Arpa Campania Ambiente n. 01/2020

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Acque di balneazione la classificazione è stabile Sulla scorta dei dati Arpac approvata la delibera di Giunta regionale che determina la balneabilità nel 2020 EDITORIALE di Luigi Stefano Sorvino La pubblicazione sul Burc n. 2 del 7 gennaio scorso della delibera di Giunta Regionale n. 680 del 30.12.2019, recante l’approvazione della classificazione delle acque di balneazione valevole per il 2020, sulla base del monitoraggio stagionale svolto dall’Arpa Campania, ha richiamato l’attenzione mediatica sempre molto intensa - pur in periodo invernale e a distanza di alcuni mesi dalla chiusura della stagione balneare - sul tema della qualità delle estese acque costiere in Campania. Gli organi d’informazione hanno commentato per alcuni giorni, con vivo interesse, i dati scaturenti dalla rinnovata classificazione delle acque, con specifica attenzione delle cronache provinciali o locali per i risultati disaggregati delle singole aree, in molti casi con legittima esultanza – come per l'intero Cilento – o con preoccupazione per alcune criticità localizzate, croniche oppure occasionali. L’Agenzia per l’ambiente svolge una essenziale e sistematica attività di monitoraggio e controllo su questa, come sulle altre matrici ambientali, con produzione di conoscenza ed informazione oggettiva - e non compiti di amministrazione attiva - ma è tuttavia possibile formulare una sintetica

valutazione dei dati ricavati, anche a supporto degli interventi di competenza degli Enti territoriali. Le regole sul monitoraggio della balneazione sono definite dalla normativa europea, statale e ministeriale – che prevedono l’analisi di due parametri batteriologici individuati dall’Oms. come indicatori di contaminazione fecale - e le acque classificate come “eccellenti”, “buone” e “sufficienti” e quelle definite di “nuova classificazione” sono da considerarsi balneabili ad inizio della prossima stagione - che si aprirà a maggio 2020 - salvo eventuali esiti sfavorevoli di futuri monitoraggi. Invece per quelle acque, delle 328 complessivamente monitorate in Campania, che sono risultate di qualità “scarsa”, i sindaci dei Comuni interessati dovranno emanare un divieto di balneazione all’inizio della stagione, ma anch’esse saranno ulteriormente monitorate e l’interdizione potrà essere revocata al verificarsi dell’avvenuto risanamento. Secondo la normativa nazionale la frequenza dei controlli è di almeno quattro settimane durante la stagione balneare. Il giudizio di qualità è calcolato dall'Agenzia su base statistica e la classificazione annuale avviene in virtù dei risultati delle ultime quattro stagioni balneari. Nel merito emerge, come dato saliente, che in Campania la classificazione per

il 2020 risulta nel suo insieme stabile ed invariata rispetto all’anno precedente, attestandosi su valori complessivi più che soddisfacenti, con il 97% di coste balneabili sul totale del litorale monitorato (a fronte del solo 3% di acque marine non balneabili). Ovviamente risultano escluse dalla classificazione, e quindi dalle predette percentuali, quelle parti di costa che sono automaticamente interdette per le loro caratteristiche strutturali, e cioè circa 60 chilometri che vedono la presenza di porti, strutture militari,

Micromobilità, nelle città italiane via libera ai monopattini elettrici

canali, foci di fiumi non risanabili eccetera. Oltre al dato generale del 97% di acque nel loro insieme balneabili, emerge quello più specifico – altrettanto positivo - secondo cui l’88% della costa monitorata nelle tre province costiere della Campania (con 42 punti di prelievo per Caserta, 146 per Napoli e 139 per Salerno) è risultata di qualità “eccellente” con un dato complessivo anche questo - identico a quello dell’anno precedente. Continua a pag.3

Garante nazionale della privacy Entro marzo la nomina del Collegio

Progetto Monitef, Arpac monitora le aziende zootecniche In questo numero viene presentata una sintesi dei riscontri conseguenti alle “visite di monitoraggio” effettuate presso gli allevamenti zootecnici campani nell’ambito del Piano Regionale di Monitoraggio e Controllo sulla utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici; per gli eventuali approfondimenti si rimanda alla relazione pubblicata sul sito istituzionale Arpac. Martelli a pag.2

