PRIMO PIANO
Linee guida in materia di valutazione ambientale
Morlando a pag.2 NATURA & BIODIVERSITÀ
Le proposte per una nuova politica delle foreste
Creare una struttura di governo e di indirizzo per le foreste presso il ministero delle Politiche agricole; semplificare e aggiornare le normative, i regolamenti forestali e gli iter autorizzativi per garantire la gestione sostenibile del territorio; individuare un unico referente pubblico territoriale in materia forestale... Maisto a pag.9
AMBIENTE & SALUTE
Akkermansia muciniphilia: il batterio anti-obesità Italiani obesi! Ebbene è questa la situazione fotografata dall’Istituto Superiore di Sanità. Nonostante una lieve riduzione percentuale, i dati registrati evidenziano un fenomeno tutt’altro che sanato. Clemente a pag.12
BIO-ARCHITETTURA
La nuova frontiera ecologica di Gunter Pauli
Palumbo a pag.15
I casi di fumaggine del 2013 segnalati nel comune di Acerra L’estate scorsa in Campania sono stati segnalati casi di fumaggine, una patologia delle piante di cui si è discusso nelle comunità e sui media. Per contribuire a informare i cittadini su questo tema, pubblichiamo un estratto della relazione inviata l’anno scorso da Arpac al Comune di Acerra, in seguito a una richiesta che l’amministrazione comunale rivolse alla Regione. La documentazione completa, che invitiamo a consultare, è disponibile sul sito istituzionale del Comune di Acerra, all’indirizzo http://www.comune. acerra.na.it/pagina.php?n =w&id=966, o può essere richiesta direttamente ad Arpac. Cossentino-Mazzei a pag.6
ARTE & AMBIENTE
DAL MONDO
NATUR@MENTE
Bioterapia per la “Villa dei Misteri” di Pompei
Emissioni: nuove metodologie di calcolo
Il turismo celebrazione della diversità
Lo scorso Maggio, in occasione della Giornata Internazionale della Biodiversità, la Commissione Europea ha lanciato un’importante iniziativa per combattere la perdita di biodiversità...
La temperatura media della Terra sta progressivamente aumentando. Anche se la polemica sulle cause del riscaldamento globale è sempre viva, questo resta un dato di fatto. Sono sempre più numerosi, infatti, gli studi che confermano il lento avanzamento della febbre planetaria. Quali siano le cause, naturali o antropiche, poco importa: è un fenomeno che va contrastato e di certo l’uomo può fare la sua parte.
Martelli a pag.9
D’Auria a pag.5
Tra le fabbriche metalmeccaniche in evidenza nel Regno di Napoli c’erano quelle di Guppy (600 operai), di MacryHenry (550) nel “polo industriale” napoletano (nella zona dei Granili), la Reale Fonderia di Castelnuovo...
Lucio Dalla e Francesco De Gregori, in Gran Turismo cantano che i turisti “[...] arrivano sul tetto del mondo senza nemmeno guardare, si fermano appena un secondo per fotografare. É gente abituata a viaggiare...”. Se considerassimo il turismo come la celebrazione piena della diversità, della ricchezza, e della curiosità vedremmo spalancarsi l’immensa distesa dell’incontro dell’uomo con l’uomo, sarebbe il trionfo della relazione. Conoscere, essere incuriosito dalla diversità è un dato positivo, un bene e non un pericolo, al punto tale da auspicare che “le persone accettino non soltanto l'esistenza della cultura...”
De Crescenzo-Lanza a pag.14
Tafuro a pag.19
Arte e scienza possono convivere, specie se l’obiettivo “nobile” è quello di salvaguardare uno dei più importanti patrimoni dell’umanità. Per scongiurare la scomparsa degli affreschi di Villa dei Misteri a Pompei, è stata predisposta una “bioterapia”... Matania a pag.4
B4Life: nuovi fondi europei
SICUREZZA ALIMENTARE
AMBIENTE & TRADIZIONE
Dolcificanti naturali e sintetici
Dall’industria pesante ai cotonifici
Bove a pag.13
Quando dal Sud non si emigrava
Nuovo manuale Ispra
Linee guida in materia di valutazione ambientale Angelo Morlando La pubblicazione n. 109/2014 è un utilissimo strumento per una materia in continua evoluzione nell'interesse dei cittadini e di tutte le componenti ambientali interconnesse. È stata scritta e proposta dall’ISPRA perché è la struttura che ha maturato una pluriennale esperienza come supporto alla Commissione Tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA (Valutazione d'Impatto Ambientale) e VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e come soggetto competente in materia ambientale e come supporto al MATTM (Ministero dell'Ambiente) per le VAS regionali. In merito alla VAS sono state presentate delle proposte per la redazione del documento preliminare per la verifica di assoggettabilità, del rapporto preliminare e del rapporto ambientale. Tale contributo nasce soprattutto per la mancanza di una norma tecnica specifica per la VAS, che ha determinato delle diversità tra le tante documentazioni prodotte nell’ambito delle applicazioni della valutazione ambientale di piani e programmi, pertanto è sembrato necessario proporre un riferimento comune. In merito alla VIA il contributo è stato relativo al solo Quadro di Riferimento Ambientale (QRA) con la revisione dell'Allegato II del D.P.C.M. 27 dicembre 1988. Alla luce della normativa vigente, l'ISPRA ha ritenuto indispensabile riformulare la scansione delle componenti e fattori ambientali da analizzare all’interno di un SIA (Studio di Impatto Ambientale) al fine di risolvere la questione relativa alla separazione tra “ambiente idrico” e “suolo e sottosuolo” e tra “vegetazione, flora e fauna” ed “ecosistemi” ed affrontare la relazione tra “salute pubblica” e le altre componenti (principalmente atmosfera, acque, rumore, campi elettromagnetici). Il manuale prevede, inoltre, che all’interno delle analisi relative alla componente atmosfera venga inserito anche il cambiamento climatico. Attualmente, il tema "suolo" è compreso nella componente “suolo e sot-
“Regina” del fotovoltaico nel Sud Italia
Campania: paese d`’o sole Rosa Funaro
tosuolo”, senza considerare l'aspetto pedologico. La proposta è quella di definire una nuova tematica: “Suolo, uso del suolo e patrimonio agroalimentare”. I temi trasversali relativi ai bilanci energetici, ai consumi di risorse, il tema dei rifiuti e le terre e rocce da scavo troveranno una specifica analisi all’interno del quadro ambientale in relazione alle componenti interferite/interessate. La nuova scansione pro-
posta pone l'attenzione sulla necessità di approfondire le interazioni esistenti tra le varie componenti, tema già presente, ma spesso trascurato, nella normativa tecnica esistente. Siamo certi che con questo nuovo importante contributo tecnico-scientifico-procedurale potranno essere risolte troppe lacune che spesso hanno bloccato una serie di procedure e di interventi.
Il sole splende sulla nostra amata Campania: un sole di rinnovamento che porta energia e primati. Secondo lo studio realizzato da Progetto Margherita del Gruppo Cerbone (in collaborazione con AmbienteQuotidiano.it sulla base dei dati GSE), infatti, questa regione ha raggiunto per la prima volta il primato al Sud Italia - scalzando dai primi posti Sicilia e Puglia- per la potenza degli impianti fotovoltaici in esercizio con il Conto Energia, superando i 100mila kW. Il balzo in avanti appare notevole anche a livello nazionale, dove, sempre nell’arco temporale compreso tra il 1° gennaio 2013 e il 30 aprile 2014, la Campania ha scalato diverse posizioni diventando quarta per la potenza degli impianti installati, superata solamente da Emilia Romagna (151.000 kW), Veneto (130.000 kW) e Lombardia (122mila kW). Nonostante la notevole riduzione degli incentivi per il fotovoltaico, comunque in Campania il totale del numero degli impianti installati sino ad oggi è di 20.531 ottenuti sommando le cinque diverse versioni del Conto Energia. Nel dettaglio, a Napoli e provincia sono 4.879 gli impianti fotovoltaici in esercizio, per una potenza di 126.039 kW.Nel resto della regione si segnalano le province di Caserta con 5.310 impianti, di Salerno con 4756, di Avellino con 3.193 e di Benevento con 2.408 impianti. In prospettiva nazionale, se è vero (come affermano recenti stime in merito), che entro il 2020 il solare produrrà 110 miliardi di euro in termini di ricchezza generale portando alle casse dell'erario circa 50 miliardi, allora sì che il sole splenderà davvero sull’economia del Paese. Raggiungendo l'obiettivo fissato per lo sviluppo del fotovoltaico in Italia si taglieranno le emissioni nazionali di gas serra del 5 per cento nei prossimi trent’anni portando l'Italia sempre più vicina all'obiettivo fissato dal protocollo di Kyoto. I posti di lavoro creati dal fotovoltaico, che sono già oggi 15mila (lo stesso numero di addetti di una grande industria nazionale, come ad esempio la Barilla), saliranno a un totale valutato tra 210mila e 225mila nei prossimi 9 anni.
BEE OR NOT BEE? Bufera sul servizio partenopeo di car-sharing elettrico Bee o non Bee? È la questione che tocca in questi giorni tutti i cittadini napoletani, circa 2500, che usufruiscono del servizio di car sharing elettrico. Le 40 piccole auto bianche e verdi (Renault Twizy) sono state in pericolo di “sfratto”. Accende i riflettori sulla questione la polemica di Valerio Siniscalco, ingegnere e amministratore delegato di Nhp, che fa capo al marchio “Bee”. Questi aveva denunciato a Il Mattino l’arrivo di una comunicazione da Palazzo San Giacomo che avrebbe impedito alle vetture elettriche di poter parcheggiare gratis
sulle strisce blu e di poter accedere a Ztl e corsie preferenziali, vantaggi di cui godeva il green business fino a oggi. Motivazione addotta: mancanza di “un atto formale” in proposito. Con lo stop di queste agevolazioni, Bee sarebbe stata costretta a lasciare Napoli. “La cosa incredibile è che le altre città ci corteggiano, mentre casa nostra, l’amata Napoli, ci respinge” le parole di Siniscalco. Il servizio è infatti già attivo a Milano e in attesa di implementazione nella capitale. Aveva aggiunto provocatoriamente: “Perde il car
sharing ma introduce una misura di riduzione dell’inquinamento e del traffico davvero innovativa: la domenica ecologica.” Ad oggi pare che l’ammi-
nistrazione comunale abbia fatto dietro front dando la possibilità a tutte le auto ibride elettriche di sostare gratis sulle strisce blu e di transitare nella ZTL (per quelle ibride dietro abbonamento). Una nota di Palazzo San Giacomo infatti precisa: “ In attesa che si definiscano le procedure di rilascio dei permessi, l’Amministrazione ha, inoltre, prorogato le autorizzazioni già concesse in passato al transito in ZTL per le vetture elettriche, tra cui i veicoli della società Bee” Una storia, per ora, a lieto fine. A.E.
Al via la gara per 20 stazioni pluviometriche LA REGIONE CAMPANIA “BLINDA” IL TERRITORIO SALERNITANO A TUTELA DEI CITTADINI Fabiana Liguori Le calamità naturali, le vicissitudini inattese, esistono. Fanno parte della Vita. Con tutto quello che, talvolta, ne consegue. Ciononostante è dovere di ogni sana persona, semplice cittadino italiano o rappresentante delle Amministrazioni, far la propria parte, affinchè, per quanto possibile, il territorio venga protetto e custodito nel miglior modo possibile. È stato recentemente pubblicato sulla Gazzetta europea, il bando di gara indetto dalla Regione Campania per il potenziamento del sistema di monitoraggio del Centro Funzionale Meteopluvio- idrometrico. Grazie all’avvio della gara da 467mila euro, infatti, saranno installate nei territori della Costiera Amalfitana e del Cilento, 20 nuove stazioni pluviometriche per un più capillare controllo delle precipitazioni piovose e tutelare, quindi, la popolazione dal rischio frane e alluvioni. Gli impianti sono stati interamente progettati dal Centro regionale multirischi della Campania. “Le 20 nuove postazioni di monitoraggio – ha commentato l’assessore alla
Elenco dei siti selezionati per il potenziamento della rete pluviometrica:
Protezione civile della Regione Campania , Edoardo Cosenza – si aggiungono alle 200 attualmente in esercizio che costituiscono la rete ufficiale di protezione civile gestita dall’Assessorato e saranno ubicate in due aree delicatissime perché particolarmente esposte al dissesto idrogeologico, come purtroppo dimostrano gli eventi franosi e alluvionali del passato”. Tutti i dati rilevati dalle apparecchiature presenti nelle varie stazioni confluiscono telematicamente alla Sala di controllo sita al Centro Direzionale
Presidio e catena umana agli ingressi della Reggia di Caserta
Le associazioni scendono in piazza per difendere il patrimonio culturale Sono circa le dieci, di un caldo sabato di giugno, quando arriviamo carichi di partecipazione, davanti ai cancelli d’ingresso della Reggia di Caserta, uno dei simboli più imponenti del glorioso passato che caratterizza, tuttora, le nostre terre. Ad attenderci un gruppo di cittadini e diverse associazioni che da tempo portano avanti diverse “battaglie” per la salvaguardia del patrimonio culturale. Dopo circa mezz’ora dedicata all’allestimento del luogo con striscioni, magliette, volantini informativi e altro, tutti i presenti cominciano a “prendersi per mano”. Sì, proprio così, proprio come quando c’è da affrontare un difficile momento e stringersi l’uno all’altro diventa il gesto più naturale del mondo. Quello che ne consegue è una lunga catena umana, fatta di solidarietà, sorrisi e mani unite. Per un minuto, quella catena blocca simbolicamente gli ingressi alla Reggia. Dopo il sito di Pompei e questo di Caserta, sono tante altre le tappe che il movimento
cittadino intende “abbracciare”. Perché in Campania troppi sono i luoghi storici e i monumenti abbandonati a se stessi. Presto sarà sottoscritto un appello-proposta al Presidente del Consiglio, al presidente della Repubblica ed al Ministro dei Beni Culturali per chiedere formalmente di istituire una Commissione costituita da tecnici, esperti, associazioni ed esponenti della società civile, che vigili sui finanziamenti e sulle condizioni, non solo della Reggia casertana ma di tutti i monumenti abbandonati a se stessi, sui restauri e sulla gestione. Inoltre, sarà fatta richiesta di dare vita ad una modalità legislativa/decreto attraverso cui Il MIBACT dia possibilità alle comunità locali, alle associazioni e ai singoli di occuparsi dell’arte e della cultura attraverso progetti economici d’impresa. Da Roma in giù fondi e finanziamenti rallentano e talora scompaiono del tutto, non c'è comunità d'intenti nemmeno fra Enti Locali. E le cose devono cambiare.
