‘90 si sono poi susseguite norme di sicurezza antincendio più specifiche: il DM 16/05/1987 per gli edifici di civile abitazione; il DM 20/05/1992 per gli edifici storici e artistici destinati a musei, gallerie, esposizioni e mostre; il DM 26/08/1992 per l’edilizia scolastica; il DPR 418/1995 per gli edifici di interesse storico-artistico destinati a biblioteche e archivi; infine il DM 19/08/1996 n. 214 per i locali d’intrattenimento e di pubblico spettacolo. Successivamente, alla fine degli anni ’90, il DM 10/03/1998 ha proposto i criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro. Le ultime normative presentavano però alcuni limiti, per esempio non esisteva proporzionalità fra il livello di rischio di un’attività soggetta e gli adempimenti di prevenzione incendi; il lavoro di verifica e controllo veniva eseguito indistintamente su tutte le 97 attività predisposte dal DM 16/02/1982, il quale non era più stato aggiornato nonostante le trasformazioni della realtà sociale e produttiva. Con il DPR 200/2004, si stabilisce che il Certificato di Prevenzione Incendi attesti il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi (non più la sola conformità, come prima) e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. Con il D.Lgs n. 139/2006, Norme tecniche e procedurali di prevenzione incendi, vengono adottate le norme tecniche di prevenzione incendi, fondate su presupposti tecnico-scientifici, le quali specificano misure ed accorgimenti atti a: ridurre la probabilità dell’insorgere di incendi attraverso sistemi o impianti che agiscono direttamente sulle sorgenti di ignizione o sul 4

Cfr. M.Vinci, Fire Safety Engineering e modellazione dell’esodo con metodi innovativi: applicazione ad un caso di edilizia scolastica,

Tesi di Laurea 2018

160


materiale combustibile o sull’agente ossidante e limitare le conseguenze dell’incendio attraverso sistemi, dispositivi, impianti specifici per tale scopo. Il DM 09/05/2007 dà poi le direttive per l’attuazione dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio. Si verifica quindi un passaggio dal metodo prescrittivo, in cui il progettista doveva attenersi strettamente alla normativa, al metodo prestazionale, il cui si individua il livello di prestazione richiesto e ne si verifica il raggiungimento. Nel DPR 1 agosto 2011, n.151 (Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell’articolo 49, comma 4 -quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122) viene introdotto il principio di proporzionalità dove viene superato l’approccio che non riconosce alcuna differenza tra le attività. Il DM 07/08/2012 ha introdotto nuove disposizioni riguardo le modalità di presentazione delle istanze concernenti i procedimenti di prevenzione incendi e la documentazione da allegare. Nel 2015 è stato pubblicato il Nuovo Codice di Prevenzione Incendi – DM 03/08/2015: tale codice ha lo scopo di aggiornare le tecniche di prevenzione incendi, rendendole più semplici, chiare e sostenibili, in linea con lo sviluppo del paese. Queste regole sono infatti meno prescrittive e più prestazionali, quindi flessibili, e si ispirano ai principi di massima tutela della pubblica e privata incolumità (persone, beni, ambiente) in caso di incendio. Le principali innovazioni apportate dal nuovo codice relativamente alle tecniche di prevenzione incendi sono: la generalità del metodo (applicabile a tutte le attività), la flessibilità delle soluzioni per il raggiungimento dei livelli di sicurezza richiesti, la standardizzazione del linguaggio utilizzato in materia di prevenzione incendi, l’inclusione di persone con disabilità temporanee o permanenti. Gli obiettivi del nuovo codice sono: - minimizzare le cause di incendio e limitare gli incendi sia interni sia esterni - garantire la stabilità delle strutture e la sicurezza degli occupanti - la tutela di arte e storia - limitare il danno ambientale. Per garantire tali obiettivi si è reso necessario ridefinire le seguenti misure: • Resistenza al fuoco; • Reazione al fuoco; • Compartimentazione; • Separazione; • Esodo; • Controllo e spegnimento dell’incendio; • Controllo di fumi e calore; • Rilevazione dell’incendio e allarme; • Gestione della sicurezza antincendio; • Operatività antincendio; • Sicurezza degli impianti.

6.2.2.1

8 marzo 2006, n. 139) che costituisce la nuova Regola Tecnica Orizzontale (RTO), cioè quelle normative tecniche di carattere generale di riferimento per tutte le tipologie di attività. Quest’ultimo decreto, denominato anche Codice di Prevenzione Incendi, inizialmente non era applicabile alle attività scolastiche, ma col DM 07/08/2017 è stato integrato e ne permette l’applicazione anche alle attività scolastiche. Il DM 07/08/2017 contiene dunque la nuova Regola Tecnica Verticale (RTV), cioè le normative antincendio valide per una singola attività, prestazionale in merito alla prevenzione incendi nelle scuole, e impone l’obbligo che gli edifici scolastici di ogni tipo, ordine e grado, vi si adeguino entro il 31 dicembre 2017. Tale decreto si pone in alternativa al precedente DM 26/08/1992 e permette di superare i casi in cui quest’ultimo risultava di difficile applicazione. Con questa normativa, le scuole vengono suddivise in categorie in relazione al numero degli occupanti ed alla massima quota dei piani. La RTV del 2017 reca disposizioni di prevenzione incendi riguardanti edifici o locali adibiti ad attività scolastica di ogni ordine, grado e tipo, collegi e accademie, con affollamento superiore a 100 occupanti, esclusi gli asili nido. Tuttavia, è possibile fare riferimento a tale norma anche per edifici con meno di 100 occupanti. Sono invece esclusi dal campo di applicazione, le scuole aziendali e gli ambienti didattici ubicati all’interno di attività non scolastiche. Successivamente, con il DM 21/03/2018 (Applicazione della normativa antincendio agli edifici e ai locali adibiti a scuole di qualsiasi tipo, ordine e grado, nonché agli edifici e ai locali adibiti ad asili nido) si estende la normativa antincendio anche tutte le scuole di ordine e grado compresi gli asili nido. Nello svolgimento dell’attività professionale, al giorno d’oggi, visti i continui aggiornamenti normativi, è possibile scegliere uno dei seguenti approcci progettuali, in base a quale sia, di volta in volta, il più conveniente: 1. Le Regole Tecniche tradizionali, in particolare il DM 26/08/1992; 2. Il Codice di Prevenzione Incendi, integrato dalla nuova RTV del 2017; 3. La Fire Safety Engineering (FSE). Le prime due metodologie sono alternative tra di loro, la prima è prescrittiva e la seconda prestazionale, mentre la FSE può essere applicata nel caso in cui sia necessario chiedere una deroga ad una particolare misura prevista dalla norma. I continui aggiornamenti normativi degli ultimi anni hanno avuto lo scopo di fornire ai progettisti, degli strumenti più flessibili e delle linee guida applicabili sia ai casi comuni, sia ai casi particolari.

6.3 Limiti progettuali riscontrati Di seguito viene illustrato come, tenendo a riferimento le normative RTO DM 03/08/2015 e RTV per le scuole DM 07/08/2017, si sia proceduto con lo sviluppo della progettazione di sicurezza antincendio:

L’analisi della normativa in ambito scolastico

Il primo testo che parla di prevenzione incendi nello specifico dell’edilizia scolastica è il DM 26/08/1992 che presenta in allegato le Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica, articolate in: 1. Generalità; 2. Caratteristiche costruttive; 3. Comportamento al fuoco; 4. Sezionamenti; 5. Misure per l’evacuazione in caso di emergenza; 6. Spazi a rischio specifico; 7. Impianti elettrici; 8. Sistemi di allarme; 9. Mezzi e impianti fissi di protezione ed estinzione degli incendi; 10. Segnaletica di sicurezza. Con questa normativa, le scuole vengono suddivise in categorie riferite al proprio affollamento, considerando le presenze effettive contemporaneamente in essere prevedibili di alunni e di personale docente e non docente. A completare il quadro normativo si hanno il DM 10/03/1998 (Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione nell’emergenza nei luoghi di lavoro), il D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro), il DPR 01/08/2011 n. 151, il DM 03/08/2015 (Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo

Immagine 7.1 Schema delle normative a cui è possibile riferirsi per la progettazione antincendio.

“1. La progettazione della sicurezza antincendio delle attività è un processo iterativo, costituito dai seguenti passi: a. scopo della progettazione: si descrive qualitativamente e quantitativamente l’attività ed il suo funzionamento, al fine di chiarire lo scopo della progettazione; b. obiettivi di sicurezza: sono esplicitati gli obiettivi di sicurezza della progettazione previsti al paragrafo G.2.5, applicabili all’attività; c. valutazione del rischio: si effettua la valutazione del rischio d’incendio di cui al paragrafo G.2.6.1; d. profili di rischio: si determinano ed attribuiscono i profili di rischio, come previsto al paragrafo G.2.6.2; e. strategia antincendio: si procede alla mitigazione del rischio valutato tramite misure preventive, protettive e gestionali che rimuovano i pericoli, riducano i rischi o proteggano dalle loro conseguenze: 161


i. definendo la strategia antincendio complessiva, secondo paragrafo G.2.6.3, ii. attribuendo i livelli di prestazione per tutte le misure antincendio, come previsto al paragrafo G.2.6.4; iii. individuando le soluzioni progettuali che garantiscono il raggiungimento dei livelli di prestazione attribuiti, secondo paragrafo G.2.6.5; f. qualora il risultato della progettazione non sia ritenuto compatibile con lo scopo definito al punto a, il progettista itera i passi di cui al punto e della presente metodologia. 2. Qualora disponibili, il progettista è tenuto ad applicare i contenuti delle pertinenti regole tecniche verticali all’attività trattata, secondo le indicazioni dei successivi paragrafi.”5

TM: depositi o archivi di superficie lorda maggiore di 25 m2 e carico di incendio specifico qf > 600 MJ/m2; TO: locali con affollamento >100 persone; Nota: Ad esempio aula magna, mensa, ... TK: locali ove si detengano o trattino sostanze o miscele pericolose o si effettuino lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio o dell’esplosione; locali con carico di incendio specifico qf > 1200 MJ/m2; Nota: Ad esempio: laboratori chimici, officine, sale prova motori, laboratori di saldatura, lo-cali per lo stoccaggio di liquidi infiammabili, ... TT: locali in cui siano presenti quantità significative di apparecchiature elettri-che ed elettroniche, locali tecnici rilevanti ai fini della sicurezza antincendio; Nota: Ad esempio centri elaborazione dati, stamperie, cabine elettriche, ... Nota: Ad esempio, le aule di informatica possono rientrare sia in TA che in TT, in tal caso devono rispettare tutte le relative prescrizioni. TZ: altre aree.”

1.a scopo della progettazione L’edificio oggetto di studio è una rifunzionalizzazione dell’edificio ex INAM per la realizzazione di spazi da destinare al QUVI: dovrà ospitare aule, laboratori, studi docenti e uffici tecnici-amministrativi a servizio del Dipartimento di Scienze della Qualità della Vita dell’Università di Bologna ed è situato in Via Circonvallazione Occidentale 57 a Rimini. 1.b. obiettivi di sicurezza: Secondo quanto riportato nel paragrafo G.2.5, “gli obiettivi primari della prevenzione incendi sono: a. sicurezza della vita umana, b. incolumità delle persone, c. tutela dei beni e dell’ambiente. Gli obiettivi primari della prevenzione incendi si intendono raggiunti se le attività sono progettate, realizzate e gestite in modo da: a. minimizzare le cause d’incendio o d’esplosione; b. garantire la stabilità delle strutture portanti per un periodo di tempo determinato; c. limitare la produzione e la propagazione di un incendio all’interno dell’attività; d. limitare la propagazione di un incendio ad attività contigue; e. limitare gli effetti di un’esplosione; f. garantire la possibilità che gli occupanti lascino l’attività autonomamente o che gli stessi siano soccorsi in altro modo; g. garantire la possibilità per le squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza; h. tutelare gli edifici pregevoli per arte o storia; i. garantire la continuità d’esercizio per le opere strategiche; j. prevenire il danno ambientale e limitare la compromissione dell’ambiente in caso d’incendio.”6 1.c. valutazione del rischio: Nel paragrafo G.2.6.1 della normativa di riferimento viene indicato al punto 3 che: “Qualora siano disponibili pertinenti regole tecniche verticali, la valutazione del rischio d’incendio da parte del progettista è limitata agli aspetti peculiari della specifica attività trattata” e poiché nella stessa normativa abbiamo l’indicazione delle regole tecniche verticali per scuole e uffici, si fa riferimento ad esse. A fattor di sicurezza e poiché gli uffici si limitano ad un piano dell’edificio, consideriamo l’intera struttura come adibita a edificio scolastico, prendendo quindi a riferimento quanto descritto al paragrafo V.7 della normativa. “1. Ai fini della presente regola tecnica verticale, le attività scolastiche sono classificate come segue: a) in relazione al numero degli occupanti n: OA: 100 < n < 300 occupanti; OB: 300 < n < 500 occupanti; OC: 500 < n < 800 occupanti; OD: 800 < n < 1200 occupanti; OE: n > 1200 occupanti. b) in relazione alla massima quota dei piani h: HA: h < 12 m; HB: 12 m < h < 24 m; HC: 24 m < h < 32 m; HD: 32 m < h < 54 m; HE: h > 54 m. 2. Le aree dell’attività sono classificate come segue: TA: locali destinati ad attività didattica e spazi comuni; 162

