PRIMO PIANO
Il Rapporto Aea 2019 sulla qualità dell’aria
Il fatto che ci sia un collegamento tra inquinamento atmosferico e aumento di malattie e di morti è cosa ormai risaputa. Paparo a pag.3 ISTITUZIONI
Il Rapporto Comuni ricicloni 2019 La lettura dei quotidiani in questi giorni non è certamente confortante per quanto attiene la situazione rifiuti, critica un po’ in tutta Italia ma, come purtroppo accade oramai da diverso tempo, soprattutto in Campania. Martelli a pag.4
ARPAC
Ecomondo, un Green New Deal è alle porte?
Si svolgerà a Rimini la 23esima edizione di Ecomondo, l’evento leader europeo della circular e green economy, che si svolgerà in contemporanea con Key Energy, il salone delle energie rinnovabili, dal 5 all’8 novembre...
STATI GENERALI DEL MARE 2019: OGGI TUTTI A BORDO CON ARPAC Tanti i visitatori che hanno affollato la darsena per “conoscere” l’Helios Questa mattina presso il Porto di Napoli, una miriade di cappellini colorati affolla la banchina lato strada della Darsena Acton dove, i tecnici e i conduttori dell'Arpac (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) fino alle 16 di questo pomeriggio, accoglieranno e accompagneranno gratuitamente i visitatori e le scolaresche a bordo del battello oceanografico Helios per illustrare le attrezzature, le funzionalità e le curiosità caratterizzanti questa bellissima imbarcazione, fiore all'occhiello dell'Agenzia e colonna portante di tutte le attività svolte per la tutela dell'ambiente ma-
rino. L’evento rappresenta la partecipazione dell’Agenzia alla terza edizione degli Stati Generali del Mare, rassegna organizzata dal Comune di Napoli e dalla Delegata Daniela Villani, per la salvaguardia e la valorizzazione della risorsa forse più importante del territorio: il mare. Svetta sui cappellini offerti come gadget ai partecipanti una celebre citazione di Frida Kahlo: “Io ancora vedo orizzonti, dove tu disegni confini”, scelta da Arpac a simboleggiare lo spirito ottimistico e la volontà di dedizione che l’Ente continuerà a portare avanti a difesa del nostro mare.
Legge regionale radon, domande frequenti
Le architetture ecosostenibili per il recupero dei gasometri
Con l'entrata in vigore in Campania della legge regionale n. 13 del 8 luglio 2019, "Norme in materia di riduzione dalle esposizioni alla radioattività naturale derivante dal gas radon in ambiente confinato chiuso", sono stabiliti nuovi livelli limite di concentrazione per le nuove costruzioni (Art. 3) e per gli edifici esistenti (art. 4). a pag.7
Benedetto Marzolla nacque a Brindisi 14 marzo del 1801 e morì a Napoli il 10 maggio del 1858. Fu uno dei più grandi cartografi e geografi italiani.
È di questi ultimi mesi dell’anno l’approvazione della Legge di Bilancio e con essa le immancabili polemiche sulle misure in essa contenute. Uno degli argomenti trattati è rappresentato dalla annosa lotta alla evasione fiscale che dovrebbe portare più equità tra chi paga, anche con notevoli difficoltà, tutte le tasse e chi invece utilizza le scappatoie più fantasiose per evitare le “odiose gabelle”. La volontà del Governo di incentivare la tracciabilità dei pagamenti in chiave appunto anti evasione potrebbe avere secondo alcuni, delle controindicazioni in relazione alla tutela della riservatezza dei cittadini e dei loro dati.
De Crescenzo-Lanza pagg.14-15
Monsurrò a pag.16
Ideati agli inizi dell’Ottocento nell’Inghilterra vittoriana e poi diffusisi in gran parte delle città europee, i gasometri servivano all’accumulazione del “gas di città”. Negli ultimi decenni, con la crescente diffusione dell’energia elettrica e delle fonti energetiche alternative, la loro funzione è andata man mano scomparendo fino ad estinguersi e per tali strutture...
Gaudioso a pag.6
Palumbo a pag.12
STUDI & RICERCHE
I poveri e gli affamati in Italia
Liguori a pag.8
AMBIENTE & DIRITTO
Lotta all’evasione e tutela della privacy
ECONOMIA CIRCOLARE
AMBIENTE & TRADIZIONE
L’intelligenza artificiale e l’economia circolare
Il cartografo Benedetto Marzolla
Pollice a pag.13
Grandi Napoletani, grandi Meridionali
SISTEMA NAZIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE
Gravi ferite in almeno trenta aree del Paese Per la prima volta Snpa pubblica un rapporto sulle istruttorie per danno ambientale Per la prima volta in Italia si fornisce un resoconto nazionale delle istruttorie tecnicoscientifiche per danno ambientale aperte da ISPRA e dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente nel biennio 2017-2018 su incarico del Ministero dell’ambiente. Partiamo dalla definizione di danno ambientale: un deterioramento significativo e misurabile, provocato dall’uomo, ai suoli, alle specie, agli habitat e alle aree protette, alle acque superficiali (fiumi, laghi, mare) e sotterranee. Di questa tipologia di deterioramento o minaccia Ispra ha accertato 30 casi in 12 regioni italiane: si tratta di 22 procedimenti giudiziari (penali e civili) e 8 casi extra-giudiziari (iter iniziati su sollecitazioni giunte dal territorio e al di fuori di un contesto giudiziario). In 10 di questi 30 casi il Ministero dell’ambiente si è già costituito parte civile o ha attivato il relativo iter. Delle località località coinvolte, danni provocati all’ambiente circostante, lavori di riparazione da eseguire e, laddove disponibili, i costi dell’operazione, Ispra ha fornito schede di dettaglio. Tra i casi accertati, le discariche di Chiaiano e Casal di Principe in Campania, quelle di Malagrotta e Anagni nel Lazio, quella di Bellolampo in Sicilia, le emissioni della Tirreno
Power a Vado Ligure e Quiliano, l’interramento di fanghi e scarti di lavorazione a Rende in provincia di Cosenza. I 30 casi accertati hanno interessato soprattutto le acque sotterranee (32%), laghi e fiumi (23%), i terreni (19%). I dati sono stati presentati alla Camera dei Deputati giovedì 17 ottobre dal direttore generale Ispra Alessandro Bratti, dai curatori del Rapporto e dai rappresentanti delle Arpa che hanno operato sul territorio. L’evento è stato occasione per un confronto a più voci sul tema del danno, moderato dal magistrato Giuseppe Battarino, insieme ai rappresentanti delle imprese, delle associazioni, del mondo accademico e delle assicurazioni. A chiudere la mattinata, il sottosegretario del Ministero dell’ambiente Roberto Morassut e il presidente della Commissione ecoreati Stefano Vignaroli. Degli oltre 200 casi segnalati all’Istituto dal Ministero dell’ambiente, nel 2017-2018 sono state aperte 161 istruttorie di valutazione del danno ambientale grazie alle verifiche operate sul territorio da SNPA: 39 per casi giudiziari (sede penale o civile), 18 per extra-giudiziari, 104 istruttorie per casi penali in fase preliminare (nei quali l’accertamento del danno è ancora a livello potenziale). La Sicilia è
la
regione dove sono state aperte più istruttorie (29), seguita da Campania (20), Lombardia (14) e Puglia (13). Le attività che potenzialmente possono portare a danno ambientale sono risultate soprattutto quelle svolte dagli impianti di depurazione e di gestione dei rifiuti, dai cantieri edili e di realizzazione delle infrastrutture, dagli impianti industriali. L’accertamento tecnico-scientifico compiuto dal SNPA costituisce la base tecnica per la successiva attuazione, da parte del Ministero, delle procedure giudiziarie o extra-giu-
diziarie di riconoscimento del danno e dell’obbligo di avviare la riparazione. I casi riportati nel Rapporto non rappresentano la totalità di quelli aperti in Italia. Non sono considerati quelli per i quali sono già state avviate azioni di riparazione prima del 2017 (ad esempio i siti di Bussi sul Tirino, Giugliano, Castelvolturno, Taranto e altri), anche sulla base di precedenti istruttorie dell’ISPRA. A dare una definizione comune di danno ambientale in Europa è intervenuta la direttiva europea del 2004
(2004/35/CE) che ha introdotto una disciplina unica in tema di responsabilità e riparazione. L’Italia ha pienamente introdotto nella propria normativa il principio di danno ambientale e ad oggi siamo il paese che dichiara più casi in Europa. Restano, tuttavia, da affrontare alcuni importanti temi, come ad esempio stabilire i criteri per definire la procedura amministrativa, la copertura assicurativa del danno, i criteri di accertamento e quelli di riparazione. Sul sito Snpa è possibile consultare il rapporto. (da snpambiente.it)
Il Rapporto 2019 sull’inquinamento atmosferico L’Italia primo paese europeo per morti premature Anna Paparo Il fatto che ci sia un collegamento tra inquinamento atmosferico e aumento di malattie e di morti è cosa ormai risaputa. E non tutti sanno che esiste una vera e propria classifica degli Stati dell'Unione Europea che hanno conosciuto e conoscono un numero altissimo di morti premature da biossido di azoto (NO2) ed anche un gruppo di quelli che sfiorano sistematicamente i limiti di legge per i principali inquinanti atmosferici. Chi ci sarà sul podio? In pole position, primo paese dell'UE a guadagnare l'oro registrando questi dati negativi risulta essere purtroppo l'Italia vista dalle centraline antismog, i cui elementi per la ricerca sono stati raccolti e analizzati dall'Agenzia europea per l'ambiente (Aea) nel rapporto annuale sulla qualità dell'aria. Tira proprio una butta aria per il Bel Paese. Secondo questa analisi ricavata dai rilevamenti relativi all'anno 2016, la Penisola italiana ha il valore più alto dell'Ue di decessi prematuri per biossido di azoto (NO2, sono pari a circa
quindicimila), ozono (O3, sono pari a tremila) e il secondo per il particolato fine PM2,5 (ammontano a 58.600). Complessivamente nell'Unione europea a ventotto lo smog è responsabile di ben trecento settantadue mila decessi prematuri, tutto sommato in leggero calo se si considerano i trecento novantuno mila del 2015. Come precisato nel quadro generale europeo, i dati indicano un lieve miglioramento anche per l'Italia rispetto al 2015, quando l'Eea stimava i decessi prematuri per NO2 nel nostro paese a venti mila unità. Andando avanti negli anni, le rilevazioni più recenti, quelle che risalgono all'anno 2017, vedono le concentrazioni di polveri sottili (PM2,5) più elevate in Italia e in sei paesi dell'est ossia Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Polonia, Romania e Slovacchia. E ancora, la città di Torino contende alle capitali di Parigi e Londra il primato di città europea più inquinata da NO2 e, tra le città più piccole, si segnala Padova per l'alta concentrazione media di PM2,5 e PM10. La situazione, tutta-
via, non migliora nelle aree rurali nazionali, con superamenti dei limiti giornalieri di particolato registrati in sedici delle ventisette centraline che hanno rilevato valori ir-
regolari nell'Ue. Ma non finisce qui. Due milioni di italiani vivono in aree, soprattutto la Pianura Padana, dove i limiti Ue per i tre inquinanti principali sono violati siste-
maticamente. Una situazione che non conforta assolutamente anzi prospetta scenari alquanto apocalittici per tutti noi. Non bastano le campagne di sensibilizzazione, le manifestazioni in piazza. Queste, infatti, sono solo un piccolo tassello di un grande mosaico ed è da qui che inizia tutto. C'è bisogno di azioni concrete e pragmatiche, volte a migliorare realmente la vita del singolo e di conseguenza la vita della collettività. In pratica ognuno deve fare la propria parte, deve giocare il proprio ruolo. Si sa che “quello che noi facciamo è solo una goccia nell'oceano; ma se non lo facessimo l'oceano avrebbe una goccia in meno”. Quindi, solo impegnandoci tutti, diminuendo i consumi e abbassando il rilascio di queste sostanze inquinanti nell'atmosfera si potrà davvero trovare una soluzione al problema dell'inquinamento e di conseguenza si potranno migliorare le prospettive di vita senza combattere con numeri e statistiche sconfortanti. E tutti noi potremmo davvero respirare una boccata d'aria fresca e pura, vita per i nostri polmoni.
