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Il sistema dei rifiuti in Campania e il ruolo dell'Arpac Dall’emergenza al nuovo Piano regionale aggiornato nel 2016 di Luigi Stefano Sorvino Si ripropone periodicamente una verifica sullo stato dell'arte circa la gestione del ciclo dei rifiuti, tra avanzamenti, criticità e prospettive, che costituisce uno degli aspetti essenziali del complesso scenario ambientale della Campania, anche sotto lo specifico angolo visuale delle attività istituzionali dell'ARPAC. L'osservazione dell'attualità, tra luci ed ombre, non può prescindere dal considerare le condizioni durissime in cui è avvenuta la recente "ripartenza" del sistema ordinario dopo la lunghissima e tribolata storia della gestione emergenziale (1994/2009) e della prolungata fase di transizione post-emergenziale. La Campania ha vissuto l'unicum di un quindicennio di commissariamento nel settore dello smaltimento dei rifiuti in regime di protezione civile, con un continuo avvicendamento di organi e strutture straordinarie di vario tipo, ordinanze ex art. 5 legge 225/92, poteri monocratici e derogatori – con una infinita battaglia per la controversa localizzazione di impianti e discariche – che per lunghi anni hanno svuotato e disabilitato i meccanismi ordinari delle competenze territoriali. Dopo la disciplina del decreto legislativo "Ronchi" 22/97, il D.Lgs. 152/06 alla parte IV ha riscritto la normativa

in materia di rifiuti e bonifiche di siti inquinati (art. 177-194bis), alla luce dei più innovativi principi comunitari sulla prevenzione nella produzione di rifiuti, riciclo e riuso a mezzo delle raccolte differenziate, utilizzo solo residuale delle discariche, autosufficienza impiantistica su base regionale, ecc. ma la Campania è rimasta ancora bloccata per diversi anni nella paralizzante provvisorietà del regime emergenziale. Dopo l'esaurimento delle fasi di crisi più acute, si è gradualmente manifestata la ripartenza dell'ordinario culminata con l'approvazione della legge regionale n. 14 del maggio 2016, che – in parallelo alla riorganizzazione del comparto idrico – ha riordinato la gestione integrata del servizio rifiuti in Campania, ridefinendo l'assetto organizzativo e territoriale della governance, attraverso l'individuazione di sette ATO rifiuti (uno per provincia oltre i tre di Napoli). La normativa regionale 14/2016, ancora più avanzata di quella nazionale sul piano dei criteri generali, afferma il principio innovativo della economia circolare che deve concretamente correlarsi ad un nuovo modello di produzione e consumo mirato alla progressiva riduzione dei rifiuti. È entrata nell'uso comune l'espressione "economia circolare", come uno dei pilastri della moderna green economy, contrapposta alla tradizionale econo-

mia lineare fondata sul consumismo "usa e getta", che ha portato sull'orlo del baratro ecologico concorrendo – come osserva Papa Francesco – all'alimentazione delle diseguaglianze. Il modello dell'economia lineare si è basato sul prelievo massiccio di risorse naturali e sulla loro continua trasformazione in prodotti, che vengono poi consumati generando ingenti quantitativi di rifiuti da smaltire difficoltosamente. Viceversa l'economia circolare minimizza il prelievo delle risorse, reintengrando quelle biologiche nella

biosfera e prolungando l'uso di quelle artificiali, di cui occorre promuovere il riutilizzo, la rigenerazione, il ricondizionamento e quindi rimetterle in ciclo minimizzando così la produzione e lo smaltimento dei rifiuti. L'economia è così caratterizzata dall'uso parsimonioso ed efficiente delle risorse del pianeta, con la progettazione e la realizzazione di oggetti e manufatti, merci e prodotti programmati non solo per l'utilizzo ma anche per essere riparati e riusati. Continua a pag.2

ARPAC

ARCHEONATURA

AMBIENTE & SALUTE

La qualità dell’acqua potabile a Benevento

Il Parco archeologico e naturalistico di Longola

Curare la leucemia riprogrammando le cellule

Una finestra sul nostro passato, la “Venezia” di 3500 anni fa torna alla luce

Cava Ranieri: dai rifiuti è riemersa la storia

Uno studio condotto dall’Arpac dimostra che le caratteristiche della fornitura idrica sono migliorate a pag.6

In dirittura d’arrivo il progetto di rinascita del sito

Sorprendenti risultati all’Ospedale Bambino Gesù di Roma su un piccolo paziente

Buonfanti-Martelli a pag.8

Maisto a pag.13


Il sistema dei rifiuti in Campania e il ruolo dell'Arpac Dall’emergenza al nuovo Piano regionale aggiornato nel 2016 Segue dalla prima Sul piano organizzativo la legge della Campania del 2016 ha definito – in linea con la normativa sui servizi pubblici locali – l'ambito territoriale ottimale come la dimensione idonea per la gestione integrata del servizio secondo i principi delle "tre E" (efficienza, efficacia ed economicità) e, al suo interno, la possibile scala del sub-ambito distrettuale (SAD) per l'organizzazione del ciclo o dei suoi segmenti interni. Una volta delimitati gli ATO si è passati gradualmente alle fasi amministrative di costituzione – non poco faticose – con l'approvazione degli statuti da parte degli Enti locali, di elezione degli organi e, quindi, di concreta strutturazione della governance, con i passaggi necessari per rendere operativi i nuovi Ambiti per i rifiuti. Recentemente la Regione, con delibera giuntale n. 769 del dicembre 2017, ha approvato anche "le linee guida per l'elaborazione dei Piani d'ambito", elementi essenziali nel quadro della più ampia pianificazione di livello regionale. Nel frattempo, in attuazione della nuova legge, è stato approvato nel dicembre 2016 l'aggiornamento del Piano regionale per la gestione dei rifiuti urbani (P.R.G.R.U.) che ha definito per intero il fabbisogno di impianti ed infratrutture necessario al completo assorbimento della produzione giornaliera di rifiuti urbani - sia sul piano generale che nei singoli ATO prevedendo la gestione ed il criterio di tendenziale autosufficienza su base provinciale. Il Piano ha ridefinito fabbisogni, obiettivi e target di trattamento/smaltimento, con particolare riferimento alla raccolta differenziata come da legge (con l'obiettivo del 65% al 2020 e con il 70% di materia effetti-

vamente recuperata per ciascuna frazione differenziata), agli impianti di incenerimento (fabbisogno di circa 700.000 t/a a regime, garantito dall'impianto di termovalorizzazione di Acerra con capacità di 750.000 t/a annue), discarica (esigenza minimale di 50.000/100.000 t/a) e compostaggio (fabbisogno di 745.000 t/a a regime). Gli elementi caratterizzanti dell'aggiornamento del piano sono costituiti soprattutto dal massiccio sviluppo delle raccolte differenziate e dall'impiantistica per il compostaggio. Ora il Piano aggiornato, anche alla luce della sentenza di condanna della Corte di Giustizia Europea con cospicue penalità giornaliere, è in fase di lenta, tormentata ma graduale attuazione, con risultati significativi sull'avanzamento delle raccolte differenziate e problemi sul piano della realizzazione della relativa impiantistica. Ciò sia per le difficoltà tecnico-burocratiche dei procedimenti autorizzatori che per le diffidenze e resistenze (per lo più irrazionali) delle comunità locali, in assenza di una giusta e completa informazione sulla compatibilità ambientale delle infrastrutture e degli impianti e per la disabitudine alla fiducia nelle scelte dell'amministrazione pubblica. Collateralmente è stata avviata dalla Regione una importante attività di rimozione delle cd. "ecoballe" e cioè il Piano stralcio operativo – approvato nel novembre/dicembre 2015 dalla nuova Amministrazione regionale - di interventi per la rimozione, trasporto e smaltimento in ambito comunitario e/o recupero in ambito nazionale o comunitario di rifiuti imballati e stoccati presso una decina di siti delle cinque province campane. Un dato assai positivo è costituito dal significativo miglioramento della per-

centuale di raccolta differenziata della Campania, oggi al quarto posto in Italia con il suo 51,6% alle spalle solo di Lombardia, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, con l'obiettivo di puntare al primato nazionale entro la fine del decennio. In tale contesto si inquadra l'attività di controllo che l'ARPAC esercita con la sua organizzazione a livello centrale e territoriale della Direzione Tecnica e dei Dipartimenti Provinciali, essenziale anche in materia di rifiuti, non solo per la sua valenza tecnica, ma per la certezza ed affidabilità dell'intero sistema. Naturalmente il ruolo dell'Agenzia è soprattutto, ma non soltanto, di controllo, in particolare con costanti e programmate attività di ispezione sugli impianti di gestione rifiuti (soggetti ad AIA), con azioni ordinarie e straordinarie di monitoraggio talvolta svolte di supporto alla Autorità giudiziaria e/o alla Polizia giudiziaria. Ma vi è anche un'attività di supporto tecnico scientifico alla Regione ed agli altri Enti, con una serie di attività supplementari. Tra l'altro recentemente l'Arpac ha partecipato ad un protocollo d'intesa per la legalità ambientale presso la Camera di Commercio di Napoli, promosso dall'Albo gestori ambientali, con Regione, Procura della Repubblica e Forze dell'ordine per rafforzare operativamente azioni di controllo anche nel settore delle autorizzazioni al trasporto ed all'intermediazione dei rifiuti. Una significativa attività di controllo viene svolta dall'Agenzia sulla rimozione dei rifiuti stoccati in balle in regime di convenzione con l'apposita Struttura regionale di missione, con riferimento al 20% delle operazioni di

campionamento e di analisi. Risulta, altresì, importante il supporto dell'Agenzia alle attività di pianificazione regionale ed il contributo tecnico costantemente reso con la partecipazione alle conferenze di servizi per il rilascio delle autorizzazioni agli impianti di gestione dei rifiuti, in conformità alla normativa. Qualificante è la gestione da parte dell'ARPAC della Sezione regionale del Catasto rifiuti ed il supporto all'apposito Osservatorio istitutito dalla Regione (O.R.G.R.) - che ha introdotto e gestisce il programma web based Orso – garantendo costantemente un quadro conoscitivo dell'adeguamento ed aggiornamento dei dati relativi alla produzione e gestione dei rifiuti. Le attività conoscitive del Catasto sono assolutamente necessarie, coordinate nel network nazionale, per la corretta informazione ambientale in materia di rifiuti e costituiscono il presupposto per le attività di monitoraggio e pianificazione del settore. Importante è anche il supporto che ARPAC garantisce all'AG e alla PG per i controlli degli impianti di gestione rifiuti o per attività connesse con la gestione dei rifiuti. In definitiva l'attuazione e la gestione del sistema sono complesse ed impegnative, richiedendo la sinergia di componenti istituzionali e sociali e livelli territoriali, ma rimane essenziale l'attività di controllo che quanto più viene esercitata in maniera credibile ed autorevole tanto più genera quelle condizioni di fiducia e sicurezza ambientale necessarie al corretto funzionamento del sistema. Il Commissario Straordinario Avv. Luigi Stefano Sorvino


Acqua potabile: proposta la revisione della Direttiva Europea Non mancano le critiche dell’European Water Movement Felicia De Capua La Commissione europea ha proposto lo scorso primo febbraio la revisione della Direttiva sulla qualità e l’accesso all’acqua potabile (98/83/CE), inclusa nel programma di lavoro per il 2017, a seguito dell’iniziativa dei cittadini europei “L’acqua è un diritto” (Right2Water). Si tratta della prima azione diretta ad avere

soddisfatto i requisiti stabiliti dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, avendo raccolto oltre 1,6 milioni di adesioni a sostegno del miglioramento dell’accesso all’acqua potabile. L’Europa magnifica la revisione: «La proposta legislativa mira a garantire questo diritto – si legge in una nota della Commissione – Inoltre, mira a responsabilizzare i consumatori

garantendo che i fornitori di acqua offrano informazioni più chiare sul consumo, i costi e il prezzo al litro, contribuendo agli obiettivi di riduzione dell’uso di plastica e a limitare l’impronta di carbonio dell’UE, nonché al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile». È stato sottolineato che le norme proposte miglioreranno la qualità e la sicurezza

dell’acqua aggiungendo sostanze nuove ed emergenti all’elenco dei criteri che ne determinano la sicurezza (es. legionella e clorati). Parallelamente, la Commissione fa sapere che intende accelerare il lavoro di normazione per garantire che prodotti da costruzione utilizzati nel settore idrico in tutto il mercato interno dell’UE, come tubazioni e serbatoi, non inquinino l’acqua potabile. Infine viene evidenziato che l’accesso facilitato al pubblico, anche online, a informazioni circa la qualità e l’approvvigionamento di acqua potabile nella zona in cui vivono, aumenterà la fiducia nei confronti dell’acqua di rubinetto. Di diverso parere l’European Water Movement, promotore della raccolta di firme che ha spinto perfino il Parlamento Europeo a votare una risoluzione per l’inserimento del diritto umano all’acqua nei trattati fondativi dell’Unione. Il movimento, per il tramite dei suoi portavoce, ha bollato la revisione della direttiva come “deludente”: pur riconoscendo il timido tentativo della Commissione di includere provvedimenti per l’ac-

cesso universale all’acqua e l’enfasi sulle minoranze e sui gruppi più vulnerabili, mette in dubbio la validità del testo in relazione al diritto umano così come riconosciuto dalla Organizzazione Nazioni Unite, che prescrive che l’acqua e i servizi idro-sanitari debbano risultare accessibili, sicuri, accettabili, sufficienti ed economicamente sostenibili per le persone. Secondo il movimento europeo la bozza della nuova direttiva affronta soltanto i primi tre aspetti. Per questo, l’attivista David Sanchez ha rincarato: «La proposta della Commissione semplicemente ignora la principale sfida nel contesto europeo per il diritto umano all’acqua, cioè l’accessibilità economica. Con migliaia di famiglie private del collegamento idrico poiché non in grado di pagare le bollette, garantire l’accesso non è sufficiente. C’è bisogno di coraggio politico da parte della Commissione per sfidare le compagnie private che fanno profitti sulla gestione dell’acqua se si vuole veramente soddisfare questo diritto umano in Europa».