Possiamo quindi schematizzare la classificazione delle attività come : Tipologia Numero occupanti7 Quota dei piani

Aree dell’attività presenti

Scuola

TA, TM (interrato), TK (laboratori chimici e biologici) TT (laboratori informatici)

OC: 500 < n < 800

HB: 12 < h < 24 m

1.d. profili di rischio: La normativa rimanda al paragrafo G.3: “G.3.1 Definizione dei profili di rischio 1. Al fine di descrivere sinteticamente la tipologia di rischio di incendio dell’attività si definiscono le seguenti tipologie di profilo di rischio: Rvita: profilo di rischio relativo alla salvaguardia della vita umana; Rbeni: profilo di rischio relativo alla salvaguardia dei beni economici; Rambiente: profilo di rischio relativo alla tutela dell’ambiente. G.3.2 Profilo di rischio Rvita G.3.2.1 Determinazione 1. Il profilo di rischio Rvita è attribuito in relazione ai seguenti fattori: δocc: caratteristiche prevalenti degli occupanti; [...] δα: velocità caratteristica prevalente di crescita dell’incendio, riferita al tempo tα in secondi, impiegato dalla potenza termica per raggiungere il valore di 1000 kW. [...] Le tabelle G.3-1 e G.3-2 guidano il progettista nella selezione dei fattori δocc e δα. 2. Il progettista può selezionare il valore di tα anche ricorrendo ad una delle seguenti opzioni: a. dati pubblicati da fonti autorevoli e condivise, b. determinazione diretta della curva RHR (rate of heat release) relativa ai combustibili effettivamente presenti e nella configurazione in cui si trovano, secondo le indicazioni del capitolo M.2 o tramite misure presso laboratorio di prova, secondo protocolli sperimentali consolidati. [...] 3. Il valore di δα, valutato in assenza di sistemi di controllo dell’incendio, può essere ridotto di un livello se l’attività è servita da misure di controllo dell’incendio di livello di prestazione V (capitolo S.6). 4. Il valore di Rvita è determinato come combinazione di δocc e δα, come da tabella G.3-3. G.3.2.2 Profili di rischio Rvita per alcune tipologie di destinazione d’uso 1. In tabella G.3-4 si riporta un’indicazione, non esaustiva, sul profilo di rischio Rvita per le tipologie di destinazione d’uso (occupancy) più comuni. Qualora il progettista scelga valori diversi da quelli proposti, è tenuto a indicare le motivazioni della scelta nei documenti progettuali.”

7

Si veda il paragrafo 6.4.5 ‘Intervento Edilizio’


Immagine 7.4 Tabella G.3-3_Determinazione di Rvita  Immagine 7.2 Tabella G.3-1_Caratteristiche prevalenti degli occupanti

Immagine 7.5 Tabella G.3-4_Profilo di rischio Rvita per alcune tipologie di destinazione d’uso

Immagine 7.3 Tabella G.3-2_Velocità caratteristica prevalente di crescita dell’incendio

Per quanto riguarda invece il profilo di rischio dei beni, “L’attribuzione [...] è effettuata in funzione del carattere strategico dell’intera attività o degli ambiti che costituiscono l’attività, e dell’eventuale valore storico, culturale, architettonico o artistico delle stesse e dei beni in esse contenuti.”8 ed è dedotto dalla tabella G.3-5:

Immagine 7.6 Tabella G.3-5_Determinazione di Rbeni

Per quanto concerne invece il profilo di rischio ambiente, dalla normativa si evince come “il profilo di rischio Rambiente è ritenuto non significativo [...] nelle attività civili (es. strutture sanitarie, scolastiche, alberghiere, …)”.9 8

D.M. 03.08.2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo

2006, n. 139” §G.3.3 9

Ibidem

163


Possiamo quindi riassumere: Tipologia Numero occupanti10 Scuola

OC: 500 < n < 800

Quota dei piani

Aree dell’attività presenti

Rvita Rbeni

HB: 12 < h < 24 m

TA, TM (interrato), A2 TK (laboratori chimici e biologici) TT (laboratori informatici)

1

Rambiente

Nell’appendice E della norma UNI EN 1991-1-2 è presente la tabella S.2-10 ove sono riportate le densità di carico di incendio per diverse destinazioni d’uso: per le scuole vale come valore medio: qf = 285 MJ/m2. Le regole tecniche verticali (RTV) però indicano, al paragrafo V.7 ‘Attività scolastiche’ del D.M. 07.08.2017, che la classe di resistenza al fuoco non può essere inferiore a quanto previsto nella tabella riportata:

non significativo

1.e. strategie antincendio: I) reazione al fuoco “La reazione al fuoco è una misura antincendio di protezione passiva che esplica i suoi principali effetti nella fase iniziale dell’incendio, con l’obiettivo di limitare l’innesco dei materiali e la propagazione dell’incendio. Essa si riferisce al comportamento al fuoco dei materiali nelle effettive condizioni d’uso finali, con particolare riguardo al grado di partecipazione all’incendio che essi manifestano in condizioni standardizzate di prova.”11

Immagine 7.10 Tabella V.7-1 - Classe minima di resistenza al fuoco

Se ne deduce che per l’attività oggetto di studio, classificata come HB in base all’altezza tra i piani, è richiesta una resistenza al fuoco delle strutture pari ad almeno R60. III) compartimentazione “La finalità della compartimentazione è di limitare la propagazione dell’incendio e dei suoi effetti: a. verso altre attività, afferenti ad altro responsabile dell’attività o di diversa tipologia; b. all’interno della stessa attività. 2. La compartimentazione è realizzata mediante: a. compartimenti antincendio, ubicati all’interno della stessa opera da costruzione; b. interposizione di distanze di separazione, tra opere da costruzione o altri bersagli combustibili, anche ubicati in spazio a cielo libero.”13 Facendo sempre riferimento a quanto riportato al paragrafo V.7 ‘Attività scolastiche’ del D.M. 07.08.2017:

Immagine 7.7 Tabella S.1-1_Livelli di prestazione attribuibili agli ambiti dell’attività per la reazione al fuoco

Considerando un livello di prestazione III, medio, la normativa indica che si debbano utilizzare materiali compresi nel gruppo GM2: si rimanda alla normativa alle tabelle S.1-5, S.1-6, S.1-7, S.1-8 per la loro individuazione. II) resistenza al fuoco “La finalità della resistenza al fuoco è quella di garantire la capacità portante delle strutture in condizioni di incendio nonché la capacità di compartimentazione, per un tempo minimo necessario al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza di prevenzione incendi.”12 Immagine 7.11 Tabella V.7-2 - Compartimentazione

si impiegano elementi a tenuta di fumo per la realizzazione dei compartimenti antincendio nella zona dei collegamenti verticali. IV) esodo Si veda, a tal proposito, quanto descritto al paragrafo 6.3.1 ‘Vie di uscita’ e 6.3.2 ‘Scala antincendio’. Immagine7.8 TabellaS.2-1_Livellidiprestazioneattribuibilialleoperedacostruzioneperlaresistenzaalfuoco

Per il livello di prestazione III, la normativa indica una tabella di classe minima di resistenza al fuoco che la struttura deve garantire in base al carico di incendio specifico previsto:

Immagine 7.9 Tabella S.2-3_Classe minima di resistenza al fuoco

V) gestione della sicurezza antincendio “La gestione della sicurezza antincendio (GSA) rappresenta la misura antincendio organizzativa e gestionale dell’attività atta a garantirne, nel tempo, un adeguato livello di sicurezza in caso di incendio.”14 Il livello di prestazione da conseguire è determinato come indicato in Immagine 7.12. Ne consegue che il livello I prevede la “Gestione della sicurezza antincendio per il mantenimento delle condizioni di esercizio e di risposta all’emergenza”15 a cui corrispondono le soluzioni progettuali riportate in Immagine 7.13. VI) controllo dell’incendio Secondo quanti riportato nel paragrafo V.7.4.5 del D.M. 07.08.2017, “Le aree dell’attività devono essere dotate di misure di controllo dell’incendio (Capitolo S.6) secondo i livelli di prestazione previsti in tabella V.7-3.” (Immagine 7.14). Il livello di prestazione III prevede che siano rispettate le prescrizioni del livello di prestazione II ed inoltre deve essere installata una rete idranti (RI). Al paragrafo S.6.6 vengono descritti gli estintori d’incendio e dimensionati secondo il profilo di rischio di vita Rvita (Immagine 7.15): rientrando nel profilo A2, si utilizzano estintori di classe A.

10

Si veda il paragrafo 6.4.5 ‘Intervento Edilizio’

13

D.M. 03.08.2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo

11

D.M. 03.08.2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo

2006, n. 139” §S.3

2006, n. 139” §S.1

14

Ivi §5.1

12

15

Ivi §5.2

164

Ivi §S.2


Mentre per quanto riguarda la rete di idranti, al paragrafo S.6.8, vengono descritte le caratteristiche della rete di idranti: essa è costituita da un sistema di tubazioni per l’alimentazione idrica di uno o più apparecchi di erogazione. Per la protezione interna delle attività civili come le scuole, è preferibile l’installazione di naspi, che di idranti a muro. VII) rivelazione ed allarme “Gli impianti di rivelazione incendio e segnalazione allarme incendi (IRAI) sono realizzati con l’obiettivo di sorvegliare gli ambiti di una attività, rivelare precocemente un incendio e diffondere l’allarme al fine di: a. attivare le misure protettive (es. impianti automatici di inibizione, controllo o estinzione, ripristino della compartimentazione,

Immagine 7.12 Tabella S.5-2_Criteri di attribuzione dei livelli di prestazione  Immagine 7.16 Tabella V.7-6 - Livelli di prestazione per rivelazione ed allarme

evacuazione di fumi e calore, controllo o arresto di impianti tecnologici di servizio e di processo, …);

Immagine 7.17 Tabella S.7-1_Livelli di prestazione attribuibili agli ambiti dell’attività per la rivelazione e l'allarme

Immagine 7.13 Tabella S.5-3_Soluzioni conformi per il livello di prestazione I

Immagine 7.14 Tabella V.7-3 - Livello di prestazione per controllo dell'incendio

b. attivare le misure gestionali (es. piano e procedure di emergenza e di esodo, …) progettate e programmate in relazione all’incendio rivelato ed all’ambito ove tale principio di incendio si è sviluppato rispetto all’intera attività sorvegliata.”16 “L’attività deve essere dotata di misure di rivelazione ed allarme (Capitolo S.7) secondo i livelli di prestazione di cui alla tabella V.7-6.”17 Per il livello di prestazione III quindi è necessario adottare le seguenti misure: VIII) controllo di fumi e calore “1. La presente misura antincendio ha come scopo l’individuazione dei presidi antincendio da installare nell’attività per consentire il controllo, l’evacuazione o lo smaltimento dei prodotti della combustione in caso di incendio. 2. In generale, la misura antincendio di cui al presente capitolo si attua attraverso la realizzazione di: a. aperture di smaltimento di fumo e calore d’emergenza del paragrafo S.8.5; b. sistemi di ventilazione orizzontale forzata del fumo e del calore (SVOF) di cui al paragrafo S.8.6; c. sistemi per l’evacuazione di fumo e calore (SEFC) descritti al paragrafo S.8.7.”18 IX) operatività antincendio “L’operatività antincendio ha lo scopo di agevolare l’efficace conduzione di interventi di soccorso dei Vigili del fuoco in tutte le attività.”19 Per le specifiche si rimanda alla normativa.