IL RAPPORTO COMUNI RICICLONI 2019 In Campania sul podio troviamo il Sannio ma c’è ancora tanto da fare Giulia Martelli La lettura dei quotidiani in questi giorni non è certamente confortante per quanto attiene la situazione rifiuti, critica un po’ in tutta Italia ma, come purtroppo accade oramai da diverso tempo, soprattutto in Campania. Sversamenti abusivi lungo le strade, incendi “sospetti” negli impianti di tritovagliatura che non fanno che peggiorare lo stato di salute dell’aria che respiriamo, gli stop all’impianto di termovalorizzazione di Acerra, barricate sempre più frequenti dei cittadini assediati da un penetrante cattivo odore proveniente dai siti di stoccaggio cittadini. Un quadro a dir poco sconfortante, in cui è necessario che ciascuno degli attori in gioco eserciti il suo ruolo secondo le proprie competenze creando una rete virtuosa che dalla produzione arrivi fino al recupero di materia e alla restituzione della materia prima seconda. Servono soprattutto gli impianti per il recupero di materia, a partire da quelli di digestione anaerobica e compostaggio per il trattamento della frazione organica, che rappresenta il 40% del quantitativo intercettato con la raccolta differenziata, primo passo importante per superare i vecchi sistemi di smaltimento. Una buona differenziazione dei rifiuti costituisce infatti un obiettivo ambizioso che le amministrazioni comunali, regionali e centrali si stanno impegnando a perseguire con sempre maggiore responsabilità, così come dimostra il Rapporto Comuni Ricicloni 2019, reso noto qualche giorno fa da Legambiente che premia i Comuni Rifiuti Free italiani ossia quelli dove la differenziata funziona correttamente ma soprattutto dove ogni cittadino produce, al massimo, 75 kg di secco residuo all’anno. Restando in Campania sono 85 i Comuni "rifiuti free", mentre 247 quelli Ricicloni, per la maggior parte, pari al 42,4% concentrati nella provincia di Benevento che vedono seguire a ruota al secondo posto Salerno con la sua provincia con il 40%. Terzo posto ad Avellino con il
12,9% dei Comuni rifiuti free. Fanalino di coda Napoli e Caserta dove si trova solo il 2,4% dei comuni rifiuti free. In totale, sono 247 i Comuni che hanno ottenuto il riconoscimento di 'Ricicloni', pari al 65% del totale con un aumento, rispetto allo scorso anno, in termini numerici di 9 nuovi enti locali 'new entry'. In Campania, secondo i dati dell'Osservatorio regionale dei rifiuti, nel 2018 sono state prodotte 2,6 tonnellate di rifiuti urbani, di cui il 52,7% raccolte in maniera differenziata. Dei rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata, la metà sono costituite da organico: 682.132 tonnellate di cui il 90% continua a essere trasportata fuori regione, a causa della mancanza di impianti sul territorio. I rifiuti urbani indifferenziati invece, sono 1.232.087 tonnellate pari al 47,3% del totale con una produzione pro-capite di indifferenziato di 212,37 Kg. Nel dettaglio della Campania che differenzia sono 1.440.118 i cittadini campani che conferiscono in maniera corretta i rifiuti nei 247 Comuni ricicloni che, nel 2018, hanno su-
perato il limite di legge del 65% di raccolta differenziata. Tortorella (Sa), Montesano sulla Marcellana (Sa), Vico Equense (Na), Pozzuoli (Na) sono i comuni i vincitori nelle quattro categorie per numero di abitanti. Tra i capoluoghi di provincia solo Avellino con il 71% di raccolta differenziata supera la quota del 65%; segue Benevento con 63%; Salerno con 60%, Caserta con il 48%. Chiude la provincia di Napoli con il 35% di raccolta differenziata. In provincia di Salerno sono 91 le Amministrazioni che hanno raggiunto il 65%; segue la provincia di Benevento con 59 Comuni e la provincia di Avellino con 44 Amministrazioni. Chiude la provincia di Caserta con 30 Comuni. Fanalino di coda per la provincia di Napoli con 23 Comuni. "Affinché gli sforzi dei Comuni Rifiuti Free siano ripagati, occorre lavorare alacremente sulla chiusura del ciclo, sul riciclo e sull'utilizzo della materia prima seconda che ne deriva - ha affermato Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente - Per compiere la rivoluzione circolare in
Campania e nel Mezzogiorno dobbiamo essere consapevoli e reattivi riguardo ai ritardi e agli ostacoli che ancora ci sono, chiedendo con forza politiche coraggiose e immediate nella pianificazione e nella gestione del ciclo dei rifiuti". "In Campania - ha aggiunto Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania - la gestione dei rifiuti, pre-
venzione, raccolta, recupero e smaltimento, continua ad avere un importante potenziale che però stenta a decollare. Un ciclo poco circolare e ancora troppo intrappolato in scarse capacità gestionali, affari al limite della legalità, mancanza di trasparenza e complicati percorsi di accessibilità alle informazioni per i cittadini".
Poste Italiane S.p.a. - spedizione in Abbonamento Postale - AUT. N° 140001 del 05/03/2014 Stampe in Regime Libero (AN)
GLI IMPIANTI EOLICI SENZA PALE Nascono in Spagna: i cosiddetti “giganti bianchi” dell’energia Ilaria Buonfanti In futuro dimenticheremo i classici impianti eolici, dotati di pale che girano, più o meno velocemente, ricavando energia dal movimento delle stesse. I recenti progetti dedicati al rinnovamento degli impianti eolici stanno mirando ad eliminare completamente le pale senza diminuire l’efficienza, anzi aumentandola. I cosiddetti “giganti bianchi”, che tutti noi siamo abituati a vedere in zone particolarmente ventose, pur producendo energia pulita, hanno un grosso impatto fisico sull’ambiente, senza contare il pericolo che costituiscono per numerose specie di uccelli e hanno costi di manutenzione molto elevati. Per questi motivi i generatori eolici senza pale rappresentano un incredibile passo in avanti nel campo dell’energia sostenibile. E Bladeless, che vuol dire letteralmente “senza pale”, è proprio il nome della start up spagnola che ha ideato e poi brevettato questa nuova turbina. L’innovativa
tecnologia sfrutta il fenomeno della risonanza aeroelastica, che produce delle vibrazioni attraverso le oscillazioni provocate dal passaggio del vento. La turbina, chiamata Vortex, è un semplice cilindro fissato verticalmente nel terreno, sul cilindro è posta un’asta oscillante abbastanza elastica da permettere il movimento in un determinato range di frequenze. L’asta è collegata di-
rettamente ad un alternatore che genera corrente elettrica. Più forti sono le raffiche di vento, maggiore saranno le oscillazioni e maggiore sarà l’energia risultante. Per dirla in un modo poetico ma in realtà del tutto scientifico, il cilindro entra in risonanza con il vento, e quindi l’energia che il sistema raccoglie è quella di un “vento amplificato” (in fisica il fenomeno
è chiamato ‘Vortex Induced Vibration’). La macchina basa quindi il proprio funzionamento sul fenomeno aerodinamico della vorticità, uno dei nemici di architetti e ingegneri che progettano i loro manufatti, come ciminiere e ponti, proprio per evitare la formazione dei vortici di vento. Qui invece si ricercano proprio i vortici. Le vibrazioni sono prodotte
grazie all’estrema leggerezza della struttura, la turbina infatti ha un design minimal, non ha bulloni né ingranaggi. I materiali di cui è costituita, fibra di vetro e fibra di carbonio rendono Vortex un sistema molto leggero, che vibra facilmente sotto la minima spinta del vento e, a differenza delle pale eoliche tradizionali, non ha bisogno di fondamenta importanti perchè è semplicemente conficcata nel suolo. Vortex ha diversi vantaggi. L’energia ricavata è del 60% circa superiore rispetto a quella prodotta dalle pale eoliche standard, più efficiente anche dei pannelli solari. L’impatto ambientale è notevolmente ridotto in quanto è silenzioso e le dimensioni della turbina sono molto più piccole (non superano i 3 metri) quindi non disturba la fauna e non provoca interferenze con i segnali radio. I costi di produzione e di manutenzione sono ridotti addirittura dell’80%. Il progetto ha finito la fase dei test e dovrebbe entrare in azione entro la metà del prossimo anno.
Energie alternative: le onde marine Si è svolta a Napoli la Conferenza Europea sull’energia delle onde e delle maree Quest’anno si è svolta a Napoli la “European Wave and Tidal Energy Conference” (EWTEC) cioè la Conferenza Europea sull’energia delle onde e delle maree che ha come tema portante le innovazioni tecniche e scientifiche sulle energie rinnovabili degli oceani. Questa Conferenza ha l’obiettivo di mantenere standard elevati nella ricerca e nelle applicazioni industriali per lo sfruttamento delle maree, offrendo, tra l’altro, una serie di forum di approfondimento sviluppati da coloro che sono all’avanguardia nello sviluppo tecnologico del settore. I vari stakeolder interagiscono tra loro presentando e discutendo sulle conoscenze in materia di conversione delle onde e delle maree in energia, trasferendo ai partecipanti un ampio dibattito
sulle tecnologie delle energie rinnovabili marine. Da una delle varie conferenze accademiche svolte durante l’edizione napoletana, ci si è occupati dello sfruttamento del mare, delle correnti e delle onde in chiave sostenibile, tale da incidere in modo positivo sulla produzione di energia alternativa, ma con una attenzione massima alla tutela di questa indispensabile risorsa. Sono stati proposti due modelli/prototipi di impianti per il sistema a “tracimazione ondosa” che appunto trasforma il moto ondoso in elettricità, con il rispetto dell’equilibrio ambientale e paesaggistico. Difatti, questo modello consente all’onda di arrivare alle pareti della diga e venire incanalata fin dentro ad una camera d’aria, dove la stessa spinta dell’acqua comprime e
decomprime l’aria nella camera azionando una turbina auto-rettificante e cioè capace di ruotare nello stesso verso sia quando il polmone d’aria è compresso, sia quando è decompresso.