Regione Campania

Aggiornato il Piano delle Bonifiche Rossella Femiano Il Piano Regionale di Bonifica (PRB), approvato con delibera del Consiglio Regionale n. 777 del 25/10/2013 è stato aggiornato alla luce di quanto previsto dalla Deliberazione di Giunta Regionale n. 417/2016 relativa alle “Norme Tecniche di Attuazione” del PRB e sue Linee Guida per la predisposizione e l’esecuzione di indagini preliminari. Le recenti modifiche al PRB apportate con Delibera n. 831 del 28/12/2017, contengono: - l’individuazione dei siti rispondenti alla classificazione delle Norme Tecniche approvate e non inclusi negli scorsi allegati al PRB con una conseguente rideterminazione della denominazione delle tabelle ivi riportate; - l’ordine di priorità degli interventi

sulla base di una valutazione comparata del rischio. Anche l’articolazione degli allegati al PRB è cambiata prevedendo: - l’istituzione del nuovo Allegato 1 denominato: “Archivio dei procedimenti conclusi”; -una nuova numerazione delle tabelle di cui all’Allegato n. 4 in tabella 4.1 “Elenco recante censimento dei siti subperimetrati ricadenti nel SIN Napoli Orientale” e tabella 4.2 ”Elenco recante censimento dei siti sub-perimetrati ricadenti nel SIN Bagnoli Coroglio”; - l’istituzione Allegato n. 4-bis “Elenco recante censimento dei siti non più ricadenti nei Siti di Interesse Nazionale”, organizzato nelle seguenti tabelle: 4bis.1 Elenco recante il Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati nell’ex SIN “Litorale Domitio Flegreo ed

Agro Aversano”; 4-bis.2 Elenco recante il Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati nell’ex SIN “Aree del Litorale Vesuviano”; 4-bis.3 Elenco recante il Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati nell’ex SIN “Bacino Idrografico del fiume Sarno”; 4-bis.4 Elenco recante il Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati nell’ex SIN “Pianura”; 4-bis.5 Elenco recante censimento dei siti sub-perimetrati non più ricadenti nel SIN “Bagnoli-Coroglio”; - un allegato recante un’apposita tabella dei terreni agricoli che non possono essere utilizzati per la produzione agroalimentare o silvopastorale emersi a valle di uno studio condotto secondo le "Indicazioni per lo svolgimento delle indagini tecniche per la mappatura dei terreni della Regione Campania destinati all'agricoltura di cui all'articolo 1,

comma 1, del decreto legge n. 136/2013", per la classificazione dei terreni agricoli della Regione Campania. Al finale, l’adeguamento e l’aggiornamento delle tabelle allegate al PRB ha condotto alla seguente ridefinizione: Allegato 1 - Archivio dei procedimenti conclusi; Allegato 2 – Anagrafe; Allegato 3 - Elenco recante il Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati (CSPC locali); Allegato 4 - Elenco recante censimento dei siti ricadenti nei Siti di Interesse Nazionale (CSPC SIN); Allegato 4-bis - Elenco recante censimento dei siti non più ricadenti nei Siti di Interesse Nazionale (CSPC ex SIN); Allegato 5 - Censimento dei Siti in attesa di indagini; Allegato 6 – Elenco terreni agricoli che non possono essere utilizzati per la produzione agroalimentare o silvopastorale.

Riqualificazione urbana e ambientale: conclusi i lavori della Fontana di Grimoaldo Con Decreto Dirigenziale n. 138 del 17/11/2016, è stato ammesso a finanziamento – per il Comune di Avellino - l’intervento di “Riqualificazione urbana e ambientale delle aree di accesso e viabilità del Mercatone” e, in tale ambito, il risanamento conservativo della Fontana di Grimoaldo e del lavatoio annesso. Si tratta di un intervento coperto dal programma“Più Europa” il quale si pone come obiettivo quello di modificare sensibilmente le condizioni di vivibilità delle città campane, migliorandone l'attrattività, al fine di candidarle come nodi della rete per la competitività del sistema regionale. Tra le strategie delineate nel-

l’ambito della Programmazione 2007/2013 è attribuito un ruolo rilevante all’Asse 6 del PO FESR Campania 2007/2013 “Sviluppo urbano e qualità della vita” che, con l’Obiettivo Specifico “Rigenera-

zione urbana e qualità della vita” intende sviluppare il sistema policentrico delle città, attraverso la costruzione di una rete di città e territori competitivi all’interno dello spazio regionale.

L’Asse 6 prevede, attraverso l’Obiettivo operativo “6.1 Città medie”, interventi integrati di sviluppo urbano per migliorare le funzioni urbane superiori e assicurare condizioni di sviluppo sostenibile, sociale ed economico delle città medie. Il progetto realizzato consiste in sistemazione dell’area, risanamento conservativo della Fontana di Grimoaldo e del lavatoio annesso, riqualificazione della sede stradale e dei marciapiedi, nonché, dei sottoservizi esistenti migliorando notevolmente la fruibilità per i residenti ed, in particolare, con la realizzazione del parco pubblico lungo il Torrente Fenestrelle, da utilizzarsi per lo svago e per pas-

seggiate nel verde, potrà essere un utile accesso al fondovalle. Per quanto riguarda l’accessibilità all’area, è prevista l’eliminazione delle barriere architettoniche e la realizzazione di nuovi collegamenti anche meccanizzati sui vari lati del perimetro dell’area. Lo sviluppo dei percorsi interni è stato previsto conservando quelli esistenti integrandoli con nuovi percorsi e con il mantenimento di zone destinate a verde, con la piantumazione di nuove essenze arboree ed aree a prato, e con la predisposizione di adeguati impianti di sottoservizio. Il Costo Totale dell’intervento è stato pari ad €. 2.419.025,83. Ros.Fem.


STARE A CASA FA BENE ALL’AMBIENTE Secondo una ricerca statunitense: più pantofole e meno gas serra Anna Paparo Insomma, sfatiamo i vecchi miti, che molto probabilmente non sono più di moda! Da oggi in poi essere casalinghi e pantofolai fa bene all’ambiente. A dirlo è una ricerca pubblicata sulla rivista americana “Joule” e citata dal famigerato “New York Times”. Secondo quanto rilevato dal team di scienziati impegnati in questo strano studio, la maggior parte della popolazione statunitense preferisce trascorrere più tempo in casa che altrove. Tutto ciò è dovuto soprattutto all’avanzare delle nuove tecnologie, che hanno praticamente invaso la nostra quotidianità, portando a praticare meno sport e ad avere vita sociale che di “reale” ha poco

o niente e dedicandosi ad attività legate al mondo virtuale. Quindi, possiamo tranquillamente affermare che se ciò ha avuto un risvolto negativo per quanto riguarda i rapporti interpersonali, dall’altro ha avuto conseguenze positive sull’ambiente: infatti, si è tradotto in un minor consumo di energia e, di conseguenza, in una minore produzione di gas serra. In pratica, è stato rilevato che nel 2012 gli Americani hanno trascorso a casa in media circa otto giorni in più all’anno rispetto al vecchio 2003. Questo ha ridotto la domanda nazionale di energia del due per cento circa, con un calo di mille e settecento trilioni di BTU (acronimo per British Thermal Unit, ovvero l’unità di misura dell'energia usata negli Usa e nel Regno Unito). Secondo la ricerca, il consumo di energia al minuto quando si va all’esterno è in media venti volte superiore rispetto a quello “speso” quando si sta a casa. Così, è venuto fuori che gli Americani escono meno, in quanto internet e le nuove tecnologie danno la possibilità di fare molte più cose rimanendo comodamente seduti in poltrona. Insomma, tutto è a portata di click, perché mai uscire? Si va dal telelavoro, al fare la spesa e lo shopping dal proprio personal computer o addirittura dallo smartphone, fino a sostituire il cinema con la possibilità di guardare film in prima visione e di poter seguire tran-

quillamente serie sulla smart-tv, senza essere disturbati e beatamente seduti nel salotto di casa propria. Inoltre, l’aumento del tempo trascorso oziosamente in pantofole è stato particolarmente significativo per i giovani della fascia d’età che va dai diciotto ai ventiquattro anni: ben quattordici giorni in più nel 2012 rispetto al 2003. Uno studio alquanto bizzarro, ma allo stesso tempo importante, che mette in risalto quanto le nuove tecnologie possano aver avuto effetti positivi e nega-

tivi sulla nostra vita. Era cosa risaputa che la vita sedentaria per certi aspetti fosse nociva alla salute dell’uomo, ma non ci saremmo mai aspettati che lo stare a casa in pantofole e vestaglia potesse portare benefici alla natura. È proprio vero che in ogni cosa bisogna cogliere gli aspetti positivi e, quindi, la domanda è d’obbligo: cosa c’è di meglio che starsene comodi e beati sul proprio divano e aiutare l’ambiente contro la piaga del riscaldamento globale?

I coleotteri si restringono a causa del riscaldamento globale Che il riscaldamento globale avesse ripercussioni negative sulla vita di flora e fauna sulla Terra era una cosa risaputa, ma ora c’è stata un’ulteriore conferma del fatto che l’innalzamento continuo della “febbre” del nostro pianeta influisca sulla “taglia” degli organismi viventi. Ad affermarlo è uno studio canadese dell’Università della British Columbia secondo cui le temperature in aumento stanno letteralmente “restringendo” alcuni coleotteri. Pubblicata sul Journal of Animal Ecology, la ricerca, portata avanti da un gruppo di studenti, prevedeva l’esame di circa 6500 coleotteri di 8 specie diverse, originari di due regioni canadesi, e conservati nella collezione del museo dell’Ateneo, riportando per

ognuno informazioni di vario tipo, partendo dalle dimensioni arrivando al luogo e alla data del ritrovamento. Insomma, ci troviamo di fronte a un lavoro interessante che ha portato alla raccolta di dati relativi a un arco temporale di un secolo. In questo modo, gli studenti coinvolti nello studio hanno, così, misurato i cambiamenti evidenti di taglia negli insetti negli ultimi quarant’anni o nell’arco di un secolo e hanno messo in collegamento questi dati con quelli sui cambiamenti climatici registrati nelle due aree di provenienza dei coleotteri. Ma non finisce qui. Dall’analisi è emerso, inoltre, che negli ultimi quarantacinque anni si sono verificati aumenti di temperatura in autunno di circa due gradi nel Lower

Mainland e di 2,25 gradi nell'Okanagan. A fronte di questi incrementi, quindi, alcuni scarafaggi risultavano più piccoli e altri no. A risentire di più del cambiamento di clima sono risultati i coleotteri più grandi, che si sono ristretti in maniera quasi inspiegabile. Le quattro specie di dimensioni maggiori - affermano, infatti, i ricercatori - si sono ridotte del ben 20% in quasi mezzo secolo. Ma la ricerca non si

ferma e va naturalmente avanti. Nelle ultime settimane, infatti, un altro studio, condotto sui passeri in Australia e Nuova Zelanda, ha evidenziato che l’aumento delle temperature estive può avere un peso notevole sulla crescita degli uccelli. Tutto questo per sensibilizzare tutti noi in riferimento a una problematica

che attanaglia la nostra Madre Terra. E’ un ulteriore monito a dare un freno all’invasiva attività umana che, se da un lato porta miglioramenti, dall’altro provoca danni irreparabili all’ambiente circostante, portando alla distruzione di angoli di paradiso e all’estinzione di specie animali e vegetali. A.P.


