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Terra dei fuochi e siti agricoli da indagare I dati di Arpac hanno contribuito a determinare le misure di salvaguardia presentate dal Governo ISTITUZIONI

Il neo ministro all’Ambiente Galletti incontra Don Patriciello

Liguori a pag.4

DAL MONDO

Belo Monte, una discussa diga in Amazzonia Mentre in Europa i produttori di energia idroelettrica puntano sui micro impianti per approvvigionare i loro clienti... Allinoro a pag.5

NATURA & BIODIVERSITÀ

Google Earth: occhio alle foreste!

Nasi elettronici per misurare l’inquinamento atmosferico, orecchi metallici per valutare quello acustico e occhi bionici per sorvegliare e tutelare l’ambiente …

In applicazione dell’art. 1 della L. n. 6 del 6 febbraio 2014, di conversione del D.L. 136/2013 e della connessa Direttiva interministeriale del 23.12.2013, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale in Campania (ARPAC) ha collaborato, nell’ambito di uno specifico Gruppo di Lavoro (GdL), con altre importanti istituzioni “per la mappatura dei terreni agricoli della Regione Campania eventualmente interessati da effetti contaminanti a causa di sversamenti e smaltimenti abusivi di rifiuti anche mediante combustione”.

LAVORO & PREVIDENZA

A che gioco giochiamo noi primati

Vito-Marro a pag.6

PRIMO PIANO

Speciale Legge Regionale sul servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati in Campania La Legge Regionale n. 5 del 24 gennaio 2014, trasforma in maniera sostanziale tutto il ciclo dei rifiuti, pertanto, di seguito, si propone una sintesi dei principali articoli indicando le principali modifiche rispetto Morlando a pag. 3 al sistema precedente.

Un bilancio dell’inverno 2013/2014 a Napoli

I preziosi: coralli e gioielli

L’inverno 2013/14, che a livello meteorologico si è appena concluso, è stato tra i più caldi degli ultimi 150 anni. Questo è stato non a caso battezzato l’anno del “non inverno”, per le temperature record registrate sul 50% della penisola italiana nel corso del trimestre.

Ancora una volta Plinio ricordava come eccellente il corallo pescato nelle acque delle isole Eolie, di Trapani e presso Napoli. Ricchissimi banchi corallini esistevano tra Sorrento e Capri e gli Angioini dovettero limitare e sorvegliare l’accesso di pescatori stranieri. Quella della lavorazione fu un'attività diffusa soprattutto verso la fine dell'Ottocento in conseguenza della sovrapproduzione degli anni precedenti, del calo dei prezzi e della chiusura dei fertilissimi banchi di coralli di Sciacca in Sicilia.

Loffredo a pag.8

Martelli a pag.9

SCIENZA & TECNOLOGIA

SOS buco dell’ozono, individuati altri 4 gas-killer

Continua il viaggio nella tradizione delle Eccellenze Napoletane

Nell’antichità i restauratori romani, quando dovevano risanare le statue rovinate, mettevano nelle crepe della cera, per mimetizzare le ferite della statua. Le statue importanti, però, non venivano riparate, perché si riteneva avessero un valore proprio, crepe incluse. Erano statue sine cera: sincere. A coloro che ci amano e che amiamo chiediamo semplicemente di essere sinceri. Non sarà perchè la sincerità vuole spingerci a mostrare le nostre crepe? A proposito! Vi siete mai chiesti perché il bacio alla francese è diventato un simbolo della passione amorosa? È vero siete immersi in una cultura in cui non si può essere meno che perfetti, invece sto assaporando sempre di più, nella mia vita, che la particolarità sta più in ciò che non abbiamo che in ciò che abbiamo. Tafuro a pag. 19

LAVORO & PREVIDENZA

Renzi e la “strana coppia”

De Crescenzo-Lanza a pag.14

AMBIENTE & CULTURA

CURIOSITÀ

William Davies a Napoli

Da Portici il primo kit-rilevatore di smog

Nel resoconto dei suoi viaggi Partenope ha un posto d’onore È cosa oramai risaputa, lo impariamo anche a scuola, che lo strato di ozono è uno schermo fondamentale per l'intercettazione di radiazioni...

William Davies, vissuto il XVI e il XVII secolo, esercitò la professione di cerusico a Londra, come ricorda Giovanni Capuano nel volume Viaggiatori britannici a Napoli tra ’500 e ’600.

Paparo a pag.11

Terzi a pag.15

Funaro a pag.16

Senza alcun dubbio, la sicurezza che traspare da ogni atteggiamento del premier, non lascia alcuna incertezza in tutti noi nel ritenere che si tratta di una persona decisa ad andare avanti senza problemi, con la piena consapevolezza di rischiare lo scontro con le parti sociali. Ferrara a pag. 18


Linee guida per il controllo e il monitoraggio acustico ai fini delle verifiche di ottemperanza delle prescrizioni VIA

Nuovo manuale dell’Ispra Angelo Morlando La pubblicazione dell'ISPRA n. 103 del 2013 è il risultato del lavoro congiunto dell'ISPRA (autori: Salvatore Curcuruto, Delio Atzori e Giuseppe Marsico) e delle ARPA Lombardia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Veneto, Marche e Basilicata. Il manuale è costituito da tre parti più un appendice per complessive 410 pagine i cui contenuti possono riassumersi citando integralmente l'introduzione: "Le linea guida hanno lo scopo di standardizzare le procedure operative atte a verificare l’efficacia degli interventi di mitigazione acustica, realizzati per le infrastrutture di trasporto stradali sia nell’ambito dei Piani di contenimento e abbattimento del rumore, ai sensi del D.M. 29/11/2000, sia nell’ambito di quanto previsto dagli Studi di Impatto Ambientale e in ottemperanza alle prescrizioni VIA contenute nei pareri di compatibilità ambientale. La metodolo-

gia proposta riporta, in particolare, i criteri da adottare per la verifica del rispetto dei valori limite vigenti, misurati presso i ricettori, e può essere utilizzata per le attività di verifica svolte dagli organismi di controllo e dagli Enti gestori delle infrastrutture stradali". La "Parte I - Protocollo per la verifica dell'efficacia delle mitigazioni previste nei pareri di compatibilità ambientale delle infrastrutture stradali" comprende 9 capitoli che descrivono i seguenti argomenti: fase conoscitiva preliminare (ricettori, infrastruttura stradale principale, caratterizzazione di altre sorgenti sonore, valori limite) scelta dei ricettori soggetti a verifica (misure settimanali e misure spot) condizioni di misura (traffico, condizioni meteo e del manto stradale) procedure di misura (posizio- namento delle strumentazioni, verifica degli interventi in diversi scenari) elaborazione dei dati, periodicità dei controlli e valutazione dei risultati con report finale. Al termine della "Parte I" è proposto un "Test

del protocollo di monitoraggio per il controllo dell’efficacia delle mitigazioni acustiche delle infrastrutture stradali" che costituisce un vero e proprio caso studio completo di indagini strumentali che hanno riguardato la verifica di efficacia di barriere acustiche installate lungo il tratto della Diramazione Viareggio-Lucca dell'Autostrada A11 tra i km 71 e 72 sulla carreggiata ovest (gestione SALT p.a.). La "Parte II - Protocollo per la verifica dell'efficacia delle mitigazioni previste nei pareri di compatibilità ambientale delle infrastrutture ferroviarie" comprende gli stessi capitoli della parte I, ma specializzati per infrastrutture ferroviarie. Al termine della "Parte II" è proposto un Test di verifica come caso-studio con le indagini strumentali che hanno riguardato la verifica di efficacia della barriera acustica installata in territorio del comune di San Zenone al Lambro (MI), al confine con il comune di Vizzolo Predabissi (MI). La "Parte III - Protocollo per la verifica dell'efficacia delle mitiga-

zioni previste nei pareri di compatibilità ambientale di grandi opere " è impostata allo stesso modo della altre due parti e al termine è proposto un Test di verifica come caso-studio con indagini strumentali che hanno riguardato la verifica dell’efficacia degli interventi di mitigazione acustica realizzati presso un importante sito industriale, a ciclo continuo, ubicato in territorio lombardo. La Ditta è posta in adiacenza a centri residenziali urbani e ciò ha rappresentato, in passato, un fattore di criticità sul territorio che ha dato luogo a segnalazioni da parte dei cittadini e conseguenti accertamenti fonometrici. La "Appendice" comprende la raccolta, classificazione ed analisi delle prescrizioni VIA. Il manuale è un ulteriore supporto affinché gli studi di valutazione ambientale siano affrontati ed elaborati come un percorso condiviso e capace di raccogliere le necessità dei territori e non un inutile pila di faldoni pieni di documenti calati dall'alto...

Giornate di primavera FAI: un successo Le giornate di primavera organizzate dal Fondo Ambiente Italia il 22 e il 23 marzo sono state un vero successo: hanno registrato circa 600.000 presenze nei siti culturali aperti per l'occasione. In questa ventiduesima edizione sono stati circa 750 i beni fruibili dal pubblico in tutta Italia. Nonostante le avverse condizioni meteorologiche l'interesse degli italiani (e non) per il patrimonio artistico culturale del Belpaese si è dimostrato vivo, a differenza di quanto spesso si dica. La realizzazione dell'iniziativa è stata possibile grazie al contributo di 7.000 volontari e al coinvolgimento di circa

22.000 “apprendisti Cicerone”, studenti degli istituti superiori che hanno svolto il ruolo di guide turistiche grazie alla preparazione fornita da professori e delegati. Un'occasione per educare lo sguardo di grandi e piccoli

alla bellezza. Indispensabile l'apporto delle 116 Delegazioni (più 48 gruppi FAI e 51 gruppi FAI Giovani). I siti che hanno visto la partecipazione del maggior numero di visitatori sono stati gli studi della RAI di Milano, che hanno ac-

colto circa 11.000 persone, i palazzi Martinelli e Palmieri di Monopoli (BA) con 10.000 presenze; poi ci sono gli 8.000 del Carcere di San Sebastiano a Sassari e il milanese Albergo Diurno Venezia, gioiello liberty abbandonato da anni e riscoperto tra le bellezze grazie all'opera del Fai. A La Spezia l'ha fatta da padrone l'Arsenale Militare Marittimo e in provincia d'Ancona l'Eremo dei Frati Bianchi, entrambi con 6.000 visitatori. A Roma il più richiesto è stato invece il Teatro Marcello, con 5.000 presenze. In Campania grande affluenza per l’Archivio Storico, la residenza estiva del Presidente della

Repubblica Villa Rosebery e Palazzo Marigliano. Le giornate di primavera sono un occhio sul mondo che abbiamo attorno e di cui spesso non ci accorgiamo, un modo per scoprire le nostre città, una palestra per il rispetto dei beni naturali e artistici che il nostro Paese ci offre e che vanno tutelati da incuria e inciviltà. L’occasione è stata utile per raccogliere fondi per la salvaguardia ambientale e per promuovere nuove adesioni all’associazione grazie alle quali ottenere agevolazioni e visite esclusive per scoprire tutte le bellezze italiane 365 giorni all’anno. A.E.


Speciale Legge Regionale sul servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati in Campania (seconda parte) La Legge Regionale n. 5 del 24 gennaio 2014, trasforma in maniera sostanziale tutto il ciclo dei rifiuti, pertanto, di seguito, si propone una sintesi dei principali articoli indicando le principali modifiche rispetto al sistema precedente. Nell'articolo 1 ci sono le definizioni più importanti: "a) Gestione dei rifiuti urbani: la gestione anche integrata, dei servizi di spazzamento, raccolta, trasporto, avvio, commercializzazione, gestione e realizzazione degli impianti di trattamento, recupero, riciclo e smaltimento..." Ai Comuni, pertanto, competerà anche la gestione e la realizzazione degli impianti, con una serie di difficoltà operative previste nella fase di avvio, ma con uno scenario a medio-lungo periodo più sostenibile. Agli Enti sovraordinati spetta l'indispensabile compito della verifica e del controllo, sperando che non sia necessario affrontare nuovamente i calvari di commissariamenti e indagini giudiziarie... "b) Ambiti Territoriali Ottimali (ATO), la dimensione territo-

riale per lo svolgimento, da parte dei Comuni in forma obbligatoriamente associata, delle funzioni di organizzazione e gestione dei rifiuti urbani loro attribuite dalla legislazione nazionale e regionale, secondo i principi di efficienza, efficacia, economicità, trasparenza e sostenibilità ambientale..." Si riparla di ATO... Visto l'esito nel settore del ciclo integrato delle acque, le premesse non sono incoraggianti. Le difficoltà saranno di natura politica con scelte che richiederanno sicuramente la necessità di superare interessi campanilistici. Il ciclo integrato dei rifiuti richiede, mediamente, oltre il 50% del bilancio comunale, pertanto, saranno necessarie scelte politiche anche impopolari. Si spera che, nel prossimo futuro, sia modificato il termine "sostenibilità ambientale" con "durabilità ambientale". La differenza è sostanziale: la durabilità è la sostenibilità nel medio-lungo periodo... "c) Sistemi Territoriali Operativi (STO), le ripartizioni territoriali, interne agli ATO, delimitate dalla Regione per consentire l’or-

ganizzazione puntuale dei servizi in base alle diversità territoriali finalizzata all’efficienza gestionale, nel rispetto dei criteri previsti nell’articolo 15, comma 3..." "d) Conferenza d'ambito, la struttura che riunisce i Sindaci dei Comuni ricadenti in ciascun

ATO per l’esercizio in forma obbligatoriamente associata delle funzioni amministrative, anche fondamentali, degli enti locali ricompresi nell’ATO. In caso di decisioni riguardanti esclusivamente i singoli STO, la Conferenza d’ambito si riunisce in seduta ristretta alla quale

partecipano unicamente i Sindaci dei Comuni ricadenti nel rispettivo territorio.” I commi c) e d) pongono alla base della nuova legge regionale, la collaborazione e la solidarietà tra i diversi Comuni. La speranza è l'ultima a morire... A.M.