I test di laboratorio hanno avvalorato l’efficacia del prototipo tale da convertire energia dalla forza dei fluidi con una produzione potenziale di 5000 MWh/anno. Appare evidente l’enorme
utilizzo di queste fonti alternative di energia soprattutto per una loro utilizzazione all’interno dei porti o ad appannaggio di uno sfruttamento complessivo da parte delle città costiere. Luc.Mon.
Ecomondo 2019, un Green New Deal è alle porte? A Rimini la XXIII edizione della fiera dedicata all’economia verde e circolare, con la partecipazione Snpa Anna Gaudioso Si svolgerà a Rimini la 23esima edizione di Ecomondo, l’evento leader europeo della circular e green economy, che si svolgerà in contemporanea con Key Energy, il salone delle energie rinnovabili, dal 5 all’8 novembre presso la Fiera della città romagnola. Si attendono milletrecento espositori provenienti da trenta Paesi e visitatori da 150 Paesi, con una partecipazione significativa del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. Sono in programma 150 seminari con mille relatori. In contemporanea anche il biennale Sal.Ve, Salone del Veicolo Ecologico. Quella che si svolge a Rimini è una fiera giunta alla diciassettesima edizione che ogni anno ospita presso gli spazi espositivi, dedicati al mondo del riciclo e delle energie rinnovabile, un grande numero di visitatori provenienti da tutta Europa. Difatti ogni anno Ecomondo attira al suo consolidato appuntamento le maggiori aziende dei più rilevanti settori legati alle energie pulite e in particolare al mondo del riciclo e dei rifiuti, con la presentazione delle ultime e innovative tecnologie del comparto della Green Economy. Una sorta di economia verde che cerca di privilegiare l’im-
patto ambientale nel settore produttivo, tenendo presente i potenziali danni e i benefici che potrebbero scaturire da corrette pratiche ecologiche tese alla salvaguardia del sistema aziendale ed economico. Oggi la Green Economy nello scenario politico ed economico mondiale sta occupando un ruolo sempre più di rilievo, grazie alla crescente richiesta da parte dei cittadini di voler vivere in un ambiente più sano, più salubre, condizionando così positivamente le decisioni da parte delle
aziende di investire sullo sviluppo ecosostenibile. A dire il vero anche in Italia è cresciuto il numero di aziende che hanno deciso di investire parte delle proprie risorse nella costruzione di un sistema di sviluppo maggiormente ecosostenibile e grazie anche agli incentivi statali, che hanno consentito di introdurre le tecnologie geeen nel sistema produttivo, si è verificata l’esplosione del settore nel nostro Paese. Il 6 novembre sarà tutto dedicato all’economia circolare. L’evento, orga-
nizzato in collaborazione con Intesa Sanpaolo, è intitolato “Circular economy: the 21stcentury economic paradigm to redefine growth and development”. Al centro dell’attenzione ci saranno strumenti, processi e modelli finanziari utili a facilitare la riprogettazione dell'ecosistema industriale in linea con il paradigma dell'economia circolare. Anche quest’anno Ecomondo dedica un ampio programma di incontri al tema della plastica. Infatti l’8 novembre ci sarà il seminario dal
titolo “End-of-waste della frazione mista degli imballaggi in plastica: nuove opportunità per la valorizzazione materica di una importante risorsa”. Con “Un padiglione dedicato all’Acqua - Global Water Expo” si potrà conoscere da vicino l’evoluzione dei progetti di innovazione nel settore idrico co-finanziati dalla Commissione Europea. Anche nel 2019 Ecomondo propone un focus sulle start up italiane e internazionali, in collaborazione e con il supporto di Aster - Regione Emilia-Romagna. Ecomondo 2019 ospiterà inoltre l’annuale appuntamento degli Stati Generali della Green Economy, promossi dal Consiglio nazionale della green economy, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico per un’analisi e un aggiornamento sui temi economici e normativi più attuali e cruciali. Quest’anno saranno dedicati infine momenti al tema "Per un Green New Deal in Italia e in Europa". Anche a Key Energy si annuncia un importante evento di apertura: Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano, presenterà uno studio in cui illustrerà le previsioni future guardando alla decarbonizzazione e al 2030.
Serie storiche ambientali, formazione in Arpac Arpac aggiorna la formazione del proprio personale tecnico con iniziative in collaborazione con altre agenzie ambientali e istituti di ricerca. Il 16 e il 17 ottobre scorsi, nella sede della direzione dell'Agenzia, si sono tenuti due incontri formativi dal titolo "Analisti statistiche delle serie storiche ambientali: teoria e pratica del trattamento dei dati e valutazione di tendenze". Gli incontri, promossi dall'Agenzia in collaborazione con Ispra, IrsaCnr e Arpae EmiliaRomagna, sono stati destinati a venticinque dipendenti Arpac della direzione tecnica e delle aree territoriali dipartimentali. Tra i formatori, Giovanni Braca (Ispra, Di-
partimento per il monitoraggio e la tutela dell'ambiente e per la conservazione della biodiversità), Marco Marcaccio (Arpae Emilia-Romagna, Centro tematico regionale Sistemi idrici), il ricercatore Irsa-Cnr Emanuele Romano, e per l'Agenzia Giuseppe Onorati (dirigente UOC Reti di Monitoraggio e Cemec), Vincenzo Barbuto (dirigente UO Suolo rifiuti e siti contaminati del Dipartimento di Napoli), Adolfo Mottola e Giovanni Ruggeri (UOC Reti di monitoraggio e Cemec). Hanno introdotto i lavori il commissario straordinario Stefano Sorvino, il sub-commissario Giovanni Improta e il direttore tecnico facente funzione, Claudio Marro.
Legge regionale radon, domande frequenti La nuova normativa prevede obblighi di monitoraggio degli edifici aperti al pubblico Con l'entrata in vigore in Campania della legge regionale n. 13 del 8 luglio 2019, "Norme in materia di riduzione dalle esposizioni alla radioattività naturale derivante dal gas radon in ambiente confinato chiuso", sono stabiliti nuovi livelli limite di concentrazione per le nuove costruzioni (Art. 3) e per gli edifici esistenti (art. 4). Una serie di soggetti sono perciò tenuti a misurare le concentrazioni di questo gas di origine naturale all'interno degli edifici aperti al pubblico. Viste le numerose richieste di chiarimenti che stanno pervenendo all'Agenzia, pubblichiamo di seguito alcune risposte alle domande più frequenti che ci vengono rivolte. Quali sono i locali da monitorare? Per quanto riguarda gli edifici strategici di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture 14 gennaio 2008, n. 29581 e destinati all'istruzione, compresi gli asili nido e le scuole materne, occorre monitorare tutti i locali dell'immobile interessato, compresi quelli ai piani più alti. Le misure vanno effettuate con strumentazione passiva e attiva. Per tutti gli altri edifici diversi da quelli compresi nel punto precedente, vanno monitorati solo i locali interrati, seminterrati, locali a piano terra e aperti al pubblico, con esclusione dei residenziali e dei vani tecnici isolati al servizio di impianti a rete. Le misure vanno effet-
Arpa CAMPANIA AMBIENTE del 31 ottobre 2019 - Anno XV, N.20 Edizione chiusa dalla redazione il 31 ottobre 2019 DIRETTORE EDITORIALE
tuate solo con strumentazione passiva. In entrambi i casi le misure sono eseguite su un periodo annuale suddiviso in due semestri, primaverile-estivo e autunnale-invernale (oppure si eseguono più misure la cui somma sia comunque pari ad un anno). Chi esegue le misure? Nelle more che si definisca la figura del "tecnico abilitato alle misurazioni di attività radon" con relativo elenco degli abilitati, si fa riferimento alle linee guida per le misure in ambienti sotterranei, emanate nel 2003 dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Quali devono essere le caratteristiche degli organismi di misura? Le linee guida prevedono una serie di requisiti che tali organismi devono possedere, che riportiamo a seguire: 1. Un responsabile tecnico con formazione professionale adeguata ed esperienza documentata in materia; 2. L'individuazione delle persone abilitate a eseguire le misure e ad attestarne la validità
3. L'utilizzo di una tecnica di misura idonea; 4. La periodica taratura della tecnica di misura e il controllo del funzionamento delle apparecchiature prima di ogni serie di misura; 5. Il periodico controllo di qualità dei dati; 6. L'utilizzo di procedure e istruzioni scritte per le misure, comprese le tarature e il controllo di qualità; 7. Il rilascio del resoconto delle misure firmato dal responsabile tecnico, che garantisce l'affidabilità del dato al committente. Quali devono essere i requisiti del responsabile tecnico delle misure? Il responsabile tecnico deve possedere una adeguata formazione tecnico-scientifica e una documentata esperienza sulla misura della concentrazione di radon in aria. Come va redatto un resoconto delle misure? Il risultato delle misure sarà contenuto in una relazione tecnica o resoconto di prova rilasciato al committente. Nella
relazione tecnica o nel resoconto devono essere riportate almeno le seguenti informazioni: 1. L'intestazione dell'organismo che rilascia il documento; 2. L'identificazione del documento (per esempio un numero o codice progressivo); 3. I dati anagrafici del committente; 4. La tecnica di misura utilizzata; 5. I periodi di esposizione dei rivelatori (sotto la responsabilità del committente) e i relativi risultati in termini di concentrazione; 6. Il risultato della concentrazione di radon media annua associato al luogo della misura, chiaramente individuato (se in un luogo di lavoro vengono effettuate misure in più locali/ambienti o più misure in uno stesso ambiente, è necessario che nella scheda informativa compilata dal committente sia identificato ciascun punto di misura e che lo stesso identificativo sia riportato nella relazione); 7. L'incertezza associata a tutti i risultati delle misure; 8. La firma della persona che ha effettuato le misure e di chi autorizza il rilascio del risultato; 9. Le eventuali note relative ai risultati. Più una eventuale una valutazione dei dati ottenuti. A chi si invia la documentazione? Entro un mese dalla conclusione del rilevamento, i risultati vanno trasmessi al Comune competente per territorio e ad Arpac. Per ulteriori richieste di informazioni si può contattare il Centro Regionale Radioattività, che ha sede nel dipartimento di Salerno, ai seguenti recapiti: tel. 089/2758007, 089/2758028 email g.detullio@arpacampania.it.
Luigi Stefano Sorvino
DIRETTORE RESPONSABILE
Pietro Funaro
CAPOREDATTORI
Salvatore Lanza, Fabiana Liguori, Giulia Martelli
IN REDAZIONE
Cristina Abbrunzo, Anna Gaudioso, Luigi Mosca, Andrea Tafuro
GRAFICA E IMPAGINAZIONE
Savino Cuomo
HANNO COLLABORATO
I. Buonfanti, F. De Capua, G. De Crescenzo, B. Giordano, G. Loffredo, R. Maisto, L. Monsurrò, A. Palumbo, A. Paparo, T. Pollice
SEGRETARIA AMMINISTRATIVA
Carla Gavini
DIRETTORE AMMINISTRATIVO
Pietro Vasaturo
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Notte ricercatori, i promotori ringraziano Arpac È positivo il bilancio della Notte europea dei ricercatori in Campania: agli eventi programmati il 27 e il 28 settembre scorsi, nell’ambito della manifestazione finanziata dalla Commissione europea, hanno partecipato migliaia di cittadini, affollando gli stand allestiti in svariati luoghi-simbolo a Napoli e a Caserta. Arpac ha contribuito agli eventi sia a Napoli, all’Accademia di belle arti, che a Caserta, alla Reggia, con due stand molto visitati in cui sono state illustrate alcune delle attività di punta dell’Agenzia. «La partecipazione di Arpac», ha scritto in una nota il direttore del Dipartimento di matematica e fi-
sica dell’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli, il professore Lucio Gialanella, «ha contribuito a rendere unica la vetrina delle attività presentate». L’ateneo vanvitelliano ha voluto ringraziare Arpac per la collaborazione all’evento casertano, a cui hanno partecipato circa 1800 visitatori: in particolare, si legge nella nota scritta dal prof. Gialanella insieme alla dott.ssa Luisa Stellato, responsabile dell’evento per l’università Vanvitelli, vengono apprezzate la professionalità e la disponibilità con cui i dipendenti dell’Agenzia hanno partecipato alla manifestazione.