- Dragonea, Vietri sul Mare. Serbatoio idrico - Cava Casa Riceri, Cava de’ Tirreni. Serbatoio idrico - Albori, Vietri sul Mare. Serbatoio idrico - Cetara. Serbatoio idrico - Tramonti Chiunzi, Tramonti. Serbatoio idrico - Sambuco, Ravello. Serbatoio idrico - Scala – S. Caterina, Scala. Serbatoio idrico - Pogerola, Amalfi. Serbatoio idrico - Vallo Scalo, Castelnuovo Cilento. Serbatoio idrico - Roccagloriosa. Serbatoio idrico - Sapri Timpone, Sapri. Serbatoio idrico - Silla Sassano, Sassano. Impianto di sollevamento - Melette Sorgente, Casaletto Spartano. Sorgente Melette - Fistole Faraone, Rofrano. Sorgenti Faraone - Ostigliano, Perito. Serbatoio idrico - Savuco – Serra Nuda, Corleto Monforte. Area recintata C.F.S. - Idro Calore, Castel San Lorenzo. Ponte SS166 Alburni - Isca Vivaio Forestale, Ceraso. Vivaio Forestale - Villa Littorio, Laurino. Partitore idrico - Campora. Serbatoio idrico
di Napoli. Qui, in caso di accertamento di imminente rischio idrogeologico da parte degli addetti ai lavori, sono inviate, in tempo reale, importanti indicazioni alle Autorità Competenti per la gestione della fase di allertamento della popolazione, supportando, in linea con le normative vigenti, le decisioni dei sindaci rispetto, ad esempio, ad una eventuale evacuazione preventiva del territorio “minacciato”. “La Giunta Caldoro – aggiunge Cosenza - ancora una volta investe in una moderna cultura di protezione civile per la costruzione della sicurezza del cittadino: le stazioni misurano l’intensità delle piogge, elaborano i dati aggregati confrontandoli con le soglie di allarme prefissate nei modelli di riferimento: nel caso in cui i valori limite vengano superati, si adottano le misure di sicurezza necessarie a tutela del cittadino, avvisando tempestivamente le autorità competenti. Questo intervento rientra in una serie di iniziative già avviate dall’Assessorato per il potenziamento del monitoraggio e della prevenzione dei rischi naturali ai quali la Campania è esposta”.
PROGETTO SMuCC: IL COMUNE DI BENEVENTO PRESENTA I PRIMI DATI Per diminuire l’impatto ambientale della consegna delle merci all’interno della ZTL del Centro Storico e migliorare la qualità dell’aria, il Comune di Benevento porta avanti con tenacia il progetto SMuCC (Servizio Municipale Consegne Cittadine). Lo scorso 5 giugno, sono stati illustrati, durante una conferenza stampa, i primi dati. Nella fase sperimentale, infatti, sono stati coinvolti il 10% degli esercizi commerciali presenti nell’area, anche se altri negozi, facenti parte del BIN (Centro Commerciale Naturale) hanno già fatto richiesta per aderire all’iniziativa, facendo salire il numero degli esercizi coinvolti a oltre 80. 1.200, i km risparmiati in 106 giorni di attività. Circa mezza tonnellata, l’anidride carbonica sottratta all’atmosfera. Il Servizio, coordinato dalla struttura “Programmazione Strategica” del Comune, è stato cofinanziato dal Ministero dell’Ambiente Tutela del Territorio e del Mare nell’ambito di un bando legato alla promozione di azioni per la riduzione dell’inquinamento atmosferico. Partner del progetto: la Fondazione Univerde e il Centro Ricerche Applicate per lo Sviluppo Sostenibile. Due sono, invece, i mezzi che compongono la flotta dello SMuCC, rigorosamente ecologici: un fiat fiorino elettrico e un autocarro a metano. In programma, l’acquisizione di un terzo veicolo, considerando le nuove adesioni degli esercenti. “Un progetto ambizioso, importante per la sostenibilità ambientale, ma che rappresenta solo una goccia in mezzo al mare”,
così l’assessore all’Ambiente, Enrico Castiello, ha commentato i dati presentati dall’Amministrazione. La strada verso la mobilità sostenibile sarebbe ancora tutta in salita secondo l’assessore. Ricordiamo, purtroppo, che la città di Benevento, è stata collocata al sesto posto nella classifica di Legambiente “PM10 ti tengo d’occhio”, relativa alla qualità dell’aria (anno 2013), e menzionata, quindi, come una delle città più inquinate d’Italia. Questo “primato”, ovviamente, alle autorità locali proprio non va giù. Anche l’assessore alla Mobilità, Maria Iele, infatti, ha garantito ai presenti e a tutti i cittadini beneventani, il suo più totale impegno e collaborazione affinchè la situazione migliori e a Benevento si torni a reF.L. spirare pulito.
Bioterapia per la “Villa dei Misteri” di Pompei Al via un metodo di restauro totalmente ecologico Domenico Matania Arte e scienza possono convivere, specie se l’obiettivo “nobile” è quello di salvaguardare uno dei più importanti patrimoni dell’umanità. Per scongiurare la scomparsa degli affreschi di Villa dei Misteri a Pompei, è stata predisposta una “bioterapia”, attraverso interventi non invasivi che riusciranno a salvaguardare la bellezza artistica del luogo. Non è la prima volta che vengono portate avanti operazioni di restauro sugli affreschi di questo autentico gioiello archeologico. Già negli anni Cinquanta del Novecento l’intervento era stato a base di cera e benzina: metodi di restauro ovviamente diversi da quelli attuali, ma di sicuro rilievo per l’epoca: senza quell’intervento i colori si sarebbero sfaldati e le murature sarebbero rimaste senza immagini. Si arriva ad oggi, con una situazione problematica in cui un intervento profondo ed invasivo avrebbe rischiato di rovinare definitivamente i colori: e allora sì all’uso di antibiotici. Il pro-
blema era il seguente: le pitture risultavano attaccate dal cosiddetto “streptococco”, batterio molto difficile da estirpare e che aveva trovato terreno fertile negli affreschi di Villa dei Misteri. Lo strep-
tococco è in grado infatti di riprodursi in assenza di aria; inoltre gli affreschi essendo esposti alla luce offrivano la possibilità di un’ancor più rapida proliferazione dei batteri. Una pulitura spinta avrebbe
arrecato ulteriori danni, dal momento che si sarebbe eliminato lo strato di cere e benzina che ad ogni modo aveva salvaguardato l’opera; a ciò si aggiunge il fatto che la pulizia con il laser non avrebbe dato
risultati convincenti. E allora quale soluzione? Una pulitura non spinta a favore di una stabilizzazione della pellicola pittorica e l’utilizzo di “amoxicillina”, una molecola alla base di diversi antibiotici,
Con gli Art Parks natura e arte si alleano per un mondo “only green” Storm King Art Center, questo il nome del nuovo museo only green, sorto in America nella valle dell’Hudson, tra l’accademia militare di West Point e la cittadina di New Windsor, dove ci si può sdraiare e prendere il sole, rotolarsi nell’erba, mentre si possono ammirare le sculture immerse nel verde. E proprio lì sorge questo luogo di straordinaria bellezza, abbellito con le sculture di arte contemporanea realizzate da Alexander Calder ed Henry Moore, Arnaldo Pomodoro e Roy Lichtenstein, sparse su prati e colline a perdita d’occhio. La grandissima villa, che ospita gli uffici del museo, contiene anche l’esposizione delle opere più piccole e delicate. Molte altre sono sparpagliate nel prato antistante, ma, spingendo lo sguardo in lontananza, si possono scorgere le gigantesche sculture di Mark di Suvero in un campo in fondo alla valle, e ancora le opere di Isamu Noguchi, Ri-
chard Serra, Giacomo Manzù. E anche il Wavefield di Maya Lin, un campo nel quale sono state create nove file di piccole colline, le onde di un oceano verde al limitare di un bosco. Uno spettacolo da mozzare il fiato, dove la parola d’ordine è arte, ma anche natura. Tutte e due si intrecciano in un connubio indissolubile. Tuttavia, di parchi d’arte in America ce ne sono davvero tantissimi. Basti pensare al giardino delle sculture
di Rodin all’interno del campus dell’università di Stanford a Palo Alto, in California, e ancora al Millennium Park nel cuore di Chicago. Tutti luoghi in cui sculture modernissime, forme taglienti, spesso ispirate allo spietato pragmatismo dei nostri tempi, alla cultura industriale, immerse nella quiete di questi luoghi per così dire bucolici, suscitano emozioni indescrivibili ed irripetibili. Da semplice risorsa naturale e territorio da conquistare, questi posti fantastici si trasformano acquistando un interesse di carattere scientifico, diventando simboli dell’identità nazionale e nello stesso tempo anche ecosistemi da tutelare. Insomma, da oggetti di attivismo ecologico a strumenti di svago e di leisure per la collettività. Queste sono vere e proprie gallerie senza pareti (museums without walls), esempi da seguire per imparare a rispettare la natura attraverso l’arte. A.P.
in grado di distruggere gli attacchi batterici che rischiano di minacciare gli affreschi. Inizialmente è stato predisposto l’intervento su una piccola superficie per verificare ulteriormente la bontà delle operazioni. Il restauro consta di tre cicli di antibiotico e, stando ai primi risultati, emerge che già in seguito alla prima settimana di interventi il colore sembra stabilizzarsi. Le operazioni prevedono anche l’utilizzo di pitture con colori ad acqua, per nulla invasivi. L’equipe dei restauratori è guidata da Giancarlo Napoli e il termine ultimo dei lavori è previsto per la fine del 2014. Solitamente si legge di Pompei e dei suoi scavi in relazione alla pessima gestione, eppure ci sono dei professionisti che quotidianamente lavorano per salvaguardare un simile patrimonio culturale.