Marro-Falco-Lubrano a pag.4

Monsurrò a pag.7


Micromobilità, via libera nelle città italiane ai monopattini elettrici La Legge di Bilancio li ha regolamentati equiparandoli alle biciclette Giulia Martelli Il nuovo anno è iniziato all’insegna della micromobilità, grazie alla Legge di Bilancio, infatti, i monopattini elettrici sono usciti fuori dalla sperimentazione e possono dunque circolare liberamente anche nelle città italiane così come fanno le biciclette. Il Codice della Strada presentava lacune in materia e di fatto finiva per penalizzarne o proibire l’uso dei veicoli della micromobilità, da qui l’esigenza di nuove regole. Come spesso succede nel mondo dell’innovazione, la necessità di stabilire una normativa ad hoc è arrivata a posteriori, dopo l’emersione del fenomeno e dopo che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha redatto una bozza di decreto attuativo che ha condiviso con varie istitu-

zioni al fine di ricevere osservazioni utili prima della pubblicazione definitiva in Gazzetta Ufficiale. Per guidare i monopattini elettrici non serve patente né assicurazione, basta essere maggiorenni o possedere una patente AM. Non serve il casco anche se ne è suggerito l’utilizzo. Di notte è obbligatorio indossare giubbotto o bretelle riflettenti. Non si può circolare su vie pavimentate in pietra di fiume, corsie preferenziali vicine ai binari del tram, parcheggi a fondo cieco e gallerie pedonali. Sono vietati i marciapiedi (pratica purtroppo molto diffusa) e le strade dove il limite si alza a 50. Si possono percorrere le piste ciclabili e le zone 30. Il monopattino elettrico non può superare i 500 watt di potenza, deve avere un limitatore di velocità e non può superare i 20 Km/h.

Dalla formulazione del comma 75 non è chiarissimo se nelle aree pedonali la velocità vada regolata sui 6 km/h come prevede il Dm 229/2019. Il monopattino elettrico deve inoltre essere dotato di un segnalatore acustico e di luci, mentre per quanto riguarda il parcheggio, si possono utilizzare gli spazi adibiti a biciclette e motorini. L’equiparazione alle bici vale solo per i monopattini mentre per gli altri micromezzi citati dal decreto ministeriale 229/2019 (segway, hoverboard e monowheel) continua la sperimentazione nelle aree individuate dai comuni. Ciro Esposito – Comandante della Polizia municipale di Napoli –

in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno ha dichiarato: «Al di là della segnaletica stradale apposita, la difficoltà maggiore - proprio come per le bici elettriche sarà quella di accertare se i nuovi mezzi rispettano i limiti di potenza del motore che sono previsti». Sempre sul Corriere, Raffaele Del Giudice assessore del Comune di Napoli con delega all’Ambiente, ha affermato: «Il monopattino elettrico non è ancora un mezzo molto diffuso in città, ma la tendenza potrebbe essere in crescita dopo la pubblicazione di questa legge, è positivo che per ora sia stata fatta chiarezza dal punto di vista normativo, per quanto

riguarda le infrastrutture stiamo ampliando le ztl e le piste ciclabili quindi questo nuovo tipo di mobilità ne trarrà certamente giovamento». Certo, allo stato attuale, l’idea di raggiungere in sicurezza il mio posto di lavoro con un monopattino è pura chimera, data la mancanza di piste ciclabili e lo stato a dir poco compromesso in cui versa il fondo stradale ma la speranza è l’ultima a morire quindi che si attuino quanto prima tutte le misure idonee affinché questi nuovi “veicoli” possano essere utilizzati, così da decongestionare le nostre città oppresse dal traffico ed avvelenate dallo smog.

Buone nuove dal Ministero. Una Direzione generale ad hoc anche per le bonifiche

Ambiente: stanziati i fondi per le nuove aree marine protette di Fabiana Liguori L’arrivo del nuovo anno porta con sé sempre un bagaglio di buoni propositi e tanti obiettivi nelle teste e nei cuori di tutti. Lo scorso primo gennaio 2020 il Ministro Sergio Costa ha annunciato l’avvio di una Direzione generale al Ministero che si occuperà esclusivamente della tutela del mare. Tale iniziativa rappresenta per il dicastero un importante tassello a favore della salvaguardia e valorizzazione della risorsa blu. “L’ultimo provvedimento in Consiglio dello scorso anno – ha dichiarato Costa – ha decretato lo stanziamento di due milioni di euro per le neo aree marine protette in territorio italiano”. Capri (Campania), Capo Spartivento (Sardegna), Isola San Pietro (San Pietro) e Costa di Maratea (Basilicata)” sono le quattro bellezze riconosciute ed “elette” dal dicastero. Ai due milioni di euro si aggiungono