16

D.M. 03.08.2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo

2006, n. 139” §S.7.1 17

D.M. 07.08.2017 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo

2006, n. 139” §V.7 Immagine 7.15 Tabella S.6-5: Criteri per l’installazione degli estintori di classe A

18

D.M. 03.08.2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo

2006, n. 139” §S.8.1 19

Ivi §S.9.1 165


X) Sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio “Ai fini della sicurezza antincendio devono essere considerati almeno i seguenti impianti tecnologici e di servizio: a. produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica; b. protezione contro le scariche atmosferiche; c. sollevamento o trasporto di cose e persone; d. deposito, trasporto, distribuzione e utilizzazione di solidi, liquidi e gas combustibili, infiammabili e comburenti; e. riscaldamento, climatizzazione, condizionamento e refrigerazione, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione, e di ventilazione ed aerazione dei locali. 2. Per gli impianti tecnologici e di servizio inseriti nei processi produttivi dell’attività il progettista effettua la valutazione del rischio di incendio e prevede adeguate misure antincendio di tipo preventivo, protettivo e gestionale. Tali misure devono essere in accordo con gli obiettivi di sicurezza riportati al paragrafo S.10.5.”20

Allo stato di fatto il numero di moduli di uscita delle scale che servono i piani fuori terra è pari a 2 relativi alla scala interna e all’ingresso principale, perciò inferiore a quello minimo necessario da progetto per l’evacuazione. Risulta quindi necessario aggiungere una scala di sicurezza esterna con rampe larghe almeno due moduli ovvero 1,20 m oppure ridurre il numero di utenti previsti e aprire al piano terra in corrispondenza delle aule didattiche delle uscite di sicurezza verso l’esterno. Come richiesto dalla normativa antincendio, le rampe non prevedono restringimenti e non presentano più di quindici gradini. Lo schema sotto riportato mostra come la larghezza delle vie d’uscita sia rispettata ad ogni piano dell’edificio:

Max affollamento24

Piano Terra

Vie di uscita

La normativa antincendio detta delle precise regole per il dimensionamento del sistema delle vie d’uscita, più restrittive rispetto al D.M. 03.08.2015, lo si preferisce quindi, a fattor di sicurezza. “Ogni scuola, deve essere provvista di un sistema organizzato di vie di uscita dimensionato in base al massimo affollamento ipotizzabile in funzione della capacità di deflusso ed essere dotata di almeno 2 uscite verso luogo sicuro. Gli spazi frequentati dagli alunni o dal personale docente e non docente, qualora distribuiti su più piani, devono essere dotati, oltre che della scala che serve al normale afflusso, almeno di una scala di sicurezza esterna o di una scala a prova di fumo o a prova di fumo interna. La larghezza delle vie di uscita deve essere multipla, del modulo di uscita e non inferiore a due moduli (m 1,20). La misurazione della larghezza delle singole uscite va eseguita nel punto più stretto della luce. Anche le porte dei locali frequentati dagli studenti devono avere, singolarmente, larghezza non inferiore a m 1,20.”21 Al punto 5.5 del D.M. del 26.08.1992 “Larghezza totale delle uscite di ogni piano” si specifica che “La larghezza totale delle uscite di ogni piano è determinata dal rapporto fra il massimo affollamento ipotizzabile e la capacità di deflusso.” Quindi la larghezza delle vie d’uscita (porte che immettono all’esterno o scale) per l’edificio in esame viene calcolata come: dove

• • •

L indica la larghezza della via d’uscita misurata in moduli (approssimati per eccesso)22; Amax rappresenta il massimo affollamento ipotizzabile; C rappresenta la capacità di deflusso, ovvero il numero massimo di persone che, in un sistema di vie d’uscita, si assume possa defluire attraverso una uscita di “modulo uno” (posta pari a 60 persone per unità di modulo per tutti i piani negli edifici scolastici). Il piano con maggior affollamento risulta essere il piano terra con 269 utenti, quindi per il regolare deflusso servirebbero: L = Amax / C= 269 / 60 = 4.5 ~ 5 moduli Il numero delle uscite dai singoli piani dell’edificio non deve essere inferiore a due. Esse vanno poste in punti ragionevolmente contrapposti. [...] Le aule didattiche devono essere servite da una porta ogni 50 persone presenti; le porte devono avere larghezza almeno di 1,20 ed aprirsi nel senso dell’esodo quando il numero massimo di persone presenti nell’aula sia superiore a 25 e per le aule di esercitazione dove si depositano e/o manipolano sostanze infiammabili o esplosive quando il numero di persone presenti sia superiore a 5.23 20

269

N° moduli N° moduli presenti necessari da progetto 5

8

60

Immagine 7.18 Tabella S.10-1_Livelli di prestazione attribuibili alle attività per la sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio

6.3.1

Capacità di deflusso

Piano Primo

171

3

4

Piano Secondo

55

1

4

Piano Terzo

81

2

4

25

Descrizione (2) ingresso principale (2) scala antincendio (2) rampa laterale (2) aula A (2) scala interna (2) scala antincendio

Per quanto riguarda invece la lunghezza dei percorsi, al paragrafo 5.4 si indica come “La lunghezza delle vie di uscita deve essere non superiore a 60 metri e deve essere misurata dal luogo sicuro alla porta più vicina allo stesso di ogni locale frequentato dagli studenti o dal personale docente e non docente.”

6.3.2

Scala antincendio

Assodato che l’edificio non sia ancora sottoposto a tutela in quanto costruito nel 1963, ma presenti un notevole pregio nei rivestimenti esterni e, vista la disposizione, si sceglie di porre la scala antincendio sul retro dell’edificio anche per la sua funzionalità e contrapposizione rispetto alla scala principale e al luogo sicuro a cui essa dirige per poter dividere gli utenti in due gruppi. Anche se la normativa italiana non parla esplicitamente di scale antincendio, con questo termine nel linguaggio comune ci si riferisce solitamente a tre tipologie di scale: scale di sicurezza esterne, scale protette e scale a prova di fumo (D.M. 30 novembre 1983). Poiché non è possibile inserire un’altra tipologia di scala all’interno dell’edificio, si opta per una scala di sicurezza esterna, generalmente realizzata con elementi metallici prefabbricati saldamente ancorati alle strutture perimetrali ma non deve essere utilizzate nella normale fruizione dell’edificio. Il D.M 3 agosto 2015 “Codice di Prevenzione Incendi” alla sezione S descrive la strategia antincendio, in particolare: “S.4.5.3.3 Via d’esodo esterna 1. Le scale d’esodo esterne ed i percorsi esterni devono essere completamente esterni all’attività. […] 2. Si ritengono soddisfatte le condizioni del comma 1 applicando almeno uno dei criteri di cui alla tabella S.4-5. 3. […] 4. Le scale d’esodo esterne devono condurre in luogo sicuro direttamente o tramite percorso d’esodo a prova di fumo o via d’esodo esterna” Vista la struttura portante esistente in calcestruzzo armato e i tamponamenti costituiti da, partendo dal lato esterno, una lastra in marmo di 3.5 cm (o una lastra di mattone faccia vista dello stesso spessore nel caso di tamponamento sottofinestra), una fila di mattoni pieni di spessore 14 cm, un’intercapedine di spessore variabile a seconda della posizione in cui ci si trova, un’ulteriore fila di mattoni in folio di 6 cm di spessore e un intonaco interno di 2 cm, visto il D.M. 03.08.2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139” al paragrafo S.2 indica la possibilità di classificazione della resistenza al fuoco in base a confronti con tabelle, è possibile affermare che la classe EI 30 è sicuramente soddisfatta negli spessori minimi. Rientriamo quindi nel Criterio 2 della Tabella S. 4-5 DM 3 agosto 2015.

D.M. 03.08.2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo

2006, n. 139” §S.10.1 21

D.M. del 26.08.1992 “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica” §5.2 e §5.3.

24

Si faccia riferimento a quanto descritto al paragrafo 6.4.5

22

Si ricorda che il modulo di uscita è l’unità di misura della larghezza delle uscite. Il «modulo uno», che si assume uguale a 0,60 metri,

25

Si ricorda come il D.M. 03.08.2015 al paragrafo S.4.8.1.1 prevede che: “Numero minimo di vie d’esodo indipendenti

esprime la larghezza media occupata da una persona.

1. Al fine di limitare la probabilità che l’esodo degli occupanti sia impedito dall’incendio, devono essere previste almeno due vie d’esodo

23

indipendenti”

166

D.M. del 26.08.1992 “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica” §5.6


6.4 Progetto architettonico Sono state prese in considerazione varie distribuzioni planimetriche per poter soddisfare tutte le richieste e, al netto dei passaggi interni e rispettando gli standard per il dimensionamento e la distribuzione interna delle postazioni nelle aule, lo spazio non è sufficiente ad ospitare tutti gli studenti previsti per le aule e i laboratori in quanto presenza di pilastri interni alle aule ne limita la visibilità e quindi si è preferito optare per soluzioni di maggior comfort a discapito del numero, così come per le aule studio e i laboratori.

6.4.1

Dimensionamento aule e laboratori

Al fine di determinare la capienza delle aule si è tenuto conto della possibile disposizione interna. In assenza di norme specifiche per le aule, si può fare riferimento a quanto riportato dalla normativa riguardante il pubblico spettacolo26.

6.4.1.1

Distribuzione dei posti a sedere

6.4.1.2

Sistemazione dei posti a sedere

“Nei locali con capienza non superiore a 150 posti è consentita una larghezza delle corsie di passaggio non inferiore a 0,9 m.”27

Immagine 7.19 Tabella S.2-40_Murature non portanti in blocchi di laterizio (Requisiti E, I, M)

“La distanza tra lo schienale di una fila di posti ed il corrispondente schienale della fila successiva deve essere di almeno di 0,8 m. La larghezza di ciascun posto deve essere almeno di 0,5 m con braccioli e di 0,45 m senza braccioli. Le sedie e le poltrone devono essere saldamente fissate al suolo ed avere sedile del tipo a ribaltamento automatico o per gravità. Quando la distanza tra gli schienali di file successive è di almeno 1,1 m è consentito che il sedile sia del tipo fisso.”28 Per quanto riguarda quindi le aule didattiche si è utilizzato il primo metro di riferimento per la progettazione che prevedere il sedile del tipo a ribaltamento con distanza tra ogni fila di almeno 0.80 m, mentre per quanto riguarda le aule studio e i laboratori si è fatto riferimento al secondo, adottando sedile di tipo fisso con distanza di almeno 1.10 m. Facendo riferimento ai “Quaderni del Manuale di Progettazione Edilizia - L’edilizia scolastica, universitaria e per la ricerca”, si è preso in considerazione anche: • il rapporto fra lunghezza e larghezza delle aule didattiche: 1.30 ÷ 1.70 • numero massimo di sedute per fila: 10

aule destinate a u numero di utenti 50 ÷ 100

12

aule destinate a u numero di utenti 100 ÷ 200

15

aule destinate a u numero di utenti 200 ÷ 300

Per il dimensionamento delle aule invece, poiché non possono essere determinate in maniera univoca tipologie e caratteristiche dimensionali degli spazi, si fa riferimento a un’articolazione di massima e alle soglie dimensionali minime e massime in Immagine 6.3: Articolazione di massima per aule per la didattica tipologia aule da 40 posti

superficie (m2)

Aule Attrezzate tipologia

65 ÷ 90

aule da 60 posti

20 90 ÷ 110 aule-laboratorio

aule da 90 posti

40 165 ÷ 200 60 230 ÷ 270

aule da 120 posti

110

aule da 150 posti

130

aule da 200 posti

superficie (m2)

20 95 ÷ 115 laboratori di calcolo

40 165 ÷ 190 60 230 ÷ 260

20 110 ÷ 120 aule per esercitazioni grafiche 40 180 ÷ 210 (disegno, progettazione) 60 260 ÷ 290

Immagine 7.20 Tabella S.4-5: Criteri per la realizzazione di vie d’esodo esterne orizzontali o verticali

26 D.M. 19 agosto 1996 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo” 27

Ivi §3.1

28

Ivi §3.2

167


Aule non attrezzate

Aule studio individuali

tipologia

superficie (m2)

aule da 6 posti

25

tipologia

superficie (m2)

20 persone 25 ÷ 30

aule da 10 posti

30 persone 35 ÷ 45

aule da 15 posti

40 ÷ 50

aule seminariali per gruppi di medie dimensioni (da 15 a 40 persone) e seminari-classe (40-80 persone) Il D.M. LL. PP. 18 dicembre 1975 “Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica, da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica” indica l’indice affollamento delle aule per attività normali (scuole superiori29) e lo pone pari a 1.96 m2/utente, comprendendo sia aule che laboratori. Si segue quindi i criteri nei grafici di Immagine 7.2130. Il primo grafico in alto si riferisce ad aule per lezioni teorico-esercitative generali, mentre il grafico in basso riguarda le aule non attrezzate. Possiamo riassumere in tabella: Aule didattiche

6.4.2

Aule non attrezzate

n° utenti

superficie per utente (m2/utente)

n° utenti

superficie per utente (m2/utente)

40

1.65 ÷ 2.16

6

3.90 ÷ 4.50

60

1.15 ÷ 1.82

10

3.20 ÷ 3.70

90

0.98 ÷ 1.50

15

2.85 ÷ 3.30

120

0.90 ÷ 0.93

160

0.84 ÷ 0.87

Dimensionamento uffici Uffici31 tipologia

superficie (m2)

Singolo

6.50

Per 2 persone

12.00

Per 3 persone

16.00

Per 4 persone

21.00

Immagine 7.21 Soglie dimensionali minime e massime per utente in rapporto al numero di posti per aula.

