Arpa campania ambiente 2014 20

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DAL MONDO

Eni: altri due blocchi petroliferi in Asia

Terra dei fuochi: esperti a confronto

L’Eni, una delle più grandi compagnie energetiche italiane, continua a rafforzare i propri rapporti commerciali...

A Pomigliano si è fatto il punto delle indagini con Arpac, Asl e Università

Cuoco a pag.5

NATURA & BIODIVERSITÀ

Reti di monitoraggio delle acque

Morlando a pag.8

SCIENZA & TECNOLOGIA

Rapporto biennale WWF sulle condizioni della Terra Il Living Planet Report è il documento biennale presentato dal WWF che scatta la fotografia dello stato di salute del nostro pianeta. Il rapporto monitora essenzialmente due fattori: la biodiversità e l’impronta ecologica. Esposito a pag.9

Costruire un'adeguata conoscenza scientifica della situazione ambientale e sanitaria della cosiddetta “Terra dei fuochi”: questo è l'obiettivo di una serie di istituzioni che stanno lavorando sul territorio, a partire dall'agenzia ambientale campana. A un anno, o quasi, dall'approvazione del decreto “Terra dei fuochi”, l'associazione culturale Binà ha organizzato una tavola rotonda sul tema, che si è tenuta lo scorso 18 ottobre nel distretto culturale La Distilleria di Pomigliano d'Arco.

Il “cohousing” si sta affermando come strategia di sostenibilità: se da un lato, infatti, la progettazione partecipata e la condivisione di spazi, attrezzature e risorse agevola la socializzazione...

PRIMO PIANO

Le detrazioni per le ristrutturazioni edilizie e l’efficientamento energetico saranno disponibili anche il prossimo anno, con gli stessi livelli. A darne conferma è lo stesso Enrico Morando, vice ministro dell’Economia, al Verona Efficiency Summit... D’Auria pag.3

Ferrara a pag.18

Infea: venti anni di educazione ambientale

Amalfi e i suoi caratteristici limoni

Per chi ha pensieri verdi, il 2014 è un anno un po’ speciale, soprattutto per l’educazione ambientale. Ricorrono infatti eventi e anniversari significativi, ad esempio i venti anni del sistema nazionale Infea (nel suo significato di informazione, formazione ed educazione ambientale).

NATUR@MENTE

Liberare la Terra, progettando futuro

Gaudioso a pag. 6

Il limone di Amalfi, noto anche come "sfusato amalfitano", viene prodotto nei comuni appartenenti alla Costiera Amalfitana, ovvero Amalfi, Atrani, Cetara, Conca dei Marini, Furore, Maiori, Minori, Positano, Praiano, Ravello, Scala, Tramonti, Vietri sul Mare.

AMBIENTE & SALUTE

De Crescenzo-Lanza a pag.14

AMBIENTE & CULTURA

CURIOSITÀ

Massimo Salvatore Fabi a Napoli

Matera, Capitale Europea della Cultura 2019

Lo scrittore emiliano incantato dall’ineguagliabile bellezza di Partenope Fra i numerosi lavori dello storico, erudito e insegnante Massimo Salvatore Fabi (Parma, 1819 - Marsala, 1866), conobbe particolare fortuna la Corografia d’Italia (1854). Martelli a pag.13

Il 25 ottobre scorso, la CGIL è scesa in piazza per manifestare contro il Jobs Act del Governo Renzi. In piazza S. Giovanni, Susanna Camusso ha dichiarato “Continueremo le nostre iniziative con tutte le forme necessarie” ritenendosi, comunque soddisfatta per la partecipazione di un gran numero di persone. Se ne sono stimate, infatti, un milione.

Efficienza energetica: incentivi anche nel 2015

Palumbo a pag.11

Dynamo Camp: il campo di terapia ricreativa per piccoli pazienti

La Cgil manifesta contro il Jobs Act

Mosca a pag.7

BIO-ARCHITETTURA

Cohousing: nuovo modo di abitare sostenibile

LAVORO & PREVIDENZA

Terzi a pag.15

a pag.16

La raccolta differenziata, il riuso e il riciclo sono temi ricorrenti nella divulgazione dedicata ai bambini, ma pochi autori per ragazzi hanno provato a indagare l’immondizia in una prospettiva storica. È il caso di Mirco Maselli e della sua Storia dell’immondizia che riempie finalmente un vuoto offrendo al lettore molti spunti di riflessione su un aspetto tanto importante quanto poco “appetibile” della quotidianità. Tafuro a pag.19


Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche

RAEE: online il registro degli impianti Fabiana Liguori

Obbligo di iscrizione al portale per tutti i soggetti interessati

Qualsiasi piaga che attanaglia una comunità, può essere sanata in un solo modo: fare tutti la propria parte in modo onesto ed efficiente, contribuendo alla ripresa del proprio territorio di appartenenza. Di piccoli passi in Italia, per quanto riguarda il settore rifiuti, se ne stanno facendo. Anche la gente comune alza la voce, stanca dei continui soprusi. Niente più indolenti silenzi. Si scende in piazza, inneggiando al “cambiamento”. Le mete più grandi per essere raggiunte necessitano di tempo e costanza. I miracoli sono un'altra cosa. Secondo il Decreto legislativo 49/2014, che recepisce la nuova Direttiva Europea, tutti gli impianti di trattamento e i centri di stoccaggio del Paese che gestiscono rifiuti elettrici ed elettronici dovranno iscriversi al Portale del Centro di Coordinamento RAEE: https://www.cdcraee.it . Non solo, l’articolo 33 del decreto stabilisce, inoltre, che tutti i soggetti che trattano RAEE, sia

a livello professionale che domestico, avranno l’obbligo di comunicare al Centro di Coordinamento i dati sulle quantità prodotte o trattate ogni anno. La navigazione sul sito del Centro, risulta estremamente semplice e funzionale. Ciononostante, dato che in Italia, sono diverse centinaia le strutture interessate dal provvedimento, sul portale è stato realizzato nell’area riservata, un percorso ad hoc per le aziende che consente di iscriversi al Registro in pochissimi minuti e senza alcun onere. “La scelta di creare il Registro direttamente online – spiega Fabrizio Longoni, Direttore Generale del CdC RAEE – fa parte della nostra cultura che, negli anni, ha permesso di semplificare al massimo gli aspetti burocratici della gestione di questi rifiuti. Gli impianti di trattamento potranno perfezionare l’iscrizione in pochi click e, successivamente, comunicare i dati con estrema facilità. Questo ci permetterà di averli disponibili in tempo reale e utilizzarli per le elaborazioni e per la re-

portistica, una parte importante del nostro lavoro”. “L’iscrizione al Portale – sottolinea Fabrizio D’Amico, Presidente del Centro di Coordinamento RAEE – consentirà di fare un vero e proprio censimento degli impianti di messa in riserva e trattamento di questa particolare tipologia di rifiuti. Ancora più importante sarà, poi, la raccolta dei dati sui quantitativi trattati che, in aggiunta ai dati già in possesso del CdC RAEE, permetterà di avere una fotografia sulla situazione e sui trend di questo importante settore della green economy”. Sono previsti, inoltre, per gli stabilimenti che non seguiranno le direttive e non risulteranno in regola delle sanzioni da un minimo di 2.000 a un massimo di 20.000 euro, con diffida ad eseguire la procedura d’iscrizione. Nel caso in cui, venisse ignorato questo ulteriore avviso, sarà revocata l’autorizzazione al prosieguo dell’attività lavorativa. Le verifiche sugli impianti saranno affidate alle Regioni e alle Province.

Più lavoro grazie a LIFE Brunella Mercadante La green economy è certamente una delle soluzioni alla crisi economica e grazie al programma LIFE (The Financial Instrument for the Environment) la transizione verso un economia più sostenibile ha rappresentato una opportunità anche per la creazione di nuovi posti di lavoro, direttamente o indirettamente, legati al settore ambientale. Il programma LIFE, creato come strumento specifico dell'Unione Europea per l'ambiente , dal suo avvio nel 1992, ha coofinanziato oltre quattro-

mila progetti e sebbene la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo di competenze non erano annoverati tra gli obiettivi specifici, o almeno tra quelli diretti e valutati, il programma è stato fondamentale in questi ambiti. Tra l'altro la formazione e gli effetti benefici sono andati ben oltre la durata dei finanziamenti stessi: le energie rinnovabili, il riciclaggio di rifiuti, l'industria pesante, il settore forestale, quelli agricolo, edile, ma anche l'ingegneria e l'industria aerospaziale, tutti ambiti di competenza LIFE, hanno aiutato a creare nell' Unione Europea posti di

lavoro durevoli, a sviluppare competenze e sensibilità ambientali, ad acquisire nuove tecniche nonché ad riorientare metodi e processi produttivi esistenti. I progetti LIFE hanno in effetti dimostrato la capacità di stimolare competenze verdi, di contribuire alla nascita di green jobs, di promuovere la transizione verso un'economia più verde e più sostenibile, non a scapito dell'ambiente e con una gestione sostenibile del capitale. Numerosi progetti LIFE hanno, inoltre, incentivato soluzioni per migliorare le

competenze dei professionisti orientandole verso pratiche più rispettose dell'ambiente. I risultati dei progetti hanno dimostrato che più "green" sono i processi e più efficiente è la gestione delle risorse, e maggiori saranno le opportunità di sviluppo socio-economico con

la conseguente creazione di posti di lavoro duraturi. Attualmente il programma europeo per l'ambiente LIFE è stato rinnovato e sono previsti due periodi di programmazione 2014/2017 e 2018/2020 per un ammontare totale di 2.592 milioni di Euro. Nel 2014 lo stanziamento previsto ed individuato per lo sviluppo e l'attuazione di soluzioni innovative che rispondano alle sfide ambientali, con particolare riguardo verso la biodiversità e l'efficienza delle risorse, è di 238,86 milioni di Euro.


Efficienza energetica: incentivi anche nel 2015 Italia all’avanguardia nel settore, ma servono nuove politiche Paolo D’Auria Le detrazioni per le ristrutturazioni edilizie e l’efficientamento energetico saranno disponibili anche il prossimo anno, con gli stessi livelli. A darne conferma è lo stesso Enrico Morando, vice ministro dell’Economia, al Verona Efficiency Summit che si è svolto nella prima giornata di Smart Energy Expo, lo scorso 8 ottobre. L’indirizzo del governo, però, è quello di non rendere permanente questo tipo di strumento: “Dubito che sia utile, perché in tempi di crisi sono un valido supporto per il settore edilizio e delle energie rinnovabili: dare l’idea che si possono rimandare ad anni successivi è controproducente” ha aggiunto Morando. Migliorare l’efficienza energetica delle apparecchiature elettriche, delle nostre case e dei sistemi di produzione è uno degli obiettivi della direttiva europea 20-20-20 (uno dei “20” in questione riguarda proprio il miglioramento del 20% dell’efficienza energetica con dea-

dline 2020) sottoscritta anche dall’Italia. Non solo una scelta sostenibile ma anche puramente economica, considerando che ogni punto percentuale in più di efficienza si traduce nella diminuzione del 2,6% delle importazioni di gas. Tema delicato quest’ultimo, in quanto l’Italia – come afferma Federico Testa, commissario Enea e presidente del comitato scientifico di Smart Energy Expo – “ha tutte le competenze. Serve solo la volontà e una politica che favorisca questa rivoluzione di prospettiva energetica”. “Serve fornire sempre più energia o dobbiamo cercare un’altra strada, e altre soluzioni?” si chiede, invece, Maria van der Hoeven, direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) presentando il rapporto Energy Efficiency Market Report 2014 a 40 anni dalla nascita di Aie. Dal 1990 a oggi l’Europa ha ridotto del 28% l’intensità dell’energia. “L’Italia ha programmi sul miglioramento energetico in tutti i settori”, conferma van der

Hoeven “dall’edilizia ai servizi, dall’industria ai trasporti, attraverso i quali intende risparmiare 13 mtoe/anno (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), risparmi che valgono 9 miliardi di euro. Con queste cifre l’Italia si pone come un Paese leader nel settore dell’effi-

cienza energetica”. Ma, oltre i proclami positivi e ottimisti c’è anche un’altra realtà: quella della mancata condivisione degli obiettivi e dello scarso impegno di alcuni stati. Tra il 1995 e il 2010 il consumo medio di carburante delle auto nuove è diminuito del 27%, gli

edifici nuovi consumano il 40% di energia in meno rispetto a 20 anni fa. Ma solo otto Stati membri hanno recepito completamente la direttiva 20-2020 sull’efficienza energetica, gli altri hanno ricevuto una procedura d’infrazione. La strada è ancora lunga.

Farnesina “Ministero green” Brunella Mercadante Le sedi diplomatiche italiane si stanno impegnando per una maggiore sostenibilità ambientale: grazie al progetto denominato Farnesina Verde, il Ministero degli Affari Esteri sta attuando infatti, nelle Ambasciate e sedi consolari, una serie di iniziative ecologiche. Il piano d'azione del progetto è partito proprio dalla sede romana della Farnesina, dove è entrato in funzione un impianto fotovoltaico che garantisce l'autoproduzione dell' energia elettrica per l'illuminazione esterna dell'edificio: grazie all'installazione di 84 pannelli fotovoltaici a cella policristallina (che nel 2013 hanno prodotto 43,39 MWh) si è registrata una riduzione delle emissioni pari a circa 23 tonnellate di anidride carbonica, oltre al risparmio di 9.457,21 litri di petrolio. Progressivamente si stanno poi sostituendo le vecchie lampadine con nuove a minor consumo e

si stanno installando sistemi automatici di accensione e spegnimento delle luci all'interno degli spazi comuni. Anche la mensa ministeriale ha iniziato un percorso di sostenibilità con acquisti di prodotti a Km 0, una raccolta differenziata di rifiuti organici, una riduzione dell'uso della plastica con il servizio di "free beverage", grazie

al quale il personale può attingere direttamente agli appositi distributori che erogano acqua microfiltrata e bevande prodotte con materie prime italiane di qualità o derivanti da commercio equo e solidale. Per promuovere poi la cultura della mobilità sostenibile, in via sperimentale, sono state lanciate anche diverse inizia-

tive come il bike-parking nonché una campagna di abbonamenti agevolati per incentivare l'uso dei mezzi pubblici nel tragitto casa-lavoro dei dipendenti. Dopo l'input dato dalla Farnesina anche altre sedi hanno messo in campo ed adottato misure ecologiche. A Vienna il fabbisogno elettrico dell'Amba-

sciata, dell'Istituto di Cultura e della Rappresentanza permanente presso le Organizzazioni Internazionali è attualmente assicurato da fonti rinnovabili, per l'80% da energia idroelettrica e per il restante 20% da energia eolica. A Teheran l'Ambasciata ha messo in funzione un nuovo impianto fotovoltaico di 36 pannelli da 250 Watt. A Brasilia, oltre ai pannelli fotovoltaici l'Ambasciata si è dotata anche di un impianto di fitodepurazione delle acque reflue, che vengono riutilizzate per l'irrigazione delle aree verdi. Il Consolato Generale di Istanbul ha, invece, provveduto a sostituire le luci notturne ad alto consumo energetico con nuovi lampioni e fari a LED. Anche a Rio de Janeiro sulla tettoia dell'edificio patrimoniale Casa d'Italia è stato istallato un impianto fotovoltaico che con 120 pannelli, capaci di generare 30 kwp, assicurano il 20% del fabbisogno energetico del Consolato.