Comune di Napoli, varato il piano antismog Il comune di Napoli ha adottato nuove misure antismog per far fronte all’allarme inquinamento che attanaglia la città partenopea, a tutela della salute dei cittadini e della viabilità cittadina. Come ha dichiarato il vicesindaco Tommaso Sodano, questa volta il blocco delle auto a Napoli non è occasionale ma è parte di un progetto integrato ed articolato che partirà non appena sarà pronta l’ordinanza e durerà fino a fine anno. Ma veniamo ai provvedimenti. Divieto di accesso e circolazione dei veicoli privati destinati al trasporto di persone e merci sull’intero territorio cittadino per le giornate di lunedì, mercoledì e venerdì nella fascia oraria 7.30-11.30 e per le giornate di giovedì nella fascia oraria 15-18.30. il dispositivo non riguarda la rete autostradale cittadina e non sarà valido nei giorni: 18 aprile, 21 aprile, 25 aprile, 1

maggio, 2 giugno,15 agosto, 19 settembre,8 dicembre, 24 dicembre, 25 dicembre, 26 dicembre, 31 dicembre. È stato inoltre deciso dalla Giunta di istituire una domenica ecologica al mese nel corso della quale sarà vietato circolare su tutto il territorio cittadino dalle 9.30 alle 13.00, si partirà l’11 maggio e poi via via l’1 giugno, il 6 luglio e il 3 agosto, per ora…non mancano le deroghe, potranno infatti circolare, sia durante la settimana che di domenica i mezzi a 2 ruote euro 2, le auto euro 4, i veicoli che trasportano almeno 3 persone a bordo, i veicoli a gpl o metano, quelli che trasportano disabili, quelli intestati e con a bordo cittadini non residenti in Campania. Ad affiancare il provvedimento tutta un’altra serie di misure collaterali, dal potenziamento del trasporto pubblico alla piantumazione in città di essenze arboree “mangia-smog”.


I volontari del Comitato "Porchiano bene comune" puliscono le strade del loro quartiere Da parecchi anni nel nostro Paese, una certa cultura e una certa classe dirigente, accusa gratuitamente i napoletani di mancanza di senso civico e di cattiva collaborazione con le “istituzioni”. Dopo millenni di civiltà, all’improvviso i napoletani per alcune persone avevano perso la loro cultura e dopo aver inventato la matematica, la filosofia, la letteratura, la medicina, l’arte, l’archeologia, il diritto, non riuscivano a separare, la plastica dal vetro e la carta dall’umido e si erano abituati a vivere nella spazzatura. Quando poi la raccolta differenziata è stata inventata dalle nostre parti due secoli fa. Da uno dei quartieri più disagiati delle nostre periferie, che viene ricordato solo per episodi di cronaca, arriva una risposta netta e precisa dalla gente comune e poi… come si dice: “Se la montagna non viene a Maometto, Maometto va alla montagna”. Il 28 marzo scorso, un centinaio di giovanissimi studenti di due scuole napoletane, il 77° e 88° Circolo Didattico e i volontari del Comitato “Porchiano bene comune”, hanno organizzato la prima “Giornata ecologica” in collaborazione con il presidente dell’Asia, Raffaele Del Giudice, il presidente della Uisp (Unione Italiana Sport per tutti) Antonio Mastroianni. Il tutto si è svolto nella cosiddetta area orientale della città, la Sesta Municipalità

(Ponticelli, Barra, S. Giovanni a Teduccio). I volontari, insieme ai bambini delle scuole, hanno pulito alcune strade: via Pasquariello, Via Fratelli Grimm, via Esopo, viale Hemingway, e le aree adiacenti i plessi scolastici dei due circoli didattici promotori dell’iniziativa. “Armati” di scope e palette messe a disposizione dall’associazione Let’s Do Italy, hanno ripulito simbolicamente la loro “terra”. Il Comune di Napoli ha fornito il materiale pubblicitario necessario, l’Asia, invece, ha allestito un punto informazioni e assicurato la presenza di operatori ecologici, con tutto il materiale necessario (buste, gazebo). “Il degrado che invade le nostre strade non può che destare scalpore ai numerosi attivisti che hanno aderito al comitato. Il nostro impegno deve essere inteso soprattutto nel suo senso simbolico: sappiamo bene che per ripulire tutta la zona non basterebbero intere giornate e non sarebbe sufficiente la sola buona volontà dei cittadini. Ma cavalcata l’onda dell’esasperazione, abbiamo deciso di coinvolgere quanti più cittadini possibili per far capire che il loro contributo è essenziale per ripristinare condizioni di vivibilità, a partire dalle strade che maggiormente si frequentano”, commentano i portavoce del comitato.

Il neo ministro all’Ambiente Galletti incontra Don Patriciello Pochi giorni fa, a Caivano (NA), nella chiesa di San Paolo Apostolo, il neo ministro dell’ambiente, Gian Luca Galletti, ha incontrato don Maurizio Patriciello, il sacerdote che da tempo si batte per sanare le ferite di un popolo e di un territorio: la cosiddetta “Terra dei Fuochi”. Presenti giornalisti, fotografi, alcuni rappresentanti di comitati e associazioni locali, lavoratori precari e disoccupati. Tante le storie raccontate. Tante quelle da raccontare. E se da un lato, il parroco, simbolo della mobilitazione e i cittadini presenti in Parrocchia, hanno riba-

dito il concetto-chiave della loro azione: pronti a riscendere subito in piazza nel caso non dovessero sopraggiungere azioni convincenti da parte del Governo, dall’altro, il ministro Galletti ha ribadito tutto l’impegno da parte delle Istituzioni per sostenere e combattere questa profonda piaga che attanaglia il territorio campano: “Questa terra stuprata è un problema nazionale, il Governo darà il massimo impegno per la salute e l'ambiente. Sono qui perché voglio risolvere un problema a cui ha concorso il nord come il sud Italia e che nuoce a tanti

campani onesti. Il mio compito sarà sovrintendere alla tempistica della soluzione”. Quindi, una soluzione c’è. Bene. Questo “rassicura”. Per il momento, però, nonostante il recente decreto relativo a questa tormentata odissea (che contempla risorse per le bonifiche, lo screening sanitario, la mappatura dei suoli, la repressione delle opere di devastazione e tante altre cose belle) sia ormai legge, imperversano in piazze, sul web e sui giornali, interventi e commenti di disaccordo su alcuni punti del documento, considerati deboli o incompleti. La si-

tuazione continua a preoccupare tutti, soprattutto le famiglie residenti sull’area. Anche lo stesso Patriciello, “approfittando” della gradita visita del ministro, sposta l’attenzione sul provvedimento: “Quando si arresta chi appicca il fuoco – dichiara durante l’incontro - si becca il poveraccio con il cerino e non il mandante. Non i killer di questa terra. Certo il decreto è importante, ma a noi interessa sapere chi ha ordinato di interrare i rifiuti tossici”. E mentre diversi studi e ricer-

che continuano ad asserire che, in questa porzione d’Italia, si muore troppo, soprattutto per cause tumorali, la speranza è che tutti, finalmente, si assumano le proprie responsabilità. Le strette di mano e le “dichiarazioni di pace” adesso non bastano più. affinché anni e anni di silenzio, indifferenza e negligenza, non siano dimenticati. F.L.


Belo Monte, una discussa diga in Amazzonia Salvatore Allinoro Mentre in Europa i produttori di energia idroelettrica puntano sui micro impianti per approvvigionare i loro clienti rendendo accettabili gli impatti in termini di V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale), nel resto del mondo le cose non vanno altrettanto bene. In Brasile il governo sta lavorando a una grande opera che avrà il potere di sbarrare il cammino del fiume Xingu, un affluente del Rio delle Amazzoni. Il progetto è in fase avanzata di realizzazione ma il suo completamento è duramente osteggiato dalle comunità locali. La diga sarà la terza più grande del mondo e inonderà a monte una vasta porzione di terra, prosciugherà a valle alcune parti del fiume Xingu, devasterà la foresta pluviale e ridurrà la popolazione ittica da cui gli indiani dell’area, tra cui i Kayapò, gli Arara, gli Jurma, gli Arawetè, gli xikrin, gli asurini e i parakanà, dipendono per sopravvivere. I pescatori indigeni hanno inscenato una forma di protesta sui generis. Sicuri di andare incontro a una fortissima diminuzione del pescato a seguito della terminazione dei lavori, hanno preventivamente iniziato a issare nelle reti tutte le specie ittiche del fiume, comprese le più rare che di solito

«

La diga devasterà la foresta pluviale e ridurrà la popolazione ittica

venivano restituite all’acqua. Lo fanno per mostrare i livelli di abbondanza e di biodiversità che il fiume offre e che diventeranno solo un ricordo dopo il sollevamento dell’argine. Nelle assemblee tra tribù non si parla di altro, è necessario trovare unione tra le varie etnie per far fronte co-

mune contro le speculazioni tecnocratiche che distruggeranno l’importantissimo ecosistema Amazzonia. I messaggi di solidarietà arrivano da tutto il mondo. Il capo di questi popoli, riconoscibile per un grosso anello al labbro inferiore che rende le mucose simili ad un grosso disco, ha in-

»

contrato delegazioni di leader europei a Parigi cercando sostegno da parte di organizzazioni internazionali. Prevede le sorti dei suoi conterranei e non ha alternative: dovrà condurre i suoi guerrieri in battaglia contro le forze di occupazione. In segno di vicinanza anche Arnold Shwarznegger, governa-

tore di una California attenta in materia di tematiche ambientali, insieme con l’amico regista James Cameron si sono recati in visita a Belo Monte per proiettare tra i nativi il film “Avatar” in cui gli indigeni si oppongono al potere di una multinazionale interessata solo alle sfruttamento delle risorse naturali senza considerare i danni ecologici sul lungo periodo, come nella foresta tropicale sta succedendo nella realtà. I mezzi di sussistenza di migliaia di indigeni che dipendono dalla foresta e dal fiume per bere e mangiare andranno distrutti, mentre l’afflusso di uomini e operai porterà violenze e malattie agli indiani mettendo a rischio le loro vite. Un cantiere enorme infatti sta già richiamando migliaia di persone in cerca di lavoro in un territorio non adatto ad ospitarli. Chi volesse saperne di più può cercare il documentario “Belo Monte: annuncio di una guerra”. Nell’arco di due anni il collettivo Cinedelia ha realizzato tre spedizioni sul fiume Xingu, 120 ore di girato, 87 interviste a persone coinvolte nelle decisioni politiche, a studiosi, indigeni e comunità colpite dalla costruzione della diga di Belo Monte. Dalle immagini si capisce che i popoli hanno bisogno di essere rappresentati perché tutto il mondo conosca gli assurdi retroscena di questa vicenda.

Buenos Aires vince il premio della nona edizione Sustainable Transport Award Tempi d’oro per la città di Buenos Aires grazie ai suoi trasporti sostenibili, che le hanno permesso di vincere la nona edizione del Sustainable Transport Award. Sono stati, infatti, attuati grandi miglioramenti negli ultimi mesi alla mobilità urbana che hanno portato a una netta riduzione delle emissioni di diossido di carbonio e al miglioramento della sicurezza per le strade di pedoni e ciclisti. Bisogna dire che Buenos Aires, con i suoi tre milioni e più di abitanti, nel 2013 ha attuato un vero e proprio piano di total restyling del suo Viale IX di Luglio, il più largo del mondo, che conta più di venti corsie, la maggior parte delle quali sono state destinate esclusi-

vamente al transito del trasporto pubblico. Una fitta rete di mezzi di trasporto, a cui può fare riferimento la cittadinanza, che consta di diciassette stazioni, dove transitano ben undici linee di autobus, che trasportano al giorno circa duecento mila passeggeri. Per questo, il Comune ha deciso di costruire anche un tunnel lungo ventitré chilometri, il Metrobus Sur, ed ha trasformato decine di strade in aree pedonali e dedicate ai ciclisti, promuovendo, così, una coscienza critica rispetto alla mobilità urbana only green, nel totale rispetto dell’ambiente. E se fino a qualche tempo fa per attraversare la città servivano 40 minuti, ora

ne bastano in media soltanto 14. Una gran bella vittoria in termini di rispetto dell’ambiente e di vivibilità della città.