700 mila euro (sempre per l’anno in corso) e 600 mila euro (dal 2021) per le spese di gestione e funzionamento delle AMP. "Si tratta di un passaggio importante - ha sottolineato Costa - perché vogliamo far crescere queste aree protette in tutta Italia e ciò costituirà un'eccezionale occasione di sviluppo ecosostenibile. In questo si inserisce la legge Salvamare, che deve essere al più presto approvata al Senato dopo il primo sì alla Camera. Il Paese non può più aspettare. Quello che vogliamo costruire, per il futuro del ministero dell'Ambiente e del Paese, è una visione che superi le logiche di partito ed elettorali e che guardi al futuro. Quello dei nostri figli e dei nostri nipoti". Altra buona nuova arrivata con il 2020 riguarda il settore delle bonifiche. Il Ministro, infatti, ha annunciato anche l’avvio di una Direzione generale che si occuperà esclusivamente di questo settore: “Abbiamo creato una Dire-

zione sulle bonifiche e questo ci consentirà di dare una svolta decisiva e superare la lentezza burocratica che per troppo tempo ha tenuto in ostaggio territori che necessitano di interventi urgenti. Se fino allo scorso anno chi si occupava di bonifiche aveva anche la responsabilità del dissesto idrogeologico e della tutela delle acque e depurazione, da oggi in avanti non sarà più così”. Il Ministro ha ricordato le bonifiche partite nell’ultimo anno, da quella nella Valle del Sacco, attesa dai cittadini da oltre 15 anni, a quella del sin Caffaro a Brescia. Passi in avanti sono stati fatti a Gela, Milazzo, Porto Torres, Augusta e per la Stoppani di Genova: “Lo scorso anno abbiamo sbloccato molte situazioni critiche, ma questo sarà un anno ancora più importante – ha affermato – tanto resta da fare per i siti nazionali, su cui ha competenza il ministero dell’Ambiente che deve interfacciarsi con gli attori locali.

Poi ci sono i Sir, i siti da bonificare di competenza delle regioni, che affiancheremo affinché riescano finalmente a procedere”.


Pubblicata la delibera di Giunta regionale che classifica i tratti di costa in vista della stagione balneare 2020

La qualità delle acque balneari è stabile continua dalla prima pagina

Può così affermarsi, pur con le necessarie riserve, che i dati relativi alla qualità della balneazione in regione sono complessivamente buoni e consolidano nell’ultimo periodo una tendenza al miglioramento già da tempo manifestatasi – pur con criticità locali, strutturali e contingenti, ancora da superare – rappresentando un quadro d’insieme piuttosto confortante, nella complessiva valutazione delle matrici ambientali di una regione per altri versi abbastanza stressata (soprattutto in alcune aree). La depurazione. Lo stabilizzato miglioramento qualitativo delle acque di mare è probabilmente determinato anche dal miglioramento gestionale ed impiantistico dei sistemi depurativi, che ha avuto forte impulso negli ultimi anni (si pensi alla messa in esercizio del depuratore comprensoriale di Punta Gradelle, che nell'ultimo biennio ha determinato sicuri benefici sulla qualità delle acque della Penisola Sorrentina). Tuttavia i risultati largamente positivi e consolidati non devono allentare lo sforzo complessivo degli Enti istituzionali volto al superamento delle perduranti problematiche che determinano fenomeni limitati (talvolta occasionali e in altri casi persistenti) d’inquinamento costiero. L’influenza del meteo. L’analisi può arricchirsi di alcune sintetiche considerazioni, come quella sull’incidenza negativa dei fenomeni piovosi violenti, anche se di breve durata, dell’estate 2019, che hanno messo in crisi la rete delle acque pluviali in cui tipicamente, nei sistemi misti, sono anche convogliate le acque fognarie. Ciò determina, ovviamente con effetti deleteri, l’attivazione dei

“tubi di troppo pieno”, ovvero degli sfoghi che scaricano direttamente in mare le acque in eccesso presenti nelle tubature e nei collettori dove normalmente scorrono le acque di fogna e che vengono inondati dalle acque di pioggia quando si verificano forti temporali. In definitiva le criticità del mare campano sono soprattutto determinate dagli scarichi presenti lungo la costa, laddove lo scarico diretto, senza condotta sottomarina e non depurato, costituisce la categoria più problematica, che se fino ad alcuni decenni risultava diffusa, oggi rappresenta fortunatamente una eccezione, anche se non del tutto scomparsa. I depuratori sono quasi sempre presenti ma risultano frequenti le situazioni di mancata separazione delle acque fognarie da quelle piovane e le conseguenti attivazioni - in caso di piogge abbondanti – dei tubi che bypassano i depuratori, facendo finire in mare scarichi non trattati, che determinano divieti temporanei di balneazione (anche solo di pochi giorni), in tratti di costa le cui acque sono normalmente di buona qualità. In sintesi la contaminazione microbiologica delle acque marine è determinata dallo sversamento di reflui urbani (o simili) non depurati, principalmente a causa di impianti di depurazione e sistemi di collettamento non adeguati, di reti fognarie assenti, carenti ed obsolescenti, di black-out elettrici ed altre situazioni accidentali, scarichi abusivi e condotte illegali. La delibera di Giunta Regionale, replicando la normativa di cui all'art. 10 del decreto legislativo 116/08, fornisce indirizzi ai comuni per la gestione delle conseguenze negative determinate dalle forti precipitazioni meteoriche, stabilendo che “durante la stagione balneare, indi-