Emissioni: nuove metodologie di calcolo Un nuovo sistema permetterebbe a USA e Cina di rientrare negli obiettivi per il 2050 Paolo D’Auria La temperatura media della Terra sta progressivamente aumentando. Anche se la polemica sulle cause del riscaldamento globale è sempre viva, questo resta un dato di fatto. Sono sempre più numerosi, infatti, gli studi che confermano il lento avanzamento della febbre planetaria. Quali siano le cause, naturali o antropiche, poco importa: è un fenomeno che va contrastato e di certo l’uomo può fare la sua parte. Ecco quindi che la soglia di “non ritorno”, fissata a due gradi in più rispetto ai livelli pre-industriali, entro il 2100, rappresenta il limite che non va assolutamente superato. Per agguantare l’obiettivo la produzione globale di anidride carbonica non deve superare le 420 giga tonnellate entro il 2050. L’asticella è piuttosto alta, tanto che i giganti dell’economia mondiale, tra cui USA e Cina, sono quasi sicuri di non poter rispettare l’impegno o di doverlo fare a costo di gravose politiche di revisione dei cicli di produzione. E allora che si fa? Nulla. Come dire: siamo già certi di essere bocciati, perché impegnarci? Tuttavia gli esperti propon-
gono, per raggiungere più facilmente l’obiettivo, di cambiare il modo con cui si fanno i conteggi sulle emissioni. La proposta arriva da uno studio dell’Università di Milano-Bicocca e della Brown University americana, appena pubblicato su Nature Climate Change. Secondo i ricercatori “se il calcolo delle emissioni di CO2 passasse da un conteggio basato sulla produzione (com’è attualmente) a uno basato sul consumo, col quale cioè le emissioni vengono imputate ai paesi dove i beni e i servizi che le hanno generate vengono realmente consumati, da qui al 2050 la Cina potrebbe aumentarle del 3,6%, la Russia del 2%, l’India andrebbe in pari e gli Stati Uniti dovrebbero ridurle solo del 1,9%”. In questo modo, aggiungono, “potrebbe essere raggiunto l’obiettivo di non superare il tetto” fissato per il 2050. Ma come funziona la contabilità di CO2 basata sul consumo? “Attualmente spiegano gli studiosi - la contabilità delle emissioni registra quelle effettivamente prodotte da ciascun Paese. L’idea dello studio è invece di imputare le emissioni di CO2 ai Paesi dove i beni e i servizi prodotti sono realmente utiliz-
zati e consumati”. Un pratico esempio: le tonnellate di gas serra immesse nell’atmosfera dalla Cina per produrre le auto vendute sul mercato europeo andrebbero imputate all’Unione Europea e sottratte alla Cina. “Questo spiega Marco Grasso, ricercatore della Bicocca - aiuterebbe a trovare un accordo sul clima
perché i due Paesi leader sulla scena mondiale, Cina e Stati Uniti, sarebbero avvantaggiati o non eccessivamente penalizzati e quindi sarebbero invogliati a adottare un’azione internazionale concertata per abbattere le emissioni. La riduzione di emissioni del 2% entro il 2050 per gli Usa è addirittura al di sotto degli obiet-
tivi recentemente fissati dal presidente Obama”. Il risvolto, però, è che in questo modo il “costo” più alto toccherebbe all’UE che, con il nuovo sistema di calcolo, sarebbe costretta ad abbattere le emissioni del 7%. Obiettivo non proprio proibitivo, visto il cammino verde già intrapreso dal vecchio continente.
Gli esiti degli accertamenti Arpac furono pubblicati dal Comune. Ne riproponiamo un estratto
I risultati degli esami sui campioni di fogliame prelevati nel territorio del comune di Acerra L’estate scorsa in Campania sono stati segnalati casi di fumaggine, una patologia delle piante di cui si è discusso nelle comunità e sui media. Per contribuire a informare i cittadini su questo tema, pubblichiamo un estratto della relazione inviata l’anno scorso dall’Arpac al Comune di Acerra, in seguito a una richiesta che l’amministrazione comunale rivolse alla Regione. La documentazione completa, che invitiamo a consultare, è disponibile sul sito istituzionale del Comune di Acerra o può essere richiesta direttamente ad Arpac.
Luigi Cossentino Giuliana Mazzei In risposta alla richiesta della Giunta Regionale della Campania del 30 agosto 2013, si è proceduto ad un sopralluogo conoscitivo presso il territorio comunale di Acerra al fine di effettuare accertamenti ambientali circa l'origine e la composizione della "fuliggine oleosa" depositatasi su piante ed edifici in alcune zone del territorio comunale. Su indicazione dell'Autorità Comunale sono stati effettuati prelievi presso due località interessate dalla presenza della suddetta "fuliggine" e precisamente in fondi agricoli ubicati in Contrada San Giovanni (N 40° 57,427' E 14° 23,308') e in Contrada Montesanto (N 40° 57,169' E 14° 22,732'), rispettivamente. Le località risultano interposte ed equidistanti dalla zona ASI di Acerra e Pomigliano, ad una distanza lineare di circa 2 km. Attività di campo In Contrada San Giovanni sono stati eseguiti dei campionamenti di fogliame su alcune
piante di Diospyros kaki (cachi) che presentavano le foglie della parte basale con la pagina superiore ricoperta da una patina scura, al tatto di consistenza vischiosa, e in corrispondenza della pagina inferiore la presenza di insetti di colore bianco alternata a zone puntiformi di colore scuro. Tale fenomeno risultava meno evidente sulle foglie di recente formazione poste sulla parte sommitale delle piante. Ad una anamnesi visiva il frutteto, incolto, presentava i rami affastellati, indice di una potatura drastica utilizzata probabilmente per favorire il richiamo, quindi la ripresa, di piante che comunque si presentano caratterizzate da un "Intristimento" generalizzato. In Contrada Montesanto sono stati eseguiti campionamenti di fogliame su piante di Citrus limon (limone) che presentavano le foglie della parte basale con la pagina superiore ricoperta da una patina scura, al tatto di consistenza vischiosa, e in corrispondenza della pagina inferiore la presenza di parassiti di insetti di
Campioni di fogliame prelevati nel 2013 da un agrumeto in Contrada Montesanto, ad Acerra, in provincia di Napoli.
colore bianco alternata a zone puntiformi di colore scuro. Tale fenomeno risultava meno evidente sulle foglie di recente formazione poste sulla parte sommitale delle piante. Nelle due località il fenomeno come sopra descritto si evidenziava solo su piante di cachi e limone. I campioni di foglie sono stati consegnati al Laboratorio Fi-
Nella foto scattata dai tecnici Arpac, un campione di fogliame di piante di cachi, prelevato a Contrada San Giovanni ad Acerra
topatologico della Regione Campania (FITOLAB) sito in Via Don Bosco in Napoli, per l'effettuazione di esami batteriologici, entomologici, fitopatologici e virologici e al Dipartimento Tecnico ARPAC di Caserta per la ricerca di metalli pesanti ed idrocarburi policiclici aromatici (IPA) su superficie fogliare, il tutto come si evince dai verbali n. 62/SN/13 e n. 63/SN/13. Risultati Dagli accertamenti fitosanitari risulta che sia le foglie di cachi che di limone presentano un forte attacco dell'insetto degli agrumi (Dialeurodes citri) con scarsa presenza del suo antagonista naturale, il parassitoide Encarsia sp". Evidentemente proprio la scarsa presenza di quest'ultimo, dovuta sia alle condizioni meteoclimatiche sfavorevoli che alla scarsa cura dei frutteti, ha favorito lo sviluppo abnorme di tale insetto. La conseguente produzione di melata, sostanza zuccherina, ha favorito l'insediamento della fumaggine in-
dotta dai funghi dei generi Cledosporium e Alternarla, il tutto come si evidenzia dal certificato rilasciato dal FITOLAB, prot. 0625883 del 11.09.2013. Le analisi sui campioni per la ricerca di metalli e degli IPA hanno evidenzialo che la loro concentrazione risulta inferiore al limite di rilevabilità, vale a dire che gli "analiti determinati sono da considerare assenti", Il tutto come si evidenzia dai rapporti di prova n. 20130003941, 20130004545, 20130003943 e 20130004544. Inoltre, è stata eseguita anche un' osservazione microscopica della patina nerastra ricoprente le foglie costituenti i campioni, che ha evidenziato la presenza massiccia di flora micotica mista a costituire la patina nerastra presente sui campioni. Da quanto fin qui evidenziato, appare evidente che la presenza di patina scura sulla parte superiore delle foglie campionate sia da ascrivere a fenomeni fitopatologici piuttosto che a deposizione di inquinanti atmosferici.
Raccontiamo il meteo. La bella stagione è caratterizzata, in Italia, da correnti di costa tenui o moderate
Diurne, notturne: dinamica delle brezze estive Il fenomeno è dovuto alle differenze di temperatura tra terra e mare Gennaro Loffredo Al mattino si presenta liscio come l’olio, pulito e ideale per fare una bella nuotata. Nel pomeriggio, spesso, compaiono piccole onde corte e l’acqua non risulta più pulita come in mattinata. Stiamo parlando del comportamento del mare in una giornata estiva che si rispetti, ovvero senza l’influenza di perturbazioni atmosferiche evidenti. In piena estate, quasi sempre, sull’Italia domina l’alta pressione e con essa il tempo buono e il caldo. Tuttavia, se l’alta pressione in inverno comporta un’assoluta calma di vento per tutto il giorno, in estate la struttura stabile lascia spazio alla dinamica delle brezze, che in qualche caso possono anche essere moderate. Il mare risulta più caldo della terraferma nelle ore notturne e questo facilita la discesa di masse d’aria dall’entroterra verso la costa (brezza di terra). Di giorno succede il contrario, con la terraferma che si scalda molto rapidamente rispetto all’acqua, mettendo in moto una corrente d’aria dal mare verso l’interno ( brezza di mare). Se al mattino ci rechiamo su una spiaggia, il mare risulta piatto perché
per tutta la notte la brezza di terra ha soffiato, riducendo al minimo la formazione delle onde. Essa ha inoltre allontanato da riva tutte le eventuali impurità e l’acqua risulta spesso pulita e trasparente. Con il passare delle ore la brezza di mare prende sempre più piede, a seguito del riscaldamento della terra-
ferma. Ciò comporta in un primo tempo un lieve aumento del moto ondoso, con la formazione di onde corte, che tuttavia non disturbano più di tanto i bagnanti. In una fase successiva, soprattutto nel tardo pomeriggio, si può avere lo spiaggiamento di tutte le impurità che la brezza di monte aveva allontanato
ARPA CAMPANIA AMBIENTE del 15 giugno 2014 - Anno X, N.11 Edizione chiusa dalla redazione il 16 giugno 2014 DIRETTORE EDITORIALE
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Il grafico in alto illustra il funzionamento della brezza di mare, tipica delle ore diurne. A sinistra, la direzione delle brezze in una giornata-tipo. E’ un fenomeno tipico dell’Italia, dove in estate domina l’alta pressione.
al largo la notte precedente; l’acqua, di conseguenza, tenderà a sporcarsi leggermente. Naturalmente il fenomeno non si manifesta nello stesso modo su tutte le nostre spiagge e anche la brezza di mare può risultare più o meno intensa. In presenza di golfi, la brezza di mare può risultare anche moderata e determinare un increspamento della superficie marina anche notevole; basta allontanarsi dalla costa di qualche miglio per ritrovare il mare piatto. Se invece siamo in presenza di una spiaggia molto lunga, senza insenature evidenti, l’azione della brezza di mare sarà minore e la superficie dell’acqua tenderà ad incresparsi di meno. Tale fenomeno si presenta tra la tarda primavera e il cuore dell’estate mentre tende gradualmente ad attenuarsi tra la fine della stagione estiva e l’autunno. Nel periodo tardo estivo e preautunnale, infatti, il mare ha oramai accumulato tutto il calore dei mesi precedenti e quindi il divario di temperatura tra la superficie marina e la terraferma diventa minima; di conseguenza le brezze risulteranno sempre più deboli. La nostra penisola è completamente circondata dai mari e gli effetti delle brezze sono ben evidenti su tutte le città costiere dell’Italia centro meridionale, influenzando positivamente il clima della nostra nazione. Insomma il mare sebbene rappresenti per molti un luogo dove i fenomeni estremi della natura possono prender forma in maniera intensa e pericolosa, ha i suoi innumerevoli pregi come quello di rendere particolarmente dolce e invidiato il nostro clima.
Le cozze salveranno le coste dall’erosione Filari sistemati ad hoc per attutire l’impatto delle onde Anna Paparo Che una cozza possa salvare le nostre coste dall’erosione, sembra un vero e proprio paradosso. E invece è la pura realtà. Diciamola tutta: un umile mitile non riuscirebbe mai ad arrestare la dirompente forza marina, ma filari sistemati ad hoc potrebbero tranquillamente attutire l’impatto delle onde e, quindi, salvare le coste dall’erosione. Questo decisamente sì. In particolare, il geologo Riccardo Caniparoli ha messo a punto un nuovo progetto riguardo questa tecnica, che vorrebbe impiegare per ricostituire il profilo originario della riviera apuana e versiliese, che interessa i Comuni di Montignoso, Forte dei Marmi e Marina di Massa, tutti in Toscana, con la speranza e con l’obiettivo di riportarli agli antichi splendori. Qui, la linea sabbiosa negli ultimi cinquant’anni, purtroppo, è arretrata di circa trecento metri. Più nello specifico, lo studioso ha sottolineato che il punto di forza dei filari di cozze sta proprio nella loro morbidezza. Quindi, le scogliere frangiflutto aumentano l’impatto del moto ondoso sottocosta. Poiché ri-
gide, l’onda si riflette e carica di energia quelle successive, generando un aumento dell’erosione. Per questo motivo, è stata elaborata una ricerca con barriere morbide con coltivazioni di mitili a largo, ovvero a circa trecento metri di distanza dalla costa. E si è riscontrato che sono in grado di smorzare il vigore dell’onda. A prima vista, l’aspetto delle barriere è proprio quello di un tradizionale allevamento di cozze, caratterizzate da una struttura galleggiante con boe a intervalli regolari, che tengono sospesa una fune orizzontale, cioè la “trave”, alla quale sono appese le cosiddette “reste”, tubi reticolari in nylon con fori a cui si ancora il mollusco. Per poter ottenere l’effetto anti-erosione, però, bisogna tenere presenti tre fattori molto importanti, ossia posizione, inclinazione e distribuzione. Bisogna, inoltre, tener presente che il progetto di Caniparoli è il frutto di uno studio teorico, al quale si è cercato di dare una spiegazione attraverso una serie di esperimenti. Inoltre, l’esperto ha assicurato che i benefici per la costa saranno immediati e l’allevamento comincerebbe a essere produttivo
entro un anno con ricadute occupazionali alquanto positive sotto ogni punto di vista. Un progetto che accende una luce di speranza sul problema dell’erosione costiera, una malattia che affligge i nostri meravigliosi e stupendi paesaggi. Ma non è tutto oro quello che luccica. Sembra facile da attuare. Ma ogni cosa trova il suo intoppo. Non può andare sempre tutto liscio. Infatti,
per la realizzazione di tutto ciò manca qualcosa, cioè mancano all’appello le autorizzazioni ad attuare il progetto. In particolare, il Caniparoli ha parlato addirittura di «una fase interlocutoria con esponenti politici locali», con la speranza che si possa aprire un tavolo per le trattative e poter attuare immediatamente questa tecnica, così da riuscire a far rientrare il pro-
blema e salvare le nostre coste da una morte lenta e corrosiva, avviando questo tanto atteso e desiderato processo di recupero e di ripresa. Insomma, la domanda nasce spontanea: “come può un’autorizzazione arginare il mare …? Ma quello non era lo scoglio?!” Non resta che aspettare e staremo a vedere cosa succederà. Ai posteri l’ardua sentenza.
