Nel 1994 la legge che ha previsto le Arpa. Ad aprile conferenza nazionale
Venti anni di controlli ambientali in Italia I controlli ambientali in Italia compiono venti anni. Perlomeno così come li conosciamo oggi: risale all’inizio del 1994, come molti sanno, la legge che ha previsto, per la prima volta nel nostro Paese, l’avvio di agenzie pubbliche dedicate alla protezione dell’ambiente. A distanza di due decenni da quell’importante punto di inizio, sono molti i fautori di un’ulteriore evoluzione del quadro istituzionale emerso dalle legge 61. Lo dimostra, ad esempio, la proposta di legge all’esame del Parlamento,
che si intitola, non a caso, “Istituzione del sistema nazionale delle agenzie ambientali” (proposta di legge C68, attualmente al vaglio della Commissione Ambiente della Camera). La dodicesima conferenza del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, in programma a Roma il 10 e l’11 aprile prossimi a distanza di cinque anni dall’ultima conferenza, sarà di sicuro un’occasione per discutere di questi e altri temi. Mosca a pag.6
DAL MONDO
PRIMO PIANO
La grande acciaieria ecocompatibile di Linz
Emissioni: l’Italia taglia il traguardo di Kyoto Il Belpaese oltre la soglia di riduzione del 20% già nel 2013
Mentre a Taranto si continuano a piangere le decine e decine di morti a causa della diossina, in Austria, a Linz, esiste un’industria in grado di produrre acciaio in modo compatibile con la vita di una città. Martelli a pag.5
Un tipico esempio tutto italiano. Luoghi comuni si sprecano sul come siamo abituati ad affrontare le novità, soprattutto normative. Si parte tardi, ci si complica spesso la vita ma, alla fine, il risultato lo si ottiene, spesso oltre ogni rosea previsione. Non fa eccezione il caso “clima”. I nostri governi hanno prima tergiversato, poi rallentato l'innovazione con iniezioni massicce di burocrazia, eppure il risultato sperato non si è fatto attendere; anzi, è arrivato addirittura in anticipo. D’Auria a pag.3
L’oro degli ulivi secolari e l’oro bianco
Il Castello di Pontelandolfo
L’architettura dei tetti verdi
NATURA & BIODIVERSITÀ
Agricoltura biodinamica: 90 anni di produzione Dai dati emanati dal Demeter International - marchio di tutela della qualità biodinamica -l’Italia si è classificata al secondo posto tra i paesi al mondo per quanto riguarda l’agricoltura biodinamica. Clemente a pag.8
AMBIENTE & SALUTE SCIENZA & TECNOLOGIA
Batterie biodegradabili al nero di seppia
Paparo a pag.10
“Chi non loda gli oli dei monti Tifatini, dell’amena Sorrento e delle memorabili rupi di Capri? Le alpestri rocce di Venafro danno olio che fa ricordare il vanto loro attribuito dal cantore di Venosa Da Popoli alle rive dell’Adriatico non ci ha picciola terra che non dia olio squisitissimo. Nelle Calabrie, dove la natura fa pompa di tutte le sue ricchezze più che in altra parte ella nostra penisola […] quei vasti uliveti sorgono quasi sempre sui colli nell’esposizione più acconcia a favorire la vegetazione... De Crescenzo-Lanza a pag.14
Egildo Gentile, nato a Pontelandolfo il 15 novembre del 1878, fu ricercatore, critico, pubblicista e archivista illustre. Insegnò presso la Scuola di Paleografia, Diplomatica e Archivistica annessa all’Archivio di Stato di Napoli; nel 1941 venne promosso direttore dell’Archivio di Stato di Palermo. Nel 1905 Gentile pubblicò, all’interno della prestigiosa rivista Napoli nobilissima, l’articolo Il castello e la terra di Pontelandolfo, nel quale rese omaggio alla cittadina natia ricostruendo una parte importante della sua storia. Iacuzio a pag.15
Molte architetture vengono oggi realizzate integrando gli organismi edilizi con il suolo e ricoprendoli con tetti verdi o giardini pensili. Tali soluzioni consentono di inserire nel modo più conveniente le strutture nel paesaggio e, nel contempo, di isolarle termicamente in maniera ottimale, spesso dimezzando i consumi energetici. Da Renzo Piano a George W. Reinberg fino all’ultima generazione dei migliori esponenti della bioarchitettura, il ricorso, a varie scale, a questa tipologia costruttiva è sempre più frequente. Palumbo a pag.12
La tutela dai rischi acustici
LINEE GUIDA PER IL MONITORAGGIO DEL RUMORE DERIVANTE DAI CANTIERI DI GRANDI OPERE Angelo Moralndo La pubblicazione dell'ISPRA n. 101 / 2013 è il risultato del lavoro congiunto dell'ISPRA (autori: Salvatore Curcuruto, Delio Atzori ed Enrico Lanciotti) dell'ARPA Toscana (Andrea Poggi e Massimo Cavicchi) dell'ARPA Friuli Venezia Giulia (Valerio Cipriani, Arturo Merlino e Luca Piani) dell'ARPA Umbria (Stefano Ortica) e dell'ARPA Sicilia (A. Sansone Santamaria) Il manuale è costituito da 6 capitoli più tre appendici per complessive 38 pagine i cui contenuti possono riassumersi come di seguito. Il Piano di Monitoraggio Acu-
stico (PMA) ha lo scopo di assicurare la corrispondenza delle prescrizioni progettuali alla compatibilità ambientale e individuare le misure correttive agli impatti negativi. Il progetto serve a definire e programmare il rispetto delle azioni e dei provvedimenti di contenimento della rumorosità inerenti a impianti, macchinari e/o lavorazioni. La tutela dai rischi acustici è garantita dalla rigorosa e tempestiva verifica dell’efficacia delle azioni correttive adottate, soprattutto in concomitanza di “emergenze” ambientali. Il monitoraggio, infine, serve ad adottare specifiche azioni correttive e non si deve confondere con l’attività di controllo e di repressione. In conclusione, il PMA deve essere flessibile e interattivo con frequenza e localizzazione dei campionamenti stabiliti sulla base della effettiva evoluzione dei lavori all'interno del cantiere. Non può essere generico e/o tipologico. Il PMA deve contenere, recepire e gestire tutte le segnalazioni pervenute da istituzioni, associazioni e/o cittadini; deve, infine, fornire rapide ed efficaci indicazioni al gestore dell’attività e alle istituzioni competenti. La progettazione del PMA si basa sulla conoscenza delle caratteristiche acustiche specifiche dell’attività di cantiere; repetita iuvant: non può esistere un cantiere tipo con lavoratori tipo; la progettazione è il primo passaggio preliminare con il quale rac-
cogliere tutte le informazioni possibili eseguendo un'adeguata valutazione di impatto acustico da cui si possano evincere: tipologia di macchinari e loro emissioni acustiche; scenari di lavorazione con indicazione dei macchinari utilizzati per ogni scenario; livelli di pressione sonora attesi ai vari ricettori, esposti alle attività di cantiere, derivanti da ogni singolo scenario di lavorazione; interventi di mitigazione che si intendono adottare. Il PMA, anche se la legge non lo stabilisce, non dovrebbe essere redatto dal gestore del cantiere, ma da un soggetto "terzo" o, meglio ancora, completamente estraneo alle attività del gestore del cantiere che, però, nell'attività di mo-
nitoraggio deve interagire sistematicamente con lo stesso gestore dei cantiere. In sintesi, i redattori del PMA devono essere professionisti pienamente impegnati su quel cantiere senza legami di interesse col gestore del cantiere. Sono riportate tutte le specifiche tecniche per le misure di monitoraggio acustico, quindi, il manuale è un utilissimo strumento di verifica normativo. È giusto ricordare che: le misure acustiche devono essere effettuate e sottoscritte, ai sensi dell’art. 2, comma 6 della L. n. 447/95, da un Tecnico Competente in Acustica Ambientale. Sono state allegate anche le schede di restituzione dei dati che sono composte da: una parte intro-
duttiva relativa alla descrizione delle lavorazioni in svolgimento all’interno di ciascuna area di cantiere durante il periodo di monitoraggio e dell’eventuale presenza di altre sorgenti non pertinenti; una descrizione del punto di misura, con georeferenziazione, inquadramento cartografico/territoriale e documentazione fotografica che mostri le modalità di installazione della strumentazione e la visuale del cantiere dal punto di misura stesso; un'analisi dei limiti da rispettare secondo la classificazione acustica o altre disposizioni autorizzative in deroga; una reportistica dei dati fonometrici rilevati nel tempo di riferimento diurno e notturno di ogni giornata di misura.
Emissioni: l’Italia taglia il traguardo di Kyoto Il Belpaese oltre la soglia di riduzione del 20% già nel 2013 Paolo D’Auria Un tipico esempio tutto italiano. Luoghi comuni si sprecano sul come siamo abituati ad affrontare le novità, soprattutto normative. Si parte tardi, ci si complica spesso la vita ma, alla fine, il risultato lo si ottiene, spesso oltre ogni rosea previsione. Non fa eccezione il caso “clima”. I nostri governi hanno prima tergiversato, poi rallentato l'innovazione con iniezioni massicce di burocrazia, eppure il risultato sperato non si è fatto attendere; anzi, è arrivato addirittura in anticipo. L'Italia ha ridotto le emissioni di gas serra del 25% tra il 2005 e il 2013, centrando gli impegni del protocollo di Kyoto e andando oltre i target al 2020 previsti dal pacchetto clima-energia dell'Unione europea. Qualche detrattore suggerisce che ci sia stato un piccolo aiutino dalla crisi economica. Vero, ma solo in parte. Prendiamo ad esempio il 2013. Secondo i calcoli della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, che ha recentemente presentato il dossier Clima 2014, la contrazione del
Pil che si è registrata lo scorso anno è responsabile di una metà scarsa della diminuzione delle emissioni. Il resto è merito delle rinnovabili, dell'efficienza energetica e di stili di vita più sostenibili. Tradotto in numeri significa che in Italia nel 2013 le emissioni di gas serra si sono attestate a 435 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Vuol dire un taglio di oltre il 6% rispetto al 2012: l'andamento virtuoso della riduzione dell'inquinamento è stato molto più rapido dell'andamento negativo dell'economia. A fare la differenza sono state in buona parte le fonti rinnovabili arrivate al 38% della produzione elettrica lorda nazionale. Una crescita che, assieme a una revisione delle nostre abitudini quotidiane, ha portato a una diminuzione del consumo di combustibili fossili dell'ordine del 5% (3,4 milioni di tonnellate di petrolio, 4,8 miliardi di metri cubi di gas, 3,7 milioni di tonnellate di carbone). Guardando al 2030, il target di riduzione leggero proposto dalla Commissione europea (-40%) appare, secondo le simulazioni del rapporto, un traguardo scontato:
lasciare l'asticella a quell'altezza significherebbe far venir meno uno stimolo importante ai processi di innovazione tecnologica che in questo periodo hanno arginato l'effetto crisi. Fermarsi sarebbe rischioso anche perché si compete in un contesto in rapido movimento: l'assieme dei paesi industrializzati ha ridotto le emissioni serra in una misura quasi tre volte superiore a quella previ-
sta dal protocollo di Kyoto. Nonostante questo la CO2 continua a crescere (più 30% dal 1990) per effetto dell'aumento registrato nei paesi di nuova industrializzazione che non avevano impegni di riduzione e che dovranno assumerli con il nuovo trattato in discussione. Un trattato più volte rinviato ma sempre più urgente. L'anno la concentrazione della CO2 in atmosfera ha raggiunto le 400
parti per milione, un record da almeno 800.000 anni. Il 2013 figura tra i dieci anni più caldi mai registrati. E l'effetto del global warming sul Mediterraneo è particolarmente pesante: dal 1850 a oggi i ghiacciai alpini sono diminuiti del 55%, mentre i disastri meteo degli ultimi mesi ci ricordano che stiamo già cominciando a pagare il conto del dissesto climatico.
Ecosistema rischio 2013: il rapporto di Legambiente sul rischio idrogeologico Ilaria Buonfanti L’indagine Ecosistema rischio 2013, il dossier di Legambiente e Dipartimento della Protezione Civile mette ancora una volta in luce quanto sia pesante nel nostro paese l’urbanizzazione delle aree più fragili ed esposte a rischio: in 1.109 comuni (l’82% di quelli analizzati in Ecosistema rischio 2013) sono presenti abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana, e nel 32% dei casi in tali zone sono presenti addirittura interi quartieri. Nel 58% dei comuni campione dell’indagine in aree a rischio sono presenti fabbricati industriali che, in caso di calamità, comportano un grave pericolo oltre che per le vite dei dipendenti, per l’eventualità di sversamento di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni circostanti. Nel 18% dei comuni
intervistati sono state costruite in aree a rischio idrogeologico strutture sensibili come scuole e ospedali, e nel 24% dei casi sia strutture ricettive che commerciali. Nonostante le ripetute tragedie anche nell’ultimo decennio sono state edificate nuove strutture in zone esposte a pericolo di frane e alluvioni in 186 comuni intervistati. Nella speciale classifica di Ecosistema rischio 2013, sette tra i comuni intervistati raggiungono la classe di merito ottimo. Sono tre i comuni risultati più virtuosi nelle attività di mitigazione del rischio idrogeologico: Calenzano (FI), Agnana Calabra (RC) e Monasterolo Bormida (AT). In tutti e tre i comuni sono state avviate le procedure per la delocalizzazione di strutture presenti nelle aree esposte a maggiore pericolo, è stata realizzata una manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua e delle
opere di difesa idraulica, sono stati realizzati interventi di messa in sicurezza e si è provveduto all’organizzazione di un efficiente sistema locale di protezione civile. L’altra faccia della medaglia è rappresentata da tre comuni che ottengono un punteggio particolarmente basso: San Pietro di Caridà (RC), Varsi (PR) e
San Giuseppe Vesuviano (NA). In tutti questi comuni è presente una pesante urbanizzazione delle zone esposte a pericolo di frane e alluvioni e non sono state avviate sufficienti attività mirate alla mitigazione del rischio, né dal punto di vista della manutenzione del territorio, né nell’organizzazione di un efficiente sistema
comunale di protezione civile. “Frane e alluvioni comportano ogni anno un bilancio pesantissimo per il nostro Paese sia per le perdite di vite umane che per gli ingenti danni economici, ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, e se è ormai chiaro il ruolo determinante dell’eccessivo consumo di suolo, dell’urbanizzazione diffusa e caotica, dell’abusivismo edilizio e dell’alterazione delle dinamiche naturali dei fiumi nell’amplificazione del rischio, le politiche di mitigazione faticano a diffondersi. Ma non solo. Anche le risorse stanziate dopo ogni tragedia finiscono spesso a tamponare i danni, ripristinando lo stato esistente mentre sarebbe ora di pianificare interventi concreti di ripensamento di quei territori in termini di sicurezza e gestione corretta del rischio”.