I POVERI E GLI AFFAMATI IN ITALIA “Aggiungi un posto a tavola” non basta più, servono politiche per garantire una vita dignitosa a tutti Fabiana Liguori Sentire la fame e non aver nulla da mangiare. Sentire i propri figli piangere per la fame e non aver la possibilità di acquietarli: siamo in Italia. Il Paese dei “benefattori”, degli arrivisti, dei politicanti logorroici ed esibizionisti. Il Paese dei perbenisti, dei buonisti, degli accumulatori di denaro, dei pagliacci e dei “Santi”, dove gli ultimi sono destinati a rimanere ultimi perché “a differenza di quanto si pensa il problema alimentare non riguarda solo il terzo mondo ma anche le realtà più industrializzate dove le differenze sociali generano sacche di povertà ed emarginazione. Nel Belpaese, infatti, solo nel 2018 ci sono stati 2,7 milioni di affamati costretti a chiedere aiuto per sopravvivere, di cui oltre il 55% concentrati nelle regioni del Mezzogiorno”. Questo è quanto è emerso dalla prima mappa nazionale della fame elaborata dalla Coldiretti sulla base dei dati sugli aiuti alimentari distribuiti con i fondi Fead dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea) e illustrata in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione promossa dalla Fao. I numeri presentati quindi, riguardano solo le persone che in modo “dichiarato” e “documentato” hanno chiesto aiuto alla co-
munità. Ma quanti sono poi, i senzatetto, i vagabondi e le intere famiglie che vanno avanti per silenziose donazioni, agguati ai contenitori di immondizia in strada o perché scelti come destinatari di sporadici atti caritatevoli? Tanti, troppi. Basta stare qualche ora in piazza o tra i vicoli di una città per rendersi conto di quanto la miseria sia radicata e spesso “nascosta” o forse solo dimenticata. Secondo la Coldiretti lo scorso anno le maggiori criticità in Italia si sono registrate in Campania con 554mila di assistiti, in Sicilia (più di 378mila) ed in Calabria con quasi 300mila ma anche nella ricca Lombardia dove si trovano quasi 229mila persone in difficoltà alimentare. Tra le categorie più deboli degli indigenti a livello nazionale si sono individuati 453mila bambini di età inferiore ai 15 anni, quasi 197mila anziani sopra i 65 anni e circa 103mila senza fissa dimora. La gran parte di coloro che hanno “beneficiato” degli aiuti lo ha fatto attraverso il ritiro dei pacchi alimentari, forma di sostegno preferita principalmente dai nuovi poveri (pensionati, disoccupati, famiglie con bambini) che, spesso per vergogna, non scelgono il consumo di pasti gratuiti nelle strutture abilitate. Infatti, sono appena 113mila
quelli che accedono alle mense pubbliche mentre 2,36 milioni di persone ricevono la confezione con i generi di prima necessità. “Ma ci sono anche 103mila persone – aggiunge Coldiretti – che sono state supportate dalle unità di strada, gruppi formati da volontari che vanno ad aiutare i più povere incontrandoli direttamente nei luoghi dove trovano ricovero”. Di fronte a questa lacerante condizione in cui versano tantissime persone, sono molti enti ed associazioni impegnati in azioni e iniziative di solidarietà a partire dalla stessa Coldiretti e Campagna Amica che hanno lanciato l’iniziativa della “spesa sospesa”: la possibilità di fare una donazione libera presso i banchi dei mercato di Campagna Amica per sostenere eventuali acquisti alimentari dei più bisognosi. In pratica, si mutua l’usanza campana del “caffè sospeso”, quando al bar si lascia pagato un caffè per il cliente che verrà dopo. Siamo fermamente convinti che lì dove le Istituzioni e le amministrazioni non arrivano non possa esserci alcun reale e serio cambiamento. Chi governa ha il dovere di garantire a tutti la possibilità di vivere e crescere in modo dignitoso, un diritto che è senz’altro fondamento di una società civile, sana e egualitaria.
I rifiuti dismessi e i flussi paralleli: lo smaltimento non sempre è doc Ben il 40% dei grandi elettrodomestici in Italia scompare Dove vanno a finire i rifiuti? Domanda alquanto semplice e dalla risposta immediata e scontata. Una discarica, un cassonetto... Ma, molto probabilmente nessuno sa che ben il 40% dei grandi elettrodomestici in Italia scompare. Sembra strano, ma dismessi dai cittadini, questi rifiuti non arrivano agli impianti di trattamento autorizzati e, addirittura, scompaiono in cosiddetti flussi paralleli. A rivelarlo è stata un'indagine - presentata in questi giorni a Roma - condotta da Altroconsumo in collaborazione con Ecodom (il Consorzio per il recupero e il riciclaggio degli elettrodomestici) su oltre duecento Raee (Rifiuti da apparecchiatura elettriche ed elettroniche) usciti dalle case degli italiani, sparsi su tutto il territorio nazionale, e monitorati con dispositivi satellitari. Non bisogna sottovalutare questo fenomeno. Basti pensare che il peso dei grandi elettrodomestici, chiamati anche “grandi
bianchi”, tra cui troviamo il frigorifero, che si perdono per strada arriva a circa quarantaquattro mila tonnellate. Inoltre, secondo l'indagine che sfrutta su larga scala la tecnologia satellitare per seguire le rotte dei rifiuti elettronici do-
mestici, su duecento cinque Raee, il campione valido è stato di cento settantaquattro (per altri 31 non è stato possibile effettuare un'analisi completa); solo cento1 sette esemplari (il 61% del totale) sono effettivamente approdati
in impianti autorizzati, in grado di garantire un trattamento corretto dal punto di vista dello smaltimento e da punto di vista ambientale. Gli altri sessanta sette esemplari (pari al 39%) sono stati sottratti alla filiera formale,
finendo in impianti non autorizzati oppure in mercatini dell'usato o in abitazioni private. Con i tempi che corrono, questa rappresenta una notizia davvero poco confortante, soprattutto in relazione ai tantissimi problemi che attanagliano e colpiscono la cagionevole salute della nostra madre Terra. Per questo, oltre ai continui inviti per sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti delle tematiche ambientali, c'è bisogno anche di un reale e concreto cambiamento di mentalità così da trasformare in attività pratiche di salvaguardia della natura e di conseguenza della salute nostra e delle generazioni che verranno. Ognuno di noi nel suo piccolo può dare il proprio contributo alla lotta all'inquinamento di qualsiasi tipologia e non basta solo dirlo a parole, ma realizzare con azioni concrete il disegno di un mondo migliore, ma soprattutto “total green”. A.P.
Sono partiti da Napoli i lavori della COP giovani Al centro del dibattito gli aspetti socio-economici dello sviluppo sostenibile nell’area mediterranea Lo scorso 23 ottobre, al Maschio Angioino di Napoli ha avuto luogo la prima ‘COP Giovani’, un evento organizzato dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con Comune di Napoli, CNR/ISMed (Istituto per il Mediterraneo), e con il supporto di UNEP/MAP, e con il contributo di SDSN Mediterranean c/o Santa Chiara Lab Università di Siena. Ha aperto i lavori il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa che ha affermato: “Oggi inizia un percorso importante: la conferenza delle parti sul Mar Mediterraneo: tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo si incontrano per trovare soluzioni per la tutela del nostro mare. Da sempre il confronto è stato tra tecnici e politici, mai con i giovani – ha spiegato il Ministro – . Quest'anno invece, per la prima volta nella storia, c’è la COP21 dei giovani, ed è
un piacere e un orgoglio vederli”. Il Ministro ha poi aggiunto che: “il mar Mediterraneo è il mare con il commercio più consistente e con una enorme biodiversità, una delle più ricche nel mondo: un mare per questo molto complesso. È grazie alla scossa che i giovani stanno dando alle coscienze che in tre mesi abbiamo di fatto varato tre leggi per l'Ambiente. Oggi i giovani sono gli educatori degli adulti”. All’evento di Napoli, che rappresenta un passaggio importante di preparazione alla 21° Conferenza delle Parti, hanno partecipato giovani rappresentanti dei Paesi della Convenzione di Barcellona, designati dai rispettivi National Focal Point di UNEP MAP, i ragazzi provenienti da alcune riserve della Biosfera MAB UNESCO, gli esponenti del tavolo di lavoro sui cambia-
menti climatici che collabora con il Ministero dell’Ambiente e i membri della rete SDSN delle Nazioni Unite. Tra i temi principali dell’incontro, gli aspetti socio economici dello sviluppo sostenibile nella regione mediterranea, il pro-
blema del marine litter, le Aree Marine Protette e la Biodiversità, i Cambiamenti climatici e la Blue economy con particolare attenzione al turismo e alla gestione integrata della fascia costiera (ICZM). Il documento finale elaborato: la
‘carta dei giovani’, sarà presentata dal Rapporteur del CNR e da una delegazione di giovani alla sessione plenaria della COP21 di dicembre (http://www.cop21meditaly.net/ ). (Dal web)
Gli anticicloni di blocco Sono spesso la causa di prolungati periodi di siccità o di maltempo Gennaro Loffredo Gli anticicloni di blocco, in gergo “blocking”, sono una particolare configurazione barica, che vede una figura di alta pressione ergersi verso nord lungo i meridiani, creando un vero e proprio muro contro il quale le perturbazioni atlantiche non possono fare niente. A seconda delle stagioni la persistenza di una figura meteorologica rispetto all’altra può comportare delle conseguenze che possono avere delle diverse ripercussioni sul clima di casa nostra. La nostra penisola, negli ultimi tempi, è sempre più soggetta a fenomeni meteorologici estremi. Nubifragi, temporali stazionari, alluvioni, ondate di caldo o di freddo persistenti e siccità sono spesso la causa di questi famigerati “blocchi anticiclonici”. Gli anticicloni di blocco si possono distinguere in due diverse categorie: omega blocking ed rex blocking. L’omega blocking è così chiamato perché la forma dell’anticiclone presenta la forma della lettera greca omega. In tale configurazione l’alta pressione si trova al centro (e con essa l’Italia) tra due basse pressioni, ad ovest di
essa sale l’aria calda richiamata dai tropici mentre ad est scende l’aria fredda dalle regioni settentrionali europee. In questo caso il normale flusso occidentale delle correnti atlantiche viene praticamente deviato verso nord. La disposizione delle figure bariche è meridiana. Questa è stata la configurazione tipica di molti inverni che si sono avuti sulla nostra penisola agli inizi degli anni 2000, quando il tempo meteorologico fu caratterizzato da lunghe fasi di bel tempo, da siccità e da mancanza di neve su gran parte dei nostri comprensori montuosi, con conseguente grave crisi del turismo invernale. Nell’ultima parte di Ottobre 2019 si sono create le condizioni per un blocking che ha generato una tremenda alluvione sul nord ovest italiano. La formazione di un potente anticiclone sui Balcani ha bloccato l’avanzata di una perturbazione atlantica proprio tra il Piemonte e la Liguria, cosicchè le piogge si sono riversate con insistenza sulle medesime aree e favorito frane, smottamenti e purtroppo delle vittime. Il resto dell’Italia, invece, si è trovata sotto il tiro di calde
correnti di scirocco, le quali hanno portato condizioni di tempo siccitoso e di caldo anomalo per il periodo (Napoli ha raggiunto valori termici fino a 30°C, 33°C in Sardegna). Un altro esempio tipico di blocco della circolazione è il rex blocking e si verifica soprattutto nel periodo autunnale ed invernale, quando le alte pressioni tendono gradualmente a svilupparsi verso le alte latitudini. Esso è una variante dell’omega in cui l’alta pressione di blocco si dispone obliquamente rispetto ai meridiani con una figura di bassa pressione che si va a localizzare a sud di codesto anticiclone di blocco e viene alimentata da aria fresca in discesa da nordest. La figura di bassa pressione viene intrappolata nelle maglie di questa circolazione bloccata e il maltempo tende ad imperversare sempre sulle stesse zone, anche per lunghi periodi. L’esempio più eclatante si ebbe nel febbraio 2012. In questo frangente la nostra penisola fu interessata da una poderosa ondata di gelo con temperature record e nevicate eccezionali per parecchi giorni, specie al centronord.