Ancora lontani gli obiettivi della Direttiva quadro sulla strategia ambientale
Lo stato di salute dei mari continentali Questo è quanto risulta da due diversi rapporti pubblicati e presentati a Bruxelles alla Conferenza "Healthy Oceans Productive Ecosystems" (HOPE), il primo dalla Commissione europea, il secondo dall'Agenzia europea per l'ambiente (EEA): il mare rappresenta una risorsa importante per il sostentamento e il benessere delle popolazioni europee, ma la possibilità di sfruttare questa risorsa è sempre più minacciata dal degrado, dovuto alla pressione esercitata delle attività umane. I due rapporti, i primi a fornire una valutazione complessiva dello stato dei mari europei, arrivano a sei anni di distanza dalla formulazione della Direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente
marino, MSFD, elaborata per ristabilire, entro il 2020, un buon livello di conservazione delle acque marine. I motivi di preoccupazione evidenziati nel rapporto della Commissione Europea sono numerosi
tra cui: i livelli degli inquinanti superano i limiti accettabili, con effetti nel processo di eutrofizzazione degli organismi vegetali nelle acque e del conseguente impoverimento dell'ossigeno che si os-
servano nel Mar Baltico e nel Mar Nero, le riserve ittiche dell'Atlantico nord orientale e quelle del Mediterraneo sono ancora sfruttate in modo eccessivo dato che le politiche di conservazione adottate in anni recenti stanno migliorando la situazione con lentezza, e infine i rifiuti solidi, soprattutto materie plastiche, che vengono dispersi in mare in grande quantità. Per dare l'idea del problema, in un tratto di spiaggia lungo la costa atlantica si trovano in media 712 frammenti solidi ogni 100 metri. Da noi in Campania migliora, ma non del tutto sui litorali liberi, infatti sulla spiaggia di Licola Mare a Pozzuoli il campionamento è stato effettuato su un’area di 2.500mq, il totale
degli oggetti rinvenuti è stato di 347, di cui il 73% rifiuti in plastica, il 35% tra mozziconi, metallo, altro. Il rapporto di EEA traccia dei punti chiave per l'implementazione futura di politiche di conservazione tra cui: incrementare le aree protette sul totale delle aree marine e superare le difficoltà che hanno impedito di raggiungere lo sfruttamento delle risorse ittiche realmente sostenibili con norme più adatte. Il messaggio è chiaro: “i mari e gli oceani dell'Europa non sono in buono stato”, occorre quindi trovare un modo per sfruttare il potenziale economico senza aumentare la pressione su un ambiente già fragile e a pezzi. R.M.
Gestione sostenibile e valorizzazione dei boschi
Le proposte per una nuova politica delle foreste Rosario Maisto Creare una struttura di governo e di indirizzo per le foreste presso il ministero delle Politiche agricole; semplificare e aggiornare le normative, i regolamenti forestali e gli iter autorizzativi per garantire la gestione sostenibile del territorio; individuare un unico referente pubblico terri-
torio. Quindi è necessario dare piena attuazione alla Strategia forestale nazionale definita dal Programma quadro per il settore forestale prevedendo le misure indicate. Le aree forestali e naturalistiche, rappresentano delle vere peculiarità dal punto di vista ambientale, ma anche esempi di buone pratiche di gestione ecocompatibile.
servazione della naturale diversità delle specie, 2)dimora della fauna selvatica, 3)fonte di energia rinnovabile e di materie prime per settori produttivi importanti, 4)immagazzinamento della anidride carbonica e quindi contenimento dell’effetto serra, 5)elemento fondamentale per il paesaggio, per la fruizione ricreativa, per la difesa dai dis-
Progetto B4Life: nuovi fondi europei Aiutare i paesi più poveri a tutelare gli ecosistemi Giulia Martelli
toriale in materia forestale; sviluppare linee guida nazionali moderne per la gestione e la pianificazione delle proprietà forestali con l'obiettivo di prevenire i rischi naturali, climatici e antropici; valorizzare il patrimonio ambientale e paesaggistico, diffondere modelli imprenditoriali innovativi, migliorare le produzioni forestali e formare gli operatori forestali. Queste sono le proposte per una nuova politica nazionale delle foreste presentate dall'Osservatorio Foreste dell'Inea e dalla Rete Rurale nazionale. Alla base delle proposte, la convinzione che la gestione forestale sostenibile e la valorizzazione della funzione economica, ambientale e sociale dei boschi rimangono i principali temi delle politiche di sviluppo e tutela del terri-
La conduzione delle Foreste Demaniali in Campania persegue diverse finalità tra le quali la salvaguardia del bosco da incendi e altre calamità naturali e la fruizione da parte dei cittadini. Tra gli altri interventi previsti, fondamentali per la conduzione e gestione delle foreste, vi sono la manutenzione, la lotta attiva contro gli incendi boschivi e la prevenzione con attività di vigilanza e sorveglianza soprattutto nel periodo estivo, il tutto riconducibile ai lavori di ordinaria coltura disciplinati dal Regolamento Regionale emanato con Decr. Presid. n.1269/2001. La Regione Campania oltre al compito di tutelare questa proprietà collettiva, svolge anche una serie di attività per far conoscere a tutti le tante utilità legate al bosco: 1)con-
sesti idrogeologici. Sono molti, i ragazzi, gli studenti, i cittadini che ogni anno visitano questi luoghi attraverso le piste ed i sentieri realizzati dagli operai nel campo dell’ing. naturalistica e forestale. Queste aree rappresentano "un'importante occasione di crescita e sviluppo sostenibile", costituendo la base non delocalizzabile di un sistema economico che nella produzione di beni ecocompatibili e servizi ecosistemici può trovare ampie opportunità di crescita e innovazione. Serve, però, una maggiore incisione nel percorso politico nazionale e regionale che nel lungo periodo possa garantire la competitività e la qualità ambientale, incentivando e promuovendo la continuità nella gestione attiva del patrimonio forestale.
Lo scorso Maggio, in occasione della Giornata Internazionale della Biodiversità, la Commissione Europea ha lanciato un’importante iniziativa per combattere la perdita di biodiversità e la povertà nei paesi in via di sviluppo: Biodiversity for Life (B4Life). L’idea è nata per aiutare i paesi più poveri a proteggere gli ecosistemi, preservare la fauna selvatica e sviluppare un’economia a vantaggio dell’ambiente. Il progetto B4Life è inizialmente finanziato dal programma tematico EU Global Public Goods and Challenges (GPGC) e con fondi per la cooperazione allo sviluppo regionale e nazionale, per un budget che potrebbe andare fino a 800 milioni di euro nel periodo 2014-2020. In linea con l’ Agenda for Change dell’Unione Europea (la cui policy vuole indirizzare le risorse dove sono più necessarie ed efficaci) B4Life si concentrerà sui paesi con il tasso di sviluppo più basso e quelli con al loro interno “biodiversity spots”, cioè quelle zone dove gli ecosistemi e ciò che offrono sono i più ricchi ma anche i più a rischio. Gli obiettivi principali di B4Life sono tre: promuovere la buona governance delle risorse naturali, provvedere alla salubrità degli ecosistemi per garantire la sicurezza del cibo e sviluppare soluzioni che abbiano il più basso impatto possibile attraverso un’economia sostenibile. Oltre alle aree di intervento sopra elencate, B4Life include anche la 'Wildlife Crisis Window' (WCW): una “finestra speciale” dedicata alla fauna selvatica, alla battaglia contro i bracconieri e il traffico illegale di specie in via di estinzione, soprattutto in Africa, dove il commercio fuorilegge di avorio e corni di rinoceronti finanzia milizie ribelli e possibili gruppi terroristici. "Con i Paesi partner dell'Ue - ha commentato Andris Piebalgs, commissario europeo allo sviluppo - abbiamo già concordato sul fatto che se lo sviluppo non è sostenibile danneggia l'ambiente, la biodiversità o le risorse naturali".
CITIZEN SCIENCE: LA SCIENZA PARTECIPATA Utilizzare il proprio smartphone per divertirsi e collaborare ad importanti progetti di ricerca Ilaria Buonfanti Estate, tempo di scampagnate e di aria aperta. Quale miglior occasione, allora, per impugnare il nostro smartphone e farne un uso davvero utile? L’occasione viene da alcune app che ci permettono di diventare tutti un po’ scienziati e di partecipare alla costruzione del sapere scientifico collettivo. Si chiama citizen science, provare per credere! Letteralmente “la scienza dei cittadini” o “scienza partecipata”, la citizen science abbraccia una lista, ormai lunghissima, di progetti di ricerca ai quali possono contribuire tutti, scienziati e non, raccogliendo dati, classificando, catalogando. La disciplina che più ne ha giovato, finora, è stata l’astronomia. Galaxy Zoo è un esempio di come più di 150.000 cittadini appassionati di astronomia abbiano contribuito in un solo anno a classificare circa un milione di immagini di galassie. Se volete diventare citizen scientist, ecco di seguito alcuni suggerimenti particolarmente adatti alla bella stagione. Se si è interessati a questi o ad altri rami della scienza, è possibile trovare più di 6000 progetti di citi-
zen science tra i quali scegliere, in base alle vostre attività e ai vostri interessi. “Noise tube” ad esempio, è una app gratuita che permette di trasformare il proprio telefono in un rilevatore mobile di rumori. Si può facilmente registrare il livello di rumore percepito e descriverne la fonte e il grado di fastidio che ha provocato in noi. Le proprie misurazioni possono essere condivise e si può accedere alla mappa dell’inquinamento acustico della propria o di altre città. L’obiettivo del progetto è quello di creare una mappa dell’inquinamento acustico globale più completa possibile che potrebbe essere utilizzata dai ricercatori per capire come le persone percepiscono e reagiscono ai rumori. Non meno importante, potrebbe essere utile a futuri urbanisti impegnati nell’abbattere questo fenomeno. Il “Progetto Noah” invece è diventato un vero punto di riferimento per gli amanti della natura. Si tratta di una vastissima catalogazione partecipata di specie viventi volta a documentare la biodiversità nel nostro pianeta. Basta registrarsi nel sito del progetto, scaricare la app gratuita e poi via, a fotografare flora e fauna locali. Le foto possono essere cari-
cate sul sito, dove saranno identificate da speciali “ranger”. Si possono inoltre ricevere riconoscimenti per i propri contributi e partecipare a delle missioni. In “Bee-friend your garden” è possibile registrare il numero e il tipo di insetti impollinatori che visitano il nostro giardino o terrazzo e registrare da quali piante sono più attratti. I dati vengono mandati a un database centrale e, oltre a fornire preziose informazioni ai ricercatori, ci permetteranno di creare un giardino ad hoc per attirare e preservare i tanto delicati insetti impollinatori negli anni successivi. “Globe at night” è invece un progetto
internazionale che ha l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sul problema dell’inquinamento luminoso che può influire negativamente sulla fisiologia di specie viventi, come piante e animali notturni. Il sistema vi dirà, in base alla vostra posizione, quali costellazioni dovreste vedere. Il “Marine DebrisTracker” riguarda invece i rifiuti del mare e delle spiagge mentre la app “Meteo Meduse” permette di segnalare in tempo reale la presenza di meduse nelle nostre spiagge e, oltre a fornire un monitoraggio del fenomeno, permette di sapere in tempo reale dove si è a rischio di essere pizzicati.