Aggiornato il Piano di evacuazione Vesuvio Venticinque i comuni “interessati” Fabiana Liguori A volte, ho paura. Ho paura che quei cori intonati negli stadi italiani di calcio, che incitano il Vesuvio a scagliarsi verso i suoi stessi figli, possano un giorno avere la meglio. Tutte quelle “manifestazioni di affetto”, da parte di pseudo tifosi, nostri fratelli d’Italia, fanno davvero inorridire. Allora ripenso ai miei amici, alle persone che abitano alle falde del gigante buono, agli studi sulla prevenzione, al Piano di evacuazione, alzo gli occhi al cielo e spero. Spero che, a parte tutto, qualcuno da lassù vegli sempre sul territorio partenopeo, così già tanto tormentato da avversità e azioni prive di ogni logica e buon vivere. Lo scorso 14 febbraio sono state firmate dal Presidente del Consiglio dei Ministri le Disposizioni per l'aggiornamento della pianificazione di emergenza per il rischio vulcanico del Vesuvio. Il documento, oltre a stabilire la superficie da evacuare cautelativamente in caso di ripresa dell'attività eruttiva (una zona rossa 1 ad alta probabilità di invasione di flussi piroclastici e una zona rossa 2 ad alta probabilità di crolli delle coperture degli edifici per importanti accumuli di materiale piroclastico), definisce i gemellaggi tra i 25 Comuni che hanno aree ricadenti proprio nella cosiddetta zona rossa e le Regioni e Province Autonome che accoglierebbero nei loro territori la popolazione sgomberata. Entrano, di fatto, nel Piano di evacuazione anche porzioni delle municipalità del Comune di Napoli: San Giovanni a Teduccio, Barra e Ponticelli, una piccola area del Comune di Nola, e parti dei Comuni di San Gennaro Vesuviano, Palma Campania e Poggiomarino. Saranno, comunque, i successivi protocolli d'intesa che Regioni e Province Autonome dovranno sottoscrivere con la Regione Campania e le amministrazioni comunali interessate - d'intesa con il Dipartimento della Protezione civile a rendere effettivamente ope-
rativi i gemellaggi, prevedendo specifici piani per il trasferimento e l'accoglienza della popolazione da assistere. L’assessore regionale alla Protezione Civile, Edoardo Cosenza, ha così commentato la sottoscrizione del documento: "con la definizione da parte del Governo della zona rossa del Vesuvio e dei gemellaggi, si sancisce una pietra miliare per il Piano di emergenza Rischio Vesuvio: i 700mila abi-
tanti interessati (150mila in più rispetto al precedente Piano), in caso di necessità verrebbero trasferiti nelle Regioni gemellate, sostenuti dallo Stato. Partirà, a breve, il lavoro congiunto di Regione Campania, Dipartimento nazionale di Protezione civile e delle altre Regioni gemellate, per predisporre le modalità organizzative di dettaglio, di concerto con i Comuni interessati".
Vulcano Marsili: ricerche e timori Nelle viscere del Tirreno meridionale, a circa 140 km a nord della Sicilia ed a 150 km ad ovest della Calabria, “vive” il vulcano Marsili appartenente all'arco insulare Eoliano. Gemello del Vesuvio, con i suoi 70 km di lunghezza e 30 km di larghezza (pari a 2100 chilometri quadrati di superficie) il Marsili rappresenta uno dei vulcani più estesi d'Europa. Il monte si eleva per circa 3000 metri dal fondo marino, raggiungendo con la sommità la quota di circa 450 metri al di sotto della superficie del mar Tirreno. Di recente è stata presentata al Ministero dell’ambiente e al Comune di Lipari un’istanza da parte della società Eurobuilding riguardante un progetto di ricerca sui fluidi geotermici del gigante sottomarino. "Il progetto - spiega l'amministratore della società, Umberto Antonelli - prevede la realizzazione di un pozzo esplorativo in una zona di mare aperto. Saranno perforate rocce basaltiche per una profondità di circa 1500 metri dove ci si aspetta di intercettare fluidi geotermici a temperature attorno ai 300-400 gradi. La proposta di avvio delle perforazioni è motivata dalle conclusioni delle fasi esplorative sul vulcano che hanno evidenziato la presenza di una grande riserva di fluidi geotermici". D’altro canto: il vulcano sarebbe ancora attivo, anzi “potenzialmente esplosivo”. A decretarlo, un gruppo di ricerca internazionale che comprende l'Istituto per l'ambiente marino costiero del Cnr di Napoli e l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Roma. Una campagna di esplorazione cominciata nel 2006, a bordo della nave oceanografica 'Universitatis', ha fatto il punto sulla natura di questo vulcano, della cui presumibile rischiosità si discute molto, data che è nota già da tempo la sua attività sismica e idrotermale. Il progetto della Eurobuilding desta non poche polemiche e tante preoccupazioni, soprattutto tra gli abitanti del Sud Italia, consapevoli delle devastanti conseguenze di una possibile eruzione. Nella testa danzano un po’ di dubbi e tanti interrogativi: è davvero necessario andare ad “infastidire”, in modo brusco, un gigante dormiente? Fino a che punto l’uomo può permettersi di “intaccare” equilibri e dinamiche naturali senza pagarne, prima o poi, le conseguenze? Agli esperti del settore, chiediamo un momento di riflessione, magari qualche risposta e tanta partecipazione. F.L.
Expo 2015: Campania presente con due mostre Domenico Matania L’Expo 2015 organizzata a Milano vedrà coinvolta anche la Campania. “Nutrire il pianeta, energia per la vita” sarà la tematica principale dell’esposizione milanese: la corretta alimen- tazione e la mancanza di cibo per alcune aree del mondo saranno tra i temi intorno ai quali a Milano tra il 1º maggio e il 31 ottobre 2015 sarà in scena la manifestazione. In linea con gli argomenti dell’Expo, l’assessore al turismo della Regione Campania Pasquale Sommese e il Presidente Stefano Caldoro hanno annunciato con grande soddi-
sfazione due mostre che avranno luogo in Campania nello stesso periodo dell’Expo di Milano: “Pompei e il cibo” e “Regge borboniche e il rito della tavola”. L’obiettivo è quello di utilizzare l’iniziativa lombarda come traino per veicolare il flusso turistico straniero anche in dire-
zione della Campania, verso attrattori turistici forti e consolidati come la zona archeologica di Pompei e le Regge borboniche e verso aree meno conosciute ma dall’indiscusso valore storico, artistico e culturale. Le due mostre seppur contestualizzate in periodi storici effettivamente lon-
tani, offrono la possibilità di riflettere sulla ricchezza culturale del mediterraneo, di cui anche il cibo e l’alimentazione costituiscono un fiore all’occhiello da non trascurare. Arte, cultura, ma anche marketing, dal momento che il filo conduttore delle mostre campane sarà la dieta mediterranea, che lo stesso presidente Caldoro definisce come un «brand» da diffondere e salvaguardare, anche grazie ad una vetrina di assoluto rilievo come quella milanese. Durante i sei mesi dell’Expo, la Regione Campania sarà presente con uno stand anche a Milano per proporre e diffondere le proprie iniziative.
GLI USA TRA “FOOD” DI QUALITÀ E OBESITÀ Costo elevato e scarsa reperibilità di cibi sani frenano le persone sovrappeso Fabio Schiattarella Le vendite di cibo biologico negli Stati Uniti sono cresciute stabilmente negli ultimi dieci anni. Il giro d’affari legato alla vendita del cibo biologico ha superato, negli ultimi anni, i 30 miliardi di dollari. Questo risultato è inversamente proporzionale al numero di obesi che non accenna a diminuire. Ciò è dovuto al fatto che le tasche di molti americani non possono permettersi il consumo di frutta e verdura biologica oppure perché è assente la cultura alimentare necessaria a capire quanto possa far male all’organismo una bomba calorica. Prendiamo il caso di New York e partiamo dal “Whole Foods Market”, anche detto “Whole PayCheck” perché per farci la spesa parte tutto lo stipendio! Stiamo parlando di un tempio del “food” di qualità dove una confezione di lattuga già lavata costa quanto un pranzo da McDonald’s. Nella sezione frutta e verdura la parola “organic”, biologico, fa da protagonista e di obesi in giro se ne vedono ben pochi. Mettiamoci in metro e andiamo nel Bronx. Se facciamo un giro nelle zone note del quartiere riscontreremo da una parte la presenza di molte per-
sone sovrappeso e dall’altra l’assenza di supermarket. In zone povere i supermercati non aprono, non avrebbero vita lunga, a differenza dei fast food, ormai low cost e dei “bodegas ” una sorta di piccoli bazar dove le verdure sono inaccessibili e gli scaffali di bibite gassate e snack sono ovunque. Per chi vuole risparmiare, c’è ampia scelta di ristoranti fast-food, da McDonald’s a Burger King.Il Bronx costituisce una tra le aree urbane a maggiore concentrazione di obesi negli Stati Uniti (uno su quattro). Malattie direttamente associate al peso come il diabete sono molto più frequenti del normale. Chi vive qui ha il doppio delle probabilità di contrarre il diabete rispetto alla media di New York. In tutti gli States la situazione è simile. I supermercati di qualità non hanno interesse ad aprire in quartieri messi male economicamente, ed ecco che le opzioni salutari per i residenti non sono molte. Questa tesi non è sposata da tutti gli studi e il tema della responsabilità individuale non va trascurato, ma certo esplorando quartieri come il South Bronx sembra che il limitato accesso a supermercati con cibi passabili, giochi un ruolo non secondario. Michelle
Obama, che quattro anni fa ha lanciato la battaglia contro l’obesità, soprattutto quella infantile, con l’iniziativa “Let’s Move!,” è consapevole del problema e con tale slogan invita tutti a mangiare meglio. In un incontro nel South Side di Chicago, un’altra di quelle zone urbane dove trovare cibo di qualità è difficoltoso, la signora Obama ha ricordato
come in troppi quartieri, in America, chi vuole una lattuga o un’insalata mista o qualche frutto da mettere nello zaino dei figli prima di andare a scuola, deve prendere due o tre autobus. Nonostante il boom del biologico e dei farm market, che spopolano in numerose città, la strada verso un’alimentazione più sana in America è ancora in salita.
Grande attenzione all’ambiente e alla produttività
LA GRANDE ACCIAIERIA ECOCOMPATIBILE DI LINZ Giulia Martelli Mentre a Taranto si continuano a piangere le decine e decine di morti a causa della diossina: operai dell’Ilva ma anche semplici cittadini che avevano come unica “colpa” quella di vivere nei pressi di questo stabilimento inquinante, in Austria, a Linz, esiste un’industria in grado di produrre acciaio in modo compatibile con la vita di una città. L'acciaieria austriaca VoestAlpine è considerata infatti un caso esemplare sia sotto il profilo della compatibilità ambientale dei suoi impianti che su quello della produttività e della qualità del lavoro all'interno dello stabilimento. Il siderurgico di Linz è stato in grado, nel tempo, di adeguare le sue tecniche produttive alle migliori
disponibili al momento (BAT) diventando punto di riferimento normativo a livello europeo in materia ambientale. Inoltre, è riuscito a mantenere competitiva la propria produzione nei confronti della concorrenza degli operatori dei paesi emergenti. Per sviluppare le migliori tecnologie di produzione, l'azienda ha intrapreso una collaborazione con la Siemens VAI, una delle case produttrici leader nella costruzione degli impianti per le lavorazioni siderurgiche. Il particolare di questa collaborazione è rappresentato dallo sviluppo del cosiddetto processo “MEROS” (acronimo di Maximized Emission Reduction Of Sintering – Riduzione massimizzata delle emissioni dell'agglomerato) che ha consentito di ridurre le emis-
sioni entro i valori fissati dall'Amministrazione comunale di Linz. Nello specifico si tratta di una serie di trattamenti in cui le polveri e i componenti inquinanti ancora presenti nelle emissioni dopo il passaggio nei filtri elettrostatici vengono ulteriormente abbattute con ulteriori trattamenti di ricircolo e filtraggio. L'altro aspetto esem-
plare che caratterizza l'acciaieria austriaca è costituito dalla qualità delle condizioni di lavoro, dovuta a una proficua politica aziendale per la salute e la sicurezza degli addetti. Quest'aspetto contribuisce notevolmente a mantenere alta la produttività e la conseguente
competitività delle produzioni finali sui mercati internazionali. Se si è fatto a Linz, ci chiediamo, perché in Italia la salute dei cittadini e dei lavoratori si trovi quasi sempre al termine dell’agenda politica e imprenditoriale: colpevole negligenza o connivente disinteresse?
