UniversitĂ IUAV di Venezia FacoltĂ di Design e Arti
Corso di Laurea magistrale in Design
Show your numbers! riflessioni e proposte per un exhibit sulla matematica
Tesi di Laurea di Arianna Picco_ 269590
Relatore: Raimonda Riccini Correlatore: Simona Morini III sessione aprile 2012
in copertina: Found Functions Nikki Graziano, 2010
Indice Introduzione
II IV
Parte 1. CAP. 1 Exhibit : strumenti tra scienza ed arte 1.1 Cos’è un exhibit scientifico? 1.2 Nuove prospettive per la comunicazione scientifica
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CAP. 2 Esporre un concetto matematico. 2.1 I musei della matematica. Tra passato e futuro 2.2 Due casi studio Mathematica (the Eames) Mathematiscs: a beautiful elsewhere (Fondatiòn Cartier)
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CAP. 3 Materiale teorico per spunti progettuali. Cos’è un numero? 3.1 Precisazioni e differenze tra cifra e numero 3.2 Il corpo umano, ovvero la prima calcolatrice 3.3 Visulizzare la matematica. Un problema antico 3.4 Chi ha paura della matematica? La matematica al giorno d’oggi, influenze e ispirazioni
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CAP. 4 Numeri e Design. Alcuni esempi. 4.1 Tipologia A. Esprimere un concetto matematico The endless ribbon (Max Bill) Concavo e Convesso (Bruno Munari) 4.2 Tipologia B. Visualizzare un numero Power of Ten (The Eames) Floating Numbers (art+com) 4.3 Tipologia C. Spiegare una materia Mathematics for young people (Will Burtin) I solidi di Felix Klein
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Parte 2. Una proposta progettuale per un exhibit sui numeri Tavole
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Conclusioni
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Fonti delle immagini Bibliografia
Introduzione
Il mondo che ci circonda è costituito da numeri; quantità, misure, distanze. Molte volte però dimentichiamo che anche noi abbiamo uno stretto legame con essi; i vestiti sono fatti su certe misure, gli spazi in cui viviamo e lavoriamo sono progettati a misura del nostro corpo. Troppo spesso si associano i numeri semplicemente a materie scolastiche, operazioni e calcoli difficile, dimenticando la loro presenza in tutta la realtà del quotidiano. Questo progetto di tesi nasce dall’esigenza di mettere in risalto il rapporto tra l’uomo e una materia, la Matematica, molte volte lasciata in disparte a causa dei suoi concetti astratti e difficili da visualizzare. Analizzando come la matematica e i numeri sono rappresentati nei musei scientifici, ho cercato di raccogliere più informazioni possibili sulle modalità di esposizione e presentazione al pubblico di questo tema, a volte difficile da visualizzare, non dimenticando però il ruolo del design in tutto ciò. La ricerca teorica mi ha permesso di inquadrare il contesto in cui volevo muovermi e creare in seguito delle proposte progettuali che avessero come tema proprio la visualizzazione dei numeri in rapporto con il corpo umano. Show your numbers! È una proposta di exhibit interattivo, che vuole rendere consapevoli i visitatori dei propri numeri. Pensato per un pubblico adulto, il progetto vuole coinvolgere le persone alla comprensione di alcuni concetti con semplicità e immediatezza, mettendo in luce il rapporto uomo-misura-oggetto.
IV
Cap.1 Exhibit: strumenti tra scienza ed arte
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Exhibit: strumenti tra scienza ed arte
Il vedere, il senso della vista, ha nella cultura occidentale un ruolo privilegiato nel determinare il nostro rapporto con la realtà. Usiamo la vista per conoscere il mondo, per muoverci tra i suoi oggetti, ma anche per imparare cose nuove e insegnarle ad altri. In epoche in cui non tutti potevano viaggiare, gli oggetti provenienti da paesi lontani suscitavano un enorme interesse e curiosità. Dapprima furono re, nobili e mercanti a collezionare oggetti rari e insoliti e a costruire bizzarri cabinets des curiosités per meravigliare e divertire i loro ospiti, successivamente si iniziarono a costruire gallerie e musei. I primi musei raccoglievano oggetti naturali, oggetti del passato, oggetti provenienti da varie parti del mondo, Queste collezioni avvicinavano le persone a cose che non avrebbero potuto vedere o conoscere altrimenti: mondi passati, nuovi paesi, oggetti e situazioni diversi e insoliti. Con il passare del tempo la situazione è cambiata. Molte più persone hanno la possibilità di viaggiare e l’avvento della televisione, del cinema e, ancor più recentemente, di Internet ci hanno messo in contatto praticamente con ogni angolo del mondo e con ogni aspetto del sapere umano. Di conseguenza è anche cambiato il nostro modo di vedere. Non siamo esclusivamente interessati a descrizioni del mondo. Lo sguardo del visitatore e del curioso si è fatto critico, ricerca nuove e inedite connessioni, più che semplici rappresentazioni. Inoltre, la grafica e le nuove tecnologie ci consentono di ampliare la gamma delle cose esposte e di mostrare non solo animali, piante e oggetti, ma anche di trasmettere informazioni, di mostrare oggetti infinitamente piccoli o infinitamente grandi, così come anche idee, teorie, concetti astratti. Questo cambiamento ha profondamente influenzato la natura e la funzione dei musei e, in particolare, dei musei scientifici di cui
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mi occuperò nella mia ricerca. La mia tesi vuole quindi essere un tentativo di sperimentare nuove forme di dialogo tra discipline anche molto diverse tra loro che, interagendo tra loro, possono servire a rendere “visibili” e a “mostrare” anche le teorie scientifiche e i concetti astratti. Mi concentrerò, in particolare, sulla Matematica e, in particolare, sui numeri a partire dalle seguenti domande: come è possibile rappresentare concetti scientifici astratti e talvolta controintuitivi attraverso un exhibit? Come si può usare l’arte per la comprensione e la didattica di argomenti scientifici? E viceversa, in che modo la scienza influenza il mondo dell’arte? E’ possibile attraverso la progettazione di uno spazio trasformare una noiosa lezione sui numeri in un’esperienza emozionante? Questi sono stati alcuni degli interrogativi iniziali, a cui se ne sono aggiunti molti altri, legati più in generale ai problemi dell’exhibit design e della museologia scientifica. Non ultimo il problema del rapporto - nel passato e nel presente tra visualizzazione di concetti scientifici e arte, ben espresso nelle parole di Italo Calvino “l’atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono: entrambi sono atteggiamenti insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e di invenzione”. 1
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1. Calvino (1988)
Cap.1 Exhibit: strumenti tra scienza ed arte
1.1 Cos’è un Exhibit scientifico?
Esporre ed esibire concetti astratti è sempre stato un tema progettuale. Trasformare un’idea in una forma visibile è una sfida di sempre; basti pensare ai complessi macchinari, prototipi, installazioni, costruiti fin dall’antichità per spiegare teorie e nuove scoperte scientifiche. La parola “Exhibit” deriva dall’inglese e significa appunto “esibire”, “mostrare”. La progettazione di un exhibit consiste dunque nel costruire e ideare oggetti, eventi, rappresentazioni grafiche, strutture espositive, che raccontino una storia o spieghino un argomento. Tradizionalmente gli exhibit scientifici venivano mostrati all’interno dei musei della scienza e della tecnica, oggi coinvolgono anche altri spazi: dalle gallerie d’arte alle esposizioni temporanee. Il percorso che ha portato alla nascita degli exhibit, è lungo e complesso. Una tappa fondamentale di questa storia è costituito dal gusto della cultura umanistica per la divulgazione scientifica e, in particolare, per le illustrazioni scientifiche. Mi riferisco ai cosiddetti “Teatri delle macchine” quattrocenteschi e alla funzione che avevano di mostrare il funzionamento di certi macchinari in modo che questi potessero essere riprodotti oltre che di diffondere le conoscenze su di essi. I “teatri delle macchine”, il cui nome deriva dai teatri della memoria, cioè dal quel luogo della mente umana in cui raccogliere e ordinare l’intero sapere umano, sono dei veri e propri libri di istruzioni sul funzionamento di particolari macchinari, in cui ogni particolare funzione veniva spiegata in modo da poter essere appresa e riprodotta. Questo tipo di conoscenza era accessibile a tutti, e ha dato quindi un fondamentale contributo alla diffusione del sapere e alla sua “democratizzazione”. Grazie a questi testi, infatti, divenne possibile diffondere le idee e le scoperte di varie materie scientifiche come la biologia, la meccanica, o l’ingegneria. In questa modalità di comunicazione scientifica l’immagine e il disegno acquistano un ruolo fondamentale e con il tempo abbandonano tutti i riferimenti pittorici e decorativi (ad esempio i paes-
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-aggi di sfondo, la presenza delle figure umane, ecc.) per arrivare a una rappresentazione della realtà sempre più scientifica, rigorosa, dettagliata e precisa. Con l’illuminismo le rappresentazioni diventano sempre più “oggettive”; sulle tavole rimane solo l’oggetto e il minuzioso dettaglio delle sue parti. Ne sono un esempio lampante le tavole della Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers di Diderot e d’Alembert, pubblicata nel XVIII secolo, in cui i macchinari sono presi in esame pezzo per pezzo, analizzati in
001.-002.-003. Esempi di tavole illustrate dell’ Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers XVIII secolo
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maniera scientifica per rendere il più possibile chiara la loro funzione; come alcuni studiosi hanno sostenuto “la storia della scienza e della tecnica insegna che numerose visualizzazioni e immagini sono state create come supporto per il ragionamento, e che, per poter costituire un vero vantaggio cognitivo, non vanno solo osservate, ma selezionate e analizzate.” 2 All’origine dunque c’erano delle illustrazioni scientifiche; supporti grafici, strumenti, utilizzati per ricavare informazioni, comunicare e far comprendere ai lettori la natura delle cose. Fin dall’antichità, oltre alle immagini, la storia degli exhibit passa anche attraverso
2. Giardino, Piazza (2008)
Cap.1 Exhibit: strumenti tra scienza ed arte
oggetti, artefatti tridimensionali, modelli, che nel tempo si sono affiancati alle illustrazioni scientifiche. Nel mondo dell’arte il modello, come prototipo dell’opera d’arte, diventa una modalità didattica già dall’antica Grecia, espandendosi in seguito tra il Quattrocento e il Cinquecento dalla rappresentazione artistica anche nei processi scientifici, non solo per prefigurare un fenomeno particolare o un’opera -nel caso artisticoma anche per una comprensione più attenta e più completa della realtà. Gli strumenti dell’arte diventano quindi strumenti per la ricerca scientifica, segnando una tappa importante all’interno di un rapporto di scambi reciproci che tuttora è molto proficuo. Come afferma Maldonado a proposito delle due categorie, arte e scienza “hanno rapporti molto complessi che vanno al di là dei traversamenti reciproci di modo e di ruolo. (…) 1. L’arte può essere oggetto di indagine scientifica (…) 2. L’arte può anche avvalersi dei metodi della scienza durante un processo formativo dell’opera d’arte (…) 3. L’arte cerca talvolta di rinnovarsi, in quanto arte, tramite l’esplicitazione di qualche particolare scoperta.” 3 Un esempio è l’uso delle fotografie come mezzo per studiare i movimenti negli esperimenti di Muybridge e Murray nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, o il contributo di Seurat alla teoria dei colori di Chevreul; l’arte, insieme alla tecnica e alla scienza, diventa uno strumento valido per la comunicazione. Questo rapporto tra arte e scienza è diventato molto importante nel secolo scorso per la formazione del concetto di exhibit contemporaneo; è qui che si inizia a mettere in mostra le relazioni e le interconnessioni tra più discipline, attraverso modalità espressive che provengono da campi di studio molto diversi tra loro. Come abbiamo visto, nel tempo si sono utilizzati vari linguaggi per la comunicazione della scienza; illustrazioni scientifiche, costruzione di modelli, uso dell’arte come strumento di divulgazione: tutte queste declinazioni appartengono allo sviluppo del tema del mostrare. Oggi che, grazie alle nuove tecnologie, siamo in grado di mostrare anche concetti astratti, non si tratta più di esporre semplicemente degli oggetti ma si apre anche la possibilità di visualizzare i collegamenti che essi hanno con la realtà.