pendentemente dai controlli … , in caso di pioggia persistente e/o di notevole intensità che comporti l'entrata in funzione degli scaricatori di piena nelle fognature a sistema misto, devono essere adottate da parte del soggetto gestore competente misure di gestione preventive che includano l'informazione del pubblico e, se necessario, un divieto temporaneo di balneazione, o comunque una misura di limitazione della balneazione ...”. Le criticità. Si possono svolgere alcune sommarie valutazioni a partire dal litorale della provincia di Caserta laddove permangono alcune storiche criticità in acque comunque non adibite all'uso balneare, tra cui la principale è costituita dalla foce dei Regi Lagni. In provincia di Napoli, per l'isola di Ischia e la Penisola Sorrentina, nonostante la buona performance riscontrata, si conferma l'influenza negativa costituita dagli eventi piovosi nei giorni precedenti i controlli, che richiederebbero l’adozione di appropriate misure di gestione da parte degli Enti locali, mentre le acque di Torre del Greco risultano penalizzate dalla presenza di numerosi alvei che sfociano a mare. Un problema delicato e persistente è costituito, nell'ambito del litorale flegreo, dall'acqua di balneazione denominata “Lido di Licola”, che risulta di qualità scarsa sino alla foce nord del lago Fusaro, per un tratto di costa di circa quattro chilometri su cui insistono vari elementi che potrebbero concorrere a causare i fenomeni di inquinamento marino rilevati. Rispetto a tale criticità, in un primo momento, si era ipotizzata la sua riferibilità allo scarico del depuratore comprensoriale di Cuma che invece, ad inizio settembre, è risultato conforme ai parametri microbiologici di legge e, soprattutto, si registra un apprezzabile avanzamento dei lavori di rifunzionalizzazione – promossi e gestiti dalla Regione – che dovrebbero consentire il miglioramento del dato. E' inoltre da considerare lo scarico presente nell'acqua di qualità scarsa denominata “Lido di Licola”, in cui confluiscono in sovraccarico il canale di Quarto, il problematico alveo dei Camaldoli ed il canale abruzzese, responsabili dell'insoddisfacente stato di qualità di questo tratto di litorale.

I controlli. L'impegno diuturno dell’Arpac non si limita all'essenziale campagna di monitoraggio della balneabilità, con la tempestiva messa a disposizione dei dati per le autorità ed i cittadini, ma si articola in costanti attività di controllo ordinarie e straordinarie a monte sull'efficienza gestionale e sulla conformità degli scarichi dei depuratori, spesso a supporto delle Autorità giudiziarie (come, ad esempio, è documentato per la provincia di Salerno da due interessanti Quaderni che riportano tali attività svolte in collaborazione con la Procura della Repubblica). I controlli sugli impianti di depurazione a servizio degli agglomerati urbani, ai sensi del D. Lgs. n. 152/06, sono finalizzati a valutare la loro adeguatezza al trattamento del carico inquinante in ingresso, la loro conformità rispetto ai limiti imposti nell'autorizzazione allo scarico, il carico inquinante delle acque trattate negli stessi depuratori e a definire l'eventuale impatto sui corpi idrici, inviando proposte di sanzioni alla Regione in caso di non conformità o di conduzione carente. La delibera regionale di fine dicembre sulla classificazione delle acque balneari costituisce,