Per il nostro progetto consideriamo quindi:

6.4.3 superficie per utente (m2/utente)

Aule didattiche Aule studio individuali Laboratorio di informatica

3

Laboratorio fotografico

4.5

Laboratorio sartoriale

4.5

Laboratorio biologia

4.5

Laboratorio chimica

4.5

Studi docenti Uffici personale

29

1.3

5.25 ÷ 6.50 (da quattro a una persona)

Nel D.M. LL. PP. 18 dicembre 1975 vengono indicati gli indici standard di superficie netta, nelle tabella 8 e seguenti, per liceo

classico, scientifico, istituto magistrale, tecnico, per geometri. 30

L’ edilizia scolastica, universitaria e per la ricerca. Quaderni del manuale di progettazione edilizia, di M. Zaffagnini (a cura di), Hoepli,

Milano 2006 31

L’ edilizia scolastica, universitaria e per la ricerca. Quaderni del manuale di progettazione edilizia di M. Zaffagnini (a cura di), Hoepli,

Milano 2006

168

Spazi per la distribuzione e spazi per i servizi igienico-sanitari

La normativa del 1975 sugli edifici scolastici indica come, in ogni tipo di scuola, gli spazi per la distribuzione che assumono sia la funzione di collegamento tra gli spazi che di via di fuga e di disimpegno di locali ad uso degli allievi, “essi dovranno avere larghezza non inferiore a 2 m.” Per quanto riguarda la distribuzione verticale, invece, la normativa indica come “in edifici a più piani dovrà essere assicurata da almeno una scala normale e da una scala di sicurezza, posta all’esterno dell’edificio.” La scala interna presente nell’edificio e l’ascensore di fattura successiva soddisfano quanto indicato al paragrafo 3.8.1 e al paragrafo 3.8.2 della suddetta normativa. Al fine di stabilire il numero dei servizi igienici occorre tener presente necessariamente il numero di persone che frequentano la struttura e il tempo di permanenza. Per l’edilizia scolastica il numero di vasi per gli studenti deve essere di 1 ogni classe (25 alunni). Dimensionandoli quindi per il piano terra, quello con affollamento maggiore (269 utenti), l’edificio necessiterà di 11 wc, ma poiché i piani superiori hanno affollamenti nettamente minori, possiamo pensare a una distribuzione dei servizi igienici uguale per i vari piani terra, primo e secondo: avremo quindi 4 wc divisi per sesso più un bagno per disabili ad ogni piano, per un totale di 6 bagni per donne, 6 per uomini e 3 per disabili. Al terzo piano invece si sono creati due spogliatoi, divisi per sesso, a servizio dei laboratori.


6.4.4

Intervento edilizio

Le modifiche distributive necessarie a soddisfare le richieste progettuali, richiedono la realizzazione di nuovi elementi divisori interni, pertanto nella loro progettazione si è prestata attenzione alle normative antincendio scegliendo materiali con caratteristiche di resistenza al fuoco. In particolare le pareti divisorie di progetto sono realizzate mediante lastre di cartongesso REI 60 nella cui intercapedine è posto uno strato di lana di legno, che permette inoltre isolamento termico e acustico. Le porte di accesso alle aule sono dimensionate in base al numero di utenti previsti per ogni ambiente seguendo le indicazioni dettate dalla normativa antincendio e sono tutte porte tagliafuoco REI 60. L’aula A al piano terra prevede, oltre alle normali porte di accesso interne, una apertura che conduce direttamente all’esterno sul retro. Ciò non è stato possibile per l’aula B al piano terreno perché vi è un dislivello tra l’interno e l’esterno tale da essere necessari alcuni gradini, ma ciò andrebbe a tagliare la rampa di accesso sia pedonale che per le auto poste sul lato sud-ovest che peraltro risulta piuttosto stretto. Poiché gli interventi strutturali sono puntuali, non è necessario rimuovere il controsoffitto e pure i pavimenti galleggianti che creano numerosi dislivelli interni vengono mantenuti poiché già attualmente sono tutti previsti di rampe e non gradini A fine capitolo si riportano le tavole comparative “gialli- rossi” al fine di ricapitolare gli interventi edilizi previsti, guidati dal principio del “minimo intervento”.

mq

Quantità

N° POSTI max

min 6.50 mq

10

10

Doc Per 2 persone T.A. Per 3 persone

min 12 mq

13

26

min 14 mq

7

21

Per 4 persone

min 21 mq

2

8

Sala Riunioni

18.86

1

15

TIPI DI UFFICI Singolo

TOT UTENTI

80

Seguendo questi dimensionamenti teorici, si ha quindi un affollamento massimo per l’intero edificio di 633 persone ma, valutando caso per caso ogni spazio, si è visto come la conformazione dell’edificio, l’impianto strutturale e i requisiti antincendio vadano a ridimensionare ogni spazio. Si è inserita al piano terra anche una zona break e si sfruttato un piccolo angolo per inserirvi una zona stampe32. Si riportano in tabella i vari affollamenti di progetto:

Di seguito l’analisi dimensionale delle nuove aule e laboratori con il relativo numero massimo di capienza:

PROGETTO

TIPO DI AULA

QUANTITA' POSTI AFFOLLAMENTI

Piano -1 TIPO DI AULA

mq

N° POSTI max

A

1

91

A

137.38

106

B

1

53

B

91.55

70

C1

1

24

C1

34.63

27

C2

1

25

C2

32.54

25

C3

1

32

C3

44.13

34

C4

1

44

PT

P1

Piano Terra

C4

57.61

44

A

1

91

A

137.38

106

Coworking 1

1

11

Coworking 1

15.67

12

Coworking 2

1

13

Coworking 2

19.8

15

L. Informatico 1

1

18

Piano I L. Informatico 2

1

18

L. Sartoriale

1

8

L. Fotografico

1

6

TOT UTENTI TIPO DI LABORATORI

439 mq

N° POSTI max

Fotografico

25.98

6

Uffici 1 persona

2

2

Informatico 1

52.87

18

Uffici 2 persone

2

4

Informatico 2

56.03

19

Uffici 1 persona

4

4

Sartoriale

38.16

8

Uffici 2 persone

4

8

Analisi Proteine

14.17

3

Uffici 3 persone

6

21

Citofluometria

15.76

4

Uffici 4 persone

7

8

7.6

2

Direzione ta 1 p.

4

4

Biologia Molecolare 1

17.25

4

Direzione ta 2 pp.

5

10

Biologia Molecolare 2

20.81

5

Uffici 2 persone

2

4

Colture Cellulari 1

27.03

6

Sala Riunioni

1

15

Colture Cellulari 2

16.67

4

Microbiologia

18.23

4

Tecnologia Farmaceutica 1

21.32

5

Tecnologia Farmaceutica 2

30.73

7

Chimica Farmaceutica 1

38.97

9

Chimica Farmaceutica 2

31.95

7

Vegetale

20.18

4

Microscopia

TOT UTENTI

Piano II

Piano III

Laboratori di chimica e biologia TOT UTENTI

TOT P0

269

TOT P1

171

TOT P2

55

TOT P3

83

64

577

113 32

Si ricorda come secondo il Manuale di Progettazione Edilizia di Hoepli, lo spazio necessario per ogni macchina fotocopiatrice è di

3÷5 m . 2

169


Immagine 7.22 Pianta piano interrato: in giallo i depositi, in grigio i locali tecnici. Elaborazione personale.

Immagine 7.23 Pianta piano terra: in rosa l’aula da 91 posti, in arancione l’aula di lezione da 53 posti, in rosso le aule studio, in viola l’area break, in grigio l’area stampe e in azzurro i servizi. Elaborazione personale.

170

Immagine 7.24 Pianta piano primo: in rosa l’aula da 91 posti, in rosso le aule coworking, in blu i laboratori informatici, in arancione quello fotografico e in ocra quello sartoriale, in marrone gli uffici/studi docenti, in azzurro i servizi. Elaborazione personale.

Immagine 7.25 Pianta piano secondo: in marrone gli uffici/studi docenti, in azzurro i servizi. Elaborazione personale.


Immagine 7.26 Pianta piano terzo: in marrone gli uffici/studi docenti, in verde i laboratori di chimica e biologia, in viola la sala riunioni, in blu gli spogliatoi. Elaborazione personale.

6.4.5

Interventi esterni

Un importante intervento che va a modificare i prospetti esterni è quello di posizionamento della scala antincendio, necessaria al fine di soddisfare le richieste delle normative antincendio. Viene collocata sul retro dell’edificio al fine di non apportare modifiche al prospetto principale. L’inserimento della nuova scala comporta il cambiamento degli infissi nella porzione di interesse, nello specifico viene inserita la porta e ripristinata parte della vetrata. Poiché il prospetto viene in larga parte disegnato dalla distribuzione interna, nello studio di quest’ultima si è valutato in modo particolare la disposizione per non modificare i prospetti, mantenendo quindi, ove possibile, l’attuale conformazione.

171


1 5m

Tavola comparativa demolito-costruito - Piano Interrato

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1A

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


1 5m

Tavola comparativa demolito-costruito - Piano Terra

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1B

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


1 5m

Tavola comparativa demolito-costruito - Piano Primo

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1C

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


1 5m

Tavola comparativa demolito-costruito - Piano Secondo

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1D

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


1 5m

Tavola comparativa demolito-costruito - Piano Terzo

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1E

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


120 210

124 215

340 68

341 68

130 61

88 198

60 200

109 215

Locale Tecnico

120 210

120 210

Deposito

Deposito

5m Deposito

85 200

120 210

120 210

Deposito

Centrale Elettrica 80 210 340 33,8

Deposito Deposito

120 210

342 50

120 210

341 70

Deposito

341 89

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Tavola comparativa Progetto architettonico demolito-costruito - Piano Interrato - Piano Interrato

121 200

65 118

Deposito

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

127 215 118 200

77 210

Deposito

198 81

198 81

198 81

198 81

198 81

198 81

Locale Tecnico

172 90

1

343 90

0

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

174 81

64 81

198 81

198 81

198 81

198 81

198 81

198 81

198 81

1A 2A

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


120 200 125 81

72 200

160 215

340 162

90 200

58 162

67 212 105 162

305 162

72 200

WC Donne

120 162

149 200

Area Stampe 141 162

Aula Studio 1 Break

Aula Studio 3

352 162

352 162

5m 169 162

145 215 167 162

340 162

342 162

Aula B

223 162

120 200 340 162

Aula Studio 4

120 200

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Progetto architettonico - Piano Terra