Rischio Vesuvio: evacuazione preventiva? Rosario Maisto Ci sono troppi abitanti nella zona rossa, si trasferiranno? Il rischio che il Vesuvio erutti ormai non è più una favola, anche se il gigante dorme profondamente per ora non significa che non sia attivo,quindi serve un percorso parallelo ai piani di emergenza. Di questo e molto altro si è parlato durante la giornata sulla riduzione dei disastri naturali organizzata dall'ordine dei geologi a Castel dell'Ovo a Napoli. Per affrontare il rischio vulcanico del Vesuvio è necessario un percorso parallelo ai piani di emergenza, che abbia come obiettivo il diradamento della popolazione nelle aree a rischio. Questa è l’unica strada da percorrere per evitare un fiume di profughi alla disperata ricerca di alloggi e sostentamento. Si è rilevato che tutto il territorio della Campania è classificato a rischio sismico e che, su 551 comuni, ben 129 ricadono in aree ad alto rischio e 360 in aree a rischio medio. In queste aree vive oltre il 90% della popolazione e ci sono circa 900.000 edifici pubblici e privati; di queste strutture, più del 70% non sono state costruite con criteri antisismici. Al nuovo piano di evacua-

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Per affrontare il rischio Vesuvio è necessario il diradamento della popolazione nelle aree a rischio

zione e di emergenza si dovrebbe affiancare un progetto per il diradamento delle popolazioni in quelle aree, ma è problematico, perché si dovrebbero gestire nell’emergenza 700.000 persone che vivono nella zona rossa, ma la cifra arriverebbe a 2.000.000

con quelli che vivono nelle aree circostanti, fino alle province di Avellino e Caserta. Sulle costruzioni abusive nelle aree a rischio, ci sono migliaia di edifici da controllare per verificarne la tenuta, ma anche la posizione, perché potrebbero trovarsi in terri-

»

tori a rischio idrogeologico. Si dovrebbe intervenire di più con politiche sull’allontanamento, ma non è facile perché nessuno si vuole spostare, inoltre, l’abusivismo non sanato dovrebbe essere abbattuto senza impedimento, e gli edifici condonati messi in si-

curezza. La “zona rossa” è l’area per cui l’evacuazione preventiva è l’unica misura di salvaguardia della popolazione. A differenza di quella individuata nel Piano del 2001, la nuova zona rossa comprende oltre ad un’area esposta all’invasione di flussi piroclastici, definita “zona rossa 1”, anche un’area soggetta ad elevato rischio di crollo delle coperture degli edifici per l’accumulo di depositi piroclastici (ceneri vulcaniche e lapilli), definita “zona rossa 2”. Queste sono state ampliate rispetto al Piano vigente, e si è confrontata, l’area individuata nel documento con i più recenti studi svolti sul tema. Il Piano nazionale di emergenza potrà diventare infatti uno strumento operativo solo quando i criteri e le strategie generali troveranno applicazione nelle pianificazioni di tutti i soggetti coinvolti, quindi, si suppone siano a rischio in caso di eruzione e che quindi sono soggetti ad un piano di sicurezza straordinario (anche Pozzuoli, Bacoli, Monte di Procida, Quarto, parte di Marano, una piccola zona di Giugliano e alcune zone di Napoli: Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Posillipo, Chiaia, una parte di Arenella, Vomero e Chiaiano, e una piccolissima parte di San Ferdinando).

Parte da Napoli l’iniziativa che avvicina i giovani all’arte

“Opere d’arte nelle scuole”: il progetto del Mibac Domenico Matania Il Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini ha annunciato la partenza del progetto “Opere d’arte nelle scuole”. Il Ministro era presente a Napoli al Convegno svoltosi al teatrino di Corte di Palazzo Reale in occasione dei trent’anni della Fondazione “Napoli Novantanove”. Queste le parole di Franceschini: “Il Presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso ha riconosciuto che su Pompei stiamo lavorando bene e rispettando i tempi, inoltre da Napoli partirà il progetto ‘Opere d’arte nelle scuole’ per cui porteremo le opere d’arte in classe e la

prima sarà la Madonna di Costantinopoli di Mattia Preti. Facciamo girare le nostre opere, spesso ossessivamente, nelle mostre, ma ora mandiamole a scuola”. Si tratta di un’iniziativa lodevole che si propone l’obiettivo di avvicinare i più giovani all’arte: osservare un’opera a pochi passi piuttosto che da un libro di testo incuriosisce ed appassiona di sicuro in maniera maggiore, tanto più se è l’opera a raggiungere gli studenti in un’aula di scuola. Iniziativa senza dubbio interessante, ma nello stesso tempo di difficile attuazione in termini di tempi logistici e costi. Innanzitutto, come sottolinea lo stesso Ministro

Franceschini, lo spostamento delle opere dovrà avvenire nella salvaguardia delle stesse, senza intaccare minimamente la loro incolumità. Per ora il “viaggio” della prima opera, la Madonna di

Costantinopoli, sarà una sorta di giro di prova; attualmente non sono ancora in programma altri spostamenti. L’idea di partire da Napoli è anche un omaggio all’impegno e alla dedizione delle mi-

gliaia di giovani che con la fondazione Napoli Novantanove hanno dato vita al progetto “Adotta un monumento”. Il progetto “Opere d’arte nelle scuole” sarà inserito nelle attività previste dal protocollo d’intesa firmato tra il ministero dei Beni Culturali e quello dell’Istruzione guidato da Stefania Giannini. Prosegue inoltre Franceschini: “Portare un’opera d’arte a scuola è un modo per riavvicinare ed educare gli studenti alla grande bellezza del nostro patrimonio culturale”. A breve infatti si attende la reintroduzione e il rafforzamento dello studio della storia dell’arte nelle scuole secondarie superiori.


Eni: altri due blocchi petroliferi in Asia Fabio Cuoco L’Eni, una delle più grandi compagnie energetiche italiane, continua a rafforzare i propri rapporti commerciali con l’Asia. Dopo aver raggiunto diversi accordi per lo sfruttamento di blocchi petroliferi in Indonesia, Timor Est e Myanmar negli scorsi anni, la società fondata da Enrico Mattei sta consolidando i rapporti anche col Vietnam: le due piattaforme, sulle quali la società italiana comincerà a lavorare, sono molto vicine ad altri quattro blocchi controllati dall’impresa del “cane a sei zampe” già dal 2012. Nei giorni scorsi, l’Amministratore Delegato dell’Eni, Claudio Descalzi, e quello di Petrovietnam, Do Van Hau, hanno siglato due Product Sharing Contract (PSC), cioè contratti per l’esplorazione dei blocchi 116 e 124, situati al largo delle coste vietnamite. Il primo di questi copre una superficie

di circa cinquemila chilometri quadrati nel bacino di Song Hong, in acque di profondità che variano dai dieci ai centoventi metri. Tale blocco sarà sfruttabile esclusivamente da Eni per un periodo esplorativo di sette anni. L’altra piattaforma, invece, raggiunge i seimila chilometri quadrati nel bacino di Phu Khanh, in acque di profondità che va dai cinquanta ai duemilaseicento metri. Il 124, però, a differenza del 116, è partecipato da Eni solo per il 60% della quota, mentre il 40% resta alla Santos Vietnam. Descalzi ha poi incontrato il vice premier vietnamita Hoang Trung Hai, il quale, in veste di responsabile commerciale a livello nazionale, ha fornito interessanti ed incoraggiati aggiornamenti delle attività e dei progetti che la Petrovietnam sta portando avanti in questi anni. "La partecipazione in questi due nuovi blocchi ad alto potenziale – ha dichiarato Descalzi – consoliderà

la nostra presenza nell'area e la nostra crescita nel bacino del Pacifico. La loro vicinanza ai blocchi in cui già operiamo – ha proseguito l’ad di Eni – ci consentirà di sfruttare al meglio le sinergie logistiche e operative, con notevole risparmio in termini di tempo e di costi". Il progetto “Asia per Eni”, dunque, procede bene, tenendo conto, soprattutto, del fatto che si tratta di economie in costante crescita e che hanno un grosso fabbisogno di gas, specie in prospettiva futura: in Vietnam, ad esempio, il PIL cresce in media del 7% annuo e per questo motivo, dal 2025, il paese farà registrare un deficit di gas pari a 1,5 miliardi di metri cubi l’anno. La più grande scommessa dell'Eni, però, riguarda l'Indonesia, dove l’industria italiana è presente da quasi quindici anni. L'attività di perforazione è concentrata prevalentemente in quatto aree: quelle offshore, nella

zona orientale e dell’isola di Sumatra, e quelle onshore, nelle zone del Kalimantan orientale e del West Timor e West Papua. Inoltre, proseguono le attività di sviluppo dei progetti operati nei giacimenti Jangkrik e Jau, nell'offshore del Paese, dove Eni è presente con percentuali maggioritarie. In Timor Est, infine, l'Eni lavora dal 2006, con una quota dell'80% in ben quattro blocchi esplorativi offshore. Qui, nel 2008, attraverso i pozzi esplorativi Kitan-1 e Kitan-2, il colosso energetico italiano ha effettuato una significativa scoperta petrolifera e, nel 2010, ha avviato lo sviluppo del giacimento a olio di Kitan, operativo dall’ottobre 2011. Tutte queste operazioni hanno rafforzato ulteriormente la presenza e le opportunità di crescita di Eni nelle aree ad alto potenziale dei bacini asiatici, rendendo il colosso energetico italiano, di fatto, il primo partner commerciale.

L’agricoltura diventa digitale, nasce il digital mapping Da oggi mappare il territorio, analizzarne i dati e stampare sul suolo il modello digitale programmato si può. Tutto merito del rivoluzionario digital mapping applicato sui terreni agricoli. Nato da una cooperazione tra la sperimentazione di tecnologie digitali e interazioni multidisciplinari, questa pratica trasforma l’agricoltura in una vera e propria attività altamente digitale. Un esempio pratico ci viene dato dal progetto di Benedikt Groß Avena + Test Bed, realizzato nel 2013. Un particolare trattore assemblato che deposita semi sul terreno seguendo un disegno progettato al computer: la su-

perficie da coltivare è un foglio di carta e il veicolo rappresenta la stampante a getto d’inchiostro, che imprime disegni e varietà vegetali. Il progetto pilota sperimenta tali tecnologie di agricultural

printing grazie ai sistemi GPS e GIS su un’area di circa 12 ettari situata nella Germania meridionale. Il modello digitale è stampato, dopo una mappatura del suolo e un processing data, con una suddivi-

sione in 85% di avena e il 15% con diverse specie floreali. I dati vengono salvati su una chiavetta usb e il file di stampa per il trattore è suddiviso a seconda del colore (avena e il mix di fiori) e convertito in codice binario per essere letto dal macchinario. Il disegno speculativo di Groß esplora le interazioni tra la fabbricazione digitale e l’agricoltura, consentendo un controllo algoritmico della semina e un considerevole aumento della diversità colturale. Una nuova rivoluzione agricola che coinvolge anche la tecnologia, trasformando l’agricoltura in “precision farming”, un’agricoltura di preci-

sione, dove ognuno fa la sua parte. Il sistema mappato consentirebbe, quindi, un uso rispettoso dell’ambiente in con criteri di biodiversità e produzioni energetiche. Di conseguenza, rispetto al modello tradizionale, si potrebbe ritrovare un nuovo equilibrio tra fauna e flora, evitare lo sfruttamento del terreno e soprattutto creare le cosiddette zone di compensazione ambientali. Da oggi anche l’agricoltura avrà il suo lato tecnologico, diventando una pratica di precisione regalando nuove prospettive ad una pratica antichissima che ora tenta di mettersi al passo coi tempi. A.P.