in definitiva, l'esito provvedimentale di un'articolata, impegnativa e sistematica attività di monitoraggio svolta a mare dall'Arpac ogni anno, dal primo aprile al trenta settembre, ad opera della efficiente UO Mare (egregiamente diretta dal dott. Lucio De Maio e inquadrata nella UOC. Monitoraggio e controllo della Direzione tecnica) con il supporto dei dipartimenti delle tre province costiere. Accanto al continuo impegno di monitoraggio marino, vi è una costante attività finalizzata alla rapida validazione e pubblicazione dei dati in tempo reale sul sito web dell’Agenzia e attraverso un’apposita applicazione per dispositivi mobili, attivata dallo scorso aprile. Probabilmente l’Arpa Campania, pur con strutturali problematiche organizzative e soprattutto croniche sottodotazioni di risorse finanziarie e personale tecnico, offre un servizio di monitoraggio a mare tra i più efficienti ed avanzati in Italia, anche per l’abnegazione e la professionalità del proprio personale, al quale rivolgo un sentito apprezzamento per la qualità del servizio reso. Luigi Stefano Sorvino (commissario straordinario Arpac)


Progetto Monitef: esiti del monitoraggio presso le aziende zootecniche Claudio Marro Pasquale Falco Danilo Lubrano

Così come anticipato nel primo articolo pubblicato nel numero di Arpacampania Ambiente del 15 ottobre scorso, di seguito viene presentata una sintesi dei riscontri conseguenti alle “visite di monitoraggio” effettuate presso gli allevamenti zootecnici campani nell’ambito del Piano Regionale di Monitoraggio e Controllo sulla utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici; per gli eventuali approfondimenti si rimanda alla relazione conclusiva pubblicata sul sito istituzionale ARPAC (http://www.arpacampania.it/documents/30626/11 07570/MONITEF_RELAZIONE_FINALE_ANNO_2 018_REV_04_11_19.pdf). In Campania su un totale di circa 24.000 allevamenti, la maggiore produzione di effluenti zootecnici, e quindi di azoto (N), è ascrivibile agli allevamenti bovini, bufalini e suinicoli; il numero stimato (dati estratti dalla Banca Nazionale di Teramo) di tali tipologie di aziende, che, in base ai quantitativi di azoto prodotto ed ubicazione, hanno obbligo normativo di comunicare l’utilizzazione agronomica degli effluenti zootecnici e che insieme producono circa l’80% dell’intera quota di N del comparto, risulta complessivamente pari a 2.071 aziende. Nelle due tabelle seguenti si riportano le aziende distinte per specie allevata, per classe di produzione di N e per ubicazione delle aziende (Zona Vulnerabile ai Nitrati, ZN, e Zona Non Vulnerabile ai nitrati di origine agricola, ZNV); su questa popolazione di aziende sono state effettuate 290 visite di monitoraggio. Durante le verifiche di campo eseguite dai tecnici ARPAC sono stati analizzati gli aspetti e i dati comunicati all’Autorità Competente dal singolo allevamento e sono state effettuate verifiche di atti documentali, concernenti i Documenti di trasporto (DdT) e il Registro di utiliz-

zazione (R.U.); infine, sono state eseguite verifiche sulla destinazione d’uso dei terreni utilizzati per gli spandimenti e sulla corretta esecuzione di eventuali operazioni di spandimento, concomitanti con la visita di monitoraggio. Per ogni aspetto analizzato è stata segnalata la congruenza, o meno, rispetto a quanto dichiarato nella comunicazione. Nella relazione conclusiva pubblicata sul sito istitu-

zionale ARPAC, a cui si rimanda per un ulteriore approfondimento circa i risultati, si è proceduto ad una elaborazione statistica delle conformità/non conformità raggruppate in tabelle contenenti gli aspetti relativi a: 1) Caratteristiche generali delle aziende monitorate; 2) Consistenza aziendale e capacità di carico dei terreni utilizzati per gli spandimenti; 3) Trattamenti, mate-

riali assimilati agli effluenti e fabbisogni stoccaggio; 4) Tenuta, presenza in azienda e corretta compilazione del Documento di trasporto, Ddt; 5) Tenuta, presenza in azienda e corretta compilazione del Registro di Utilizzazione agronomica; 6) Destinazione d’uso dei terreni utilizzati per lo spandimento e correttezza delle operazioni di spandimento. Ogni aspetto considerato è

stato graficato in diagrammi a torta, riproposti al termine di ciascuna tabella, differenziando sia la situazione complessiva regionale che le singole situazioni provinciali. Tra le maggiori criticità riscontrate durante le verifiche di campo, si evidenziano le seguenti: • Aziende con terreni insufficienti a soddisfare il carico di azoto. Tale situazione, vale a dire la non disponibilità di superfici di terreni sufficienti a sostenere il carico di azoto degli effluenti prodotti, è un aspetto che incide in maniera fondamentale nella corretta gestione di una azienda di allevamento; le risultanze indicano che più di un quinto (esattamente il 22,76%) del campione monitorato non ha a disposizione terreni sufficienti per la distribuzione degli effluenti prodotti, aprendo scenari preoccupanti sull’effettivo carico di azoto, cui sono sottoposti questi terreni, o quanto meno sulla effettiva destinazione del surplus di azoto.