Latte fresco con scadenza dopo quaranta giorni Rosario Maisto Unico nel suo genere: un latte fresco che scade dopo quaranta giorni, sembra una contraddizione o una bugia eppure oggi è possibile. Si tratta di un metodo che si aggiunge e non sostituisce la tecnica che da metà dell'Ottocento del secolo scorso ha rivoluzionato il nostro modo di rapportarci con il latte e altri alimenti deperibili, stiamo parlando della pastorizzazione, cioè un processo termico che mira ad eliminare i batteri più pericolosi. Normalmente il latte viene portato a 63°C per 20/30 minuti o a 75°C per alcune decine di secondi. Nonostante lo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni, oggi in Italia per legge il latte fresco non può avere una scadenza superiore ai 6 giorni a partire da quello del trattamento. Anche se ci spostiamo all'estero è difficile che si superino gli otto giorni. Un'alternativa che ha trovato un buon riscontro è quella del latte microfiltrato, un prodotto che oltre ad essere pastorizzato passa attraverso dei microscopici filtri in grado di separare i microrganismi patogeni dalla parte liquida e più nutritiva del latte magro, prima di essere miscelato con la parte più grassa, questo latte arriva a durare fino a dieci giorni dopo il trattamento termico. Esso viene riscaldato per pochi secondi a una temperatura inferiore a quella della pastorizzazione standard e sottoposto a pressione per poi essere sparato in una camera di lavorazione attraverso degli ugelli che lo riducono a minuscole goccioline, una specie di latte spray, qui i microrganismi presenti subiscono un doppio shock, infatti, la pressione cala e la temperatura aumenta, quindi non avendo intorno più liquido col quale proteggersi, i batteri muoiono, poi successivamente il latte viene riscaldato ancora a 60° per un minuto. Gli scienziati hanno dimostrato che, rispetto alla normale pastorizzazione, con questo metodo innovativo, la carica batterica del Lactobacillus fermentum e del Pseudomonas fluorescens viene ulteriormente ridotta fino a non essere più rilevabile. Oltre all'aumento della mortalità dei batteri e al prolungamento della durata del latte, questo studio sottolinea come il latte sottoposto a pressione e basse temperature conservi le stesse qualità organolettiche, quindi, non c’è nessun impatto negativo sul sapore, solo che bisogna continuare ad approfondire lo studio per confermare se le proteine, una volta denaturate potrebbero diventare inattive, dall’altro canto si ha un minor consumo di energia e risparmio di soldi, un ottimo connubio direi.
Dalla Ue uno stop all’obsolescenza programmata Negli ultimi anni si sta cercando di ridurre il più possibile l’impatto ambientale degli eventi Bruno Giordano Basta con l’obsolescenza programmata! Per Obsolescenza programmata (o obsolescenza pianificata ), si intende quella politica commerciale diretta a limitare il ciclo di vita di un bene (prodotto o macchinario) sia mediante canoni di progettazione che ne rendano impossibile o eccessivamente costosa la riparazione sia tramite l'immissione sul mercato di versioni tecnicamente più evolute. In Europa ci sono più lavatrici che automobili. Ognuna contenente in genere tra i 30 kg ed i 40 kg di acciaio e la qualità di costruzione e l'affidabilità cambiano da macchina a macchina. Secondo la Ellen MacArthur Foundation, la longevità viene misurata in cicli di lavaggio, che vanno da circa 2.000 per macchine a basso costo a 10.000 per apparecchi di alta qualità. Più a lungo una macchina rimane funzionale, minore sarà il suo costo/lavaggio. Ma oggi se una lavatrice, una lavastoviglie o un frigorifero si rompono è spesso più comodo e facile sostituirlo che ripararlo, con gravi danni per l'ambiente oltre che per le tasche dei cittadini. I rifiuti elettronici, dispositivi elettrici o elettronici scartati, sono ora la fonte di rifiuti in più rapida crescita al mondo. A seguito delle lamentele delle associazioni dei consumatori, secondo cui è più semplice ed economico sostituire alcune apparecchiature piuttosto che ripa-
rarle a causa della mancanza di parti di ricambio, della complessità delle riparazioni e del prezzo elevato dei ricambi, l’Ue corre ai ripari con una direttiva che stabilisce che dovrà essere più facile riparare una lavatrice, un frigorifero, una lavastoviglie. Infatti dal 1 ottobre la Commissione ha adottato nuove regole per incoraggiare i produttori a progettare prodotti pensando all'economia circolare. Dalle la-
vatrici ai distributori automatici, la direttiva sulla progettazione ecocompatibile prolungherà la vita di molti apparecchi garantendo una più facile sostituzione dei pezzi di ricambio che i produttori dovranno immagazzinare per 10 anni e di cui dovranno garantire la consegna in tempi rapidi. Vengono prodotte ogni anno circa 50 milioni di tonnellate (in Italia 6, tra i dati più bassi), ma solo circa il 20% viene smal-
tito in modo appropriato. Il passaggio a un modello di economia circolare, col riutilizzo piuttosto che con la sostituzione degli articoli, potrebbe essere un modo per affrontare il problema. I produttori dovranno rendere ampiamente disponibili i pezzi di ricambio ai sensi della direttiva europea sulla progettazione ecocompatibile, fornendoli a riparatori professionisti, per, così, contenere il rifiuto elettronico.
Nasce il progetto “Prompt” contro i prodotti programmati per rompersi presto Alessia Esposito Partita a metà ottobre “Prompt” (Premature Obsolescence multi-stakeholder product testing programme) la nuova campagna di Altroconsumo contro l’obsolescenza programmata dei prodotti. Protagonista dell’azione intrapresa è la piattaforma online dedicata (al link altroconsumo.it/obsolescenza-programmata ) dove gli utenti possono segnalare il prodotto malfunzionante inserendone marche, dati e caratteristiche. Più saranno le segnalazioni, più sarà affidabile la lista, più saranno possibili azioni comuni dei consumatori contro produttori “furbetti”. Al tempo stesso premierà, in opposto, gli apparecchi e quindi i produttori migliori. L’associazione italiana a tutela dei consumatori ha lavorato al progetto
insieme alle organizzazioni di consumatori di Spagna, Belgio e Portogallo, per difendere le tasche dei cittadini ma anche l’ambiente, su cui le ricadute in termini di rifiuti sono enormi. Un problema sempre più sentito quello di apparecchi come lavatrici, lavastoviglie, TV e smartphone che troppo presto non funzionano più. Secondo le statistiche riportate da Altroconsumo, i rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE) sono aumentati negli ultimi decenni del 3-5% all’anno fino ad arrivare ad essere 12 milioni di tonnellate entro il 2020. Quali le componenti più a rischio? Batteria, schermo e caricatore per gli smartphone. Telecomando, monitor e connettori per le TV. Batterie, hard disk e alimentatori per i PC. L’obiettivo di Prompt è incentivare i produttori a fornire la miglior offerta possibile sul mercato in termini di
qualità e, al tempo stesso, stimolare i consumatori a non gettare subito il prodotto malfunzionante, ma ripararlo, e anche ad accettare prodotti di seconda mano se ritenuti “longevi”. Il progetto va incontro alla nuova direttiva dell’Unione Europea che ha
recentemente introdotto nuove regole per incoraggiare i produttori a optare per scelte nella filiera che vadano nell’ottica della rigenerazione, del recupero e del riciclo. A tal proposito, Altroconsumo segnala il nuovo regolamento Ecodesign adottato dalla Commissione europea che prevede l’adozione di norme che rendano disponibili sul mercato, per almeno sette anni, alcuni pezzi di ricambio. Le categorie merceologiche coinvolte sono dieci: frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, display elettronici (televisori inclusi), motori elettrici, trasformatori, alimentatori, impianti di illuminazione, attrezzature per saldatura. Quanto mai necessaria l’azione comune di consumatori, produttori e istituzioni al fine di tutelare l’economia e l’ambiente.