Tutto ciò non poteva passare inosservato e proprio per questo il premio del Sustainable Transport Award, giunto alla sua nona edizione, non poteva

non aggiudicarselo la capitale argentina, che ha sviluppato nel modo migliore possibile la rete dei trasporti urbani, facilitando la mobilità e la qualità di vita dei residenti, avendo la meglio su Indore (India), Suwon (Corea del Sud) e Lanzhou (Cina). Un chiaro esempio quello argentino da tenere ben presente e dal quale le amministrazioni delle più grandi metropoli del mondo devono prendere spunto, rendendo migliore e vivibile le nostre città, alzando la qualità della vita e, contemporaneamente, abbassando l’impatto sull’ambiente. Insomma, diamoci una mossa! Mica si deve rimanere sempre indietro? A.P.


Terra dei fuochi e siti agricoli da indagare I dati di Arpac hanno contribuito a determinare le misure di salvaguardia presentate dal Governo

In applicazione dell’art. 1 della L. n. 6 del 6 febbraio 2014, di conversione del D.L. 136/2013 e della connessa Direttiva interministeriale del 23.12.2013, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale in Campania (ARPAC) ha collaborato, nell’ambito di uno specifico Gruppo di Lavoro (GdL), con altre importanti istituzioni quali il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura (CRA), l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), la Regione Campania, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale (IZS Abruzzo e Molise, IZS del Mezzogiorno), Università degli Studi di Napoli Federico II e l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) “per la mappatura dei terreni agricoli della Regione Campania eventualmente interessati da effetti contaminanti a causa di sversamenti e smaltimenti abusivi di rifiuti anche mediante combustione”. Tale mappatura ha finora interessato il territorio di 57 comuni della cosiddetta Terra dei Fuochi, individuati dalla Direttiva interministeriale, ed ha portato all’individuazione, in prima istanza, di 1.562 siti agricoli, per un totale di 1.146 ettari, da indagare ulteriormente, come descritto nella tabella 1(pubblicata a pag. 7) e nel Documento di Sintesi in corso di approvazione con Decreto Interministeriale. Sulla base delle previsioni normative, la mappatura dovrà essere estesa ad altre aree individuate da un’ulteriore Direttiva. In mancanza del Regolamento concernente gli interventi di bonifica, ripristino ambientale e di messa in sicurezza, d'emergenza, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento, già previsto a suo tempo dall’art. 241 del D.Lgs. n.152/06 e sinora mai emanato, e che, ai sensi della Legge 6/2014, dovrebbe essere predisposto entro 90 giorni, il GdL ha elaborato un modello scientifico di riferimento con l’obiettivo di pervenire alla individuazione di criteri per la valutazione dei terreni agricoli, finalizzati ad assicurare la

salubrità e la qualità delle produzioni agroalimentari a tutela della salute umana. Nella valutazione dello stato di contaminazione di un suolo agricolo, infatti, oltre che sulla concentrazione assoluta di inquinanti nel suolo, l’attenzione dovrebbe essere incentrata principalmente sulla possibilità del passaggio degli inquinanti dal suolo alla pianta e sul loro conseguente ingresso nella catena alimentare. Occorre, quindi, effettuare valutazioni molto più complesse, relative alla biodisponibilità dei diversi inquinanti, alla qualità dei suoli, ai meccanismi di assorbimento e traslocazione. Mettendo a sistema le informazioni ambientali già disponibili, il GdL ha individuato i terreni agricoli da indagare al fine di ottenere tutte le informazioni necessarie all’applicazione del modello scientifico. In particolare si è tenuto conto sia dei dati analitici pregressi di suoli agricoli nella disponibilità di ARPAC e dell’Università di Napoli Federico II, sia delle segnalazioni ottenute dalla foto interpretazione multi-temporale di immagini a partire da una serie storica messa a disposizione da AGEA relativa al periodo 1997-2011 (con alcune aree del 2012). Con quest’ultima metodologia è stato possibile effettuare, nel territorio individuato dalla Direttiva, una mappatura di 1622 siti sospetti in quanto interessati nel tempo da scavi, movimenti di terra, ricoprimenti con rifiuti. Sono stati, inoltre, forniti dati utili allo scopo da Enti non partecipanti al GdL quali C.F.S, Carabinieri, Procure, G.d.F, Ministero dell’ Ambiente, Commissario di Governo Delegato Ex L.N. 11/2013. Tutti i dati raccolti, unitamente a quelli riguardanti l’ubicazione di discariche, abbandoni incontrollati di rifiuti, depositi di ecoballe, siti di stoccaggio, incendi di rifiuti, aree industriali etc., sono stati inseriti in un Geoportale appositamente realizzato dall’ IZS Abruzzo e Molise. Dalla sovrapposizione dei diversi layer cartografici ottenuti si è addivenuti alla suddivisione dei siti in 5 diverse classi di rischio presunto, come riportato nella tabella 1. Su tutti i terreni rientranti nelle 5 classi di rischio presunto saranno effettuate, con

I terreni sono stati suddivisi in cinque classi di rischio presunto

Grafico 1. Numero di siti con superamenti delle CSC per Comune

N. di siti con superamenti delle CSC

N. SITI

C Comuni

Marinella Vito Claudio Marro

0

50

tempistiche diverse, ulteriori indagini analitiche finalizzate da una parte a confermare o meno i livelli di contaminazione già evidenziati da analisi precedenti e dall’altra ad acquisire tutte le ulteriori informazioni necessarie per

100

150

200

l’applicazione del modello scientifico, al fine di pervenire alla classificazione dei terreni agricoli in funzione della idoneità o meno alla coltivazione per la produzione di beni alimentari. (continua a pag. 7)


segue da pagina 6 Sui terreni di rischio presunto 5, 3 e 2b, oltre alle indagini analitiche, saranno effettuate anche indagini indirette (con magnetometro, georadar, etc.) e dirette (scavi, carotaggi, trincee, etc.) utili per individuare la presenza o meno di rifiuti interrati. Per i terreni delle classi di rischio 5, 4 e 3, considerati maggiormente a rischio in base ai risultati della mappatura, nelle more della esecuzione delle ulteriori indagini, il GdL ha comunque proposto l’adozione di misure di salvaguardia, quali, ad esempio, il divieto di commercializzazione dei prodotti agricoli. Il grafico 1 (pubblicato a pag. 6) mette in evidenza che il 35,1% dei terreni agricoli sospetti individuati si trovano nei comuni di Acerra, Giugliano in Campania e Villa Literno, mentre il grafico 2 mostra sia che il 44% dei siti individuati presenta superamenti delle CSC per più parametri sia che ben 136 sono i superamenti delle CSC imputabili al rame, che come è noto è molto utilizzato in agricoltura come anticrittogamico. Non trascurabile è anche il numero di superamenti attribuiti ai fitofarmaci. Consistenti, infine, appaiono i superamenti dovuti ad inquinanti organici quali diossine, PCB ed IPA, che, pur non essendo generalmente assorbiti dalle colture agrarie, possono finire nella catena alimentare attraverso i prodotti della zootecnia. A proposito della tabella 1, non si può, però, non sottolineare, che i terreni agricoli “da attenzionare” sono ben più numerosi dei 1.562 sopra citati atteso che esistono 2 categorie di terreni, citati nel Documento di Sintesi e rientranti nelle classi di rischio presunto 2c e 2d, il cui numero

ARPA CAMPANIA AMBIENTE del 31 marzo 2014 - Anno X, N.6 Edizione chiusa dalla redazione il 31 marzo 2014 DIRETTORE EDITORIALE

Pietro Vasaturo DIRETTORE RESPONSABILE

Pietro Funaro CAPOREDATTORI

Salvatore Lanza, Fabiana Liguori, Giulia Martelli IN REDAZIONE

Cristina Abbrunzo, Anna Gaudioso, Luigi Mosca, Andrea Tafuro GRAFICA E IMPAGINAZIONE

Savino Cuomo HANNO COLLABORATO

S. Allinoro, F. Clemente, P. D’Auria, G. De Crescenzo, A. Esposito, E. Ferrara, R.Funaro, L..Iacuzio,G. Loffredo, C. Marro, B. Mercadante, A. Morlando, A. Palumbo, A. Paparo, F. Schiattarella,L. Terzi, E. Tortoriello, M. Vito SEGRETARIA AMMINISTRATIVA

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Tabella 1. Classificazione dei terreni agricoli in funzione del livello di rischio presunto LIVELLO DI RISCHIO PRESUNTO

CARATTERISTICHE DEL SITO

5

Valore Inquinanti > 10 x CSC (o VF) e corrispondenza (entro 10 m) con siti a rischio da analisi foto aeree

4

Valore Inquinanti > 10 x CSC (o VF)

3 2a

2b

Valore inquinanti = 2-10 x CSC (o VF) e corrispondenza (entro 10 m) con siti a rischio da analisi foto aeree Valore inquinanti = 2-10 x CSC (o VF) Siti a rischio da analisi foto aeree (classi 2, 3, 4, 5 e 6)

INDAGINI

analitiche e conoscitive (carotaggi, trincee, ecc..) entro 90 gg analitiche entro 90 gg analitiche e conoscitive (carotaggi, trincee, ecc..) entro 90 gg analitiche entro 180 gg conoscitive (carotaggi, trincee, ecc..) ed eventualmente analitiche entro 180 gg

Aree agricole delle aree vaste Lo analitiche Uttaro, Bortolotto-Sogeri e Masseria 2c del Pozzo con valore inquinanti*, aree entro 360 gg agricole del PRB Aree agricole circostanti impianti di smaltimento di rifiuti, aree analitiche industriali, grandi arterie di traffico 2d veicolare e aste del sistema dei Regi entro 360 gg Lagni, aree degli incendi di grande rilevanza, siti a rischio da analisi foto aeree (classe 1) analitiche 1 Valore inquinanti = 1-2 x CSC (o VF) * tutte le aree agricole ad eccezione di quelle già comprese nei livelli di rischio 3 e 4. esatto verrà determinato a valle di indagini analitiche e di approfondimento. In particolare i siti “2c” sono terreni agricoli compresi nelle cosiddette “Aree vaste” ovvero comprensori relativamente ristretti dove risultano concentrati numerosi siti contaminati o potenzialmente contaminati e dove, quindi, esiste il rischio concreto che anche i terreni contigui possano presentare concentrazioni di contaminanti al di sopra di quelle di riferimento. Per i siti “2d”, invece, il GdL ha ritenuto opportuno proporre ai Ministeri competenti, l’applicazione di “fasce di rispetto” ovvero porzioni di terreni agricoli da sottoporre a specifiche indagini prima di consentirne la coltivazione. Questi terreni si trovano nelle immediate vicinanze degli impianti di smaltimento di rifiuti, delle aree industriali, delle grandi arterie di traffico veicolare, delle aste del sistema dei Regi Lagni, delle aree degli incendi di grande rilevanza, ecc.. Come si vede dunque, a dispetto di quanto riportato nei giorni scorsi in numerosi articoli di stampa, il numero di siti sospetti individuati è di oltre 1500, che, tradotto in particelle catastali, dovrebbe, in base ai primi calcoli,

arrivare ad oltre 12.000 particelle. A questi siti dovranno essere aggiunti, come detto a chiare lettere nella relazione di sintesi, anche tutti quelli ricadenti nel perimetro delle aree vaste e quelli nell’intorno delle discariche, dei siti di stoccaggio, degli impianti di trattamento rifiuti, delle aree industriali, dei grandi assi viari, dei Regi Lagni . Occorre, inoltre, evidenziare che nessuno, neanche il legislatore, abbia mai pensato che i risultati di questa prima mappatura possano essere considerati conclusivi, sia perché la stessa Legge 6/2014, come dianzi detto, ne prevede l’estensione ad altre parti del territorio, sia perché, come chiaramente riportato nella relazione, i dati raccolti sono stati quelli nella disponibilità degli Enti del GdL, che sicuramente non possono essere considerati esaustivi, e che volentieri, tra l’altro, potrebbero essere implementati anche con le segnalazioni di coloro che, nell’affermare che il fenomeno sia stato minimizzato, si debba ritenere dispongano di informazioni diverse, che potrebbero essere messe utilmente a disposizione di chi sta cercando di dare il proprio modestissimo contributo per fare chiarezza. Nelle pros-

NUMERO DI SITI

SUPERFICIE AGRICOLA (ETTARI)

7

16,5

40

40

4

8,1

86

86

1.249

820

da determinare entro 90 gg

da determinare entro 90 gg

da determinare entro 90 gg

da determinare entro 90 gg

176

176

sime settimane, non appena il documento del GdL sarà approvato con apposito Decreto Ministeriale, dovrà essere messo in campo una vera e propria macchina da guerra sia per campionare ed analizzare diverse centinaia di campioni di suolo, vegetali, acque e per effettuare scavi alla ricerca di rifiuti interrati, sia per completare il lavoro di individuazione delle particelle catastali delle aree vaste e delle aree circostanti le possibili fonti di inquinamento, sia per avviare la ricognizione sulle ulteriori aree del territorio che dovranno essere studiate. Il tentativo di confutare il lavoro sin qui svolto, oltre ad offendere i tecnici che hanno profuso tutto il proprio impegno per realizzarlo, cosa che potrebbe essere relativamente ininfluente, sembra purtroppo orientato ad alimentare nei cittadini, già così tristemente provati da lutti e sofferenze, la totale sfiducia nel lavoro delle istituzioni scientifiche, ed a spingerli conseguentemente all’ascolto di sirene e falsi profeti, che, senza mostrare i dati a supporto, tendono a preconizzare disastri oppure a chiudere gli occhi di fronte alla triste realtà di questi territori martoriati.