3. Maldonando (1992)
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003. Sala del Caleidoscopio VIII Triennale di Milano 1964
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Un esempio particolarmente significativo di questa nuova potenzialità è la mostra sul “Tempo libero” organizzata dalla XIII Triennale di Milano nel 1964. Vittorio Gregotti e Umberto Eco, in quell’occasione, chiesero a un gruppo di intellettuali di affrontare questo tema non in modo non descrittivo, diretto ma piuttosto allusivo, evocativo. Furono usati vari linguaggi, attraverso una particolare configurazione dell’ambiente in cui lo spettatore era chiamato a usare tutti i sensi e non solo la vista. La cosiddetta “Sala del caleidoscopio”, all’ingresso della Triennale, fu trasformata in uno spazio piramidale, completamente rivestito di specchi che moltiplicavano all’infinito la dimensione reale dello spazio, e su cui venivano proiettati ininterrottamente filmati brevi, che insieme a suoni e rumori creavano nello spettatore un senso di immersione totale senza tempo. Con lo sviluppo sempre maggiore delle tecnologie immersive, gli exhibit di oggi hanno acquisito una dimensione interattiva, in cui il visitatore non si limita a osservare, ma è anche stimolato a pensare, a fare, a interagire. La progettazione di exhibit per l’ambito scientifico, ricorre a tecniche usate nelle installazioni artistiche (videoproiezioni, superfici interattive, suoni,ecc.) consolidando sempre di più il legame tra arte e scienza. Il visitatore apprende interagendo; non rimane più passivo, ma diventa parte attiva. Come scrive Horst Bredekamp “Le società ipertecnicizzate stanno attraversando una fase della svolta copernicana che le conduce al dominio della lingua e dell’egemonia dell’immagine. Già una volta il mondo delle kustkammern aveva scommesso quasi interamente sul pensiero nelle immagini e attraverso le immagini, e oggi insegna che discipline quali la matematica, la linguistica, la psichiatria, la neurobiologia, per citarne alcune che sempre più scommettono sull’analisi delle immagini originate in modo associativo- caotico o controllato- rischiano di rimanere quasi cieche nel momento in cui ignorano il materiale tradizionalmente accumulato dalla storia dell’arte.” 5
5. Bredekamp (2008)
Cap.1 Exhibit: strumenti tra scienza ed arte
1.2 Nuove prospettive per la comunicazione scientifica
Particolarmente interessante, come esempio di questo rapporto che unisce la divulgazione scientifica all’arte nella creazione di exhibit, è il lavoro di Will Burtin. Will Burtin, si autodefinisce un “integrator”, termine usato per descrivere la sua duplice posizione di “visual researcher” e interprete della scienza; il suo lavoro rimanda alla connessione tra la ricerca scientifica e le potenzialità del design come strumento di espressione e divulgazione della conoscenza. Nato come graphic designer, Burtin comincia illustrando manuali di istruzioni per l’esercito americano, dove mostra in modo del tutto nuovo come caricare una pistola, o come fare una manovra di volo (ancora una volta i manuali di istruzioni sono il punto di inizio, come lo furono nei Teatri delle macchine). Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, egli iniziò a lavorare per la rivista Fortune in qualità di art director; il suo compito era quello di illustrare le possibilità della crescita economica post bellica, la creazione di una nuova cultura di consumo e soprattutto l’importanza del ruolo della tecnologia come fonte di innovazione. In ogni numero grazie a documentazioni fotografiche, illustrazioni, infografiche e diagrammi, Fortune iniziò a presentare le notizie in modo nuovo e intelligente, comprensibile ed educativo accrescendo così la sua popolarità. Le qualità di “integrator” si fanno già vedere nei suoi lavori di grafica in cui la progettazione di ogni singolo elemento è pensata per facilitare la comprensione anche da parte di chi non è esperto dell’argomento. Nel 1949 Burtin, lascia Fortune per fondare il suo studio e comincia a lavorare con l’azienda farmaceutica Upjohn Company: una collaborazione che segnerà una svolta decisiva per il suo lavoro. All’inizio egli si occupa della rivista di divulgazione scientifica dell’azienda, Scope; in seguito cura l’intera immagine dell’azienda farmaceutica. All’interno della Upjohn il lavoro di Burtin però non si limita alla comunicazione grafica; nel 1957 , infatti, propone la costruzione di un modello scientifico su larga scale di una cellula umana. Concepisce cioè l’idea di progettare e costruire modelli giganti di
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oggetti che nessuno aveva mai visto prima e che non avrebbe potuto vedere se non con un microscopio. Con il primo modello di Cell, per l’Upjohn, “nasce il concetto moderno di visualizzazione scientifica”. 6 Erano gli anni in cui la biologia stava scoprendo gran parte del funzionamento delle cellule, Watson e Crick avevano rivelato la struttura a doppia elica del DNA, i microscopi elettronici restituivano immagini delle strutture cellulari mai viste prima.
004. - 005. Will Burtin Scope, “Telling lines, some notes on graphs”, 1953 Will Burtin Pubblicità per Upjhon, 1950
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In questo momento di crescita e di rivoluzione culturale, soprattutto nell’ambito medico e tecnologico, Burtin è in linea con i ricercatori e i medici che credono che solamente studiando e analizzando le cellule dal vivo si possono trovare cure e rimedi adatti, schierandosi chiaramente a favore dell’innovazione e della ricerca. Con il suo progetto, Burtin vuole visualizzare e dare una spiegazione di tutte queste nuove scoperte; grazie al suo modello di grandi dimensioni (7,35x3,67m ) è possibile cogliere immediatamente le connessioni che intercorrono tra le varie parti della cellula, come sono collegate le varie parti al suo interno, insomma la sua struttura interna.
6. Remington, Fripp (2007)
Cap.1 Exhibit: strumenti tra scienza ed arte
Non è la copia ingrandita di una cellula, quella che il designer vuole rappresentare, ma il suo funzionamento. La scelta dei materiali è fondamentale; Il progetto prevede l’uso della plastica, un materiale innovativo per l’epoca, facile da lavorare e di grande effetto. The Cell viene progettata per impressionare; con luci pulsanti e grovigli di cavi, display elettronici, “l’effetto del movimento e le pulsazioni, danno l’idea di trovarsi in una struttura vivente” 7 Interamente percorribile, quasi un’opera di arte immersiva, Burtin stesso la definì una “exhibit sculture”. Più di 10 milioni di persone visitarono la mostra a New York, Chicago e San Francisco e la BBC ne fece un servizio nel 1959. I benefici per La Upjohn Company furono incalcolabili. Come aveva annunciato Burtin nel discorso di apertura dell’International Design Conference del 1955, “Prima di vendere qualcosa bisogna conoscere quello che stiamo vendendo” 8 Un altro esempio di questo nuovo modo di esporre le tematiche scientifiche è The Brain realizzato nel 1960. Il progetto è sempre per l’Upjohn, e l’intento di Burtin, ancora una volta, non è tanto quello di rappresentare il cervello umano, ma di dimostrarne le funzioni. Il visitatore è invitato a usare due sensi, vista e udito. L’idea del designer è di ricreare un’esperienza audiovisiva: nell’exhibit sculpture sono rappresentati gli stessi meccanismi che si attivano in un cervello umano quando processa il suono e le immagini. Si tratta quindi di far capire allo spettatore come il cervello riceve le informazioni, come le connette ad altre, come le valuta ed infine come risponde ad esse. La novità qui è il fattore “tempo”. La temporalità è una questione fondamentale nell’opera, che si serve di diversi stimoli contemporaneamente: luci rosse per rappresentare le sensazioni visuali, luci verdi per quelle uditive e luci bianche per le funzioni muscolari. Nella durata di nove minuti (che nella realtà rappresentavano una frazione di secondo) veniva ricreata l’esperienza di essere a un concerto e grazie a delle cuffie i visitatori potevano prendere parte alla dimostrazione. Un narratore illustrava il funzionamento dei vari impulsi e reazioni, e l’impatto sensoriale era molto intenso; le persone che partecipavano ne uscivano estasiate. Questi due progetti sono due esempi significativi del modo di pensare e di lavorare Burtin. La sua ricerca prosegue con la progettazione di numerosi altri exhibit; nel 1963 si aggiunge una nuova
7. Remington, Fripp (2007) 8. ibidem
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exhibit sculture, Metabolism, considerata la prima vera scultura elettronica o, come lui stesso la definisce, un “electronicallycontrolled exhibit”. Si tratta di una sorta di ingrandimento del suo primo lavoro, The Cell, con la differenza che in questo exhibit vengono visualizzate le reazioni chimiche all’interno dei mitocondri. L’opera è composta da otto parti in acciaio-chiamate emisferi- interconnesse tra loro con fasci di luci che, muovendosi da una parte all’altra, si combinano tra loro, cambiano colore, fino ad arrivare alla sostanza finale che sarà la base per il prossimo emisfero.