Temperature oltre i 20 gradi in Campania, con valori che si registrano normalmente a inizio maggio
Nella mappa (fonte: Isac-Cnr), l’anomalia della temperatura al suolo in Europa dal 10 al 23 febbraio
Ondata di caldo eccezionale a febbraio Gennaro Loffredo L’inverno che stiamo vivendo è contraddistinto da temperature superiori alla norma anche di oltre cinque gradi. Ad alimentare questa vistosa anomalia c’è stata, nella parte centrale del mese di febbraio, un’ondata di caldo dai connotati quasi eccezionali. Infatti attorno alla metà del mese una poderosa discesa di aria fredda di origine artica sull’ovest del continente europeo ha causato la risalita dell’anticiclone nord-africano sulle nostre regioni centro-meridio-
nali che, insieme all’effetto delle calde correnti di scirocco, hanno favorito un sensibile aumento delle temperature su tutta la nostra regione. Sono effettivamente crollati molti record di temperature positive che resistevano da oltre cinquanta anni. Il 18 febbraio è stata la giornata la più calda. Sulle zone costiere sono state registrati valori termici intorno ai 22-23°C, ad Avellino 21°C. Incredibile è stata la temperatura osservata sul lago Laceno: 17,5°C a 1100metri e 13°C a
1700metri. Sono valori che si riscontrano normalmente nella prima decade di maggio. L’avvezione calda ha determinato non solo temperature da record per il mese di febbraio, ma ha anche trasportato un notevole quantitativo di pulviscolo sahariano. Le particelle di sabbia del deserto hanno reso surreale l’atmosfera e sulle Alpi hanno generato il fenomeno della neve dal colore giallognolo e rossastro, mentre sulla nostra regione hanno determinato un vistoso aumento dei valori di PM10. Per i nostri avi, un in-
verno come questo era ideale, anche perché gran parte della popolazione era povera e in una stagione mite come questa serviva meno legna per riscaldarsi. Con la crisi economica che interessa il nostro paese, molti nuclei familiari non hanno soldi per pagare le spese di riscaldamento, e il tepore che viviamo è una benedizione. Discorso diverso è invece per il settore del turismo invernale, che sta subendo gli effetti della crisi anche grazie ad un clima sfavorevole per la mancanza di neve. Ma prepariamoci al fu-
turo perché i cambiamenti climatici porteranno anche super inverni rigidi. Ne sanno qualcosa nella costa est degli Usa quest’anno. Ma nel frattempo, quest’inverno è prossimo a lasciare sul campo un risparmio energetico imponente, con un forte risparmio sui consumi. Nella figura è indicata l’anomalia della temperatura al suolo relativa al periodo 10-23 febbraio. Sull’Italia le anomalie positive si sono aggirate intorno ai 2-4°C.
La rete delle agenzie ambientali compie 20 anni Luigi Mosca I controlli ambientali in Italia compiono venti anni. Perlomeno così come li conosciamo oggi: risale all’inizio del 1994, come molti sanno, la legge che ha previsto, per la prima volta nel nostro Paese, l’avvio di agenzie pubbliche dedicate alla protezione dell’ambiente. A distanza di due decenni da quell’importante punto di inizio, sono molti i fautori di un’ulteriore evoluzione del quadro istituzionale emerso dalle legge 61. Lo dimostra, ad esempio, la proposta di legge all’esame del Parlamento, che si intitola, non a caso, “Istituzione
del sistema nazionale delle agenzie ambientali” (proposta di legge C68, attualmente al vaglio della Commissione Ambiente della Camera). In molti addetti ai lavori, è viva la sensazione che occorra stringere le maglie del sistema, in modo che i controlli ambientali vengano svolti in maniera quanto più possibile uniforme su tutto il territorio nazionale. Questa era ad esempio l’idea dell’ex ministro all’Ambiente Andrea Orlando, espressa in un’intervista alla web tv dell’Ispra lo scorso agosto. Lo stesso concetto viene elaborato nelle premesse della proposta di legge in discus-
sione alla Camera. La dodicesima conferenza del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, in programma a Roma il 10 e l’11 aprile prossimi a distanza di cinque anni dall’ultima conferenza, sarà di sicuro un’occasione per discutere di questi e altri temi. Il meeting sarà preceduto da due convegni preparatori. Il primo, in programma a Bolo-
gna il 20 e il 21 marzo, avrà titolo “Aria: quale qualità? Sistema conoscitivo, problemi, sfide”. Il secondo, che si terrà a Brindisi il 31 marzo e il 1 aprile, ha come tema “Ambiente e salute nelle attività delle agenzie di
protezione ambientale: esperienze, nuove sfide e proposte operative”. Inoltre sul sito dell’Ispra è possibile partecipare a un sondaggio per concorrere a decidere uno degli argomenti della conferenza nazionale.
Educazione ambientale. I piccoli scolari dimostrano interesse e si ingegnano per proporre le loro soluzioni
Lezioni di “aria” con gli alunni della Rodari Prosegue il ciclo di incontri con la scuola elementare di Pagani (Salerno) Anna Gaudioso È il terzo appuntamento per le classi della scuola elementare Gianni Rodari di Pagani(foto), in provincia di Salerno. Le scolaresche dell’istituto partecipano con giocosità e interesse a questo percorso annuale che realizziamo ormai da tre anni per iniziare i più piccoli alle tematiche ambientali. Anche grazie alla collaborazione del preside, il professor Luigi Rainone, ci siamo rincontrati con gli alunni della terza C e della terza D, insieme all’insegnante Anna La Cava (sezione C) e Margherita Attanasio (sezione D). Quest’anno ho notato con piacere che i ragazzi mi hanno riconosciuta e, devo dire con estrema soddisfazione, che hanno ricordato la nostra agenzia ambientale e il lavoro svolto insieme lo scorso anno. Infatti, molto simpaticamente, alla domanda dell’insegnante «vi ricordate chi è l’ospite di oggi?», i ragazzi in coro hanno risposto: «sìììì! È la maestra dei limoni!» . Perché la maestra dei limoni? Perché l’anno scorso, in occasione della settimana dell’Unesco di educazione allo sviluppo sostenibile, abbiamo preparato e svolto insieme tutto un percorso sulla storia e le tradizioni della
ARPA CAMPANIA AMBIENTE del 28 febbraio 2014 - Anno X, N.4 Edizione chiusa dalla redazione il 27 febbraio 2014 DIRETTORE EDITORIALE
Pietro Vasaturo DIRETTORE RESPONSABILE
Pietro Funaro CAPOREDATTORI
Salvatore Lanza, Fabiana Liguori, Giulia Martelli IN REDAZIONE
Cristina Abbrunzo, Anna Gaudioso, Luigi Mosca, Andrea Tafuro GRAFICA E IMPAGINAZIONE
Savino Cuomo HANNO COLLABORATO
S. Allinoro, I. Buonfanti, F. Clemente, P. D’Auria, G. De Crescenzo, A. Esposito, E. Ferrara, R.Funaro, L. Iacuzio, G. Loffredo, D. Matania, B. Mercadante, A. Morlando, A. Palumbo, A. Paparo, F. Schiattarella, L. Terzi SEGRETARIA AMMINISTRATIVA
Carla Gavini DIRETTORE AMMINISTRATIVO
Pietro Vasaturo EDITORE Arpa Campania Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1 80143 Napoli REDAZIONE Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 7- 80143 Napoli Phone: 081.23.26.405/426/427 Fax: 081. 23.26.481 e-mail: rivista@arpacampania.it Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Napoli n.07 del 2 febbraio 2005 distribuzione gratuita. L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne la rettifica o la cancellazione scrivendo a: ArpaCampania Ambiente,Via Vicinale Santa Maria del Pianto, Centro Polifunzionale, Torre 7-80143 Napoli. Informativa Legge 675/96 tutela dei dati personali.
L’iniziativa
Proseguono gli incontri di educazione ambientali organizzati da Arpac nelle scuole. A gennaio e febbraio si è tenuto un ciclo di appuntamenti con i bambini della scuola elementare Rodari di Pagani (Salerno). Tema dell’iniziativa è l’inquinamento atmosferico. Gli ultimi incontri si sono svolti il 18 e il 25 febbraio.
Regione Campania. Il tema del progetto informativo-educativo era: saperi e sapori nelle tradizioni della costiera amalfitana. Insieme ai bambini e alle insegnanti preparammo dei cartelloni con le immagini dei posti più belli della costiera amalfitana, tra cui anche il percorso delle ferriere, della cascata che si incontra percorrendo il sentiero, della felce secolare eccetera. Tra i tanti prodotti evidenziati abbiamo centrato la nostra attenzione sul rinomato limone della divina costiera detto “lo sfusato amalfitano”. Nell’aula risaltano ancora i cartelloni preparati insieme ai bambini lo scorso anno. Quest’anno le insegnanti del Rodari, nell’ambito delle ore di scienze, hanno dedicato lezioni all’aria e ai suoi componenti. Tra questi, le polveri sottili, un tema che abbiamo deciso di approfondire nel corso dei nostri appuntamenti di educazione ambientale. Agli alunni è stato dato un questionario per rilevare il loro interesse nell’affrontare i temi ambientali, il grado di conoscenza delle varie tematiche, quanto avevano conservato dalle iniziative precedenti e la loro eventuale disponibilità a saperne di più sul nuovo tema. La partecipazione e l’attenzione che i giovani alunni dedicano ai nostri incontri mette in risalto la voglia di scoprire cose nuove su ciò che riguarda l’ambiente. Essi si rivelano sempre più vogliosi e mostrano un interesse che cresce ogni anno di più. Durante il nostro incontro un bambino ha chiesto: «ma allora l’aria, quando è sporca, sporca i nostri polmoni?». Abbiamo parlato delle principali sostanze inquinanti. Molte sostanze chimiche nocive, responsabili dell’inquina- mento atmosferico, provengono da automobili e
fabbriche, ma non solo. Come si chiamano le principali sostanze inquinanti? quale impatto ha l’inquinamento sui nostri polmoni? L’aria inquinata può causare danni ai nostri polmoni perché ogni giorno inspiriamo ed espiriamo molta aria. L’inquinamento è dannoso per tutti e soprattutto per i polmoni dei bambini, degli anziani e di categorie sensibili come i malati di asma. Dal questionario emerge che gli alunni sono disponibili e partecipano con sete di conoscenza. Hanno ricordato tutto quello che abbiamo affrontato in precedenza e non sono chiusi su loro stessi ma pensano all’ambiente come a un bene di tutti. Infine, stando sempre alle risposte del questionario, tutti tranne due alunni hanno risposto che sarebbero stati contenti di saperne di più sull’inquinamento ambientale. Tanti bambini si
proponevano per dare una loro tesi, per chiedere chiarimenti o magari pensavano a qualcosa per pulire l’ambiente. Uno di loro ha esordito dicendo: «maestra, se prendiamo l’aspirapolvere non facciamo prima per pulire l’aria?». Dopo una panoramica sull’inquinamento atmosferico abbiamo parlato del traffico, del riscaldamento, delle industrie, di come tutte queste fonti di inquinamento possono provocare effetti negativi sulla nostra salute. Il nostro percorso continuerà concentrando l’attenzione sulla pericolosità delle polveri sottili. Insieme faremo un gioco a risposte sugli argomenti trattati e poi completeremo con un cartellone raccogliendo immagini o elaborando disegni spontanei dei bambini eccetera. Infine chiuderemo il nostro incontro con un questionario di verifica.
Agricoltura biodinamica: 90 anni di produzione Riqualificare il terreno impiegando sostanze naturali Fabiana Clemente
getto di interesse del Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio della Facoltà di Scienze agrarie di Firenze. Sono stati condotti, infatti, alcuni studi su questo metodo di coltivazione, paragonato a quello convenzionale. È emerso che ci troviamo in presenza di un sistema che rientra in tutti gli effetti in un modello ecosostenibile. Il rovescio della medaglia indica che non garantisce di poter soddisfare la domanda mondiale di cibo. Tra le eccellenze dei prodotti biodinamici made in Italy rientra a pieno titolo il vino, apprezzato ed esportato in tutto il mondo. E non solo. Sempre più consumatori scelgono alimenti con il marchio Demeter. Cereali, ortaggi, carne, pasta e latticini, tutti rigorosamente controllati e certificati, naturali al 100% , senza sostanze aggiunte e manipolazioni. Le aspettative future poggiano su solide basi e, quindi, è possibile azzardare a pronosticare un incremento della produzione con questo metodo alternativo. Pronostici che, inseriti in un macrocontesto di emergenza ambientale e di un maggiore fabbisogno futuro, ci indicano la strada da attraversare per tutelare ambiente e uomo. Da un punto di vista micro, è l’unica scelta sensata per nutrirci con consapevolezza e a zero rischi.