Grafico 2. Numero di siti con specifici superamenti delle CSC


UN BILANCIO DELL’INVERNO 2013/2014 A NAPOLI Confronto con l’anno precedente: temperature troppo miti in entrambi i casi Gennaro Loffredo L’inverno 2013/14, che a livello meteorologico si è appena concluso, è stato tra i più caldi degli ultimi 150 anni. Questo è stato non a caso battezzato l’anno del “non inverno”, per le temperature record registrate sul 50% della penisola italiana nel corso del trimestre. A caratterizzare l’inverno, il numero eccezionale di giornate piovose, favorite dal continuo flusso atlantico, e l’assenza di ondate di freddo intenso, un evento unico negli ultimi 15 anni. È stato un inverno davvero insolito, più simile ad un interminabile au-

tunno piovoso che a un vero inverno, specie a dicembre e gennaio.Un mese di febbraio quasi primaverile è culminato in un’ondata di caldo eccezionale nella parte centrale del mese. Le temperature più basse sulla nostra regione si sono registrate prevalentemente nei primi quindici giorni del mese di dicembre, con la presenza di un robusto anticiclone che ha determinato cieli sereni, temperature basse di notte ed elevate di giorno, scarsa ventilazione e una stabilità atmosferica tale da costringere l’amministrazione locale ad adottare il sistema delle targhe alterne per diminuire l’inquinamento da traffico veicolare. Il mese di gennaio, invece, è stato il più piovoso della triade. La nostra penisola è stata raggiunta da una serie infinita di perturbazioni atlantiche, in particolare nella seconda parte. La presenza di una profonda circolazione depressionaria sul Mediterraneo ha favorito una sostenuta ventilazione di libeccio e di scirocco, con molte interruzioni del traffico marittimo da e per le isole minori del Golfo di Napoli. Infine è stato il mese di febbraio a vestire i panni della primavera,

merito dell’espansione sulle nostre regioni di un promontorio di alta pressione di origine africana che ha praticamente determinato una ondata di caldo fuori stagione su tutta la nostra penisola con molti record di temperature stracciati, in particolare sulle zone montuose. Nella tabella sono riportate le temperature medie registrate nei mesi di dicembre 2013, gennaio 2014, febbraio

2014 confrontati con i valori dell‘inverno precedente. Gli ultimi due inverni sono stati prevalentemente miti. Le anomalie si aggirano intorno ai 34°C rispetto alla media, con picchi positivi maggiori soprattutto durante il mese di febbraio 2014, anomalie che si sono riversate anche sulle temperature superficiali del mar Mediterraneo.

Le correnti fredde fanno abbassare le temperature percepite

IL “RAFFREDDAMENTO DA VENTO”: COS’È L’EFFETTO WIND CHILL Mamma mia che vento gelido! Chissà a quanti gradi saremo! Ma non è possibile: siamo a 10°C e fa così freddo? Questa è una frase che si sente molto spesso in Italia, quando il vento la fa da padrone. Il nostro corpo sente freddo ma il termometro subito ci smentisce all’istante. In meteorologia, il wind chill è l’effetto che il vento ha sul nostro corpo, e che ci fa percepire una sensazione di freddo maggiore rispetto alla temperature reale osservata. L'espressione deriva dall’abbinamento di wind (vento) e chill (gelata, raffreddamento) e quindi può essere tradotto come “raffreddamento da vento”. Il nostro corpo ha una temperatura interna di circa 36°C e ciò è dovuto al fatto che tutti i

processi energetici del nostro metabolismo necessitano di questa temperatura per avere la massima resa. Il vento si comporta come un agente di disturbo, infilando letteralmente il freddo in ogni punto del nostro corpo. In questo modo noi percepiamo una temperatura nettamente inferiore a quella reale. Esperimenti in Antartide hanno permesso di stimare il rischio di assideramento: al di sotto di un indice di raffreddamento pari a -30°C il rischio di congelamento è reale, mentre sotto i -50°C il congelamento avviene in un minuto circa. In zone miti questo indice può essere male interpretato, specie con temperature reali positive. Una tempera-

Fonte: www.perugiameteo.it

tura reale di 4°C associata ad un vento di 50km/h fornisce una temperatura apparente di -11°C. Ovviamente non c è pericolo di congelamento, ma l’individuo dovrà coprirsi a

dovere. Per la stessa ragione, se abbiamo lasciato delle bottiglie di acqua sul balcone con una temperatura di +4°C, ma tira un forte vento e quindi la temperatura percepita è al di sotto dello zero, le bottiglie non si congeleranno e non si romperanno, perché il congelamento dipende dalla

temperatura reale e non da quella wind-chill. La comprensione dell’indice wind chill e del relativo effetto ci aiuta a capire meglio i bollettini meteorologici e i fenomeni fisici, in particolare quando pianifichiamo le nostre uscite in montagna durante la stagione invernale o in giornate particolarmente ventose, adeguando opportunamente il vestiario. G.L.


Google Earth: occhio alle foreste! On-line una mappa della deforestazione grazie ai satelliti in orbita Giulia Martelli Nasi elettronici per misurare l’inquinamento atmosferico, orecchi metallici per valutare quello acustico e occhi bionici per sorvegliare e tutelare l’ambiente … I cinque sensi accorrono in aiuto degli scienziati

che da anni provano a replicare in laboratorio la perfezione del corpo umano. L’ultima novità è rappresentata dal sistema Global Forest Watch, una spia supertecnologica che sorveglia l’andamento del verde del pianeta fornendocene una mappa costantemente aggiornata. Il detentore del progetto è Google, in particolare Google Heart, (i cui “occhi elettronici” ci permettono da tempo di girare il mondo stando comodamente seduti in poltrona) che grazie alle immagini rimandate da milioni di satelliti in orbita consentirà di osservare dall’alto gli incendi e finanche scovare le aree di deforestazione clandestina per poi risalire ai responsabili. Tra il 2000 e il 2012 sono scomparsi 230 milioni di ettari di alberi dal nostro pianeta. È l’equivalente di 50 campi da calcio tagliati ogni minuto per ogni giorno degli ultimi 12 anni. Se fino a poco tempo fa cifre come queste erano destinate a restare note solo agli addetti ai lavori, ora grazie a Global Forest Watch, chiunque può visualizzare qual è il loro impatto sul nostro pianeta. Per la prima volta sono state messe a disposizione gratuitamente più di mezzo miliardo di immagini ad alta risoluzione raccolte dal satellite della Nasa Landset, a cui vanno ad aggiungersi i dati elaborati da enti di

ricerca, governi e Ong che monitorano sul terreno lo stato della deforestazione. Promossa dal World Resource Institute insieme a 40 partner la mappa realizzata da Google permette di attivare una timeline che, con l’alternarsi di pixel rosa (albero abbattuto) e celesti (pian-

tato), fa capire quali sono le aree più colpite, come il Brasile, l’Indonesia, la Repubblica Democratica del Congo. Uno strumento di zoom consente poi di analizzare da vicino qualsiasi area del pianeta, anche quella in cui viviamo. I governi e le autorità locali potranno utilizzare la mappa per avere informazioni sulle attività di disboscamento di cui spesso non riescono a tenere traccia, il sistema è, infatti, in grado di in-

viare un alert automatico quando viene rilevata la perdita di area verde, permettendo così di individuare i responsabili in tempo utile. Allo stesso tempo una versione più dettagliata del database sarà messa a disposizione - a pagamento delle grandi compagnie che vo-

gliono certificare la provenienza del legno dei propri fornitori e così evitare di utilizzare fornitori associati con la deforestazione. Lo stesso vale anche per i prodotti alimentari responsabili del disboscamento di molte aree del globo: le società interessate potranno visualizzare le aree messe a disposizione dai governi per l’olio di palma o la soia in Camerun, Repubblica Democratica del Congo e Indonesia.

I fenicotteri rosa tornano nella laguna veneta Fabio Schiattarella I lavori per la salvaguardia della città dall’acqua alta e dall’inquinamento fluviale hanno portato, oltre alla già nota ripopolazione in laguna e Adriatico di numerose specie di pesci, anche il ritorno degli uccelli. Tornano così i fenicotteri rosa nella laguna di Venezia, un fenomeno che è aumentato progressivamente nel tempo portando intere colonie di questi meravigliosi uccelli o dei più classici “ tuffettini ”, uccelli della famiglia dei Pedicipedidi, caratterizzati da corpo tondo e becco corto, a vivere in laguna.Oltre al sistema Mose, le discusse barriere mobili volte ad arginare le acque alte eccezionali, si sta così raggiungendo uno degli obbiettivi del “ Piano generale di interventi realizzato dal Magistrato alle Acque di Venezia” attraverso il Consorzio Venezia Nuova (concessionario dei lavori di difesa e salvaguardia) ovvero quello di rivitalizzare la laguna. La protezione e la ricostruzione di habitat naturali come quelle aree spugnose che affiorano o scompaiono sottacqua a seconda della marea note come barene, hanno svolto funzioni ecologiche e idrodinamiche che assicurano la biodiversità dell’ecosistema e quindi anche della fauna avicola. Negli anni sono state ricostruite oltre 100 barene artificiali per un’estensione di circa 1.600 ettari. Barene che grazie allo spontaneo sviluppo della vegetazione e alla formazione di canali e piccoli stagni acquistano le stesse funzioni ecologiche di quelle naturali. Proprio le barene artificiali sono quindi divenute un sito di alimentazione complementare rispetto a quello tradizionale. I numeri si sono rivelati di interesse ambientale: circa 120 le specie di uccelli osservate sinora almeno una volta; stormi di quasi 6.000 limicoli, piccoli invertebrati tra cui piovanelli pancianera, pivieresse, chiurli maggiori, fratini, corrieri grossi, utilizzano regolarmente alcune barene artificiali come sito di sosta durante le fasi di alta marea, molte migliaia di limicoli le utilizzano invece per la ricerca del cibo.

La bioluminescenza: pesci fluo in fondo al mare I ricercatori dell’American Museum of Natural History hanno catalogato decine e decine di pesci fluorescenti. La bioluminescenza è uno dei fenomeni più interessanti della vita animale: sono molti gli organismi che riescono a catturare l’energia delle radiazioni elettromagnetiche ad onde corte come i raggi X o i raggi ultravioletti convertendola poi in un nanosecondo in luce con maggiore lunghezza d’onda. La notizia è stata riportata dall’Huffington Post. Il mare è pieno di creature bioluminescenti ed i ricercatori hanno catalogato più di 180 specie di pesci fluore-

scenti durante una spedizione che ha toccato i Caraibi e l’Oceano Pacifico. Sorprendentemente non si tratta di specie sconosciute ma di squali, razze, anguille e ghiozzi che hanno svilup-

pato questo modo di comunicare nelle profondità marine. Tutto ciò è possibile in quanto molti pesci fluo hanno filtri gialli negli occhi che permettono loro di ve-

dere i disegni fluo degli altri. Gli studiosi, che hanno pubblicato la loro scoperta sulla rivista Plos one, sono fiduciosi del fatto che il loro lavoro potrà essere utile per costituire le basi della ricerca in questo ambito. Sono infatti convinti che sintetizzare le proteine che permettono agli animali di brillare in quel modo possa essere utile per la scienza e la medicina, come quando negli anni ’60 la scoperta della proteina verde fluorescente di una specie di medusa fu fondamentale per la ricerca riguardante molte malattie umane. G.M.


EnergyMed 2014: il mondo è pieno di energia! Alla Mostra d’Oltremare di Napoli la VII edizione della rassegna Fabiana Liguori Lo scorso 27 marzo è stata inaugurata alla Mostra d’Oltremare la settima edizione di EnergyMed, la Mostra Convegno sulle Fonti Rinnovabili e l’Efficienza Energetica nel Mediterraneo. Noi, naturalmente, eravamo lì. L’atmosfera era quella di sempre: energia, esuberanza, vigore, danzavano tra gli stand in un groviglio di buono propositi e grandi progetti presentati dai relatori e gli illustratori del settore. Tre le aree espositive: EnerEfficiency (Efficienza Energetica), Mobility Med (Mobilità sostenibile) e Recycle (Riciclo). Quest’anno, tante le novità: la presenza in sede di un nuovo distretto, quello della Cogeneration, una tecnologia che prevede la combustione del biogas per la produzione combinata di energia elettrica e termica, e poi ancora: il Salone della Responsabilità Sociale Condivisa e il Primo Salone del Packaging Sostenibile. Altra importante new entry lo spazio dedicato alla “Smart City MED” un’area nata dall’accordo tra il Comune di Napoli, il Forum PA e ANEA, e dedicata alla presentazione di esperienze territoriali d’avanguardia sul tema delle Smart City, per rendere più vivibili le città con il sussidio delle tecnologie innovative delle telecomunicazioni. E mentre fuori, in un “primaverile”

giorno, la pioggia continuava a “rallegrare” gli animi dei visitatori in corsa verso l’entrata, decidiamo di fare, dopo aver assistito al taglio del nastro del sindaco De Magistris, un giro nei padiglioni dove sono state proposte originalissime idee e soluzioni per la

green economy. Un gruppo industriale italiano, ad esempio, ha realizzato un nuovo impianto di trigenerazione, un macchinario già istallato in un famoso pastificio campano, che consente di “autoconsumare” tutta l’energia elettrica dello

stabilimento come anche l’energia termica: surriscaldando o refrigerando l’acqua coinvolta nel processo di produzione della pasta, oltre a quella utilizzata per il riscaldamento dei locali nei mesi invernali. Nuovi dispositivi, inoltre, entrano a far parte dell’arredo urbano: arrivano i contenitori stradali per la raccolta dell’olio usato domestico che, oltre a recuperare l’olio vegetale domestico esaurito, sono in grado di derattizzare l’area circostante e fungere da totem pubblicitario. Per i rifiuti e la raccolta differenziata, invece, è stato concepito un congegno per sanificare cassonetti e pattumiere casalinghe con prodotto biologico azionato dal rilascio del coperchio. Il dispositivo consente un risparmio del 65% sullo svuotamento dei contenitori dell’umido ed impedisce la diffusione di batteri nocivi e di cattivo odore. È un’azienda campana, infine, tra le prime in Italia, a lanciare il sacchetto intelligente: il sistema del codice a barre per la raccolta differenziata, un utile strumento per la tracciabilità dei rifiuti da parte delle amministrazioni. Queste sono solo alcune delle belle occasioni di sviluppo e risparmio energetico proposte ad EnergyMed. Non ci resta che darvi appuntamento alla prossima edizione, con l’augurio che possiate sempre più diventare consapevolmente fautori dell’ambiente e del vostro territorio.