114 64

120 200

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

120 200

120 200

71 200

71 200

60 162

59 162

59 162

59 162

59 162

71 200

360 162

350 162

164 162

85 162

158 162

161 162

161 162

161 162

60 162

120 220

120 220

161 162

161 162

71 200

Aula Studio 2

350 162

84 162

117 227

220 227

120 200

Aula A

110 235

120 235

84 162

350 162

149 162

149 162

150 162

150 162

150 162

150 162

120 200

WC Uomini

172 162

1

343 162

0 151 162

156 162

185 162

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

2B

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

WCH 60 162


60 162

59 162

59 162

59 162 71 200

59 162

60 162 71 200

350 162

340 162

153 162

60 162

105 162

58 162

305 162

72 200

120 200

Aula A

120 162

138 162

82 200

60 200

120 200

81 210

Coworking 1

Laboratorio Sartoria

Coworking 2

145 162

95 162 146 215

205 162

350 162

350 162

220 162

84 162

340 162

340 162

340 162

150 162

148 162

151 162

156 162

82 200

145 215

340 162

Progetto architettonico - Piano Primo

71 200 72 200

WC Donne

60 162

340 162

Laboratorio Fotografia

120 200

Laboratorio Informatica 1 340 162

Studio Docenti 82 200

81 200

82 200

342 162

82 200

Studio Docenti

Studio Docenti

82 200

218 162

82 200

Studio Docenti

81 200

172 162

5m

343 162

1

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Ripostiglio

121 162

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

82 200

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

120 200

WCH

WC Uomini

90 200

Laboratorio Informatica 2 120 200

71 200

120 200

148 162

187 162

339 162

342 162

339 162

2C

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


60 162

59 162

59 162

59 162 71 200

59 162

60 162 71 200

350 162

340 162

153 162

148 162

WC Donne

71 200

60 162

81 200

81 200

83 162

60 162

92 210

92 210

60 200

60 200

81 200

Studio Docenti

Studio Docenti

215 162

60 200

60 162

60 200

60 200

82 200

Ripostiglio

58 162

82 200

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

103 162

60 200

81 200

60 162

60 200

Studio Docenti 60 162

146 215

Studio Docenti

145 215

60 200

103 162

Studio Docenti

120 200

350 162

350 162

340 162

340 162

215 162

84 162

151 162

148 162

216 162

100 162

350 162

103 162

103 162

82 200 215 162

Studio Amministrativo 103 162

Studio Amministrativo

60 200 95 162

103 162

Studio Amministrativo 190 162

103 162

82 200

Studio Amministrativo

130 162

103 162

82 200

Studio Amministrativo 75 162

103 162

102 162

82 200

Studio Amministrativo 104 162 230 162

Studio Amministrativo 92 200

82 200

102 162

92 200

82 200

Studio Amministrativo

172 162

5m

343 162

1

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Studio Amministrativo

350 162

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

72 200

Progetto architettonico - Piano Secondo

Studio Docenti

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Studio Docenti

105 162

Studio Docenti

305 162

82 200

Studio Docenti

90 200

Studio Docenti

WCH

WC Uomini

72 200

Studio Docenti

60 200

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Studio Docenti

71 200

120 220

150 162

216 162

84 162

340 162

340 162

2D

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


2E 60 162

59 162

59 162

59 162

59 162

60 162

350 162

153 162

148 162

153 162

148 162 120 200

150 162

340 162

340 162

340 162

105 162

305 162

58 162 60 200

82 210

82 200

82 210

60 162

82 210

80 210

82 210

Spogliatoio Donne 60 200

Lavanderia

82 210

82 210

82 210

82 210

82 210

82 210

350 162

92 200

92 200

Ufficio Biologia Microbiologia

Analisi Proteine

Colture Cellulari 2

Locale Frigoriferi

Sala Riunioni

Biologia Molecolare 1

95 162

Ufficio Chimica

146 215 145 215

350 162

350 162

340 162

85 162

217 162

340 162

340 162

340 162

350 162

205 162

340 162

340 162

92 200 190 162

130 162

Tecnologia Farmaceutica 1 Locale Bilance

82 200

Chimica Farmaceutica 1

82 200

92 200

82 200

340 162

340 162

Chimica Farmaceutica 2

Tecnologia Farmaceutica 2

340 162

201 162

82 200

5m

172 162

1

343 162

0

Progetto architettonico - Piano Terzo

60 200

60 200

60 162

Spogliatoio Uomini

Strumenti Rumorosi

129 162

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

60 162

60 200

Vegetale

Biologia Molecolare 2

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Microscopia

Colture Cellulari 1

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Citofluometria

71 200

60 200

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VER


0 1 5m

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

B

Progetto architettonico - Copertura

B

A

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

ONE PER STUDENTI REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

2F

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

A


1739

1591 1591

1210

140

5

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

840

Progetto architettonico - Prospetto anteriore

1739

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

1:100

3A

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1739

1591 1591

456

147

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Progetto architettonico - Prospetto lato Nord-Est

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1739

1:100

3B


1591 1591

1210 1214

1044

840

534

364

140 147

Progetto architettonico - Prospetto posteriore

1739

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

1739

874

704

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1:100

3C

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


1591 1591

140

5

Progetto architettonico - Prospetto lato Sud-Est

1739

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

1739

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1:100

3D

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


Griglia

46

10.0000

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

147

Bocca di lupo

Muratura in folio

Intercapedine cavo

Muratura a una testa

Colla 1.5 cm

Rivestimento in laterizio 2 cm

Davanzale in marmo 2 cm Mensola in cls

Infisso

Cassonetto serranda

10.0000

99.3003

64.8202

1:50

Infisso a vasistas

Soletta 4 cm Pignatte 20 cm Intonaco 2 cm

Pavimento 2 cm Massetto 3 cm

Progetto architettonico - Sezione trasversale A-A

98.7168

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

310 30 310 30 310 30 310 30 310

164 100

24

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

4A

73

194

534

874

1214

1591

1739

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

309.99

30

310

Progetto architettonico - Sezione longiturinale B-B

840

140

5

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1:50

4B

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

1210


Deposito

Locale Tecnico

Deposito

Deposito

Deposito

Deposito Deposito

LEGENDA Vie di uscita Direzione di fuga Uscita di sicurezza

Deposito

Estintore

Deposito

Punto di raccolta

Deposito

1

5m

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Centrale Elettrica

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Locale Tecnico

Planimetria di emergenza - Piano Interrato

6A

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


6B

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

WCH WC Uomini

Aula Studio 2

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Area Stampe

Aula Studio 1

Break

Aula Studio 4

LEGENDA Vie di uscita Direzione di fuga Aula B

Uscita di sicurezza

Estintore Punto di raccolta 1

5m

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Aula Studio 3

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Aula A

Planimetria di emergenza - Piano Terra

WC Donne


6C

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

WCH Laboratorio Informatica 2

Aula A

Laboratorio Sartoria

Coworking 1

Coworking 2

Laboratorio Informatica 1

LEGENDA Vie di uscita Studio Docenti

Direzione di fuga Uscita di sicurezza

Estintore

Studio Docenti

Punto di raccolta Studio Docenti

1

Studio Docenti

5m

Ripostiglio

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Laboratorio Fotografia

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

WC Donne

Planimetria di emergenza - Piano Primo

WC Uomini


6D

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

WC Donne

Ripostiglio

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti

Studio Docenti Studio Docenti

Studio Amministrativo

Studio Amministrativo

LEGENDA

Studio Amministrativo

Vie di uscita Studio Amministrativo

Direzione di fuga Uscita di sicurezza

Estintore

Studio Amministrativo

Studio Amministrativo

Punto di raccolta

Studio Amministrativo

1

5m

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Studio Amministrativo

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Studio Amministrativo

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Studio Docenti

Planimetria di emergenza - Piano Secondo

WCH WC Uomini


Citofluometria

Colture Cellulari 1

Microscopia

Vegetale

Biologia Molecolare 2

Spogliatoio Uomini

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Lavanderia Sala Riunioni

Citofluometria

Microbiologia

Colture Cellulari 2

Locale Frigoriferi

Biologia Molecolare 1

Ufficio Biologia Ufficio Chimica

Chimica Farmaceutica 1

LEGENDA Vie di uscita

Locale Bilance

Direzione di fuga Uscita di sicurezza Tecnologia Farmaceutica 2

Estintore

Chimica Farmaceutica 2

Punto di raccolta

1

5m

Strumenti Rumorosi

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

0

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

Tecnologia Farmaceutica 1

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

Spogliatoio Donne

Planimetria di emergenza - Piano Terzo

6E

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


7. Rinforzo Strutturale


Al paragrafo 8.4, le Norme tecniche 2018 individuano tre tipologie di intervento da potersi eseguire sulle costruzioni esistenti: “- interventi di riparazione o locali: interventi che interessino singoli elementi strutturali e che, comunque, non riducano le condizioni di sicurezza preesistenti; - interventi di miglioramento: interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente, senza necessariamente raggiungere i livelli di sicurezza fissati al § 8.4.3; - interventi di adeguamento: interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente, conseguendo i livelli di sicurezza fissati al § 8.4.3. Solo gli interventi di miglioramento ed adeguamento sono sottoposti a collaudo statico.”

7.1 Riferimenti normativi

• •

Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”; Circolare applicativa “Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 21 gennaio 2019, n° 7 - Istruzioni per l’applicazione dell’«Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”» di cui al decreto ministeriale 17 gennaio 2018”.

7.2 Considerazioni generali Il tema delle costruzioni esistenti è affrontato al capitolo 8 delle nuove Norme tecniche per le Costruzioni (D.M. 17 gennaio 2018) dove vengono largamente descritti e indicati i criteri generali per la valutazione della sicurezza e per la progettazione, esecuzione e collaudo degli interventi sugli edifici esistenti. La valutazione della sicurezza di un edificio esistente è un procedimento volto a determinare il grado di sopportazione della struttura stessa rispetto al livello di sicurezza minimo richiesto dalla normativa vigente. Questa valutazione permette di stabilire se la costruzione, allo stato attuale, possa continuare ad essere utilizzata senza eseguire interventi su di essa oppure sia necessario aumentarne la sicurezza strutturale attraverso l’esecuzione di interventi mirati. Poiché, nel caso in esame, si ha un cambio della destinazione d’uso della costruzione, dovendo inserire anche aule universitarie che fanno sì che si abbia un notevole incremento dei carichi, è necessario eseguire la valutazione della sicurezza. Al capitolo 8.3 la normativa specifica inoltre: “Qualora sia necessario effettuare la valutazione della sicurezza della costruzione, la verifica del sistema di fondazione è obbligatoria solo se sussistono condizioni che possano dare luogo a fenomeni di instabilità globale o se si verifica una delle seguenti condizioni: - nella costruzione siano presenti importanti dissesti attribuibili a cedimenti delle fondazioni o dissesti della stessa natura si siano prodotti nel passato; - siano possibili fenomeni di ribaltamento e/o scorrimento della costruzione per effetto: di condizioni morfologiche sfavorevoli, di modificazioni apportate al profilo del terreno in prossimità delle fondazioni, delle azioni sismiche di progetto; - siano possibili fenomeni di liquefazione del terreno di fondazione dovuti alle azioni sismiche di progetto.” Quindi poiché nessuna delle tre condizioni si verifica, la fondazione non è stata oggetto di studio. Allo stesso paragrafo, la normativa continua specificando il tipo di verifica da effettuare: “La valutazione della sicurezza e la progettazione degli interventi sulle costruzioni esistenti potranno essere eseguite con riferimento ai soli SLU, salvo che per le costruzioni in classe d’uso IV, per le quali sono richieste anche le verifiche agli SLE [...]. Per la combinazione sismica le verifiche agli SLU possono essere eseguite rispetto alla condizione di salvaguardia della vita umana (SLV) o, in alternativa, alla condizione di collasso (SLC) [...]. Nelle verifiche rispetto alle azioni sismiche il livello di sicurezza della costruzione è quantificato attraverso il rapporto ζE tra l’azione sismica massima sopportabile dalla struttura e l’azione sismica massima che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione”.

Al paragrafo 8.4.3 la normativa elenca i casi a seguito dei quali sia necessario un intervento di adeguamento: “L’intervento di adeguamento della costruzione è obbligatorio quando si intenda: a) sopraelevare la costruzione; b) ampliare la costruzione mediante opere ad essa strutturalmente connesse e tali da alterarne significativamente la risposta; c) apportare variazioni di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali verticali in fondazione superiori al 10% [...]; d) effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un sistema strutturale diverso dal precedente; nel caso degli edifici, effettuare interventi strutturali che trasformano il sistema strutturale mediante l’impiego di nuovi elementi verticali portanti su cui grava almeno il 50% dei carichi gravitazionali complessivi riferiti ai singoli piani. e) apportare modifiche di classe d’uso che conducano a costruzioni di classe III ad uso scolastico o di classe IV. In ogni caso, il progetto dovrà essere riferito all’intera costruzione e dovrà riportare le verifiche dell’intera struttura post-intervento, secondo le indicazioni del presente capitolo. Nei casi a), b) e d), per la verifica della struttura, si deve avere ζE ≥ 1,0. Nei casi c) ed e) si può assumere ζE ≥ 0,80.” Poiché allo stato attuale la classe d’uso risulta essere la III (“Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi”) e, nello stato di progetto si prevede la stessa classe d’uso, possiamo escludere la casistica di “intervento di adeguamento” non ricadendo nelle condizioni elencate in precedenza. “8.4.1. RIPARAZIONE O INTERVENTO LOCALE Gli interventi di questo tipo riguarderanno singole parti e/o elementi della struttura. Essi non debbono cambiare significativamente il comportamento globale della costruzione e sono volti a conseguire una o più delle seguenti finalità: - ripristinare, rispetto alla configurazione precedente al danno, le caratteristiche iniziali di elementi o parti danneggiate; - migliorare le caratteristiche di resistenza e/o di duttilità di elementi o parti, anche non danneggiati; - impedire meccanismi di collasso locale; - modificare un elemento o una porzione limitata della struttura; Il progetto e la valutazione della sicurezza potranno essere riferiti alle sole parti e/o elementi interessati, documentando le carenze strutturali riscontrate e dimostrando che, rispetto alla configurazione precedente al danno, al degrado o alla variante, non vengano prodotte sostanziali modifiche al comportamento delle altre parti e della struttura nel suo insieme e che gli interventi non comportino una riduzione dei livelli di sicurezza preesistenti. La relazione di cui al § 8.3 che, in questi casi, potrà essere limitata alle sole parti interessate dall’intervento e a quelle con esse interagenti, dovrà documentare le carenze strutturali riscontrate, risolte e/o persistenti, ed indicare le eventuali conseguenti limitazioni all’uso della costruzione. Nel caso di interventi di rafforzamento locale, volti a migliorare le caratteristiche meccaniche di elementi strutturali o a limitare la possibilità di meccanismi di collasso locale, è necessario valutare l’incremento del livello di sicurezza locale. 8.4.2. INTERVENTO DI MIGLIORAMENTO La valutazione della sicurezza e il progetto di intervento dovranno essere estesi a tutte le parti della struttura potenzialmente interessate da modifiche di comportamento, nonché alla struttura nel suo insieme.

218


Per la combinazione sismica delle azioni, il valore di ζE può essere minore dell’unità. A meno di specifiche situazioni relative ai beni culturali, per le costruzioni di classe III ad uso scolastico e di classe IV il valore di ζE, a seguito degli interventi di miglioramento, deve essere comunque non minore di 0,6, mentre per le rimanenti costruzioni di classe III e per quelle di classe II il valore di ζE, sempre a seguito degli interventi di miglioramento, deve essere incrementato di un valore comunque non minore di 0,1. Nel caso di interventi che prevedano l’impiego di sistemi di isolamento, per la verifica del sistema di isolamento, si deve avere almeno ζE = 1,0.”