Dai dati emanati dal Demeter International – marchio internazionale di tutela della qualità biodinamica -l’Italia si è classificata al secondo posto tra i paesi al mondo per quanto riguarda l’agricoltura biodinamica. Vantiamo all’incirca 9.000 ettari di e 325 imprese agricole, 40 trasformatori e 20 distributori. Seguiamo la Germania, che si posizione in cima alla classifica con bene 68.193 ettari di terre e ben1431 aziende biodinamiche. Uno scenario decisamente positivo, che dal 1924 ha attraversato una serie di evoluzioni, registrando step by step successi e consensi. Basti pensare che dal 2010 il nostro paese ha visto nascere circa 120 nuove imprese. Il metodo biodinamico – il cui pioniere fu l’antropologo Rudolf Steiner - consiste nella riqualificazione del terreno impiegando sostanze naturali trattati in precedenza come dei preparati per il compostaggio. Compost prodotto da concime solido da cortile, pesticidi di estrazione minerale e vegetale, fertilizzanti vegetali e rotazioni colturali. Il risultato di tale impegno è ottenere terreni fertili e vitali da cui ricavare prodotti genuini e salubri. Green sotto ogni punto di vista. Un metodo che abolisce totalmente l’impiego di fertilizzanti e antiparassitari chimici. Og-
Tutte le operazioni da compiere prima di ricorrere ai fitofarmaci
LA DIFESA INTEGRATA OBBLIGATORIA DEI CAMPI Dal primo gennaio 2014 tutti i coltivatori dovranno applicare la “difesa integrata obbligatoria” come già avviene negli altri paesi dell’Unione Europea. Molti agricoltori italiani hanno già scelto volontariamente la via del biologico e del biodinamico ma tale “difesa“ estende a tutti i coltivatori il concetto di “agricoltura sostenibile” attraverso la promozione di tecniche colturali integrate e di approcci alternativi alla difesa chimica. Tutto ciò comporterebbe l’obbligo per gli agricoltori di utilizzare ogni tecnica possibile per proteggere le proprie colture prima di ricorrere all’aiuto chimico. Prima dei fitofarmaci ci sarebbero la rotazione delle colture, il monitoraggio dalle previsioni metereologiche, la prevenzione dalla diffusione di organismi nocivi, la salvaguardia di organismi utili, i metodi di lotta alternativi come per esempio l’uso di
insetti per limitare l’utilizzo di agro farmaci. La chimica da oggi in poi dovrebbe essere l’ultima chance per l’agricoltore perché l’obiettivo della direttiva è quello di ridurre i rischi e l’impatto sulla salute umana, sull’ambiente e sulla biodiversità. Il controllo obbligatorio delle macchine che spargono i fitofarmaci andranno, dal 26 novembre 2016, l’obbligatorietà del patentino per tutti coloro che acquistano fitofarmaci e la figura del consulente non potrà avere legami con le aziende produttrici e distributrici di agro farmaci dal 26 novembre 2015. A testimoniare la scarsa conoscenza della nuova normativa sono state anche le domande dagli agricoltori nel corso del primo appuntamento del Forum Agricoltura Sostenibile di Fiera agricola di Verona dedicato al Piano d’azione nazionale sull’uso sostenibile degli agro farmaci e alla di-
fesa sostenibile a basso impatto aziendale. A illustrare gli obblighi di comportamento ai conduttori di aziende agricole è stato Floriano Mazzini, membro del consiglio tecnico-scientifico del Pan con il quale l’Italia ha recepito le indicazioni dell’Unione Europea in materia. Oggi l’unico obbligo per gli agricoltori è quello di informarsi attraverso bollettini territoriali che ogni Regione deve emettere a cadenza regolare, dati meteo, materiale informativo e manuali. Sono obblighi che vanno ad aggiungersi alla redazione del “Quaderno di campagna” dove ogni agricoltore che destina alla vendita i suoi prodotti deve compilare indicando tutti i dati e tutti i trattamenti effettuati. Niente di nuovo, per le aziende agricole italiane che sono organizzate su standard superiori. F.S.
Le quarantuno strutture ricettive più green d’Italia
Gli oscar ecoturismo 2013 Rosa Funaro Hotel, relais, agriturismi, B&B, alberghi, camping, stabilimenti balneari e persino ristoranti gestiti in modo totalmente ecologico e che offrono ai loro ospiti un'ottima qualità ambientale. Sono 41 le strutture ricettive che si aggiudicano l'Oscar dell'ecoturismo 2013, il premio assegnato da Legambiente alle migliori aziende turistiche affiliate all'etichetta Legambiente TurismoBellezzaNatura, alla Borsa Internazionale del Turismo alla Fiera di Milano. Selezionate tra le quasi 400 strutture affiliate TurismoBellezzaNatura, le aziende premiate con l’Oscar dell’ecoturismo hanno superato brillantemente i controlli che l’associazione effettua annualmente sull’applicazione dei disciplinari che determinano il rilascio dell’etichetta: una serie di misure obbligatorie e facoltative che vanno dall’uso delle fonti rinnovabili e dei sistemi di risparmio energetico, alla gestione dei rifiuti e dell’acqua fino alla qualità del cibo, le attività didattiche, l’accessibilità, la promozione del territorio e delle forme di mobilità dolce. Non solo alberghi. La rete di Legambiente Turismo comprende ogni forma di ricettività: hotel, relais, alberghi, agriturismi, B&B, country house, bio fatto-
10.000 km in kayak per tutelare il “mare nostrum”
rie, rifugi, alberghi diffusi, centri di educazione ambientale e ancora stabilimenti balneari, centri sportivi, ristoranti, camping, villaggi e persino un osservatorio astronomico. Le categorie in cui sono stati suddivisi i premi sono 6: Ottima gestione ambientale, Amici del Clima, Ambasciatori del biologico, Impegno Sociale, Migliore esperienza collettiva e quella dedicata al Decalogo, che riunisce e riassume le principali buone pratiche su rifiuti, acqua, alimentazione, educazione ambientale, promozione culturale, alimentazione e impegno sociale.Tra le novità di quest’anno c’è proprio l’Oscar per la Migliore esperienza collettiva che è stato assegnato al gruppo di eco alberghi dell’Isola d’Elba. Ventuno alber-
ghi e due camping che oltre ad aver perseguito gli obiettivi definiti dall’etichetta, hanno lavorato con costanza e sinergia a favore di un turismo sostenibile e di qualità e per la valorizzazione delle bellezze naturalistiche dell’Isola. La Toscana ha ricevuto il maggior numero di riconoscimenti, ma, tra le Regioni con strutture eccellenti, anche Emilia Romagna, Marche, Piemonte, Lombardia, Liguria, Campania, Sardegna, Lazio, Puglia e Friuli Venezia Giulia. Per la Campania: B&B Giardino di Tonia - Torre Annunziata (NA), Resort Baia del Silenzio – Palinuro (SA), Azienda Agricola Terra di Vento - Montecorvino Pugliano (SA), Gastronomia Tipica Panificio e Gastronomia Quattro Passi - Torre Annunziata (NA).
Si chiamano Louis Wilmotte e Douglas Couet e sono due ventitreenni francesi che nel luglio 2013 hanno intrapreso un percorso in kayak con l’intento di raggiungere, partendo dallo Stretto di Gibilterra, le coste della Turchia. Loro stessi hanno chiamato il progetto “Mare Nostrum”: percorreranno 10.000 km di costa mediterranea in kayak per sensibilizzare l’opinione pubblica su quanto sia unico il nostro patrimonio marino e contribuire alla sua protezione. Hanno scelto di partire in kayak perchè è un mezzo abbastanza semplice e lento, da permettere di soddisfare le diverse finalità della spedizione: scientifiche, educative e culturali. Nei giorni scorsi i 2 avventurieri sono approdati a Napoli e si sono trattenuti qualche giorno. Il Centro Studi Interdisciplinari Gaiola Onlus, che si prodiga per la tutela e valorizzazione del patrimonio naturalistico culturale del mare di Napoli, ha invitato i 2 ragazzi francesi a raccontare la loro storia al CeRD (centro ricerca e divulgazione) dell’Area Marina Protetta della Gaiola. L’incontro, avvenuto il 19 febbraio, è stato un incontro con la cittadinanza ed i tanti appassionati del nostro mare, per capire l’intento e le finalità della loro sfida e, naturalmente, le esperienze vissute in questi primi 1400 km di Mar Mediterraneo. Come hanno spiegato, “Una delle ragioni che ci ha fatto intraprendere questo cammino, viene in particolare dal fatto che il Mar Mediterraneo è un hotspot di biodiversità marina, una ricchezza che dobbiamo assolutamente proteggere. Nonostante le sue piccole dimensioni (solo l’1% della superficie totale degli oceani), il Mediterraneo racchiude la vita di molte specie diverse che rappresentano il 10 % delle specie totali conosciute nel mondo e molte specie endemiche. Il Mare Nostrum è, dunque, un’eredità del mondo e per questo va studiato e salvaguardato”. Louis e Douglas hanno ripreso il largo per la loro avventura dalle coste dell’Area Marina Protetta di Gaiola la mattina del 20 diretti verso sud, dove ad attenderli hanno trovato gli studiosi dell’altra Area Marina Protetta del Golfo, quella di Punta Campanella. I.B.
Le meravigliose Terme di Saturnia Un patrimonio del demanio tutto da scoprire Salvatore Allinoro Acque conosciute già dagli etruschi; sgorgano a trentasette gradi e mezzo cariche di zolfo e carbone. Scorrendo per milioni di anni hanno scavato un drenaggio nei primi metri di suolo arrestandosi solo dove hanno trovato pietre troppo dure. Le hanno levigate mentre disegnavano le sfericità di ogni singolo sassolino di ghiaia. Il risultato sono comodissime poltrone idromassaggianti con appoggi delicati per schiena e testa. Tra terrazze e parti più ristagnanti ci sono tante diverse inclinazioni tra cui scegliere, così come tante diverse intensità dei getti. Il culmine del potere energizzante e rinvigorente si registra dove l’intero fiume si concentra in un invaso e diventa cascata, un
luogo meta soprattutto dei giovani. È qui che il percorso benessere diventa impegnativo, infatti è il target preferito dai ragazzi che si arrangiano in tenda. Gli anziani invece spuntano dai resort e trascorrono le ore dove trovano un solo metro di tuffo anziché dieci. Gli schizzi smuovono e distendono i muscoli come durante un massaggio sportivo ma arrivarci è difficile. CI si muove ancorando controcorrente tre arti sul fondo rugoso per muoverne solo uno per volta, e lentamente. Mentre sorge il sole le nebbie si arricchiscono dei lembi di vapore fuggente quando i tiepidi sbadigli di umido tepore incontrano le coltri ancora gelide, più immobili, che sovrastano. Nei comodi quaranta metri delle zone più ampie si beano nelle rampe centinaia di fortunati turisti di-
stesi lungo il corso del fiume. Stesi ad asciugare sulle rocce tufacee, i corpi rinfrancati e le pelli lisce per le abbondanti argille suggeriscono un’atmosfera molto intensa, adatta a potenziare l’individuo. A monte è stato costruito uno stabilimento i cui pavimenti di marmo hanno abbassato le temperature fino a
trentacinque gradi. Il bioma porta addosso le conseguenze degli argini estensivi di sud e come accade quasi sempre i pesci si sono estinti perché non hanno trovato il modo di tornare a ritroso di corrente verso le pendici dei monti. Il mancato apporto pulente degli anfibi, pure molto rari, aumenta il numero degli insetti opportunisti tenuti a freno soprattutto da immancabili lucertole. Gli spazi aerei sono ancora fulgidi di biodiversità: è possibile osservare libellule fluttuanti tra endemismi di artropodi. Lungo il confine tra roccia e cielo i ragni costruiscono ghirigori di seta da cui otterranno il cibo, sono tutte specie nuove per gli entomologi abituati agli insetti campani. Nel benthos si riparano piccoli parassiti molto attivi soprattutto di notte.
Agli ioni di sodio, si decompongono senza liberare sostanze tossiche
Nuove batterie biodegradabili al nero di seppia Anna Paparo Chi l’avrebbe mai detto che il nero di seppia sarebbe stato impiegato anche nella realizzazione di batterie biodegradabili, diventando ideali, come i vettori di farmaci, per specifiche applicazioni mediche? Insomma, il suo mondo non è solo quello della cucina, con lo scopo di insaporire un bel piatto di spaghetti fumante, ma anche quello della ricerca volta alla salvaguardia dell’ambiente e della nostra salute. Quindi, commestibili, questi accumulatori organici potrebbero essere parte integrante di un dispositivo, chiamato “navicella”, sotto forma di pillola, per i farmaci a lento rilascio, in grado di bypassare i succhi gastrici del nostro stomaco. Una volta portata a termine la «missione», la pila si dissolve senza danni per l’organismo. Non è creata, infatti per essere ricaricata. A mettere a punto il prototipo, che,
ancora non è stato ingerito, sono stati i ricercatori della “Carnegie Mellon University”. Ma vediamo di cosa si tratta. Ci troviamo di fronte a una batteria agli ioni di sodio costituita da melanina e ossido di manganese, che si decompongono senza liberare e rilasciare sostanze tossiche. La melanina impiegata deriva proprio dall’inchiostro schizzato dai cefalopodi per poter sfuggire agli attacchi dei predatori. Gli esperti hanno scoperto che, rispetto a quella di sintesi, la melanina presente in natura, che si trova anche nel corpo umano in concentrazioni più basse, ha una più alta capacità di immagazzinare la carica elettrica grazie alla sua nano struttura semiconduttiva. E ancora, il team non si ferma mai, anzi sta lavorando a un sistema di trasporto per specifiche applicazioni mediche. Molti medicinali, infatti, non possono essere assunti oralmente
perché sarebbero distrutti nell’ambiente ostile dello stomaco prima di poter rilasciare i principi attivi terapeutici. Ed è qui che entra in gioco questa fantastica “invenzione” cento per cento naturale. La batteria potrebbe, allora, fornire energia a dispositivi in grado di percepire se si trovano nel tratto digestivo e trasportare, per esempio, vaccini o farmaci
per curare l’artrite. Sebbene realizzata in materiale biocompatibile, può attraversare il sistema digestivo senza decomporsi perché si deteriora in settimane o mesi. Ma non finisce qui. Questo dispositivo potrebbe essere un valido supporto per chi non ha un buon rapporto con gli aghi. Quindi, addio siringhe, visto che il tutto verrà assunto oral-
mente. Tuttavia, la ricerca non si ferma. Continua e va avanti, analizzando le proprietà elettro-conduttive della melanina con il fine ultimo di ingegnerizzare nuovi materiali. Al di fuori dell’ambito medico, ci sono molti usi potenziali per una batteria biodegradabile, come ben suggerisce il dottor Chris Bettinger, tra gli autori della ricerca: «Se si vuole vedere cosa c’è all’interno di una perdita di petrolio in mare, si potrebbero immergere dispositivi biodegradabili nell’oceano in grado di comunicare tra loro e inviare messaggi ai ricercatori. Quando la batteria si esaurisce, il dispositivo si potrebbe disintegrare nell’ambiente senza danni». Insomma, c’è una soluzione per ogni cosa e ce la fornisce la natura. Ora sta a noi cogliere l’occasione e metterla a frutto, migliorando la qualità della vita nostra e delle generazioni future. E’ la natura che ce lo chiede.