Il progetto “Moss Power” dell’Università di Cambridge

LA NUOVA FRONTIERA DELLE ENERGIE ALTERNATIVE: LE CELLULE FOTOVOLTAICHE BIOLOGICHE Elvira Tortoriello Una equipe di ricercatori è impegnata nella messa a punto di una nuova tipologia di energia alternativa. Il progetto “Moss Power” cerca di integrare le proteine derivanti dalla fotosintesi dei vegetali con la tecnologia dei pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica da sostituire alle biomasse. Il risultato, unico al mondo, è una radio alimentata da muschi che formano un impianto solare biologico. Il primo modello che mostra il potenziale della BPV (bio-photo-voltaic) risale al 2011 Il “MOSS table”, un tavolo che genera energia e alimenta una lampada posizionata sopra di esso. Successive ricerche hanno condotto alla progettazione della MOSS FM, il primo impianto radio alimentato dalle piante. Il progetto è notevole perché è la prima volta che la tecnologia emergente è utilizzata per alimentare un oggetto che

richieda più potenza di un display LCD. Il progetto consiste in dieci contenitori di muschio disposti sistematicamente , in grado di formare un impianto solare biologico utilizzando gli elettroni generati durante la fotosintesi e trasformandoli in elettricità, anche quando non c’è luce. Le celle solari biologiche usate nella MOSS FM sono formate da un mix di materiali che assorbono acqua, materiali conduttori e un composto biologico sul quale cresce il muschio. I vasi che alimentano la radio sono connessi ad anodi (poli positivi) che accumulano gli elettroni generati dalla fotosintesi e catodi (poli negativi) dove gli elettroni vengono utilizzati. Un circuito esterno collega gli anodi ai catodi. Teoricamente potrebbe essere

usata ogni pianta fotosintetizzante per catturarne e sfruttarne la potenza elettrica, ma il team ha prototipato la radio scegliendo il muschio perché il suo processo fotosintetico è particolarmente efficiente nel generare elettricità. Questa applicazione è veramente rivoluzionaria, infatti è stato calcolato che qualora il 25% dei londinesi caricasse il proprio cellulare, tutti i giorni per due ore, con

il muschio, si potrebbe risparmiare una quantità di elettricità da poter alimentare una piccola città, circa 42.5 milioni di KWH secondo la ricerca. A questo risultato si aggiungerebbero il ritorno economico e la riduzione di 39.632 tonnellate di CO2 all’anno. Ovviamente il lavoro è solo all’inizio perché si dovranno determinare i materiali conduttori ottimali, le piante giuste e sistemi di irrigazione e manutenzione che garantiscano il flusso costante dell’elettricità. Ma il risultato finale sarà sicuramente eccezionale: sui tetti ci saranno piante in grado di produrre l’energia necessaria al fabbisogno umano, come al solito la natura aiuta l’uomo meglio di tante tecnologie.


SOS buco dell’ozono, individuati altri 4 gas-killer Sono tutte sostanze prodotte da attività umane Anna Paparo È cosa oramai risaputa, lo impariamo anche a scuola, che lo strato di ozono è uno schermo fondamentale per l'intercettazione di radiazioni letali per la vita sulla Terra e la sua formazione avviene principalmente nella stratosfera alle più irradiate latitudini tropicali, mentre la circolazione globale tende poi ad accumularlo maggiormente alle alte latitudini e ai poli. Ma si sa anche che que-

vista “Nature Geoscience”. Secondo gli esperti, le quattro sostanze sono tutte prodotte da attività umane. C’è un altro particolare da tenere ben presente: questi gas non erano presenti in campioni precedenti agli anni Sessanta. Ma vediamoli da vicino, tracciandone un identikit. Tre appartengono alla famiglia dei clorofluorocarburi (Cfc) - denominati CFC-112, CFC112a, CFC-113a -, e uno a quella degli idroclorofluoro-

Gli studiosi hanno, inoltre, riferito che non sono in grado di stabilire l’area di provenienza di questi nuovi gas riscontrati e che saranno necessarie ulteriori ed attente indagini, affinché si possa trovare la sorgente del problema e, di conseguenza, una corretta soluzione. Insomma, si prospettano tempi alquanto duri per l’ozono, lo scudo della Terra. Purtroppo, si è sottovalutata la funzione importantissima di questo strato atmosferico:

sta barriera protettiva è in serio pericolo. E ora più che mai. Sono stati, infatti, scoperti altri quattro gas-killer, che rappresentano una vera e propria minaccia, una mina vagante, insomma, che potrebbe scoppiare da un momento all’altro mettendo a repentaglio la vita degli esseri viventi di tutto il mondo. Si tratta di composti chimici individuati in campioni atmosferici raccolti tra il 1978 e il 2012 in Tasmania e nelle carote di neve compatta in Groenlandia. Questo è quanto è stato scoperto dal gruppo di studio coordinato dal Professor Johannes Laube, dell’Università di East Anglia, e tutti i risultati e i dati raccolti sono stati, poi, pubblicati sulla ri-

carburi (Hcfc), chiamato HCFC-133a. Secondo i calcoli di questi studiosi, l’emissione totale di questi quattro gas nell’atmosfera prima del duemila dodici era di circa settantaquattro mila tonnellate, una quantità alquanto irrisoria se viene confrontata con i dati registrati negli anni Ottanta, periodo in cui le emissioni di Cfc erano di circa un milione di tonnellate all’anno. Ad ogni modo, anche se si tratta di quantità modiche, queste emissioni sono in contrasto con il “Protocollo di Montreal”, il trattato internazionale che mette al bando le sostanze nocive per l’ozono. Per questo su di loro pende una taglia, un vero e proprio “most wanted” per la salvaguardia dell’ambiente.

la fascia d’ozono si trova nella stratosfera tra i venti e i trenta chilometri di altitudine e assorbe quasi il novantanove per cento delle radiazioni ultraviolette prodotte dal Sole, che altrimenti renderebbero impossibile la vita sulla Terra. Ed è stato stimato che la sua concentrazione non tornerà ai livelli precedenti agli anni ottanta prima della metà di questo secolo. Una prospettiva non tanto rosea, soprattutto se non si cercherà di porvi rimedio nel più breve tempo possibile. Si sa, non basta uno schiocco di dita, ma se si iniziasse dalle piccole cose, si potrebbe gradualmente ritornare a una situazione ottimale e migliore per tutti.

Sperimentato a Bagnoli il batterio “mangia-ruggine” Risparmiare denaro e dare una mano all’ambiente. Il progetto europeo Biocorin prova a mettere in atto questa “best practice” nel settore delle infrastrutture metalliche. L’obiettivo è quello di sviluppare una tecnologia biomimetica innovativa ed ecosostenibile per l’inibizione della corrosione microbiotica e l’idea, è quella di raggiungerlo attraverso la creazione di un “gel anticorrosione”. Biocorin è un progetto europeo, finanziato nell’ambito del settimo programma quadro, al quale partecipa il Distretto ad alta tecnologia per le costruzioni sostenibili “Stress”, in collaborazione con un partenariato internazionale coordinato da Acciona Infraestructuras. Protagoniste della ricerca sono soprattutto strutture come viadotti, gasdotti e impianti portuali in acciaio site in prossimità degli ambienti marini e dunque, maggiormente soggette al fenomeno corrosivo, che potrebbe essere ridotto di molto, grazie a questa soluzione hi-tech, incrementando la vita utile delle infrastrutture del 30 per cento, con un grosso risparmio economico. Le attività dimostrative di Biocorin sono attualmente in corso in diversi luoghi: a Napoli presso il pontile di Bagnoli, in Spagna presso il porto della Galizia e in Olanda presso il porto di Rotterdam. «È una soluzione unica nata da una esigenza del settore, dal momento che questo tipo di vernici hanno un forte impatto ambientale, tanto che l'Europa nel 2008 ha bandito un prodotto anticorrosione basato su una sostanza, il tributilstagno, molto tossica per l'ambiente e per l'uomo», ha osservato Carmine Pascale, direttore tecnico del Distretto ad alta tecnologia per le costruzioni sostenibili (Stress), che partecipa al progetto con centri di ricerca ed aziende, sia italiani che europei. Il sistema, ha poi spiegato Valentina James responsabile del progetto per Stress, si basa su microrganismi posti in un gel che può essere spalmato come una vernice o spruzzato sulle superfici metalliche. I batteri, aggiunge James, in pratica mangiano i batteri 'cattivi' che provocano la ruggine oppure sottraggono loro il nutrimento. «Biocorin - secondo Ennio Rubino, amministratore unico di Stress - ha un valore anche simbolico per la sperimentazione a Bagnoli, area di Napoli che ha più volte manifestato il desiderio di bonifica e la voglia di rinascere». Per Francesco Tuccillo, presidente dell'Acen, la collaborazione con Stress e con enti di ricerca e università mira ad importare i più innovativi processi e testare i prodotti più avanzati, e a diffondere le novità a tutte le piccole e medie imprese del territorio. G.M.


Architettura modulare in materiali riciclati Antonio Palumbo L’idea di realizzare costruzioni modulari - qualunque tipo di funzione esse abbiano - utilizzando materiali riciclati è in piena espansione in ogni parte del mondo e costituisce attualmente un segmento decisamente in crescita nel mercato della bioedilizia. L’edilizia modulare interessa praticamente qualsiasi tipo di costruzione: case di abitazione, negozi e stazioni di servizio, scuole e asili nido, ospedali, ampliamenti di edifici tradizionali, uffici stabili, uffici di informazioni a carattere temporaneo, concessionarie d’auto, moduli di controllo, fermate per autobus, ecc. L’obiettivo principale di questo tipo di architettura resta

quello di minimizzare i rifiuti e gli scarti per massimizzare, di contro, l’efficienza energetica e favorire la diffusione dell’ecodesign: in tal senso, la questione non riguarda solo la ecocompatibilità dei materiali (grado di tossicità, legno proveniente da taglio controllato delle foreste e certificato come sostenibile, ecc.) ma la nuova sfida, per professionisti ed imprese impegnati nella realizzazione di architetture modulari, consiste nel raggiungimento di un bilancio ottimale tra un design minimale ed ecosostenibile (e, dunque, anche serialmente ripetibile) e l’economicità legata all’utilizzo pressoché esclusivo di materiali di scarto. Associate per anni alla standardizzazione di massa, le

strutture progettate e realizzate in forma seriale - specialmente le residenze abitative sembrano oggi essere ritornate sul mercato da vere protagoniste, grazie al lavoro sperimentale, appassionato e continuo, di un gran numero di architetti e designer, i quali, soprattutto negli ultimi anni, ne hanno riscoperto le grandi potenzialità, investendo in soluzioni raffinate ed innovative, finalizzate al raggiungimento del miglior comfort abitativo, ponendo grande attenzione nella scelta, nel riutilizzo e nell’accoppiamento dei materiali riciclati impiegati. Un vero e proprio fenomeno di “riscoperta” che, specialmente negli Stati Uniti, in Giappone e nel Nord Europa, sta progressivamente occupando le prime pagine delle più note riviste di bioedilizia ed ecodesign. Tra gli architetti che, recentemente, in questo particolare segmento della bioedilizia, hanno inaugurato nuove linee di produzione e creato nuovi marchi di kit-houses in varie parti del mondo si annoverano nomi eccellenti, tra cui spiccano quelli di James Cutler (architetto di Bill Gates) e Frank O. Gehry. Sono innumerevoli i sistemi e gli elementi costruttivi - anche i più impensabili ed insoliti che consentono di realizzare strutture modulari in materiali riciclati e/o totally natural. Solo per economicità di trattazione, ci limitiamo a ci-

tarne alcuni tra i più recenti ed importanti e di uso più frequente. L’impiego del micelio (radici) dei funghi, ad esempio, può costituire un’alternativa efficace all’utilizzo delle schiume plastiche: grazie a questa soluzione, lo strato di micelio inserito nelle pareti modulari in legno delle abitazioni in meno di un mese si asciuga trasformandosi in un diaframma perfettamente ermetico, termicamente resistente, ecologico al 100%, privo di VOC ed ignifugo. La lana di pecora costituisce un eccellente materiale edile ecosostenibile per isolamento: richiede pochissima energia per essere prodotta ed è sicura per l’ambiente e per le persone; presenta inoltre il van-

taggio di assorbire le sostanze inquinanti indoor, è ignifuga e, soprattutto, facilmente recuperabile e riutilizzabile post-demolizione. Le soluzioni con cui si realizzano elementi modulari che adottano scarti di pietra e legno, bottiglie di plastica e confezioni, lattine e sacchetti alimentari, componenti in gomma, ecc. danno spesso vita a materiali edili ecosostenibili di eccellente qualità, i quali possono essere interamente riciclati al termine della loro vita media. Negli ultimi anni, infine - ne abbiamo già parlato altrove si è diffusamente sviluppato l’utilizzo dei container da trasporto per realizzare sorprendenti architetture modulari, completamente riciclabili.