006 Metabolism Will Butin 1963
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E’ quindi attraverso questo continuo gioco di luci che si dimostra il ciclo di produzione dell’energia necessaria ad una cellula per sviluppare nuova energia. Le riflessioni del designer verranno poi raccolte nel libro Visual aspects of Science (1963). La sua curiosità verso la scienza propone una nuova cultura del progetto centrata sull’innovazione e sulla sperimentazione; rendere visibile l’astratto diventa il punto di forza del lavoro di Burtin, che esplora diverse discipline per arrivare a un risultato chiaro e comprensibile. L’uso di luci, display,
9. ibidem, pag.93
Cap.1 Exhibit: strumenti tra scienza ed arte
suoni, strutture completamente attraversabili, rende molto vicino il suo lavoro alle piÚ moderne sculture di arte immersiva, di cui può essere considerato un precursore, insegnandoci che il Design è una materia complessa, interdisciplinare, che attinge da diversi campi per arrivare a un risultato che unisce mondi talvolta molto distanti e difficili da visualizzare.
007. The Cell Will Burtin 1957
008. The Brain Will Burtin 1960
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Cap.2 Esporre un concetto matematico
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Esporre un concetto matematico. La matematica rappresentata nei musei
2.1 La matematica nei musei. Tra passato e futuro. Dopo questa panoramica generale sull’evoluzione e la natura degli exhibit, vorrei delineare in maniera più accurata la loro funzione all’interno dei musei scientifici, focalizzando in particolar modo l’attenzione sui musei della matematica. La matematica e i suoi concetti rappresentano una sfida per l’exhibit design, in quanto essa è una materia astratta e molto difficile da visualizzare. Esporre oggetti, animali, elementi naturali è molto diverso dall’esporre concetti scientifici, bisogna quindi partire dalle basi: cosa si espone in un museo sulla matematica? E che ruolo ha il designer in tutto ciò? Abbiamo visto che la concezione di “museo” negli ultimi anni ha acquisito nuovi significati, che lo differenziano da quello che era in origine nel linguaggio comune: un luogo in cui si conservano e espongono oggetti. Come afferma Basso Peressut infatti “il museo di tecnologia e scienza si colloca nel punto di convergenza tra necessità di conservazione ed esposizione di prodotti tecnicamente dati, capacità di sollecitare interessi, attenzioni, stimoli nei confronti di un universo in divenire (…) e volontà di creare un immaginario in cui identificare un percorso comune di realtà diverse nei confronti dei saperi che legano scienze e tecnologie all’uomo e all’ambiente in cui vive” 10 Fin dagli inizi, le numerose collezioni naturalistiche e altri oggetti più o meno curiosi, rendono le Wunderkammer cinquecentesche uno dei primi luoghi dove poter “mostrare”: microcosmi formati da oggetti insoliti (Curiosa e Mirabilia) , oggetti artistici (Artificialia), ma anche oggetti di interesse scientifico (Scientifica) e ovviamente collezioni naturalistiche (Naturalia). Il tipo di oggetti esposti ha poi subito un’evoluzione significativa: partendo dal mondo naturale via via essi diventano sempre più artistici.
10. Basso, Peressut (1998, pag.15)
009. Wunderkammer Siciliana del XVII secolo (particolare)
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Nel Museum Metallicum di Aldovrandi, per esempio, si potevano trovare curiosi accostamenti tra arte e natura: dipinti prodotti dagli elementi naturali, ma anche figure matematiche generate dalla natura stessa (per esempio conchiglie, cristalli). Scienza e arte convivevano negli stessi ambienti e spesso l’una serviva per spiegare l’altra. Le origini dei musei della scienza e della tecnica passano poi attraverso i laboratori degli studiosi e degli inventori, molte collezioni diventano strumenti di ricerca e studio all’interno delle Accademie; basti pensare al caso della collezione Trascendent, che nel 1683 venne trasferita da Londra a Oxford diventando l’ Ashmolean Museum. I modelli di studio, i prototipi e gli strumenti, come detto nel capitolo precedente, diventano materiale da esporre per divulgare la conoscenza. In seguito alla specializzazione dei musei scientifici si assiste a un progressivo allontanamento dalle pratiche artistiche e allo sviluppo indipendente delle due discipline. I musei d’arte continuano ad esporre collezioni di opere, mentre la scienza “esposta” prende altre vie; l’oggetto dell’allestimento non è più un oggetto materiale, ma la scienza stessa. La scienza diventa prima oggetto di divertimento poi, con le grandi esposizioni universali, affascina il pubblico con tecniche innovative e nuovi macchinari, che vengono visti come le nuove “meraviglie” frutto del progresso industriale e tecnologico. Dalla creazione di spazi appositi come i musei delle scienze e delle tecniche, si arriva successivamente alla nascita dei Science Centre, in cui è possibile per il pubblico interagire con gli exhibit scientifici, per apprendere concetti nuovi. La matematica però è una materia che spessa è stata messa in secondo piano all’interno dei musei della scienza; mentre le altre scienze come la fisica, o la chimica, potevano essere facilmente spiegate, la matematica veniva spesso rappresentata usando i suoi strumenti: calcolatori, abachi, metodi di misurazione. Con il passare degli anni si è cominciato a mostrare il percorso e il ragionamento dei matematici. Come afferma Wilma Di Palma: “La museologia della matematica ha l’onere di mettere in mostra le idee dei grandi, fabbricando modelli interattivi a partire dai loro
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Cap.2 Esporre un concetto matematico
scritti perché raramente trova oggetti già pronti per essere esposti: i matematici dimostrano e i museologi mostrano.” 11 Gli oggetti matematici vengono quindi mostrati nei musei seguendo tre categorie: strumenti, modelli geometrici e concetti matematici astratti. Negli spazi dedicati alla matematica dei Science Centre sono apparse quindi illustrazioni didattiche, strumenti per la comprensione di concetti particolari; gli exhibit hanno così cominciato ad essere usati anche per questa affascinate materia. Nello Spectrum Science Centre di Berlino, per esempio, il teorema di Pitagora viene spiegato attraverso exhibits “hands on”, in cui il visitatore, interagendo con l’oggetto, può arrivare subito alla comprensione del concetto matematico. Anche all’Exploratorium di San Francisco, la matematica è stata il tema di una serie di incontri e conferenze dedicati alla Geometria, in cui utilizzando filmati e video installazioni, venivano fatti vedere i rapporti tra le figure, la creazione di pattern geometrici, il funzionamento dei frattali. Questi exhibit, dimostrazioni e conferenze sono particolarmente utili ed efficaci al mondo della didattica; i principali fruitori sono i bambini e i ragazzi, cioè il pubblico favorito dai Science Centre. La matematica rimane però sempre uno delle tante materie scientifiche al loro interno, dove si continua a puntare su materie di impatto più scenico: l’astronomia, la robotica, la realtà virtuale, solo per fare alcuni esempi.
010. Exploratorium, interno sala principale San Francisco
11. Di Palma, (2002)
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I musei interamente dedicati alla matematica sono pochi, e hanno prevalentemente una impostazione didattica. In Italia ci sono due musei che trattano di Matematica: il Museo della matematica di Roma e Il giardino di Archimede a Firenze. Entrambi sono rivolti alle scuole e alla didattica e utilizzano prevalentemente esperimenti e exhibit “hands-on”. In particolar modo il Museo della Matematica di Roma, si propone come un laboratorio interattivo con il pubblico, prendendo in esame diversi argomenti come i metodi di conto degli antichi romani, la geometria dei poliedri ad esempio, e affiancando all’attività espositiva una serie di incontri e conferenze di carattere divulgativo, organizzati in collaborazione con il mondo accademico. L’ultimo nato in fatto di musei sulla matematica è certamente il MoMath di New York, aperto agli inizi del 2012. Nato in origine come esposizione temporanea per il World Science Festival di New York, del 2009, è stato deciso in seguito di farne un’istituzione permanente, visto il successo e l’elevato numero di visitatori. Anche qui è stato dato grande spazio agli exhibit interattivi, che sono l’attrazione principale del museo. Dedicato ai bambini di diverse fasce d’età, il MoMath dispone di numerosi laboratori per la didattica e la divulgazione della materia, la mission del museo è infatti quella di “sforzarsi di migliorare la comprensione e l’interesse del pubblico per la matematica. (…) Stimolando la riflessione, la scintilla della curiosità verso le meraviglie della matematica.” 12. Il museo punta soprattutto sulla comunicazione e sulla qualità degli exhibit interattivi. Si tratta di una ventina di exhibit pensati “a misura di bambino” e dedicati a vari temi. Sono stati realizzati da numerosi designer che si sono occupati, all’interno del museo, sia della comunicazione che della progettazione dei percorsi didattici e degli exhibit. Un altro strumento che svolge un ruolo fondamentale è il Web, infatti molte istituzioni museali lo usano come un’appendice dei propri exhibit. Per esempio ul sito del MoMath è presente una sezione in cui il materiale di alcuni exhibit può essere scaricato, per essere usato a casa o nelle scuole.
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12. http://momath.org/about
Cap.2 Esporre un concetto matematico
011. Graphic Rollercoaster Momath New York, 2012 Exhibit che spiega la costruzione delle curve di funzioni matematiche.
012. Miles of Tiles Momath New York, 2012
013. Wheel of Chance Momath New York, 2012 Spiegazione del concetto di probabilitĂ . Al Momath i visitatori sono sempre seguiti da personale istruito che illustra il funzionamento degli exhibit.
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Un passo ulteriore è stato fatto dall’Università di Berkeley, che ha creato un museo della matematica interattivo completamente online, MathSite, 13 in cui sono presenti solo quattro exhibit. Ma è in fase di aggiornamento continuo, in particolare l’exhibit “Disserting Triangles and Squares” è particolarmente coinvolgente e dimostra in maniera molto efficace il teorema della scomposizione dei poligoni.
014. Schermata principale di “Dissecting Triangles and Squares” Il sito è ancora in fase di costruzione per alcuni exhibit, ma presenta molti contenuti spiegati attraverso giochi che si possono fare on-line .
I musei della matematica si apprestano quindi a ricercare nuovi mezzi, sia per la divulgazione sia per l’espressione dei concetti. Un punto di svolta in futuro potrà essere il cambiamento di target di visitatori. Puntare sulla didattica per i bambini e le scuole è certamente importantissimo, ma cercare di coinvolgere un pubblico più ampio è una sfida da non trascurare se si tiene alla diffusione della cultura scientifica.