Uno studio condotto dall’Arpac dimostra che le caratteristiche della fornitura idrica sono migliorate

La qualità dell’acqua potabile a Benevento F.Barone, V.Ricci, L.Carideo, M.Schipani, L.Petrella, R.Esposito, C.Martuccio L’utilizzo eccessivo delle risorse idriche, spesso incontrollato, e il processo di industrializzazione hanno generato negli anni una modifica delle caratteristiche chimico-fisiche dell'acqua. Le acque utilizzate dall’uomo per i propri bisogni sono indicate come "acque destinate al consumo umano" o "acque potabili". Esse sono disciplinate dal decreto legislativo 31/2001, adottato in attuazione della direttiva 98/83/CE e modificato dal decreto legislativo 27/2002 e recentemente dal decreto ministeriale 14/06/2017. Si tratta di acque trattate e non trattate destinate ad uso potabile, per la preparazione di cibo o altri usi domestici e per l'igiene personale, a prescindere dalla loro origine e provenienti da varie forme di approvvigionamento e distribuite tramite acquedotti, cisterne o confezionamento in bottiglia o in altri contenitori. Per essere definite potabili, le acque devono soddisfare molti requisiti: • non devono contenere sostanze tossiche; • non devono contenere microrganismi patogeni; • devono contenere disciolti una certa quantità di sali minerali; • devono essere incolori, inodori e insapori. Uno studio su 12 anni Nel Laboratorio multisito alimenti e acque ad uso umano dell’Arpa Campania, situato a Benevento, si è effettuato uno studio finalizzato alla valutazione del cambiamento nel tempo della qualità delle acque erogate nel capoluogo sannita. Sono stati analizzati 1927 campioni di acqua di rete per 47 diversi parametri, in un arco temporale lungo dodici anni (2005-2017). I 61000 abitanti della città di Bene-

vento, secondo la zona di residenza, usufruiscono di tre diverse forniture idriche: l'acquedotto regionale del Biferno (quartiere di Pacevecchia e parte del Viale Mellusi), i pozzi della zona di Pezzapiana e Campo Mazzoni (Rione Libertà e Rione Ferrovia), la sorgente di Pietrafitta (zona industriale di Contrada Olivola). Quantitativamente va precisato che la maggior parte delle acque, circa il 58%, proviene dagli acquiferi presenti in località Campo Mazzoni ed in località Pezzapiana. La problematica storica legata a questi due acquiferi è la presenza di nitrati in concentrazioni prossime al limite di legge (50 mg/L) dovuta all'uso agricolo intensivo delle aree rurali della città e ad un utilizzo indiscriminato di concimi azotati, nonché alla presenza di tetracloroetilene in falda. Questo alogenuro organico deriva presumibilmente da inquinamento legato alla presenza, in prossimità delle captazioni, di un dinamico nucleo industriale e di infrastrutture ferroviarie. Pertanto con tecniche di analisi statistica multivariata si è voluto verificare, in relazione a questi due parametri, se le acque negli ultimi dodici anni avessero subito dei peggioramenti o dei miglioramenti. Il confronto tra aree L’analisi dei dati ha evidenziato che la fornitura idrica destinata all'utenza nella città di Benevento è caratterizzata da due tipi di acque con concentrazione di nitrati molto diversa. Le acque con una concentrazione di nitrati più alta sono quelle captate dagli acquiferi

Grafico 2: Andamento del tetracloroetilene nei campioni di acqua in esame

Grafico 1: Andamento nitrati nei campioni di acqua in esame di Campo Mazzoni e di Pezzapiana, che presentano una concentrazioni di nitrati pari a circa 40mg/L, invece le acque che presentano una bassa concentrazioni di nitrati sono quelle che provengono dalle pregiate sorgenti del Biferno, con concentrazioni pari a 5 mg/L (Grafico 1). L’analisi statistica ha altresì evidenziato che il tetracloroetilene è presente solo nelle acque captate dagli acquiferi di Campo Mazzoni e Pezzapiana ed è assente nelle acque provenienti dal Biferno. La città quindi può essere divisa in due aree in cui è evidente che ad alcuni cittadini vengono fornite delle acque comunque idonee, ma con una concentrazione più alta sia di nitrati che di tetracloroetilene e un'altra zona che invece presenta un'acqua migliore perché proveniente dalle sorgenti del Biferno (Grafico 2). Quando la condotta del Biferno non è pienamente operativa, però, spesso la sua acqua viene miscelata a quella dei pozzi di Campo Mazzoni e Pezzapiana e ciò comporta una lieve modifica delle concentrazioni degli inquinanti. La variazione nel tempo Ai fini di una valutazione accurata delle

caratteristiche variabili nel tempo dell’acqua erogata ai cittadini beneventani, è stata applicata ai dati l’analisi statistica delle componenti principali. Con questa tecnica è stato evidenziato che tra i 47 parametri analizzati già solo 18 potevano rispondere della larga parte della variazione nel tempo della qualità delle acque erogate in città. I 18 parametri sono stati raccolti in tre componenti principali secondo il seguente schema: • COMPOSIZIONE SALINA – PC1 (Calcio, Cloruro, Conducibilità, Durezza totale, Nitrati, Potassio, Residuo secco, Sodio e Solfato); •INQUINAMENTO DA COMPOSTI CLORURATI – PC2 (Bromodiclorometano, Bromoformio, Clorodibromometano, Cloroformio e Trialometani totali); •PRESENZA DI MICRORGANISMI FECALI– PC3 (Conta batterica a 37°C, Coliformi fecali, Enterococchi ed Escherichia coli). La presenza di sali inorganici, tra cui i nitrati di origine agricola, ha subito negli ultimi dodici anni una lenta, ma costante e progressiva decrescita (Grafico 3). (segue a pagina 7)

Grafico 3: Analisi del trend di PC1


segue da pagina 6 Questa condizione può essere spiegata sia con la diminuzione dell’uso agricolo di concimi inorganici, ma anche con una riduzione dei volumi di acqua captati dagli acquiferi di campo Mazzoni e Pezzapiana, e un aumento di quelli provenienti dalle pregiate sorgenti del Biferno. L’inquinamento dei composti clorurati (PC2) è dovuto all’utilizzo eccessivo di detergenti disinfettanti che rilasciano in falda una grande quantità di sottoprodotti dannosi per la salute quali il percloroetilene (PCE). Il PCE, usato come solvente a "secco", viene largamente utilizzato come sgrassante nelle lavanderie, nell'industria metalmeccanica, nel lavaggio delle rotaie dei treni, come solvente per vernici ed infine nell'industria chimica e farmaceutica. Nella città di Benevento questi prodotti sono stati individuati soprattutto nelle acque captate in zona Ferrovia, dove il percloroetilene viene utilizzato per il lavaggio delle rotaie dei treni. L’inquinamento dei composti clorurati ha un leggero decremento nel tempo, a testimonianza del fatto che c'è un miglioramento e quindi una riduzione dei sottoprodotti del cloro nelle falde acquifere e presumibilmente un uso più consapevole di questi prodotti estremamente inquinanti e persistenti nell’ambiente (Grafico 4). La presenza di microrganismi fecali nelle acque (PC3), a differenza delle altre due componenti principali legate all’aspetto chimico fisico, non mostra un significativo

Arpa CAMPANIA AMBIENTE del 15 febbraio 2018 - Anno XIV, N.3 Edizione chiusa dalla redazione il 15 febbraio 2018 DIRETTORE EDITORIALE

Luigi Stefano Sorvino DIRETTORE RESPONSABILE

Pietro Funaro

cambiamento nel tempo (Grafico 5). I superamenti dei valori limite di legge sono presenti anche se non frequenti. L’analisi statistica ha escluso dalle tre componenti principali la ricerca del batterio Pseudomonas aeruginosa, focalizzandosi, a livello microbiologico, unicamente sulla contaminazione di natura fecale. Pseudomonas aeruginosa può moltiplicarsi in ambiente acquatico in presenza di nutrienti e nel biofilm nella rete di distribuzione e il suo riscontro nelle acque potabili è generalmente indice del deterioramento della qualità microbiologica dell’acqua dovuto alla presenza di nutrienti, ad un flusso dell’acqua troppo basso o ad un trattamento di potabilizzazione insufficiente. Pertanto Pseudomonas è un valido indicatore della qualità microbiologica dell’acqua potabile a livello della rete di distribuzione nonché dell’efficacia del trattamento di potabilizzazione poiché sono suoi serbatoi di diffusione i punti di erogazione degli impianti di distribuzione dell’acqua, difficilmente raggiungibili dal disinfettante residuo. L’assenza di questo parametro dalle componenti principali conferma pertanto l’efficienza dei trattamenti di potabilizzazione e del buon mantenimento della rete di distribuzione delle acque della città di Benevento, nonostante la loro vetustà. In conclusione, con questo studio si è potuto evidenziare che le acque destinate alla città di Benevento, negli ultimi dodici anni, sono migliorate nella loro composizione chimico-fisica e che gli interventi di prevenzione quotidianamente utilizzati sono adeguati al tipo di risorsa e in grado di eliminare o abbattere i contaminanti microbiologici specifici. Inoltre, l’utilizzo di tecniche di analisi multivariata, per l’analisi dei dati, può fornire indicazioni importanti per la valutazione e la programmazione degli interventi di controllo e prevenzione del sistema di distribuzione delle acque destinate al consumo umano.

Grafico 4: Analisi del trend di PC2

Grafico 5: Analisi del trend di PC3

CAPOREDATTORI

Salvatore Lanza, Fabiana Liguori, Giulia Martelli IN REDAZIONE

Cristina Abbrunzo, Anna Gaudioso, Luigi Mosca, Andrea Tafuro GRAFICA E IMPAGINAZIONE

Savino Cuomo HANNO COLLABORATO

F.Barone, I. Buonfanti, L.Carideo, F. Clemente, F. De Capua, G. De Crescenzo, R.Esposito, R. Fanelli, R. Femiano, R. Funaro, B. Giordano, R. Maisto, C.Martuccio, B. Mercadante, A. Palumbo, A. Paparo, L.Petrella, T. Pollice, V.Ricci, D. Santoro, M.Schipani SEGRETARIA AMMINISTRATIVA

Carla Gavini DIRETTORE AMMINISTRATIVO

Pietro Vasaturo

EDITORE Arpa Campania Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1 80143 Napoli REDAZIONE Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1- 80143 Napoli Phone: 081.23.26.405/427/451 Fax: 081. 23.26.481 e-mail: magazinearpacampania@libero.it Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Napoli n.07 del 2 febbraio 2005 distribuzione gratuita. L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne la rettifica o la cancellazione scrivendo a: ArpaCampania Ambiente,Via Vicinale Santa Maria del Pianto, Centro Polifunzionale, Torre 1-80143 Napoli. Informativa Legge 675/96 tutela dei dati personali.

Prevenzione della legionellosi: rinnovato l'accordo tra l’Arpac e l'ospedale Rummo È stata rinnovata la convenzione tra Arpac e il "Gaetano Rummo" di Benevento per il monitoraggio della legionella all'interno degli impianti dell'ospedale. È un'attività che viene svolta ogni anno, il cui scopo è evitare che all'interno degli ambienti ospedalieri possa essere contratto il "morbo del legionario", una malattia infettiva che in casi particolari può avere esiti letali. Nell'arco del 2018 l'Agenzia preleverà 230 campioni di varie matrici ambientali, tra cui duecento campioni di acqua degli impianti idrici, per controllare se nelle condutture e in altri impianti dell'ospedale possa annidarsi la legionella, il batterio responsabile della malattia. L'accordo, che ha durata annuale, è

stato stipulato dai due Enti per la prima volta nel 2003: all'agenzia ambientale spettano campionamenti e analisi, all'azienda ospedaliera tocca stilare il piano di

sorveglianza ed effettuare eventuali misure di bonifica. Il rinnovo della convenzione con il Rummo è stato voluto dal direttore generale del nosocomio beneventano, Renato Pizzuti, e dal commissario straordinario Arpac, Stefano Sorvino, in ragione della valenza di questo accordo che contribuisce a rafforzare la prevenzione sanitaria in ospedale. L'Agenzia, con il suo Laboratorio di riferimento regionale per la legionellosi, diretto da Anna Maria Rossi, situato a Salerno, collabora alla sorveglianza ambientale preventiva della legionella in diverse strutture sanitarie campane, tra cui l'azienda ospedaliera Giuseppe Moscati di Avellino e i presìdi ospedalieri dell'Asl di Salerno.


Il Parco archeologico e naturalistico di Longola Una finestra sul nostro passato, la “Venezia” di 3500 anni fa torna alla luce Ilaria Buonfanti Lo scorso sabato 10 febbraio, a Poggiomarino, vicino Pompei, l’amministrazione comunale ha presentato il nuovo Parco archeologico-naturalistico di Longola. Si tratta di un’area verde nata intorno alle straordinarie scoperte archeologiche del “Villaggio dei Sarrastri”, un insediamento preistorico risalente al II millennio a.C. Il sito, venuto alla luce nel 2000 in località Longola di Poggiomarino, fu scoperto per caso mentre si costruiva il depuratore del Medio Sarno. Furono individuati cumuli di terreno di scarto ricchi di resti ceramici, faunistici e lignei, di epoca proto-

storica e, di conseguenza, fu avvisata la Soprintendenza archeologica di Pompei (oggi Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei) che subito avviò un’indagine. Il sito ha un’eccezionale importanza storica e antropologica, tanto da aprire nuovi scenari della protostoria italiana. Il villaggio, infatti, era costituito da capanne su palafitte di legno, fissate su isolotti artificiali nel letto fluviale del Sarno. Il legno è ancora ben conservato grazie alla falda d’acqua che lo ha sommerso ad oltre 4 metri di profondità. Finora, inoltre, la presenza di palafitte era stata attestata soltanto nel Nord Italia. Il villaggio prosperò per ben otto secoli, dal 1500 a.C. al 600 a.C.: mai in Campania era stata rilevata una tale continuità di insediamento. Enorme il numero di reperti finora venuti alla luce: oltre 500.000 reperti ceramici, 80.000 reperti faunistici, centinaia di reperti in legno, oltre 600 particolari di rilievi in bronzo, pasta vitrea, ambra, ferro, piombo, osso e corno lavorato. Il villaggio fu abbandonato improvvisamente a causa di un’alluvione e dalla migrazione degli abitanti, insieme ad altri della valle superiore del Sarno, sarebbe nato il primo nucleo dell’antica

Pompei. Il progetto del parco archeologico-naturalistico di Longola, sorto in prossimità degli scavi archeologici, prevede un’area espositiva per i reperti finora rinvenuti, la ricostruzione fisica e virtuale dell’antico villaggio preistorico, info-points, spazi polifunzionali, laboratori didattici per le scuole ed un’area di verde attrezzato con giochi, orto didattico, percorsi olfattivi, capanno per il birdwatching e zona pic-nic.