CANCRO: MALATTIA DEL MILLENNIO? Nei prossimi 10 anni, la percentuale dei malati potrebbe aumentare del 25% Fabiana Clemente Previsioni negative sulla diffusione del cancro su scala mondiale provengono dall’OMS. Nei prossimi 10 anni, la percentuale dei malati di cancro potrebbe aumentare del 25% , e tale aumento interesserà soprattutto i paesi in via di sviluppo. Lo studio realizzato – reso noto nel rapporto annuale dell’Iarc, agenzia dell’Organizzazione mondiale della sanità - diffonde cifre scioccanti. Dai 14, 1 milioni di persone a cui, ad oggi, è stato diagnosticato una forma tumorale si passerà a 19,3 milioni di persone. Nei paesi più sviluppati l’incremento che si registrerà sarà relativamente lieve. Per contro sono le malattie cardiovascolari a posizionarsi in vetta alla classifica, come prima causa di morte. L’incidenza della malattia, e della conseguente mortalità, vedrà un incremento del 70% delle vittime in Africa, Asia e America del Sud. In questo bollettino è stata diramata anche una classifica dei tumori più diffusi – una sorta di top ten. Al primo posto c’è il male ai polmoni con circa 1,8 milioni di diagnosi. Segue, con il 12% di diagnosi, il tumore al seno, e al colon con il 10%. L’incidenza della mortalità riguarderà soprattutto i malati di cancro ai polmoni, al fegato e allo stomaco. Divulgata anche una fotografia del fenomeno sul territorio nazionale. Nel report, realizzato dall’Aiom e Airtum, sono stati registrati nell’anno 2012 circa 364 mila nuovi casi. All’incirca mille nuovi casi al giorno. Una ten-

denza in aumento da inquadrare, tuttavia, in un’ottica positiva. Basti pensare che nel nostro paese la mortalità per cancro è in lieve diminuzione. Si registrerà un incremento dei tumori del colon-retto, dei melanomi e alla prostata, alla mammella. Per contro diminuiscono le diagnosi di tumore ai polmoni, pur confermandosi al primo posto per mortalità. La sfera nutrizionale – contestualizzata in una situazione di preoccupante emergenza

ambientale – sembra incidere notevolmente sulla comparsa di tale malattie. È, infatti, uno tra i primi fattori di rischio. Oramai è chiaro a tutti…stiamo pagando lo scotto di una incoscienza sostenibile. La pubblicazione di questi dati, lungi dal creare allarmismi, è finalizzata a promuovere una sensibilizzazione diffusa circa tale questione. Prevenzione e informazione. Sono questi i punti cardine sui quali insistere. In particolar modo le regioni del Sud – ove

prevale ancora una scarsa propensione a sottoporsi ad indagini preventive – tale messaggio è quanto mai urgente. Inoltre, i numerosi passi avanti nella ricerca scientifica devono infonderci fiducia sulle possibilità di guarigione e sulle buone prospettive di vita. Last but not least, sostenere le associazioni no profit – che da tempo immemore si impegnano su tale emergenza, attraverso campagne ad hoc – è un gesto di responsabilità sociale.

LA CIPOLLA : ANTIBIOTICO NATURALE Ormai è informazione risaputa. La dieta mediterranea offre una vasta gamma di prodotti dai mille prodigi. Frutta e verdure regnano sovrane nel ritrovamento della nostra silhouette in vista dell’estate. Ma, oltre a raggiungere il peso forma, aiutano il nostro organismo a riequilibrare alcune funzioni fisiologiche. Un ortaggio dalle notevoli proprietà nutrizionali e benefiche, da non sottovalutare, è la cipolla. Proprietà antisettiche che favoriscono l’eliminazione di parassiti dall’organismo. Azione diuretica e depurativa che conferiscono alla cipolla l’etichetta di antibiotico naturale. Un vero portento insomma! Fonte di vitamine – tra cui vitamina A, B1, B2, C, E - sali minerali, fra cui calcio, magnesio, fosforo, ferro e manganese. L’elevata

presenza di flavonoidi, tra cui la quercetina, sembra conferire alla cipolla effetti anticancerogeni. Contiene, inoltre, la glucochimina, ormone vegetale dall’azione antidiabetica ed anticolesterolemia. Ergo, contribuisce ad abbassare i livelli di glucosio nel sangue. Dai suoi valori nutrizionali è facile privilegiarla rispetto ad altri ortaggi. Basti sapere che 100 grammi di cipolla possiede 92% di acqua, 5,7% di carboidrati, circa l’1% di proteine e fibre e 0,1% di grassi. Un pieno di idratazione che, per contrastare la ritenzione dei liquidi, è un vero toccasana. Inoltre favorisce la crescita della flora batterica intestinale e grazie alla sua azione stimolante, facilita il transito e l’eliminazione di tossine. Migliora la dilatazione dei vasi e favorisce pertanto la

circolazione sanguigna. Salute e bellezza a tutto tondo. Un ortaggio versatile in cucina e in omeopatia. Può essere preparato in svariati modi. Da una preparazione light, esaltandone la crudità, ad una un po’ più ricercata, attraverso gustose omelette. Ottima anche come condimento, per esaltare piatti raffinati, o come ingrediente per arricchire sughi e brodi. È un prodotto omeopatico ampiamente utilizzato in caso di raffreddore e per contrastare la caduta dei capelli, stimolandone la ricrescita. Alle donne, invece, farà piacere sapere che la cipolla è dotata di un principio attivo in grado di ridurre lo spessore delle cicatrici provocate dalle smagliature. Un alleato per la bellezza e la salute c’è! E’ proprio lì…nel nostro frigo. F.C.


I preziosi: coralli e gioielli Continua il viaggio nella tradizione delle Eccellenze Napoletane Gennaro De Crescenzo Salvatore Lanza Ancora una volta Plinio ricordava come eccellente il corallo pescato nelle acque delle isole Eolie, di Trapani e presso Napoli. Ricchissimi banchi corallini esistevano tra Sorrento e Capri e gli Angioini dovettero limitare e sorvegliare l’accesso di pescatori stranieri. Quella della lavorazione fu un'attività diffusa soprattutto verso la fine dell'Ottocento in conseguenza della sovrapproduzione degli anni precedenti, del calo dei prezzi e della chiusura dei fertilissimi banchi di coralli di Sciacca in Sicilia. La pesca del corallo

risultava quanto mai faticosa e pericolosa: si praticava con un macchinario forse di origine araba chiamato “ingegno” con due sbarre pesanti legate in croce e borse di reti sospese tirate dalle barche in movimento. Alla pesca del corallo era legata la compilazione, da parte del giurista Michele Di Jorio, di un vero e proprio monumento di legislazione marittima definito “Codice Corallino”. Circa 40, comunque, le fabbriche per la lavorazione dei preziosi "cammei" per circa 3200 operai; la più importante restava quella guidata dal Martin a Torre: duecento le famiglie impegnate e molto spesso, nonostante la privativa di lavorazione e vendita, gli operai continuarono a lavorare per conto loro a casa. Oltre 300 le barche attrezzate per la pesca del corallo, continuando una tradizione che si cercò di difendere anche con provvedimenti singolari: nel 1835 il governo decise di esonerare i torresi dal servizio militare perché i giovani, abilissimi pescatori di corallo, "emigravano spesso per sottrarsi alla leva, portando la loro industria nei paesi stranieri e cagionando grave scapito alla popolazione di quel Comune". A proposito della grande tradizione dei coralli a

Torre del Greco sono significativi alcuni versi di un canto popolare torrese composto nel Settecento e musicato da Francesco Florimo nel 1836: "Sò quatt'anne ca partiste,/sò quatt'anne ca t'aspetto [...] Me diciste chillu juorno:/vaco a ppesca a lu ccurallo,/quanno tornno, t'aggio tutta,/t'aggio tutta cummiglià[...]Ma si tuorne e io sò morta/fa na croce de curallo/e a la fossa de la morta,/chella croce aie da pusà". Restando nello stesso settore, venivano lavo-

rate anche le pietre vulcaniche del Vesuvio e dell’Etna e “dei camei incisi in quelle pietre vulcaniche si adornavano le più gentili donne d’Italia, di Francia, d’Inghilterra e di tutto il Settentrione”. Anche i lavori di tartaruga e di osso vinsero la concorrenza francese e tedesca soprattutto “per gli smisurati pettini di unghie di bue che debbono oggi troneggiare sul capo di ogni donna gentile”. L’argento era lavorato in forme che ricordavano “il gusto, l’eleganza, la

precisione di disegno onde i nostri orafi si celebravano nell’età in cui il Cellini era maraviglia d’Italia e di Francia”; gioiellieri come il Sarno a Napoli, seguendo un’antica tradizione che trovò il sostegno anche di Carlo di Borbone realizzavano lavori in oro che “per vaghezza di disegno e solidità, vinsero negli animi gentili delle nostre donne l’antica e matta avversione per ornamenti non comprati a caro prezzo sulla Senna e sul Tamigi”.


Il castello di Matinale Eretto dai D’Aquino ha una pianta perfettamente regolare Linda Iacuzio Il castello di Matinale è stato oggetto di un saggio del ricercatore Pierfrancesco Rescio pubblicato dall’Istituto di Studi Atellani. Nel suo scritto Rescio narra che la fortificazione venne eretta dai d’Aquino nel quinto decennio del XIII secolo sul mons Cancelli, “toponimo che individua l’estrema propaggine occidentale dei cosiddetti Monti d’Avella”. Le prime testimonianze certe sull’esistenza del maniero rimontano all’epoca angioina. La documentazione superstite, infatti, dimostra che fino al 1298 il castello - chiamato allora Matinale - era appartenuto a Margherita, figlia naturale di Federico II, andata sposa cinquant’anni prima a Tommaso II d’Aquino, in quanto il casale di Cancello era rientrato tra i donativi maritali. Rescio ricorda, inoltre, che le conoscenze riguardanti la storia del monumento si fanno sempre più rade dopo la prima metà del XIII secolo. Sembra, tuttavia, che la vita all’interno del complesso non

dovette oltrepassare di molto il 1437, quando il fortilizio fu occupato dalle milizie pontificie durante la guerra di successione angioino-aragonese.

Venuta meno la funzione di fortezza e di punto strategico - soprattutto a causa dell’avvento dell’artiglieria - il castello cadde in disuso.

Solo nel corso del XVIII secolo i corpi edilizi che rimanevano in piedi, ovvero l’ala nordoccidentale e le cinque torri di cinta, vennero ripristinati per

essere adibiti a dimora di campagna. Ciò nonostante, sostiene Rescio, la “lettura” architettonica della rocca voluta da Tommaso II è ancora

William Davies a Napoli Nel resoconto dei suoi viaggi Partenope ha un posto d’onore Lorenzo Terzi William Davies, vissuto il XVI e il XVII secolo, esercitò la professione di cerusico a Londra, come ricorda Giovanni Capuano nel volume Viaggiatori britannici a Napoli tra ’500 e ’600. Nonostante ciò, ebbe una vita piuttosto avventurosa. Imbarcatosi all’inizio del 1597 o del 1598 su una nave mercantile in Cornovaglia, raggiunse Civitavecchia, quindi Algeri e Tunisi. Salpata da Tunisi, l’imbarcazione di Davies fu attaccata da sei galee del duca di Firenze. L’intraprendente cerusico, così, si ritrovò a Livorno a lavorare da schiavo per quasi nove anni, fino a quando un capitano inglese non ottenne dal duca il permesso di portarselo dietro in qualità di medico. Al rientro in Italia, la nave fu presa di mira da pirati inglesi, e un membro dell’equipaggio rimase ucciso. Davies, sbarcato a Livorno con la salma, provvide autonomamente alla sepoltura, essendo stato rifiutato il funerale cattolico. Per questo gesto pietoso venne arrestato dall’Inquisizione e

messo a pane e acqua per 16 giorni. Fu quindi trasferito in una prigione all’aperto, da dove un armatore inglese riuscì a farlo fuggire. Tornato finalmente a Londra nel 1614, pubblicò il resoconto dei suoi viaggi: A True Relation of the Trauailes and most miserable

Captivitie of William Davies, BarberSurgion of London, under the Duke of Florence. L’opera di Davies contiene dei capitoli riguardanti Civitavecchia, Livorno, la Sicilia e Napoli, questi ultimi tradotti da Capuano nel citato volume. La capitale del Viceregno spagnolo viene descritta dal cerusico londinese come “città famosa e insigne, di grande estensione e situata vicino al mare, possentemente fortificata e munita di artiglieria sistemata in numerosi e vari castelli, bastioni, forti”. Napoli, aggiunge Davies, possedeva anche molte galee e un eccellente naviglio, e davanti a essa vi era incessantemente un gran numero di navi all’ancora. Secondo l’autore della Relation, i napoletani si mostravano “orgogliosi e altezzosi, essendo nella maggior parte molto ricchi e sfarzosamente abbigliati”, mentre le donne erano assai impudenti, specie per quanto concerneva “i peccati del corpo”, perché - a suo dire - ricevevano puntualmente da Roma il perdono e la dispensa.

possibile, tant’è che lo stesso studioso ne ha fornito una convincente e documentata versione. Il castello di Matinale fu concepito con una pianta perfettamente regolare costruita sul doppio quadrato disegnato dal cortile interno, il cui lato misura 14,40 m, e dalla cinta (34,50 m di lato), alla quale corrispondono in posizione intermedia le quattro torri angolari orientate sui punti cardinali. Una quinta torre è sistemata in posizione decentrata sul fianco nordoccidentale. Secondo Rescio “la veste geometrica dell’impianto quadrilatero ad ali quadrangolari ricorda molti castelli dell’epoca sveva più vicini anche cronologicamente, come le fortezze di Bari e Trani, in Puglia”.