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13. http://mathsite.math.berkeley.edu/main.html
Cap.2 Esporre un concetto matematico
2.2 Due casi studio: “Mathematica” dagli Eames e “Mathematics: A Beautiful Elsewhere” della Fondatiòn Cartier Dopo aver preso in esame come la matematica è stata esposta nei musei e Science Centre vorrei prendere in esame due casi studio di mostre temporanee dedicate alla matematica: una organizzata negli anni Sessanta del secolo scorso e l’altra tuttora in corso. “Mathematica”, allestita dai due celebri designers Charles e Ray Eames, è in assoluto la prima mostra sull’argomento, mentre “Mathematics: a Beautiful Elsewhere”, è una mostra curata dalla Fondazione Cartier di Parigi, ed è l’esempio più recente di esposizione su questo tema. Per quanto diversi siano i due approcci, è interessante vedere come è stato affrontato un tema così complesso in due momenti molto distanti tra loro, con diversi strumenti e diverse modalità espositive, in vista di una proposta progettuale che sarà presentata nella seconda parte della ricerca.
Caso Studio I_ “Mathematica. A world of numbers and beyond” La mostra ideata nel 1961 da Charles and Ray Eames, è la prima grande mostra dedicata al tema della matematica e dei numeri. Allestita al California Science Centre, è stata commissionata ai due celebri designers da IBM ed è una mostra molto innovativa da molti punti di vista; oltre ai pannelli di testo progettati in modo da far scoprire scoprire la stretta relazione tra la scienza, la natura e la matematica, i numerosi exhibit interattivi colpivano l’immaginario del visitatore di tutte le età. Lo scopo principale dell’intero allestimento - che occupava 280mq di spazio, uno dei più grandi allestimenti mai visti- era il divertimento;i grandi come i più piccoli venivano proiettati in una dimensione ludica che spezzava il pregiudizio secondo il quale la matematica sarebbe una materia noiosa e difficile.
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“Uno dei segreti meglio custoditi nelle scienze è quanto poco gli scienziati siano pomposi nel loro sapere, e quanto sano divertimento vi sia nel loro lavoro. Nel pensare una mostra come “Mathematica”, abbiamo cercato in modo deliberato di tirare il divertimento fuori dalla borsa” 14 , così Charles Eames descriveva la mostra in occasione della sua inaugurazione. Una delle cose che colpivano maggiormente era l’approccio che gli Eames avevano usato per presentare la matematica al pubblico. Della matematica si voleva far vedere il suo stretto rapporto con la realtà, la sua presenza nelle teorie, nelle immagini, nella storia dell’umanità. Al centro dell’esposizione vi erano sei exhibit
015. Mathematica. ingresso della mostra California Science Centre Los Angeles, 1961
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interattivi dedicati alla meccannica celeste, al nastro di Moebius, alla probabilità, alla topologia, alle superfici minime, alla geometria proiettiva e alle moltiplicazioni: a vari ambiti, cioè, in cui la matematica e i numeri hanno consentito di modificare la nostra vita e la nostra immagine del mondo. Per esprimere la complessa teoria delle superfici minime del matematico Joseph Plateau per esempio, gli Eams costruirono una macchina per bolle di sapone, illustrando con un semplice esempio fisico (la superficie della bolla) la matematica che descrive la trasformazione di
14. Bonacorsi (2012)
Cap.2 Esporre un concetto matematico
una membrana piana in una forma geometrica sferica. L’exhibit metteva in moto una reazione di meraviglia e di sorpresa, attivando nello spettatore un processo di scoperta del rapporto tra la matematica, le superfici e lo spazio. La moltiplicazione era illustrata attraverso un’installazione artistica; un cubo formato da 512 lampadine elettriche che si comportava come una matrice tridimensionale in cui qualsiasi numero da 1 a 8 poteva venire elevato al quadrato o al cubo. L’effetto finale, molto affascinante ed estremamente suggestivo, era costituito da colonne e piani di lampadine illuminate che, accendendosi, “mostravano” visivamente il risultato dell’operazione, cambiando a seconda della cifra.
In tutti i casi, la matematica veniva mostrata nei suoi suoi effetti, come una “struttura” soggiacente ai fenomeni più diversi. I principi degli exhibit venivano quindi illustrati graficamente nelle due pareti (Il “muro della storia” e il “muro delle immagini”) tra cui erano allineati gli exhibit. Il Muro della Storia - una sorta di timeline denso di immagini, descrizioni e testi - riusciva a rappresentare nello spazio di una parete quasi 1000 anni di sviluppi e protagonisti della matematica.
016. Mathematica Interno California Science Centre Los Angeles, 1961
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017. Mathematica. “History Wall” California Science Centre Los Angeles, 1961
018. Mathematica. “Moltiplication machine” California Science Centre Los Angeles, 1961
019. Mathematica. “Minimal Surfaces” California Science Centre Los Angeles, 1961
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Cap.2 Esporre un concetto matematico
Si tratta di un lavoro di infografica estremamente ricercato ed efficace, che combinava sapientemente immagini e testo per raccontare una storia lunga e complessa. Di fronte era collocato il “Muro delle Immagini” dove, accanto a formule, diagrammi, fotografie e principi matematici comparivano anche varie applicazioni: immagini di arte cinetica, proporzioni, frattali dalle quali lo spettatore poteva ricavare l’origine matematica. Nella brochure di presentazione di “Mathematica” la mostra veniva sintetizzata in tre frasi: “Mathematic is a tool. Mathematic is a science. Mathematic is a work of art.” 15
Queste brevi descrizioni sono una testimonianza della volontà dei designers di non restringere il loro lavoro a un ambito solo, ma di aprirsi a dimensioni diverse tra loro. La didattica, la ricerca e l’arte sono per gli Eames sullo stesso piano, sono tutti ingredienti che una mostra deve possedere per essere tale, uniti da un filo conduttore che è il divertimento e la curiosità. Come ha spiegato Charles Eames durante un intervista “il design è l’espressione di un intenzione” 16 : l’intenzione di una mostra come Mathematica era di sorprendere, di avvicinare tutti a un argomento inusuale e difficile, di coinvolgere il pubblico e di renderlo attivo. Grazie all’uso di tecnologie nuove per quell’epoca (video, proiezioni, ecc.), la mostra ebbe un grande successo, come dimostra il fatto che Mathematica fu l’istallazione permanente più duratura nel mondo, fino a quando venne chiusa il 31 gennaio 1998. Il ruolo del design assume qui un’importanza decisiva; il designer diventa infatti responsabile della creazione di un canale di conoscenza interamente nuovo. Attraverso la progettazione di spazi e di strumenti, l’ingegno di Charles e Ray Eames riesciva a creare un’atmosfera in cui la matematica veniva vista in un modo completamente diverso.
15. http://eamesdesigns.com/catalog-entry/mathematica 16. Neuhart (1989)
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020. Mathematica. “Moebius Ribbon” California Science Centre Los Angeles, 1961
021. Mathematica. “Celestial Mechanics” California Science Centre Los Angeles, 1961
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Cap.2 Esporre un concetto matematico
Caso Studio II_ “Mathematics a Beautiful elsewhere” Mathematics: A Beautiful Elsewhere è una mostra organizzata dalla Fondation Cartier pour l’art contemporain, tuttora in esposizione a Parigi. L’approccio fin dall’inizio è diverso da tutte le altre mostre sulla matematica; il numero degli studiosi e matematici chiamati per intervenire è uguale al numero degli artisti. Una scelta molto particolare che mette a confronto, ponendoli sullo stesso piano, due punti di vista molto diversi sullo stesso argomento.
La differenza che salta immediatamente agli occhi rispetto a Mathematica degli Eames è la sede prescelta: la prima organizzata in un centro di arte contemporanea, la seconda nel California Science Centre di Los Angeles. La mostra si suddivide in quattro ambienti in cui vengono svolti due diversi approcci al tema: uno più astratto e l’altro più divulgativo. Nella sezione più astratta troviamo la scultura dell’artista Hiroshi Sugimoto “Conceptual Form 011”, che rappresenta il concetto di pseudosfera; nella luce soffusa della stanza la scultura si presenta come un’opera da contemplare, più che da comprendere. Non c’è
022. Conceptual Form 011 in “Mathematics: a beautiful elsewhere” Hiroshi Sugimoto Fondation Cartier Parigi, 2012
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alcun intento didattico. L’installazione di David Lynch “The library of Mysteries”, pensata insieme al matematico Misha Gromov, propone invece un itinerario attraverso le grandezze dell’universo, richiamando l’ormai famosissimo “Power of Ten” degli Eames. Gli spunti matematici si trasformano una sorta di viaggio tra immagini e suoni in un ambiente circolare pensato a forma di zero. Su uno schermo, compaiono i grandi classici della matematica e una sequenza di citazioni che scandisce il progresso della matematica nel tempo. La parte divulgativa curata da Raymond Depardon e Claudine Nougaret, è trattata in maniera molto meno precisa, un po’ sottovalutata. Sono presenti delle riflessioni su come i principi matematici influiscano sulla natura; dalle piume del pavone, al manto del giaguaro, passando attraverso le leggi fisiche che governano il mondo. In un grande affresco è possibile passare in rassegna tutte le equazioni contenute nelle forme della natura. L’unica installazione interattiva della mostra è quella di Takeshi Kitano, in cui per la prima volta il visitatore entra in contatto diretto con l’argomento esposto; l’opera “The answer is 2011” consiste in uno schermo touchscreen, in cui il visitatore è chiamato a proporre una formula che dia come risultato, appunto, 2011. Manca però un livello di coinvolgimento che porti il visitatore a una reale interazione con l’exhibit. Nella presentazione del catalogo viene sottolineato il carattere particolare dell’esposizione, che “non vuole essere una mostra sui rapporti tra matematica e arte contemporanea, quanto piuttosto un tentativo di dialogo tra matematici e alcuni artisti scelti per la loro eccezionale capacità di ascolto, così come per la loro grande curiosità” 17 , le opere sono quindi concepite come il risultato di un dialogo, in cui la matematica è usata per suscitare idee nella mente di un artista. Per questo il visitatore si trova nella stessa condizione di chi visita una mostra d’arte. Manca l’interazione caratteristica della mostra degli Eames, così come anche l’aspetto ludico, l’elemento sorpresa. Al contrario viene enfatizzato il lato misterioso della matematica, il suo carattere enigmatico, i problemi irrisolti. L’aspetto informativo/divulgativo/didascalico è sviluppato nel film girato in CinemaScope dai curatori; ogni artista e matematico
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17. Bourguignon, Cassè, Chandes (2011)
Cap.2 Esporre un concetto matematico
023. Conceptual Form 011 in “Mathematics: a beautiful elsewhere” Hiroshi Sugimoto Fondation Cartier Parigi, 2012
024. The answer is 2011 in “Mathematics: a beautiful elsewhere” Hiroshi Sugimoto Fondation Cartier Parigi, 2012
025. Conceptual Form 011 in “Mathematics: a beautiful elsewhere” Hiroshi Sugimoto Fondation Cartier Parigi, 2012
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viene intervistato, lasciato libero di esprimere verbalmente, in un lungo discorso, quello che è per lui la Matematica, di come sia un’ossessione ma anche una fonte di gioia e scoperta. Il filmato proiettato su una parete molto grande in un ambiente buio, è uno spazio di riflessione e di dialogo, in cui anche il visitatore viene catturato dalla curiosità e accompagnato all’interno di questo mondo affascinante e misterioso.