CAVA RANIERI: DAI RIFIUTI È RIEMERSA LA STORIA In dirittura d’arrivo il progetto di rinascita del sito Giulia Martelli Una storia che sembrava già scritta, quella di Cava Ranieri a Terzigno in provincia di Napoli, che sta però per concludersi con un lieto fine inaspettato e sicuramente felice. Originariamente antico luogo di estrazione di pietra vulcanica, questo sito riecheggia nei ricordi di chi ben conosce le sue vicissitudini passate come uno dei luoghi simbolo dell’avvelenamento sconsiderato e della deturpazione ambientale del territorio vesuviano; l’area infatti, dall’anno 2000 in poi, fu utilizzata come discarica di rifiuti di ogni sorta. Si scoprì presto però che Cava Ranieri era un luogo di rara bellezza: circa 500mila metri quadrati di archeologia, geologia e risorse na-

turali; sotto i rifiuti, infatti, si nascondevano i resti di ben tre dimore rustiche di epoca romana oltre a sequenze stratigrafiche a testimonianza delle varie eruzioni ed una ricchissima vegetazione. Finita l’emergenza non si poteva restare inermi davanti ad uno scempio del genere, da qui, dunque, il progetto di “rinascita” di questo sito cominciato solo pochi mesi fa (a maggio del 2017) ed in dirittura d’arrivo in questi giorni quando la Sogesid (la società del ministero dell'Ambiente che si è occupata della bonifica), ha presentato il lavoro di pulizia effettuato e, simbolicamente, ha restituito cava Ranieri alla cittadinanza e a tutto il territorio vesuviano. Tecnici della bonifica e archeologi hanno lavorato fianco a fianco: man mano che i rifiuti «sparivano» la bellezza

della storia ritrovava il suo spazio. Grazie all'inserimento del Comune di Terzigno nel «Grande Progetto Pompei», l'amministrazione comunale è riuscita anche ad ottenere la restituzione di alcuni reperti trovati all'interno delle tre ville: si tratta di una cinquantina di pezzi, per lo più affreschi, vasi ed anfore che saranno esposti nell'area dell'ex macello, riqualificata da poco, che diventerà un polo museale che sarà denominato MATT (Museo Archeologico Territoriale Terzigno). Come sia potuto accadere che un sito di tale importanza fosse “scelto” per contenere rifiuti in uno dei periodi più bui della nostra regione non ci è dato sapere, l’importante è che questa triste pagina della politica ambientale campana sia stata definitivamente strappata.

La valorizzazione di Longola è stata realizzata dall'Amministrazione Annunziata, grazie ad un finanziamento POR Campania. Inoltre l’Amministrazione Comunale di Poggiomarino ha lanciato il progetto “Vivi Longola”, con l’obiettivo di valorizzare le potenzialità culturali e commerciali del sito naturalistico-archeologico, promuovendo, allo stesso tempo, le eccellenze locali dell’artigianato, dell’arte e dell’enogastronomia.


“Non sono rifiuti”: il progetto per il recupero di materie prime

EUROSTAT 2017

I Paesi europei che producono più rifiuti

I cittadini “guadagnano” in soldi, salute e tutela ambientale Rosemary Fanelli A Roma la chiamano " dindarolo", che significa salvadanaio. Attiva da 12 anni come presidente della SFNA, una società romana che opera nel settore del riciclo, Silvia Cavaniglia lavora dal 2014 alla realizzazione del progetto pilota "Non sono rifiuti", volto alla realizzazione della prima rete urbana per la compravendita di materie prime recuperabili. Il progetto prevede la creazione di punti di conferimento posti in ambienti ad alta frequentazione, come ad esempio i mercati rionali, presso i quali i cittadini possono conferire le materie riutilizzabili in loro possesso, a fronte di un corrispettivo in denaro, stabilito in base ad un prezzario pubblicato quotidianamente sul sito internet nonsolorifiuti.it Ad oggi sono 3.740 i cittadini che hanno aderito all’iniziativa e conferito i rifiuti al Box 95 del mercato rionale di via Andrea Doria, dove si possono consegnare (e riciclare) pet, plastiche, carta, alluminio, ferro, rame, piombo, ottone, vestiti, tessuto, olio esausto e piccoli elettrodomestici. Conferire i rifiuti, convertendoli in denaro, è tra l’altro molto semplice. Il cittadino, dopo essersi registrato sul sito internet o direttamente presso il box, consegna le materie prime recuperabili, che ven-

gono pesate e pagate su un apposito conto, che al raggiungimento dell’importo di 5 euro emette un buono da riscuotere in contanti o da accantonare in deposito. I cittadini guadagnano quindi in soldi, salute e tutela ambientale. In verità i vantaggi del progetto sono molteplici: da una parte l’iniziativa consente ai cittadini di differenziare le materie prime recuperabili e di cogliere in questo una opportunità di guadagno famigliare, dall’altra questo modo di riciclare offre opportunità lavorative e di guadagno alle aziende del settore. Le materie prime recuperate infatti, se fossero smaltite nei cassonetti, diventerebbero dei rifiuti veri e propri. Se conservate a casa e lavate, pulite e confezionate per monomateria, potrebbero essere vendute al Box e quindi non più trattate come rifiuti in senso stretto. «Noi poi come azienda», ha spiegato la Cavaniglia al settimanale Vita, «abbiamo deciso di reinvestire questo denaro in tre direzioni: verso l’operatore che incamera un reddito a sostegno della sua famiglia, verso l’azienda che ha comunque dei costi di gestione e verso la comunità». Un terzo del ricavato torna infatti ai cittadini, che possono decidere anche di donarlo alle onlus ed alle associazioni iscritte al si-

stema di raccolta. Il progetto, nel suo piccolo, incrementa il reddito delle famiglie coinvolte, è un incentivo domestico a differenziare, è lavoro per chi rivende i prodotti e soprattutto è buon esempio di tutela ambientale, di prassi civica, ma anche modello aziendale e strumento di donazione per il Terzo settore. A breve a Roma partirà l’apertura di ulteriori quattro punti di conferimento, sempre all’interno dei mercati rionali. Le postazioni coinvolgeranno quattro diverse famiglie, ciascuna responsabile di uno sportello, che beneficeranno, oltre che di un corso di formazione sulle materie prime recuperabili, di attrezzature per il compattamento, finanziate da un microcredito sponsorizzato. Tanti i cittadini che si stanno interessando all’iniziativa, comprese intere scolaresche, che hanno guadagnato da questa buona prassi soldi per l’acquisto di materiale scolastico, senza aggravio per le famiglie. Visto il successo dell’iniziativa, ci si auspica che il progetto, di facile importazione anche in altre città, trovi applicazione anche in regioni come la nostra, che da anni combatte con il problema dei rifiuti e si scontra con gli ostacoli (spesso più burocratici che reali) della raccolta differenziata.

Bruno Giordano È acclarato che le politiche dell’ UE sulla gestione dei rifiuti mirano a ridurre l'impatto dei rifiuti sull'ambiente e sulla salute, e, a promuovere l'uso efficiente delle risorse nell'UE. Gli obiettivi a lungo termine di tali politiche sono la riduzione della quantità dei rifiuti prodotti, la promozione dei rifiuti come risorsa, il conseguimento di livelli più alti di riciclaggio e, uno smaltimento dei rifiuti sicuro. Ma, com’è distribuita la produzione dei rifiuti in UE? Stando al rapporto Eurostat 2017 la Danimarca detiene il record di produzione (770 kg annui a testa), seguita da Svizzera e Norvegia. L’Italia si assesta a 495 kg di media. Ancora una volta a fare la differenza sono lo smaltimento e il riciclo. I cittadini europei sono quasi 512 milioni e se si guarda il totale di rifiuti prodotti si arriva alla cifra di 245 milioni di tonnellate ogni anno (una quantità difficile da visualizzare: sarebbero 10 milioni di container per il trasporto delle merci) o 670 mila tonnellate al giorno. Vent’anni fa le cose stavano quasi nella stessa maniera: nel 1995 i rifiuti pro capite erano 473 chili per ogni membro dell’Unione europea. Ci sono nazioni come la Bulgaria che hanno ridotto moltissimo la quantità di scarti e altre come la Grecia e la Lettonia, ma anche la Danimarca e la Finlandia, in cui si getta via più pattumiera oggi di vent’anni fa. In Italia le cose sono peggiorate o migliorate a se-

conda di come si guardano i dati: buttiamo quasi 50 chilogrammi in più a testa rispetto al 1995, ma anche 50 chili in meno rispetto al massimo toccato dieci anni dopo, nel 2005. Sappiamo che ci sono molte differenze tra città e città, e, tra regione e regione all’interno del nostro Paese. In tutta l’Unione Europea vent’anni fa finivano in discarica 145 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno, oggi si sono ridotti a 59 milioni, quasi un quarto del totale dell’immondizia. Una quantità di poco superiore finisce negli inceneritori, che hanno raddoppiato la propria attività dal 1995. Il riciclo è arrivato al 30% del totale e le tonnellate di carta, vetro e plastica che vengono recuperate si è moltiplicata quasi per tre. Il compostaggio della parte umida dei rifiuti è salito al 17% e anche in questo caso le quantità sono triplicate in vent’anni. In totale viene riutilizzato quasi il 47% dei rifiuti prodotti nell’UE. Restano più di 125 milioni di tonnellate che prendono la strada degli inceneritori o delle discariche. L’Italia è un po’ più brava della media e ricicla o manda al compostaggio il 51% dei rifiuti, ma, ci sono Paesi che fanno meglio come la Germania che produce più spazzatura della media, con oltre 600 Kg a testa all’anno, ed è in grado di riutilizzarne i due terzi. Non solo: il resto va quasi tutto agli inceneritori, e, nelle discariche vengono gettati appena 9 Kg di pattumiera per ogni tedesco, in Italia sono ancora 123.


La cattura e il sequestro di anidride carbonica Gli scienziati e le aziende studiano nuove soluzioni per rimuovere il composto dall’atmosfera Tina Pollice Il pianeta rischia un aumento della temperatura media di circa 3 gradi centigradi per fine secolo, nonostante tutte le strategie messe in campo per decarbonizzare, decise a livello globale. Piantare alberi è e resta la scelta giusta, perché è la più efficiente macchina per assorbire CO2 dall’aria e fissarla, perché è la meno costosa e di gran lunga la più naturale. Se vogliamo centrare gli obiettivi di Parigi occorre fare di più: riforestare, ma, anche ricostruire le zone umide costiere, le torbiere e le praterie, tutte grandi assorbitrici di anidride carbonica. Gli scienziati e le aziende studiano anche le emissioni negative, vale a dire soluzioni per rimuovere su larga scala dall’atmosfera l’anidride carbonica già emessa. In Europa e in America si sperimentano impianti per succhiare direttamente dall’aria l’anidride carbonica attraverso un procedimento chiamato Direct Air Capture (Dac), sembra fantascienza. In realtà già funzionano tre sistemi in grado di assorbire il più diffuso dei gas serra dall’aria. Sistemi ancora sperimentali, di

piccolissime dimensioni, non ancora economicamente sostenibili visto che per eliminare una sola tonnellata (t) di CO2 costa 600 dollari. C’è quello degli svizzeri della Climeworks, quello dei canadesi di Carbon Engineering e quello degli americani di Global Thermostat. Agiscono tutti sulla base dello stesso principio: con grandi sistemi di ventole aspiranti,

l’aria viene fatta passare attraverso uno speciale filtro che assorbe e blocca la CO2, che può essere stabilizzata, o trasformata in carburante o fertilizzanti. Il progetto di Climeworks sembra quello più avanzato. In un paesino vicino Zurigo, nei pressi di un inceneritore, funziona una centrale negativa in grado di succhiare 1000 t. di CO2 l’anno, utilizzate, poi, come

fertilizzante in una serra accanto. È poca cosa: equivale alle emissioni annue di 20 famiglie americane. Più interessante è la nuova struttura aperta vicino a una centrale geotermica in Islanda, a 25 Km da Reykjavik. Già era in corso una sperimentazione per mineralizzare l’anidride carbonica iniettandola insieme ad acqua in rocce basaltiche a 700 m. di profondità.