Vino biologico: da nicchia a tendenza sempre più in crescita Prima tra le ragioni della scelta bio il rispetto dell’ambiente Alessia Esposito Si abbassa il consumo totale di vino, si innalza la curva dei consumatori di vino biologico. È il risultato del sondaggio condotto da Vinitaly e Winenews sul mercato vinicolo italiano. La ricerca è stata effettuata via web ed hanno partecipato circa 1.300 per-

sone. L’82% ha aumentato i consumi di vino biologico negli ultimi tre anni, solo dell’8,8% nel 2013, per un giro d’affari di circa 3 miliardi di euro. Del resto l’Italia ha il secondo posto al mondo per superficie biologica vitata secondo i dati FederBio & Sinab. Come e perché si sceglie bio? Il consumo medio è di una bottiglia a settimana a cui si aggiunge una platea del 12% che ne fa un consumo maggiore. Il prezzo medio speso è di circa 15 euro, mentre il luogo d’acquisto è spesso il produttore a cui si rivolgono il 72% dei consumatori di vini, seguito dall’enoteca (22%) e dalla grande distribuzione (anche qui comunque si registra un aumento degli acquisti di vini bio del 4% con 1 milione di litri venduti per un valore di 5 milioni di euro). Qualità a prezzo contenuto sembra essere il segreto del successo. Tra le motivazioni che spingono a scegliere i vini biologici troviamo al primo posto il rispetto dell’ambiente (84% delle preferenze), al secondo

la maggior fiducia nei controlli e nella sicurezza del biologico (12,5%) e infine perché ritenuto più salutare (3,5%). Proprio a proposito della sicurezza alimentare molti dei consumatori del vino biologico hanno dimostrato un grande apprezzamento della normativa europea introdotta nel 2012 sull’obbligo di apporre il

siona ormai da dieci anni –afferma Giovanni Mantovani, Direttore generale di Veronafiere - conferma una tendenza che si può riassumere in una maggiore consapevolezza della qualità e soprattutto del giusto rapporto qualità/prezzo da parte del consumatore medio quando deve scegliere. Questo richiede alla grande

logo con una foglia verde sull’etichetta per distinguere così i vini bio dagli altri prodotti. “L’indagine sugli acquisti di vino nella grande distribuzione che Vinitaly commis-

distribuzione una maggiore attenzione nella proposta, che deve essere anche in grado di assecondare le nuove richieste, come quella dei vini biologici”.

Da Portici il primo kit-rilevatore di smog Rosa Funaro È un apparecchietto che si collega allo smartphone e permette di monitorare “personalmente” la qualità dell’aria e i livelli di inquinamento ambientale e addirittura individua percorsi alternativi da fare a piedi per ridurre al minimo l’esposizione a condizioni atmosferiche non ottimali. Il progetto è stato realizzato nel centro ricerche dell’Enea di Portici e si chiama “Monica”, l’acronimo di: Monitoraggio Cooperativo della Qualità dell’Aria. Si chiamano in gergo “nasi elettronici” e saranno un importante supporto per il monitoraggio della qualità dell’aria delle nostre città. “Presto, (come ha riferito il direttore dell’Enea, Ezio Terzini), se riusciremo a chiudere alcuni accordi di collaborazione, sarà possibile vedere in commercio questo avveniristico sistema di rilevamento portatile”. “Ogni cittadino potrà diventare una sorta di centralina mobile”, dice Terzini, infatti, l’apparecchiatura sarà in grado di rilevare e acquisire dati in tempo reale, di trasmetterli e metterli in rete, in modo che tutti potranno usufruire delle informazioni prodotte. Costerà solo qualche decina di euro ma sarà commercializzato solo tra qualche anno. In tempo reale le Arpa regionali e tutti i comuni riceveranno informazioni precise ed utili così da emanare provvedimenti che potranno permettere l’abbassamento del livello dei valori degli inquinanti, qualora fossero alti e dannosi per la comunità. Quando le novità tecnologiche arrivano dalle nostre parti si riempie il cuore di gioia, nonostante tutto e tutti il Sud e la provincia Napoletana, almeno ogni tanto, mette in evidenza, anche altre cose oltre la cronaca: preparazione, Know how, cultura tecnologica, intelligenza e soprattutto capacità imprenditoriale e commerciale, utili alla salute di tutti i cittadini. Gli altri protagonisti del progetto sono gli ingegneri Girolamo di Francia e Saverio de Vito del prestigioso centro porticese.

Ecorimedi fai da te: deodorante al bicarbonato I prodotti per il corpo inquinano. Fanno male all’ambiente sia i componenti usati nelle industrie sia i contenitori usa e getta trasportati da litanie di enormi convogli alimentati a petrolio. Ma le alternative esistono. Ognuno a casa può preparare un ottimo deodorante completamente biodegradabile usando un unico prodotto economico e semplicissimo da trovare: il bicarbonato di sodio. Il processo di preparazione è estremamente facile da seguire. Innanzitutto si scioglie il bicarbonato in acqua fino a far saturare la soluzione, si continua a girare, cioè, fin quando sciogliere ulteriore bi-

carbonato in acqua è impossibile per le leggi della fisica. Per essere sicuri di aver portato la soluzione a saturazione teniamo una quantità sovrabbondante di bicarbonato in acqua per alcune ore o facciamo bollire e poi aspettiamo che il tutto torni a temperatura ambiente. A questo

punto dobbiamo filtrare per allontanare l’eccesso di soluto e il gioco è fatto, abbiamo preparato il nostro deodorante ecocompatibile tra le mura di casa sia a costo che a chilometro zero. È un prodotto particolarmente adatto per chi soffre di irritazioni e cisti a causa del conte-

nuto elevato di etanolo dei deodoranti tradizionali. Il pH leggermente basico rispetta e protegge la pelle. È una buona occasione per riusare gli spruzzini dei vecchi deodoranti invece di buttarli. Per modificare l’aroma possiamo aggiungere ogni tipo di olio essenziale seguendo i dettami dei nostri gusti personali. Un’avvertenza: essendo a base di acqua il nostro deodorante fai da te tende ad imputridire in un mesetto, è quindi importante averne a disposizione sempre fresco rinnovando il composto con una certa frequenza o scegliendo di conservarlo in frigorifero. S.A.


Oggi basta prendere un caffè per aggiustare le cose Nascono i Repair Cafè contro l’obsolescenza programmata Cristina Abbrunzo Se vi siete mai trovati al telefono con un rappresentante del servizio clienti che vi dice che costerebbe di più riparare il vostro elettrodomestico invece di acquistarne uno nuovo, allora conoscete bene il concetto di «obsolescenza programmata». Da parecchi anni ormai dilaga un consumismo sfrenato e stiamo perdendo l’abitudine a riparare quello che si rompe preferendo sostituire gli oggetti non più funzionanti con altri nuovi, sia perché non abbiamo più molto tempo a disposizione, sia perché i produttori fanno in modo che un articolo duri un periodo prestabilito e sia più conveniente sostituirlo che ripararlo. Si fa in modo che i pezzi di ricambio siano introvabili o troppo costosi e che lo stesso intervento tecnico si riveli diseconomico. Ma oggi siamo in tempo di crisi e questa tendenza ha l’obbligo di essere messa in discussione. Non possiamo più permetterci l'obsolescenza programmata, per esigenze di sostenibilità economica nonché ambientale. Gli ultimi dati raccolti dell'Agenzie per l'ambiente rivelano che gli acquisti di apparecchi elettronici sono aumentati di sei volte tra il 1990 e il 2007, mentre nello stesso periodo la spesa per le riparazioni è scesa del 40%. Il 44% degli oggetti elettronici finisce in discarica senza neanche un tentativo di riparazione. Un aspetto positivo è che, il delicato momento storico economico fa sì che le persone tendano ad essere più solidali fra loro, cercando anche di escogitare dei metodi alternativi per venirsi incontro, reciprocamente. Una delle ultime iniziative è il Repair Cafè di Amsterdam, in Olanda, un vero e proprio Caffè, dove le persone portano a riparare elettrodomestici o altri oggetti di casa gratuitamente, ricevendo anche un tè o un caffè con dei biscotti. L’iniziativa parte dalla volontà di eliminare i rifiuti e dal piacere di

aiutare il prossimo. Tutto ha inizio dall’intuizione di una ex giornalista olandese, Martine Postma che dopo la nascita del suo secondo figlio, prende coscienza di quante cose oggi vadano buttate, nonostante potrebbero ancora essere utili a qualcuno. Due anni e mezzo fa nasce così la Repair Cafe Foundation, finanziata dal governo olandese con 400.000 euro che sono serviti per fare pubblicità e acquistare un autobus con cui andare in giro a riparare oggetti rotti. Attualmente i Repair Café sono diventati numerosissimi in territorio olandese e non solo; oggi è possibile trovarne anche in Francia, nel Regno Unito, in Belgio, Canada, Stati Uniti e, anche se lentamente, sembrano fare capolino anche in Italia. I Repair Café sono dei luoghi di incontro tutti dotati di vere e proprie postazioni di lavoro, di un’officina munita di attrezzi come saldatrici, cacciaviti, compressori, chiavi inglesi, macchine da cucire e strumenti di precisione e di una libreria specializzata con volumi e riviste scientifiche sul bricolage. Si tratta di coffee shop, associazioni culturali o sedi di fondazioni aperti a tutti, dove gratuitamente o dietro donazioni volontarie personale qualificato e appassionati del do it yourself (fallo da solo) aiutano a riparare oggetti rotti di vario tipo, davanti a un dolce o a una tazza di tè. Il progetto favorisce inoltre lo scambio dei saperi. Infatti, chi porta un oggetto da riparare in questi Caffè, diversamente da come succede quando si va in un negozio, non lascia lì l’oggetto e va via. Anzi, assiste, impara, scambia due chiacchiere, aiuta con le proprie mani e va via soddisfatto per aver trascorso il tempo coltivando la propria cultura del “fai da-te”. L'intenzione non è quella di sostituirsi ai professionisti del settore o di entrare in concorrenza con i centri di riparazione ma, al contrario, di sostenerli diffondendo il più possibile la cultura del recupero.

L’esperienza italiana dei repair cafè Consigli per aumentarne la diffusione E in Italia? Come spesso, ahimé, capita il nostro Paese fa un po’ fatica ad adeguarsi ai cambiamenti e alle innovazioni. Il fenomeno dei Repair Cafè non ha ancora trovato ampia diffusione nel nostro territorio. Qui da noi l'esempio che più si avvicina a questi utili luoghi d’incontro è la ciclofficina, dove gratuitamente si può portare la bici da aggiustare, o magari portare pezzi di ricambio di biciclette in buono stato che potrebbero essere utili per altre biciclette. Ad oggi, di veri e propri Repair Café ce ne sono a Pisa e Vignola (Modena). A Bari, invece, per iniziativa del Comune, è stato avviato con successo il progetto Brand:Gnu, cioè vecchi computer altrimenti destinati al macero rivitalizzati con software open source e venduti ai cittadini a cinquanta euro. La Repair Cafè Foundation non aspetta altro che qualcuno si faccia avanti anche nella nostra zona per realizzare queste iniziative e fornisce assistenza a chi infatti è interessato a creare propri punti d’incontro mettendo a disposizione delle istruzioni di base e se necessario una consulenza. I vantaggi di aderire al progetto sono molteplici: non solo si possono aggiustare beni rotti, ma si ha l’occasione di imparare un mestiere sorseggiando una tazza di caffè. Di seguito un breve vademecum per chi fosse intenzionato ad aprire un Repair Cafè: 1. Ottenere la Starter Kit Per mantenere un legame con la Repair Café

Foundation’s e costruire insieme una rete di caffè delle riparazioni attivi con tutte le informazioni facilmente accessibili in un unico luogo, il primo passo è leggere il pacchetto di notizie raccolte nel sito di repaircafe.org. 2. Trovare uno spazio Una volta che vi siete introdotti nella casa madre del Caffé e avete familiarizzato con le loro linee guida di base, è il momento di testare le acque nel vostro giardino e di mettersi alla ricerca di uno spazio adatto da dedicare all’iniziativa. Un buon modo per cominciare è chiedere alle organizzazioni non-profit, all’amministrazione locale, alle scuole o alle chiese del luogo se hanno uno spazio che possono mettere a disposizione anche solo per un pomeriggio a settimana o nei weekend. 3. Individuazione dei riparatori e delle attrezzature È impossibile riparare giocattoli, stampanti o phon senza le persone che sanno come farlo. E soprattutto senza alcuni pezzi vitali, come i tavoli da lavoro e strumenti. Se riuscite a coinvolgere i riparatori nella vostra comunità, è probabile che avranno alcuni degli strumenti necessari e/o sapranno indicarvi la giusta direzione per individuarli. Invitare tutti a un primo brainstorming non solo aiuta a capire la logistica, ma costruisce lo spirito di condivisione che definisce i Caffé delle riparazioni. C.A.