026. Particolare della parete teorica in “Mathematics: a beautiful elsewhere” Fondation Cartier Parigi, 2012
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Il progetto della Fondation Cartier nasce con ottimi spunti, coinvolge personalità all’apparenza molto distanti come artisti e matematici, istituti di ricerca internazionali, ha organizzato un convegno internazionale sul tema “Mathematics for everyone?”, possiede un sito che offre tantissimo materiale, un’applicazione per ipad. Ma i vari exhibit restano separati e distanti tra loro, il visitatore coglie il lato estetico del tema ma resta in un certo senso passivo. Affascinato, magari, dalla matematica, ma pur sempre lontano ed estraneo ad essa.
Cap.2 Esporre un concetto matematico
Nei due casi studio appena affrontati è molto semplice capire quanto è difficile fare delle esposizioni sui concetti e i problemi della matematica; non è facile coinvolgere le persone, rendere chiari i concetti; si rischia di essere troppo didascalici o troppo. Si tratta di questioni che vanno affrontate attentamente e che rispondono a esigenze diverse nei due casi studio che abbiamo discusso; prevalentemente didattica quella di Mathematica degli Eames, molto più vicina a quella di un’esposizione di arte quella di Mathematics: a beautiful elsewhere. Comprendere le diverse sfaccettature di un tema, sperimentare diverse modalità espositive e mantenere vivo l’interesse dei visitatori sono sfide che ogni curatore di mostre scientifiche raccoglie in modo diverso, anche grazie alla possibilità di sfruttare le potenzialità delle più recenti tecnologie.
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Cap.3 Cos’è un numero?
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Cos’è un numero?
Materiale teorico per spunti progettuali
Questa parte dedicata al numero e alla sua rappresentazione, non vuole essere una sintesi della storia dei numeri, ma piuttosto delineare il percorso fatto dall’uomo per arrivare alla rappresentazione di un concetto; un processo che per quanto oggi ci sembri naturale, è durato secoli. Per arrivare alla progettazione di un exhibit dedicato al mondo dei numeri e della matematica, occorre partire dalle basi, occorre capire come da una serie di piccole tacche su un osso di animale (un sistema di conto di cui si trova traccia nei primi insediamenti umani) o da mucchietti di sassolini, si è passati alle cifre; quali percorsi mentali sono stati seguiti per concretizzare un concetto astratto. E ancora: seguire le modalità che hanno portato l’essere umano a usare i numeri per comprendere meglio il mondo circostante, a costruire l’edificio della geometria, a affinare la matematica per riuscire a spiegare il mondo e tutti i fenomeni fisici che ci circondano. Partire da un concetto per poi tradurlo in qualcosa di visibile, di fisico è anche il principio stesso di exhibit. I numeri come li conosciamo oggi sono frutto di un lunghissimo lavoro di astrazione. Passare da una vaga intuizione di quantità al Numero non è un’impresa di poco conto, considerando la natura doppia del numero, che si basa su somiglianza e differenza. Gli uomini fin dai tempi del Paleolitico hanno usato, come abbiamo accennato, ossa o pietre per tenere a mente lil numero di prede cacciate, o il numero di animali in un gregge: una linea o un punto rappresentavano la preda catturata, ogni “oggetto” era quindi abbinato ad un segno, anche perché “a occhio” risultava alquanto difficile riuscire a stimare in modo preciso le quantità. I numeri, in un certo senso, sono stati “inventati” anche per questo: riuscire
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quantificare e dunque contare un insieme di oggetti. Le prime testimonianze delle capacità di calcolo degli uomini primitivi risalgono all’uomo di Cro-Magnon (circa 35000-20000 a. C) e consistono in vari frammenti d’osso in cui sono incise delle tacche, ma a differenza dei ritrovamenti antecedenti, queste evidenziano la capacità dell’uomo di scomporre in basi e unità. Le tacche infatti sono distribuite in maniera regolare a gruppi di cinque tacche ognuna: cinque come le dita della mano . In seguito l’uomo è passato anche a descrivere tali segni attraverso dei simboli, dandogli nomi diversi. Le numerazioni antiche, sono costituite da simboli ben precisi che definiscono le differenze tra una cifra e l’altra, le cifre acquistano identità distinte tra loro e rappresentano tutti i modi di rappresentare i numeri delle grandi civiltà antiche. Nel caso delle numerazioni usate da Sumeri, Babilonesi, Egiziani, Maya, ad esempio, si può parlare di numerazioni simboliche in quanto usano segni precisi inventati ad hoc, nel caso di Greci ed Ebrei possiamo parlare di numerazioni alfabetiche, poiché i simboli usati erano gli stessi presenti nell’alfabeto parlato. La numerazione moderna infine, prevede l’introduzione delle cifre a cui noi tutti siamo abituati;
0123456789
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Cap.3 Cos’è un numero?
3.1 Cifra, numero, calcolo. Alcune precisazioni e differenze
La cifra, come afferma Ouaknin “(...) è un modo di scrivere, o di rappresentare, un numero. Le cifre sono una questione di linguaggio e scrittura. I numeri esistono invece indipendentemente dalle cifre stesse, (…) ogni persona descriverà un’ immagine numerica scrivendo la cifra secondo la sua cultura, linguaggio o epoca. Che sia 4, IV o ∆, la quantità è sempre la stessa, sono questi segni che noi chiamiamo cifre.” 18 Nel corso della storia tante quante sono le civiltà altrettanti sono i modi di rappresentazione che esse hanno usato per le cifre. Possiamo tuttavia suddividere questi vari sistemi in tre grandi gruppi: numerazioni primitive, numerazioni antiche, numerazioni moderne. Le numerazioni sono sistemi di rappresentazione dei numeri, la loro funzione è quella di esprimere il concetto di numero in un triplice sistema, attraverso una rappresentazione visiva, orale e scritta, su cui esse sono fondate. Con le numerazioni scritte nasce anche la possibilità di calcolare, di riuscire ad esprimere attraverso segni alcune operazioni comuni nella vita quotidiana. Il calcolo nasce anche per risolvere problemi pratici, per facilitare gli scambi economici e per il commercio; nasce da domande semplici, del tipo: “se ho 10 pecore e nascono 2 agnelli, quante animali avrò in totale?”. La rappresentazione prima e il calcolo poi, furono le grandi esigenze che spinsero gli uomini a creare le numerazioni, passando in questo modo dalla Quantità al Numero. Questo passaggio avvenne però in maniera molto lenta. Come ha osservato bertrand Russell, rendersi conto che “quattro alberi”, “quattro mele” e “quattro uomini” hanno qualcosa in comune, ha richiesto un lungo processo di affinamento culturale. Una volta completato questo processo, gli uomini sono stati finalmente in grado di cominciare a lavorare con i numeri. Con l’avvento della scrittura, i simboli numerici si sono moltiplicati e sono stati espressi in modo diverso nelle varie culture. Ma nonostante le diversità, l’uso dei numeri ha profondamente
18. Ifrah (2008)
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cambiato la cultura e la vita quotidiana. L’osservazione della natura, i primi passi di scienze come l’astronomia o la geometria richiedevano l’utilizzo e la comprensione dei numeri per potersi sviluppare. I numeri sono diventati strumenti di calcolo, le formule e le leggi numeriche sono stati usati per misurare la realtà , per quantificarla, per trovarne le leggi.
5
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MODI DI CON TAR E
oggetti concreti
SIMBOL I NU ME RIC I
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intaglio su supporti
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nodi su cordicelle
figurazione digitale intuitiva
cinque
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PAR I OLE PER INDICARE I NUMER
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quinta lettera dell’alfabeto (es. ebraico)
đ?„?đ?„?
lettere con valore numerico iniziale nome del numero considerato (es. greco antico)
notazioni numeriche basate su intuizione visuale diretta
Cap.3 Cos’è un numero?
3.2 Il corpo umano, ovvero la prima calcolatrice
Il corpo umano, insieme ai supporti ossei, lignei o cartacei, è stato il primo “strumento” usato dagli antichi per calcolare; ad ogni parte del corpo corrispondeva infatti un numero, fino alla creazione di veri e propri “luoghi del numero”. Come afferma anche Galimberti “Fondamentali per la costruzione dell’immagine corporea sono quelle parti del corpo che, per la loro motilità, ne consentono l’esplorazione. Non è un caso che il pensiero primitivo riferisca la successione numerica alla successione digitale e che il bambino cominci a contare percorrendo le proprie dita che, in un certo senso, sono i primi oggetti su cui agisce.” 19
027. Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità Particolare dell’incisione Luca Pacioli 1494
19. Galimberti (1999)
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Esistono in diverse civiltà precise mappe corporee numeriche per calcolare e tenere a mente quantità incredibili di cifre; solo usando le mani si sono sviluppati metodi di calcolo con precise gestualità (ad esempio usando le dita piegate, curve o dritte) che permettono di calcolare cifre grandissime; il “calcolo digitale” -chiamato appunto così perché usa le dita come strumento- ha raggiunto uno sviluppo notevolissimo nella Cina del XVI secolo, in cui si riuscivano a calcolare cifre fino al miliardo. Tutti gli autori greci parlano della “mano” e della gestualità come strumento principale di calcolo. La mano è dunque il primo strumento che ha permesso la visualizzazione attraverso un qualcosa che non fosse necessariamente un supporto grafico, ma uno strumento universale: una rappresentazione immediata del concetto di numero, è questo il punto di partenza per ragionare su come sia possibile rendere immediato l’apprendimento di un concetto astratto attraverso diversi linguaggi, come possono essere l’arte o il design.
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Cap.3 Cos’è un numero?