Qui Climeworks ha costruito un impianto che spedisce sottoterra la CO2 filtrata dal sistema avvalendosi di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Anche in questo caso si tratta di una struttura piccola, 50 t. l’anno e molto costosa. L’obiettivo di queste ricerche è quello di catturare entro il 2025 l’1% delle emissioni annue globali di CO2. Servirebbero però almeno 750mila unità tipo quella in funzione a Zurigo. Sulla stessa linea si pone Carbon Engineering, che ha sviluppato un impianto sperimentale a Squamish, nella British Columbia, che a partire dalla CO2 genera carburante. Alla Climeworks, sono convinti di poter abbattere in modo drastico i costi sino a 100 dollari per t. di CO2 assorbita, visto che la tecnologia è modulare e facilmente scalabile; la Global Thermostat giura di poter scendere a 50 dollari. Anche così facendo, rimuovere un quarto delle emissioni mondiali annue di anidride carbonica, costerebbe 500 miliardi l’anno. Una tecnologia promettente, ma molto costosa. Nel frattempo, per scongiurare il punto di non ritorno, intensifichiamo la piantumazione di alberi.


Le tecnologie applicate alla didattica L’uso delle TIC per la diffusione delle tematiche ambientali può essere una grande opportunità Dante Santoro Siamo in un’era in cui nel nostro vocabolario sono entrati con prepotenza inglesismi ed acronimi ai quali se ne fa ricorso spesso senza che neanche ci si soffermi sul loro significato. È il caso delle nuove TIC, Information e Communication Tecnology, un insieme di nuove metodologie e tecniche di diffusione di informazioni che rappresentano un cambiamento epocale per chi porta avanti la missione di divulgare notizie, che sia per scopo didattico o meramente comunicativo. La nascita delle nuove TIC ha fatto diventare cruciale il ruolo della nuova tecnologia, quella alla portata di tutti e più diffusa, tanto da

farla rientrare nei piani scolastici nazionali (LIM e Cl@assi 2.0) e portando ad una modifica dell’ambiente dell’apprendimento con una ridefinizione generale sia del momento della lezione che della sua metodologia. La lezione digitale viaggia di pari passo con i software e internet ed il docente deve riprogrammare il piano didattico cambiando il metodo di approccio con l’ascoltatore e l’ambiente circostante. L’insegnante o il comunicatore devono acquisire competenze nell’utilizzo dei software e devono acquisire efficacia comunicativa per saper trasmettere i messaggi giusti tramite le nuove TIC. La competenza quindi ora serve non solo per conoscere i contenuti ma ancor

di più per saperli diffondere con l’utilizzo delle nuove tecnologie; ad esempio immaginate un docente che vuole diffondere contenuti multimediali ma non sa riconoscere né trovare i file contenutistici principali salvati sul proprio pc? Sarebbe un disastro… Ogni strumento nelle mani dell’uomo può essere un momento di svolta, o in positivo o in negativo, tutto dipende dalla capacità di utilizzarlo e a quale fine. Le tematiche ambientali per essere divulgate, a maggior ragione se insegnate, hanno bisogno di buoni maestri che per essere tali devono usare strumenti idonei e far arrivare messaggi chiari e pre-

cisi all’uditore. L’uso delle nuove TIC per la diffusione delle tematiche ambientali può essere una grande opportunità, a patto che non si confonda lo strumento con il fine. Trattare temi di vitale importanza come quelli dell’ acqua, l’aria, il suolo e i rifiuti, le varie forme d’inquinamento, l’ambiente e la salute non è facile e rende necessario un momento di empatia tra chi comunica e diffonde nozioni e chi ascolta e deve assorbire informazioni importanti, la cui applicazione ha ricadute nella vita quotidiana di intere collettività. La nuova tecnologia deve essere sempre e comunque uno mero strumento, non

deve mai produrre la controindicazione di estraniare dal contesto reale chi insegna o chi impara, specialmente quando si trattano tematiche ambientali dove l’antica tecnica del “toccare con mano” non passa mai di moda. Non c’è migliore esperienza sensoriale se non quella di ascoltare le storie da chi le vive e le sente cucite sulla propria pelle e di vedere i luoghi in cui si producono gli effetti e le conseguenze ambientali di quello che si è studiato. Le nuove TIC sono importanti, ma è sempre l’intelligenza umana che deve essere protagonista dell’insegnamento e dell’ apprendimento …

La batteria indossabile ispirata al mondo animale Come l’anguilla elettrica produce una scarica di notevole potenza È stato messo a punto il prototipo di un erogatore di energia elettrica flessibile e trasparente che potrebbe alimentare piccoli dispositivi sanitari impiantabili o indossabili - come un pacemaker, un sistema di monitoraggio di parametri vitali o di rilascio controllato di farmaci ispirato all'anguilla elettrica, o elettroforo (Electrophorus electricus). Nel giro di una frazione di secondo, l'anguilla elettrica può infatti produrre una scarica di notevole potenza, anche superiore a cento watt, grazie a organi specializzati che contengono migliaia di scomparti alternati, ciascuno con un eccesso di ioni potassio o sodio. I compartimenti sono delineati da membrane che, nello stato di riposo, mantengono separati i due ioni. Quando l'anguilla ha bisogno di generare una scossa, le membrane permettono agli ioni di fluire (trasporto

transmembrana). Il sistema che i ricercatori hanno realizzato è molto simile, solo che al posto di sodio e potassio, hanno usato sodio e cloro, disciolti in idrogel a base d'acqua. Poi con una particolare stampante, hanno stampato migliaia di minuscole goccioline di gel salato su un foglio di plastica, alternandole con goccioline di idrogel con acqua pura. Per imitare la capacità delle membrane dell'anguilla di lasciar passare selettivamente solo ioni dotati di una specifica carica, hanno poi stampato un secondo foglio con goccioline di idrogel selettive costituite, in modo alternato, da un idrogel che permette il passaggio o solo dello ione sodio a carica positiva o solo dello ione cloro a carica negativa. Per generare energia, i fogli vengono pressati insieme, collegando in serie goccioline saline e goccioline d'acqua

dolce grazie alle goccioline selettive della carica. Quando le soluzioni salate e fresche si mescolano, le goccioline selettive permettono lo spostamento degli gli ioni sodio e cloro in direzioni opposte, producendo una corrente elettrica, quindi, per far sì che gli ioni si spostino istantaneamente e in modo coordinato proprio quando serve hanno infine usato una tecnica origami chiamata piegatura di Miura, ideata dall'astrofisico giapponese KoryoMiura e spesso usata per ripiegare i pannelli solari nei satelliti al momento del lancio. Hanno cioè stampato i diversi tipi di goccioline tutti su uno stesso foglio piano, secondo un complesso modello studiato al computer. Quando viene applicata la pressione sul foglio, questo si ripiega rapidamente, impilando le celle esattamente nelle posizioni giuste. R.M.


L’architettura di James Wines L’artista statunitense fu il principale portavoce della cosiddetta ‘green architecture’ Antonio Palumbo Architetto ed artista statunitense, James Wines (1932) ha legato la sua lunga carriera professionale all’organizzazione multidisciplinare SITE (Sculpture In The Environment), da lui fondata a New York nel 1970 assieme a Alison Sky, Joshua Weinstein e Michelle Stone. Insieme ad Emilio Ambasz, Wines fu il principale portavoce della cosiddetta ‘green architecture’, nata, appunto, negli anni Settanta alla ricerca di una continuità con il lavoro di Frank Lloyd Wright: il suo volume De-Architecture del 1987 sarà fondamentale per ribadire e diffondere l’idea di un’architettura integrata con l’arte, la tecnologia e la natura e, al tempo stesso, assimilata al suo contesto. Sin dalla sua nascita, infatti, SITE ha orientato la propria sperimentazione verso luoghi urbani “vivi”, come piazze, spazi aperti, parcheggi, autostrade: la funzione di “arte ambientale” riferita all’architettura è divenuta progressivamente, per Wines, anche e sempre l’occasione per creare nuovi “spazi di comunicazione”, attribuendo così alla disciplina forti connotati sociali e pedagogici. Tutta l’opera di SITE, in tal senso, ha mirato alla costante dissacrazione dei miti contemporanei della società dei consumi attraverso un processo di ‘de-architet-

tura’, un processo cioè di continua de-strutturalizzazione del concetto di architettura attraverso le sue contaminazioni con le arti visive. Alla fine degli anni Ottanta, Toraldo di Francia (1989) descrive le prime opere di SITE come «un ciclo di progetti misteriosi, senza più edifici ma con alberi, cespugli e piante rampicanti all’interno di spazi architettonici, giungle che invadono e sostituiscono, architetture consumate non

più da uomini frettolosi e benestanti ma da vegetali immobili». La lunga collaborazione con la catena di centri commerciali BEST - dal 1970 al 1984 - offre a SITE l’opportunità di sperimentare, come mai fatto prima e altrove, diverse forme di integrazione vegetale. In alcuni di questi progetti natura e vegetazione diventano parti integranti e determinanti dell’architettura. Nel Terrarium Showroom (California, 1978), progettato e mai realizzato, in un luogo sopraelevato ben visibile, la copertura è invasa dalla vegetazione della zona e i muri sono racchiusi da un involucro in vetro che definisce un margine riempito di terra e sassi. La facciata del Hialeah Showroom (Florida, 1979), progetto realizzato e poi distrutto, è rivestita da pareti di vetro al cui interno si trovano acqua, sabbia, terra e vegetazione, irrorati da una continua cascata di acqua dal tetto, con un effetto definito, sempre da Toraldo di Francia, “iconografia vivente”. Del 1981 è il progetto per la multi residenza sperimentale High-Rise of Homes, pensata per i centri urbani popolosi degli Stati Uniti -

impianti costituiti da una serie di piattaforme flessibili con singole abitazioni dotate di giardino al piano - antesignano rispetto ai progetti realizzati 20 anni più tardi. Infine, nella produzione di Wines e del gruppo SITE si manifesta, a partire dagli anni Novanta, l’attitudine a sperimentare l’impiego del verde come elemento costitutivo del progetto, al pari di altri: si afferma, dunque, in modo definitivo, il rapporto

natura-architettura. In alcuni casi l’edificio scompare, assorbito da una natura predominante che vuole metaforicamente proporsi come “vera dimora dell’uomo”. A questi anni risale l’importante intervento per la Promenade all’Expo di Siviglia del 1992: una combinazione di coperture inverdite, alberi e graticci con rampicanti utilizzati come sistema di controllo climatico per il raffrescamento naturale.


Curare la leucemia riprogrammando le cellule Sorprendenti risultati all’Ospedale Bambino Gesù di Roma su un piccolo paziente Rosario Maisto Manipolare geneticamente le cellule del sistema immunitario per renderle capaci di riconoscere e attaccare il tumore. Lo hanno fatto i medici dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma con un bimbo di 4 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta, refrattario a terapie convenzionali. Questo è il primo paziente italiano curato con tale metodo rivoluzionario. A un mese dall'infusione delle cellule riprogrammate nei laboratori del Bambin Gesù, il piccolo sta bene ed è stato dimesso: nel midollo non sono più presenti cellule leucemiche. I linfociti del piccolo paziente, sono stati dunque manipolati e reindirizzati contro il bersaglio tumorale. Lo studio accademico è dell'Ospedale pediatrico di Roma (Opbg) ed è promosso da AIRC, Ministero della Salute e Regione Lazio. Di fatto, secondo Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia Pediatrica, Terapia Cellulare e Genica dell'Ospedale, si tratta di un approccio innovativo alla cura

delle neoplasie: “questa tecnica è una pietra miliare nel campo della medicina personalizzata”. La tecnica di manipolazione delle cellule del sistema immunitario del paziente rientra nell'ambito della cosiddetta terapia genica o immunoterapia, una delle strategie più innovative e promettenti nella ricerca contro il cancro. I medici hanno prelevato i linfociti T del paziente, (le cellule fondamentali della risposta immunitaria) e li hanno modificati geneticamente attraverso un recettore chimerico sintetizzato in laboratorio, questo recettore, chiamato CAR (ChimericAntigenicReceptor), potenzia i linfociti e li rende in grado, una volta reimmessi nel paziente, di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo, fino ad eliminarle completamente. Il bambino di quattro anni sottoposto per la prima volta al trattamento sperimentale di terapia genica era affetto da leucemia linfoblastica acuta, di tipo B cellulare, che rappresenta il tipo più frequente di tumore dell'età pe-

diatrica. Aveva già avuto due ricadute di malattia, la prima dopo trattamento chemioterapico, la seconda dopo un trapianto di midollo osseo da donatore. Con il nuovo approccio di terapia genica non erano

più disponibili altre terapie potenzialmente in grado di determinare una guarigione definitiva. A livello internazionale, sono già avviate importanti sperimentazioni da parte di industrie farmaceutiche. Sapere

di contribuire allo studio e sviluppo di terapie alternative ma efficaci è confortante. La ricerca va aiutata e va implementata soprattutto sull’immu- noterapia perché è espandibile a vari campi di malattie genetiche!