Le architetture ecosostenibili per il recupero dei vecchi gasometri Antonio Palumbo Ideati agli inizi dell’Ottocento nell’Inghilterra vittoriana e poi diffusisi in gran parte delle città europee, i gasometri servivano all’accumulazione del “gas di città”. Negli ultimi decenni, con la crescente diffusione dell’energia elettrica e delle fonti energetiche alternative, la loro funzione è andata man mano scomparendo fino ad estinguersi e per tali strutture, estremamente caratteristiche ma ormai in totale dismissione, si è aperto il problema del recupero e riutilizzo: la demolizione, infatti, oltre a costituire operazione tutt’altro che agevole, nella gran parte dei casi non è consentita, in quanto, quasi dovunque, i vecchi gasometri sono considerati patrimonio storico ed urbanistico. Tra gli interventi di riqualificazione emblematici degli ultimi anni - che rappresenta uno degli esempi più riusciti di recupero e riconversione c’è quello realizzato a Vienna, negli anni Novanta, per trasformare le quattro unità del “Gasometer”, il più grande impianto d’Europa, costruito nel 1896 nel distretto vienesse di Simmering (centralissima area della capitale austriaca) e dismesso nel 1984: nel 1995 la città di Vienna decise di indire un concorso di progettazione internazionale per il
recupero dei quattro elementi del gasometro, dichiarato monumento nazionale. Il bando - che prescriveva la destinazione d’uso residenziale, con servizi annessi - obbigava i progettisti al mantenimento dell’aspetto esterno originario delle quattro grandi strutture cilindriche, salvo la possibilità di aprire piccole
aperture nel paramento murario (che, tuttavia, non dovevano comprometterne l’iniziale tessitura). Per i gasometri A, B e C vennero scelti, rispettivamente, i progetti di Jean Nouvel (la cui connotazione si evidenzia nella realizzazione di una piazza coperta con tetto translucido, che, attraverso un gioco di rifrazioni,
sintetizza il connubio tra la struttura preesistente e quelle nuove) e due studi austriaci, Coop Himmelbau e Manfred Wedhorn (che ha adottato l’approccio più “green”, aggiungendo terrazze e giardini interni). Il progetto del gasometro D, invece, fu assegnato all’architetto Wilhelm Holzbauer, vincitore di uno specifico concorso di idee. Risultato complessivo è stata la riqualificazione di quello che è attualmente considerato uno dei quartieri più esclusivi di Vienna, con i suoi 800 appartamenti, una residenza universitaria con 70 posti letto, uffici, un cinema multisala, vari negozi, ristoranti e bar, un auditorium per eventi e conferenze e la sede dell’Archivio nazionale di Vienna: inaugurato ufficialmente nel 2001, il complesso è costato circa 175 milioni di euro e costituisce, di fatto, un cantiere ancora aperto, in cui non si escludono ulteriori modifiche architettoniche. Altro progetto molto importante - che, a sua volta, può fare da “apripista” rispetto a molti possibili interventi da realizzare anche in Italia - è
quello per la riconversione residenziale dei gasometri di King’s Cross, a Londra, completata su progetto dello studio Wilkinson Eyre. Nelle tre grandi strutture metalliche (edificate nel 1867 per contenere i serbatoi telescopici del gas) sono stati ricavati nuovi spazi e volumi integrati alle carpenterie vittoriane originarie (smontate, restaurate e infine rimontate nell’attuale sito), rimaste ben visibili all’esterno del nuovo complesso. All’interno, l’operazione progettuale si è incentrata sulla realizzazione di tre torri residenziali, dal perimetro circolare e di differenti altezze, complessivamente suddivise in 145 appartamenti di varie dimensioni: tutte e tre le strutture sono concluse, in alto, da tetti verdi, in parte adibiti al servizio esclusivo per gli attici degli ultimi piani. L’intervento londinese, completato da diverse facilities e servizi (palestra, SPA, business lounge, sala proiezioni, ecc.), rappresenta un sicuro riferimento per i futuri progetti di recupero di queste particolarissime strutture.
L’intelligenza artificiale e l’economia circolare Può essere molto utile per elaborare una gran mole di dati e informazioni in tempi rapidi Tina Pollice L’intelligenza artificiale accelera la transizione verso l’economia circolare così come evidenziato dalla Ellen MacArthur Foundation nel rapporto 2019: “Artificial intelligence and the circular economy”. La ricerca, oltre all'approfondimento delle applicazioni dell'intelligenza artificiale e allo sviluppo di modelli circolari nei settori degli alimenti e delle apparecchiature elettroniche, sviluppa analisi interessanti sui potenziali di tale tecnologia per accelerare la transizione all'economia circolare affrontando tre nodi decisivi: la progettazione circolare di prodotti, di componenti e della scelta dei materiali, il funzionamento circolare dei modelli di business e l'ottimizzazione delle infrastrutture necessarie per la circolarità dei prodotti e dei flussi di materiali. L'intelligenza artificiale può essere molto utile per elaborare una gran mole di dati e informazioni in tempi rapidi e fornire un supporto a tali complesse attività di progettazione innovativa. In particolare, la scelta e l'impiego di nuovi materiali e di nuove sostanze chimiche, finalizzati a migliorare la circolarità dei prodotti e dei processi produttivi, richiedono l'elaborazione e la valutazione di grandi quantità di dati: sulle loro caratteristiche e proprietà fisiche e chimiche, sulla tossicità, sulla biodegradabiltà, sulla riciclabilità e sui sostituti disponibili. L’intelligenza artificiale (AI) è
uno strumento matematico che può essere potente come l’uomo a livello di sensibilità, ma, con una grande differenza: non ha emozioni. L’AI è un sottoinsieme dell’algebra, è l’algebra più basica. L’algebra nasce perché l’uomo possa descrivere la natura intorno a sé. Tutto è numero dicevano i pitagorici, ma la vera difficoltà è desumere la relazione migliore che tiene insieme questi numeri, è trovare una legge che possa dare significato. Un esempio italiano, la Energy way, start up innovativa, si occupa di data science e AI, ha vinto diversi premi tra i quali l’“Open Innovative PMI” dello scorso anno. Vi fanno parte un team multidisciplinare di 50 “nerd”, che mescolano cultura umanistica e scientifica: sono matematici, ingegneri, esperti in AI, ragazzi che, pur avendo ricevuto proposte da grandi società hi-tech o da Google, hanno scelto di lavorare ad un progetto che ha una visione. Un’idea di futuro sintetizzata nel “Manifesto della Razionalità Sensibile”, un evento che ha avuto il patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO e della Commissione Europea. Otto punti, per rimettere la fragilità umana al centro della riflessione sull’intelligenza artificiale. Con un approccio umanistico ispirato al filosofo modenese Pico della Mirandola, secondo il quale l’uomo è al centro dell’universo perché è l’unico che può esserne l’interprete, filosofia che non è in contrasto con il concetto di sostenibilità ambientale.
Al contrario, è il punto di partenza per riequilibrare il rapporto tra uomo e natura. Ebbene, la start up ha recentemente firmato un accordo con Hera per la depurazione delle acque reflue di Modena, attraverso un sistema di controllo intelligente del processo di ossidazione in grado di stabilire il fabbisogno di ossigeno necessario alla depurazione. L’applicazione, ha aumentato di 16% il rendimento. Questo significa che si riesce a utilizzare il 16% in più di acqua. Quindi, big data, machine learning e intelligenza artificiale rendono il sistema capace di prevedere in anti-
cipo i fabbisogni delle attività dell'impianto. Ed è proprio la predittività dei sistemi matematici l’elemento di svolta nell’ottimizzazione dei processi. Prevedere consente di ridurre gli scarti in un processo di lavorazione, lo spreco energetico in un sistema di raffreddamento oppure efficientare la produzione di energia di un termovalorizzatore. L’AI, che spesso rischia di essere associata a un futuro distopico (relativo alla distopia come rappresentazione di una società profondamente negativa, totalitaria e tecnocratica), è in realtà uno strumento utile a rispettare la natura, restando umani.
Addio birra in vetro: nascono le bottiglie di carta Novità ecosostenibile nel mondo delle “bionde”, la nota azienda Carlsberg rivoluziona gli imballaggi La Carlsberg è una delle più importanti società produttrici di birra al mondo, presente in circa 50 nazioni. La sua nascita risale al lontano 1847 ed ancora oggi è presente sul mercato cercando di unire tradizione ed innovazione. E a tal proposito la nota azienda ha annunciato di stare lavorando ad un prodotto che rivoluzionerebbe gli imballaggi del mondo delle birre e delle bibite in generale. Nel 2018, la produzione mondiale di birra ha raggiunto i 190 milioni di litri, una quantità immensa; si può ben immaginare quindi quante bottiglie di vetro e lattine di alluminio vengono utilizzate per l’imbottigliamento. La Carlsberg ha inventato la
bottiglia di carta, in realtà ne ha inventate addirittura due: entrambi i prototipi sono realizzati in fibre provenienti dal legno quindi totalmente sostenibili. La differenza è che una è cir-
condata da un sottile strato di plastica riciclata che evita la fuoriuscita del liquido dal contenitore, l’altra invece è circondata da un rivestimento di bioplastica. I fan di Greta esulteranno
quando vedranno in commercio queste bottiglie così speciali che riducono drasticamente l’impatto ambientale e abbassano di parecchio i costi di produzione e smaltimento. Per realizzare la Green Fiber Bottle ci son voluti anni, la ricerca è iniziata nel 2015 insieme agli esperti di innovazione EcoXpac, alla società di packaging Billerud Korsnäs e ai ricercatori della Technical University of Denmark, supportati da Innovation Fund Denmark. La nuova bottiglia fa parte dell’iniziativa “Together Towards Zero” di Carlsberg, che impegna l’azienda a raggiungere zero emissioni di carbonio per i suoi birrifici e una riduzione del 30% della sua
impronta di carbonio totale entro il 2030. Inoltre, poiché pizza e birra è un’accoppiata immancabile tra amici, Carlsberg Italia ha creato Betterbox, il primo cartone per la pizza realizzato con gli scarti di produzione della birra, che è interamente compostabile. L’idea viene dagli ultimi dati sul consumo delle pizze d’asporto, che ogni anno raggiungono quota 2 milioni. Ma quanti sanno come realmente si riciclano i cartoni della pizza? Data la loro ingente quantità ogni anno, se venissero impilati uno sull’altro, potrebbero raggiungere l’altezza di due Empire State Building e mezzo, è fondamentale saperli riciclare nel modo corretto. I.B.