3.3 Visualizzare la matematica. Un problema antico
I numeri senza l’ausilio del corpo umano vengono prima rappresentati come semplici unità, sassi, cocci; queste prime numerazioni concrete sono comuni in tutti i popoli, che poi verranno sviluppate in maniere diverse da ognuno di essi. I Sumeri usarono ciottoli di diverse misure, con fori o no a seconda della distinzione delle unità e delle basi; gli Inca e i Persiani usavano invece un sistema a cordicelle che rappresentavano i diversi livelli e su cui venivano registrati i numeri, questo sistema che negli Inca era molto più sofisticato è chiamato Quipo. Il grande problema di questi sistemi era però la loro non reversibilità; se uno faceva un errore, bisognava rifare tutto da capo, non esiste infatti una memoria, manca un supporto che registri tutte le fasi; supporto che farà la sua comparsa solamente nel II secolo d.C. quando i cinesi inventeranno la carta. La comparsa degli abachi, che consentiva di svolgere le operazioni usando dei gettoni mobili su una tastiera, diventa il metodo principale di calcolo fin dai tempi dei greci. Saper far di calcolo, diventa quindi una capacità posseduta da pochi, l’arte di usare l’abaco diventa una professione molto stimata
028. Disputa tra Abacisti e Algoristi Particolare di un incisione 1503 circa
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durante il corso dell’alto Medioevo. Con l’introduzione dello Zero e con l’affinamento della numerazione posizionale da parte degli Arabi, si scatenò una vera e propria guerra tra i professionisti del calcolo: gli Abacisti infatti sfidavano gli Algoritmisti, chiamati così in quanto si servivano dell’algebra. La “nuova tecnica” prevedeva solamente l’uso di un supporto cartaceo e di una penna, i calcoli venivano fatti direttamente con le cifre, rendendo le operazioni più semplici, veloci e precise, ma sopratutto permettendo la divulgazione di quello che prima era un insegnamento per pochi. In poco tempo la “nuova tecnica” soppiantò gli abachi e i pallottolieri, aprendo un mondo completamente nuovo per lo studio e lo sviluppo della matematica. Gli abaci, usati in occidente per secoli sono stati completamente dimenticati e sono diventati tutt’al più strumenti per la didattica, per l’ insegnamento della matematica prevede una serie di esercizi il cui scopo è proprio quello di visualizzare i numeri e i loro rapporti tramite stecchini o perline colorate, materializzando in questo modo i concetti chiave. Un altro esempio sono i regoli, usati per familiarizzare i bambini con le operazioni aritmetiche. Come afferma Piaget “La parola non serve a nulla, il disegno non basta ancora, è necessaria l’azione. (…) Perché il bambino giunga a combinare delle operazioni, è necessario che abbia manipolato, che abbia agito, sperimentato, non solo su disegni ma anche su un materiale reale, su oggetti fisici. 20
029. Abaco
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20. Piaget (1956)
Cap.3 Cos’è un numero?
3.4 Chi ha paura della matematica? La matematica al giorno d’oggi, influenze e ispirazioni Le statistiche indicano la matematica come la materia che ha attualmente meno successo nelle scuole, la materia in cui la maggior parte degli studenti ha un’insufficienza. I numeri appaiono come entità fredde, come formule distanti dal quotidiano, dalla vita, e quindi astrusi e poco comprensibili. In verità la matematica è sempre stata parte integrante della nostra comprensione della natura. La geometria ha sempre affascinato gli uomini che fin dai suoi inizi la usarono come base per raffigurazioni, disegni e come strumento per elevare costruzioni. I Greci, sviluppando gli studi sulla matematica, applicarono i numeri in vari campi: dall’architettura alla musica, dalla scultura all’astronomia. Da allora la matematica è al centro di tutte le scoperte scientifiche, al punto che molti l’hanno considerato come un vero e proprio “linguaggio della natura”. l mondo dell’arte ha da sempre subito la fascinazione del numero, attraverso la geometria, lo studio della prospettiva, le proporzioni e altri innumerevoli aspetti. Basti pensare al Rinascimento, in cui le leggi matematiche rivoluzionano la rappresentazione artistica e influenzano profondamente l’architettura e la costruzione delle prime macchine. Ma è soprattutto con il Novecento che i numeri e la matematica diventano protagonisti e veri e propri oggetti delle opere di molti artisti, la cui estetica ha dialogato intensamente con le forme matematiche. Nel 1912 Wassily Kandinskji in “Lo spirituale dell’arte”, pone le basi di un’arte nella quale l’immaginazione propria dell’artista sarebbe stata sostituita da una concezione scientifica. La matematica acquista una nuova dimensione: non solo strumento per indagare la realtà ed i fenomeni legati ad essa, ma anche un tipo particolare di sguardo attraverso il quale arrivare ad esprimersi in forma artistica. Malevic, estremizzando le regole del cubismo, scrive: “L’arte figurativa accademica e l’architettura conoscevano bene ogni strumento con cui calcolare il limite di carico del materiale; conoscevano anche la storia dell’arte.
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Ciò che non conoscevano era la matematica dell’arte in sé: l’arte del Cubismo e la sua teoria. Le masse pittoriche poste nelle cose e nei fenomeni sono portate dall’arte nuova al quarto stadio della cultura cubista, ad ogni organizzazione spaziale che è la somma di tutti i rapporti di linee rette e curve esistenti in un’opera cubica, il più alto calcolo pittorico matematico degli elementi nel tempo.” 21 Come affermerà in seguito Le Corbusier, “per l’artista matematica non significa scienze matematiche. Non si tratta necessariamente di calcoli ma della presenza di una sovranità, una legge di infinita risonanza, consonanza, ordine.” 22 E’ a partire da queste riflessioni che egli realizzò il sistema Le Modulor, basato interamente su proporzioni ottenute combinando le misure dal corpo umano, numero di Fibonacci e sezione aurea. Negli anni seguenti numerosi artisti fecero dei numeri vere e proprie opere d’arte. Tra i numerosi esempi di questa relazione basti citare i programmi didattici del Bauhaus in cui i corsi introduttivi dedicavano grande spazio alla matematica e alla geometria. Un altro esempio può essere l’opera di Mario Merz, che negli anni Settanta ha introdotto nel suo lavoro artistico la successione di Fibonacci per rappresentare la crescita organica e lo sviluppo della forma dalla materia; nel 1984 ha utilizzato la sequenza delle cifre di Fibonacci nell’installazione per la Mole Antonelliana di Torino, in cui la serie di numeri, creati con il neon e disposti ad intervalli regolari, formavano una spirale tendente all’infinito. I numeri diventano il lavoro di un’intera vita nell’opera di Roman Opalka, in cui a partire dagli anni Sessanta, l’artista ha ricoperto tele nere con numeri in successione (*immagine con didascalia con spiegazione metodo); una sfida contro il tempo e l’infinito che prende vita materializzandosi in Programma. L’ idea di Opalka è quella di rappresentare il non-finito, concetto non visibile ma rappresentabile attraverso le cifre e variando l’intensità del colore bianco in relazione allo sfondo.
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21. Malevic (1918) 22. Emmer (2003)
Cap.3 Cos’è un numero?
030. Modulor Le Corbusier 1948
031. Infinity Particolare Roman Opalka Caldic Collection, Rotterdam 1965
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Cap.4 Numeri e Design
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Numeri e Design Alcuni esempi
Come abbiamo visto in precedenza, esistono vari rapporti tra il mondo reale e la matematica, ma non è facile visualizzarli. Ci sono diversi metodi e diverse strade per poter affrontare la strada della visualizzazione e il mondo del design, caratterizzato dalla sua multi-disciplinarietà, ha affrontato questo problema molte volte con vari strumenti. La relazione tra design e numeri è molto stretta; la progettazione di un qualsiasi oggetto ruota attorno a regole dettate da geometria, ergonomia, dal legame tra forma e funzione; ma creare oggetti che esprimano, illustrino e spieghino un concetto matematico è molto diverso; entrano in gioco altri fattori, ad esempio la capacità di sintetizzare formule o calcoli, la progettazione di video e molti altri ancora. Creando varie tipologie, sono stati presi in analisi sei casi studio che hanno come oggetto di indagine proprio i numeri e la loro natura. Le varie tipologie sono tre, la prima “Esprimere un concetto matematico” si propone di illustrare, attraverso due casi studio, come il concetto di numero è stato visualizzato da designer come Bruno Munari e Max Bill. Nella seconda tipologia “Visualizzare un numero tramite video o installazione” si mettono in evidenza le potenzialità dei nuovi media come possibilità espressiva, passando da un video storico come “Powers of Ten”, all’uso di tecnologie più avanzate come nel caso dell’opera di ART+COM Infine la terza e ultima tipologia “Insegnare un concetto” presenta alcuni esempi di come oggetti pensati e progettati appositamente possono essere un valido supporto alla didattica.
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Cap.4 Numeri e Design
Tipologia 1. ESPRIMERE UN CONCETTO MATEMATICO
Concavo e convesso (1948) di Bruno Munari Concavo-Convesso è un’opera di Bruno Munari risalente al 1948, anno in cui l’autore la espose a Parigi. Come egli stesso ha scritto in uno dei suoi libri “L’infinito è un quadrato senza angoli, secondo un antico detto cinese” 23 , ed è appunto dalla figura geometrica del quadrato che Bruno Munari inizia gli studi per la costruzione di quest’opera. Fondamentale, fin dagli inizi, è stato lo studio della geometria e delle forme che è presente in quasi ogni suo lavoro. Nel suo scritto “Arte come mestiere” leggiamo per esempio che “I punti (di una figura) possono essere determinati in vari modi, sia con le misure armoniche, sia liberamente, provando e seguendo le forme mentre nascono. Nel primo caso avremo un oggetto che avrà riferimenti con la matematica, nel secondo caso si avrà una forma libera.” 24 Design e matematica cominciano a interrogarsi sul
032. Concavo.convesso Bruno Munari 1948
23. Munari (1966) 24. ibidem
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L’opera venne in seguito esposta in ambienti bui con luce puntiforme, in modo da far risaltare la sua forma, le sue ombre e il movimento dato dall’aria interna; lo spettatore quindi si ritrovava completamente immerso in uno spazio in continua evoluzione. Da una figura piana ben definita come il quadrato si arrivava a una figura mutevole, che produceva ombre e mutava lo spazio in cui era sospesa: frutto allo stesso tempo di programmazione e casualità. Apparentemente semplice, Concavo-Convesso, cela al suo interno tutta una serie di ragionamenti che partendo da una figura finita, arrivano a formulare il concetto totalmente opposto, l’infinito, in maniera totalmente poetica.
033. Bruno Munari nel suo studio alle prese con Concavo-convesso 1948 (fotografia pubblicata su Munari ‘50, M. Meneguzzo, Corraini Ed.)