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI DIMENSIONI DIMENSIONI (cm) (m)

ELEMENTO Pavimento

spessore

2

0.02

40

Massetto allettamento

spessore

3

0.03

55

Intonaco in malta di calce

spessore

1

0.01

122 TOTALE

G2

237

ANALISI DEI SOVRACCARICHI

7.3 Progetto di rinforzo strutturale Come si evince dai risultati riportati a seguito della modellazione strutturale svolta nel capitolo 5, le problematiche principali della struttura in esame riguardano: • la presenza di elementi non verificati a taglio e pressoflessione (Immagine 5.44 e Immagine 5.45), • la presenza di elementi che, anche se verificati, giungono al collasso con basse sollecitazioni1.

(kg/m)

G1

356

-

142.4

G2

237

Q

408

Pignatte

20x40x25 cm

800

64

Soletta calcestruzzo non armato

s=4 cm

2400

38.4

Travetti in calcestruzzo armato di sezione rettangolare

8x20 cm

2500

40

G1

142.4

TOTALE

94.8

0.40

899

163.2

TOTALE

400.4

Si procede al calcolo dell’armatura dei travetti come descritto nel paragrafo 3.3.3.1: M(A)=M(C)

0

kg*m

M(B)

1977.41

kg*m

M(D)

3397.59

kg*m

M(E)

2728.17

kg*m

M(F)=M(H)

0

kg*m

M(G)

1993.21

kg*m

M(I)

3455.07

kg*m

M(L)

2706.81

kg*m

La Lb

Lc Ld

ANALISI DEI CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI Peso unitario di volume PESO (kg/m) (kg/m3)3

408

interasse (m)

Per quanto riguarda l’intervento di rinforzo sui solai, si va a lavorare solo su quelle parti che hanno un significativo incremento dei carichi, quindi le porzioni di solaio dove si collocano le aule universitarie.

DIMENSIONE

4.00

(kg/m2)

Intervento di rinforzo dei solai

ELEMENTO

Qk (kg/m2)

TOTALE CARICHI

Variazione dei carichi

Le modifiche apportate alle destinazioni d’uso dei singoli locali hanno generato variazioni dei carichi variabili agenti sui solai. Nello stato di progetto infatti non sono più presenti ambulatori ma: • aule di lezione nella parte terminale dei due lati, • aule studio • laboratori e uffici al secondo e terzo piano Quindi, rispetto allo stato di fatto, solo dove abbiamo le aule di lezione abbiamo una categoria C22 con qk= 4.00 kN/m2, mentre per gli altri ambienti abbiamo una categoria C1, ma con carichi verticali uniformemente distribuiti pari a qk= 3.00 kN/m2, come lo è per lo stato di fatto (categoria B2, qk= 3.00 kN/m2).

qk (kN/m2) Cat. C2 Aree con posti a sedere fissi, quali chiese, teatri, cinema, sale per conferenze e attesa, aule universitarie e aule magne

Non potendo migliorare le caratteristiche meccaniche dei materiali, il miglioramento della prestazione globale dell’edificio, al fine di aumentare il livello di sicurezza della struttura, si basa su due filoni principali: 1. l’inserimento di pareti in calcestruzzo armato collaboranti; 2. il rinforzo dei singoli elementi strutturali al fine aumentare le prestazioni strutturali degli stessi.

7.3.2

20

TRAMEZZI4

Andremo quindi a verificare che, a seguito degli interventi proposti, il rapporto tra l’azione sismica massima sopportabile dalla struttura e l’azione sismica massima che si utilizzerebbe se il progetto fosse di una nuova costruzione, sia maggiore del 60%.

7.3.1

PESO (kg/m2)

Dati σc,σf,m e fissata la larghezza b dei travetti e noto il valore del momento flettente M massimo, si determina l’armatura tesa Ff5: Ff=t √(M b) Per l’impiego della formula, si osservi che: I coefficienti r,t,s,ζ sono contenuti nelle tab. XI6 (m = 8) : σf=1800 kg⁄cm2

-

m=8

σc [kg⁄cm ]

r

t

s

ζ

50

0.484

0.001222

0.182

0.939

2

Si dimensiona l’armatura rispetto ai momenti calcolati precedentemente, per il lato sinistro e per il lato destro dell’edificio, avendo luci diverse. Ricordando che i travetti hanno una sezione di larghezza b = 8 cm:

1

Si veda la tabella riportante i risultati delle pushover in Immagine 5.11.

4

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, §3.1

2

D.M. 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”, §3.1.4

5

Ing. L. Santarella, Prontuario del Cemento Armato, XXII edizione, Hoepli, Milano 1956, pag. 56

3

Si è fatto riferimento a quanto indicato dalle Norme Tecniche al paragrafo 3.1 e dalle tabelle presenti nel testo “Lezioni sul c.a.”

6

Ivi pag 66

219


Lato Sinistro

Lato Destro

Mmax = M(D) 339759 kg*cm

Mmax = M(I) 345507 kg*cm

Ff, max 2.01 cm

Ff, max 2.03 cm2

M(B) 197741 kg*cm

M(G) 199321 kg*cm

2

Ff 1.54 cm

In seguito, visti i buoni risultati di miglioramento ottenuti, si è optato per inserirne un’altra, nel verso opposto, sempre in corrispondenza del vano scale, così da aumentare la rigidezza in entrambe le direzioni. Anche questo intervento ha fatto sì che le combinazioni con rapporto inferiore al 60% passassero da 12 a 4.

Ff 1.54 cm2

2

M(E) 272817 kg*cm

M(L) 270681 kg*cm

Ff 1.81 cm

Ff 1.80 cm2

2

Si adottano quindi: Lato Sinistro Ff, max 2.01 cm 2

Lato Destro Ff, max 2.03 cm2

2

12 2.26 cm2

2

Ff 1.54 cm2 2

Ff 1.54 cm2

10 1.57 cm2

2

Ff 1.81 cm2 1

10 + 1

12 1.92 cm

2

12 2.26 cm2 10 1.57 cm2 Ff 1.80 cm2

1

10 + 1

12 1.92 cm2

Che confrontati con quanto riportato nel paragrafo 3.3.3.1.2 risultano verificati, pertanto non necessitano alcuni intervento di rinforzo strutturale. Dopo aver quindi modificato i carichi sui solai e appurato che essi non necessitino di interventi strutturali, si passa ad esaminare quei punti dove la struttura collassa a seguito delle analisi pushover (Immagine 5.11). Poiché la struttura, come analizzato alla fine del capitolo 5, presenta delle criticità nello snodo tra i due corpi di fabbrica della “L” dove sono inoltre presenti i collegamenti verticali, è su di essa che si andrà a lavorare maggiormente. All’interno del programma di modellazione si sono attuati tutti gli accorgimenti necessari al miglioramento e si riportano i risultati ottenuti. Di seguito vengono proposte alcune delle tipologie di intervento possibili.

7.3.3

Immagine 7.2 Secondo step prova: inserimento di una seconda parete ortogonale alla precedente al livello interrato

Dopo il posizionamento di questi setti, a partire dallo stato di fatto, il miglioramento ottenuto è quanto riportato in tabella:

Setti

L’analisi strutturale eseguita al capitolo 5, ha evidenziato le criticità, allo stato attuale, dell’edificio. La filosofia d’intervento seguita prevede in prima fase di concentrare l’intervento di miglioramento sismico con pochi interventi, si è quindi studiato l’inserimento di pareti collaboranti in calcestruzzo armato per aumentare la resistenza orizzontale della struttura, opportunamente collegate al telaio mediante connettori capaci di trasmettere le sollecitazioni di interazione tra telaio e parete. Tra le varie configurazioni modellate e analizzate, l’iter che porta ai migliori risultati è quello di posizionare dapprima una parete trasversale al primo corpo di fabbrica, in corrispondenza del pilastro n° 25, partendo dal piano interrato e per un solo livello. Questo primo intervento ha fatto sì che si passasse da uno stato di fatto dove 16 su 32 combinazioni non verificavano, a 12 per cui 4 combinazioni sono passate ad avere un rapporto maggiore del 60% mentre le altre hanno avuto un incremento significativo.

Immagine 7.3 Risultati delle pushover allo stato di fatto, inserendo un setto ed inserendo il setto perpendicolare al precedente

7.3.4

Intervento a taglio sulle travi

La fase di analisi precedente ha messo in evidenza che per 2 combinazioni, la trave n°83 non soddisfa i requisiti di verifica rispetto alle azioni taglianti, mentre per le altre 2 combinazioni è il pilastro n°25 alla quota 1 che non soddisfa i requisiti di verifica rispetto alle azioni taglianti, pertanto su questi elementi si prevede un intervento di rinforzo specifico per il taglio. Gli interventi vengono progettati mediante l’utilizzo di materiale composito che risulta meno invasivo e più efficace rispetto ad un intervento tramite lamine ed ancoraggi in acciaio.

Immagine 7.1 Primo step: inserimento di una parete trasversale al livello interrato

220


Immagine 7.4 Modo di collasso pushover n°2 - trave n°83 Q1

Immagine 7.7 Modo di collasso pushover n°22 - pilastro n°25 Q1

Per quanto riguarda l’intervento a taglio sulle travi, argomento del presente paragrafo, l’intervento si ipotizza essere realizzato mediante l’utilizzo di materiali compositi fibro-rinforzati costituiti da fibre di carbonio di elevate prestazioni meccaniche immerse in matrici polimeriche (CFRP), disponendo più strati di tessuti unidirezionali in fibra di carbonio secondo la direzione parallela alle staffe metalliche interne (β= 90), estesi per la maggiore lunghezza possibile sulla superficie laterale della trave7 (Immagine 7.8). Essendo la trave al di sopra del setto, si prevede prima l’esecuzione di questo intervento per poi andare a costruire il setto in c.a. Si prevede l’applicazione di rinforzo continuo e, laddove possibile, si dispongono fioccature di ancoraggio di tale rinforzo (Immagine 7.9). Il proporzionamento dei rinforzi esterni può essere condotto ai sensi delle nuove norme tecniche e della relativa circolare; in particolare per i materiali compositi, il progettista può riferirsi alle Istruzioni CNR-DT200 ed alle Linee Guida del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.8

Immagine 7.5 Modo di collasso pushover n°6 - trave n°83 Q1

Immagine 7.8 Rinforzo a taglio continuo con compositi di una trave interna in c.a.

Immagine 7.9 Rinforzo a taglio continuo con compositi di una trave interna in c.a. con fioccature di ancoraggio.

Immagine 7.6 Modo di collasso pushover n°18 - pilastro n°25 Q1

7

Cfr. “Linee guida per riparazione e rafforzamento di elementi strutturali, tamponature e partizioni” (a cura di) Consorzio ReLUIS, §3.3

221


Per determinare il numero di strati di fibre di carbonio necessari ci si è avvalsi dei fogli di calcolo messi a disposizione da Mapei. Dalla modellazione strutturale, la trave presenta un valore di taglio pari a: Vuy = 11.73 t = 115 kN

Immagine 7.12 Rinforzo a flessione con compositi di una trave in c.a. con ancoraggi di estremità.

Immagine 7.10 Domini di resistenza asta n°83

Si è verificato che con due strati il valore di resistenza a taglio della sezione rinforzata è pari a: VRd = 116.98 kN > 115 kN Immagine 7.13 Viste in sezione: a) sezione A-A, b) sezione C-C.

Tale intervento è proposto ai sensi del punto C.8.7.4.2 “Criteri per gli interventi di consolidamento degli edifici in calcestruzzo” della Circolare n. 7 del 21 gennaio 2019 e può anche essere eseguito sulle altre aste che non verificano a taglio (Immagine 5.44) ma lo scopo di questo capitolo è lo studio di quegli interventi necessari al fine di soddisfare la richiesta di verifica della struttura post-intervento secondo quanto indicato per gli interventi di miglioramento al paragrafo 8.4.2 delle NTC 2018 (Immagine 7.14)

7.3.5

Intervento a flessione sulle travi

Come si evince dal paragrafo 5.3.1.2 in Immagine 5.45, la struttura presenta molti elementi non verificati a pressoflessione, ma nessuno di essi è motivo di collasso ad accelerazioni significativamente basse, si indica quindi un eventuale tipo di intervento, ma che non viene applicato per i minimi richiesti dalla verifica di miglioramento sismico. Si ipotizza che il rinforzo possa essere realizzato mediante materiali compositi (CFRP), disponendo tessuti unidirezionali in

Immagine 7.11 Rinforzo a flessione con compositi di una trave in c.a.

fibra di carbonio adesi all’intradosso dell’elemento strutturale (Immagine 7.11). Sulle travi per le quali è previsto anche un rinforzo a taglio, esso potrà essere utilizzato anche come ancoraggio d’estremità del rinforzo a flessione (Immagine 7.12).