Grandi Napoletani, grandi Meridionali
Il cartografo Benedetto Marzolla Gennaro De Crescenzo Salvatore Lanza Benedetto Marzolla nacque a Brindisi 14 marzo del 1801 e morì a Napoli il 10 maggio del 1858. Fu uno dei più grandi cartografi e geografi italiani. Di lui si ricordano in particolare, tra le tante, due opere anche al centro di nuovi studi. Del 1829 la prima carta geografica “georiferita” (attuale “gis”, sistema informativo geografico) in Italia (“Carta Generale del Regno delle due Sicilie”) ed è sorprendente la quantità di dati raccolti e pubblicati senza il supporto informatico che potremmo utilizzare ai nostri tempi. Si tratta, in sintesi, di un primo, pionieristico, rivoluzionario e moderno “censimento” basato sul numero di abitanti e non su fuochi di imposizione tributaria (famiglie), localizzati nei confini degli insediamenti urbani esistenti a quel tempo e divisi in Province, Distretti e Circondari. La Carta presenta, allora, le caratteristiche degli attuali sistemi informativi geografici poiché unisce i dati di un “data base” a informazioni di tipo geografico (mappe e tabelle) ed è inserita in un reticolo geografico con coordinate. Del 1858, sempre di Benedetto Marzollla, la prima originalissima carta geografica alimentare
in Europa: una mappa dei prodotti eccellenti del territorio dell'attuale Mezzogiorno d'Italia. La “Carta dei Prodotti Alimentari delle Provincie Continentali del Regno delle due Sicilie” fu pubblicata dal grande cartografo brindisino nel 1856. Nella carta, realizzata per il Real Ministero dell’Interno, simboli e raffigurazioni delle “produzioni naturali” associate alle singole località: grappoli d’uva, maiali, polli,
pecore, pesci, frutta, formaggi, riso, cereali, legumi, nocelle, olio, vino, mandorle, burro, biscotti, paste lavorate, fichi, salame, confetti, miele… Marzolla era stato educato presso il Collegio degli Scolopi e si trasferì a Napoli nel 1819 per studiare ingegneria. Assunto come tenente ingegnere topografico nell'ufficio della Guerra del Regno delle Due Sicilie, ottenne presto incarichi di prestigio da rappresentanti del Governo, (tra questi i rilievi
del Tavoliere di Puglia e della Carta Catastale del Regno). Fece parte di varie commissioni ministeriali ottenendo diverse onorificenze nazionali da Feddinando II e internazionali, i particolare presso lo zar di Russia. Fondò uno stabilimento cartografico con produzione di carte geografiche apprezzatissime. Fu innovativo il suo modo di utilizzare immagini, dati e litografia. Nel 1840 Marzolla iniziò la realizzazione dell'Atlante Geo-
grafico che, in un continuo lavoro di revisione, lo impegnerà fino al 1852 divenendo il più voluminoso e aggiornato atlante universale italiano ottocentesco. In 41 carte illustrò le Due Sicilie e poi tutti i continenti. Aggiornò e integrò anche l'Atlante del Rizzi Zannoni. Benedetto Marzolla morì l'11 maggio del 1858 per apoplessia e a lui fu dedicato il Liceo Ginnasio della città di Brindisi. segue a pag.15
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Queste le sue opere principali - Descrizione dell'isola Ferdinandea nel mezzogiorno della Sicilia. Napoli: Reale Off. Topogr., 1831 -Atlante corografico storico e statistico del Regno delle Due Sicilie, eseguito litograficamente, compilato e dedicato a s.m. il Re Ferdinando II dal suo umilissimo e fedelissimo suddito B.M.. Napoli: Reale Litografia Militare, 1832; - Difesa della cittĂ e del porto di Brindisi, Napoli: Gabinetto Bibliografico e Tipografico, 1832; - Descrizione del globo in due emisferi nel quale sono indicate tutte le scoperte finora fatte; compilata ed eseguita col pennello su pietra da B.M.. Napoli, 1843; - Grande dizionario geografico storico del Regno delle Due Sicilie: corredato di carte di moderna ed antica geografia, corografia, tipografia; che fa parte ed a maggior chiarimento dell'Atlante geografico statistico universale. Napoli: dalla Reale tip. militare, 1852; - Notizie su Sebastopoli. Napoli: Ministero dell'Interno, 1854; - Sulle carte geometriche dei comuni da servire di base alla statistica generale alla costruzione della carta amministrativa ed al definitivo catasto de' reali dominii continentali del Regno delle Due Sicilie. Napoli: Stab. Tip. del R. Ministero dell'Interno, 1854; -Descrizione del Regno delle Due Sicilie per provincie indicante la rispettiva circoscrizione civile giudiziaria ed ecclesiastica, la popolazione assoluta relativa a tutto il 1851, le strade costrutte ed in costruzione a tutto il 1853, le linee telegrafiche, le dogane, il commercio ... nonchĂŠ un sunto storico di ciascuna provincia; eseguita in litografia per cura e sotto la direzione di B.M. Napoli, 1854; -Atlante geografico, corredato di notizie relative alla geografia fisica e politica ed in generale alla statistica delle varie regioni del globo. Napoli, 1856.
Lotta all’evasione e tutela della privacy La tracciabilità dei pagamenti potrebbe avere controindicazioni in relazione alla tutela della riservatezza dei cittadini Luca Monsurrò È di questi ultimi mesi dell’anno l’approvazione della Legge di Bilancio e con essa le immancabili polemiche sulle misure in essa contenute. Uno degli argomenti trattati è rappresentato dalla annosa lotta alla evasione fiscale che dovrebbe portare più equità tra chi paga, anche con notevoli difficoltà, tutte le tasse e chi invece utilizza le scappatoie più fantasiose per evitare le “odiose gabelle”. La volontà del Governo di incentivare la tracciabilità dei pagamenti in chiave appunto anti evasione potrebbe avere secondo alcuni, delle controindicazioni in relazione alla tutela della riservatezza dei cittadini e dei loro dati. Difatti aumentando le transazioni digitali, si immettono in circolo numerosi dati che fotografano lo stile di vita degli Italiani ed i loro orientamenti in tema di consumi, concedendo informazioni preziose proprio in chiave commerciale. È infatti direttamente proporzionale che, la riduzione del contante in circolazione, consente una più agevole identificazione dei potenziali evasori, proprio perché vi è una molteplicità di dati di cittadini, commercianti, aziende etc. che possono delineare meglio le abitudini di spesa
del popolo Italiano. Ciò premesso, il potenziale problema di gestione del flusso di dati circolante, con il contestuale rischio informatico sui pagamenti elettronici, ha indotto necessariamente il Garante della Privacy alla tutela appunto delle milioni di informazioni sensibili in circolazione, ponendo una serie dei paletti al fine di “… impedire accessi abusivi e ponendo accorgimenti per
assicurare qualità ed esattezza dei dati, rendendo così affidabili i criteri sulla cui base stilare il profilo di rischio di evasione …”. L’intento di tale intervento è teso ad allontanare il rischio di una schedatura a tutto campo dei consumi e dei consumatori, vero patrimonio per le società di marketing, ed evitare nuovi accessi alle banche dati fiscali, come accadde per lo spesometro,
quando milioni di informazioni sensibili furono in balia di tutti. Questa preoccupazione ha creato, di contro, un dibattito che da un lato mette sotto accusa l’operato dell’Autority che così facendo potrebbe ostacolare la lotta alla evasione fiscale e dall’altro, invece considera quella del Garante una attività meritoria tesa, tra l’altro, alla profilazione del rischio fiscale in
modo da selezionare effettivamente i potenziali evasori e non invece i contribuenti onesti. Comunque la si intenda appare assolutamente indispensabile contrastare la lotta alla evasione con tutti gli strumenti a disposizione, assicurando al contempo la qualità e l’esattezza dei dati, garantendo tutte le misure di sicurezza possibili per impedire eccessi abusivi a danno di noi tutti consumatori.
L’accesso agli atti non deve compromettere il buon funzionamento dell’ente Il bilanciamento degli interessi del ricorrente con l’efficienza amministrativa Felicia De Capua La seconda sezione del TAR Toscana con la sentenza n.1295/2019, pubblicata il 25 settembre scorso, delinea il confine tra l’accesso documentale e il cd. accesso civico generalizzato, ponendo l’accento sulle finalità sottostanti. Al contempo la decisione evidenzia che sia in un caso che nell’altro l’accesso non deve mai compromettere il corretto funzionamento dell’ente. La fattispecie in esame riguarda il diniego un’istanza di accesso agli atti formulata ai sensi della L. 241/1990 avente ad oggetto le ordinanze di demolizione e successivi provvedimenti adottati dall’Amministrazione Comunale nei confronti di terzi soggetti. Il tribunale amministrativo riconosce che la richiesta in oggetto è chiaramente volta a controllare l’operato dell’ente, non ravvisandosi l’interesse che legittima il soggetto all’istanza, che deve essere personale e concreto; in aggiunta, la documentazione richiesta
non risulta individuata o ben individuabile. Secondo i giudici toscani il diritto di accesso ai documenti ex art. 22 della citata legge, “non si atteggia dunque come una sorta di azione popolare diretta a consentire una forma di controllo generalizzato sull’Amministrazione, né può essere trasformato in uno strumento di ispezione popolare sull’efficienza di un soggetto pubblico o di un determinato servizio”. Peraltro, aggiungono i giudici, nel caso in esame il carico di lavoro che deriverebbe dalla domanda di accesso del ricorrente paralizzerebbe l’attività dell’ente per diversi giorni, per cui il diniego espresso al riguardo dall’Amministrazione è ritenuto legittimo. L’esigenza del ricorrente di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali potrà trovare soddisfazione attraverso il ricorso ad altri strumenti a tal fine concepiti dall’ordinamento. In primo luogo attraverso la consultazione della sezione “amministrazione trasparente” del sito web istituzionale del Co-
mune; di poi, se del caso, attraverso l’esercizio dell’accesso civico generalizzato, per richiedere documenti ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria ex D.lgs. n. 33/2013 s.m.i. Tuttavia, sottolineano i giudici, riprendendo un orientamento consolidato, anche quest’ultimo strumento di trasparenza non deve essere utilizzato con abuso, ma nell’ambito delle fi-
nalità partecipative perseguite dal legislatore e nel rispetto del rapporto di leale collaborazione tra cittadini e Amministrazione. A tal fine è necessaria la preventiva corretta individuazione dell’oggetto dell’istanza di accesso civico, che, anche se libera da requisiti soggettivi legittimanti, dovrà comunque identificare “i dati, le informazioni o i documenti richiesti” ex art.
5 comma 3, d.lgs. n. 33/2013. Difatti, anche in base a tale disciplina, non possono essere ritenute ammissibili le richieste meramente esplorative, cioè volte semplicemente a scoprire di quali informazioni l’Amministrazione dispone, o manifestamente irragionevoli, tali cioè da dover comportare un carico di lavoro in grado d’interferire con il buon funzionamento dell’Ente. .
Viaggio nelle leggi ambientali RIFIUTI La Corte di Cassazione Penale, sez. 3^, con la Sentenza n.39952 del 30/09/2019, ha stabilito che: in materia di rifiuti, a prescindere dagli accordi relativi agli oneri di smaltimento – che nella prassi spesso trasferiscono all’appaltatore mere attività operative e mantengono sull’appaltante, per ragioni di politica aziendale, gli oneri materiali ed economici dello smaltimento dei rifiuti – la responsabilità in ordine al complessivo iter di smaltimento, secondo quanto previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 183, comma 1, lettera f), e 188, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, rimane congiuntamente in capo al produttore giuridico, al produttore materiale e al detentore dei rifiuti. In sintesi, il mancato trasferimento degli oneri di smaltimento nell’ambito del contratto di appalto non com-
porta il venir meno della responsabilità del produttore materiale dei rifiuti per le attività poste in essere dai soggetti deputati, a qualsiasi titolo, allo smaltimento medesimo. Sicché, la responsabilità non deve ravvisarsi soltanto nell’omissione dei controlli imposti dall’art. 188, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, ma anche dalla integrazione di una condotta specifica, finalizzata ad agevolare, con decisiva rilevanza, i concorrenti nel ri-
sparmio ottenuto dall’illecita gestione dei rifiuti prodotti dall’attività di sabbiatura. In tema di campionamento e analisi, la mancanza dell’avviso dell’esito delle analisi eseguite su campioni non integra gli estremi dell’inutilizzabilità patologica deducibile nel giudizio abbreviato (Cass. Sez. 3, n. 6762/2012). Né possono censurarsi le tempistiche dell’avvenuta iscrizione del ricorrente nel registro degli indagati. Tale attività, infatti, si fonda
sulle autonome valutazioni del pubblico ministero e non può ricondursi a date o momenti asseritamente e genericamente ritenuti della difesa come sintomatici del coinvolgimento dell’imputato nella commissione dei reati contestati. Per “produttore” di rifiuti deve intendersi non soltanto il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione ed a carico del quale sia quindi configurabile, quale titolare di una posizione di garanzia, l’obbligo di provvedere allo smaltimento dei detti rifiuti nei modi prescritti. Nel caso di specie, la società ricorrente era produttore materiale dei rifiuti derivanti dall’attività di sabbiatura svolta nel cantiere navale, pertanto, il legale rappresentante della società, era gravato ex art. 188, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 dell’obbligo di vi-
gilare sul corretto smaltimento del grit esausto risultante dall’attività di sabbiatura. Il termine “ingente” quantitativo di rifiuti, necessario per configurare il reato di cui all’art. 260 del d.lgs. n. 152 del 2006, deve riferirsi al quantitativo complessivo di rifiuti trattati attraverso la pluralità delle azioni svolte, anche quando queste ultime, singolarmente considerate possono essere qualificate come di modesta entità (Cass., Sez. 3, 96450 del 11/10/2016; Sez. 3, n. 12433 del 15/11/2005). Fattispecie: Rifiuti, in parte sotterrati in aree attigue a torrenti – Assenza dei formulari per lo smaltimento del grit esausto e compilazione di formulari che falsificavano la composizione dei materiali – Trasporto e occultamento illecito dei rifiuti ottenuti con la miscelazione – Gestione di rifiuti aventi codici diversi e riferiti ad attività autonome. A.T.