Lo zucchero nutre i tumori: effetto warburg Fabiana Clemente Siamo agli inizi del 1900. Il medico e filosofo Otto Warburg scopre che le cellule tumorali possono presentare livelli di attività glicolitica fino a 200 volte superiori a quelli dei tessuti sani. E in effetti, da lì in poi ci si concentra ad effettuare diagnosi accurate attraverso tecniche di imaging. Conosciuta ai più come Pet, che fissa un’immagine in cui la molecola metabolicamente attiva – lo zucchero – raggiunge una determinata concentrazione di tessuti organici. In parole più semplici, la mappatura avviene mediante la mobilitazione di zucchero. Nel corso dei decenni, numerosi studi hanno rafforzato il binomio tumore – zucchero. Un gruppo di studiosi della Katholieke Universiteit Leuven e del VIB-VUB Center for Structural Biology di Bruxelles, ha studiato per quasi un decennio tale correla-

zione. Individuando il meccanismo grazie al quale le cellule tumorali metabolizzano lo zucchero. Sono giunti a tale conclusione utilizzando cellule di lievito che hanno un gene “Ras”, capace di programmare la sintesi delle omonime proteine che si trovano comunemente nelle cellule tumorali. Notando che nelle cellule di lievito con grande afflusso di glucosio, le proteine Ras si attivano in modo eccessivo. Aumentando quindi la proliferazione delle cellule. Crescono di volume e di aggressività. Nonostante i dati registrati, resta ancora sconosciuta la causa principale dell’effetto Warburg. Pertanto, continueranno le ricerche sul lievito, considerato organismo eccellente per lo studio di tali patologie.Anche nel nostro paese, la ricerca ha effettuato studi e passi avanti in tale direzione. Il team di ricercatori dell’ Oncologia Medica al Sant’Andrea di Roma,

spiega come le cellule neoplastiche siano capaci di effettuare glicolisi. Ergo, utilizzano lo zucchero per produrre energia ma utilizzando poco ossigeno. Ciò conduce alla formazione di acido lattico. A differenza di cellule sane che producono piruvato in quanto impiegano ossigeno. Fatte tali premesse, lo step successivo per contrastare e prevenire i tumori è chiaro a tutti. L’imperativo categorico è affamare di zucchero le cellule tumorali. In altre parole, se il cancro è strettamente collegato alle abitudini alimentari, bisogna intervenire proprio su esse. E per farlo, non bisogna cercare tanto lontano. Introdurre gli alimenti cardine della dieta mediterranea è un passaggio obbligato. Puntare a cibi freschi. Bandire prodotti confezionati e ricchi di conservanti. Evitare il consumo di zuccheri nella seconda parte della giornata. E dulcis in fundo, praticare costante attività fisica.


Grandi Napoletani, grandi Campani

Il Cavalier Giambattista Marino Massimo esponente della poesia barocca in Italia Gennaro De Crescenzo Salvatore Lanza La nostra terra è stata segnata, da circa tremila anni, da uomini e donne che l’hanno resa grande. Storia, teatro, pittura, scultura, musica, architettura, letteratura… I settori nei quali Napoletani e Campani sono diventati famosi e hanno rese famose Napoli e la Campania sono numerosissimi. Continuiamo il nostro piccolo viaggio tra Napoletani e Campani famosi. Giovan Battista Marino (Napoli, 14 ottobre 1569 – Napoli, 25 marzo 1625) è stato forse il massimo esponente della poesia barocca in Italia (e non solo). "Il re del secolo, il gran maestro della parola, fu il cavalier Marino, onorato, festeggiato, tenuto principe de' poeti antichi e moderni, e non da plebe, ma da' più chiari uomini di quel tempo". Questo il giudizio di Francesco De Sanctis. Negli anni della sua formazione Napoli era tra le città più popolose e vivaci dal punto di vista culturale (e non solo) e, al contrario di quanto sostenuto da alcuni critici letterari, ebbe un ruolo fondamentale per il Marino. Era figlio di Giovanni Francesco, "scrivano della Vicaria", la sua casa era situata in piazza della Selleria (forse la stessa strada in cui era nato anche Jacopo Sannazaro). Fu avviato allo studio del diritto ma iniziò presto ad interessarsi alla poesia e trovò dei mecenati pronti a proteggere lui (e anche la sua vita non del tutto amante delle regole). Tra le sue esperienze anche quella del carcere (aiutò un amico nel rapimento di una ragazza e falsificò degli atti). Fuggì dalla prigione e girò per molte corti italiane (famose le sue liti non solo letterarie con altri letterati del tempo). Da Roma a Ravenna, da Napoli a Torino, non si sottrasse neanche alla scrittura di opere "originali" (tra le tante sonetti ingiuriosi o "fischiate"

rivolte al segretario della corte sabauda). Trascorse del tempo anche in Francia ma dovunque fosse era insofferente e artefice di una vita agitata e tormentata. Quello che non gli mancò mai fu la fama grazie alla sua concezione di una poesia che andaca oltre il manierismo con l'esasperazione degli artifici, un uso abbondantissimo delle metafore, dei giochi legati ai suoni delle parole o della musicalità dei versi. Esasperata anche la "ricerca della novità" a tutti i costi e, in questo senso, per lui il passato è solo una immensa galleria di immagini, testi o parole dal quale attingere a piene mani. In una sola parola: il "marinismo". Pochi poeti, del resto, in Italia, possono essere indicati come i creatori di vere e proprie correnti letterarie (secondo alcuni critici letterari la fortuna di Marino fu seconda solo a quella di Francesco Petrarca). Tra le sue opere più

conosciute senza dubbio c'è "L'Adone" (1623): è la descrizione (ovviamente carica di digressioni) delle vicende amorose di Adone e Venere.

Il testo è composto da 5.183 ottave, per un totale di 40.984 versi (contro i 38.736 del Furioso, altro poema-record per lunghezza).

Al di là di analisi e critiche non c'è dubbio che la letteratura italiana subì per molto tempo l'influsso di Marino e del "marinismo".


Sassi diVini: qualità e gusto in un sorso A Matera, protagonisti i vini della Campania e della Basilicata Brunella Mercadante La Campania è terra di grandi vini e l'eccellenza del vino campano riscuote ormai un successo sempre più internazionale, come, peraltro, dimostra il trend positivo degli ultimi anni che, soprattutto nell'export, in controtendenza con il periodo di generale crisi economica, vede quelli da uve a marchio campano sempre più richiesti dal mercato ed apprezzati da un pubblico di intenditori e di wine lovers. Oggi la nostra regione vanta ben 4 DOCG, 15 DOC e 10 IGP, frutto di una tradizione millenaria, di una invidiabile

posizione geografica e di una attenta e rinnovata cultura, anche imprenditoriale, che hanno fatto di questa terra un produttore di vini di alta qualità nel panorama vitivinicolo, sia nazionale che mondiale. Un Partner ideale, quindi, per un evento come "Sassi Divini", organizzato a Matera dalla Regione Basilicata che, per la prima edizione di questa manifestazione di valorizzazione enologica e gastronomica, ha fortemente voluto la Campania come cooprotagonista per dare il via ad una serie di eventi programmati e da organizzare per celebrare Matera, eletta Capitale Europea della

Cultura 2019. Si è trattato, inoltre, del primo evento in assoluto ad aprire l’anno nazionale del cibo italiano, così come proclamato dai ministri Dario Franceschini e Maurizio Martina. Nell'incantevole scenario dei Sassi, lungo un percorso nel Sasso Barisano è stato possibile a turisti, appassionati ed intenditori oltre a degustare i vini delle due regioni protagoniste presentati da esperti sommelier e dagli stessi produttori, assaporare prodotti gastronomici tipici ed essere coinvolti in un piacevole itinerario di animazione con musiche, poesie e intrattenimenti, che hanno reso allegra ed emozionante la passeggiata. D'altronde l'Aglianico, , un vitigno di antichissima produzione già citato da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historiae 2000 anni fa, che unisce Campania e Basilicata trova, però, declinazioni differenti nelle due regioni per le condizioni climatiche, le caratteristiche del territorio e la coltivazione di biotipi diversi. Contemporaneamente, durante tutti i giorni dell’evento, nella Meditazione Provinciale, elegantemente e finemente allestita per l’occasione, dove si è tenuta la cerimonia inaugurale e che è stata la sede delle rappresentanze istituzionali e

dell’Enoteca regionale della Campania, si sono svolti incontri tematici, interviste di personalità delle istituzioni e dell’imprenditoria, che si sono avvicendati nel salotto di “Sassi Divini”, hanno avuto luogo interessanti dibattiti, trasmessi in tempo reale dagli schermi disposti lungo tutto il percorso dei Sassi e sono state organizzati degustazioni e attività didattiche realizzati con grande professionalità’, che hanno offerto a neofiti, appassionati ed intenditori occasioni eccezionali per degustare vini, ma anche per acquisire conoscenze ed esperienze sul mondo del vino.

Durante la manifestazione, molto apprezzata per il format, realizzato con cura ed attenzione e in grado di esaltare la specificità dei momenti, la Campania ha presentato al numerosissimo pubblico, che ha affollato sia il percorso di degustazione nei Sassi che le degustazioni guidate presso l’ Enoteca regionale, 30 aziende vinicole e ben 200 prestigiose etichette, rappresentative di tutte le zone vitivinicole del territorio regionale, riscuotendo grande successo e realizzando una ulteriore vetrina di prestigio e valenza commerciale della propria produzione vinicola.


“I Tesori della Natura” in Campania A Castel dell’Ovo un’esposizione fotografica dedicata alla biodiversità della regione Rosa Funaro Dal 23 febbraio al 5 marzo nella Sala delle Terrazze di Castel dell'Ovo (NA) sarà aperta al pubblico la Mostra collettiva di Fotografia Naturalistica dal titolo "I Tesori della Natura in Campania". L'evento è realizzato in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura ed al Turismo del Comune di Napoli. L’esposizione è dedicata alle bellezze naturali della regione, in ogni loro espressione: la flora, la fauna, i paesaggi e il mondo subacqueo saranno i protagonisti assoluti dell’evento. Ad esporre è la Sezione Campania dell'AFNI (Associazione Fotografi Naturalisti Italiani), la principale associazione di fotografia naturalistica in Italia. Un'Associazione che non ha scopo di lucro e che si propone di tutelare e valorizzare la natura e l’ambiente attraverso la fotografia. Sono quindici i fotografi che hanno dato il loro contributo: Vincenzo Borzacchiello, Antonino e Vincenzo Caccioppoli, Raffaele D'Agostino, Marco D'Errico, Ciro De Simone, Carlo Falanga, Gabriele de Filippo, Marco Gargiulo, Salvatore Ianniello, Giuseppe

Russo, Rosario Schettino, Luca Scudiero, Salvatore Sepe e Antonella Taddei. I visitatori potranno ammirare circa cinquanta stampe in formato 60 x 40 cm; ciascuna avrà a corredo una targhetta con indicati nome e cognome dell'Autore, il soggetto e il luogo dove è stato effettuato lo scatto ed una breve descrizione dell’immagine. Sarà presente un'ampia se-

zione dedicata alla fotografia subacquea ed alla straordinaria biodiversità del Golfo di Napoli, curata da dei più grandi fotografi subacquei al mondo, Marco Gargiulo e Salvatore Ianniello. Per quanto riguarda la fotografia su terra “emersa” saranno numerosi gli scatti relativi a specie rare (animali e piante) come l'Ululone appenninico che è un piccolo an-

fibio a rischio di estinzione, la Lontra, rara in Italia ma splendida abitatrice delle acque del Fiume Sele e la Rosalia alpina, bellissimo e raro coleottero. Nell'ambito del settore flora fra le rarità in esposizione sono da segnalare la Pinguicola hirtiflora, pianta carnivora relitto glaciale e la Woodwardia radicans, felce gigante. Numerose e particolari anche

le immagini di avifauna tra cui sarà possibile scorgere una Gazza adulta che nutre un piccolo di Cuculo dal ciuffo. Uno spazio speciale sarà riservato ad alcune foto artistiche che lasceranno negli occhi e nei cuori dei visitatori tanta ma tanta bellezza. Suggestivi paesaggi ed il piccolo e magico mondo della macrofotografia completeranno il quadro espositivo.

A Morigerati la prima “Bandiera arancione” Il borgo medievale salernitano ha ricevuto il riconoscimento del Touring Club Italiano Il Cilento continua a collezionare riconoscimenti. Dopo le consuete bandiere blu con cui ogni anno vengono premiate le sue località balneari, da qualche giorno sul comune di Morigerati svetta la tanto ambita “Bandiera arancione” assegnata dal Touring Club Italiano ai borghi che non solo godono di un patrimonio storico, culturale e ambientale di

pregio, ma che sanno offrire al turista un’accoglienza di qualità. Morigerati è stato l'unico paesino della vasta provincia salernitana ad essere stato premiato, si tratta di una piccola cittadina medievale la cui origine viene fatta risalire a un insediamento di monaci basiliani che, per sfuggire alle persecuzioni in Grecia, si rifugiarono nell’Italia meridio-

nale alla ricerca di luoghi tranquilli e adatti alla contemplazione. Il paese sorge all’interno del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano e nell’oasi WWF “Grotte del Bussento”: 600 ettari circa di area protetta. L’intera area offre uno degli spettacoli più belli e di maggior richiamo della zona, attraverso passeggiate, escursioni, itinerari in mezzo alla natura e si è distinta grazie all'ospitalità diffusa, che ha permesso di riaprire case ormai vuote e disabitate, rendendole meta di viaggiatori provenienti da ogni parte del mondo. «Più Bandiere arancioni nel Cilento, Vallo di Diano e Alburni oltre che in provincia di Salerno. Servono più riconoscimenti di borghi eccellenti nel territorio,

per fare rete e presentare così una proposta comune. Da soli non si va lontano», ha commentato così questo riconoscimento durante la premiazione avvenuta al Palazzo ducale di Genova, lanciando di fatto anche un appello, il sindaco di Morigerati, Cono D’Elia, che ha poi

concluso: «Provo un pizzico di invidia per le regioni come il Piemonte, la Puglia e la Toscana che hanno fatto il pieno di bandiere arancioni e sono qui tutte insieme alla premiazione. È auspicabile che ciò accada anche nella nostra regione». G.M.