La nuova frontiera dei bio-imballaggi per i prodotti alimentari
LA BIO-VERNICE DALLA CUTINA DI POMODORO Fabio Schiattarella Correva l’anno 1942 quando, alla Stazione sperimentale per l’Industria delle Conserve alimentari ( Sscia ) si testavano gli scarti della lavorazione del pomodoro come alternativa al petrolio. Angela Montanari coordina, dal dicembre 2011, nei laboratori Sscia, il primo gruppo di ricerca al mondo sulla bio-vernice ricavata dalla buccia di pomodoro, destinata ai contenitori metallici alimentari. Il progetto Biocopac ha respiro europeo, con la collaborazione di centri di ricerca e aziende alimentari, di imballaggio, produzione di vernici, utilizzo di biogas. Dalle bucce si estrae la cutina, un biopolimero messo alla prova su bande stagnate, acciaio e al-
luminio. Risponde bene ai test di adesione e a quelli di corrosione. Secondo Montanari, nella laccatura se ne utilizzano da 5 a 15 grammi al metro quadrato, dipende, com’è intuibile, dal grado di aggressività dell’alimento contenuto. Oggi si è passati a svolgere i primi test con gli alimenti. Ancora, il circolo virtuoso di Biocopac indirizza ciò che resta alla produzione di biogas. In questo modo, sostiene Montanari, i rifiuti da smaltire sono quasi azzerati ed inoltre la produzione della bio - vernice dalla cutina di pomodoro abbatte le emissioni di CO2 correlate oggi alla produzione di resine epossidiche, in media 3,3 grammi di CO2 per la classica lattina di pelati. Biocopac, tra l’altro, risponde a un’esigenza precisa:
dal Gennaio 2015 la Francia, in attesa del parere Efsa (EuropeanFoodSafety Authority) escluderà gli imballaggi verniciati con resine che potrebbero rilasciare bisfenolo A, un monomero già sottoposto a stretto controllo internazionale, con limiti di rilascio entro 0,6 milligrammi al chilo. L’interesse dell’industria alimentare e dei
produttori di bio imballaggi e vernici è evidente. Con 21 milioni di tonnellate di pomodoro processato per anno nei 27 paesi, non è un caso che la Ue guardi con legittime aspettative a Biocopac. Dopo aver vinto un bando Europeo, pro-
getto Life, (finanziamento di un milione di euro, che si aggiunge agli 800mila iniziali, tra pubblico e privato) da settembre, Biocopac ha iniziato a lavorare costantemente solo con partner italiani per portare a compimento il progetto.
In estate occhio al sole! Alcune semplici regole per proteggere la vista durante le esposizioni Brunella Mercadante Finalmente la bella stagione, le vacanze, il caldo, le giornate più lunghe e soleggiate, e tanta luce in più: istantaneamente ci sentiamo meglio. La luce del sole, infatti, non solo ci dona una gradevole sensazione di benessere e di calore, ma ha anche importanti effetti benefici sul nostro umore e sulla nostra salute: attiva la secrezione del surrene e della serotonina, detta anche “ormone del buonumore”, favorisce il metabolismo della pelle, rinforza le ossa favorendo l’attivazione della vitamina D, favorisce la formazione e la maturazione delle cellule del sangue. Attenzione però agli
occhi, che avendo la specifica funzione di captare la luce ambientale e di metterla a fuoco, proprio per questo sono particolarmente sensibili alla luce. La prolungata esposizione solare e le attività all’aperto tipiche della bella stagione possono presentare per i nostri occhi alcuni pericoli specifici che è bene conoscere per prevenirne le conseguenze fastidiose, e in alcuni casi anche serie. Occorre innanzitutto proteggere gli occhi con occhiali da sole che devono essere usati sia al mare sia in montagna, soprattutto quando il sole è forte, ma anche nelle giornate nuvolose in cui c’è riverbero: i raggi ultravioletti (UV) possono, difatti, attraver-
sare le nuvole fino all’80%. Essenziale è la qualità e il colore delle lenti (da evitare le lenti azzurre o blu, che non filtrano a sufficienza le radiazioni più dannose). Attenzione poi alle lenti a contatto, i portatori di lenti a contatto dovrebbero utilizzare i sostituti lacrimali più frequentemente in questo periodo per favorire la lacrimazione dell’occhio ridotta da temperatura elevata, aria secca e ventilazione dell’aria aperta. In questo modo si eviterà la secchezza delle lenti, con conseguente offuscamento della visione, sensazione di corpo estraneo e difficoltà di rimozione della lente. Si dovrebbe anche evitare di fare il bagno con le lenti a contatto: sebbene perfettamente tollerate, le lenti causano, infatti, dei microtraumi che aprono la strada a microorganismi presenti nell’acqua delle piscine, dei laghi e dei mari, responsabili di gravi cheratiti, difficili da curare. Inoltre, il sale tende ad asciugare la lente e la altera, depositandosi sulla stessa. In sintesi: sì al bagno, ma senza lenti a contatto. Sarebbe opportuno anche facendo il bagno indossare la maschera o gli occhialini, la congiuntivite è, infatti, l’infiammazione oculare più comune causata spesso da un’infezione, batterica o virale, i cui sintomi sono arrossamento oculare, bruciore, lacrimazione. Quando si nuota in piscina è comune anche una congiuntivite tossica, dovuta all’azione irritante del cloro.
Non si dovrebbe poi dimenticare di usare la crema solare anche sulle palpebre: la cute delle palpebre è delicata e sensibile all’irraggiamento solare. Anche bere è importante per gli occhi, non dimentichiamo dunque di bere abbondantemente, non solo si evita così la disidratazione dell’intero organismo, ma si protegge anche il corpo vitreo, la gelatina che riempie il bulbo oculare. La disidratazione infatti favorisce la degenerazione e il distacco del corpo vitreo, responsabile della visione delle "mosche volanti"; nei casi più gravi può causare una rottura della retina e il suo distacco. Attenzione anche ai medicinali, se si assumono farmaci, prima di
esporci al sole chiediamo al medico se queste medicine possono provocare reazioni indesiderate alla luce del sole, come ad esempio succede con alcuni antibiotici. Il cerotto per il mal d’auto o il mal di mare può provocare, ad esempio, disturbi visivi, causando la dilatazione della pupilla, talvolta sul solo lato del cerotto, anche dopo che il cerotto è stato tolto. Non dimentichiamo, però, il collirio a casa: in alcuni Paesi sono difficili da reperire, o molto più costosi, o richiedono la ricetta medica locale. Osservando poche semplici precauzioni potremo godere appieno una splendida estate senza alcun rischio per gli occhi!
Akkermansia muciniphilia: il batterio anti-obesità Potrebbe essere iniettato nei soggetti “oversize” Fabiana Clemente Italiani obesi! Ebbene è questa la situazione fotografata dall’Istituto Superiore di Sanità. Nonostante una lieve riduzione percentuale, i dati registrati evidenziano un fenomeno tutt’altro che sanato. Nel 2012 in una condizione di sovrappeso si trovava circa il 33% della popolazione, mentre l’obesità interessava poco meno del 10%. Fattori ontogenetici sicuramente giocano un ruolo cruciale. Ma in che modo si può intervenire per ottenere un’inversione di marcia? Sicuramente, un primo step consiste nel bandire uno stile alimentare malsano. E se la scienza ci aiutasse? La risposta si trova in un batterio. Akkermansia Muciniphilia per l’esattezza. Questo microrganismo, dalla pronuncia difficile, si trova all’interno dello strato di muco che riveste l’intestino. Ergo, nella flora intestinale. Il suo ruolo, tuttavia, è altro che ostile. Responsabile della degradazione delle proteine, è particolarmente significativo per la prevenzione e il trattamento dell’obesità e per un miglior funzionamento del metabolismo. La ricerca, pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences ha dimostrato che i topi, nutriti con un preparato contenente il batterio in questione, hanno registrato una riduzione dell’obesità. I ricercatori di questo studio – dell’Università Cattolica di Lovanio in Belgio – si dimostrano ottimisti circa un’eventuale applicazione sugli esseri umani, come risposta concreta al trattamento dell’obesità e del diabete di tipo 2. Nello specifico, migliorerebbe la funzionalità della barriera intestinale, contro l’infiammazione metabolica e i depositi adiposi. Come agisce biologicamente? Aumenta lo spessore della parete intestinale, provocando una riduzione nell’assorbimento del cibo. In condizioni di normopeso, il microbo rappresenta circa il 5% dei microbi della flora in-
La “melagrana”: potente farmaco naturale
testinale. Scarso nell’intestino di soggetti obesi. Stando a questo studio, la scienza ci offrirebbe uno strumento straordinario per prevenire una serie di patologie cardiovascolari e metaboliche – conseguenze di un regime alimentare irregolare. In attesa di sperimentazioni su pazienti umani, si consiglia ugualmente di mettere in
moto un meccanismo salubre, basato su un altro straordinario strumento a nostra disposizione. La volontà! Spinta motivazionale, mettersi in discussione e una rappresentazione mentale di come potrebbe modellarsi e migliorare il corpo senza quei chili di troppo. Salute e bellezza: un duplice obiettivo con un solo investimento!
Che la frutta sia un portento ormai è risaputo! Eppure ci sono frutti, che più di altri, ci regalano benessere! La melagrana, il frutto del Melograno, è una di questi. Il pomo saraceno, originario in Afghanistan e in Persia, ha riscosso successi in tutto il mediterraneo. Da uno studio condotto dai ricercatori spagnoli dell’Istituto Catalano di Scienze Cardiovascolari, è emerso che i polifenoli contenuti nella melograna sono in grado di annullare gli effetti devastanti di una dieta ricca di grassi saturi, relativi ad un serio danneggiamento del sistema cardiovascolare. L’azione antiossidante, fondamentale nella prevenzione di aterosclerosi, svolge anche una funzione estetica. L’elevata percentuale di potassio, minerale con effetto diuretico, favorisce l’azione drenante e detossinante. Un alleato, quindi, nell’eliminazione di scorie e liquidi in eccesso. Rallentare, inoltre, i processi dell’ invecchiamento. Presenti anche fosforo, magnesio e ferro. E ben 20 mg di vitamina c in 100 grammi di prodotto. Proprietà astringenti, antidiarroiche, vermifughe e gastro-protettive. Ma i benefits non finiscono qui! Una ricerca effettuata dai ricercatori dell’Istituto del Sud Carolina ha sottolineato la straordinaria funzione dell’acido ellagico presente nel frutto. Lo studio rivela l’azione antitumorale di questa sostanza, in grado di provocare la morte delle cellule cancerose. Un farmaco naturale a tutto tondo. Tuttavia è importante sapere che di questo frutto non bisogna sprecare niente. Oltre ai semi, anche la radice è pregna di sostanze benefiche. Introdurre la melograna nel nostro menù quotidiano, non può fare altro che apportare un tocco di benessere a tutto il nostro organismo. Tanta salute in poche calorie! F.C.
Le sigarette inquinano fino a 6 volte più di un Tir Fumare per credere! L’ esperimento condotto dai ricercatori del Centro antifumo dell’Istituto nazionale tumori (Int) di Milano, guidati dallo pneumologo Roberto Boffi, responsabile della Struttura di fisiopatologia respiratoria ha dato un esito incontestabile: le sigarette producono più smog di un Tir di 13 mila cc di cilindrata. Fumare per 8 minuti sprigiona infatti nell’aria una quantità di polveri sottili tossiche fini e ultrafini (Pm1, Pm2,5 e Pm10) da 4 a 6 volte superiore rispetto a un autoarticolato rimasto acceso per lo stesso tempo al minimo dei giri, con
punte record di 700 microgrammi/metro cubo. Per nulla incoraggianti anche i risultati di un secondo test, realizzato nella discoteca Pelledoca del capoluogo lombardo: in estate, quando il locale è all’aperto ed è possibile fumare liberamente, i livelli
di black carbon nell’aria sono comunque più che doppi rispetto all’inverno, quando la pista è al chiuso e vige il divieto di ‘bionde’. Le concentrazioni di polveri sottili sono invece inferiori in estate, perché in inverno vengono trasportate sugli abiti e risollevate ballando in un ambiente chiuso. “Fumare all’aperto - avvertono Boffi e colleghi - non è sufficiente a garantire che l’ambiente sia libero dalle sostanze nocive liberate dalla combustione delle sigarette”. Sensibilizzare sui danni del fumo ed offrire un aiuto a smettere ai fumatori incalliti è la strada
che l’Int ha deciso di percorrere. Valida, infatti, è l’esperienza di un ‘Pronto intervento antifumo’ nello stabilimento metallurgico della Marcegaglia di Ravenna, il più grande del gruppo dove, dal 20 marzo scorso, l’azienda ha esteso il divieto di fumo in tutti gli spazi interni. Nonostante l’alta prevalenza di tabagisti, il 60% dei dipendenti ha apprezzato l’iniziativa e il 42% vuole smettere. Buttare via il pacchetto, allora, per fare un piacere non solo a se stessi e alle proprie tasche ma anche all’ambiente! G.M.