7.3.6

Intervento a taglio sui pilastri

I pilastri su cui si prevede di intervenire sono il n° 25 al piano interrato e al piano terra. Per quanto riguarda quello al piano interrato, esso si trova come inglobato dai due setti precedentemente descritti, si prevede quindi un intervento che venga collegato ai setti tramite connettori. Mentre, per quanto riguarda il piano terra, il pilatro necessita di un incremento a taglio e si prevede una fasciatura con FRP demolendo una fila di mattoni sui tre lati del pilastro in cui converge la muratura affinché le fibre possano fasciare completamente il pilastro, successivamente si passerà alla ricostruzione delle parti in muratura precedentemente eliminate e, per creare maggiore continuità tra il pilastro e la muratura, si prevede di applicare altri nastri di FRP da muri a pilastro. L’intervento di rinforzo dei pilastri prevede una prima fase di preparazione della superficie tramite spazzolatura meccanica e pulizia con aria compressa e/o acqua in pressione e la sigillatura delle eventuali lesioni esistenti mediante resine epossidiche, successivamente, arrotondati anche gli spigoli vivi, si realizza l’intervento disponendo ortogonalmente allo sviluppo longitudinale del pilastro, tessuti in fibra di carbonio unidirezionali, applicati su uno strato di stucco e resina epossidica. Posata la fasciatura, si applica un secondo strato di resina epossidica e, trascorse 24 ore, si procede alla rasatura con malta cementizia. In questo particolare caso, si procede prima a creare dei collegamenti tra le tre murature conferenti nel pilastro e il pilastro stesse per poi passare alla rasatura generale delle superfici. Per determinare il numero di strati di fibre di carbonio necessari ci si è avvalsi dei fogli di calcolo messi a disposizione da Mapei. Dalla modellazione strutturale, il pilastro oggetto dell’intervento presenta un valore di taglio pari a: Vuy = 32.87 t = 322 kN Si è verificato che con un rinforzo longitudinale continuo, in avvolgimento, ad uno strato, il valore di resistenza a taglio della sezione rinforzata è pari a: VRd = 455.53 kN > 322 kN Tale intervento è proposto ai sensi del punto C.8.7.4.2 “Criteri per gli interventi di consolidamento degli edifici in calcestruzzo” della Circolare n. 7 del 21 gennaio 2019 e può anche essere eseguito sulle altre aste che non verificano a taglio (Immagine 5.44) ma lo scopo di questo capitolo è lo studio di quegli interventi necessari al fine di soddisfare la richiesta di verifica della struttura post-intervento secondo quanto indicato per gli interventi di miglioramento al paragrafo 8.4.2 delle NTC 2018 (Immagine 7.15). Si rimanda alla tavola di dettaglio a fondo capitolo per la sezione di dettaglio.

222


Immagine 7.14 Foglio di calcolo per il taglio nella trave (MAPEI)

Immagine 7.15 Foglio di calcolo per il taglio nel pilastro (MAPEI)

223


A seguito degli interventi sopra descritti, aumentando l’armatura a taglio delle travi non verificate dopo l’inserimento dei due setti, il risultato finale risulta essere:

già precedentemente progettata o realizzata, qualunque ne sia il materiale che la compone (c.a., acciaio, muratura). Nel caso di un edificio in calcestruzzo, sarà necessario aver già inserito le quantità di armatura degli elementi strutturali (travi e pilastri) utilizzando l’apposita procedura presente sia nell’input per impalcati che nello spaziale.”9 Il procedimento seguito per svolgere questo tipo studio, può essere riassunto nei seguenti punti: 1 – Input del modello strutturale, senza armature; 2 – Avvio del calcolo come PROGETTO SIMULATO; 3 – Generazione degli esecutivi di tutte le aste; 4 – Copia delle suddette armature in input, tramite la casella di spunta presente nel menù di stampa degli esecutivi di travi e pilastri; 5 – Verifica dell’intero sistema strutturale, per il quale è adesso presente l’armatura su tutte le aste, tramite l’opzione RIVERIFICHE – PUSHOVER, contenuta sul menù principale del programma. Questo per analizzare lo stato di fatto, in seguito la parte progettuale: 6 – In input spaziale si vanno ad apportare le modifiche di progetto: inserimento dei setti (creazione di un nuovo materiale con caratteristiche costruttive di oggi per quanto riguarda calcestruzzo e armatura), incremento dell’armatura a taglio nel menù Armature per quanto riguarda la trave-cordolo e il pilastro. 7 – Calcolo dell’ “Edificio Esistente” che avvia l’analisi Pushover10.

7.3.8.1

Risultati

Si procede ora a riportare i risultati delle 32 combinazioni nei vari step di intervento, riassunti sotto forma di tabella al fine di rendere più intuitiva la lettura. Si ricorda che il livello di riferimento di ag/g è di 0.21211 e che il livello di sicurezza della costruzione è quantificato attraverso il rapporto:

e che per interventi di miglioramento deve essere non minore del 60%. Le percentuali mostrate derivano dal rapporto, ovvero il rapporto tra l’accelerazione al suolo che conduce al raggiungimento dello SLV e quella relativa al periodo di ritorno di riferimento. Si riporta anche il valore del fattore di struttura (q) legato alle singole combinazioni.

Immagine 7.16 Risultati delle pushover a seguito di tutti gli interventi di miglioramento strutturale

7.3.7

Dati di input per la modellazione

Oltre agli interventi e alle modifiche appena esposte il nuovo modello strutturale relativo al progetto presenta qualche ulteriore modifica rispetto al modello generato per lo stato di fatto. Per venire incontro alle esigenze del software di calcolo CDS, che non permette la modellazione di due elementi dello stesso tipo affiancati, è stato eliminato il pilastro n°25 al piano interrato che viene inglobato tra i due setti nuovi, inoltre il setto perpendicolare al vano scala e la relativa trave cordolo vengono riportate con origine da filo a filo dei due pilastri e non come lo è realmente cioè disassato rispetto al pilastro n°25 affinché il programma possa comprendere meglio la sua funzione. Per quanto riguarda i materiali impiegati per la simulazione dei setti, si è creato un nuovo materiale con caratteristiche attuali, quindi si utilizza un calcestruzzo di classe C25/30 e armatura di classe B450C.

7.3.8

Analisi Push-Over

Dopo aver apportato le modifiche al modello e inserito gli elementi, uno per volta, l’iter che si è seguito è stato quello di eseguire il calcolo dell’ “edificio esistente”: “Attivando questa voce sarà avviata l’analisi Pushover di una struttura esistente, cioè 224

9

Manuale d’uso CDSWin

10

Prima di avviare la verifica, il programma chiederà quale tipo di pushover effettuare, secondo la tabella di scelta (cfr. Immagine 5.9)

11

Paragrafo 4.3.2


225


7.3.8.2

Cause del collasso

Come già descritto nel capitolo 5, le analisi pushover sono analisi di tipo incrementale e i risultati sono riferiti ad ogni singolo passo della curva di capacità a cui corrisponderà un livello di taglio alla base e di spostamenti. In particolare, per le deformate, vengono visualizzate alle estremità delle singole aste le eventuali cerniere colorate in funzione del loro impegno plastico. Si ricorda che a danno leggero corrisponde la rotazione al limite di snervamento mentre per il danno severo corrisponde ¾ della rotazione ultima e per il collasso la rotazione ultima. Le eventuali modalità di collasso fragile vengono visualizzate con doppia cerniera con il colore corrispondente alla situazione di collasso. Questa voce consente di visualizzare la successione della generazione delle cerniere plastiche sulla struttura, evidenziando con una differente colorazione il diverso livello di danno. Di seguito si mostrano i risultati dell’ultimo passo delle deformazioni legate alle possibili tipologie di collasso a cui la struttura potrebbe essere sottoposta nelle 32 combinazioni a seguito di tutti gli interventi previsti dal progetto.

Immagine 7.20 Pushover n° 3

Immagine 7.18 Pushover n° 1

Immagine 7.21 Pushover n° 4

Immagine 7.19 Pushover n° 2

Immagine 7.22 Pushover n° 5

226


227

Immagine 7.23 Pushover n° 6

Immagine 7.26 Pushover n° 9

Immagine 7.24 Pushover n° 7

Immagine 7.27 Pushover n° 10

Immagine 7.25 Pushover n° 8

Immagine 7.28 Pushover n° 11


Immagine 7.29 Pushover n° 12

Immagine 7.32 Pushover n° 15

Immagine 7.30 Pushover n° 13

Immagine 7.33 Pushover n° 16

Immagine 7.31 Pushover n° 14

Immagine 7.34 Pushover n° 17

228


229

Immagine 7.35 Pushover n° 18

Immagine 7.38 Pushover n° 21

Immagine 7.36 Pushover n° 19

Immagine 7.39 Pushover n° 22

Immagine 7.37 Pushover n° 20

Immagine 7.40 Pushover n° 23


Immagine 7.41  Pushover n° 24

Immagine 7.42 Pushover n° 25

Immagine 7.43 Pushover n° 26

Immagine 7.44 Pushover n° 27

Immagine 7.45 Pushover n° 28

Immagine 7.46 Pushover n° 29

230


Di seguito si mostrano i risultati tabellati prodotti dall’analisi pushover eseguita sull’edifico in merito agli stati limite di operatività (SLO), di danno (SLD), di vita (SLV) e di collasso (SLC). Si ricorda che, negli edifici scolastici esistenti, per poter definire un intervento di miglioramento è necessario che l’indice minimo di vulnerabilità allo stato limite di salvaguardia della vita superi il 60%: si evidenzia quindi in verde i valori che superano quelli di riferimento del sito, mentre in giallo quelli che superano il 60% e viene espresso in percentuale l’indice di vulnerabilità relativo allo stato limite di riferimento.

Immagine 7.47 Pushover n° 30

Immagine 7.48 Pushover n° 31

Immagine 7.50  Risultati dell’analisi pushover rispetto ai quattro stati limite

Come si evince dalla tabella, a seguito degli interventi ipotizzati, l’indice minimo percentuale di vulnerabilità nelle varie combinazioni per lo stato limite si salvaguardia della vita è pari al 65%. Questo implica che è stato incrementato il livello di sicurezza preesistente dell’edificio conseguendo i livelli di sicurezza minimi fissati dalla normativa per poter ricadere nella categoria di intervento di miglioramento. 231

Immagine 7.49 Pushover n° 32


Si mostrano ora le tabelle di confronto tra gli esiti delle analisi pushover allo stato di fatto e allo stato di progetto per il solo stato limite di vita, al fine di mostrare con maggiore chiarezza i risultati ottenuti.

Immagine 7.51  Confronto tra i valori di Pga (SLV) tra stato di fatto e stato di progetto

Si è dunque ottenuto un aumento del livello di sicurezza, passando da un valore minimo di 23.6% allo stato di fatto, al valore di 65.1% per lo stato di progetto, quindi si ha un incremento pari al 41.5%. Tendenzialmente si è verificato un aumento del valore di Pga in tutte le combinazioni, le sole, in controtendenza, che hanno subito una diminuzione di tale valore sono quelle che già allo stato di fatto superavano il valore del 60%.