Infea: venti anni di educazione ambientale Il sistema “a rete” nasce nel 1994 su iniziativa del ministero dell’Ambiente Anna Gaudioso Per chi ha pensieri verdi, il 2014 è un anno un po’ speciale, soprattutto per l’educazione ambientale. Ricorrono infatti eventi e anniversari significativi, ad esempio i venti anni del sistema nazionale Infea (nel suo significato di informazione, formazione ed educazione ambientale) e ricorrono anche i venticinque anni di .eco, la rivista italiana di riferimento del settore. Per la cultura della sostenibilità, dunque, il 2014 segna un momento di significative ricorrenze. La nostra attenzione è incentrata sul sistema Infea, che come abbiamo già accennato è l’acronimo di “Informazione formazione ed educazione ambientale”. Il sistema Infea, che ha preso vita nel 1994 con il Programma triennale per la tutela ambientale 1994-96 (Ptta 1994-1996), è strutturato su tre livelli: quello nazionale, che

comprende le politiche di indirizzo ministeriale e i progetti nazionali; quello regionale, dove si prevede di attivare un Centro o un Laboratorio di riferimento; quello locale, cioè a livello provinciale o comunale, dove vanno creati o rafforzati elementi come i Centri o Laboratori di educazione ambientale, i Centri visita di parchi, i progetti o i programmi di varia natura, l’associazionismo, le guide, eccetera che possano favorire la costruzione della rete locale di educazione ambientale. Il programma Infea nasce su iniziativa del Ministero dell'Ambiente ed è finalizzato a

diffondere sul territorio strutture di informazione, formazione e educazione ambientale, favorendo un colloquio continuo con i soggetti impegnati nel mondo dell’educazione ambientale. Inoltre, anche grazie al sostegno finanziario, ha contribuito a diffondere sul territorio nazionale strutture e strumenti per orientare le azioni nella direzione della costruzione di un Sistema nazionale per l’educazione, la formazione e l’informazione ambientale. Lo Stato, le Regioni e le Province autonome, pertanto, si impegnano a rafforzare e sviluppare la propria azione nell’ambito dell’educazione ambientale e dello sviluppo sostenibile, mediante la stipula di accordi di programma concertati e cofinanziati con risorse regionali, nazionali e comunitarie che rilancino e incrementino il Sistema nazionale. L’Educazione allo sviluppo so-

stenibile (Ess) non riguarda solo l’ambiente, ma anche l’economia (consumi, povertà, nord e sud del mondo) e la società (diritti, pace, salute, diversità culturali). L’Ess è un processo che dura per tutta la vita, induce alla riflessione, non si limita all’apprendimento “formale”, ma si estende per assicurare una completa azione di informazione che raggiunga tutti i cittadini. L’Ess tocca tutti gli aspetti della vita e i valori, al centro dei quali vi è il rispetto per gli altri, inclusi quelli delle generazioni presenti e future, per la diversità, per l’ambiente, per le risorse della Terra. L’Italia può vantare da tempo un livello elevato di documenti sull’EA, già espresso nella circolare n. 149/1996 (La Ferla) del Ministero della Pubblica Istruzione, dove si proponeva un’EA come collegamento tra natura e cultura, e nella Carta dei principi di Fiuggi del 1997, un docu-

mento firmato dal Ministro dell’Istruzione e dal Ministro dell’Ambiente, in cui si enunciavano le caratteristiche di un’Educazione Ambientale orientata allo sviluppo sostenibile e consapevole. Nella successiva strategia Unece l’EA è considerata un pre-requisito per lo sviluppo sostenibile, uno strumento per il buon governo e per i processi decisionali, parte dalla visione dei valori comuni di solidarietà, equità e rispetto reciproco. In campo scolastico, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha sostenuto tante iniziative. Sono state delineate le “Linee guida per l’Educazione Ambientale e per lo sviluppo sostenibile” indirizzate alle scuole per promuovere tra i giovani l’educazione ambientale e il consumo sostenibile. Il progetto si inserisce all’interno della nuova materia di “Cittadinanza e Costituzione”.

Raccontiamo il meteo. Il ciclone partito dai Caraibi ha influito sul nostro meteo, ma non ha fatto disastri

L’uragano Gonzalo, tempesta mediatica d’ottobre Gennaro Loffredo Molti di noi, dopo il boom di questo prezioso strumento ormai di uso quotidiano che è Internet, hanno cominciato a girare per la rete a caccia di siti meteorologici per appagare la nostra sete di curiosità e conoscenza. Intorno al 20 ottobre è circolata la notizia dell’arrivo di Gonzalo in Italia; un uragano di notevole intensità che avrebbe provocato morte e distruzione, specie sulle nostre regioni centro-meridionali. Insomma un allarme lanciato con lo scopo di fare sensazionalismo e gettare nel panico la popolazione che purtroppo ancora oggi si ostina a cliccare su questi siti commerciali, gestiti da persone che senza dubbio non hanno le competenze nel settore meteorologico. Purtroppo, con l’attuale legislatura nessuno può dire niente; ognuno è libero di scrivere ciò che vuole. Sta all’utente fare la scelta giusta cercando di capire chi si occupa di meteorologia per fare una sana divulgazione scientifica e chi, invece, lo fa solo per atti-

rare il lettore, per fare quattrini e gettare fango sulla meteorologia. Per fare chiarezza, quindi, l’uragano Gonzalo non è un personaggio della Disney. Esso è stato davvero una tempesta, nata sui Caraibi alla metà di Ottobre e che nei giorni successivi si è intensificata in prossimità delle Bermuda trasformandosi in uragano di categoria 4; però, passando sulle acque fredde dell’Atlantico, ha perso consistenza declassandosi in ciclone extra-tropicale. Gonzalo, oramai, giunto in Europa come semplice depressione atlantica è stato, però, la causa dell’importante cambio di circolazione il quale ha favorito il passaggio di stagione, dopo l’eccezionale fase di caldo anomalo che da circa un mese stava interessando la nostra penisola. Ci sono stati forti venti soprattutto sui versanti occidentali dell’Italia e sulle zone alpine e padane spesso con raffiche prossime ai 100km/h, ma niente a che vedere con l’intensità dei venti di un uragano.

Ma c'è anche da dire che una simile situazione si è verificata più volte in passato nella terza decade di ottobre, con freddo precoce e le prime nevicate sulle cime dell’Appennino. Quest’anno c’è stata più difficoltà a digerire il cambiamento a causa del lungo periodo similestivo e di caldo che si è pro-

tratto fino alla metà di ottobre, dopo un’estate davvero bizzarra. Gli eventi estremi meteorologici nel Mediterraneo stanno gradualmente prendendo il sopravvento, mettendo in evidenza purtroppo l’incuria umana sul nostro fragile territorio. Inoltre i cambiamenti climatici stanno senz’altro

aiutando questi ciarlatani a diffondere notizie poco consone e non attinenti alla meteorologia; in effetti ritornando all’uragano Gonzalo: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E nelle prossime settimane Gonzalo sarà solamente un mesto ricordo e il ciclo continuerà (immagine accuweather.com).


“Terra mia”: confronto su ambiente e salute Incontro a Pomigliano sulla Terra dei fuochi con esperti di Arpac, Asl Na 3 Sud e Federico II Luigi Mosca Costruire un'adeguata conoscenza scientifica della situazione ambientale e sanitaria della cosiddetta “Terra dei fuochi”: questo è l'obiettivo di una serie di istituzioni che stanno lavorando sul territorio, a partire dall'agenzia ambientale campana. A un anno, o quasi, dall'approvazione del decreto “Terra dei fuochi”, l'associazione culturale Binà ha organizzato una tavola rotonda sul tema, che si è tenuta lo scorso 18 ottobre nel distretto culturale La Distilleria di Pomigliano d'Arco. All'incontro hanno partecipato la dott.ssa Marinella Vito, direttore tecnico dell'Arpa Campania, il dott. Mario Fusco, direttore del registro tumori dell'Asl Napoli 3 Sud e la prof.ssa Maria Triassi, direttore del dipartimento di Salute pubblica della Federico II. Il titolo dell'iniziativa, “Terra mia: tavola rotonda su ambiente e tumori”, ha richiamato numerosi partecipanti, tra cui molti amministratori locali, data anche l'indubbia risonanza del tema. Preceduta da un saluto del sindaco di Pomigliano d’Arco, Raffaele Russo, e da un'introduzione di Giovanni Corbisiero dell'associazione Binà, la dott.ssa Vito ha sintetica-

ARPA CAMPANIA AMBIENTE del 31 ottobre 2014 - Anno X, N.20 Edizione chiusa dalla redazione il 31 ottobre 2014 DIRETTORE EDITORIALE

Pietro Vasaturo DIRETTORE RESPONSABILE

Pietro Funaro CAPOREDATTORI

mente illustrato a che punto sono i lavori di indagine condotti da un pool di istituzioni che comprende, oltre ad Arpac, anche Corpo forestale dello Stato, Ispra, Istituto superiore di sanità, Consiglio Nazionale per la Ricerca in Agricoltura, Università Federico II, Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno, Regione Campania e Agea. La prima fase del lavoro si è svolta all'inizio del 2014: all'interno dei primi 57 comuni individuati dalla Direttiva Ministeriale attuativa del Decreto Terra dei fuochi, gli esperti hanno classificato i terreni in base a un indice di rischio, per individuare quelli su cui vietare, almeno temporaneamente, le produzioni agricole, in attesa della esecuzione degli ulteriori accertamenti sulle matrici ambientali e vegetali. I risultati di questa prima fase sono stati ampiamente divulgati dai media e riassunti in un dossier pubblicato in primavera sul sito del ministero dell'Agricoltura (www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/7367). Il direttore tecnico dell'Arpac ha ricordato che questa prima mappatura è stata condotta in soli due mesi, mettendo insieme i dati disponibili da varie fonti, ma in presenza di lacune, anche di carattere normativo, visto che, ad esempio, nell'ordinamento italiano non è previsto un limite di concentrazione specifico, per gli inquinanti nei terreni a uso agricolo. Si è dunque approntato un modello scientifico il cui metodo viene illustrato nel dossier pubblicato sul sito del ministero dell'Agricoltura. Nei mesi successivi a questa prima fase, si è passati a condurre prelievi sui terreni e sulle acque a partire dai

siti classificati più a rischio, con l'impiego costante di cinque squadre costituite, tra l'altro, da agenti della Forestale e da tecnici dell'Arpac. I tecnici dell'Asl hanno inoltre prelevato campioni dei vegetali coltivati sui terreni a rischio. Per la pubblicazione dei risultati è in corso di allestimento un portale del ministero dell'Agricoltura. All'agenzia ambientale sono ovviamente affidate le analisi sulle matrici ambientali. È importante tuttavia distinguere tra la contaminazione dei suoli e la salubrità delle produzioni agricole, due aspetti che non coincidono necessariamente. Per la conoscenza completa della situazione occorrerà dunque attendere gli esiti delle analisi sui vegetali, affidate al-

l'Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno. Nel corso dell'incontro, è toccato al dott. Fusco delineare un quadro della presenza di tumori nell'area dell'Asl Napoli 3 Sud, che comprende oltre un milione di abitanti. L'esperto ha evidenziato come, in questo territorio, l'incidenza di quasi tutti i tumori sia in linea con il dato nazionale. Tuttavia, fino a pochi decenni fa, nel Mezzogiorno i tumori erano relativamente più rari che nel resto d'Europa, mentre oggi questo “vantaggio” si è perso. Inoltre, nell'area dell'Asl Napoli 3 Sud, i tassi di mortalità per tumore calano meno che nel resto d'Italia. Questi, in estrema sintesi, alcuni degli aspetti evidenziati dall'articolato intervento del dirigente Asl.

Salvatore Lanza, Fabiana Liguori, Giulia Martelli IN REDAZIONE

Cristina Abbrunzo, Anna Gaudioso, Luigi Mosca, Andrea Tafuro GRAFICA E IMPAGINAZIONE

Savino Cuomo HANNO COLLABORATO

I. Buonfanti, F. Clemente, P. D’Auria, F. Cuoco, G. De Crescenzo, A. Esposito, E. Ferrara, R. Funaro, L. Iacuzio, G. Loffredo, R. Maisto, D. Matania, B. Mercadante, A. Morlando, A. Palumbo, A. Paparo, L. Terzi SEGRETARIA AMMINISTRATIVA

Carla Gavini DIRETTORE AMMINISTRATIVO

Pietro Vasaturo EDITORE Arpa Campania Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1 80143 Napoli REDAZIONE Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1- 80143 Napoli Phone: 081.23.26.405/427/451 Fax: 081. 23.26.481 e-mail: rivista@arpacampania.it Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Napoli n.07 del 2 febbraio 2005 distribuzione gratuita. L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne la rettifica o la cancellazione scrivendo a: ArpaCampania Ambiente,Via Vicinale Santa Maria del Pianto, Centro Polifunzionale, Torre 7-80143 Napoli. Informativa Legge 675/96 tutela dei dati personali.

II relatori dell’incontro “Terra mia” che si è tenuto a Pomigliano lo scorso 18 ottobre. Tema della tavola rotonda: ambiente e tumori.


Direttiva 2000/60/CE

Reti di monitoraggio delle acque Progetto “Port and Coastal Survey”

Angelo Morlando Citiamo la pubblicazione come richiesto: GdL “Reti di monitoraggio e Reporting Direttiva 2000/60/CE”: Progettazione di reti e programmi di monitoraggio delle acque ai sensi del D.Lgs. 152/2006 e relativi decreti attuativi – ISPRA – Manuali e Linee Guida 116/2014. Questo manuale è uno dei tanti risultati conseguiti dal Consiglio Federale delle Agenzie Ambientali (ARPA/APPA) che ha prioritariamente riorganizzato le attività dei gruppi di lavoro suddividendo l’insieme delle attività tecnicoscientifiche in quattro Aree di Attività: armonizzazione dei metodi di analisi, campionamento e misura; monitoraggio e controlli ambientali; elaborazione, gestione e diffusione delle informazioni ambientali; attività integrate di sistema. L’attività del GdL “Reti di monitoraggio e Reporting Direttiva 2000/60/CE” è stata orientata verso l’armonizzazione dei criteri per la definizione delle reti e dei programmi di monitoraggio delle acque superficiali, sotterranee, marino costiere e di transizione ai sensi della Direttiva 2000/60/CE e delle successive direttive figlie e della relativa normativa nazionale di recepimento e di attuazione. Hanno partecipato praticamente tutte le ARPA e molte personalità dell'ISPRA; siamo lieti di citare anche il contributo del dott. Tommaso Di Meo dell'Arpa Campania. La pubblicazione si sviluppa su cinque capitoli: "Fiumi", "Laghi", "Acque di Transizione", "Acque marino costiere" e "Acque Sotterranee" e tratta i seguenti argomenti: definizione e tipologia della rete di monitoraggio; fattori dai quali dipende il numero di Corpo Idrico (CI) da monitorare; definizione della rete di Sorveglianza, della Rete Nucleo e della Rete Operativa e cosa prevede il monitoraggio; come attribuire le diverse componenti chimiche, biologiche, idromorfologiche; scelta degli elementi di qualità biologica (EQB); definizione del protocollo analitico chimico e del monitoraggio idromorfologico; frequenze annuali di mi-

sura per gli elementi di qualità e criteri per il raggruppamento dei corpi idrici; come effettuare operativamente il raggruppamento dei Corpi Idrici; analisi di rischio; interpretazione dei dati di monitoraggio; classificazione dello stato di qualità, dello stato ecologico e dello stato chimico; considerazioni sul calcolo degli indici e modalità di classifica-

zione; verifica della congruenza tra risultati della classificazione e analisi delle pressioni. La situazione attuale italiana non è delle peggiori, ma bisogna fare di più e meglio per la classificazione, l'analisi dei rischi e il monitoraggio. Questa pubblicazione potrà essere certamente un'utile guida per colmare queste lacune.