Dolcificanti naturali e sintetici Potere edulcorante, regolamentazione europea e consigli d’uso Daniela Bove
e lo zucchero bruno di canna. Di questi, il fruttosio è lo zucchero che si estrae attraverso un particolare processo dalla frutta, il glucosio, invece, è un monosaccaride conosciuto anche come destrosio ed è il composto organico più diffuso in natura. Lo zucchero bruno di canna è lo zucchero non raffinato che si estrae dalla canna da zucchero. Esistono, inoltre, proteine dolcificanti estratte da frutti di piante africane ( miracolina, monellina e taumatina….) meno note rispetto ai comuni dolcificanti; sono utilizzate nell’industria alimentare perché hanno un elevato potere dolcificante il che consente il loro utilizzo anche in modiche quantità. I dolcificanti sintetici sono: Acesulfame potassico, Aspartame, Ciclammato, Saccarina, Sucralosio. Una caratteristica comune ed un vantaggio dei dolcificanti artificiali è quella di conferire un sapore dolce agli alimenti o alle bevande a cui vengono aggiunti, senza addizionare a questi apporti energetici. Tutti i dolcificanti artificiali contenuti nei cibi e nelle bevande venduti nella UE sono stati sottoposti a test approfonditi e sono stati approvati da una apposita commissione. Tuttavia, per ciascuno di essi è stata fissata la quantità massima giornaliera consentita, il che garantisce un rilevante margine di sicurezza. È opportuno però evidenziare che se si usano più alimenti che contengono un determinato dolcificante artificiale è bene diminuire almeno della metà la dose giornaliera raccomandata per dolcificare le bevande.
Il termine dolcificante ed il suo sinonimo “edulcorante” sono utilizzati per indicare delle sostanze in grado di conferire un sapore dolce agli alimenti o alle altre sostanze destinate ad essere ingerite. Si distinguono essenzialmente due categorie di dolcificanti, naturali e artificiali, a seconda della loro origine e delle loro caratteristiche, presenti praticamente ovunque, non solo nei prodotti destinati all’alimentazione, ma anche in numerosi altri prodotti, tra cui i farmaci, e quindi tutti noi ne assumiamo, talora anche senza rendercene conto, un quantitativo più o meno rilevante. I dolcificanti naturali si chiamano così perché sono presenti in natura (nella frutta e nella verdura soprattutto), mentre i dolcificanti artificiali sono sostanze create in laboratorio. Nonostante l’enorme diffusione e utilizzo, sull’argomento esiste molta confusione legata probabilmente a scarsa informazione o equivoci messaggi pubblicitari. Le principali differenze sono da una parte il potere edulcorante (cioè la capacità di rendere dolce un alimento), molto più alto per i dolcificanti artificiali (si calcola che sia dalle 30 alle 300 volte maggiore rispetto al comune zucchero da cucina) e dall’altro il potere calorico, molto basso (addirittura trascurabile) per i dolcificanti artificiali. I principali dolcificanti naturali sono: il Fruttosio, la Glicirizina, il Glucosio, il Lattosio, il Mannitolo, il Miele, il Saccarosio, il Sorbitolo, la Stevia, lo Xilitolo
Consumi e ambiente: proteggere il pianeta a partire dalla spesa
CIBI PIÙ INQUINANTI: LA TOP TEN DI COLDIRETTI
La top ten dei prodotti “nemici dell’ambiente”:
carbonica, mentre un chilo di mirtilli dall'Argentina deve volare per più di 11mila chilometri con un consumo di 6,4 kg di petrolio che liberano 20,1 chili di anidride carbonica e gli asparagi dal Perù viaggiano per oltre 10mila km, bruciando 6,3 chili di petrolio e liberando 19,5 chili di anidride carbonica per ogni chilo di prodotto, attraverso il trasporto con mezzi aerei.”. Il consumo sulle tavole di alimenti come cocomeri dal Brasile, meloni di Guadalupe, melograni di Israele e fagiolini dall'Egitto è causata dall’abitudine di mangiare cibi anche “fuori stagione” per la produzione italiana. Senza contare che un prodotto (questo non alimentare), come le rose dell’Ecuador è anche associato a sfruttamento della manodopera. La soluzione, ancora una volta, è consumare prodotti quanto più pos-
2) Mirtilli dell’Argentina
Alessia Esposito Il dossier di Coldiretti “Lavorare e vivere green in Italia” ha assegnato le maglie nere ai prodotti più inquinanti, calcolati sulla base del carburante aereo per chilo. I dati sono stati presentati durante la Giornata mondiale dell’ambiente al Nelson Mandela Forum di Firenze. Oltre a danneggiare la filiera made in Italy, provenendo da terre lontane, i prodotti “incriminati” danneggiano anche l’ambiente. Il petrolio utilizzato per trasportarle incrementa il problema del gas serra e dell’inquinamento globale. “Un chilo di ciliegie dal Cile per giungere sulle tavole italiane deve percorrere quasi 12mila chilometri con un consumo di 6,9 chili di petrolio e l'emissione di 21,6 chili di anidride
sibile a km zero e privi di inutili imballaggi. Così una famiglia risparmierebbe all’ambiente, secondo i dati Coldiretti, fino a mille chili di anidride carbonica all’anno. Lungi dal voler essere protezionisti, come sempre la soluzione è nella moderazione dei consumi esteri. Una soluzione che garantisce la nostra sicurezza alimentare, giova anche alla nostra salute e alla nostra economia. “Fare la spesa con attenzione all’ambiente significa anche impegnarsi per il territorio, la cultura, le tradizioni ed i prodotti che rendono il Made in Italy unico e competitivo nel mondo e quindi sostenere l’economia e il lavoro in Italia in un difficile momento di crisi”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
1) Ciliegie del Cile
3) Asparagi del Perù 4) Noci dalla California 5) Rose dall'Ecuador 6) More dal Messico 7) Angurie dal Brasile 8) Meloni da Guadalupe 9) Melograni da Israele 10) Fagiolini dall'Egitto
Dall’industria pesante ai cotonifici Quando dal Sud non si emigrava Gennaro De Crescenzo Salvatore Lanza Tra le fabbriche metalmeccaniche in evidenza nel Regno di Napoli c’erano quelle di Guppy (600 operai), di Macry-Henry (550) nel “polo industriale” napoletano (nella zona dei Granili), la Reale Fonderia di Castelnuovo (nella cinta fortificata del Maschio Angioino successivamente abbattuta) e quelle situate in Puglia, nel Molise e in Calabria, a dimostrazione della diffusione di strutture produttive anche in zone lontane dalla capitale. Proprio nella Calabria interna di grandissima importanza era la fabbrica di Mongiana (280 carbonieri, 100 mulattieri e 100 artefici e manuali per circa 1000 unità complessive). Le nuove esigenze dell’esercito si associarono alla politica autarchica del governo e intorno al 1743 si decise di fondare una nuova fabbrica di fucili portatili presso Torre Annunziata: “Ad affrancarci da ogni balzello forestiero qui vollesi eziandio fondare la fabbrica delle armi portatili sia da fuoco che da taglio”. Nel progetto dell’architetto Sabatini fu coinvolto pure il Vanvitelli e alla funzionalità dei luoghi si unì un notevole gusto per gli aspetti decorativi con effetti scenici e giochi d’acqua che si legavano perfettamente al complesso sistema di canalizzazione e all’ambiente. 11000 all’anno le armi da fuoco realizzate, 3000 quelle da taglio: i singoli artefici o operai dovevano apporre sul pezzo prodotto un proprio segno o
I cotoni di Don Giangià a Piedimonte
marchio per evitare ed eventualmente attribuire i difetti di fabbricazione. Altre fabbriche famose soprattutto per la produzione di armi di lusso si trovavano anche a Sparanise, ad Avellino (con Giuseppe Pilla), a Lancusi o a Napoli, a Poggioreale (con le carabine rigate sistema Minier calibro 18 mm.). Già nel 1848 una “regia patente” proteggeva il “sistema Venditti” (nato prima della fa-
mosa “Smith & Wesson”) per pistole a ripetizione lunghe 32 cm. calibro 10 mm., con proiettili conici di piombo e carica di polvere nera all’interno. Da segnalare anche la polveriera di Avellino, l’opificio pirotecnico di Capua e il polverificio di Scafati specializzato nelle polveri da cannone. E non era poco per un governo che restava fondamentalmente poco incline alle attività belliche.
Lo stabilimento di Giovan Giacomo Egg, a Piedimonte d’Alife impiegava 900 operai per la lavorazione del cotone e del lino; in esso si lavoravano 540.000 chili di cotone ogni anno con materie prime provenienti per tre quarti dal Regno; vi si producevano 480.000 chilogrammi di cotone e 1.700.000 metri di cotone e lini di diversi prezzi e di grande qualità. Lo svizzero Egg fu tra i primi stranieri a investire capitali notevoli nel Regno; assecondato da Gioacchino Murat, nel 1812, fece arrivare dalla Svizzera i primi telai meccanici e 200 operai specializzati, in una zona dove era già antica la tradizione tessile. Ferdinando I di Borbone gli concesse la “reale special protezione” per l'importanza della fabbrica e anche per il fatto che l'imprenditore aveva avviato una sostituzione delle maestranze svizzere con maestranze locali iniziando un processo di radicamento sul territorio che lo portò spesso ad essere un punto di riferimento per gli abitanti di Piedimonte. Un altro episodio legato alla storia di questa fabbrica dimostra il rapporto diretto che esisteva in quel tempo tra governanti e governati: l’Egg aveva più volte chiesto al Ministero delle Finanze l’esenzione del pagamento del dazio sull'importazione del cotone in stoppa, ma solo dopo avere scritto una lettera al re, dopo dieci giorni, la ottenne. A Piedimonte si tentò con successo anche un esperimento ripetuto poi frequentemente: vi lavoravano fino a 300 orfane e trovatelle del Real Albergo dei Poveri di Napoli, mantenute, istruite al lavoro e successivamente stipendiate con vantaggi indubbi per l’una e per l’altra parte. “Don Giangià”, come veniva familiarmente chiamato nel paese, fu autore egli stesso di un regolamento interno che prevedeva orari, diritti, doveri, norme igieniche e anti-incendio e la sua fabbrica restò un esempio per tutte le altre del Regno anche per le sue dimensioni (2400 operai). G.DC. e S.L.
La nuova frontiera ecologica di Gunter Pauli Gli scarti di produzione diventano materie prime di una nuova fase Antonio Palumbo L’economista, scrittore ed imprenditore belga Gunter Pauli è il fondatore di ZERI (Zero Emissions Research Initiative), movimento che propugna un’economia del futuro, sostenibile e redditizia, che si basa su un modello di business competitivo ispirato alla natura, finalizzato all’imitazione dei meccanismi di funzionamento e sopravvivenza di piante e animali. La nuova frontiera dell’ecologia da lui teorizzata, battezzata “blue economy”, tende a superare l’ormai nota “green economy”, propugnando un nuovo modello che trae ispirazione dagli ecosistemi naturali (per esempio dalle strategie di sopravvivenza di animali e insetti) e intende affrontare le problematiche inerenti alla sostenibilità in senso lato, non solo investendo nella tutela dell’ambiente e in architetture più efficienti, ma cercando di trarre vantaggio anche dalla rigenerazione, riutilizzando quelli che sono considerati i rifiuti del nostro tempo. Per questo la blue economy di Pauli si ispira agli ecosistemi naturali, nei quali tutto viene riutilizzato secondo un ciclo
detto “a cascata”, dove gli scarti di produzione diventano le materie prime di una nuova fase. Anche per quanto riguarda l’architettura vi sono progetti o idee che si inseriscono nel modello della blue economy, ispirandosi a sistemi e tecnologie utilizzati in natura da animali ed insetti per sopravvivere: per esempio, mediante l’adattamento a determinate condizioni climatiche, come avviene nel raffrescamento superficiale del manto delle zebre e per il sistema di ventilazione dei ter-
mitai. Il manto delle zebre è conosciuto per essere un efficace sistema di controllo del calore. Infatti, mentre il bianco riflette la luce, riducendo la temperatura superficiale, il nero fa il contrario assorbendo il calore, e la differenza di pressione tra l’aria più calda e più fredda delle strisce del manto innesca un serie di micro correnti che sono in grado di ridurre la temperatura percepita dalla zebra fino ad un massimo di 9 °C. Il principio adottato da questi animali è stato ripreso dall’architetto svedese Anders Nyquist per il progetto della Daiwa House a Sendai, in Giappone: quest’edificio sfrutta la combinazione di bianco e nero per regolare la temperatura esterna dell’edificio, che in estate si abbassa di circa 5 °C apportando un risparmio energetico del 20%. Un altro esempio che accomuna la blue economy all’architettura è rappresentato dal dibattito, poco noto, riguardante il modo in cui sono costruite le abitazioni di alcuni insetti: uno degli esempi più interessanti in questo settore riguarda i termitai, che possono raggiungere i dodici metri di altezza (come un grattacelo di dieci chilometri per noi umani). I termitai sono stati studiati dal team che porta avanti il progetto TERMES (Termite Emulation of Regulatory Mound Environment by Simulation), in quanto presentano forme organiche aventi
una loro logica in riferimento alla dinamica dei fluidi, in questo caso dell’aria. Una delle peculiarità dei termitai, infatti, è che la temperatura interna viene mantenuta costante a 26 °C grazie ad una sapiente regolazione dei flussi d’aria in entrata e in uscita. La logica costruttiva dei termitai è stata utilizzata ancora dall’architetto Anders Nyquist, pioniere della tecnica di costruzione chiamata “Ecocycle adapted”, per progettare diversi edifici, tra cui la Scuola Laggarber di Timra (Svezia), realizzata nel 1995, edificio che sfrutta appunto i principi di ventilazione natu-
rale presenti nei termitai, completamente autonomo in relazione al raffrescamento. Questi sono solo due dei molti esempi che potrebbero essere riportati per evidenziare la capacità di progettisti e architetti di allinearsi a un nuovo sistema di pensiero, orientato non solo al rispetto dell’ambiente, ma che si propone di arrivare alla svolta “zero rifiuti”: obiettivo possibile grazie ad una continua evoluzione dei materiali, dei componenti e dei sistemi tecnologici costruttivi oltre che all’utilizzo di pratiche ispirate a tecniche già presenti in natura.