L AVORO E PREVIDENZA

Renzi e la “strana coppia” Eleonora Ferrara Senza alcun dubbio, la sicurezza che traspare da ogni atteggiamento del premier, non lascia alcuna incertezza in tutti noi nel ritenere che si tratta di una persona decisa ad andare avanti senza problemi, con la piena consapevolezza di rischiare lo scontro con le parti sociali. In effetti, la politica di Renzi è del tutto improntata a quell’europeismo merkelliano fatto di mini jobs e di drastiche riforme. Frasi ad effetto come: “Da mercoledì tagliamo le tasse Sindacati contro? Noi andremo avanti”, oppure “Tra un mese prenderemo in mano la riforma della Pubblica amministrazione, per scardinarla completamente. Lì vedremo il derby palude contro torrente, conservazione contro innovazione. Sarà durissima, la vera battaglia. Al confronto la “strana coppia” Camusso-Squinzi contro il governo sarà solo un leggero antipasto” , lasciano, al contempo ammirati e timorosi di non potercela fare. È innegabile che, da buon toscano, Renzi non si privi di arricchire i suoi discorsi con argute, pungenti frecciatine lanciate all’indirizzo di chi ha orecchie per sentire. Le ultime sono indirizzate ai leader di Cgil e Confindustria, nel momento in cui spiega, che la vera scommessa sia quella di “togliere per la prima volta alla politica e restituire ai cittadini e alle imprese”, e a Camusso e Squinzi che si oppongono, risponde, in modo deciso “ lo ritengo un ottimo segnale che siamo sulla strada giusta”. Quindi aggiunge, ancora con lo stesso sarcasmo, che culturalmente lo colpisce questa strana assonanza tra il capo dei sindacati e il capo degli industriali. Al riguardo, la metafora adottata da Renzi è, quanto mai, incisiva, “uno scontro tra palude contro torrente impetuoso” e spiega che “chi in questi anni ha fatto parte dell’establishment, vive con preoccupazione i cambiamenti di merito e di metodo. Soffrono il fatto che si facciano le riforme senza concordarle con loro. Ma se queste riforme aiutano imprese e famiglie e colpiscono i politici, io vado avanti”. A questo punto è evidente che proprio in questo si sostanzi la politica del fare e ogni dubbio, in merito, è fugato allorquando si intuisce che il premier intenda scardinare l’impianto della P.A., partendo dalla riforma delle

Province,che darebbe l’avvio ad una serie di esemplificazioni burocratiche. In effetti, questo programma è molto ambizioso, non riscontrando il favore dei poteri forti, ma si ammira, in ogni caso, la determinazione di Matteo Renzi, specialmente quando afferma che “Ecco perché abbiamo voluto cominciare proprio dalla politica: perché solo riformando se stessa, la politica avrà le carte in regola per chiedere a tutti gli altri di cambiare”. Guglielmo Epifani, già segretario generale della CGIL, nonché già segretario del PD, intervistato dalla giornalista Lucia Annunziata ha sottolineato, rispondendo alla considerazione “Renzi se ne frega del sindacato” che “Per una forza di centrosinistra il dialogo con le parti sociali è una condizione fondamentale, bisogna mantenere un filo di dialogo”e ancora “Il governo non deve fare quello che dicono le parti sociali ma ascoltare quello che dicono sì”. L’auspicio, quindi, da parte di tutti e quello di trovare la giusta convergenza sui problemi reali della nostra società, in questo particolare momento di crisi generale.

Viaggio nelle leggi ambientali INQUINAMENTO ACUSTICO Nella sentenza del 14 marzo 2014, n. 12274 la Cassazione ricorda la distinzione tra rumore molesto da attività lavorativa che supera i limiti di legge, oggetto di sanzione amministrativa - articolo 10, L.447/1995, legge quadro sull'inquinamento acustico - e rumore scaturente da attività di impresa realizzata con abuso di strumenti lavorativi. Nel caso di specie l'imprenditore condannato aveva esercitato attività notturna all'aperto, quindi non nello stabile industriale, vicina alle abitazioni senza prendere alcuna precauzione per limitare il rumore. In conclusione una volta accertato che il rumore molesto che deriva da attività di impresa sia realizzato con abuso di strumenti lavorativi, siamo nel campo del reato di disturbo alla quiete delle persone (articolo 659, comma 1, C.p.) e

non nella fattispecie depenalizzata dalla legge quadro sull'inquinamento acustico. Trattasi in altre parole di rumore derivante da attività lavorativa esercitata con modalità improprie per il quale scatta il reato penale. INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO Nasce il Catasto nazionale delle sorgenti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e delle zone territoriali interessate al fine di rilevare i livelli di campo presenti nell'ambiente. Lo prevede il Decreto del Ministero dell’Ambiente 13 febbraio 2014. Il provvedimento, in vigore dall'11 marzo 2014, è emanato ai sensi della Legge 36/2001 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici). Il Catasto nazionale permette la produzione di informazioni per le attività di monitoraggio e controllo am-

bientale necessarie, tra l'altro a: consentire di costruire indicatori ed indici di esposizione che forniscano la rappresentazione più efficace dello stato ambientale; essere di supporto per pianificare l'installazione di nuove sorgenti; fornire supporto alle pubbliche Amministra-

zioni in sede di autorizzazioni edilizie in relazione alle fasce di rispetto ex articolo 6, comma 1 Dpcm 8 luglio 2003 (50 Hz). Gestione e realizzazione del Catasto nazionale spettano al Ministero dell’ Ambiente che si avvale dell'Ispra. A.T.


A CHE GIOCO GIOCHIAMO NOI PRIMATI C'È UNA CREPA IN OGNI COSA. ED È DA LÌ CHE ENTRA LA LUCE. Leonard Cohen Andrea Tafuro Nell’antichità i restauratori romani, quando dovevano risanare le statue rovinate, mettevano nelle crepe della cera, per mimetizzare le ferite della statua. Le statue importanti, però, non venivano riparate, perché si riteneva avessero un valore proprio, crepe incluse. Erano statue sine cera: sincere. A coloro che ci amano e che amiamo chiediamo semplicemente di essere sinceri. Non sarà perchè la sincerità vuole spingerci a mostrare le nostre crepe? A proposito! Vi siete mai chiesti perché il bacio alla francese è diventato un simbolo della passione amorosa? E’ vero siete immersi in una cultura in cui non si può essere meno che perfetti, invece sto assaporando sempre di più, nella mia vita, che la particolarità sta più in ciò che non abbiamo che in ciò che abbiamo. Quanto impegno nel riempirci di cera davanti a chi amiamo, abbiamo paura che, sfregiati, non ci amino più! Tendiamo a stroncare sul nascere quella domanda intima: “C’è qualcuno

relazioni sociali umane, mi invoglia a prendere spunto dalla vita quotidiana delle scimmie. Questi primati testano la fedeltà del partner, sono deferenti nei confronti dei soggetti più forti. I maschi fanno gli sbruffoni e le femmine si comportano da smorfiose… ecco siamo parenti... Friedrich Nietzsche diceva: “In passato foste scimmie, ma ancor oggi l'uomo è più scimmia di qualsiasi scimmia”. Maestripieri fa ben capire che gli studi biologici fatti sulle scimmie accorciano di molto la distanza tra noi e i vostri cugini che stanno ancora sugli alberi. Lo scienziato... è biologo evolutivo dell'Università di Chicago... ci fa vedere con dovizia di esempi, come la gran parte dei nostri comportamenti non si discosti poi molto da quelli visibili in un branco di babbuini. Ecco, tanto per dire, prendiamo i pendolari stipati in treno, a nessuno piace essere rinchiuso, costretto a breve distanza da un estraneo, allora scattano piccoli gesti inconsci: non ci si guarda negli occhi, si sta in un angolino, si parla, nella migliore delle ipotesi,

disposto ad accogliermi pacchetto completo, sine cera?”. Riconoscetelo, il vostro desiderio più intimo è di trovare un tu davanti a cui, con pudico tremore, scoprire le vostre crepe. Per imparare come si fa, Dario Maestripieri in: A che gioco giochiamo noi primati. Evoluzione ed economia delle

del più e del meno. Se si osservano due scimmie messe in una gabbia stretta fanno esattamente lo stesso, anche se la chiacchieratina assume la forma del grooming, ossia lo spidocchiamento reciproco. Un combattimento tra Macachi Rhesus, ad esempio, può facilmente avere esiti mortali, allora, fin che resistono, le

scimmie non si guardano, poi, se proprio non si può evitare, si spulciano a vicenda per dimostrarsi non aggressive, infatti se le scimmie un po' si conoscono con la spulciatura dipende dai rapporti di forza. Se voi salite in ascensore col vostro direttore sarete voi a sentirvi in dovere di dare una… spulciata al capo. Beh direte, ma questa è la base. Esistono situazioni molto più complesse, ad esempio, quando qualcuno cerca di farsi strada in un'agenzia ambientale, le tre principali strategie di carriera sono: lenta prudente ascesa, attacco alla baionetta al potere o machiavellico studio degli equilibri, sono gli stessi percorsi che sono alla base della vita di un qualunque gruppo di scimmie. I babbuini creano alleanze e bande per prendere il potere nei loro grandi branchi, vince chi conquista la fiducia degli altri, chi si crea un claque di sostenitori devoti, disposti a rischiare la vita in combattimento per lui. Ah!, nel caso dei babbuini, i maschi come fanno a dimostrare la loro fiducia nel leader? Accettano uno strano rituale in cui i vari alleati si palpeggiano reciprocamente i testicoli in segno di fiducia. Insomma anche l'espressione “lo tiene per le p...” può essere retrodatata di qualche milione di anni. Anche cose moderne come il nepotismo e la raccomanda-

zione non sono proprio roba nuova. In molti branchi poter contare su un fratello ai piani alti del potere aiuta, tra i macachi chi ha una madre potente impara di più e mangia meglio… alla faccia della meritocrazia. A questo punto vi potrebbe venir voglia di rifugiarvi nei sentimenti dolci come l'amore, ma Maestripieri non vi rende facile nemmeno questa via di fuga. Molte scimmie, come l'orango, sono meno sentimentali di noi, il maschio fa la sua cosa e poi molla il pargoletto alla femmina, che per lui è solo una sporadica compagna. Ma tutte le scimmie che hanno cuccioli con lo sviluppo lento e quindi da allevare in due, optano per la coppia e allora è tutto un fiorire di regali, sondaggi demoscopici per vedere se il partner è fedele, spidocchiamenti reciproci per rinsaldare il legame e sbruffonate. Sì sbruffonate! I maschi iniziano a fare cose senza senso compreso stuzzicare i predatori, l'equivalente di comprarsi un possente suv da granturismo, per far vedere alle femmine che sono i tipi giusti. E le femmine cosa fanno? Quello che fanno le femmine umane, flirtano col palestrato di turno e poi vanno a cercarsi uno capace di tenere al sicuro i cuccioli. Tutto ciò mi rassicura, perchè siamo furbi come scimmie… non proprio. In un piccolo

branco di primati, come le chiese, tutti osservano e tutti giudicano, quindi conviene essere onesti, provate a mettere i libretti dei canti sui banchi e poi ditemi quanti non li portano via… il grande fratello è la scimmia dentro di noi. Vi prego! Fate saltare quella benedetta cera per sopportare le ferite di guerra che la vita ci dona sempre in abbondanza, scoprirete che sono le aste con cui sollevare il mondo, diventeranno le feritoie da cui passa la nostra Libertà. Non voglio ricoprire di cera ciò che la Grazia ha demolito, perchè quando sarò davanti a Lui voglio essere giudicato perchè ho giocato sine cera nel torneo dell’esistenza.

Partecipa al dibattito inviando un commento all’indirizzo: comunicazione@arpacampania.it


Foto di Fabiana Liguori

27.03.2014 – Settima edizione di “EnergyMed” alla Mostra d’Oltremare di Napoli Mostra Convegno sulle Fonti Rinnovabili e l’Efficienza Energetica nel Mediterraneo


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