La Marina Militare ha aderito al progetto “Port and Coastal Survey (PaCS)”che ha lo scopo di garantire il libero e sicuro utilizzo delle vie di comunicazione marittime e si propone di condurre un’attività di controllo, monitoraggio e mappatura dei fondali portuali e costieri, con l’identificazione e rimozione degli oggetti estranei all’ambiente marino e la realizzazione di un database dei fondali. Il progetto è stato finanziato per il 50% con risorse provenienti dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e per il restante 50% con fondi nazionali assegnati al Ministero degli Interni. Le regioni interessate da questo progetto sono: la Calabria, la Campania, la Puglia e la Sicilia. In particolare i porti soggetti a monitoraggio con mezzi e uomini specializzati della Marina Militare sono quelli di Taranto, Bari, Brindisi, Napoli, Gioia Tauro, Messina, Palermo, Catania ed Augusta. In alcuni di questi l’attività già è stata svolta, negli altri lo sarà entro la fine del corrente anno. Per eseguire queste attività di controllo e di monitoraggio degli ambiti portuali, la Marina Militare utilizzerà dei veicoli del tipo “Unmanned Surface” (senza equipaggio a bordo) come un gommone a chiglia rigida dotato di doppio Side Scan Sonar e telecamera, in grado di muoversi su percorsi pre-pianificati autonomamente o con telecomando, un veicolo subacqueo filoguidato per la scoperta, identificazione e distruzione di oggetti, equipaggiato con sonar, telecamera a colori e bracci manipolatori ed un veicolo subacqueo autonomo, capace di operare su percorsi pre-programmati, per la mappatura del fondale e la scoperta di oggetti. Una volta eseguito il preciso rilievo dei fondali e delle vie d’acceso ai diversi ambiti portuali, la Marina Militare sarà in grado, su chiamata delle Autorità di Polizia e/o della Magistratura, di effettuare in brevissimo tempo dei controlli mirati al fine di evidenziare un possibile rilascio in mare (effettuato in modo fraudolento oppure casuale) di oggetti estranei all’ambiente marino e potenzialmente pericolosi come, ad esempio, fusti contenenti materiali inquinanti oppure esplosivo, droga o altro. G.M.

L’invasione “aliena” nel Mediterraneo Con 17.000 specie descritte, il 20% circa delle quali non si trova in nessun altro luogo al mondo, il Mediterraneo è considerato un hotspot della biodiversità biologica. A fronte di tanta ricchezza, tuttavia, le specie alloctone sono una minaccia molto concreta, con la potenzialità di distruggere il delicato equilibrio attuale. Negli ultimi 50 anni soprattutto, il Mare Nostrum ha subito una vera e propria invasione aliena a causa dell’apertura del Canale di Suez, dei metodi di acquacoltura e naturalmente del riscaldamento globale. Si tratta della più grande invasione attualmente in corso sul pianeta Terra e sono ormai quasi mille

le specie aliene tra pesci, crostacei e alghe che vi sono arrivate per stabilirsi in modo permanente, veicolate dalle attività antropiche. Tra gli esempi più ricorrenti ci sono i pesci delle specie Siganus luridus e Siganus rivulatus, perciformi arrivati dall’Oceano Indiano fino al Mediterraneo orientale, dove brucano le foreste di alghe marroni con conseguenze devastanti per le specie animali che, prima di

loro, popolavano l’ecosistema. Anche le alghe verdi fanno la loro parte: Caulerpa cylindracea, ad esempio, che formando spessi tappeti di oltre 15 centimetri priva le specie sottostanti, invertebrati, coralli e alghe native, non solo della luce ma anche di ossigeno e cibo. Con l’apertura del Canale di Suez sono arrivate oltre 400 specie aliene di pesci, e in seguito i ricercatori hanno scoperto che sono circa 60 le specie marine, principalmente alghe, introdotte in maniera accidentale solo tramite l’acquacoltura. Le aree più toccate sono quella di Venezia e la costa sud-occidentale della Francia. La composizione delle comunità marine, che in

passato veniva modellata solamente dal clima, dall’ambiente e dalle barriere oceaniche, ora è strettamente legata alle attività umane. In molte aree la navigazione, l’acquacoltura e l’apertura di canali sono diventate i driver principali per la distribuzione delle specie. Bisogna stabilire al più presto una gestione corretta dell’introduzione delle specie aliene in modo da prevenire l’arrivo di nuove specie alloctone. Le conseguenze, spiegano gli esperti, non riguarderanno solamente la biodiversità in sé: il cambiamento toccherà anche il turismo, le attività costiere e l’approvvigionamento di cibo. I.B.


Risorse e biodiversità: il futuro in pericolo

Rapporto biennale WWF sulle condizioni della Terra Alessia Esposito Il Living Planet Report è il documento biennale presentato dal WWF che scatta la fotografia dello stato di salute del nostro pianeta. Il rapporto monitora essenzialmente due fattori: la biodiversità e l’impronta ecologica dell’uomo. Per quanto riguarda la prima,

il WWF ha studiato le popolazioni di oltre 10.000 specie di vertebrati dal 1970 al 2010 utilizzando il Living Planet Index, un database realizzato dalla Zoological Society of London. L’impronta ecologica dell’uomo è invece misurata secondo il Global Footprint Network. Il dato che emerge dal Living Planet Report è purtroppo sconfortante per entrambi i fattori risultando in peggioramento continuo rispetto ai precedenti rapporti. La biodiversità è infatti in drastico calo: “le popolazioni di pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili sono diminuite del 52% dal 1970 ad oggi. Le specie di acqua dolce hanno sofferto un declino del 72%, una perdita quasi doppia rispetto alle specie terrestri e marine.” Colpevoli pesca, caccia (con annesso bracconaggio) e cambiamenti climatici che distrug-

gono gli habitat naturali delle specie animali. Dichiara, a tal proposito, Gianfranco Bologna, Direttore scientifico del WWF Italia: “Sebbene il rapporto mostri come la situazione sia critica vi sono ancora spazi per la speranza, ma è necessario non perdere altro tempo. Per proteggere la natura è necessaria un’azione incentrata sulla conservazione

attiva, la volontà politica e un chiaro e significativo supporto da parte delle imprese”. Tra i rimedi che si sono mostrati più efficienti per salvaguardare la fauna ci sono le aree protette che presentano buone pratiche di gestione (come accade in Nepal per le tigri): secondo il report le specie qui presenti soffrono meno della metà del tasso di declino. E mente la biodiversità diminuisce, cresce, in maniera inversamente proporzionale, l’impronta ecologica dell’uomo, ovvero il ritmo di sfruttamento che egli fa delle risorse naturali. Si registra che ad oggi lo sfruttamento è del 50% maggiore rispetto a quanto i sistemi naturali consentano di rigenerare. È il cosiddetto Overshoot (il sorpasso): tagliamo più alberi di quanti ne crescano, sprechiamo acqua più di quanto ce ne sia a dispo-

sizione, immettiamo più inquinamento di quanto la natura sia in grado di assorbire. Sarebbe necessario, secondo questo ritmo, almeno un pianeta e mezzo per soddisfare le esigenze dell’uomo. Nella top ten dei Paesi con la più alta impronta ecologica ci sono: Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Danimarca, Belgio, Trinidad e Tobago, Singapore,

Stati Uniti d'America, Bahrein e Svezia. Tutti i Paesi dell’UE, comunque, vivono oltre le loro possibilità di “impronta” gravando su altri Paesi che invece vivono in condizioni di scarsità di acqua e cibo (che l’overshoot da parte dei Paesi più industrializzati potrebbe aggravare). L’impronta ecologica dell’Europa pesa per il 50% su quella totale: se tutti avessero un’impronta simile servirebbero ben 2,6 pianeti per permettere la vita. Fondamentale è un accordo per diminuire l’utilizzo dei combustibili fossili, prima causa del peso eccessivo dell’impronta ecologica. Prossime occasioni: il pacchetto “clima ed energia” dell'UE fino al 2030; la Conferenza delle Parti della Convenzione sui Cambiamenti Climatici ONU di Lima nel mese di dicembre e quella di Parigi nel 2015.

Il MUSE di Trento scopre nuove specie di vertebrati in Africa Un team internazionale di ricercatori, coordinato dalla Sezione di Biodiversità Tropicale del MUSE (Museo delle Scienze di Trento), ha scoperto in anni di lavoro 27 nuove specie di vertebrati (23 di essi sono rettili e anfibi) sulle montagne dell’Africa orientale. Lo studio della lunga esplorazione ha rivelato la ricchezza faunistica delle foreste presente nel cosiddetto Arco Orientale, una lunga catena di monti che va dall’Etiopia alla Tanzania in cui la biodiversità è elevatissima. Il gruppo di ricercatori conduce da più di dieci anni ricerche e progetti di conservazione ambientale nell’area grazie al supporto del Critical Ecosystem Partnership Fund, un fondo globale dedicato alla biodiversità contribuendo così a scoprire una grandissima mole di dati scientifici e in particolare faunistici che dimostrano come le montagne (vere isole di natura in un mare di territorio colonizzato dall’uomo), siano importantissime per lo studio dell’ecologia e dell’evoluzione e la protezione delle specie. Oltre a raccogliere le specie descritte, la ricerca raggruppa per la prima volta quelle scoperte nella zona Tanzaniana dai molti enti differenti che hanno collaborato. Sono montagne molto antiche, nelle quali ci sono ancora condizioni di “foresta umida”. L’età, la stabilità degli ambienti forestali e la storia evolutiva delle foreste dell’Arco Orientale hanno creato le condizioni ideali per una grande diversificazione di specie, che è stata particolarmente importante per gli anfibi e i rettili e queste foreste sono attualmente il luogo più importante a scala continentale per questi due gruppi di vertebrati. Lo studio indica quanto poco conosciamo delle aree già ritenute importanti e inserite nella lista dei 34 hotspotglobali di biodiversità e dimostra come ancora oggi,basilari inventari delle specie presenti in un’area, siano essenziali alla conoscenza del patrimonio biologico del Pianeta.Questo ha fatto sì che la zona sia stata rivalutata a tal punto che gli zoologi chiedono la protezione dell’area ed il governo della Tanzania prende in considerazione la sua candidatura nella lista dei siti naturali sotto il patrocinio dall’UNESCO.Il Muse ha in atto da anni progetti di ricerca in Africa, e gestisce anche una stazione di ricerca e monitoraggio ecologico, assieme a progetti di educazione ambientale. Questo è un ecosistema che sta scomparendo, ma che qui ha garantito la stabilità necessaria per una straordinaria diversificazione biologica. R.M.


A Singapore nascono le finestre intelligenti Cambiano colore a seconda della luce, accumulando energia sufficiente per autori-caricarsi Anna Paparo Direttamente da Singapore arriva una nuova invenzione. Diamo il benvenuto alle finestre intelligenti. E, così, come d’incanto, l’edilizia si colora di green. Completamente autosufficienti, esse non hanno bisogno di alcuna batteria esterna, ma cambiano colore a seconda della luce, accumulando energia sufficiente per autori-caricarsi. Il progetto rappresenta, quindi, un passo davvero importante dell’edilizia verso il rispetto dell’ambiente, colorandosi di verde, come è stato ben descritto sulla Rivista Nature Communications. Il merito va tutto al gruppo di ricerca coordinato dal Dottor Xiao Wei Sun, del Politecnico di Nanyang, operativo a Singapore, che è riuscito a dare vita a un’idea così rivoluzionaria e particolare, guadagnandosi il plauso del mondo intero. Vediamo nello specifico di cosa si tratta. In pratica, il progetto di ricerca prevede la creazione di fantastiche finestre in grado di cambiare colore utilizzando batterie ricaricabili, senza avere la necessità di essere alimentate dall’esterno. L’ingre-

diente segreto di questa miracolosa “ricetta sostenibile” sta nell’impiego di materiali attraverso i quali sono create, e cioè i cosiddetti materiali elettrocromici. Ma cosa sono? Non bisogna spaventarsi. Non si tratta di una brutta parola. Ma con questo termine alquanto difficile sono designati tutti quei materiali in grado di cambiare colore in risposta a stimoli esterni di natura elettrica. Grazie ad essi potremmo dire addio agli inutili fili e ad ogni sottospecie di batterie esterne, in quanto in piena autonomia sono in grado di immagazzinare ioni ed elettroni.

Nel nostro caso quello utilizzato è il famigerato “Blu di Prussia”, impiegato da generazioni come colorante e ottenuto dalla reazione tra il ferrocianuro di potassio e particelle cariche (cioè ioni) di ferro. Per i ricercatori il risultato rappresenta un passo importante in avanti verso la possibilità di mettere in commercio finestre di questo tipo, anche se sono necessari ancora degli interventi di carattere tecnico più specifici, tutti da studiare. Tuttavia, nel momento in cui diventeranno di uso comune, queste finestre intelligenti potranno contribuire in modo im-

portante e rilevante al bilancio energetico di tutti i nostri edifici. Infatti, i vetri capaci di cambiare colore a seconda della luce permetteranno di ridurre sia l’uso dei condizionatori sia il riscaldamento, con un risparmio di energia elettrica non indifferente. Insomma, una vera e propria rivoluzione che mette al primo posto il comfort dell’uomo, ma, cosa fondamentale di questi tempi, non tralascia la salute dell’ambiente. L’unica pecca è caratterizzata dall’elevato costo di realizzazione e di produzione, che ha frenato la possibile resa a breve termine di

un’opera simile. Comunque è auspicabile in un futuro non lontano la possibilità dell’affermarsi sul mercato delle finestre intelligenti. Quindi, l’edilizia a impatto zero esiste, è una realtà molto più vicina di quanto pensiamo. Basterà solo crederci. Basterà aspettare che i tempi maturino. Basterà semplicemente dare spazio a idee innovative come questa e ad investire nella ricerca, dando la possibilità di realizzare opere only green che riescano a coniugare le esigenze della natura e dell’uomo in un perfetto rapporto osmotico naturalmente a impatto zero.