(Segue da pagina 3) • Aziende con fabbisogni di stoccaggi insufficienti. Le volumetrie di stoccaggio devono soddisfare il fabbisogno richiesto per gli effluenti, durante il periodo di divieto di spandimento e per il periodo necessario alla loro maturazione. Anche in questo caso è stato verificato che più di un quinto (il 21,88%) delle aziende non dispone di volumetrie sufficienti a soddisfare il fabbisogno di stoccaggio per i materiali non palabili, mentre per il 23,53% del campione non risulta soddisfatto il fabbisogno di stoccaggio per materiali palabili. Per le verifiche documentali, invece, sono state evidenziate le seguenti criticità: • Aziende che non hanno esibito i documenti di trasporto, Ddt. Tali Ddt costituiscono un aspetto documentale fondamentale per garantire la tracciabilità degli effluenti e che vanno compilati secondo un determinato format, vanno utilizzati anche per la compilazione del Registro di utilizzazione e vanno conservati in azienda per almeno 5 anni.

Se compilati correttamente, rappresentano per il titolare dell’allevamento una prova evidente del corretto utilizzo dei reflui a beneficio dell’agricoltura. E’ stato verificato che non ha esibito i Ddt il 40% circa delle aziende monitorate, evidenziandosi una scarsa attenzione nell’assolvimento di questo adempimento, cui potrebbe corrispondere una gestione dei reflui poco attenta alle matrici ambientali interessate, terreni ed acque. • Aziende che non hanno esibito il Registro delle Utilizzazioni, RU. Il RU costituisce un documento fondamentale per dimostrare il corretto utilizzo degli effluenti zootecnici sui terreni a disposizione; il 23,51% sul totale delle aziende visitate non lo ha esibito, cosicchè è lecito concludere che circa un quarto di tutte le aziende monitorate potrebbe non effettuare una corretta gestione degli spandimenti, con probabili conseguenze negative sull’inquinamento da nitrati di origine agricola, tralasciando quelle che, pur avendo esibito il RU, lo hanno compilato lo stesso in modo irregolare (assenza degli estremi della

comunicazione, mancata vidimazione, numero di pagine diverse dal numero dchiarato,registro addirittura non compilato). Valutando, quindi, complessivamente quanto detto, si può affermare che il rispetto dei dettami normativi con riferimento agli aspetti documentali potrebbe considerarsi molto limitato, con consequenziali probabili ripercussioni negative sulle matrici ambientali. Tali inosservanze documentali non consentono agli Organi di controllo di riscontrare il rispetto degli adempimenti autodichiarati in sede di comunica-

zione di spandimento dagli allevatori e di conseguenza di determinare e valutare compiutamente se sono stati osservati i carichi di azoto per ettaro. In questo modo viene vanificato l’obiettivo essenziale della normativa in questione, che mira a proteggere i corpi idrici da un eccessivo carico di nitrati dettando norme tecniche agronomiche adeguate e prescrizioni ambientali preventive. Tale aspetto assume maggiore rilevanza se si considera che la normativa relativa allo spandimento degli effluenti zootecnici va rispettata da tutti coloro che

ricorrono alla fertirrigazione e che quindi intendono “sfruttare” le relative proprietà fertilizzanti, anche se poi gli adempimenti amministrativi (comunicazione, registro di utilizzazione, etc.) ricadono solo sugli allevamenti di maggiori dimensioni, essendo esonerati tutti gli altri allevamenti. Alla sopra riportata carellata sulle principali criticità, occorre aggiungere anche ulteriori aspetti critici, che concorrono anch’essi a definire il livello complessivo della gestione del comparto e che vengono anticipati nel seguito: • Effettuazione di trattamenti sugli effluenti zootecnici per la riduzione di N • Incremento di impianti di biodigestione degli effluenti zootecnici • Stoccaggi di “Altri effluenti non palabili” ed “Acque meteoriche” • Formazione ed aggiornamento degli operatori del settore • Comunicazioni compilate a mano. Questi aspetti congiuntamente ad altri, che si sono concretizzati anche a seguito della recentissima L.R. n. 20/2019, saranno oggetto di ulteriori approfondimenti nei prossimi numeri di Arpa campania Ambiente.