Da oggi il diesel si otterrà dal riciclo dei sacchetti di plastica
Energia a biomasse dalla fotosintesi
A tutta plastica!
La “casa-alga” di Amburgo
A quanto pare la ricerca in termini di riciclo non si ferma davanti a nulla, neanche un sacchetto di plastica. A nessuno verrebbe in mente che questo rifiuto sia una fonte di diesel e gas naturale. Ma i ricercatori dell'Illinois Sustainable Technology Center non hanno prestato ascolto a questi soliti “pregiudizi” e hanno sottolineano come la conversione produca più energia di quanta ne consumi. Quindi un sacchetto di plastica può aiutare davvero l’ambiente, naturalmente se impiegato correttamente. Come si evince da un articolo pubblicato sulla rivista Fuel Processing Technology, il procedimento di recupero della plastica consente di ottenere combustibili per il trasporto, come ad esempio il diesel, che può essere miscelato con il gasolio a basso tenore di zolfo e con il biodiesel. Ma non finisce qui. Dai sacchetti, che ci accompagnano durante la spesa di tutti i giorni, si possono ricavare anche altri prodotti, come ad esempio il gas naturale, la nafta solvente, la benzina, le cere e gli oli lubrificanti, tra cui l'olio per motori o quello idraulico. Insomma, una vera e propria sorgente di ricchezza per la salute nostra e dell’ambiente che ci circonda. L’autore dello studio, il Dottor Brajendra Kumar Sharma, ha ben spiegato che dal processo di distillazione del greggio è possibile ottenere solo il 50-55% di combustibili, ma da
quello dei sacchetti di plastica, che sono costituiti da petrolio, si può recuperare quasi l'80%di combustibile. E ancora non si deve sottovalutare il vantaggio di poter essere eseguito tramite pirolisi, cioè un processo di decomposizione termochimica che prevede il riscaldamento dei sacchetti in totale assenza di ossigeno. Tutto ciò lascia ben sperare. Secondo il Worldwatch Institute, solo negli Stati Uniti si gettano via 100miliardi di sacchetti di plastica all'anno, e l'Agenzia statunitense per la protezione ambientale riferisce che solo il 13%viene riciclato. La maggior parte finisce nelle discariche o nei corsi d'acqua e, da qui, in mare. Quindi, questa nuovo impiego dei sacchetti di plastica potrebbe dare un freno a tutto questo e trasformare, così, questo genere di rifiuti in risorse preziose, riducendo drasticamente l’inquinamento. A.P.
Salvaguardare l’ambiente e risparmiare sull’utilizzo di materie prime ed energia: questi i principi cardine della bioedilizia e questi i criteri su cui è basata la costruzione di Biq House, un edificio realizzato ad Amburgo BIQ (progettato da parte del gruppo di architetti Splitterwerk Architects che è totalmente alimentato da alghe. Le pareti esterne sono infatti realizzate con pannelli vetrati riempiti di liquido verde che sono in realtà dei bioreattori, cioè dei sistemi biologici controllati costituiti da microalghe e sostanze nutritive. Quando all’esterno c’è sole, le alghe attivano il normale processo di fotosintesi e la facciata della costruzione provvede al riscaldamento dei 15 appartamenti che compongono l’edificio. Responsabile del progetto è Martin Kerner, che dichiara: “L’energia termica prodotta sulla facciata attraverso i bioreattori viene poi trasferita in questa centrale. Servirà ad alimentare un circuito che fornisce
acqua potabile e che provvede al riscaldamento dell’intero edificio”. I balconi assomigliano a degli acquari, dove le microalghe si riproducono. I pannelli filtrano i raggi del sole, permettendo in questo modo di stoccare l’energia termica e assicurando così una ottimale temperatura dell’ambiente interno. Questo sistema consente di risparmiare circa 1.000 euro all’anno in elettricità. Durante l’estate il calore raccolto viene stoccato nel sottosuolo per essere riutilizzato nei mesi successivi. Dalla biomassa viene estratto il metano in un vicino impianto di biogas; contemporaneamente viene prodotto calore che viene immesso nuovamente nell’edificio. Ogni metro quadrato della superficie della facciata rende circa 15 grammi di biomassa al giorno che a sua volta consente la produzione di circa 4.500 kWh/anno (una famiglia composta da quattro persone consuma circa 4 mila kWh). G.M.
L’esodo di piante e animali A causa del cambiamento climatico cercano habitat con condizioni di vita più favorevoli Oramai è cosa risaputa che il cambiamento climatico sta rivoluzionando la vita della flora e della fauna dell’intero pianeta. E proprio per questo animali e piante saranno spinti nel corso di questo secolo a cercare habitat con condizioni di vita più favorevoli. Un vero e proprio esodo. Questo spostamento, molto più complesso di un semplice avvicinamento ai poli come conseguenza del riscaldamento globale, è stato per la prima volta trascritto su una mappa, che indica la redistribuzione delle varie specie. Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, ha coinvolto 18 ricercatori internazionali capitanati dal Santa Barbara National Center for Ecological Analysis and Synthesis (Nceas). Il tutto è partito da un’attenta analisi dei dati relativi alle temperature della superficie marina e terrestre degli ultimi 50 anni, precisamente dal 1960 al 2009, arrivando ad ipotizzare due possibili scenari futuri: uno caratterizzato da emissioni di gas a effetto serra stabilizzate entro il 2100; l’altro, al contrario, con emissioni in progressiva crescita. Il risultato sono delle mappe che mostrano dove si verificheranno notevoli variazioni di temperatura e dove gli ambienti esistenti potrebbero scomparire. Ma ci fa ben notare la dottoressa Carrie Kappel del Nceas, una delle autrici del rapporto, che le varie specie si spostano per poter trovare la
loro temperatura ideale, ma a volte non hanno dove andare perché si trovano davanti una costa o un altro tipo di barriera, che formano un ostacolo al loro peregrinare. E ancora è stato sottolineato che nel mondo esiste un certo numero di queste aree dove il movimento è bloccato da una costa, come il mare Adriatico settentrionale o la parte nord del
golfo del Messico, e non c'è via d'uscita, un po’ perché non è possibile proseguire e un po’ perché è più caldo. Quindi una delle sfide più grandi e importanti da vincere in questo periodo è riuscire a trovare il modo per aiutare le specie a sopravvivere di fronte al cambiamento climatico. Le mappe, che sono state frutto dello studio di questo gruppo
di ricercatori, offrono uno strumento chiave, valido e utilissimo, per poter prendere decisioni in merito a questo problema, quale il riscaldamento globale, e, quindi, riuscire a studiare una possibile soluzione ad esso. Dove le specie potrebbero incontrare sul loro cammino le cosiddette “trappole climatiche”, ad esempio, ci sarà bisogno di
studiare interventi meno tradizionali, come la migrazione assistita. Insomma, la natura ci parla continuamente e continuamente invoca il nostro aiuto. Attraverso la ricerca cerchiamo di mettere un freno al suo malessere e di aiutarla a guarire per lei, per noi stessi e per le generazioni che verranno. A.P.
Il 29 marzo 2014 nuovo appuntamento con l’Ora della Terra Alessia Esposito Tornerà il 29 marzo la notte più buia dell’anno. È l’ottava edizione dell’Ora della Terra, il più grande evento internazionale per contrastare il cambiamento climatico. L’iniziativa impone di spengere le luci di case, uffici, locali, musei per una certa ora in un giorno stabilito. È promossa dal WWF per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sul tema del riscaldamento globale causato dall’inquinamento. Risparmiare energia vuol dire anche ridurre le
emissioni dei cosiddetti gas serra, in particolaredi anidride carbonica, maggiore responsabile. Nel contempo l’Ora della Terra serve a contrastare l’inquinamento luminoso, per farci riappropriare della bellezza delle stelle e di un mondo più lento. L’evento del 29 marzo è stato preceduto da una campagna WWF di un mese, che reca lo slogan “Usa la tua energia”: questa avrà il compito di promuovere attività e collaborazioni a favore delle aree in cui si avverte di più il rischio del cambiamento climatico. Sono interessate, ad
esempio, zone come l’Artico e la protezione dell’orso polare. Quest’area è purtroppo martoriata dalle trivellazioni petrolifere e non bisogna dimenticare che il cambiamento climatico altera anche la biodiversità dei luoghi del mondo. Per portare l’attenzione sul tema, il 16 febbraio è partita anche la spedizione in solitaria attraverso l’Oceano Artico dell’esploratore italiano Michele Pontrandolfo, testimonial della campagna. L’obiettivo del mese del clima e del suo culmine nell’Ora della Terra è convincere sog-
getti pubblici e privati a utilizzare energia pulita ed evitare gli sprechi energetici. La prima edizione di quest’iniziativa ci fu nel 2007 a Sydney, mentre ad oggi conta 150 Paesi aderenti con 7000 città parte-
cipanti. A puntare i riflettori sull’edizione 2014 il tour di promozione del film The Amazing Spider-Man 2: Il Potere di Electro che vede il cast impegnato nella raccolta di fondi per la protezione degli habitat e per progetti di energia pulita. Tutto il mondo è chiamato a raccolta per il bene di tutti e di chi verrà dopo di noi. Condividere l’evento sulla propria pagina Facebook per diffondere la campagna è un primo passo. Tutte le informazioni su http://www.wwf.it/noi_facciamo/oradellaterra/
L’architettura dei tetti verdi Antonio Palumbo Molte architetture vengono oggi realizzate integrando gli organismi edilizi con il suolo e ricoprendoli con tetti verdi o giardini pensili. Tali soluzioni consentono di inserire nel modo più conveniente le strutture nel paesaggio e, nel contempo, di isolarle termicamente in maniera ottimale, spesso dimezzando i consumi energetici. Da Renzo Piano a George W. Reinberg fino all’ultima generazione dei migliori esponenti
della bioarchitettura, il ricorso, a varie scale, a questa tipologia costruttiva è sempre più frequente. Tra i progetti più significativi degli ultimi anni ne segnaliamo alcuni. Il tetto verde progettato da CPG Consultants per la School of Art, Design and Media della Nanyang Technology University di Singapore è uno degli esempi esteticamente più interessanti e riusciti. L’edificio di 5 piani è costituito da due corpi di fabbrica ricurvi, i quali si intrecciano tra loro, ed è
interamente ricoperto da un sinuoso tappeto d’erba - che facilita la circolazione d’aria, riducendo la temperatura all’interno - a cui possono facilmente accedere gli studenti. Realizzata in un contesto del campus totalmente alberato, la struttura del tetto si fonde organicamente con la vegetazione circostante, divenendo parte integrante del paesaggio, in totale contrasto con l’involucro edilizio hi-tech che la sostiene, il quale beneficia peraltro delle più avanzate soluzioni sostenibili. Altro esempio di rilievo è costituito dall’ACROS Prefectural International Hall di Fukuoka, realizzato dallo studio di architettura Emilio Ambasz & Associates nel centro della città nipponica. L’edificio si presenta con due modalità differenti: da una parte come una moderna struttura con pareti vetrate; dall’altro lato, esso è costituito da un enorme tetto verde ascensionale, il quale, a livello del suolo, arriva a fondersi con il parco in cui la struttura è stata inserita. Il giardino terrazzato raggiunge progressivamente un’altezza di 60 metri e contiene circa 35.000 piante, suddivise in ben 76 specie. Anche qui, oltre al notevole effetto scenico conseguito, il tetto verde su un edificio di grandi dimensioni destinato ad uffici è stato pensato da Ambasz principalmente per ridurre i consumi energetici, oltre che per mantenere una temperatura interna più costante e confortevole, catturare il de-
flusso delle acque piovane e sostenere un microclima che consente la vita di uccelli e insetti. Andiamo in Germania, a Bonn, dove dalla matita di Gustav Peichl è scaturito il progetto per l’Art and Exhibition Hall. L’intero organismo edilizio è costituito da una volumetria pura, consistente in un grande basamento quadrato misurante circa 95 metri per lato. La parte centrale della copertura - rappresentata da un enorme tetto giardino, dal quale si elevano tre torrette di forma conoidale - è interamente accessibile al pubblico. Non possiamo non citare, infine, il progetto di Renzo Piano per la California Academy of Sciences, inaugurata nel 2008 a San Francisco: un sinuoso e spettacolare edificio-involucro in vetro, che, con la sua copertura ondulata di circa 10.000 mq, sembra naturalmente scaturire dal suolo del Golden Gate Park, in cui è stato adagiato. La caratteristica preminente dell’intero organismo edilizio è costituita dal suo tetto verde, concepito come un “tappeto vivente”, ricoperto da un prato ininterrotto sospeso a circa 10 metri dal suolo, che si sviluppa con un movimento ondulato evocante un paesaggio continuo di colline erbose. Si tratta di una scelta progettuale che mira a trasmettere l’idea di un’architettura concepita come “organismo capace di respirare”. Le piante ed i fiori selvatici della California
che il tetto accoglie sulla sua superficie contribuiscono a conservare una temperatura fresca all’interno, con conseguente rinuncia ai sistemi di condizionamento: quattro specie di tipo perenne e cinque annuali, frutto di una selezione che ha riguardato trenta graminacee in grado di sopravvivere senza utilizzo di fertilizzanti e senza irrigazione. Complessivamente, in 50mila “vassoi” in fibra di cocco sono contenute un milione e 700 mila piante. Le “sommità collinose” del museo filtrano l’acqua piovana, fornendo una buona circolazione d’aria per le zone sottostanti nonché un ottimo isolamento per l’intero edificio. Il tetto verde risulta interrotto nella fascia perimetrale da una copertura vetrata, nella quale sono integrate 55mila celle fotovoltaiche. Un grande lucernario si estende sulla piazza centrale, intorno alla quale sono organizzate le diverse funzioni. Numerosi altri lucernari, più piccoli, distribuiti sulla superficie verde sospesa, permettono il passaggio della luce diurna all’interno ed un sistema computerizzato ne consente inoltre l’apertura per la ventilazione naturale dell’area sottostante. Come spiega lo stesso Piano: «Il tetto verde rappresenta una sperimentazione coerente con la missione dell’Accademia delle Scienze, che è uno dei musei più antichi degli Stati Uniti. Si tratta di un progetto improntato ad una visione etica».