Lo spray biodegradabile per la pacciamatura dei suoli Dal Cnr una soluzione ecologica per gli agricoltori Una vernice spray fatta di amidi naturali biodegradabili per 'foderare' il terreno ed evitare che crescano piante infestanti. Il gruppo di ricerca diretto da Mario Malinconico, dell'Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri (Ictp) del Consiglio nazionale delle ricerche, ha messo a punto una soluzione acquosa, contenente una miscela di polisaccaridi derivabili da alghe, crostacei, frutta e residui dell'industria conserviera che si solidifica, come uno strato di vernice, sotto gli occhi dell'agricoltore ed è una soluzione non inquinante per sostituire la diffusa pratica agricola della pacciamatura. Questa prevede che il terreno da coltivare venga coperto con una plastica nera che serve a bloccare la radiazione

solare fotoattiva, impedendo la crescita delle erbe spontanee. Solo nei fori praticati lungo il film, dove viene impiantato il seme o la piantina, la luce solare continua a operare. Per la pacciamatura oggi vengono impiegati soprattutto polietilene (PE) ecopolimeri etilenevinilacetato (EVA). Per una superficie di 100.000 ettari, il

consumo annuale è di circa 65.000 tonnellate. Una volta rimosse, queste pellicole sporche e contaminate da diserbanti e fertilizzanti, non sono economicamente appetibili per operazioni di riciclo e per la maggior parte (circa l'80%) vengono abbandonate sul terreno o bruciate in modo incontrollato, con conseguente

immissione di sostanze nocive nell'atmosfera e nel suolo. La vernice spray per la pacciamatura è stata sviluppata all'interno del progetto europeo Life 'Biocoagri', che ha coinvolto anche l'Istituto di cibernetica 'E. Caianiello' del Cnr, le Università di Napoli (Federico II), Bari e Osnabrueck in Germania, la società svedese PSS che produce rivestimenti polimerici per la conservazione dei monumenti. Come sub contraenti hanno partecipato anche l'azienda Novamont di Novara e la PolyEur di Benevento. Il brevetto è in fase di deposito. La vernice spray può essere depositata sul terreno, opportunamente lavorato per limitare le asperità, tramite uno spruzzatore che può essere manuale (quando le estensioni

sono limitate) o tramite un macchinario (una pompa montata su trattore). In ogni caso, prove effettuate dall'Ictp e dai suoi partner hanno mostrato che dopo 2 mesi dalla fresatura non si trovano tracce del polimero. La resa del raccolto, in sperimentazioni condotte su fragole, asparagi, pomodori e lattuga, è stata in alcuni casi superiore rispetto alla pacciamatura. Il prodotto, secondo Malinconico, è pronto per l'uso nella florovivaistica, un settore dove c'è molto valore aggiunto e alti costi per diserbare i vasi (attualmente l'unico metodo è quello di strappare le erbacce a mano). Da questi esperimenti, che dovrebbero protrarsi per almeno due stagioni colturali, dipenderà il tempo di commercializzazione.


Cohousing: un nuovo modo di abitare sostenibile Agevolare la socializzazione e la mutualità tra gli individui Antonio Palumbo Il “cohousing” si sta affermando come strategia di sostenibilità: se da un lato, infatti, la progettazione partecipata e la condivisione di spazi, attrezzature e risorse agevola la socializzazione e la mutualità tra gli individui, dall'altro questa pratica, unitamente a nuovi “approcci” quali, ad esempio, la costituzione di gruppi d’acquisto solidale, il car sharing o la localizzazione di diversi servizi - favoriscono il risparmio energetico e diminuiscono l'impatto ambientale della comunità. L’abitare insieme unisce i vantaggi tradizionali dell’essere padrone del proprio spazio abitativo con quelli di avere in co-proprietà certi altri servizi, che consentono di intrattenere rapporti stretti con i vicini di casa. Questi quartieri o borghi cooperativi - sia quelli specificamente per gli anziani che quelli pensati per la convivenza di persone di differenti età - sono una delle soluzioni più interessanti per le sfide sociali e ambientali di oggi. Il concetto è nato negli anni Settanta in Danimarca, dove si sono sviluppate le prime “Cohouses” o “Bofœllesskaber”: oggi si trovano oltre 600 comunità di “Cohouses” in Danimarca - dove si avvia perfino la costruzione di interi quartieri della città seguendo il modello “cohousing” (un vero revival del borgo tradizionale) - più di un centinaio negli Stati Uniti e molte ne stanno nascendo in diversi Paesi dell’Europa, Regno Unito, Olanda, Svezia e Germania inclusi. Il “cohousing” è un stile di abitazione collaborativo e sostenibile, che cerca di superare l’emarginazione contemporanea dell’individuo nel quartiere, in cui nessuno conosce bene il proprio vicino e dove non si riscontra nessun senso della comunità. Nella società di oggi molti individui si trovano lontani dalle proprie famiglie e dagli amici storici, con una conseguente crisi per l’impossibilità di una assistenza affettiva ai figli, per l’isolamento sociale e per una generale mancanza di tempo. Le comunità cohousing sono

una risposta efficace a tutto ciò: offrono le case private con le loro cucine, soggiorni, camere da letto, ecc., ma in più hanno dei servizi in comune, che sono progettati in modo da facilitare lo sviluppo del rapporto di amicizia e di comunità. È sempre presente il “common house” - la casa comune - che comprende una ampia camera da pranzo, cucina, soggiorno, camere da riunione, biblioteca, salotto

per la TV, laboratori e spazi per i ragazzi. Inoltre c’è spesso un orto comune, campi, lavatrici in comune e magari anche la co-proprietà di alcune automobili e attrezzature. Di solito le comunità cohousing sono progettate e amministrate dai residenti stessi, persone che si impegnano a vivere in unità con i vicini, sfruttando una logica di “abitare sostenibile” che facilita il contatto sociale.

Una tipica comunità cohousing ha tra 20 e 30 case private. I residenti spesso hanno la possibilità di partecipare agli eventi e alle iniziative sociali varie volte alla settimana, nella casa comune, ma senza obblighi. Il vero vantaggio, però, sono i rapporti informali che si sviluppano in queste comunità, dove si avverte meno la differenza d’età tra bambini piccoli e ragazzi più grandi e dove gli anziani

non si sentono dipendenti dai propri familiari, in quanto c’è sempre qualcuno disposto ad aiutarli. Per chi vuole informarsi di più sul “cohousing” è consigliabile la lettura dei due principali testi pubblicati finora sull’argomento: “Cohousing: A Contemporary Approach to Housing Ourselves” e “The Cohousing Handbook: Building a Place for Community”.


Traffic light: informazioni nutrizionali sulle etichette Per riuscire a modificare il nostro modo di essere consumatori Fabiana Clemente

stiamo acquistando sia un alimento salubre e quindi è un incentivo al consumo. La luce gialla insinua qualche dubbio. La luce rossa invece indica la presenza di un alimento ricco di ingredienti poco raccomandati. Accanto alle informazioni nutrizionali – con le quali oramai abbiamo una certa familiarità – è possibile avere un resoconto ulteriore, attraverso il sistema a semaforo, sulle percentuali di acidi grassi saturi, sale e zuccheri. Ovviamente questi dati sono rapportati al fabbisogno nutrizionale di una persona adulta. In parole povere un quadro generale della presenza di tutti quei nutrienti nemici per la nostra salute. Quest’ultima iniziativa del Governo inglese nasce per contrastare il dilagante fenomeno dell’obesità. Basti pensare che l’ultima HealthSurvey del 2010 ha diffuso dati preoccupanti. Sono obesi o in sovrappeso 3 adulti su 4 e 1 bambino su 3. Contrastare abitudini malsane e favorire uno stile alimentare sano ed adeguato alla fascia d’età: sono questi i principi guida alla base di questo metodo innovativo. Un metodo che aiuta soprattutto coloro che una dieta sana sono costretti a seguirla. Chi deve drasticamente ridurre il colesterolo ldl, chi invece soffre di diabete e deve tenere sotto controllo i livelli di glicemia nel sangue. Per salvaguardare la nostra salute iniziamo a leggere l’etichetta!

Alimentazione equilibrata, cibi light, costante attività fisica. Sono tanti i consigli che ci propinano ogni giorno mass media e professionisti accreditati. Ma come spesso accade, rischiamo di perderci nei meandri di un’incompleta o inadeguata informazione. Per una rinnovata consapevolezza, bisogna modificare il nostro modo di essere consumatori. Parola d’ordine: attenzione all’etichetta. Percentuale di sale, zuccheri e grassi. Sappiamo davvero la dose giornaliera che è consentita assumere? Ma soprattutto, abbiamo la consapevolezza di cosa in realtà stiamo mangiando? Quanti conoscono il GDA’s - GuidelineDailyAmounts? Sulla confezione degli alimenti è riportata un’informazione nutrizionale sintetica che indica il quantitativo in percentuale di una porzione di alimento, rispetto al fabbisogno medio giornaliero di kcal grassi, proteine, carboidrati. Ma anche in ambito alimentare l’evoluzione ha fatto il suo corso. E il risultato è il sistema semaforo – Traffic light labelling – made in Regno Unito. Altro non è che uno strumento di informazione, che segnala al consumatore – attraverso i colori tipici di un semaforo – cosa consumerà acquistando un determinando alimento. La luce verde, posta sull’etichettatura degli alimenti, segnala se ciò che

Conseguenza di una cattiva gestione degli acquisti alimentari

LA CRISI È ANCHE A TAVOLA: L’80% DEGLI ITALIANI MANGIA CIBI SCADUTI Secondo un rapporto della Coldiretti, elaborato in collaborazione col Censis, otto italiani su dieci non buttano via i prodotti già scaduti, consumando le pietanze anche oltre la data consigliata sulle confezioni. Questo dato, in realtà, è soltanto una conseguenza della cattiva organizzazione degli acquisti alimentari: circa 8,2 milioni di famiglie italiane, infatti, hanno l’abitudine di acquistare grosse quantità di prodotti in offerta o soggette a promozioni, anche se non ne hanno la concreta necessità. Al fine di evitare che questa “moda delle scorte”, che ricorda molto lo stile di vita tipico dei periodi bellici, metta a repentaglio la sicurezza alimentare, la Coldiretti ha redatto una guida, fornendo degli utilissimi consigli da tener presente durante l’acquisto e la conservazione dei prodotti gastronomici. La prima indicazione

offerta dalla guida è quella che concerne la differenza tra il Termine Massimo di Conservazione (TMC) e l’effettiva data di scadenza del prodotto: la prima, che ritroviamo spesso nella dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro”, è la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà organolettiche e gustative. Nel caso questa data venga superata, a patto che si tratti di pochi giorni, ciò non comporta grossi pericoli per l’organismo, sebbene col passare del tempo vengano a mancare i requisiti di qualità del prodotto, quali il sapore, l’odore e la fragranza. Il secondo, invece, è il termine perentorio entro cui l’alimento deve essere assolutamente consumato, correndo, altrimenti, rischi importanti per la salute. La guida della Coldiretti, inoltre, fornisce anche consigli utili per la conservazione dei

prodotti alimentari, in particolare sul giusto utilizzo del frigorifero: un segnale che indica il non corretto funzionamento dell’elettrodomestico è la formazione di ghiaccio sulle confezioni esterne dei prodotti. La brina, infatti, sta ad indicare un’effettiva interruzione del freddo all’interno del vano, che deve dissuadere dalla consumazione del prodotto interessato. Attenzione, infine, alla formazione della muffa su formaggi e salumi: anziché tagliare via la parte dell’alimento attaccata dai funghi e consumarne il resto, sarebbe necessario evitare di mangiare il prodotto per intero, data la presenza di microtossine che potrebbero danneggiare la salute di che ne assume. Discorso a parte, invece, per la frutta e la verdura: è importante eliminare i pezzi avariati, affinché non facciano marcire anche quelli integri. F.Cu.


PROGETTO MAPEC-LIFE: INQUINAMENTO E BAMBINI I bambini sono ottimi indicatori biologici in quanto altamente recettivi Ilaria Buonfanti L’aria delle nostre città, si sa, non sempre è pulita. E se si dice spesso che a farne le spese sono le persone che ci vivono, un aspetto che a volte sfugge è che ci sono cittadini più o meno sensibili ai danni delle sostanze tossiche.Gli effetti nocivi dell’inquinamento atmosferico sulla salute sono ben documentati; i bambini, in particolare, sono i primi a risentire degli effetti negativi dei composti cancerogeni che respirano. Essi infatti, sono più vulnerabili degli adulti agli effetti degli agenti aero-dispersi, per diverse ragioni: maggiore attività fisica, più tempo all’aperto, maggiore quantità di aria inalata per unità di peso, immaturità di alcuni organi, tra cui i polmoni, e dei meccanismi di riparazione cellulare. Per capire qualcosa di più su questo fenomeno sta per partire la fase operativa del progetto Mapec-Life: i ricercatori di 5 università italiane (Brescia, Lecce, Perugia, Pisa e Torino) andranno nelle scuole elementari delle rispettive città per misurare gli effetti dell’inquinamento atmosferico su 1.000 bambini di età com-

presa tra i 6 e li 8 anni. “Faremo due diversi tipi di campionamento, uno sull’aria e l’altro direttamente sui bambini”, racconta Annalaura Carducci, responsabile dell’unità di ricerca dell’ateneo pisano. Per il primo campionamento, quello ambientale intorno alla scuola, i ricercatori piazzeranno nei dintorni dell’edificio uno strumento che preleverà campioni di aria. “Anche il prelievo di campioni sui bambini non sarà invasivo”, prosegue Carducci “Ci limiteremo a strusciare lo spazzolino da denti sull’interno guancia e a prelevare piccole quantità di saliva”. I biologi poi scruteranno questi campioni ai microscopi alla ricerca di piccoli frammenti di Dna fuori dal nucleo delle cellule. I micronuclei, questo il nome dei pezzettini di Dna sfuggiti dal nucleo dove di solito è concentrata tutta l’informazione genetica, rappresentano gli effetti dell’aria che respiriamo. Queste minime alterazioni cellulari, infatti, non sono dannose per i bambini, ma è stato dimostrato che la loro presenza dipende dall’espo- sizione a sostanze nocive. In un fumatore, per esempio, se ne trovano più della media.I micronuclei di Dna non provocano il can-

cro, ma la loro presenza indica che probabilmente il paziente vive in un ambiente che a lungo andare potrebbe comprometterne la salute. In questo modo i bambini stessi diventano bioindicatori della situazione ambientale che li circonda. Rispetto agli adulti, infatti, sono più sensibili e recettivi agli effetti dell’inquinamento perché le loro cellule sono in continuo accrescimento. Per spiegare ai bambini che cosa stanno facendo, gli scienziati hanno

preparato una serie di ausili didattici, come schede, video, giochi e persino un cartone animato.“Purtroppo i bambini con l’inquinamento ci dovranno sempre fare i conti per tutta la vita. Partecipare a questo progetto li aiuterà a diventare più consapevoli sull’argomento”, conclude Carducci. I dati delle prime analisi sono attesi per il prossimo inverno, mentre il risultato finale sarà un modello di rischio per valutare l’effetto biologico precoce degli inquinanti in età infantile.