Poesie per migliorare la qualità dell’aria IN INGHILTERRA, AFFISSO SU UN PALAZZO, IL PRIMO PANNELLO ANTI-INQUINAMENTO Uno scienziato e un premiato poeta, entrambi impiegati presso l’università di Sheffield, hanno realizzato ed esposto sulla facciata dell’ateneo un manifesto gigante che utilizza la nanotecnologia per eliminare, almeno in parte, l’inquinamento. Tale manifesto infatti, se viene esposto su una strada trafficata, è in grado di assorbire i composti tossici emessi da circa 20 auto ogni giorno. A Tony Ryan (l’esperto di scienza) e Simon Armitage (l’esperto di parole) è venuta l’idea di evidenziare un possibile modo per ridurre l’insorgenza di malattie e salvare vite catturando composti tossici presenti nell’aria delle nostre città. Il manifestoin questione, intitolato “In Praise of Air”, è largo 10m ed alto 20m, ed è rivestito con microscopiche nanoparticelle di biossido di titanio, che hanno la capacità di catturare l’inquinamento atmosferico: quando la luce li colpisce si eccitano, reagiscono con l’ossigeno e quindi assorbono l’inquinamento nell’aria che vi
entra in contatto. Questa soluzione naturalmente non eliminerà tutti i fastidi provocati dal traffico, ma priverà l’aria di una valida percentuale di ossidi di azoto, che non si possono vedere o sentire ma che sono stati collegati a problemi respiratori
Le condizioni climatiche ambientali su misura
Risparmio energetico e “convivenza pacifica” Un gruppo di ricercatori statunitensi del MIT di Boston, ha sviluppato un particolare e sofisticato sistema che sarà in grado di personalizzare il microclima ambientale. Si chiama: Local Warming ed è stato presentato nei giorni scorsi alla Biennale di Architettura di Venezia. L’obiettivo principale è quello di ridurre gli sprechi energetici e perché no, allentare le tensioni e migliorare i rapporti sociali tra le persone nei pubblici uffici. Il sistema, apparentemente semplice, permette di avvolgere ogni singola persona presente in un ambiente di lavoro in un particolare e personale microclima. in sintesi: potremo produrre un particolare habitat e risparmiare preziosa energia. La mission: far arrivare il calore solo dove serve… Un particolare rilevatore di presenza, non appena individua una persona in un particolare ambiente, riesce a contestualiz-
più o meno gravi, tra cui l’asma. Ma il tutto, naturalmente, non è gratuito. Ryan ha commentato ad un’intervista alla Bbc: “Se ogni bandiera o manifesto pubblicitario nel paese fosse fatto in questo modo, avremmo una qualità dell’aria molto migliore. Basterebbe aggiungere meno di 150€ al costo di uno striscione e avremmo una pubblicità catalitica”. Lo scienziatoha già lavorato all’idea di applicare la tecnologia di questi materiali a prodotti artistici con il progetto Catalytic Clothing. L’obiettivo è di utilizzare l’arte e il design per introdurre i materiali antiinquinamento nel nostro abbigliamento e nelle nostre città. In un’altra applicazione del progetto, il gruppo di Catalytic Clothing ha proposto l’utilizzo di un detergente per abiti che contenga lo stesso tipo di nanoparticelle per trasformare i nostri vestiti in strumenti per distruggere gli inquinanti.Due paia di jeans potrebbero apparentemente ripulire gli ossidi di azoto emessi da un’automobile. E chi li indossa non sarebbe in grado di vedere o sentire qualcosa di diverso. I.B.
zare la sua posizione climatizzando la sua area operativa. Un sistema di informazioni collegato in WI-FI che permette ad un motore di cambiare la posizione di alcune lampade (che generano radiazioni infrarosse), attraverso specchi “freddi” e altri componenti tecnologici, creanDo fasci di calore che investono separatamente le persone in un ambiente. Con il semplice uso di uno smartphone possiamo inviare informazioni utili sulle nostre esigenze. Avremo, grazie al cosiddetto “riscaldamento locale”, ambienti riscaldati a misura d’uomo e non ci saranno sprechi di energia preziosa. È finita l’epoca nella quale per riscaldare un ambiente dove magari era presente una sola unità operativa era necessario riscaldare tutta la stanza… Vi ricordate le vecchie riunioni per gli impianti centralizzati? Gli amministratori di condominio sono avvisati…
LO SMARTPHONE SI RICARICA PEDALANDO! Quando si viaggia, specie quando si percorrono lunghi spostamenti, lo smartphone, fedele alleato tecnologico, non può mancare. Quando si è in viaggio, distrarsi navigando in rete e condividendo immagini, è ormai la principale alternativa alla lettura. Spesso, proprio in viaggio, la batteria del nostro cellulare si esaurisce ed urge trovare un modo per ricaricarli e riprenderne il regolare uso. Come? In molti aeroporti, stazioni o addirittura ristoranti e centri commerciali, sono state installate diverse postazioni dove poter inserire nelle prese di corrente i propri dispositivi ma, qualcosa di insolito, sportivo e innovativo, si sta diffondendo in tante sale d’attesa come lo SchipolAirport di Amsterdam, l’aeroporto di Bruxelles, la stazione parigina di Montparnasse. Tutto è nato da un’idea di due imprenditrici, Patricia Ceysens e Katarina Verhaegen, titolari dell’azienda belga We Watt che, insieme, hanno realizzato We-bike, una sorta di cyclette in grado di produrre energia, fino a 30watt e, in sola mezz’ora, ricarica al 100% il proprio dispositivo: vedere per credere, basta monitorare ogni singola fase di ripresa attraverso un display interattivo che mostra quanto si riesce a generare pedalando.La trovata risulta geniale per una pluralità di fattori, innanzitutto incoraggia alla pratica dell’attività fisica; spesso i passeggeri dopo ore e ore trascorse seduti in volo hanno la necessità e il desiderio di sgranchirsi le gambe, muoversi e riattivare la circolazione, cosa meglio dunque che una pedalata
soft? Da non sottovalutare poi il suo scopo ecologico che la porta a rispettare l’ambiente creando energia pulita servendosi solo di materiali eco-compatibili utilizzati per realizzare le postazioni: il telaio è in alluminio riciclato, il rivestimento del sedile in cuoio riciclato, la parete laterale in cedro riciclato, il corpo in alluminio ed acciaio e il tavolo in Trespa.Il funzionamento è molto elementare, basta accomodarsi sull’apposito sgabello munito di pedali posizionato intorno ad un tavolo e iniziare la propria pedalata senza sforzi, dolcemente. Nello stesso tempo si può lavorare al pc, leggere un giornale oppure bere un caffè in compagnia di qualcuno. F.S.
Imprenditore guida l’azienda da un’isola deserta Una scommessa vinta grazie alla tecnologia e al vivere sostenibile Cristina Abbrunzo Chi non ha mai desiderato almeno una volta di partire per un'isola deserta, gettandosi tutto alle spalle e partendo per un'avventura emozionate? Con la tecnologia tutto possibile. Parola di Gauthier Toulemonde, imprenditore francese, meglio noto come il Robinson Crusoe 2.0. Soprannome guadagnato sul campo, una sperduta isola indonesiana, dove l'imprenditore francese ha vissuto, da solo, per quaranta giorni, continuando a gestire da lì la propria azienda. Ma perché qualcuno dovrebbe lavorare da un'isola esotica? La risposta del "Web Robinson" è semplice e diretta: perché si tratta dell'occasione perfetta per mostrare al mondo come l'energia solare e le moderne tecnologie permettono di vivere in modo diverso, facendo del bene all'ambiente, e di lavorare su grandi distanze senza perdere un solo secondo del nostro tempo prezioso. E lo ha dimostrato coi fatti, dirigendo l'azienda da solo, tenendosi in contatto con dipendenti, fornitori, banche e clienti, solo con l'aiuto di due computer e di due telefoni satellitari, tutti alimentati da energia solare ed eolica. Nel suo bagaglio soltanto: due pannelli solari, un compu-
ter, un tablet, una fotocamera digitale HD e due tende, una per sé e una per proteggere gli apparecchi tecnologici dall'umidità. Le immagini pubblicate sul suo blog Web Robinson mostrano un angolo di mondo paradisiaco, ma il soggiorno di Toule-
monde non è stato così semplice. Ci sono voluti sei mesi per individuare l'isola adatta, un piccolo lembo di terra (700x500 metri) il cui nome è stato tenuto riservato, e due mesi per organizzare la spedizione contando su un budget di 10mila euro (senza sponsor).
La sua scommessa, seppur vinta, si è rivelata piuttosto complessa. Non solo perché il villaggio più vicino distava oltre cinque ore di battello, ma anche perché la giornata tipo era piuttosto piena: sveglia alle 5 del mattino, dieta a base di riso e pasta portate dalla Francia, ar-
L’ufficio ideale è in mezzo al bosco A contatto con la Natura si lavora meglio Sovraccarichi di lavoro, sommersi da commissioni, affari da sbrigare, tra scadenze e clienti, quante volte abbiamo desiderato essere altrove, lontano dalla nostra scrivania, dal capo e dalla grigia città? Con la mente, si sa, tutto è possibile, ma lo scenario reale è sempre lo stesso: una montagna di scartoffie e un triste pc che attende i nostri comandi. Possono invece dirsi fortunati i dipendenti dello studio madrileno Selgas Cano, che ha scelto come location per i loro uffici un bosco a pochi chilometri dalla capitale spagnola. Come è possibile conciliare un lavoro che richiede creatività, pazienza e, nel peggiore dei casi, nervi
saldi con un ambiente che ispiri serenità e aiuti le buone idee a crescere? Josè Selgas e Lucia Cano hanno evidentemente capito che il luogo in cui si lavora deve essere esso stesso fonte di creatività e qual è il miglior posto in cui pensare se non sotto la chioma di un albero? Lo studio è stato ideato infatti
come una sorta di lungo tunnel immerso in mezzo al verde e circondato da alberi e costruito quasi interamente con materiali ecologici, con l’obiettivo di ottenere un ambiente di lavoro più allegro e green possibile. La copertura della struttura è realizzata in plastica acrilica trasparente ed è spessa 20mm sul lato che si affaccia sul prato antistante, e si estende per tutta la lunghezza dell'edificio. Invece, la parete opposta è un muro opaco dello spessore di 11 cm, fatto di poliestere e fibra di vetro, che assicura ombra e isolamento termico-acustico. La temperatura interna inoltre è mantenuta fresca e pulita grazie ai ricambi d’aria legati
ad un sistema di carrucole collegato ad un’estremità della costruzione che fa sì che una lastra in vetroresina possa essere completamente aperta favorendo la circolazione dell’aria. Insomma, l'ufficio dove forse vorremmo lavorare tutti, immerso nel bosco, leggermente interrato, illuminato naturalmente, scaldato dal sole ma al tempo stesso rinfrescato dall'ombra degli alberi e con il tetto completamente trasparente dove è possibile visionare dall’interno cervi, scoiattoli e uccelli che volano in assoluta libertà. Non renderebbe meglio il nostro lavoro in un posto così? C.A.
ricchita dalle prede pescate ogni giorno, otto ore di lavoro tra colloqui con i redattori e gli accordi con gli inserzionisti, mentre il cane, adottato per l'occasione, difendeva cibo e strumenti dagli assalti di topi e insetti. Difficoltà e pericoli che non hanno inciso sul buonumore di Toulemonde, ex banchiere e giornalista, che ha raccontato eventi e sensazioni giorno per giorno sul suo blog giorno e si è affidato alle mail, a internet e ai social network per continuare a dirigere la propria azienda anche a distanza riuscendo a guidare la chiusura di due numeri della sua rivista nei tempi previsti. La sua esperienza ha dimostrato che il telelavoro è possibile anche nelle zone più remote, e che per questo deve essere incoraggiato come avviene già nei paesi anglosassoni. “Ho quasi dimenticato cosa significa prendere la metro e guidare nel traffico", ha dichiarato l’imprenditore. Anche se i quaranta giorni in solitaria sull'isola gli hanno lasciato impresso una certezza: "Lavorare a distanza è fattibile e, anche se con Skype e internet non si è mai soli, l'unica cosa fondamentale è mantenere il contatto umano. Niente potrà mai sostituirlo".