Il primo contest per start up del Vaticano Laudato Si’ Challenge: nove i progetti vincitori benedetti dal Papa Cristina Abbrunzo Chi guarda alla Chiesa Cattolica come a un luogo medievale di superstizione e rifiuto della scienza, oggi potrebbe avere una grossa sorpresa. Non tutti sanno che proprio di recente è nato: Laudato Si’ Challenge, il primo contest organizzato in Vaticano che prende spunto da un’enciclica voluta da Papa Francesco, ispirata alla frase di San Francesco di Assisi nel Cantico delle creature, per ricordare che la terra che ci accoglie è una sorella, una madre che ci tende le braccia. Un programma di startup green con il patrocinio del Vaticano, ispirata al concetto della salvaguardia del creato, che nei mesi scorsi è diventato un acceleratore di startup, nato dalla joint venture tra LVenture Group – holding di partecipazioni quotata sul Mta di Borsa Italiana – e l’Università Luiss Guido Carli. Una iniziativa rivolta alle startup di tutto il mondo che hanno avuto una missione sociale, attraverso le loro idee e che nei loro progetti hanno creato un sistema sostenibile alternativo di energia: cambiamenti climatici, produzione del cibo, so-

stenibilità urbana, nuovi modelli di industria e di finanza. L’evento si è concluso nei mesi scorsi e nove sono state le startup, tra le 300 partecipanti, che hanno ottenuto 900 mila dollari in cambio di un equity, pari al 6-8%, per la realizzazione dei loro progetti che verranno suddivisi fra i vincitori. Ecco le startup

scelte e cosa fanno per migliorare il mondo: Aqus - Aqus è una startup californiana che ha creato Aqusafe, un filtro per l’acqua che permette di portare acqua depurata e potabile dove serve, nei paesi in via di sviluppo, senza bisogno di energia elettrica. Innov8tia - La startup cinese

ha brevettato un dispositivo che, grazie alle microonde, trasforma i fanghi tossici in energia e acqua. Mandulis Energy - Propone soluzioni innovative per l’energia rinnovabile, utilizzando gli scarti agricoli nei paesi emergenti. Ha sede a Londra. Nokero Solar - Produce lam-

Scooterino: l’app per lo sharing su due ruote Successo a Roma per l’Huber degli scooter Più di 12 mila persone iscritte grazie al solo passaparola, più di 33.000 richieste di passaggio solo a Roma. Questi i numeri degli ultimi mesi di Scooterino, app di ridesharing che permette di richiedere un passaggio in scooter a chi va nella stessa direzione, consentendo a passeggeri e scooteristi di condividere corsa e costi. Il BlaBlaCar su due ruote, insomma. Ebbene, questi numeri hanno convinto un pool di investitori americani, in co-investimento con il fondo regionale Lazio Innova a investire sulla startup oltre 500 mila euro per rendere possibile una più rapida espansione del business.

Non solo. Scooterino chiude un round e annuncia anche un nuovo servizio: sarà infatti possibile prenotare in anticipo un passaggio. Il

nuovo sistema di pre-booking andrà ad affiancarsi al sistema delle richieste in tempo reale. Una nuova funzionalità che

risponde all’esigenza crescente degli utenti di garantirsi un passaggio in specifici giorni o orari. Insomma, gli Scooteristi registrati potranno inserire i loro percorsi e orari abituali, direttamente nell’app, e verranno avvisati se qualcuno sta cercando un passaggio compatibile. Per quanto riguarda gli utenti, invece, essi potranno richiedere un passaggio realtime come fatto finora, oppure formulare una richiesta di prenotazione anticipata (minimo 6 ore di anticipo, massimo 7 giorni) inserendo giorno, ora e indirizzi desiderati: l’app mostrerà i profili degli scooteristi che vanno in C.A. quella direzione.

pade solari tascabili e a lunga durata, utili nei villaggi in cui manca l’elettricità. Pāpr - Arriva da Cincinnati l’idea di “stampare” su software anziché su carta. Una soluzione green per le aziende, che possono così ridurre gli sprechi di carta. Protrash - La startup messicana dà valore ai rifiuti, permettendo agli abitanti dei paesi in via di sviluppo di vendere i propri rifiuti riciclabili. Rise - Ricava farine iperproteiche e prive di colesterolo dagli scarti di grano dei birrifici. La startup ha sede a Brooklyn. Scooterino - L’unica startup italiana è Scooterino, un’app di scooter sharing che mette in contatto chi offre un passaggio in scooter e chi lo cerca. Smart Yelds - Un team di strartupper di Honolulu ha creato un’applicazione per l’agricoltura, che, in base alle condizioni ambientali, dà indicazioni su come migliorare e aumentare la produzione. Nel mese di dicembre, in Vaticano, si è tenuto il Demo Day, un’occasione per presentare agli investitori i progetti vincenti e per illustrarne le varie attività che spaziavano dal riciclo dei materiali e dei rifiuti, alla mobilità eco- sostenibile in un comune denominatore: la volontà di migliorare il pianeta.


La segnalazione di condotte illecite all’Autorità Nazionale Anticorruzione Disponibile on line l’applicazione informatica Felicia De Capua L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) rende noto attraverso il Comunicato del Presidente del 6 febbraio scorso, pubblicato sul sito web istituzionale, che a partire dall’otto febbraio è online l’applicazione informatica Whistleblowing per l’acquisizione e la gestione delle segnalazioni di illeciti da parte dei pubblici dipendenti. La pagina web di accesso al servizio, intitolata “Segnalazione di condotte illecite - Whistleblowing”, riporta le indicazioni e le modalità operative relative alla nuova procedura. In ordine all’ambito di applicazione viene precisato che il sistema dell’ANAC per la segnalazione di condotte illecite è indirizzato al whistleblower, inteso come dipendente pubblico che intende segnalare illeciti di interesse generale, non individuale, di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 54 bis del d.lgs. n. 165/2001 così come modificato dalla L. 30 novembre 2017, n. 179. Viene altresì chiarito che, ai fini della disciplina del whistleblowing, per “dipendente pubblico” si intende il dipendente delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, c.

2, del d.lgs. n. 165/2001, ivi compreso il dipendente di cui all’art. 3, il dipendente di un ente pubblico economico ovvero il dipendente di un ente di diritto privato sottoposto a controllo pubblico ai sensi dell’art. 2359 del codice civile. Per di più la disciplina in questione si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica. L’applicazione è resa disponibile tramite il portale dei servizi ANAC al seguente url https://servizi.anticorruzione.it/ segnalazioni/#/, oppure, dotandosi di un apposito browser, anche tramite rete TOR, che ga-

rantisce, oltre alla tutela del contenuto della trasmissione, l’anonimato delle transazioni tra il segnalante e l’applicazione, rendendo impossibile per il destinatario e per tutti gli intermediari nella trasmissione di avere traccia dell’indirizzo internet del mittente (per approfondimenti https://www.torproject.org/). Registrando la propria segnalazione sul portale, si ottiene un codice identificativo univoco da utilizzare per “dialogare” con l’Autorità in modo anonimo e per essere informato sullo stato di lavorazione della segnalazione inviata. In caso di smarrimento lo stesso non potrà essere recuperato o duplicato in alcun modo.

L’utilizzo di un protocollo di crittografia che garantisce un livello di riservatezza maggiore rispetto alle pregresse modalità di trattamento della segnalazione, ha indotto l’ANAC a consigliare di rispedire le segnalazioni inoltrate dopo l’entrata in vigore della L. n. 179/2017, tramite altri canali (es. posta elettronica, protocollo generale), ricorrendo unicamente alla piattaforma informatica che garantisce, tra l’altro, una maggiore celerità di trattazione della segnalazione, a garanzia di una più efficace tutela del whistleblower. Viene di poi chiarito il campo di azione dell’Autorità, la cui attività di vigilanza si svolge nei limiti di

quanto previsto dalla L. n. 190/2012, in un’ottica di prevenzione e non di repressione di singoli illeciti. L’ANAC, qualora ritenga la segnalazione fondata nei termini chiariti dalla determinazione n. 6/2015 «Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower)», può avviare un’interlocuzione con il Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza dell’Amministrazione oggetto di segnalazione o disporre l’invio della segnalazione alle istituzioni competenti, quali l’Ispettorato per la Funzione Pubblica, la Corte dei Conti, l’Autorità giudiziaria, la Guardia di Finanza. Infine viene espressamente chiarito cosa non fa l’ANAC in base alla normativa vigente: non tutela diritti e interessi individuali; non svolge attività di accertamento/soluzione di vicende soggettive e personali del segnalante, né può incidere, se non in via indiretta e mediata, sulle medesime; non può sostituirsi alle istituzioni competenti per materia; non fornisce rappresentanza legale o consulenza al segnalante; non si occupa delle segnalazioni provenienti da enti privati.

Viaggio nelle leggi ambientali RIFIUTI L'introduzione nel testo del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, ad opera della L. n. 68 del 2015, art. 1, comma 3, del comma 4-bis - secondo cui “è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca” - non vale a sconfessare il diritto vivente in allora formatosi. Ed invero, non coglie nel segno il ricorrente quando osserva che dalla novella dovrebbe trarsi la conclusione che “in precedenza

non vi era alcuna previsione che consentisse in via generale la confisca dei mezzi utilizzati per la commissione del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, anche perché, diversamente, la nuova disposizione non avrebbe alcuna effettiva portata normativa”. Essa, di fatti, non menziona in alcun modo i mezzi di trasporto (che pure possono rientrare, senza esaurirla, nella generica previsione delle “cose che servirono a commettere il reato”) e dispone la confisca obbligatoria

delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, introducendo altresì, in via subordinata, l'obbligo della c.d. confisca per equivalente. E' agevole rilevare, dunque, come, con riguardo al delitto di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 260, la nuova disposizione abbia trasformato in obbligatoria l’ipotesi generale di confisca facoltativa prevista dall’art. 240 c.p., comma 1, nel contempo prevedendo la c.d. confisca per equivalente, seguendo in ciò una linea che la recente legislazione ha perseguito in diversi ambiti di tutela penale. Cassazione Penale Sez. III, Sentenza 19/01/2018, n. 2284 RIFIUTI Con il Decreto 1 febbraio 2018. “Modalità semplificate relative agli adempimenti per l'eserci-

zio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi di metalli ferrosi e non ferrosi”. (GU Serie Generale n.32 del 08-02-2018), si regola l'esercizio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi di metalli ferrosi e non ferrosi e definisce le modalità di compilazione del formulario di identificazione rifiuti (art. 193 del D.Lgs. n.152/2006), nel caso di raccolta presso più produttori o detentori nell'ambito di un trasporto effettuato con lo stesso veicolo. Nello stesso decreto vengono descritte anche le modalità semplificate relative alla tenuta dei registri di carico e scarico ex art. 190 del Codice Ambiente Seguirà un provvedimento specifico del Comitato gestori ambientali che (entro 30 giorni) dovrà individuare le

modalità semplificate d'iscrizione nonché i quantitativi annui massimi raccolti e trasportati per poter usufruire dell'iscrizione con modalità semplificate. AMBIENTE Va riconosciuta in capo ad un comitato spontaneo di cittadini la legittimazione ad impugnare provvedimenti ritenuti lesivi di interessi collettivi dei cittadini stessi allorquando dimostri di avere un collegamento stabile con il territorio ove svolge l'attività di tutela degli interessi stessi, di avere svolto una attività protratta nel tempo e quindi di non esistere soltanto “in funzione della impugnazione di singoli atti e provvedimenti. TAR Lombardia (BS) Sez. I n. 1478 del 22 dicembre 2017. A.T.