232


483

483

187

149

147

1

ARMATURA DI BASE SUP.=INF. SETTO 5 QUOTA m.0.00- 3.40 Ø 24/ 10 direz.X Ø 24/ 10 direz.y (spessore= 30 cm) Sui bordi prevedere risvolto ferri (l= 23 cm) ACCIAIO B450C Prescrizione: 9 Spilli/Mq

197

Trave secondaria - cordolo 50x24 cm 10Ø14 + FRP a taglio

340

216

336

Pilastro 30x80 14Ø14

25

25

2

26 483

14

25

187

124

143

Muratura a una testa

213

3

270

CALCESTR. C25/30

SETTO 5 QUOTA m. 0.00- 3.40 TABELLA RAFFITTIMENTI SUP.=INF. DIR X DIR Y RETE BASE RAFF.N. 1 RAFF.N. 2 RAFF.N. 3

19

247

340

340

340

Setto in cemento armato sp. 30 cm

Setto in cemento armato sp. 30 cm

1

Esecutivo del setto 5. Scala 1:50

Ø24/10 Ø28/3 Ø20/10 Ø22/10

Ø24/10 Ø26/10 Ø28/5 Ø20/10

L.X

L.Y

336 187 213

216 247 143

26

213

Intervento di rinforzo strutturale

26

483

Muratura a due teste

Esecutivo del setto 6 (perpendicolare al vano scala). Scala 1:50 411

6

Maglia principale Ø24/10

215

25 411

Muratura vano scala a due teste sp. 30 cm Intonaco sp. 2 cm

1 2 3 4 5

4Ø14

3Ø14

6

122

102

14 80

ACCIAIO B450C Prescrizione: 9 Spilli/Mq

7 8

340

3Ø14

2

218

SPIGOLI 4Ø14 STAFFE Ø8/14

113

4Ø14

238

Muratura vano scala a una testa sp. 15 cm

238

1 - Sezione del pilastro n° 25 (80x30) 2 - Primer epossidico bicomponente, strato di regolarizzazione e incollaggio e strato di resina epossidica per l'impregnazione dei tessuti 3 - Uno o più strati di MAPEWRAP C - UNI - AX 600 4 - Secondo strato di resina epossidica per l'impregnazione 5 - Intonaco in calce di cemento 6 - Mattoni eliminati per eseguire l'intervento 7 - Muratura in mattoni esistente 8 - FRP di consolidamento muratura-pilastro

340

Maglia di raffittimento 2 Ø28/5 h. 247 cm

ARMATURA DI BASE SUP.=INF. SETTO 5 QUOTA m.0.00- 3.40 Ø 24/ 10 direz.X Ø 24/ 10 direz.y (spessore= 30 cm) Sui bordi prevedere risvolto ferri (l= 23 cm)

Intervento di fasciatura del pilastro al piano terra. Scala 1:10

340

Connettori di collegamento tra il pilastro esistente e il nuovo setto Ø24 in apposito perforo Ø28 nel pilastro con resa epossidica ogni 50 cm. Lunghezza di sovrapposizione 40Ø: L. 96 cm

219

1

411

Connessione tra il pilastro esistente e il setto di rinforzo strutturale al piano interrato. Scala 1:10

78

14

192

250

298

3 411

161

161

25

CALCESTR. C25/30

SETTO 5 QUOTA m. 0.00- 3.40 TABELLA RAFFITTIMENTI SUP.=INF. DIR X DIR Y RETE BASE RAFF.N. 1 RAFF.N. 2 RAFF.N. 3

Ø24/10 Ø28/3 Ø20/10 Ø22/10

Ø24/10 Ø26/10 Ø28/5 Ø20/10

L.X

L.Y

336 187 213

216 247 143

Recupero Prestazionale e Funzionale dell’edificio ex INAM di Rimini (1960-1963)

114

218

Trave centrale - cordolo 100x24 cm 10Ø14 + FRP a taglio

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI

REALIZZATO CON UN PRODOTTO AUTODESK VERSIONE PER STUDENTI


8. Conclusioni


d’uso dell’immobile: dovrà ospitare aule, laboratori, studi docenti e uffici tecnici-amministrativi a servizio del Dipartimento di Scienze della Qualità della Vita (QUVI) dell’Università di Bologna. Le scelte operate hanno tenuto conto delle vulnerabilità riscontrate, con l’obiettivo di ricercare il miglior compromesso tra progetto architettonico e progetto di miglioramento sismico, in modo da rendere l’edificio funzionale rispetto alla nuova destinazione d’uso migliorandone al tempo stesso la risposta nei confronti del sisma.

L’obiettivo della presente tesi era quello di analizzare le prestazioni dell’edificio “INAM”, sito a Rimini in via Circonvallazione Occidentale 57, e conseguentemente la redazione di un progetto di rifunzionalizzazione e miglioramento sismico dello stesso. La fase di analisi è stata fondamentale al fine di comprendere le potenzialità e le criticità dell’edificio, sia dal punto di vista strutturale che architettonico. L’edificio non ha subito importanti modifiche dalla sua costruzione avvenuta negli anni ’60 , né internamente, né esternamente. La destinazione d’uso dell’edificio, che fino ad oggi l’edificio ha ospitato e ospita ambulatori e uffici a servizio dell’AUSL Romagna – Sede di Rimini, non è mai mutata nel tempo e perciò la distribuzione degli spazi interna ha avuto solo un adeguamento negli anni: lo sviluppo planimetrico è molto lineare con pochi servizi e collegamenti verticali, concentrati nello snodo della “L”. L’ossatura portante è in calcestruzzo armato con l’impianto che non si basa su telai bidimensionali, ma su una struttura concepita tridimensionalmente. Il materiale presente negli archivi storico comunale di Rimini e nell’archivio di Stato di Forlì è risultato insufficiente per la conoscenza approfondita della struttura in quanto manca tutta la parte di caratterizzazione delle sezioni. Per questo motivo sono state ipotizzate le armature delle sezioni tramite il calcolo con il metodo delle tensioni ammissibili, ma ciò non risulta sufficiente per ottenere il livello minimo di conoscenza previsto dalla normativa. Si è quindi redatto un progetto di indagini da eseguire per ottenere un livello di conoscenza maggiore individuando tre differenti tipologie di prove da effettuare su travi e pilastri per il rilievo dei dettagli costruttivi: eliminazione del copriferro e pacometro per le travi, mentre per i pilastri si aggiunge il carotaggio. Per quanto riguarda i materiali invece, la normativa prevede il prelievo e lo studio di almeno tre provini di calcestruzzo e un campione di armatura per piano. Per lo sviluppo del modello tridimensionale si è utilizzato il software CDS Win e, per quanto riguarda l’armatura, si è scelto di calcolarla con il “progetto simulato”: opzione che consente di svolgere il progetto ipotetico delle armature di un edificio esistente quando non si dispone del progetto strutturale originale, come in questo caso. Avendo quindi il modello completo, si è passati all’analisi della risposta sismica dell’edificio, dopo aver anche studiato la storia sismica italiana e in particolare della città di Rimini. Grazie a tutte e alle diverse analisi effettuate, queste hanno permesso di evidenziare il punto critico di tutto l’edificio: lo snodo della “L”, il punto di congiunzione tra i due bracci che è anche quello critico che subisce maggiori torsioni. Il fatto che siano qui gli ultimi elementi che vanno in crisi è altamente indicativo del problema di vulnerabilità principale di questo edificio oltre al fatto che è il punto dove vanno a collocarsi i collegamenti verticali, dove quindi non si ha la continuità degli orizzontamenti e dove sono state inoltre impiegate tre tecnologie diverse quali: il calcestruzzo armato per il vano ascensore, la muratura piena per il vano scale e il telaio in c.a. per la struttura principale. A seguito delle analisi e prove effettuate, si è arrivato a confermare quanto si poteva inizialmente solo intuire, il punto in angolo per un edificio a “L” deve essere il più resistente e in questo caso è il meno. Dopo numerose prove, si è visto come si è giunti a un netto miglioramento delle prestazioni dell’edificio in risposta all’azione sismica inserendo due pareti collaboranti al piano interrato in prossimità del vano scale, in grado di incrementare la resistenza orizzontale della struttura. A seguito di questo intervento la risposta globale dell’edificio è notevolmente migliorata, arrivando a presentare solo altre due criticità: la resistenza al taglio non viene verificata per il pilastro del vano scale al piano terra e per la trave cordolo del setto perpendicolare al vano scala. Per entrambi gli elementi si è pensato ad un intervento con materiali fibrorinforzati. Il risultato finale ha evidenziato come il livello minimo richiesto per gli interventi di miglioramento (60%) sia stato raggiunto, passando da un livello di sicurezza con valore minimo di circa 24% allo stato di fatto, al valore di circa 65% per lo stato di progetto, con un incremento quindi pari al 41%; tendenzialmente si è verificato un aumento del valore di Pga nelle 32 combinazioni. Parallelamente si è redatto il progetto architettonico, corredato dal progetto di prevenzione incendi, per la nuova destinazione 236




9. Normativa Di Riferimento


CAPITOLO 7 – RINFORZO STRUTTURALE • Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”; • Circolare applicativa “Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 21 gennaio 2019, n° 7 - Istruzioni per l’applicazione dell’«Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”» di cui al decreto ministeriale 17 gennaio 2018”. • “Linee guida per riparazione e rafforzamento di elementi strutturali, tamponature e partizioni” (a cura di) Consorzio ReLUIS

CAPITOLO 3 – L’EDIFICIO ALLO STATO ATTUTALE • Regio Decreto 16 novembre 1939, n. 2228 • Regio Decreto 16 novembre 1939, n. 2229 • Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici 4 maggio 1961, n. 1042 • Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”;

CAPITOLO 4 – LA VULNERABILITÀ’ SISMICA IN ITALIA • Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 17 gennaio 2018 – Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”; • Circolare applicativa “Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 21 gennaio 2019, n° 7 - Istruzioni per l’applicazione dell’«Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni”» di cui al decreto ministeriale 17 gennaio 2018”.

CAPITOLO 5 – MODELLAZIONE STRUTTURALE • R.D. 16/11/1939, n. 2228 “Norme per l’accettazione dei leganti idraulici” pubblicato in Gazzatta Ufficiale del Regno d’Italia, Supplemento Ordinario del 18/04/1940, n. 92 • R.D. 16/11/1939, n. 2229 “Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice od armato” pubblicato in Gazzatta Ufficiale del Regno d’Italia, Supplemento Ordinario del 18/04/1940, n. 92

CAPITOLO 6 – INTERVENTO ARCHITETTONICO • D.M. LL. PP. 18 dicembre 1975 “Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica, ivi compresi gli indici di funzionalità didattica, edilizia ed urbanistica, da osservarsi nella esecuzione di opere di edilizia scolastica”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 29 del 02/02/1976 • L. 11/01/1996, n. 23 “Norme per l’edilizia scolastica”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 19/01/1996 • D.M. 19 agosto 1996 “Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo”. • D.M. 30 novembre 1983 “Termini, definizioni generali e simboli grafici di prevenzione incendi“. Gazzetta Ufficiale n. 339 del 12 dicembre 1983; • D.M. del 26.08.1992 “Norme di prevenzione incendi per l’edilizia scolastica”; • D.M. 10 marzo 1998 “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”; • D. M. 16 febbraio 2007 “Classificazione di resistenza al fuoco di prodotti ed elementi costruttivi di opere da costruzione”; • D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell’articolo 49 comma 4-quater, decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122”; 87 • DM 3 agosto 2015, integrato dal DM 7 agosto 2017; • D.L. 30 dicembre 2016, n.244, come modificato dalla Legge 21 settembre 2018 n 108.

240


10.

BibliograямБa


CAPITOLO 6 – INTERVENTO ARCHITETTONICO Manuale di progettazione edilizia, Volume 1* Tipologie e criteri di dimensionamento, Hoepli, Milano, 1996 M. Zaffagnini, L’ edilizia scolastica, universitaria e per la ricerca. Quaderni del manuale di progettazione edilizia, Hoepli, Milano 2006 CAPITOLO 7 – RINFORZO STRUTTURALE Dott. Ing. E. Agneloni e Dott. Ing. G. Celestini, Compositi FRP Linee guida per il rinforzo strutturale, Strutture in calcestruzzo armato e calcestruzzo armato precompresso, NTC Global Media Editore, Perugia 2002 CAPITOLO 2 – ANALISI STORICA D. Giorgetti, Geografia storica ariminense, in: Analisi di Rimini antica. Storia e archeologia per un museo, Comune di Rimini, Rimini 1980 G. Gobbi. P. Sica, Le città nella storia d’Italia. Rimini, Editori Laterza, Bari 1982 J. Ortalli, Ariminum e le sue mura, in: Porta Montanara. Un monumento restituito alla città, Comune di Rimini, Rimini 2006 L. Tonini, Rimini dopo il Mille, Bruno Ghigi Editore, Rimini 1975

CAPITOLO 3 – L’EDIFICIO ALLO STATO ATTUTALE G. Arosio, Enciclopedia del costruttore edile: pratica, tecnica ed organizzazione delle costruzioni civili e industriali: dallo studio del progetto al collaudo dell’opera, Hoepli, Milano 1941 G. Colombo, Manuale dell’ingegnere, 80° edizione, Hoepli, Milano 1958 G. Predari, I solai latero-cementizi nella costruzione moderna in Italia 1930-1950, Bononia University Press, Bologna 2015 Ing. L. Santarella, Prontuario del cemento armato, XXII edizione, Hoepli, Milano 1956 A. Spizuoco, Lezioni sul c.a., Ed.LER, Napoli/Roma 2002

CAPITOLO 4 – LA VULNERABILITÀ’ SISMICA IN ITALIA Gulli R., Recupero sostenibile del patrimonio costruito in ambito sismico, EdicomEdizioni, Roma, 2014 C. Meletti, M. Stucchi, G.M. Calvi, La classificazione sismica, oggi, dicembre 2014

CAPITOLO 5 – MODELLAZIONE STRUTTURALE M. Mezzina, D. Raffaele, G. Uva, G.C. Marano, Progettazione sismo-resistente di edifici in cemento armato, Città Studi, Novara 2011 G. M. Verderame, P. Ricci, M. Esposito, F. C. Sansiviero, Le caratteristiche meccaniche degli acciai impiegati nelle strutture in c.a. realizzate dal 1950 al 1980, Dipartimento di Ingegneria Strutturale, Università degli Studi di Napoli Federico II

242

N. Tubi, Rilevamenti dello strato e tecniche degli interventi di ripristino negli edifici, Costruzioni in cemento armato o in muratura, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna (RN) 2004


11.

SitograďŹ a


https://www.ingegneriasismicaitaliana.com/ http://zonesismiche.mi.ingv.it/ http://www.protezionecivile.gov.it https://ambiente.regione.emilia-romagna.it/ https://www.comune.rimini.it/

244


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.