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Cap. 4 Numeri e Design
Endless Ribbon (1936) di Max Bill Antecedente all’opera di Munari appena analizzata, “Nastro senza fine” di Max Bill, prende spunto dal medesimo concetto di infinito, trattandolo però in maniera differente. Seguace del Bauhaus, interessatissimo fin dagli inizi alla matematica e alla geometria, Max Bill vedeva in queste scienze un modo speciale e prilegiato di guardare alla realtà. Proprio come Munari, uno dei suoi campi di interesse fu in particolare la topologia. Come leggiamo in un’intervista “Già fin dagli anni quaranta pensavo ai problemi di topologia. Da essi sviluppai una specie di logica della forma. Le ragioni per cui venivo continuamente attratto da questo tema particolare sono due : 1) l’idea di una superficie infinita – che è tuttavia finita – l’idea di un infinito finito; 2) la possibilità di sviluppare superfici che – come conseguenza delle leggi intrinseche sottese – portino quasi inevitabilmente a formazioni che provano l’esistenza della realtà estetica. Ma sia 1) che 2) indicavano anche un’altra direzione. Se le strutture topologiche non orientate esistessero solo in virtù della loro realtà estetica, allora, nonostante la loro esattezza, non avrei potuto esserne soddisfatto. Sono convinto che il fondamento della loro efficacia stia in parte nel loro valore simbolico. Esse sono modelli per la riflessione e la contemplazione.” 25
034. Endless Ribbon IV Max Bill 1946
25. Manfredini (2000)
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Da questi ragionamenti nascono una serie di sculture il cui tema principale è l’infinito. “The endless ribbon” viene presentato per la prima volta alla Triennale di Milano nel 1936; formalizzando l’idea dell’infinito in maniera molto elegante, la scultura in granito riesce a esprimere un senso di leggerezza e l’idea della continuità. Max Bill rimane affascinato da questa forma, e produce una serie di sculture fino agli anni ‘50, tutte varianti della prima: i materiali cambiano ma il concetto espresso rimane invariato. A differenza dell’opera di Munari le sculture di Max Bill sono statiche, non interagiscono con l’ambiente circostante, non creano suggestioni visive, ma arrivano subito al punto: esprimere un concetto visivamente molto complesso.
035. Endless Ribbon Max Bill 1953
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Cap. 4 Numeri e Design
Tipologia 2. Visualizzare un numero tramite video/interazione
Powers of Ten (1977) The Eames Powers of Ten è uno dei video più conosciuti degli Eames e può essere considerato come una chiave di lettura per capire il loro intero lavoro. Cominciato dodici anni prima della realizzazione, è frutto di un lavoro attento di ricerca, che fa uso immagini chiare e semplici che guidano l’immaginazione in un lungo viaggio attraverso microcosmi e macro-cosmi. Il sottotitolo “A Film Dealing With the relative size of Things in the Universe and the effect of adding another Zero” spiega fin dal principio le intenzioni dei designer; dimostrare in maniera visuale come le cose cambino rapidamente man mano che le inquadriamo ingrandendole o rimpicciolendole di potenze di 10. Le informazioni sono ridotte all’essenziale, viene dato molto spazio all’immagine che da sola riesce a spiegare il concetto. Gli strumenti usati sono estremamente semplici: è come se fosse la telecamera stessa ad allontanarsi dalla scena iniziale per raggiungere i limiti dell’universo conosciuto diventando un telescopio, e in seguito è come se si trasformasse in un microscopio, arrivando fino ai livelli base della materia. La misura iniziale è il metro, che viene esplorato da 1025 fino alla dimensione minima di 10-16 , tutte queste sequenze di zoom vengono realizzate in una lunghissima scena continua, rendendo l’intero filmato fluido, un viaggio alla scoperta dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande. Il video ha una struttura ciclica; potrebbe essere visto tranquillamente all’inverso producendo lo stesso effetto ed esprimendo in maniera eccellente il concetto matematico che è alla base del filmato. “Powers of Ten” è inoltre il primo filmato che introduce un elemento temporale al suo interno; come dice il narratore “in each ten seconds of travel the imaginary voyager covered ten times the distance he had covered in the previous ten seconds.” in questo
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modo non solo si percepisce la progressione dello spazio ma anche quella del tempo. La voce narrante aumenta questo effetto usando metafore visive come “104 meters, 10 kilometers, the distance a supersonic aircraft can travel in ten seconds.” Il lavoro degli Eames rimane dunque uno dei risultati più riusciti di visualizzazione di un concetto matematico. L’uso di un linguaggio chiaro ed efficace, riesce a spiegare in nove minuti a chiunque il concetto di “ordine di grandezza” ; come afferma lo stesso Charles Eames “Il film non è sulle differenze delle cose, come uno può pensare all’inizio, ma sulla somiglianza universale di queste” 25
036.- 037.-038. Fotogrammi tratti da “Pwer of Ten” Eames 1977
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25. Neault (2008)
Cap. 4 Numeri e Design
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Floating numbers (2004) ART+COM “Floating Numbers” è un installazione interattiva, presentata dallo studio ART+COM e presente al Jewish Museum di Berlino. Formata principalmente da una tavola lunga nove metri, l’elemento centrale dell’installazione è l’interattività. Tutta la superficie del tavolo infatti è un interfaccia interattiva in cui i numeri si muovono come un flusso disordinato di caratteri e segni. Le cifre fluttuano sul tavolo andando ad incuriosire i visitatori; non appena vengono toccate rivelano i loro “segreti”. Si aprono infatti immagini, testi o video che spiegano il significato e la storia delle diverse cifre. Come spiegano i progettisti nel loro sito, i numeri sono stati chiamati “typobots” poiché hanno lo specifico compito di muoversi ognuno indipendentemente dall’altro per creare un flusso reale, che si sposta in più direzioni catturando l’attenzione dei visitatori. Inoltre questo è un sistema alternativo, non deterministico, che si oppone alle classiche applicazioni rizomatiche. Lo spettatore viene dunque chiamato in prima persona ad interrogare i numeri che vede fluttuare davanti a sé; ogni numero ha un significato ben preciso che spazia in vari campi; arte, religione, storia e matematica. Lo scopo principale dell’opera è quello di riportare il visitatore in queste dimensioni di significato spesso dimenticate nell’era del determinismo digitale; le tecnologie usate permettono di fare tutto questo in un modo totalmente innovativo, introducendo una dimensione immersiva in cui lo spettatore diventa parte dell’opera instaurando un dialogo con essa.
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Cap. 4 Numeri e Design
039. Floating Numbers Art+Com Jewish Museum Berlin 2004
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040.-041 Floating Numbers Art+Com Jewish Museum Berlin 2004
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Cap. 4 Numeri e Design
Tipologia 3. Insegnare un concetto
Mathematics for young people (1966) di James T. Rogers, illustrazioni di Will Burtin Will Burtin oltre a dedicarsi alla progettazione di exhibit e alla divulgazione scientifica, si è occupato, insieme a James T. Rogers, anche del progetto editoriale di un libro per bambini sulla matematica. Grazie alla sua lunga esperienza nell’illustrazione di manuali, Will Burtin venne invitato ad illustrare questo libro destinato ad un pubblico di giovanissimi. Le scelte grafiche del designer sono molto curate e si notano immediatamente. La scelta di usare solamente un colore, l’arancione, oltre al bianco e nero classico, denota chiaramente che la qualità principale dell’opera è la chiarezza espositiva. Grande spazio è lasciato alle illustrazioni che occupano gran parte della pagina, e che sono state pensate per essere comprensibili al primo sguardo, semplificando anche i concetti più difficili. I grafici sono esposti in modo chiaro, la scelta di usare un unico colore rende più forte l’idea da rappresentare, il continuo riferimento ad oggetti comuni - una mela, la mano, la sedia e via dicendo - rende lo studio della matematica più vicina alla vita quotidiana dei piccoli lettori. Il libro ebbe quindi un grande successo sopratutto per la semplicità delle illustrazioni, tanto che divenne uno dei testi più venduti per la didattica.
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042. Story of mathematics for young people J. T. Rogers illustrazioni di W. Burtin 1966
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Cap. 4 Numeri e Design
I solidi di Felix Klein La figura di Felix Klein è una caso particolare all’interno dei casi studio qui presentati. Non è infatti né un artista né un progettista, ma un matematico. In particolare la sua storia è importante per capire che il problema della visualizzazione dei concetti matematici non è semplice, e non è semplice nemmeno la loro divulgazione senza degli strumenti adatti. Felix Klein, insegnante a Monaco fino al 1880, era uno studioso in particolare di geometria, e formulò alcune teorie sui gruppi dati dalla trasformazione dello spazio, per esempio la rotazione attorno ad un punto. La tesi sostenuta da Klein era che “esistono delle trasformazioni spaziali che appartengono ad un gruppo principale e che non alterano le proprietà geometriche dei corpi”26. Il problema dunque era facilitare lo studio e la comprensione di questi concetti e per farlo Felix Klein ricorse alla costruzione di vere e proprie sculture di gesso delle superfici studiate. In anni in cui la matematica era vista come una materia prettamente astratta, Klein proponeva un metodo didattico basato sullo studio di modelli concreti, modelli che molto spesso erano i lavori delle tesi di laurea dei suoi studenti, che erano direttamente coinvolti in questa pratica del tutto nuova di concretizzare materialmente i casi studiati. Questi oggetti che sembrano opere d’arte moderna, sono il frutto di una pratica che rende “utilizzabile” un oggetto matematico tramite la sua dimensione reale, l’esigenza didattica della visualizzazione in questo caso ha dato vita ad una nuova metodo di studio.
26. Di Palma (1999)
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043. Primi modelli di superfici algebriche
044. Bottiglia di Klein Ricostruzione 3D
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Cap. 4 Numeri e Design
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Parte II. Show your numbers!
Show your numbers! Proposta progettuale
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Premessa Questa parte progettuale nasce dall’esigenza di provare a mettere in pratica quanto appreso nella rcerca teorica. I numeri fanno parte della realtà di tutti i giorni, e con questa proposta di progetto si vuole tentare di far scoprire la dimensione quotidiana proprio dei numeri e della matematica che sta dietro ad ogni cosa. Il progetto consiste nella progettazione di un exhibit scientifico adatto sia a mostre temporanee che a Science Centre, in cui il visitatore entra a contatto con i numeri che gli appartengono: quelli del proprio corpo e delle cose che ci circondano. Le problematiche viste in precedenza, legate alla visualizzazione dei numeri e dei concetti, sono vincoli da tenere in considerazione per la riuscita del progetto.
numero
uomo
relazione tra l’uomo e i numeri che lo descrivono misura
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Parte II. Show your numbers!
045.-046. Found Functions Nikki Graziano 2010
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Contesto Il campo della matematica e dei numeri è però molto vasto, ho pensato quindi di scegliere un tema preciso, che sia il più possibile vicino alle persone: l’antropometria.