Smog: il grande nemico delle nostre città Inquinamento urbano: cause, rischi e possibili soluzioni Brunella Mercadante L'aria delle nostre città è , purtroppo, sempre più inquinata. Lo smog ci accompagna quotidianamente e i rischi per la salute aumentano vistosamente. La cattiva qualità dell'aria delle città è una minaccia seria, compromette non solo la qualità, ma la nostra stessa vita; oltre a provocare disturbi cardiaci, allergie, problemi respiratori ed altre malattie associate principalmente all'inalazione di gas e particolato, è, infatti, sopratutto, causa diretta di tumori ai polmoni. Al riguardo, nell'ambito del progetto europeo Escape, che ha come obiettivo proprio l'indagine a lungo termine dell'inquinamento sulla salute umana, un recente studio , condotto per 13 anni su oltre 300 mila persone di nove paesi europei , ha accertato, ormai senza più alcun dubbio, che lo smog è cancerogeno ed è causa diretta del tumore ai polmoni. Tra i veleni presenti nell'aria preoccupano in particolare le polveri sottili prodotte dai tubi di scappamento dei motori, dagli impianti di riscaldamento e
dalle attività industriali, la cui concentrazione, secondo la ricerca è direttamente proporzionale al rischio di sviluppare la malattia: ogni 10 microgrammi di PM10 in più per metro/cubo d'aria fanno aumentare il rischio di tumore ai polmoni del 22%. Ma cosa respiriamo veramente quando l'aria di città è inquinata? In realtà lo smog è un insieme di sostanze inquinanti
molto diverse, con effetti di varia entità sulla salute, spesso potenziati dalla reciproca interazione. Ci sono le già citate polveri sottili, dette anche particolato, suddivise in classi in base al diametro delle particelle - PM10, PM25- che possono contenere sabbia, cenere, fuliggine, sostanze silicee, sostanze vegetali, composti metallici, fibre tessili naturali ed artificiali, sali, car-
bonio o piombo. Il PM25 è il più temuto perché penetra in profondità nell'apparato respiratorio. C'é poi il benzene, una sostanza molto infiammabile, dall' odore pungente e dolciastro, estremamente pericoloso poiché cancerogeno: esposizioni a lungo termine anche a concentrazioni basse possono danneggiare il midollo osseo ed interferire con i meccanismi di produzione del
Aria pulita in casa? Ci pensa la tillandsia La pianta che cattura gli inquinanti atmosferici Originaria dell’America meridionale – dal Messico fino all’Argentina - la tillandsia, appartenente alla famiglia delle Bromeliaceae, è una pianta dall’aspetto gradevole e dalle caratteristiche ecosostenibili. Nel vecchio continente ha conquistato popolarità. E per ovvie ragioni. Sono circa 600 le specie appartenenti a questa pianta. Ma tutte hanno un comune denominatore: antinquinamento! Meglio conosciuta come “pianta dell’aria” in quanto essendo priva di radici sotterranee, trae nutrimento dall’aria o meglio dall’umidità presente nell’aria. Ma ciò non basta a spiegare il suo potere depurativo. Oltre all’umidità, cattura anche il pulviscolo atmosferico, o nello specifico, gli idrocarburi policiclici aromatici. Ergo, tutte le sostanze emesse nell’atmosfera da inquinanti, quali benzina e gasolio, hanno breve vita se nei paragi c’e’ la tillandsia. Test scientifici, messi in atto dal dipartimento di botanica dell’Università di Firenze in collaborazione con il dipartimento di
chimica “Ciamician” di Bologna, hanno confermato che non siamo in presenza di una pianta comune, ma di un vero biorilevatore di inquinanti. Oltre al monitoraggio di inquinamento, assorbe e metabolizza elementi nocivi per la nostra salute, riducendo drasticamente il rischio di
patologie pleuriche e tumori. Ulteriori studi hanno rivelato che la Tillandsia è in grado di catturare anche formaldeide, anidride solforosa, ozono e fumo di sigarette. Ospitare nelle nostre case questa pianta dai poteri terapeutici garantisce benefici per tutta la famiglia. È opportuno, tuttavia, assicurarle una posizione fresca, umida e esposta alla luce solare. Nonostante si nutra di umidità ambientale, nelle abitazioni non sempre si riesce a garantire una conditio ideale, e pertanto bisogna adottare un sistema mirato di annaffiatura. Una volta al giorno nel periodo estivo, mentre nel periodo invernale è sufficiente conservare il substrato appena umido. È una valida risorsa anche come prodotto omeopatico. Utilizzata per alleviare dolori mestruali, mal di testa, febbre, nelle affezioni oculari. Ci regala benessere a 360 gradi e tante buone motivazioni per acquistarne una per noi e per i nostri cari. F.C.
sangue; l'esposizione acuta può provocare sonnolenza, giramenti di testa, perdita di coscienza e addirittura la morte. Al riguardo è bene rammentare che il l benzene deriva anche dal fumo di sigaretta e da diverse fonti domestiche come colle, vernici, incensi, candele profumate ecc. Tra le varie sostanze presenti nell'aria di città ci sono anche il monossido di carbonio, un gas incolore e inodore, molto tossico prodotto dagli scarichi automobilistici; l'ozono, gas tossico di colore bluastro, molto insidioso che sopratutto d'estate può provocare disturbi all'apparato respiratorio e agli occhi. Diffusi inoltre anche gli ossidi di azoto (NOx) e il biossido di zolfo (SO2). Un quadro allarmante, dunque, quello dell'inquinamento urbano che richiede un'attenzione costante non solo con sempre più attenti e seri sistemi di monitoraggio per un controllo quotidiano della qualità dell'aria e l'adozione immediata di provvedimenti di emergenza per la tutela della salute dei cittadini in caso di sforamento dei valori-limite, ma anche una vigilanza per le situazioni di accumulo particolare: l'assorbimento infatti di sostanze inquinanti e quindi il concreto rischio per la salute dipende da diversi fattori, come la gravità dell'esposizione, gli eventuali picchi, ma anche la frequenza e il tempo di esposizione. Sempre più pressante quindi la necessità di misure antinquinamento con scelte di mobilità sostenibile: ZTL, isole pedonali, piste ciclabili, sostegno al trasporto pubblico locale, stop a motocicli e ciclomotori a 2 tempi, limitazione per i motori diesel.
L’oro degli ulivi secolari e l’oro bianco I preziosi prodotti della terra del Regno di Napoli Gennaro De Crescenzo Salvatore Lanza
L’olio “Chi non loda gli oli dei monti Tifatini, dell’amena Sorrento e delle memorabili rupi di Capri? Le alpestri rocce di Venafro danno olio che fa ricordare il vanto loro attribuito dal cantore di Venosa Da Popoli alle rive dell’Adriatico non ci ha picciola terra che non dia olio squisitissimo.
Nelle Calabrie, dove la natura fa pompa di tutte le sue ricchezze più che in altra parte ella nostra penisola [… ] quei vasti uliveti sorgono quasi sempre sui colli nell’esposizione più acconcia a favorire la vegetazione [...], somma è l’arte perché nel ricolto niuna oliva vada perduta e niuna offesa al tronco ed ai rami si faccia. Dal frutto che, ove non ispiccasi a mano ed a varie riprese lasciasi cadere o sopra strati di felci secche o sopra aie che si apparecchiano sotto gli alberi […] ed estraggonsi dolcissimi
oli fra i quali è avanti a tutti rinomato quello delle terre reggine, primo onor delle mense”. Molto diffusi, nel Regno delle Due Sicilie, erano i trappeti, stabilimenti per la spremitura delle olive. Soprattutto in Puglia si cominciavano ad organizzare a livello industriale anche per un’esportazione diretta quasi in tutto il mondo: ogni anno si esportavano circa 200.000 salme di olio per un valore di 5.000.000 di ducati. Nei confronti del Levante e del Nord Africa si utilizzava il vantaggio di poter contare su un raccolto all'anno, dato che i raccolti biennali di Puglia e Calabria si alternavano. Le vastissime esportazioni da Bari, Bisceglie, Gallipoli, Lecce, Molfetta, Manfredonia, Taranto, Mola, Gioia, Bisceglie, Monopoli, Ortona e Ancona, Reggio, Catanzaro, Procida, Castellammare o Napoli, raggiungevano Genova, Venezia, Trieste, Amburgo, Liverpool, Marsiglia, New Orleans, New York, Pietroburgo, Costantinopoli, Buenos Aires o Rio de Janeiro. Gallipoli deteneva quasi un monopolio sull'esportazione dell'olio di qualità pregiata per le sue ottime cisterne tagliate nella roccia. A metà Ottocento la creazione di un vero e proprio marchio d.o.c. (un cavallo sfrenato il suo simbolo) per l’olio pugliese.
Mozzarelle e formaggi Molti erano i formaggi tradizionalmente prodotti nel Regno di Napoli e intorno al 1850 alcune realtà artigianali si trasformarono in piccole realtà industriali ad esempio presso Caserta, nel Salento e presso L'Aquila. Tra i più famosi ne ricordiamo alcuni ancora famosi: la mozzarella, esistente certamente con il nome di “mozza” almeno fin
dal Quattrocento e prodotta con il latte di bufala (oggi ormai senza nessuna esclusiva) nella zona “dei Mazzoni” tra Capua, Nola e Aversa, nel Salernitano e in Capitanata: al latte portato ad una certa temperatura si unisce il caglio che lo solidifica in una pasta filante che viene tagliata (“mozzata”) in forme rotonde o a volte intrecciata; il fiordilatte,
prodotto con latte vaccino, di una pasta differente per colore e consistenza dalla precedente; la provola affumicata, mozzarella esposta al fumo di legna; i bocconcini di Cardinale, piccoli bocconcini di mozzarella non passati in salamoia e conservati nel latte o nella panna; il provolone, che comprende tutta una serie di formaggi diversi per stagionatura e sapore, da quelli più freschi e dolci a quelli più piccanti (tra quelli medi è famoso il provolone del monaco, tipico della penisola sorrentina tra Agerola e Vico e molto apprezzato anche presso la corte borbonica); il caciocavallo, più compatto del provolone (per questo anche da grattugiare) e di forma diversa, solitamente legato in coppia per la “testa” e sospeso con una corda “a cavallo” di un bastone; i burrini, pasta di provolone dolce ripiena di burro e tipica di alcune zone della Puglia; la ricotta di fuscella, leggera e conservata ancora umida in cestini di forma conica tagliata per farne colare il siero; la ricotta salata, prodotta con latte di pecora, conservata sotto sale e consumata soprattutto durante le festività pasquali.