L AVORO E PREVIDENZA
La politica del lavoro di Renzi Eleonora Ferrara E’ ormai risaputo che Matteo Renzi sia un uomo concreto, dai modi risoluti e dotato di notevole senso pratico, il cui principale obiettivo sia quello di snellire la burocrazia, al fine di consentire l’attuazione delle tanto auspicate riforme. Traspare dal suo comportamento un certo modo di trattare la gente che, come il suo modo di vestire, si palesa in una elegante semplicità consistente, principalmente, in comportamenti, ai quali i politici da tempo ci avevano disabituati, improntati alla buona educazione, alla cordialità, nonché alla decisa programmazione. Il Governo, infatti, intende cominciare le riforme entro sei mesi e concluderle non oltre i dieci anni. Al riguardo il Premier ha precisato che la cosa fondamentale consiste nell’onestà di una classe dirigente fatta di politici, dirigenti d’azienda o funzionari non riconfermabili, nel ruolo rivestito, in caso di condotta illegale. Secondo Renzi, inoltre, i politici in carica dopo dieci anni dovrebbero lasciare il posto ad altri, consentendo un ricambio generazionale più rapido, con la creazione di una classe dirigente più giovane. In tal modo si intende cambiare il modo di vedere la politica per far sì che essa si ricolleghi all’Europa in maniera sicuramente più efficace. E’ in questa visione di cose, unita all’intenzione di abolire il bicameralismo perfetto, che consiste l’attuale, urgente proposta di riforma, necessaria per snellire i tempi della politica. Inoltre, in merito all’Italia in Europa, il Premier ha affermato che “Non c’è una riforma unica che risolve tutto, serve uno sguardo d’insieme. Riguardo alle raccomandazioni della Commissione europea non ho particolari timori. Ciò che conta è semmai cosa i Governi si attendono dalla Commissione. …”. Infine “ … Noi vogliamo andare a fare un discorso ambizioso a Strasburgo, non un discorso di piccolo cabotaggio. … Ci sono 183 miliardi di fondi europei e di fondi per la coesione e sviluppo che dobbiamo spendere bene. Quindi, la politica deve tornare a fare il suo mestiere, oppure nessuna misura eco-
nomica la salverà.”. Scopo precipuo di Renzi è quello di rilanciare l'economia, definendo il mese di giugno “cruciale “ per le riforme del Governo. Per Renzi il problema dell'occupazione è un’emergenza da risolvere immediatamente in quanto " Queste politiche economiche hanno portato a una disoccupazione senza precedenti in Italia. O si riparte con una nuova politica europea, con investimenti industriali e nuove regole sul lavoro, o non se ne esce ". Il Premier intende riformare, radicalmente, la Pubblica amministrazione, asserendo che "La riforma della pubblica amministrazione sarà in parte per decreto e in parte con un ddl delega. Bisogna rovesciare il rapporto tra lo Stato e la PA, cambiare le regole del gioco". Inoltre, soffermandosi a parlare di Expo, nel ribadire l'importanza della trasparenza, ha precisato che, a suo avviso, “… chi viene accusato di corruzione dovrà essere certamente giudicato dalla giustizia comune, ma poi ha finito: la sua
carriera di manager o di politico e' chiusa. Per questa persona ci sarebbe quindi una sorta di 'Daspo', un divieto di tornare ad agire nel pubblico ''. Gettate le basi per le riforme da attuare, Renzi chiarisce, il proprio punto di vista
sulla Germania, che definisce un modello da seguire allorquando ne considera il mercato del lavoro o la sua struttura pubblica, pur nella convinzione di alcune divergenze. Infine il Premier precisa che “ E' del tutto evidente
che oggi la Germania ha tutto l'interesse che l'Italia corra. E l'Italia ripeterà che l'impostazione di fondo dell'Europa non deve essere centrata soltanto sull'austerità ma anche sulla crescita, l'occupazione e le riforme ''.
Viaggio nelle leggi ambientali URBANISTICA Gli interventi di ristrutturazione edilizia, sia se eseguibili mediante "semplice" denuncia di inizio attività ai sensi dell'art. 22, commi primo e secondo, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sia se eseguibili in base alla cosiddetta super DIA, prevista dal comma terzo della citata disposizione, necessitano del preventivo rilascio dell'autorizzazione paesaggistica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo. Solo per gli interventi di restauro e risanamento conservativo e per quelli di manutenzione straordinaria non comportanti alterazione dello stato dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici, la D.I.A. non deve essere preceduta dall'autorizzazione paesaggistica. Cass. Sez. III n. 16687 del 16 aprile 2014 (Cc. 25 feb. 2014). RIFIUTI In caso di trasporto illecito di rifiuti, il terzo proprietario del mezzo estraneo al reato (da intendersi come persona che non ha partecipato alla commissione
dello stesso o ai profitti che ne sono derivati) può evitare la confisca se provi la sua buona fede, ossia, che l'uso illecito della res gli sia stato ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente. Cass. Sez. III n. 16665 del 16 aprile 2014 (Ud. 20 feb. 2014) EMISSIONI Niente reato ex articolo 674, Codice penale se le emissioni provengono da atti-
vità autorizzata e non superano gli standard di legge: Cassazione 8 maggio 2014, n. 18896 conferma un principio consolidato in materia. I Giudici, nella sentenza in parola hanno rigettato le diverse conclusioni del Tribunale ricordando un orientamento oramai dominante nella giurisprudenza di legittimità: il reato di getto pericoloso di cose (articolo 674, C.p.) è escluso nel caso di emissioni da attività industriale autorizzata o disciplinata dalla legge e contenute nei limiti normativi o dell'autorizzazione rilasciata. Il rispetto dei limiti, ribadisce la Cassazione, implica una presunzione di legittimità del comportamento. Se le attività industriali trovano la loro regolamentazione in una normativa di settore, perché si configuri il reato ex articolo 674, C.p., non basta che le emissioni siano idonee a recare disturbo o fastidio, è necessario provare che tali emissioni superano gli standard fissati dalla legge.. A.T.
IL TURISMO CELEBRAZIONE DELLA DIVERSITÀ La conoscenza reciproca crea una società più giusta VADEMECUM DEL TURISTA RESPONSABILE Il turismo responsabile riconosce la centralità della comunità locale ospitante e il suo diritto a essere protagonista nello sviluppo turistico sostenibile e socialmente responsabile del proprio territorio. Ognuno di noi può contribuire a essere un “buon viaggiatore”, attento al mondo e alle persone che lo circondano, seguendo alcune semplici norme di comportamento prima, durante e dopo il proprio viaggio. • Cerca il maggior numero di informazioni sul Paese che stai per visitare. • Ricordati che la vacanza è anche un momento di confronto con una cultura diversa. • Rispetta le regole del posto. • Indossa un abbigliamento consono. Martina Tafuro Lucio Dalla e Francesco De Gregori, due celebri cantanti del suolo italiano, in un loro pezzo, intitolato “Gran Turismo” scrivono che i turisti “[...] arrivano sul tetto del mondo senza nemmeno guardare, si fermano appena un secondo per fotografare. É gente abituata a viaggiare...” Il turismo è sinonimo di diversità, ricchezza, curiosità, perchè allora spaventa così tanto? È proprio intorno a quest’ interrogativo che dovrebbe ruotare l’ attenzione di ciascun uomo. Grazie alla globalizzazione, avutasi in
modo particolare nella seconda metà del XX secolo, l’uomo ha avuto la possibilità di abbattere le barriere che lo costringevano a chiudersi nella proprià realtà e ha potuto viaggiare con un semplice “clic” del mouse senza ostacoli di spazio e di tempo. Anche questo è turismo. Ma quando si tratta di accettare e accogliere un diverso che viene a conoscere il posto all’ interno del quale viviamo, non appena questi mostra il desiderio di bussare alla nostra porta, proponendoci di aprire con lui un nuovo portale sociale che sia reale e non appartenente al web,
ecco che crolla la corazza di fili e circuiti che noi credevamo ci proteggesse. Il turismo reclama accettazione, attenzione, compartecipazione ad un dialogo tra gli uomini e il paesaggio, per questo si parla di tre “L” (Landscape- paesaggio, Leisure-tempo libero, Learningapprendimento), ma la modernità liquida ha screditato la sudata libertà della quale parlava Joffre Dumazedier negli anni Sessanta, ormai la tanto sentita emancipazione dal lavoro, dal quotidiano non ha fatto altro se non portare l’uomo all’esasperazione del tempo libero: il consumismo.
• Supporta le manifestazioni culturali locale. • Instaura rapporti corretti con le popolazioni locali. • Usa i servizi gestiti dalla popolazione locale. • Lascia solo le tue impronte, no a ri iuti e graf iti. • Cerca di seguire i sentieri nelle aree protette. • Chiudi rubinetto dopo l’uso. • Chiedi il permesso prima di fare foto, le persone non sono parte del paesaggio. • Divertiti a provare la cucina locale. Quando torni a casa ri letti su ciò che hai visto e su chi hai conosciuto. la biblioteca di Arpac
“Natura in bancarotta. Perché rispettare i confini del pianeta” Andrea Tafuro Io e mio figlio Matteo guardiamo sempre insieme la tv, accanto agli immancabili cartoni animati trova molto spazio la pubblicità. Al mio figliolo piace in maniera esagerata seguire la reclame e da questa sua insana passione ha ricevuto il messaggio, che non segue in verità, che dobbiamo consumare per crescere e che dobbiamo consumare senza rallentare. Tutti voi siete impegnati a fondo nel seguire questa indicazione e continuate a farlo. Maria, la madre/moglie, ci dice fino alla paranoia, che non possiamo permettercelo? Nessun problema: il sistema finanziario ci elargirà prestiti facili per comprare case, automobili, lavatrici o qualsiasi altra cosa. A conti fatti, è solo quando consumiamo che i rilevatori della crescita puntano verso l’alto e il mondo è felice. Ma, caro Matteo, la realtà è diversa: le attività umane premendo sulla nostra amata Terra, hanno generato profondi cambiamenti ambientali, che il più delle volte diventano terribili catastrofi. Cosa possiamo fare, io genitore cosa posso fare? Il libro “Natura in bancarotta. Perché rispettare i confini del pianeta”, scritto da Johan Rockström e Anders Wijkman, edizioni Ambiente, ci spiega che purtroppo la realtà è ben diversa. Come si legge infatti nella presentazione “La pressione delle attività umane sul nostro pianeta ha raggiunto un'intensità tale da rendere possibili cambiamenti ambientali improvvisi e potenzialmente catastrofici”. Per evitarli, gli autori propongono un nuovo approccio alla sostenibilità, individuando nove confini da non oltrepassare, che sono rappresentati dal cambiamento climatico, dal tasso di perdita di biodiversità, dalla modificazione dei cicli biogeochimici dell’azoto e del fosforo, dalla riduzione della fascia di ozono stratosferico, dall’acidificazione degli oceani, dall’uso globale di acqua dolce, dal cambiamento dell’uso dei suoli, dal carico delle particelle atmosferiche di aerosol, dall’inquinamento chimico. Purtroppo abbiamo già superato diversi di questi confini (cambiamento climatico, tasso di perdita di biodiversità e modificazione dei cicli biogeochimici dell’azoto e del fosforo) ed è quindi urgente una radicale trasformazione del sistema economico e produttivo. L’obiettivo è quello di rafforzare la resilienza del pianeta cioè, la capacità di un ecosistema di ripristinare la condizione di equilibrio a seguito di un intervento esterno e la sua abilità nel continuare a garantirci uno spazio sicuro per il benessere e lo sviluppo umano. La sfida della sostenibilità non può essere risolta pensando semplicemente nei limiti dell’attuale sistema economico. Servono modelli di business alternativi e un’economia circolare che scinda la ricchezza e il benessere dal consumo delle risorse e che assegni un valore al capitale naturale, affinché il deprezzamento delle risorse della Terra e la perdita della biodiversità vengano tenute in conto nei bilanci nazionali. Serve un’economia circolare che sia basata sul risparmio, riuso, riutilizzo e riciclo e che si indirizzi verso l’eliminazione dell’utilizzo dei combustibili fossili e promuova modelli economici che incrementino le tasse sull’uso delle risorse sottraendole alla pressione sul lavoro... Che belle parole!
Foto di Fabiana Liguori
14 giugno 2014 – Le Associazioni scendono in piazza per difendere il patrimonio culturale. Catena umana e blocco simbolico degli ingressi della Reggia di Caserta, simbolo di un glorioso passato che deve essere protetto e valorizzato