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Parte II. Show your numbers!
L’antropometria è la scienza che studia le misure e le proporzioni del corpo umano, ed è diventata sempre più importante per la progettazione sia degli oggetti sia degli spazi per le persone. Questa materia tratta dei numeri presenti sul nostro corpo e di come essi sono in relazione con la realtà quotidiana; molto spesso infatti facciamo azioni, usiamo oggetti, macchinari, inconsapevoli del fatto che sono stati progettati “su misura”.
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Obiettivi & Strumenti L’obiettivo fondamentale di questo progetto è quello di mettere in evidenza il piÚ possibile la relazione tra uomo e i numeri che lo descrivono, visualizzandola per renderla comprensibile e coinvolgendo i visitatori.
informazioni semplici
comprensione intuitiva
concept progetto interazione visitatoreexhibit immediatezza
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Parte II. Show your numbers!
Per fare ciò è necessario affidarsi a strumenti che rendano i concetti immediati, semplici e intuitivi. L’uso di tecnologie innovative può aiutare a risolvere il problema, coinvolgendo anche il visitatore che diventa una figura necessaria per l’exhibit. 047. Nike Fuel Park NikeID Studio Londra, 2012
048. Touch Me Manchester Science Centre Manchester, 2010
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Destinatari La scelta degli utenti è stata fondamentale per lo sviluppo del progetto, perchè ha permesso la focalizzazione sulle informazioni che devono essere chiare e altre che possono essere date per scontate, ma sopratutto la metodologia per affrontarle. Come abbiamo visto dai casi studio analizzati in precedenza la maggior parte delle mostre o musei sulla matematica sono rivolte ad un pubblico molto giovane, sono ricche di exhibit che permettono attraverso la didattica la comprensione di alcuni concetti chiave. La sfida che mi sono proposta fin dall’inizio è quella di dedicare il progetto ad un pubblico adulto; che ha già qualche nozione di matematica e che ha molti preconcetti a riguardo. Rivolgendomi ad un target del genere, le caratteristiche del progetto saranno molto diverse rispetto a quelle viste in precedenza; lo scopo però rimane sempre quello di riuscire a coinvolgere le persone incuriosendole.
049. Knowledge Pavillion P-06 Atelier Design Lisbona, 2011
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Parte II. Show your numbers!
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Lo spazio Show your numbers! è la sezione dedicata all’antropometria di una mostra più ampia dedicata ai rapporti tra uomo - numeri. In particolar modo in questa sezione si tratterà di rendere comprensibili visivamente questi concetti: > Storia e concetto di misura e standard >Importanza delle misure nel quotidiano > visualizzazione del rapporto uomo-numero-oggetto
1 2
3
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Parte II. Show your numbers!
Per rendere possibile ciò, lo spazio totale è stato a sua volta diviso in tre aree tematiche, caratterizzate da un percorso a diversi livelli di lettura che le collega. Il visitatore può così avere un quadro generale dell’argomento.
uomo
misure proprie
uomo
misure proprie
misure degli altri
uomo
misure proprie
misure degli altri
oggetti quotidiani
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Storyboard
AHHHH! IO rispetto alle misure STANDARD
objects
&
meseaures
Diversi standard corporei..... ma anche diversi modi di contare !!
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Parte II. Show your numbers!
non pensavo ci fosse cosĂŹ tanta differenza!
mmm?
confronta il rapporto con gli oggetti cambiando le tue grandezze!
-
altezza peso
+ +
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Area tematica 1. Introduzione al tema Prima parte del percorso che introduce il visitatore nell’argomento dell’exhibit. Le superfici interattive coinvolgono le persone creando un confronto con i diversi tipi di standard.
standard europeo standard standard USA africa
contenuti: > exhibit interattivo: concetto di STANDARD > pannelli informativi touchscreen: storia e origine degli studi antropometrici
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Parte II. Show your numbers!
standard asia
Come funziona?
- Il visitatore si posiziona sulla pedana, che grazie ad alcuni sensori rileva le misure; queste vengono poi trasmesse allo schermo grazie alla tecnologia bluetooth. - Le misure vengono visualizzate graficamente sullo schermo, la sagoma del visitaore è poi messa a confronto con le misure standard europee. - Successivamente sullo schermo appaiono anche gli altri standard mondiali, per un rapido confronto su quanto diverse possono essere le medie delle misure delle varie popolazioni e per far comprendere che non esiste uno standard universale.
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Area tematica 2. Videoproiezioni Abbiamo appreso che esistono standard di misurazione diversi da continente a continente; tutti però abbiamo usato il corpo umano come primo strumento di misura sviluppando unità di grandezza diverse ma soprattutto modi di contare e scrivere i numeri molto differenti. Questo è quello che la seconda parte di Show your numbers! vuole dimostrare.
contenuti: > Video visualizzazione dei numeri in altre popolazioni > pannelli informativi touchscreen: Differenze tra numerazioni di popolazioni diverse
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Parte II. Show your numbers!
Le sedie
Le sedute previste per la visione del filmato fungono da elemento di congiunzione tra il primo spazio e il terzo. Le sedie progettate su standard diversi, pongono il visitatore immediatamente a contatto con il rapporto tra uomo, misura, oggetto. Le sedie inoltre rendono comprensibile concretamente il concetto di diversi standard.
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Area tematica 2. Videoproiezioni Nella terza area tematica, si vuole far emergere lo stretto rapporto tra le misure dell’uomo e gli oggetti che lo circondano. Il rapporto del corpo con gli oggetti è determinato infatti da alcune variabili: peso, altezza ed età sono alcuni dei fattori di cui dobbiamo tener conto per una corretta progettazione degli oggetti.
&
objects measures
&
objects measures
contenuti: > Postazione interattiva composta da una superficie touchscreen che rileva le misure della mano del visitatore e uno schermo, dove esse vengono visualizzate.
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Parte II. Show your numbers!
Come funziona?
- il visitatore prima appoggia la mano sulla postazione, i sensori rilevano le dimensioni e proiettano sullo schermo l’immagine della mano. - attraverso un cursore il visitatore può scegliere quale variabile modificare: altezza o peso. - L’immagine della mano si trasformerà in tempo reale a seconda delle variazioni dimensionali, mettendo in luce anche le problematiche legate agli oggetti.
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Afferrare oggetti di piccole dimensioni
Usare strumenti di precisione
Stringere oggetti
Le azioni che le mani rappresentano, sono state scelte come oggetto di analisi per questo exhibit, perchĂŠ sono i tre movimenti che facciamo per usare una grande quantitĂ di oggetti quotidiani. Queste azioni sono fondamentali anche per capire come, modificando le grandezze del corpo, si presentano delle problematiche progettuali, e sopratutto per mettere in luce quanto stretto sia il legame tra oggetti e misure del corpo.
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Parte II. Show your numbers!
In particolar modo si vuole attirare l’attenzione del visitatore sui numeri che stanno dietro agli oggetti; numeri che dipendono strattamente dalle misure del corpo umano dell’utente.
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Show your numbers! è una proposta progettuale che vuole mettere in luce le relazioni tra uomo-numero-misura. Attraverso i suoi exhibit cerca di far comprendere questi rapporti in particolar modo trasformando i concetti astratti in esperienza, creando delle interazioni tra visitatore ed exhibit e fornendo i giusti strumenti per la compresione di tali concetti.
in che modo si possono visualizzare dei concetti scientifici astratti attraverso un exhibit?
Fornire degli strumenti per la COMPRENSIONE Trasformare i concetti astratti in ESPERIENZA Rendere il visitatore partecipe coinvolgendolo su problematiche reali
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Parte II. Show your numbers!
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Conclusioni
Il percorso che mi ha portato allo sviluppo di questa ricerca non è stato semplice. Data la numerosa quantità di informazioni e argomenti legati alla matematica e ai numeri ho dovuto fare delle scelte per arrivare a quello che è Show your numbers!. Solamente con la ricerca effettuata ho potuto giungere a quello che è una proposta di exhibit per la matematica. Investigare il “cosa” prime che il “come” è stato un obiettivo posto fin dall’inizio, che mi ha aperto le porte a tipologie e modi di comunicare che non avevo preso in considerazione. Show your numbers! è una proposta, un’idea nata dopo l’analisi teorica; è l’inizio di quello che poi può essere sviluppato ulteriormente come strumento per la comprensione di concetti astratti. Il progetto rivolto ad un target di visitatori meno consueto del solito pubblico dei Science Centre, vuole aprire una strada verso altri utenti, un nuovo campo di progettazione che preveda una condivisione di conoscenza coinvolgendo anche le persone adulte. Show your numbers! è un inizio verso quello che può essere un nuovo campo di indagine per i nuovi sviluppi dell’exhibit design.
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Fonti delle immagini
http://portail.atilf.fr/encyclopedie/images/V25/plate_25_21_5.jpeg img.002 http://portail.atilf.fr/encyclopedie/images/V25/plate_45_21_5.jpeg img.003 http://portail.atilf.fr/encyclopedie/images/V25/plate_73_21_5.jpeg img.004 http://www.abitare.it/wp-content/uploads/2011/05/nicolin016_Tredic_Triennale.jpg img.005 http://designobserver.com/Burtin/images/17.jpg img.006 http://designobserver.com/Burtin/images/20.jpg img.007 http://designobserver.com/Burtin/images/24.jpg img.008 http://designobserver.com/Burtin/images/25.jpg img.009 http://it.wikipedia.org/wiki/File:Wunderkammern.jpg img.010 http://www.upgradesf.org/wp-content/2011/10/san-francisco-exploratorium.jpg img.011 http://mathmidway.org/images/gallery-images/thumb-7.jpg img.012 http://mathmidway.org/images/gallery-images/thumb-23.jpg img.013 http://mathmidway.org/images/activity_wheel_03.jpg img.014 http://mathsite.math.berkeley.edu/main.html img.015 https://encrypted-tbn1.google.com/images45.jpg img.016 https://encrypted-tbn1.google.com/images987.jpg img.017 https://encrypted-tbn1.google.com/images63.jpg img.018 https://encrypted-tbn1.google.com/images_217.jpg img.019 https://encrypted-tbn1.google.com/images81.jpg img.020 http://1.bp.blogspot.com/-pPRvuGCNMkA/Thiw/s1600/title.jpg img.021 http://1.bp.blogspot.com/-fgkjaajERDkA/celestialmachine.jpg img.022 http://fondation.cartier.com/files/upload/FC-Mathematiques-143.jpg img.023 http://fondation.cartier.com/files/upload/FC-Mathematiques-291.jpg img.001
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Un ringraziamento particolare a tutte le persone che hanno creduto in me. Grazie!