IL CASTELLO DI PONTELANDOLFO Edificato prima del XII secolo Linda Iacuzio Egildo Gentile, nato a Pontelandolfo il 15 novembre del 1878, fu ricercatore, critico, pubblicista e archivista illustre. Insegnò presso la Scuola di Paleografia, Diplomatica e Archivistica annessa all’Archivio di Stato di Napoli; nel 1941 venne promosso direttore dell’Archivio di Stato di Palermo. Nel 1905 Gentile pubblicò, all’interno della prestigiosa rivista Napoli nobilissima, l’articolo Il castello e la terra di Pontelandolfo, nel quale rese omaggio alla cittadina natia ricostruendo una parte importante della sua storia. Nel 2002 l’amministrazione comunale del paese, sito in provincia di Benevento, ha ristampato il saggio in forma di estratto. L’articolo di Egildo Gentile si apre con una breve descrizione del sito di Pontelandolfo, dominato da “una vecchia torre baronale” alta 21 metri, con un basamento di 4 metri e mezzo. A partire dalla metà circa dell’altezza, un cordone di pietra bruna divide la parte inferiore della torre da quella superiore, di forma cilindrica, culminante in una merlatura. Già al tempo in cui Gentile scriveva, le riparazioni e le costruzioni succedutesi nel tempo avevano reso difficile un esame più minuzioso della fortificazione; “e solo si può desumere” afferma lo studioso “che alla torre si accedeva dall’interno del castello mediante un ponte levatoio, il quale, partendo dalle mura del fabbricato che le si alzava di fronte, ca-
lava sulla soglia del finestrone che guarda a mezzodì”. Secondo Gentile il castello di Pontelandolfo dovette essere edificato prima del XII secolo. Ma, soltanto dopo che i passaggi dell’esercito di Carlo d’Angiò nel 1266 e di quello di re Luigi d’Ungheria nel 1348 fecero comprendere l’importanza del luogo, “i feudatari, per meglio fortificarlo, costruirono quella torre dalle poderose mura, che tuttora si ammira”. È certo, comunque, che al tempo di Al-
fonso I d’Aragona i Gambatesa, conti di Campobasso, si trovavano in possesso del castello. Dopo la morte di Alfonso, il principe di Taranto e altri baroni, fra cui Niccolò Gambatesa di Monforte, si ribellarono al successore, Ferrante, e invitarono il duca Giovanni d’Angiò a impadronirsi del Regno. Ma Ferrante, dopo 11 giorni d’assedio, nella notte dal 13 al 14 novembre 1462, riuscì a scardinare le difese del forte, mettendo poi a sacco e bruciando Pontelandolfo stessa. Suc-
cessivamente, con privilegio dell’8 dicembre 1466, il sovrano concesse il castello a Diomede Carafa, in premio dei servigi resi alla casa d’Aragona. La famiglia Carafa mantenne il dominio sulla terra e sulla fortezza per oltre tre secoli, sino all’eversione della feudalità, avvenuta nel 1806. Il 5 giugno del 1688 il castello di Pontelandolfo fu gravemente danneggiato da un violento terremoto che, a detta di Gentile, causò il crollo di un fabbricato posto a mezzogiorno rispetto alla torre.
I CONIUGI MERCIER-THOINNET A NAPOLI Lorenzo Terzi Nel 1838 i coniugi MercierThoinnet pubblicarono a Parigi e a Nantes un diario dei viaggi da loro compiuti, poco tempo prima, “nel meridione della Francia, sul canale di Linguadoca, in Liguria, a Genova, Roma, Napoli, nella provincia di Bari, sull’Adriatico, in Albania, a Ragusa, in Dalmazia, in Illiria, a Trieste, a Venezia, in Svizzera”. Il volume reca un titolo francamente poco originale, ovvero: “Souvenirs de voyage”. Esso, però, presenta qualche motivo di interesse per quanti si occupano delle descrizioni di Napoli lasciate dai visitatori stranieri. I Mercier-Thoinnet giungono nella capitale del Regno delle Due Sicilie attraverso la consueta “via di Ter-
racina”. La strada “è imbalsamata di limoni, di mirti, di lauri, d’olivi, di vigne; è bordata da enormi siepi di aloe piantate attorno a bei frutteti”. Talvolta i pallidi olivi
sono dominati da un’alta ed elegante palma, sicché il paesaggio assume “un aspetto orientale”. Arrivati a Napoli, dopo uno sgradevole contrattempo subito alla dogana i
Mercier-Thoinnet si tuffano nella vita partenopea. Memorabile è il loro incontro con i “lazzaroni”, immersi nel sonno per sfuggire all’ardore del sole, mentre le mogli filano. In compenso i due vedono alcuni calabresi mettersi in marcia per andare a coltivare dei terreni, con un violinista alla loro testa, in modo tale da potersi riposare, danzando, lungo il cammino. Non può mancare, nell’itinerario dei coniugi francesi, la passeggiata di Chiaia e della Villa Reale; quest’ultima “è ornata di tre file di alberi, di statue, di prati, di aiuole, di aranci e di padiglioni cinesi; vi è una dozzina di fontane e una vasca in granito orientale”. I visitatori si trovano casualmente a passare per Chiaia proprio quando il re Ferdinando II sta tornando dall’am-
basciata di Russia; il sovrano si preoccupa di salutare con galanteria le donne del gruppo di viaggiatori del quale facevano parte i Mercier-Thoinnet. La scena è resa ancora più suggestiva dai reggimenti reali, che suonano con grande precisione “delle affascinanti fanfare”. Altrettanto pittoresco appare ai due francesi il modo di fare dei bottegai napoletani: barbieri, venditori di legumi, di frutta, di pesce, di maccheroni. Un cenno particolare meritano “delle cucine che, sotto la protezione di una Madonna, si installano rapidamente e hanno sempre una numerosa clientela; tele ambulanti riparano questi negozi dove sono deposti, su uno strato d’alghe, dei frutti di mare e dei pesci vivi le cui scaglie riflettono mille colori”.
A CARNEVALE OGNI SCARTO VALE! Mai rinunciare alla fantasia Di recente mi è capitato di camminare lungo le strade di una cittadina, luogo di una parata carnevalesca, senza veder correre e giocare per le vie, i “piccoli eroi di sempre”: Batman, l’Uomo Ragno, Wonder Woman, Hulk, Superman e gli altri paladini della giustizia sembravano essersi dileguati. Anche gli animali mancavano! Niente più api e coccinelle! Le Forze dell’Ordine, le infermiere, i maghi e i clown, i ballerini i pirati: assenti! O quasi! Ma come mai questa mancanza di partecipazione da parte delle famiglie? La risposta sembra essere sempre la stessa: c’è crisi. E via con i tagli! Via il superfluo! L’immaginazione diventa un lusso! Anche per i bambini. Eppure, il Carnevale è sicuramente una tra le feste più attese, soprattutto dai piccini: grazie ai costumi e alle maschere, possono, per qualche giorno, avverare il sogno di trasformarsi nel loro idolo di sempre o in quello che vogliono, come se la realtà fosse anche un po’ magia. Tra sfilate, carri allegorici, feste, coriandoli e scherzetti, il Carnevale è la festa dell’originalità, dell’allegria e del “tutto è possibile”. Perché, dunque, rinunciarvi? La creatività, a volte non costa nulla. È possibile, infatti, comporre delle maschere e dei vestiti meravigliosi anche in casa, attraverso il recupero e il riuti-
lizzo di tessuti e materiali di scarto. E non servono grandi conoscenze di taglio e cucito, ma solo un pizzico di inventiva, un po’ di tempo libero e tanta voglia di osare! Passare del tempo di qualità insieme ai propri bambini, preparando colorati abiti e decorazioni da riciclo a costo zero, è senz’altro una buona occasione, non solo per non privarsi della bellezza e
della spensieratezza del Carnevale, senza intaccare le tasche, ma anche per imparare a non sprecare le cose non più utilizzate, dando loro nuova vita. Sul web sono tantissimi i siti e i blog che “raccontano” di idee e aneddoti per realizzare stravaganti abiti e accessori. Che cosa aspettate a cimentarvi? La fantasia al potere, come sempre! F.L.
Arance di Rosarno: buonissime e a impatto zero Oltre il gusto ineguagliabile i due più importanti punti di forza delle arance di Rosarno sono i pochi secondi per acquistarle on-line e i pochi chilometri che rendono sostenibile il trasporto. È il quinto risultato utile consecutivo per il GAS del centro storico di Napoli. Il popolo degli acquisti di frutta e verdura su internet può contare ogni inverno sui tir provenienti dalla Calabria per rifornire il carrello di prodotti freschi e trasformati. Anche stavolta centinaia di chili di arance, clementine, miele e nduja sono disponibili per gli utenti coinvolti sotto un unico nome-slogan: “Friarielli”. Come fa un evento di successo a diventare una tradizione? Iscrivendosi ad associazioni di volontariato denominate G.A.S. (gruppi di persone che acquistano facendo solidarietà a progetti di interesse socio-economico), è possi-
bile risparmiare molto sia in termini economici che di emissioni quando si acquistano prodotti biologici di ogni tipo. Lo spazio fronte strada dello SKA, subito oltre il varco ZTL anti traffico è servito in modo logisticamente ineccepibile. È stato invaso da cassette e scatoloni ritirate subito dopo dai corrieri privati, i volontari del kilometro zero. Solo dopo le consegne le biciclette hanno rioccupato il grosso vano che è tornato ad essere una cicloofficina. Decine di fami-
glie a Napoli in questi giorni stanno consumando meno risorse non rinnovabili per gustare una premuta D.O.C. preferendo prodotti delle nostre terre piuttosto che quelli di importazione provenienti da nord Africa o Spagna. Il 50% di loro potrà anche compostare le bucce senza problemi. I bidoni per raccogliere le frazioni umide sono a disposizione di mezza città ed aiutano a chiudere il ciclo nel migliore dei modi. S.A.
Concorso fotografico “Obiettivo terra 2014” La Fondazione UniVerde e la Società Geografica Italiana Onlus indicono la quinta edizione del concorso fotografico nazionale di fotografia geografico - ambientale “Obiettivo Terra”, in occasione della 44ª Giornata Mondiale della Terra (22 aprile 2014), per valorizzare il patrimonio ambientale dei Parchi Nazionali e Regionali d’Italia. La partecipazione al concorso è del tutto gratuita. La candidatura della fotografia dovrà avvenire attraverso i siti www.fondazioneuniverde.it, ww.societageografica.it e www.green-city.it, non oltre il 23 marzo 2014 in occasione del primo week end di primavera. Farà fede la data di caricamento della foto. E’ necessario che le foto inviate siano “originali”, ottenute da un unico scatto. Non sono ammesse,infatti, foto ritoccate, sovrapposizioni, fotomontaggi o foto manipolate. Ogni partecipante può candidare soltanto una fotografia pena l’esclusione dal concorso. Al vincitore sarà assegnato un premio di euro mille e gli verrà donata una targa – ricordo dalla Fondazione UniVerde e dalla Società Geografica Italiana. La fotografia vincitrice sarà esposta su una maxi-affissione a Roma. Il premio verrà consegnato durante la cerimonia di premiazione che si svolgerà a Roma il 16 aprile 2014.
Che più bianco non si può…ma senz’acqua Xeros: la lavatrice che funziona con la plastica Cristina Abbrunzo La lavatrice si può annoverare a pieno diritto tra le invenzioni rivoluzionarie del 20° secolo. Nonostante i grandi vantaggi che questo elettrodomestico ha apportato all’economia domestica, rimane una tecnologia particolarmente intensiva dal punto di vista del consumo delle risorse: in media ogni apparecchio richiede fino a 55 litri di acqua per lavaggio oltre all’energia elettrica per riscaldare l’acqua, senza d’altra parte offrire il metodo più efficace per rimuovere le macchie. Ma è possibile costruire una lavatrice che funzioni efficacemente e praticamente senza bisogno di acqua? Il professor Stephen Burkinshaw dell’università di Leeds sembra esserne convinto e, dopo anni di scrupoli studi, progetta una lavatrice che necessita di meno del 2% dell’acqua normalmente consumata da una comune lavabiancheria domestica. La Xerox, una piccola azienda di Rotherham, cittadina nel Nord dell'Inghilterra, credendo fermamente nel progetto del prof. Burkinshaw, realizza quindi una lavatrice del tutto innovativa che, al posto dell’acqua infatti, utilizza migliaia di piccole scaglie di plastica, in grado di rimuovere ed assorbire la sporcizia presente nel bucato. Dai test è emerso come questa soluzione sia in grado di pulire praticamente qualsiasi tipo di mac-
chia, al contrario di quanto è possibile fare con le odierne soluzioni. Questa tecnologia di ultima generazione affida il suo potere pulente a delle minuscole micro perle di nylon formulate con catene polimeriche in grado di separarsi leggermente in presenza di umidità, consentendo alle macchie di essere assorbite e bloccate nel loro nucleo. Le
sfere possono essere utilizzate fino a 100 volte (o per circa sei mesi) e far risparmiare al consumatore, oltre all’acqua, anche fino al 47 per cento dei costi dell’energia elettrica. In concreto, per il funzionamento servono 20 Kg di scaglie di plastica, un bicchiere d’acqua ed uno di detersivo. Altro vantaggio sostanziale, oltre a quello ambientale dato
dal non sprecare inutilmente l’acqua, è che il bucato esce già asciutto e non ha bisogno di essere steso o messo in un’asciugatrice, riducendo notevolmente il processo di lavaggioasciugatura-stiratura. Un inconveniente è costituito dal fatto che queste pastiglie di plastica non possono essere utilizzate nelle tradizionali lavatrici ad acqua, ma richie-
dono l'utilizzo di apposite lavatrici. A tale proposito, a Xeros assicura che queste non saranno assolutamente più costose di quelle tradizionali ed è ora pronta per il prossimo passo, vale a dire il mercato di massa. Oltre all’uso domestico, la società punterà a promuovere questa tecnologia anche alle lavanderie e su scala industriale.