“Dove la vera cura è ridere e la medicina è l'allegria”

DYNAMO CAMP: IL CAMPO DI TERAPIA RICREATIVA PER PICCOLI PAZIENTI Giulia Martelli Sembrava un pomeriggio come tanti altri, attraversavo distrattamente una piazza Dante brulicante di turisti e rimbombante delle grida festose di scugnizzi impegnati a segnare l’ennesimo gol facendo slalom tra i passanti, quando, la mia attenzione è stata catturata da un enorme autocarro verde parcheggiato proprio al centro della slargo. Un po’ per deformazione professionale, un po’ per curiosità mi sono avvicinata e subito sono stata contagiata dall’ entusiasmo e dall’allegria di alcuni giovani, all’incirca miei coetanei che mi hanno raccontato di una realtà di cui ignoravo l’esistenza fino a quel momento. Erano i volontari di Dynamo Camp: un campo di Terapia Ricreativa

appositamente strutturato per ospitare gratuitamente per periodi di vacanza e svago bambini e ragazzi dai 6 ai 17 anni affetti da patologie gravi e croniche, in terapia o nel periodo di post ospedalizzazione. Ho scoperto che Paul Newman, di cui ricordavo lo sguardo magnetico e che avesse vinto tre Oscar, e svariati Golden Globe, nel 1988 ha fondato l’Associazione "Hole in The Wall Camps", la prima ad istituire un progetto del genere in Connecticut fino poi ad espandersi in tutti i continenti ed arrivare anche in Italia, nel 2007 (grazie alla Fondazione Dynamo) a Limestre (Pt) dove oggi ha sede proprio Dynamo Camp, in un’oasi di protezione provinciale affiliata al WWF. Data la condizione dei piccoli ospiti, all’interno del Camp è pre-

sente un’infermeria attrezzata in cui medici ed infermieri professionisti gestiscono direttamente le procedure di routine 24 ore su 24. La filosofia è quella di avere la componente medica sempre presente e in grado di intervenire tempestivamente ma in modo discreto mentre gli obiettivi principali sono quelli di riappropriarsi della propria infanzia, ritrovare e acquisire fiducia in se stessi e nelle proprie potenzia-

lità, sperimentare numerose attività creative e sportive a contatto con la splendida natura dell’oasi, condividere momenti indimenticabili con tanti ragazzi che hanno vissuto esperienze simili alle proprie senza sentirsi diversi. Dynamo Camp è finanziato in modo quasi interamente privato e la raccolta fondi è organizzata in uffici che hanno come interlo-

cutori individui, imprese, fondazioni, enti pubblici. Ognuno di noi può supportare le attività di Dynamo sia con una donazione sia offrendo il proprio tempo per svolgere volontariato per il progetto. Basta dare uno sguardo al sito internet www.dynamocamp.org per scoprire quest’isola felice dove “la vera cura è ridere e la medicina è l'allegria”.


Amalfi e i suoi caratteristici limoni Un luogo e un prodotto vanto della Campania Gennaro De Crescenzo Salvatore Lanza Il limone di Amalfi, noto anche come "sfusato amalfitano", viene prodotto nei comuni appartenenti alla Costiera Amalfitana, ovvero Amalfi, Atrani, Cetara, Conca dei Marini, Furore, Maiori, Minori, Positano, Praiano, Ravello, Scala, Tramonti, Vietri sul Mare. Le sue caratteristiche sono uniche e lo rendono uno dei prodotti più famosi e apprezzati nel mondo. Buccia di spessore medio, colore giallo chiaro, carico di oli essenziali e di acido ascorbico (la preziosa vitamina C), polpa succosa e leggermente acida, scarsa presenza di semi, è coltivato nei cosiddetti “giardini di limoni” che caratterizzano tutto il paesaggio con i loro colori e anche con i loro profumi e che sorsero anche in luoghi impervi lungo le colline. Il raccolto medio è di ottomila tonnellate all’anno. Viene raccolto tutto l'anno ma in particolare è nei mesi tra marzo e luglio che si raccolgono i frutti migliori. Può essere utilizzato per le insalate o come condimento per antipasti, pesce o carni oltre che per la produzione di limoncelli o di dolci tipici della zona (dal babà alle capresi). Da popolo di navigatori, quello amalfitano aveva bisogno di fronteggiare lo scorbuto legato alle carenze di vitamina C per i viaggi di lungo corso: di qui la necessità di grandi scorte di limoni a bordo e la possibilità di vendere il prodotto nel resto dei paesi italiani e del mondo per i suoi fondamentali benefici curativi e preventivi. Amalfi, antica repubblica marinara, non ha certo bisogno di presentazioni. Incastonata tra i Monti Lattari e il mare, la Porta della Marina, il Duomo, realizzato nel IX secolo, il Chiostro del Paradiso, il Museo della Carta, gli Antichi Arsenali, sono tra i luoghi più suggestivi di un centro antico delizioso per la vista e per il gusto (basti pensare anche solo ad un salto in una delle pasticcerie con le vetrine cariche di scorzette di frutta secca e spesso, molto spesso, ricoperte di cioccolato). A poca

Limoncello la ricetta perfetta - 700 ml di acqua - 500 ml di alcol 95° - 500 g (circa 6) di limone non trattato - 600 g di zucchero Materiale Occorrente - Pelaverdure - Bottigliette di vetro - Contenitore a chiusura ermetica - Tagliere - Coltello in ceramica - Colino - Imbuto - Casseruola - Cucchiaio di legno - Alluminio oppure sacchetto di carta

distanza un esempio eccezionale di bellezza naturalistica: la Grotta dello Smeraldo. Scoperta da un pescatore del luogo nel 1932, è un antro magnifico che fonde le caratteristiche di una grotta carsica e le caratteristiche di una grotta marina, frutto dell’innalzamento della temperatura terrestre e di diversi fenomeni di bradisismo con la creazione quasi magica, per forme e per colori, di colonne, stalattiti e cortine bizzarre e che si prestano a “letture” fantasiose e differenti. All'in-

terno anche il suggestivo presepe sommerso in ceramica della vicina Vietri che ogni anno, a Natale, molti subacquei provenienti da tutta Italia omaggiano con una processione forse unica al mondo. Dai limoni ai luoghi, diffusa e palpabile la sensazione descritta da Renato Fucini alla fine dell’Ottocento: “Per gli amalfitani il giorno in cui andranno in Paradiso sarà un giorno come tutti gli altri: perché il paradiso ce l'hanno già qui, a casa loro"…

Lavare accuratamente i limoni biologici ed asciugarli con un panno. Sbucciare i limoni con uno sbucciaverdure, avendo cura di non rimuovere la parte bianca perché amarotica. Tagliare la scorza a piccoli pezzi, utilizzando preferibilmente un coltello in ceramica. Versare l’alcol puro in un contenitore ermetico insieme alle scorzette di limone ridotte a piccoli pezzi. Lasciare in macera le scorze di limone per 3 settimane, avendo cura di rivoltare spesso il contenitore per facilitarne l’estrazione dei principi attivi. Considerando che i principi attivi contenuti nel limone sono fotosensibili e termolabili (sensibili alla luce ed al calore) si consiglia di avvolgere il contenitore in vetro con un foglio di alluminio, oppure di preferire un recipiente di vetro scuro. Per la stessa ragione, è preferibile conservare l’alcol con le scorze di limone in un ambiente fresco, lontano dalle fonti di calore. Trascorse le 3 settimane, procedere con la preparazione dello sciroppo. Portare l’acqua ad ebollizione e sciogliervi lo zucchero. Lasciar completamente raffreddare. Unire lo sciroppo raffreddato all’alcol ed alle scorze di limone. Lasciare in macera per altri 7 giorni. Filtrare dunque il liquore dalle scorze di limone (che nel frattempo avranno ceduto la maggior parte dei principi attivi), imbottigliare e servire ghiacciato. Il limoncello si può conservare il congelatore: l’alcol e lo zucchero contenuti all’interno ne impediscono il congelamento. Fonte http://www.my-personaltrainer.it/Tv/Ricette/Liquori_grappe/limoncello.html


Massimo Salvatore Fabi a Napoli Lo scrittore emiliano incantato dall’ineguagliabile bellezza di Partenope Lorenzo Terzi

tori della Penisola. Non sorprende, perciò, che l’autore abbia accompagnato la vera e propria trattazione sugli edifici sacri e profani e su alcune strade e piazze dell’ex Capitale delle Due Sicilie con l’elenco degli “alberghi principali”, dei “restaurants”, dei caffè, degli “appartamenti mobigliati”, dei “bagni”, delle vetture, delle librerie, dei teatri, e perfino dei “cabarets”. Tra questi ultimi, Fabi cita il “Frisi”, la “Taverna della Fontana del Lione”, la “Taverna dello Scoglio di Virgilio”, tutti situati a Posillipo; il “Vomero”, nella zona del Belvedere; la “Birreria”, alla Trinità degli Spagnoli. La descrizione del panorama dell’antica Partenope, topos dei viaggiatori e degli autori di guide, si arricchisce, nella prosa dello scrittore parmigiano, di accenti non convenzionali di sincero entusiasmo: “Superbo e magnifico, quanto mai possa dirsi è il prospetto che offre di sé la città di Napoli.

Fra i numerosi lavori dello storico, erudito e insegnante Massimo Salvatore Fabi (Parma, 1819 - Marsala, 1866), conobbe particolare fortuna la Corografia d’Italia (1854). Camillo Marcolini, amico dell’autore, nel 1867 celebrò la sua memoria nella prefazione a un’antologia: Notizie intorno alla vita e agli scritti di Massimo Fabi. Qui la Corografia viene ricordata come una voluminosa opera in tre tomi, “contenenti la storia, la geografia e la statistica delle città, de’ borghi e de’ villaggi di tutta la penisola”. Lo stesso Fabi ne curò le successive ristampe ed edizioni. La decima, largamente rivista, ricevette il titolo di Viaggio in Italia. Nuovissima guida descrittiva storico - statistica; essa vide la luce in un anno fatidico per le sorti di Napoli e del Mezzogiorno: il 1861. Il Viaggio in Italia è, appunto, una guida destinata ai visita-

La Chiesa di Santa Maria della Pace

La S.V. Ill.ma è invitata a partecipare alla presentazione del libro

LA BIBLIOTECA AULISIO DI GIUNGANO Ferdinando Jannuzzi con la collaborazione di G. Capezzuto e A. Patrizio

Presentazione libro

LA BIBLIOTECA AULISIO DI GIUNGANO Il 7 novembre 2014, alle ore 10.30, presso la “Domus Laeta” di Giungano (SA), sarà presentato il libro “LA BIBLIOTECA AULISIO DI GIUNGANO”, evento organizzato dalla Domus Laeta di Giungano, dall’Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo (ISSM) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Napoli, dalla Fondazione “Giambattista Vico” di Vatolla (SA) e dall’Osservatorio per lo Sviluppo Sostenibile della Val di Comino (OS.VA.COM.) di Alvito (FR). L’importanza del lavoro svolto, che può essere riproposto per altre biblioteche private storiche e non site in Cilento è nell’ottica dello sviluppo di una “economia sostenibile” indispensabile ed essenziale in contesti ricadenti in Aree Naturali Protette di cui il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni (Patrimonio Mondiale dell’UNESCO) è uno dei massimi esempi italiani.

Siede essa sul declivio di amenissime colline, e all’ingiro sur un golfo che conta sedici miglia di ampiezza; il promontorio di Miseno a dritta, e quello di Massa a sinistra, ne conterminano due lati, mentre le isole di Capri e di Procida sembrano chiudere il golfo, lasciando però che l’occhio si spazii per grande estensione sul suo placido e ceruleo mare. Al golfo pare faccia corona la città, la quale s’inalza [sic] ad anfiteatro sulle colline di Posillippo [sic], di S. Ermo e d’Agnano ad oriente, e distendesi sopra terreno più piano ad occidente, sparso di casini e ville, dalla Maddalena fino a Portici, ov’è il Palazzo Reale, e al di là, il Vesuvio. È qui dove l’occhio si arresta maravigliato di tanta bellezza di panorama, da non esservi altra che la eguagli non che la superi. Vedi Napoli e poi muori. E ben a ragione; perché questa città presenta il complesso delle più sorprendenti bellezze della natura e dell’arte”.

Linda Iacuzio Su via dei Tribunali, poco dopo la piazzetta di Sedil Capuano, sorge la chiesa intitolata a Santa Maria della Pace. L’edificio fu costruito a partire dal 1629 su progetto dell’architetto Pietro De Marino e terminato nel 1659. L’interno, a croce latina, con navata unica e tre cappelle per ciascun lato, presenta una ricca decorazione in stucco. Questa fu realizzata tra il 1738 e il 1742, in occasione dei lavori di restauro avviati dopo il terremoto del 1732 e diretti dall’architetto, ingegnere e incisore Nicola Tagliacozzi Canale, in collaborazione con l’architetto Domenico Antonio Vaccaro. La chiesa conserva diversi riferimenti all’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, in quanto a esso appartenne insieme con l’Ospedale della Pace, quest’ultimo nato dal riadattamento del palazzo di Giovanni - detto “Sergianni” - Caracciolo, acquistato dai frati Ospedalieri verso la fine del secolo XVI. Nella volta della navata della chiesa è collocato, infatti, un affresco settecentesco raffigurante

L’elemosina di San Giovanni di Dio. Tra le decorazioni in stucco, di pregio sono le coppie di angeli poste nei “peducci” della cupola che reggono lo stemma ospedaliero. Altri simboli dell’Ordine religioso, come la melagrana, si trovano nel pavimento, costituito da un impiantito in cotto sul quale vi sono disegni realizzati in marmo, tra cui una rosa dei venti. A sinistra della chiesa, dal portale gotico originale del palazzo di Sergianni Caracciolo, si accede al cortile dell’Ospedale e al chiostro del convento. Quest’ultimo, di epoca settecentesca, è situato su di un piano leggermente inferiore ri-

spetto a quello del cortile, corrispondente al livello del vico Nuovo Pace. Nel passaggio tra il cortile e il chiostro è posta l’iscrizione “Dio m’arrassa da invidia canina da mali vicini, et da bugia d’homo da bene”, che secondo la tradizione è riferita a un uomo accusato falsamente di omicidio dai vicini di casa e condannato a morte, il quale lasciò la sua eredità all’Ospedale della Pace. Il grande salone al primo piano dell’Ospedale, conosciuto anche come il Lazzaretto, è ornato dagli affreschi di Giacinto Diano, dedicati alle Storie di S. Giovanni di Dio.