MI COPRO O M’INTRAPPOLO IN QUESTA MIA VITA? “L'umanità non è l'insieme degli esseri umani, ma sono gli esseri umani che vivono insieme” Andrea Tafuro Tommaso Moro nel 1516 diede alle stampe Utopìa, romanzo in cui è descritto il viaggio fantastico di Raphael Hythlodaeus, in una immaginaria isolaregno, popolata da una società ideale. Utopìa è la rappresentazione plastica della pacifica società rinascimentale, dove a dominare e a regolare la vita degli uomini è la cultura, vocabolo smarrito lungo il cammino verso la modernità. Eh già! Credete sempre di risolvere tutto voi, pensate che sia in vostro potere cambiare ogni cosa, avete in testa un modello che volete imporre, salvo poi trovarvi deboli, insicuri, incerti e spiazzati. Facevo queste mirabolanti riflessioni un giorno andando a visitare la Cappella San Severo a Napoli. La prima cosa che mi ha colpito, una volta all’interno, è la leggerezza del velo che copre il corpo del Cristo, adagiato su una superficie marmorea, ispira l’utopia della pace nonostante la tragicità della scena. Poi d’improvviso la mia attenzione è stata catturata dalle altre sculture che impreziosiscono la Cappella, in particolare mi sono soffermato sulla figura di un uomo che si dimena in una rete, cercando di liberarsi dai lacci che lo imprigionano, si tratta del Disinganno del Queirolo. Il velo e la rete disegnano due modi di stare in questa vita, quello di chi non si lascia schiacciare e quello di chi invece si affanna nel tentativo di liberarsi. La rete è ciò che permette al pescatore di raccogliere i pesci o al calciatore di segnare, ma la rete è anche quella in cui si può restare intrappolati o

come oggi con il web che permette di tenere i contatti con gli altri. Chi non si espone o non rischia non accetterà mai di abbandonare le sue care e vecchie reti, ma continuerà a galleggiare in superficie, provando ancora una volta a riparare ciò che ormai non funziona più. Fuori la Cappella, su piazza San Domenico, c’è di tutto: divertimento gioia, stordimento, ma quello che bolle dentro di me è più feroce, intenso e importante. L’ho sepolto sotto l’ indifferenza di questa realtà in cui vivo, che non mi conduce da nessuna parte. Voglio sognare che le cose non sono essenziali, come questa economia ci fa credere, ma sono solo utili. Non è un invito a demonizzarle, è urgente però imparare ad utilizzarle come un bene che ci aiuta a vivere meglio. Esiste un luogo oggi, dove è possibile raccontare una nuova narrazione della società e del mondo, dove è presente il cittadino, la partecipazione democratica, la solidarietà tra generazioni, mentre è assente la predazione dell'ambiente e il furto della vita? Un luogo in cui è abolita ed è messa al bando ogni forma di individualismo. Insomma, esiste, un laboratorio di pratiche sociali alternative, un esperimento radicale di vita comunitaria, una Zona Temporaneamente Autonoma (TAZ), come l’avrebbe definita il teorico americano Hakim Bey, dove gli abitanti come giapponesi nella foresta non sono ancora consapevoli della crisi che sta sconvolgendo l’intero suo modello di mondo? Questa economia ladrona persegue il solo obiettivo di produrre distopie, utopie negative, dei dominanti e di quelle

che costoro considerano utopie irrealizzabili. I dominanti trasformano in distopia qualunque tentativo di difendere i diritti umani, stravolgendo e mistificando il significato di parole come solidarietà, democrazia, sviluppo. Altro che neoliberismo! Bisogna avere il coraggio e la capacità di trasformare il sogno di un’esperienza in un segno concreto di fiducia, perché bisogna rispondere alla domanda fondamentale dell’essere umano, all’ unica cosa al mondo che si moltiplica quando viene divisa: la fiducia, il sogno, l’utopia. Essa è diffusiva, cioè si espande quando viene condivisa e diminuisce quando è trattenuta. Le difficoltà a diffondersi, dipendono dall’avarizia indotta dal richiamo a una vita dove il risparmio è vissuto come una forma d’opportunismo che deve essere compensata dal con-

sumo. Anche il consumo può andare bene, quando, però, è presentato come l’agire di un roditore che usa cose e persone per compensare le sue frustrazioni, allora avviene che si erode la base d’umanità su cui dovrebbe edificarsi la libertà. L’io cerca il tu, non l’esso, come sottolineato dal filosofo Martin Buber. La nostra libertà non si specchia nell’uso, ma in ciò che, oltrepassando l’uso, testimonia che la libertà sovrasta il bisogno. Si tratta della capacità oblativa, che supera la funzionalità. Oblativa vuol dire essere costruttore di sogni, senza aspettarsi nulla in cambio. Significa instaurare relazioni nelle quali ci sentiamo sicuri e non proviamo sentimenti di prevaricazioni. Voglio riconsegnare le utopie a chi le ha smarrite, è la paradossale meta da raggiungere per affermare me stesso.

EROE E DONNA È POSSIBILE!

Martina Tafuro È indispensabile creare in ogni essere umano una propria autonoma coscienza civica. Tra i valori fondanti che caratterizzano il nostro essere cittadini c’è l’educazione al rispetto e al-

l’uguaglianza di genere, bisogni impellenti e irrinunciabili. Partiamo dai bambini, per loro il miglior modo per imparare è l’imitazione: “Fai come me”, il potere del come non va mai sottovalutato. Quanto sappiamo di quello che insegniamo ai bam-

bini, quando non sappiamo di insegnare? Sul palcoscenico in cui ogni giorno ci esibiamo, le storie si dipanano siano esse reali a fantastiche. Ma, nelle storie spesso gli eroi sono maschi prestanti con grandi capacità o con tanta sfortuna. Per testare questa tesi nella realtà ci hanno pensato le fondatrici della National Youth Foundation, un’organizzazione no-profit degli Stati Uniti, promuovendo “Local Heroines”, un’iniziativa tesa a far scrivere delle storie ai bambini. Il concorso prevede che questi scrivano un libro dalle venti alle trenta pagine illustrate con protagonista una leader donna che appartenga alla loro comunità, che sia la prima donna sindaco o una cantante rap. Le organizzatrici sono partite dall’assunto che, i successi e i contributi delle donne alla società non vengono riconosciuti sufficientemente. Le storie scritte per il concorso,

hanno lo scopo di ispirare i bambini mostrando modelli di donne forti e insegnare loro il rispetto. Solo così la generazione futura potrà cambiare una società in cui le donne non sono valutate in base al loro lavoro. Nelle società moderne l’obiettivo conflittuale caratteristico è la lotta contro il predominio del mercato e i poteri autoritari. Il movimento delle donne sta portando alla trasformazione del campo culturale, creando un nuovo contesto conflittuale, sottratto ai gruppi dominanti. Come attrici collettive, creano la posta in gioco e il campo culturale del conflitto con altri attori sociali. Di fronte alla globalizzazione, esse affermano la propria identità e le proprie rivendicazioni, costruiscono se stesse, riparano ciò che e stato smembrato dall’esposizione alla deriva delle forze del mercato. In questo processo rappresentano il nuovo dinamismo sociale e democratico,

riscontrabile nell’azione delle società post-industriali e mondializzate, lottando strenuamente di fronte alla fede nell’onnipotenza della globalizzazione, dimostrando che l’azione è possibile e approda a trasformazioni efficaci sull’assetto sociale. Uscite da una posizione difensiva davanti all’esclusione, si sono riconosciute soggetti che si richiamano a principi capaci di coagulare attorno a loro ampie forze e il senso dato dalle donne a questo rivolgersi verso se stesse non è il piacere o il consumo. Alle donne, interessa ricostruire una società più umana e integrata e che non si basi sulla logica della macchina a vapore. Il mondo è delle donne gridava Alain Touraine, sociologo militante, riconoscerlo e raccontarlo significa, anche, rispettare l’uguaglianza e la parità di eroi ed eroine, nelle storie così come nella realtà di tutti i giorni.


Dino Lanzaretti, un sognatore in bicicletta “Ho fatto del viaggiare su due ruote la mia vita, del cielo il mio tetto e del mondo la mia casa”

Appunti dal blog

Dino Lanzaretti e nato in provincia di Vicenza nel 1977. Nel 2001 decide di partire con lo zaino in spalle verso il Messico. Che fosse per gioco o in risposta ad una profonda crisi esistenziale del momento non è importante saperlo. Fatto sta, che quella “fuga” è stata, senza alcun dubbio, l’inizio di tutto. Nel 2003, dopo un lungo pellegrinaggio in India, percorre i trekking piu famosi del Nepal (campo base dell’Everest e circuito dell’Annapurna) e cede al richiamo della montagna, che sarà per sempre la sua passione più grande. L’anno successivo diventa alpinista in Sud America scalando le cime piu alte: Nevado Urus di 5420m in Peru , Ishinca di 5530m in Peru , l’Aconcagua di 6962m in Argentina e l’Ojos del Salado di 6891m in Cile. Attraversa lo Hielo Continental, il piu vasto ghiacciaio del pianeta. Col trascorrere del tempo, da

viaggiatore “zaino in spalla” diventa un “cicloviaggiatore estremo”, solo per seguire la sua irrefrenabile curiosità. Nel 2005, quasi per scherzo, parte con una bicicletta malconcia per percorrere più di 8.000 kilometri in Asia. L’amore per la strada, le due ruote,le persone e i luoghi incrociati, lo divora. Sceglie la bici come mezzo migliore per viaggiare e la montagna continua ad essere la sua “Regina” meta. Nel 2008 parte per il Tibet con l’assurdo sogno di attraversarlo tutto da est ad ovest. Tante le difficoltà: l’alta quota, l’estrema solitudine, i numerosissimi posti di blocco cinesi. Nessuna terra dovrebbe essere proibita agli stranieri. Dopo sei mesi e oltre venti checkpoint superati, Dino e l’ultimo uomo libero ad aver attraversato tutto il Tibet. Piu nessuno come lui. Nel 2010 accompagna un ragazzo ipovedente dall’Italia fino in Uzbekistan

pedalando 9000 kilometri in sella ad un tandem. Forse il viaggio piu difficile e meno divertente ma di certo un nuovo motivo e stimolo per non smettere di pedalare. Appena rientrato, riparte di nuovo per il sud America che risale dalla Patagonia fino al Venezuela (piu di 8000 km). Nel 2013 riprende la rotta delle americhe, da Panama fino a Vancouver pedalando per 10000km. L’anno dopo, parte da Addis Abeba in Etiopia e pedala fino ad arrivare a Cape Town in Sud Africa. Nel 2015 compie un breve viaggio di 2000 km in Marocco tra l’Atlante e il deserto per “mantenersi in allenamento”. Lo scorso anno parte per un viaggio forse impossibile: in Siberia, nel luogo piu freddo del mondo, nel momento piu gelido dell’anno. Compie la prima attraversata invernale del Polo del freddo dove le temperature scendono fino a -60°C. Galvanizzato dalla riuscita di questo pericolosissimo viaggio, Dino decide di pedalare fino a casa attraversando la Mongolia, l’Asia centrale, il Caucaso, la Turchia, la Grecia e infine l’Italia, per un totale di 17.000km e 11 mesi in sella alla sua inseparabile bicicletta.Tornato da poco a casa e con gli occhi e il cuore ancora pieni di meraviglia, si prodiga come può per sostenere e diffondere l’uso della bicicletta come il piu onesto e meraviglioso mezzo per conoscere il mondo.

“L’ansia mi assalì, rividi tutta la mia vita fino a quei giorni e c’era molto poco da esserne orgoglio. Il pensiero di passare la mia esistenza in quell’ufficio per poi, un giorno, andare dall’altra parte della strada, come tutti quelli ai quali avevo fatto da silenzioso spettatore, mi raggelava il sangue. Tra la mia finestra e il cimitero ci saranno stati 100 metri. La vita non può essere così breve! Ricordo quella folgorazione d’immenso che ho avuto seduto sullo spigolo della tavola da pranzo a casa dei miei, osservavo la tv spenta e un pensiero limpido mi balenò per la mente. Dovevo fare aumentare il più possibile la distanza tra il momento che stavo vivendo e il giorno della mia morte. Quei 100 metri lì erano troppo pochi, dovevo metterci dentro di tutto: esperienza, incontri, amori e anche dolori. E vivere a più non posso. Il giorno seguente ho dato le dimissioni e sono partito per il Messico a più di 10.000km da quel cimitero al di là della strada. Scoprire le bellezze del pianeta contando solo sulle proprie forze e determinazione mi dava la sensazione di meritarmi tutto quello che stavo vivendo e la consapevolezza di sentirmi vivo non aveva

prezzo”. “L’uomo è predisposto a vivere secondo precetti culturali e familiari che segnano delle strade che, bene o male, noi tutti stiamo inconsapevolmente percorrendo. Molti credono che esistano solo quelle ma c’è una parte che ha deciso di tracciarsi una rotta tutta nuova e, soprattutto, non nota. Queste persone hanno abbracciato l’ignoto come futuro, certi che la via da seguire si possa intuire giorno per giorno. Li chiamano sognatori e credo di essere uno di loro anch’io. Non è importante verso dove si sta’ andando ne come, non importa se si parte per l’Africa nera o per il boschetto dietro a casa, il viaggiatore ricerca la purezza negli incontri e la magica casualità degli eventi e questo può avvenire ovunque, a patto che la mente sia pronta per riconoscerli. Ci si sente davvero in viaggio quando questo momentaneo tempo di sospensione dalla vita di tutti i giorni si alimenta delle singole esperienze che in esso nascono e che ti fanno andare in direzioni impossibili da prevedere. L’assoluta irripetibilità degli eventi che accadono li rende indissolubili . Viaggiando si ha come l’impressione che la vita si rigeneri tutte le volte che si verifica un incontro particolare o si viene abbagliati da un paesaggio incredibile. Sono queste folgorazioni d’immenso che ti danno la percezione che il tempo goduto fino all’ultimo renda l’esistenza talmente piena da farla sembrare infinita”.

“Non ho modo di quantificare l’immensa fatica e le lacrime che ho dovuto versare in sella alla mia bici fino ad oggi ma sono assolutamente convinto che ne sia valsa la pena”.


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