Ecopneus: il consorzio per il riciclo degli pneumatici fuori uso Creatività e passione: in otto anni è diventato un esempio a livello mondiale Cristina Abbrunzo Ogni anno in Italia si producono 380.000 tonnellate di pneumatici da smaltire. Non stiamo parlando di pneumatici ancora in grado di essere utilizzati come tali o destinati ad essere ricostruiti, ma di pneumatici irrecuperabili che devono essere smaltiti come rifiuto. Fino al 2011 lo smaltimento degli pneumatici era a carico dei gommisti che solitamente lo giravano ai clienti includendo nel prezzo di vendita il costo di smaltimento. Da Novembre 2011 lo smaltimento dei pneumatici si paga anticipatamente, contestualmente all’acquisto degli pneumatici. È obbligatorio per legge (come stabilito dal Decreto Ministeriale Nr.82 dell’11 Aprile 2011), ed e’ obbligatorio per chi vende i pneumatici farlo pagare. Copre lo smaltimento futuro degli pneumatici che vengono acquistati oggi. Lo stesso anno le principali case di produzione attive sul mercato nazionale danno vita a Ecopneus, società consortile senza scopo di lucro con l’obiettivo di rintracciare, raccogliere, trattare e recuperare oltre 200.000 tonnellate di PFU. Raccontare Ecopneus oggi, a otto anni dalla sua nascita, significa non solo descrivere un sistema industriale che adempie in maniera efficiente agli obblighi di legge, ma un sistema produttivo articolato, fatto di piccole-medie imprese distribuite sul territorio nazionale che, partendo dalla raccolta e dallo smaltimento dei PFU, ha creato una storia tutta italiana fatta di sviluppo, creatività, sostenibilità e innovazione. A Parma la Filarmonica Arturo Toscanini, una delle più importanti orchestre del mondo, prova i propri concerti in spazi dall’acustica perfetta progettati dall’architetto Renzo Piano e realizzati con pannelli fonoassorbenti in gomma riciclata da PFU. Nello Stadio Antonio Landieri di Scampia, intitolato a una giovane vittima innocente di
camorra, il campo da calcio in erba sintetica è realizzato in gomma riciclata sottratta ai roghi tossici che affliggono le province di Napoli e Caserta. I tanti bimbi che ogni anno si divertono al parco giochi Leo-
landia lo fanno sicuri di non farsi male grazie ai playground in gomma riciclata. A Rimini, in via Marecchiese (e in tutti gli altri oltre 440 km di strade create con asfalti addizionati con gomma riciclata)
il rumore da traffico veicolare è diminuito di 5 decibel da quando è stato realizzato, grazie al recupero di 1200 pneumatici, un tratto di strada di 7.000 mq in asfalto modificato con aggiunta di gomma da PFU (Pneumatici Fuori Uso). A Verona, durante Fiera Cavalli, è stato presentato un nuovo fondo per l’equitazione, anch’esso in gomma riciclata da PFU, nato dalla collaborazione con il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli Studi di Perugia. L’evoluzione dei materiali utilizzati, dove la sabbia viene sostituita con gomma riciclata, permette di contenere patologie come la silicosi e prevenire danni alle articolazioni e ai legamenti dei cavalli. Queste sono solo alcune delle tante storie che raccontano la diffusione e l’ampio spettro di applicazione della gomma riciclata generata dal Sistema Ecopneus. Storie che ci raccontano l’innovazione e la ricerca costante di qualità che stanno alla base dei primati italiani nell’economia circolare. Attualmente, il modello Ecopneus è all’attenzione di molti Paesi: sono in essere contatti
con la Corea, l’Irlanda, l’Albania, la Cina e recentemente, su indicazione dell’E-TRMA – European Tyre and Rubber Manifactured Association, un rappresentante dell’associazione russa delle imprese multinazionali che producono pneumatici e che in Russia ambisce a strutturare un sistema di riciclo, ha effettuato un periodo di formazione in Italia per studiare in maniera approfondita il nostro modello e replicarne gli aspetti migliori e più funzionali. Parallelamente alle attività di gestione delle operazioni di raccolta, trasporto, trattamento e valorizzazione dei PFU di propria responsabilità, forte è anche l’impegno di Ecopneus per la promozione delle applicazioni della gomma riciclata e in iniziative di informazione e sensibilizzazione per la creazione di una “cultura del riciclo”. Una sfida nel campo dell’innovazione e della sostenibilità tutta made in Italy quella di Ecopneus che mette in risalto i nostri punti di forza e che, partendo dalla nostra identità, passando per la valorizzazione del capitale umano e delle relazioni con i territori e grazie alle nuove tecnologie, ci proietta verso un futuro più green.
SOSTENIBILE VOGLIA DI ECOLOGIA DEL DESIDERIO “Noi non dobbiamo considerare che la Natura si accomodi a quello che parrebbe meglio disposto a noi, ma conviene che noi accomodiamo l’interesse nostro a quello che essa ha fatto”. Galileo Galilei Andrea Tafuro Sono stato in piazza e ho rivissuto la commozione di essere parte viva di una manifestazione in favore della vita, del creato e dell’ambiente.“Salvate la nostra straordinaria terra”, urlavano i partecipanti, giovani e diversamente ragazzi, con passione. Usiamo meno l’auto, rispettiamo gli accordi di Parigi, lasciamo carbone, petrolio e metano sottoterra. Bisogna cambiare il modo di vivere, produrre e consumare, perche l’umanità usa la capacità ecologica di un pianeta e mezzo. A furia di sentirle queste affermazione un po’ mi hanno stufato. Gran parte del consumo di risorse naturali avviene nei paesi industriali
Perché sostenibilità non sia ideologia. Perché sostenibilità non sia slogan. Perché sostenibilità eco-compatibilità bio-edilizia green economy non siano la stessa cosa. super sviluppati, che invece dovrebbero orientarsi verso una prosperità sostenibile, intesa non come declino economico, ma come trasformazione del sistema produttivo. Questa deve rientrare nei limiti che il pianeta può sopportare, attraverso consumi sostenibili e
riduzione nell’eccesso dei consumi. Siamo proprio sicuri di avere un modello di sviluppo alternativo? Insomma, non concepiamo gadget, ma produciamo beni e per farlo consumiamo energia, produciamo inquinamento chimico con conseguente effetto serra. Molte cose indispensabili non si potrebbero produrre rinunciando a industrie ed energia. Ad esempio per trattare il diabete di nonno Felice abbiamo bisogno di insulina, perché questa malattia se non tenuta sotto controllo diventa mortale. Per produrre insulina servono industrie ad alta tecnologia e ad alto consumo energetico, che richiedono grande investimento
di capitale e di lavoro. Secondo le ultime stime pubblicate nel World Population Prospects delle Nazioni Unite, la popolazione mondiale raggiungerà nove miliardi nel 2050. Volente o nolente l’ominide dalle dita opponibili è completamente dipendente dal capitale biologico, cioè da tutti gli organismi viventi che popolano il pianeta Terra. Questa meraviglioso e a tratti sconosciuto mondo ci procura cibo, legna, fibre, energia, materie prime, sostanze chimiche industriali, medicine e riversa ogni anno fiumi di denaro nell’economia mondiale. Inoltre, la grande biblioteca terrestre, con le sue forme vitali e i suoi ecosistemi forni-
sce a sbafo e aggratis servizi di riciclaggio, purificazione e controllo naturale E, se fosse questa la materia prima degli adattamenti futuri? Vari studi hanno evidenziato che la Terra abbia una capacità di supportare una popolazione di 13-15 miliardi. Che accadrà dopo? Siamo davvero alla Sesta Estinzione, quella dell’uomo? Forse è giunto il momento di rimboccarsi le maniche e provare a salvare la Terra e noi stessi. Lo sviluppo sostenibile, sempre più lontano dai suoi scopi dichiarati, è diventato mezzo e alibi per reggere una crescita devastatrice per l’ambiente.Il dogma dello sviluppo sostenibile, ha finito per ingannare le nostre menti, poiché, malgrado tutto il gracchiare sulla lotta contro la povertà, il numero di coloro che vivono nell’ indigenza è in forte crescita. Ci vorrebbero cent’anni perchè un povero riesca a guadagnare quello che il cinguettante Alessandro Del Piero può intascare sorseggiando acqua depurativa! L’idea di sviluppo sostenibile e stata vampirizzata dai promotori di un sedicente “uso razionale delle risorse”, che hanno camuffato comportamenti e prassi completamente diversi. Gli adepti dell’utilizzo sostenibile sperano di riuscire a convincere gli africani e gli asiatici poveri a non uccidere animali, quando invece i deprecabili collezionisti
di trofei, li cacciano per mero divertimento. Un’affascinante proposta per assumere un nuovo stile di vita, è stata la lettura di: “Ecovivere. Prosperi, ricchi in tempo e in emozioni.” di Ornella Navello, Ananke editore. L’autrice scrive che tra le diverse popolazioni, in natura, si crea una rete di rapporti di convenienza, adattamento, tolleranza minima, da cui risultano una serie di servizi gratuiti svolti per il mantenimento della biosfera che li accoglie. Tutto ciò al netto dei conflitti continui per la difesa del necessario. Ad esempio, alla grande mensa del compost o del sottobosco banchettano batteri, funghi, coleotteri, ditteri, lombrichi e nello stesso tempo contraccambiano, restituendo all’habitat un substrato fertile e disponibile per l’attecchimento di prossimi vegetali. Distratto com’è l’homo scemens, quali servizi svolge per le altre popolazioni di viventi o per gli elementi alla base della vita di tutti sul pianeta? Così come siete, chiusi in case e uffici con acqua che arriva dal rubinetto e cibi prelavorati nei supermercati, avete perso di vista la vostra profonda parentela con piante, animali, insetti, microbi e elementi vitali. In fin dei conti la caduta dei mercati non ha causato rivoluzioni, ma l’intrecciarsi di meschinità e profezie a basso prezzo. Amen.
Foto di Fabiana Liguori
31 ottobre 2019 - L’Arpac partecipa agli Stati Generali del Mare “Visita guidata sul battello oceanografico Helios dell’Agenzia”