Niente spreco, se il frigo è “eco”! Giovani inventori crescono È più semplice di quanto si possa immaginare il meccanismo che rende possibile il funzionamento del “Sustainable refrigerator”. Si tratta di un piccolo frigorifero portatile alimentato grazie all’energia solare ed ideato da una giovane laureata della Leeds University, Emily Cummins. Con particolare attenzione all’ambiente, ma anche a quelle popolazioni in via di sviluppo, l’ideatrice ha pensato di progettare una soluzione che possa essere facilmente realizzata con materiali riciclabili, come plastica e legno, e senza l’utilizzo di energia elettrica. Il prototipo della Cummins è costituito da due cilindri metallici, contenuti uno dentro l’altro, tra i quali viene inserito un materiale organico intriso d’acqua, come sabbia e lana, che può variare a seconda delle disponibilità locali delle aree in cui viene utilizzato. Esponendo l’apparecchio alle radiazioni solari si permette l’evaporazione dell’acqua, con conseguente trasferimento del calore verso l’esterno e il raffreddamento del cilindro
più interno: in questo modo è possibile mantenere il frigorifero ad una temperatura media di circa 6 gradi centigradi. Inoltre l’acqua utilizzata per bagnare il materiale organico non deve essere necessariamente pulita, infatti i cibi non entrano in contatto con essa, assicurando così l’igiene e l’integrità alimen-
tare del prodotto. Ciò che rende il frigo solare ancora più interessante è il fatto che, proprio perché può essere costruito con materiali riciclati e facilmente reperibili, ben si presta ad essere usato nei paesi in via di sviluppo. La Cummins spera di brevettare un modello più sofisticato portatile da usare per il trasporto di materiale sanitario nei paesi molto caldi. Emily ha trascorso cinque mesi sabbatici in Africa, perfezionando e facendo dimostrazioni del suo prodotto. In Namibia è diventata famosa come “La Signora Fridge” ed è poi tornata nel Regno Unito per iniziare un corso di business management all’Università di Leeds. Il suo originale frigo solare le ha fatto vincere il premio come imprenditore etico all’Oslo Business for Peace Award, assegnato dalla giuria del Nobel. Il futuro è dei giovani, della loro voglia e della loro creatività! C.A.
L AVORO E PREVIDENZA
Il diritto del lavoro e la filosofia sociale Eleonora Ferrara È assodato che il diritto del lavoro abbia attinto, dalla migliore tradizione europea, quei valori umanistici dai quali non si è mai distaccato, divenuti ormai imprescindibili. La figura dell’uomo-lavoratore è stata, infatti, sempre protetta dagli sterili meccanismi di mercato, alla luce delle dottrine illuministiche che, nel corso dei secoli, sono confluite nella moderna concezione di lavoratore. Il diritto del lavoro, quindi, ha cercato, sempre, di arginare le teorie fredde e meccanicistiche del capitalismo, dilagate nell’ottocento e nel novecento, svolgendo la stessa funzione anche nei confronti della globalizzazione e mantenendo, nonostante tutto, intatta la propria connotazione umanistica, che restava tale anche attraverso le diverse dottrine del Novecento, confluite in una più ampia crisi della modernità. Ai giorni nostri, in piena globalizzazione, si ripropone la questione sui modelli di convivenza sociale, che sembra non possano non tener conto di quei capisaldi della civiltà occidentale quali la libertà e l’uguaglianza. La derivazione di entrambi, sicuramente, è giusnaturalistica, anche se i due concetti, politicamente affiancati dal punto di vista economico, intraprendono percorsi diversi, allorquando subentra la consapevolezza delle conseguenze sociali dell’industrializzazione, che ne determina la definitiva divaricazione. Il concetto di libertà, ad un certo punto, è stato sopraffatto da quello di uguaglianza, come nell’ambito del diritto del lavoro, in cui è andata sempre più affermandosi la tesi di un’antropologia protesa verso la dimensione collettiva, a discapito delle teorie liberiste. Con la globalizzazione, si è tornati, invece al concetto di competizione concorrenziale, anche fra gli individui, non solo tra imprese, tornando in auge le teorie individualistiche che ben si discostano dalle convinzioni di ordine giuslavoristico. Per dirla con eminenti giuristi, incomincia a farsi strada la categoria concettuale e sociologica del merito indivi-
duale, quale modello individualistico dominante rispetto ai modelli collettivi ormai in crisi. In effetti, però, tutto ciò non costituisce l’abbandono del raggiungimento di obiettivi di equità e di coesione sociale, che continuano a sussistere nella prospettiva di una buona regolazione del mercato.In ogni caso, bisogna tener conto che, nell’elaborazione delle politiche lavoristiche, la dimensione nazionale è sempre meno importante nel contesto dell’Unione Europea, in quanto sussiste il coinvolgimento in fenomeni globali, dei quali non si può avere il minimo controllo. Vengono introdotti, così, in campo nazionale, modelli di altri Paesi della U.E. come la flexicurity danese, che non garantisce la sicurezza del posto di lavoro, bensì la sicurezza del sostegno economico nelle fasi di disoccupazione involontaria, assistenza nel mercato del lavoro per la ricollocazione lavorativa, nonchè tutela pensionistica rapportata a questo variegato scenario lavorativo.
Viaggio nelle leggi ambientali INQUINAMENTO La responsabilità dell’Ente ex d.lgs. 321/01, prevista anche per i reati ambientali dall’art. 25 undecies, consente (ai sensi degli artt. 19 e 53 del citato d.lgs.) il sequestro e, poi, la confisca per equivalente del profitto cd. “da risparmio” previa verifica di una diretta correlazione causale con i reati-presupposto e accertamento dell'eventuale determinazione di un risultato economico positivo ricavato dall’ente per effetto della realizzazione delle ipotesi di reato contestate. Occorre, dunque, individuare un danno diretto derivante dal fatto reato che comporti un vantaggio, anche se nella forma del risparmio, con una visibile modificazione positiva del patrimonio dell'ente, evitando improprie assimilazioni tra profitto del reato, inteso come reale accrescimento patrimoniale, e causazione di meri danni risarcibili relativi a risparmi di spesa indebitamente ottenuti dall'ente per effetto della mancata esecuzione di opere di risanamento ambientale. La Corte di Cassazione , Sezione VI, con la Sentenza n. 3635 udienza 20 dicembre 2013 - deposito del 24 gennaio 2014 “ha annullato senza rinvio il decreto di sequestro per equivalente non essendo stati esplicitati ele-
menti per ritenere che le conseguenze economiche generate dagli eventi - di danno o di pericolo - tipizzati nei reati contestati potessero essere assimilate a profitto inteso come diretto risparmio dei costi d'impresa, risultando, invece una integrale equiparazione dell’entità del profitto con i costi non sostenuti per l’adeguamento degli impianti – nella specie siderurgici – per evitare danni ambientali”. RIFIUTI Nella Circolare del Ministero dell’Ambiente del 13 febbraio 2014, n. 1/2014, "Regime tariffario per i rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero", entrata in vigore della Legge Nazionale di stabilità 2014
(Legge 147/2013), il Ministero dell’Ambiente risolve in via interpretativa il contrasto normativo sorto da due disposizioni della succitata legge. In particolare, la controversia nasce dalla compresenza di due commi dell’articolo 1 della L. 147/2013. Il comma 649, seconda parte, afferma che i Comuni possono, con regolamento, prevedere riduzioni della parte variabile della Tari, proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati agli urbani che i produttori dimostrino di avere avviato a recupero. Il comma 661 dispone, invece, che il tributo non è dovuto in relazione alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero. Il Ministero dispone che sia la seconda norma a risultare non coordinata rispetto alla prima, sopravvenuta, e non viceversa, e suggerisce di dare la precedenza, sino ad un chiarimento normativo, al disposto dell'articolo 1, comma 649, seconda parte. Saranno pertanto i Comuni, all’interno del proprio regolamento comunale, a decidere se ridurre la TARI in proporzione alla quantità di rifiuti speciali assimilati agli urbani che il produttore dimostri di avere avviato al recupero. A.T.
2014 d.C. ANNO DEL PINGUINO ANNO EUROPEO DELLA CONCILIAZIONE TRA LA VITA FAMILIARE E PROFESSIONALE Andrea Tafuro Evviva la famiglia! Appena sveglia comincia a correre, allunga il passo, spinge sull’acceleratore, aumenta il battito…finalmente arriva a destinazione, tutto sul filo del minuto! Alla fine della giornata raggiunge il traguardo, il premio per la vittoria conquistata è il meritato riposo... è necessario per riprendere la gara del giorno dopo, del resto mancano solo poche ore alla sveglia del mattino seguente. Sono i tempi delle città bellezza, una volta erano diversi dai tempi dei paesi, state tranquilli che anche nel paesello si lavora, si portano i figli a scuola e si fa la spesa, ma allora cosa è successo? È successo che si tende a considerare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro in modo unidirezionale, si ritiene, cioè, che azioni rivolte a sostenere l’equilibrio nell’uso del tempo siano vantaggiose solo per i lavoratori, che così avranno più tempo utile per svolgere i loro impegni fuori dal lavoro. Falso, falso, falso! Un alleggerimento nello svolgimento degli impegni di vita personali sicuramente si riflette positivamente sul posto di lavoro, perché il lavoratore si responsabilizza e dedica maggiore impegno nelle attività da svolgere. A proposito, conoscete l’ aptenodytes forsteri? È il più grosso pinguino esistente, per questo è detto l’Imperatore, non vola, ma in compenso è un eccellente nuotatore. Quando, per procurare cibo ai suoi piccoli, la madre, dopo aver deposto l'uovo, si spinge nelle acque ghiacciate dell'Antartide per raggiungere l'oceano aperto, alla cova ci pensa il padre. Indifferente e immobile ai venti che sfiorano i 200 chilometri orari e a una temperatura che scende a meno 60 gradi, scalda l'uovo tenendolo sopra le zampe protetto dal proprio ventre, non lo lascia mai, disposto a digiunare per oltre due mesi. E quando mamma pinguino ritorna, entrambi i genitori continuano a nutrire insieme il piccolo fino alla sua indipendenza. Secondo Coface, la Confederazione delle organizzazioni delle famiglie europee, l'Imperatore è, in natura, l'esempio di una collaborazione fami-
liare perfetta, dove c’è scambio di ruoli e condivisione intelligente. Per questo, sul manifesto che annuncia il 2014 come l'anno europeo della conciliazione tra la vita familiare e professionale campeggia questo straordinario animale. Dico di più se azzardo che avere la possibilità di trovare un equilibrio tra vita lavorativa e vita privata non è solo una questione di pari opportunità, ma anche mezzo per ridurre il rischio di povertà? In Italia sin dagli anni settanta, con l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, le politiche dei diversi governi sono state indirizzate alle lavoratrici per aiutarle a trovare l’equilibrio tra lavoro, famiglia e vita privata, ma la conciliazione ha l'intento di migliorare la qualità della vita e non può riguardare solo il mondo femminile, poiché il miglioramento della qualità della vita passa attraverso una migliore gestione del tempo sia per gli uomini che per le donne. Da almeno due decenni, l’Unione europea insiste sulla necessità di implementare misure di conciliazione tra vita e lavoro, sia nel campo delle strategie individuali e familiari, come la condivisione del lavoro di cura, sia nel campo dei luoghi di lavoro attraverso
ad esempio la flessibilità oraria, sia nel campo del territorio e del pubblico con piani degli orari, rafforzamento dei servizi ecc. ecc. In Italia, come al solito, si è continuato a diffondere il concetto che il lavoro delle donne e la loro professionalità siano residuali, se non addirittura marginali rispetto al ruolo centrale che ancora spetta a
loro, cioè mantenere in piedi il welfare nazionale attraverso l’assunzione totale del lavoro di cura. Se provassimo invece a non parlare più di conciliazione, ma di condivisione? Il coinvolgimento dei maschietti nella cura è fondamentale per modificare la visione di genere nel mercato del lavoro e costruire pari opportunità nella vita pubblica.
Conosco già la risposta di Olivier Rouland, Capo dell’Unità “Demografia, Migrazioni, Innovazione Sociale, Società Civile” della Commissione Europea: “In un contesto di crisi le politiche di conciliazione sono centrali, tuttavia, pur essendo ai primi posti nell’agenda dei bisogni, l’impegno verso il tema è particolarmente arduo in tempi di austerity e tagli ai bilanci”. Appena parli di diritti sociali, i professoroni, ti rimandano ai soldi che mancano! Il punto di vista economico dimostra che c’è una stretta relazione tra le difficoltà di conciliare la vita lavorativa, la vita familiare e la povertà, se non addirittura l’esclusione sociale. È così assurdo affermare che un miglior sostegno alle politiche tese alla conciliazione/ condivisone consente a uomini e donne all'interno di un qualsiasi modello familiare, sottolineo qualsiasi, di esercitare libere e ampie scelte, sulla base dei propri bisogni rendendo conciliabili sfera lavorativa e sfera familiare, consentendo a ciascun di vivere al meglio i molteplici ruoli che gioca all’interno di una società complessa? Corri famiglia c’è la scuola, la palestra, la danza, bisogna preparare la cena, riempire la lavatrice, pulire il bagno... Per conoscere tutte le iniziative collegati all’indirizzo: eyf2014.wordpress.com
DIECI BUONE RAGIONI PER CONCILIARE VITA E LAVORO 1 Le famiglie sono gli elementi costitutivi per un buon funzionamento della società. 2 Le politiche familiari sono positive sia sulla disoccupazione che sulla sfida demografica. 3 Le politiche di conciliazione che permettono a donne e uomini di armonizzare la vita lavorativa e la vita familiare sono la chiave per soddisfare i bisogni vitali delle famiglie e l’uguaglianza tra i generi. 4 Le politiche che sostengono le famiglie sono decisive nell’affrontare e nel prevenire la povertà e l’esclusione sociale ed è fondamentale intervenire prima che le famiglie povere siano emarginate. 5 È cruciale portare l’attenzione sull’impatto che la crisi economica e finanziaria ha prodotto sulle famiglie. 6 Le famiglie hanno un ruolo chiave nel prevenire l’abbandono scolastico. 7 La partecipazione e la socializzazione dei figli inizia in famiglia. 8 Le famiglie sono l’unità fondamentale dell’educazione al consumo, in particolare quando si tratta di sviluppo sostenibile e di consumo responsabile. 9 Le relazioni intergenerazionali sono importanti nella vita delle famiglie. 10 Le famiglie sono le unità dinamiche dove avvengono le transizioni più critiche da una fase di vita ad un’altra.
Foto di Fabiana Liguori
23 febbraio 2014 – Carnevale di Saviano (NA) e IV raduno degli “artisti di strada”!