L’Agenzia seleziona un consigliere di fiducia L’esperto fornisce supporto al personale per i casi di discriminazione, molestie, mobbing Luigi Stefano Sorvino* Claudia Cesaro** Nella sezione "Amministrazione trasparente" del sito web dell'Agenzia è disponibile l'avviso pubblico per l'affidamento dell'incarico di Consigliere/a di Fiducia presso l'Arpac. La scadenza per la presentazione delle domande è fissata al 20 gennaio 2020. Con l’affidamento di questo incarico, l’Agenzia prosegue nella promozione di strumenti per le pari opportunità, la prevenzione e il contrasto alle discriminazioni. L’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania, richiamandosi alla Raccomandazione della Commissione europea 92/131/CEE e alla Risoluzione del Parlamento europeo A30043/94, che invita gli Stati membri dell'Unione europea ad adottare una adeguata legislazione che obblighi i datori di lavoro ad adottare misure di prevenzione e sanzionatorie, nei casi di molestie sessuali, e a designare un Consigliere che agisca sul piano materiale e psicologico, e, al fine di dare pienezza e concretezza alle disposizioni di cui all’articolo 7 del d.lgs.165/2001, secondo cui le amministrazioni garantiscono un ambiente di lavoro improntato al benessere organizzativo e si impegnano a rilevare,

contrastare ed eliminare ogni forma di violenza morale o psichica al proprio interno, con deliberazione n.805 dello scorso 27 dicembre, ha approvato l’avviso di selezione per l’affidamento dell’incarico di Consigliere di Fiducia. La nomina del Consigliere di Fiducia è un obiettivo

(“Attuare l’art.12, comma 3, del Codice di Condotta”) previsto nel Piano della Performance 2019-2021 dell’Agenzia nell’ambito della strategia: “Promuovere il benessere organizzativo mediante il miglioramento delle politiche di gestione del personale”.

Il Consigliere di Fiducia svolge, principalmente, compiti di supporto, consulenza ed assistenza nei confronti del personale che ne richieda l’intervento perché destinatario di comportamenti o atti di discriminazione, molestie, mobbing, straining o costrittività organizzativa, e partecipa at-

tivamente alle iniziative di informazione e formazione promosse nelle tematiche di riferimento. È una figura istituzionale che esercita la sua funzione, in conformità al Codice di Condotta, nella più ampia autonomia e nell’assoluto rispetto della dignità di tutti i soggetti coinvolti, garantendo la neutralità e l’imparzialità rispetto ai casi trattati nonché la totale riservatezza delle notizie e dei fatti di cui viene a conoscenza. Sul piano organizzativo interno il Consigliere/a di fiducia riempie “un vuoto di tutela” determinato da una sorta di inidoneità da parte del Comitato unico di Garanzia - CUG di occuparsi di casi singoli e specifici, in ragione della sua funzione politico-programmatica negli ambiti di sua competenza. Dopo l’approvazione del Codice di Condotta, la nomina del Consigliere di Fiducia, sarà un altro fondamentale tassello di “completamento funzionale degli assetti interni di tutela”, strumentale a garantire nell’Agenzia un ambiente di lavoro sicuro, sereno, favorevole alle relazioni interpersonali e fondato sui principi di solidarietà, cooperazione e rispetto. * commissario straordinario Arpac ** presidente Comitato unico di garanzia Arpac

Air-Heritage, in funzione laboratorio Arpac Nell’ambito del progetto Air-Heritage che vede come capofila il Comune di Portici, a fine anno è entrato in funzione un laboratorio mobile Arpac per il monitoraggio della qualità dell’aria. Resterà fino a fine gennaio all'incrocio tra corso Garibaldi e via Martiri di via Fani, nella cittadina vesuviana, dopodiché sarà spostato in altri punti della città. Sul laboratorio sono stati posti quattro nodi portatili MONICA (Enea). Lo scopo è calibrarli, in modo che possano poi essere utilizzati direttamente dai cit-

tadini per valutare la qualità dell’aria in città. AirHeritage è infatti un progetto di monitoraggio cooperativo, l’unico progetto italiano ad aggiudicarsi il terzo bando europeo UIA (Urban Innovative Actions). Il progetto, che vede la partecipazione, tra gli altri, di Legambiente Campania, dipartimento di Agraria della Federico II ed Enea, vede come protagonisti i cittadini, chiamati a collaborare con le istituzioni nell’elaborazione dei dati sullo stato dell’ambiente, attraverso partico-