Matera, Capitale Europea della Cultura 2019 RIVALUTAZIONE ARTISTICA E TERRITORIALE: L’ESEMPIO ARRIVA DALLA BASILICATA Alessia Esposito Trovarsi a Matera il giorno dopo la sua proclamazione a Capitale Europea della Cultura è stata un’esperienza che ha aiutato chi scrive a capire. A capire le lacrime del sindaco nel momento in cui Dario Franceschini ha designato la città vincitrice, a capire i salti di gioia dei materani in piazza, davanti a un maxi schermo. Se per le altre candidate (Siena, Ravenna, Cagliari, Lecce) la nomina sarebbe stata un picco di celebrità, per Matera si tratta di un vero e proprio Risorgimento. Era il 1948 quando la cittadina della Basilicata fu definita “vergogna d’Italia”: gli abitanti vivevano ancora nei Sassi, grotte spesso con un unico ambiente, in compagnia degli animali. Le condizioni igieniche precarie portarono De Gasperi a emanare nel 1952 una legge per sgombrarli. I Sassi vennero dunque abbandonati, ma una giusta politica di recupero fece sì che nel 1993 fossero dichiarati Patrimonio UNESCO. Da allora

firmato con pochi altri, nel 2008, il documento per la candidatura di Matera a Capitale della Cultura 2019. Era, all’epoca, un’utopia di pochi. Oggi è realtà di tutti. Nel frattempo la visita molto suggestiva alla Cripta ci offre immagini di un passato lontano. L’importo del biglietto viene devoluto in buona parte ai lavori di restauro, ci spiega “così si può attivare un processo virtuoso per la valorizzazione del territorio e del patrimonio artistico”. È questa l’ottica da cui partire oggi. I finanziamenti europei sono l’occasione di una vita. Joseph Grima, direttore artistico del progetto dichiara che saranno utilizzati per “Open Future”, un progetto artistico culturale basato sulla condivisione, una culla di cultura a cielo aperto. Perché la ricchezza di Matera è nella sua essenza tormentata sotto gli occhi di tutti, come pare suggerire lo scenario del Parco naturale delle Murgie, con le alture a strapiombo sul fiume Gravina, ammirato da uno degli alberghi più belli del mondo. In cui vengono turisti da ogni dove per dormire in una grotta. Per vivere questa città sospesa tra passato e presente.

tanta strada è stata fatta. Molti sono andati via da queste terre, ma coloro che sono rimasti si sono rimboccati le maniche. Come il giovane ingegnere edile che ci guida alla Cripta del Peccato Originale, antica chiesa rupestre. Ci dice di aver

In Sardegna due nuovi parchi regionali protetti La Sardegna ha due nuovi Parchi regionali: Gutturu Mannu e Tepilora. Dopo “appena” 15 anni dal 26 gennaio del 1999 quando, il Consiglio Regionale istituì i parchi di MolentargiusSaline e di Porto Conte. Da allora, niente più iniziative in riguardo. Ma in questi giorni, qualcosa è cambiato. L’amministrazione regionale ha, infatti, approvato all’unanimità i due disegni di legge presentati lo scorso maggio dalla Giunta e l’assessore regionale all’ambiente, Donatella Spano. Ma vediamo nel dettaglio le due nuove aree verdi: il neo Parco regionale di Gutturu Mannu si estende su 19.685 ettari e include i territori dei Comuni di Pula, Villa San Pietro, Siliqua, Domus De Maria, Assemini, Santadi, Capoterra, Sarroch e Teulada. È inserito in una delle foreste più antiche ed estese del Mediterraneo, dove vivono specie endemiche tra le più rappresentative della fauna sarda come, ad esempio, il cervo, l’astore, il gatto selvatico e il geotritone. Sull’area esistono tre oasi di protezione faunistica dove vige il divieto di caccia ed è presente l’Ente foreste della Sardegna che gestisce, a vario titolo, la quasi totalità del patrimonio forestale. Inoltre nel parco sono presenti la Zona di protezione speciale (Zps) e il Sito di interesse comunitario (Sic) Foresta di Monte Arcosu della Rete Natura 2000. Il Parco di Tepilora, invece, ha un’estensione di 7900 ettari, è compreso nei Comuni di Bitti, Lodè, Posada e Torpè ed occupa la parte più settentrionale della Barbagia e della Baronia, in Provincia di Nuoro. Collega le zone interne con quelle costiere, utilizzando il fiume come una vera infrastruttura naturale, un elemento di connessione con una serie di attività legate al turismo e alla tutela dell’ambiente.

A SUD L’ENERGIA RINNOVABILE PRENDE QUOTA! Rosa Funaro Il Sud Italia è pieno di energia. E non solo in senso metaforico! Nel 2013 l’utilizzo delle rinnovabili ha sopperito, in alcuni giorni, a oltre l’80 per cento dei consumi di elettricità della popolazione. La strada intrapresa è davvero incoraggiante. Se questa nuova tendenza, infatti, diventasse una semplice consuetudine, il tanto schernito Meridione, comprese le isole, sarebbe destinato ad essere, grazie proprio alla sua naturale forza territoriale (vento, sole, mare e così via) sempre più produttore ma anche esportatore di energia. Puntando sul settore, anche l’occupazione, l’economia e l’ambiente ne trarrebbero importanti benefici. Questi, sono alcuni dei dati diffusi dall’associazione Greenpeace, nel corso di una conferenza stampa a Napoli, a bordo della nave ‘Rainbow Warrior’ arrivata dalla Sicilia dove sono stati denunciati i rischi e l’infondatezza economica delle trivellazioni in mare. Secondo il rapporto, realizzato da Althesys per conto di Greenpeace, a livello nazionale, l’impatto economico e occupazionale per lo sviluppo delle fonti rinnovabili nelll’anno 2013 è stato forte: le ricadute economiche complessive per il Paese sono state pari a oltre 6 miliardi di euro (di cui oltre 4 miliardi di euro sono valore aggiunto diretto). I lavoratori coinvolti nelle diverse attività ammontano a oltre 63 mila (di

cui circa 50 mila legati all’occupazione diretta). “Una politica basata sulla ‘rivoluzione energetica’ farebbe crescere l’occupazione a 100 mila unità nel 2030: se già oggi gli occupati diretti delle rinnovabili sono 2 volte quelli di Fiat Auto, nel 2030 si potrebbe mantenere quest’impiego di risorse umane e farlo crescere ulteriormente fino al triplo di quanto oggi occupa Fiat Auto in Italia”, commenta, a tal proposito, Luca Iacoboni, responsabile clima ed energia di Greenpeace Italia. Grazie, inoltre, alle tecnologie rinnovabili, sempre nel 2013, è stata evitata l’immissione in atmosfera di 38 milioni di tonnellate di CO2, pari a 169 milioni di euro risparmiati. I settori trainanti sono stati: il fotovoltaico, l’eolico on-shore e le bioenergie.


Vorrei sfogliarti tra cent’anni… Future Library: la foresta dei libri viventi Cristina Abbrunzo Cento anni, è il tempo che ci vorrà per creare la biblioteca del futuro. “Future Library” è il progetto di un artista scozzese, Katie Paterson, e si svilupperà in Norvegia, con la scrittura di 100 libri entro il 2114. La Peterson, classe 1981, è considerata una delle più innovative e talentuose artiste contemporanee. Grazie alla collaborazione con scienziati e ricercatori di fama internazionale i suoi progetti uniscono l’arte alla scienza e indagano il ruolo dell’uomo sulla Terra nell’attuale e controverso contesto geologico in continuo mutamento. Future Library è un’iniziativa, piuttosto ingegnosa, alla quale parteciperanno autori famosi che scriveranno un romanzo ciascuno, partendo da zero. Contemporaneamente verranno piantati mille alberi nella foresta Nordmarka, a Oslo, e la carta prodotta usando queste nuove piante, servirà da supporto per i nuovi titoli. Nell’attesa della chiusura del progetto, che come abbiamo detto avverrà tra ben 100 anni, i libri conclusi saranno conservati in una stanza speciale all’interno della nuova biblioteca pubblica di Deichmanske, che aprirà nel 2018 nel quartiere di Bjorvika a

Oslo. La prima ad essere stata contattata e ad aver aderito al progetto è la 74enne Margaret Atwood, grande autrice di narrativa utopica, che ha vinto numerosi premi letterari. La scrittrice ha iniziato a lavorare al nuovo libro, che consegnerà entro il 2015, durante una cerimonia speciale, e nel frattempo avrà tutta la libertà e la tranquillità per costruire la propria

storia. Parteciperanno al progetto con le loro opere (100 romanzi per 100 anni) autori di ogni età e nazionalità, e i libri apparterranno a qualsiasi genere letterario, senza alcun tipo di discriminazione. Ciò che più lascia perplessi è il fatto che molti degli scrittori che doneranno le loro opere per la “Future Library” probabilmente non sono ancora nati. La At-

wood ha dichiarato che la possibilità di non essere più in vita quando il suo libro verrà pubblicato la rende piuttosto felice: in questo modo eviterà giudizi e critiche, sia positivi che negativi. L’affascina anche l’idea che sta alla base di questa biblioteca del futuro, che al momento tiene nascosti i propri libri come fossero gemme di valore inestimabile, di cui si può conoscere

Biblioburro: un’insolita biblioteca itinerante Quando a diffondere cultura ci pensano gli asini La biblioteca ambulante e' ormai l'elemento base di molti sistemi bibliotecari territoriali e nasce con l'obiettivo di portare i libri a chi non ha modo di accedere al servizio di persona. Tuttavia, in molte parti remote del mondo i mezzi di locomozione tradizionali, come autobus o camion, non sempre si prestano allo scopo per le pessime condizioni del sistema stradale e la mancanza di fondi. Ecco allora nascere soluzioni alternative originali come il BiBlioburro ( o biblioasino) un progetto di promozione alla lettura nato a La Gloria in Colombia nel 1990 grazie a un maestro della scuola primaria di nome Luis Soriano. “El profesor”, così lo chiama la gente, che in compagnia dei suoi due asini, Alfa

e Beto, ha realizzato una vera e propria biblioteca rurale ambulante che presta libri di villaggio in villaggio nella convinzione che la lettura, una delle più importanti esperienze formative e trasformatrici, debba essere accessibile anche per chi abita lontano dalle città, in territori impervi

e irraggiungibili dai servizi culturali. Funziona così. Soriano carica i suoi asinelli e si arrampica su per le montagne con un tavolo pieghevole da picnic dove sta scritto Biblioburro, 4 ore all'andata e 4 al ritorno per portare i libri a bambini che non hanno alcuna struttura bibliotecaria a

disposizione. Quando arriva, legge loro delle storie e li aiuta nei compiti, così possono apprezzare la lettura di testi altrimenti fuori dalla loro portata. Grazie a questi libri, spiega il maestro, i bambini hanno la possibilità di vedere luoghi e persone diverse, imparano a riconoscere i propri diritti e doveri e l'impegno verso la società. E grazie a tale bagaglio di conoscenza possono dire no alla violenza e alla guerra. Partito con una settantina di libri, ora, dopo dieci anni, c’è una biblioteca viaggiante di 4.800 titoli che circola in una delle regioni più difficili del Paese. La storia di Soriano e dei biblio-asini è stata raccontata dal New York Times ed è diventata anche un C.A. cortometraggio.

solo titolo e nome dell’autore. Per il resto bisognerà aspettare 100 lunghi anni, come in una sorta di caccia al tesoro per bambini, dove si seppelliscono oggetti nel terreno nella speranza che un domani vengano trovati. Margaret Atwood è anche convinta che, quando in futuro i romanzi saranno messi a disposizione di tutti, servirà un paleo-antropologo perché “in cento anni il linguaggio sarà cambiato, magari non come tra il 1400 e oggi, ma in qualche modo sarà diverso.” Insomma, un progetto innovativo ma che non renderà molto felici i lettori contemporanei della Atwood e degli altri scrittori che, negli anni a venire, decideranno di partecipare. Bisognerà aspettare un bel po’ di tempo per tenere fisicamente tra le mani i prodotti del loro ingegno e della loro penna, ma nel frattempo, idealmente, ciascuno degli alberi che verrà piantato sarà il custode di una grande opera di narrativa, un’opera che deve ancora essere scritta. Portare nel futuro i pensieri di oggi e assicurarci la loro conservazione su un supporto in controtendenza, ma eterno e reale come la carta, per me è un’idea semplicemente eccezionale! Speriamo davvero che tutta questa attesa, per quelli che avranno la fortuna di vedere la biblioteca del futuro realizzata, venga ripagata. Non ci resta che dire, mai come in questo caso, chi vivrà, vedrà.