lari sensori sviluppati da Enea che le famiglie possono portare con sé negli spostamenti quotidiani. In questo modo i cittadini collaborano a definire la conoscenza dell’ambiente in cui vivono e dell’aria che respirano, contribuendo a raccogliere dati che verranno confrontati con quelli forniti dalla rete di monitoraggio istituzionale gestita da Arpac. I cittadini del comune vesuviano hanno anche a disposizione un questionario il cui scopo è rilevare la percezione che i residenti

hanno delle problematiche ambientali sul territorio. Il questionario, a cui si può accedere anche attraverso il sito istituzionale Arpac, può essere compilato online. Il patrimonio di conoscenza elaborato attraverso questo progetto potrà essere utilizzato dal Comune di Portici per definire misure di contrasto all’inquinamento atmosferico in ambito locale, ma soprattutto servirà a sensibilizzare i citta-

dini sull’esigenza di adottare comportamenti ecosostenibili.


LA NOMINA DEL COLLEGIO GARANTE NAZIONALE DELLA PRIVACY Entro il mese di marzo del 2020 dovrebbe essere eletta la nuova compagine di Luca Monsurrò Il Presidente ed i tre Componenti del Collegio del Garante Nazionale della Privacy hanno concluso il loro mandato, durato 7 anni, il 19 giugno 2019 restando in carica però fino al 31 dicembre scorso solo grazie al decreto di proroga (del 7 agosto scorso) che inoltre ne ha ridotto il campo di azione potendo infatti gestire la ordinaria amministrazione e prendere solo decisioni “urgenti ed indefettibili”. Si è quindi in attesa della nomina di una nuova Governance entro il mese di marzo del 2020, perchè la proroga assegnata è senza reali poteri, così come indicato dall’art.1 del Decreto Legge n.75/2019 che testualmente prescrive: “Il Presidente e i componenti del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali, di cui all'articolo 153 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, eletti dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei Deputati nelle rispettive sedute del 6 giugno 2012, continuano ad esercitare le proprie funzioni, limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, fino all'insediamento del nuovo Collegio e, comunque, entro il 31dicembre 2019. Il Governo ha utilizzato il Decreto milleproroghe, approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 dicembre 2019, per tenere in carica i vertici oramai scaduti, in attesa di un accordo politico sui nomi dei successori.

Il Garante Privacy è un organo collegiale composto da quattro membri eletti dal Parlamento, i quali rimangono in carica per un mandato di sette anni non rinnovabili. L’attuale Collegio è stato eletto dal Parlamento Italiano con funzioni specifiche e delicate rispetto alla materia trattata, così come indicato al comma 4 dell’art. 153 del D.Lgs 196/2003: “I membri del Collegio devono mantenere il segreto, sia durante sia successivamente alla cessazione dell'incarico, in merito alle informazioni riservate cui hanno avuto

accesso nell'esecuzione dei propri compiti o nell'esercizio dei propri poteri.” L'Ufficio del Garante, al quale sovrintende il Segretario Generale, che ha tra i suoi compiti la cura e l'esecuzione delle Deliberazioni, l'attuazione dei programmi, degli obiettivi e delle direttive generali di cui all'art. 2 del Regolamento 1/2000 del Garante, coordina l'attività dei dirigenti, dei dipartimenti e degli altri titolari di incarichi di responsabilità, indirizzandone l'attività anche attraverso riunioni periodiche e specifici progetti, è attualmente coadiuvato da

due Vice-Segretari Generali, nonché articolato in Dipartimenti e Servizi. Tra i Dipartimenti vi è da ricordare quello delle realtà Pubbliche, della Sanità e Ricerca, delle Realtà Economiche e Produttive e quello degli affari Legali e Giustizia, mentre tra i Servizi vi sono gli Affari Legislativi e Istituzionali, quello alle Relazioni Internazionali e quello con L’Unione Europea. I diversi “Regolamenti Interni” ed il “Codice Etico” che reca i principi guida circa il comportamento dei soggetti che operano presso il Garante e specifica i doveri di lealtà, imparzia-

lità, diligenza ed operosità previsti per i dipendenti pubblici, che deve essere conforme alla posizione, alla indipendenza, ai compiti di garanzia, imparzialità e trasparenza dell’attività amministrativa, nonché agli obblighi di riservatezza, completano le funzioni della nostra Autorità Nazionale. Visto il ruolo delicato a tutela di diritti fondamentali, si auspica una nomina del vertice che possa garantire quella indipendenza ed imparzialità quali condizioni essenziali ed indispensabili per un corretto operato nel prossimo settennato.


Foto di Fabiana Liguori

15 gennaio 2020 - Napoli, Rione Sanità “Il vicolo della Cultura”


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