L AVORO E PREVIDENZA

La Cgil manifesta contro il Jobs Act Eleonora Ferrara Il 25 ottobre scorso, la CGIL è scesa in piazza per manifestare contro il Jobs Act del Governo Renzi. In piazza S. Giovanni, Susanna Camusso ha dichiarato “Continueremo le nostre iniziative con tutte le forme necessarie” ritenendosi, comunque soddisfatta per la partecipazione di un gran numero di persone. Se ne sono stimate, infatti, un milione. Dal canto suo Renzi, impegnato alla Leopolda a Firenze, ha dichiarato in un’ intervista “Quando ci sono manifestazioni come questa non c’è da dire nulla, ma ascoltare una piazza bella, importante. Ci confronteremo, ascolteremo, ma poi andremo avanti, non è pensabile che una piazza blocchi il Paese”. Camusso, intanto, ha spiegato chiaramente le intenzioni del sindacato che rappresenta, ribadendo che si andrà avanti con la mobilitazione, fino all’indizione dello sciopero generale che, ha soggiunto, sarà definito “ con il passo giusto che usa la nostra forza” . In ogni caso si sa, la lingua batte dove il dente duole, per cui l’argomento centrale resta sempre la disputa sull’art. 18 ritenuto, dal Segretario della CGIL, “ un diritto che ci sta e deve essere esteso a chi non ce l’ha”, aggiungendo ancora “Questa piazza non è una passerella di qualcuno per vedere chi c’è o non c’è, è una piazza del lavoro e rivendica risposte”. Quest’ultima è, senz’altro, una decisa replica alle affermazioni di Renzi che considera la Leopolda “un luogo dove c’è chi crea lavoro”. A Roma, la Camusso conclude, quindi, il suo intervento alla manifestazione di piazza San Giovanni, con poche ma decise parole “ Lunedì abbiamo l’incontro con il Governo sulla stabilità … non abbiamo rimpianti sulla concertazione. Per farla bisogna condividere gli obiettivi per il Paese e noi i suoi non li condividiamo”. In effetti, la Leopolda di Matteo Renzi, rappresenta il nuovo corso che, naturalmente, non può prescindere

dalla tanto sbandierata “ rottamazione”, altrettanto contrastata dall’altra parte del PD, che ha preferito affiancare il sindacato nella protesta di Roma, contro il Jobs Act e la legge di stabilità. Alla manifestazione di Roma hanno aderito anche numerosi studenti, sia medi che universitari, che hanno fatto sentire la propria voce al Governo Renzi, relativamente ai temi del lavoro e del diritto allo studio, prendendo le distanze da un futuro di precarietà e di contrazione dei diritti. Gli studenti, perciò, rappresentati dai propri coordinatori, hanno dichiarato: “Vogliamo solo studiare, accedere ai più alti gradi dell’istruzione, vogliamo avere, tutti, le stesse possibilità di riscattarci, a prescindere dalle condizioni socio - economiche delle nostre famiglie, vogliamo un futuro non precario, vogliamo un lavoro che sia dignità e non sfruttamento”. In ogni caso, il Premier si dice deciso ad andare avanti e rivendica, per l'Italia, un ruolo forte in Europa, affermando,

senza alcuna titubanza che l’art. 18 “È una regola degli anni Settanta che la sinistra allora non aveva nemmeno votato, siamo nel 2014 è come

prendere un Iphone e dire dove metto il gettone? Come prendere una macchina fotografica digitale e provare a metterci il rullino. È finita

l'Italia del rullino”. Si avverte chiaramente, nelle parole di Renzi, la contrapposizione netta tra vecchio e nuovo.

Viaggio nelle leggi ambientali SVILUPPO SOSTENIBILE La priorità dei principi di sostenibilità energetica e di prevalenza dell'utilità derivante dalla realizzazione di impianti di energia a fonti rinnovabili di cui alla direttiva Ce n. 2001/77 ed al d.lgs. n. 387 del 2003, comporta che sia illegittimo imporre limiti alla produzione di energia elettrica derivante da fonte eolica sia per via legislativa in ragione della prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale sia utilizzando il pregiudiziale e sistematico rinvio alla valutazione VIA come strumento di ostruzionismo per rinviare ulteriormente la definizione delle richieste di autorizzazione unica per la realizzazione e l'esercizio di un impianto di energia elettrica di fonte eolica. Tale comportamento procedimentale si pone infatti in diretta violazione del "favor" della normativa europea, emanata anche in relazione agli impegni assunti con il protocollo di Kyoto, per lo sviluppo, l'incremento e la

promozione delle fonti energetiche rinnovabili. Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 4566, del 9 settembre 2014. INQUINAMENTO ACUSTICO Significativo indice di rilevazione della potenziale idoneità lesiva di una fonte sonora è dato dalla incidenza del fenomeno in rapporto alla media sensibilità

del gruppo sociale in cui esso si verifica, mentre sono irrilevanti e di per sé insufficienti le lamentele di una o più singole persone. Corte di Cassazione Sezione III n. 40329 del 30 settembre 2014 (Udienza 22 maggio 2014). RIFIUTI Le materie fecali (tra cui rientra la pollina) sono escluse dalla disciplina dei rifiuti di cui al D.Lgs. n.152 del 2006 a condizione che provengano da attività agricola e che siano effettivamente riutilizzate nella stessa attività (nel caso di specie, la pollina proveniva da attività agricola ed era effettivamente riutilizzata nella medesima attività. Secondo la Corte il fatto rientra nella nuova previsione del comma 2 dell'art. 29-quattuordecies, Decreto Legislativo n. 152/2006, con conseguente intervenuta depenalizzazione). Cassazione Sezione III n. 40532 del 1 ottobre 2014 (Udienza 11 giugno 2014). A.T.


La misura è colma. Cosa succede a chi trasgredisce le regole?

Liberare la Terra, progettando futuro “E poi la sete”

“Grammatica dell’indignazione” C’è, nel Paese, un’anomalia da interpretare e sciogliere. L’indignazione è maggioranza, schiacciante maggioranza. Basta vedere l’andamento del voto nelle ultime tornate elettorali o sfogliare i sondaggi di tutti gli istituti di ricerca. Ancor più, è sufficiente passeggiare in un mercato e viaggiare su tram o treni (quelli dei pendolari: frequentati dal 90 per cento degli italiani e ignorati da chi governa promettendo devastanti e improbabili linee ad alta velocità...). Eppure quell’indignazione, almeno ad oggi, non conta nulla a livello istituzionale. Oppure veicola movimenti populisti e pieni di contraddizioni: di contenuti soprattutto, ché le incongruenze tattiche sono, a ben guardare, poca cosa. Così cresce il rischio che l’indignazione si chiuda in se stessa e produca sfiducia e rassegnazione an-

ziché resistenza e progettualità. Sciogliere l’anomalia, su-

perarla, è la sfida, ineludibile, dei prossimi mesi: mesi, non anni, ché la misura è colma. Per farlo serve mettere ordine nelle ragioni dell’indignazione e predisporre, settore per settore, una cassetta degli attrezzi utile a guidare il cambiamento o il rilancio di ciò che va mantenuto e che molti vorrebbero cancellare, dalla Costituzione al welfare. Serve una grammatica, sospesa tra analisi e proposta.

La storia raccontata nel romanzo di impronta fantascientifica è quella di una civiltà futurista nella quale ogni esigenza è proiettata verso la ricerca, la conservazione e l’utilizzo dell’acqua. Sarah, giovane medico e figlia di un importante uomo politico che detiene le redini del governo, si ritroverà di punto in bianco in una città assediata, dove non vi sarà carità neppure per gli ammalati dell’ospedale nel quale lavora con impegno e costanza. I ribelli vogliono rovesciare il governo e rivoltarsi contro le condizioni di vita cui sono costretti a sottostare da chi è al potere. Gael invece, è un ragazzo di soli 15 anni che ha conosciuto presto la crudeltà della vita e le privazioni di cui sono vittime tutti coloro che vivono dall’altra parte delle mura della città. Suo padre è un giornalista che si

batte sfidando il pericolo, per cercare di portare informazione là dove il regime cerca di vietarlo. Due esistenze totalmente diverse che il destino porterà a incontrarsi, quello di Gael e di Sarah, una città protagonista e specchio della civiltà umana diviene il luogo disperato dove cercare una via di scampo. Perché l’acqua è diventato un bene così prezioso? E perché solo i ricchi possono farne uso? Cosa succede a tutti coloro che trasgrediscono alle regole? Sullo sfondo di una civiltà ormai allo sfacelo, dove la mancanza di acqua segna un’involuzione della società stessa, un giovane povero e una donna ricca cercheranno di unire le proprie forze per non soccombere agli eventi. Un romanzo che potrebbe essere previsione di una piaga che rischia di colpire l’umanità su scala

mondiale, la disperata ricerca verso una risorsa estinguibile come quella dell’acqua, risorsa cui tutti oggi diamo per scontato. Un linguaggio a tratti crudo e raccapricciante per addentrarsi con realtà e timore in un mondo futuro che forse qualcuno di noi conoscerà. È vietato: 1. immergersi in acqua; 2. riempire d'acqua orci, secchi, bottiglie e qualsiasi tipo di recipiente; 3. immagazzinare acqua, in qualsiasi modo; 4. bere; 5. vivere, aveva inciso qualcuno in fondo alla lastra d'acciaio.

“Liberare la terra” Un’ecoteologia per un domani possibile

“La crisi ecologico-sociale ci costringe a ripensare la crescita e lo sviluppo. Invece del binomio crescita-sviluppo si impone la visione della prosperità senza crescita attraverso il miglioramento della qualità della vita, dell’educazione, dei beni non tangibili”. È quanto sostiene

Leonardo Boff, nel libro Liberare la terra. Un’ecoteologia per un domani possibile (Editrice Missionaria Italiana, pp. 64). Boff affronta in questo saggio breve l’emergenza ambientale e le risposte che la società, la politica e le religioni devono dare per assicurare un futuro all’umanità e al pianeta. Secondo l’autore è necessario cambiare paradigma: “Non ha più senso perseguire il proposito centrale del pensiero unico economico industriale consumista e capitalista, che poneva la domanda “come guadagnare di più?” e presupponeva il dominio della natura in vista del profitto economico. Oggi la domanda è un’altra: “Come produrre vivendo in armonia con la natura, con gli esseri viventi, con gli esseri umani e il Trascendente?”. La risposta sta in un cambio di prospettiva radicale: “La principale preoc-

cupazione si orienterà anzitutto verso la vita, l’umanità e la Terra vivente piuttosto che verso un progresso o un’accumulazione illimitati. L’economia si metterà al servizio di queste realtà. Deve emergere una biociviltà che preferisca la vita al lucro, il bene collettivo ai profitti individuale, la cooperazione alla competizione”. Attraverso un’analisi serrata dei cambiamenti necessari da fare, incentrati su alcune parole chiave come sviluppo, sostenibilità, spiritualità, Boff chiede un’alleanza tra tecnoscienze e religioni: “Le religioni aiuteranno la scienza ad essere etica e al servizio della vita e non del mercato. La tecnoscienza aiuterà la religioni a superare il loro fondamentalismo e ad essere pedagogiche verso l’umanità, insegnando il rispetto non solo dei libri e dei luoghi sacri, ma di tutti gli esseri e di tutto il creato”.

La raccolta differenziata, il riuso e il riciclo sono temi ricorrenti nella divulgazione dedicata ai bambini, ma pochi autori per ragazzi hanno provato a indagare l’immondizia in una prospettiva storica. È il caso di Mirco Maselli e della sua Storia dell’immondizia che riempie finalmente un vuoto offrendo al lettore molti spunti di riflessione su un aspetto tanto importante quanto poco “appetibile” della quotidianità. Maselli ha alle spalle un’esperienza ventennale di autore e di illustratore di fumetti – le avventure di Lupo Alberto e di Cattivik hanno anche la sua firma – e dello stesso umorismo permea la pubblicazione, che ripercorre le epoche principali della storia

occidentale raccontandole dal punto di vista inedito dei rifiuti, fotografati nel susseguirsi delle civiltà. A partire da quelle dell’antichità, si pensi alle prime discariche pubbliche dell’isola di Creta, dove già nel 3000 A.C. si scavavano grandi pozzi, che venivano riempiti da strati di immondizia e ricoperti di terra, fino all’epoca medioevale quando le persone usavano disfarsi di ciò che non era loro necessario gettandolo direttamente per la strada (con conseguenze immaginabili dal punto di vista igienico-sanitario!), sino a arrivare all’epoca moderna, all’invenzione della plastica, non biodegradabile, che segna un punto di svolta nella storia dell’immondizia. (a cura di Andrea Tafuro)


Metti insieme un gran maestro, energici volontari e un gruppo di simpatici allievi…

PROGETTO “CULTURE IN VOLO”: L’ARTE COME MOTORE DI TRAINO VERSO IL CAMBIAMENTO

Foto di Fabiana Liguori

Lo scorso 29 ottobre ci siamo recati presso la Chiesa di Santa Maria del Rifugio a Napoli dove è stato presentato il progetto “Culture in Volo” per il Forum Universale delle Culture,nato da un’idea del maestro Riccardo Dalisi, artista e designer di fama internazionale. Si tratta di un piano d'installazione urbana sostenibile che prevedeva la realizzazione di sei opere, in ferro zincato, da collocare, poi, tra piazzetta Sedil Capuano e Castel Capuano. A tal fine, dallo scorso anno, grazie al sostegno dell’Associazione culturale “Intraprendere” e dell’Associazione Samb e Diop del Centro Missionario Diocesano di Napoli, è stato possibile avviare un laboratorio creativo guidato dal Dalisi in collaborazione con l’architetto Marco Cecere, che ha portato alla creazione di queste piccole opere d’arte, “donate” con gioia alla città di Napoli. Ricevute poi, simbolicamente dallo scrittore partenopeo Maurizio De Giovanni durante la serata. I giovani allievi, un gruppo di ragazzi africani, hanno seguito il corso con passione e dedizione, imparando l’arte di forgiare e decorare con le proprie mani. La disponibilità e la tenerezza con cui siamo stati accolti nella parrocchia che ha ospitato l’incontro di presentazione al pubblico dei manufatti, ci ha procurato nelle viscere un’incredibile energia positiva. L’integrazione, la diversità che arricchisce, il disinteressato dono, la cooperazione, tutte cose narrate, troppo spesso, come chimere del secolo, si sono materializzate ai nostri occhi, in volti e sorrisi sconosciuti fino a quel momento. Allora, rientrando a casa, illuminati lungo il cammino dalle nuove e suggestive istallazioni artistiche in via dei Trubunali… abbiamo cominciato a guardarci intorno e a sorridere dei pensieri che, d’improvviso, balenavano nella testa: oggi, per le strade, c’è un barlume di speranza in più. Allora, forse, domani è ancora tutto possibile… F.L.


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