Arpa Campania Ambiente n.17/2020

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PRIMO PIANO

Le risorse idriche nel contesto geologico

La risorsa blu dei Monti Picentini La riserva d'acqua più grande del Mezzogiorno d’Italia

L’autore della pubblicazione è il dott. Raimondo Policicchio - ISPRA - Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia, esperto idrogeologo. Morlando a pag.4 NEWS

La meraviglia dei “Sentieri nel Blu” Già da qualche anno ci sono iniziative di percorsi natatori in mare sia a livello competitivo che non; nella nostra Regione è ormai alla 55ma edizione la famosissima Capri Napoli vera maratona a nuoto nel Golfo vinta, una settimana fa, da Arianna Bridi... Iannibelli a pag.5

Tra i 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU vi è la disponibilità dell’acqua idropotabile per la popolazione mondiale; oggi oltre due miliardi di persone su sette non hanno ancora accesso all’acqua potabile e soprattutto sul nostro pianeta essa rappresenta ancora una aliquota molto esigua (meno dell'1%). I rapidi cambiamenti climatici su scala globale del XXI secolo, inoltre, stanno modificando l’equilibrio delle risorse idriche determinando frequenti dissesti idrogeologici (frane ed alluvioni) ed estese aree desertiche. In particolare, lo sviluppo industriale del dopoguerra in Italia ha innescato l’immissione di enormi quantitativi di inquinanti che hanno prodotto effetti tra loro correlabili. Trocciola pagg.2-3

L’INTERVISTA

Ad Agropoli, il set di “Lui è mio padre”

Il Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano

Autunno 2020: rischio burrasche e caldo tropicale

AMBIENTE & TENDENZE

L’intelligenza artificiale al servizio dell’ambiente

Il Rapporto SNPA “Qualità dell’ambiente urbano” si è consolidato negli anni come riferimento nazionale per cittadini e amministratori grazie ai numerosi dati presentati e valutazioni relative ai più importanti temi ambientali delle città contemporanee. a pag.6

Un viaggio nel rapporto affettivo genitoriale, attraverso i propri luoghi del cuore e incentrato sulla relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura: questo e tanto altro è “Lui è mio padre”, ultimo film di Roberto Gasparro...

Dopo una primavera ed una estate trascorse tra lockdown e allentamento o inasprimenti delle restrizioni, gli italiani sperano che l’autunno possa portare con sé un po’ di normalità. Settembre rappresenta, per convenzione, il primo mese dell’autunno meteorologico...

Martelli a pag.8

Loffredo a pag.9

STUDI & RICERCHE

Allevamenti suini: le strutture di contenimento

Falco pagg.10-11

AMBIENTE & TRADIZIONE

AMBIENTE & RICICLO

Le scuole a Napoli prima dell'unità d’Italia

UpCycling, la svolta del riciclo tessile che fa bene al Pianeta

De Crescenzo-Lanza pag.14

L’upcycling è un processo di riuso e conversione migliorativo applicato a prodotti dismessi o materie prime di scarto. La parola upcycling si traduce come “recupero migliorativo” a differenza del recycling o riciclo....

Cammarota a pag.15

La natura ci offre una serie di servizi ecosistemici vitali per la sopravvivenza della nostra specie: ci fornisce acqua, cibo, aria pulita, medicine, energia. Ciononostante la distruzione degli ecosistemi procede senza sosta e, a causa del nostro impatto, stiamo assistendo alla sesta estinzione di massa della storia del pianeta e siamo sull’orlo di un collasso ecologico. Microsoft, colosso informatico statunitense, sta intraprendendo una nuova iniziativa a supporto delle misure di protezione ambientale, con un progetto chiamato “Planetary Computer”. Abbrunzo a pag.18


LA RISORSA BLU DEI MONTI PICENTINI La riserva d'acqua più grande del Mezzogiorno d’Italia Alfredo Trocciola (Prima parte) Tra i 17 obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU vi è la disponibilità dell’acqua idropotabile per la popolazione mondiale; oggi oltre due miliardi di persone su sette non hanno ancora accesso all’acqua potabile e soprattutto sul nostro pianeta essa rappresenta ancora una aliquota molto esigua (meno dell'1%). I rapidi cambiamenti climatici su scala globale del XXI secolo, inoltre, stanno modificando l’equilibrio delle risorse idriche determinando frequenti dissesti idrogeologici (frane ed alluvioni) ed estese aree desertiche. In particolare, lo sviluppo industriale del dopoguerra in Italia ha innescato l’immissione di enormi quantitativi di inquinanti che hanno prodotto effetti tra loro correlabili. In primis, l’effetto serra ha determinato una variazione nei regimi climatici non solo in termini di quantità delle precipitazioni, ma nella loro tipologia ed intensità, con effetti immediati sul ciclo dell’acqua ed una conseguente sensibile riduzione delle risorse e riserve idriche. Gli inquinanti hanno contaminato gli ambienti da cui provengono le acque direttamente disponibili (falde superficiali, laghi, fiumi, ecc.), che a breve termine sono difficilmente auto-depurabili. Tra l’altro, si

Fig.1 Classificazione del corpo idrico sotterraneo Monti Terminio-Tuoro (fonte: ARPAC). assiste ad un ulteriore aumento della concentrazione degli inquinanti in questi ambienti per la diminuzione della quantità di acqua disponibile sia per le cause climatiche suddette, che per i massicci prelievi. La combinazione di questi effetti riduce ulteriormente la disponibilità di acque dolci, idonee all’uso alimentare, con l’esigenza di reperirle con uno sfruttamento indiscriminato di acque sotterranee (84,3% di acqua per uso potabile deriva da acque sotterranee, di cui circa il 50% da emungimenti da pozzi ed il restante da captazioni di sorgenti, ISTAT 2015).

Queste conseguenze, che modificano il naturale ciclo dell’acqua, devono farci comprendere l’importanza di tutelare la fragilità dei territori; in seguito a questi effetti la risorsa acqua, fino ad ieri rinnovabile e disponibile in grandi quantità, è divenuta una risorsa sempre più limitata e preziosa. I prossimi conflitti mondiali non saranno tesi a procacciare risorse energetiche (petrolio, gas, ecc.), in quanto ampiamente sostituite dalle rinnovabili (fotovoltaico, eolico, geotermia, ecc.), ma saranno in funzione di assicurare maggiori risorse idriche naturali. L’acqua, difatti, rappre-

senta la risorsa più essenziale, senza di essa la vita umana e degli altri esseri viventi non sarebbe possibile. Il Dipartimento Territoriale dell’ARPAC di Avellino dalla sua istituzione ha il rilevante e delicato compito di effettuare delle verifiche ambientali sull’enorme patrimonio idrico del territorio irpino affinché non venga contaminato dall’inquinamento. Il controllo quotidiano delle acque destinate al consumo umano spetta ai gestori degli acquedotti che curano la distribuzione, mentre l’Agenzia regionale effettua, come mission istituzionale, il monitoraggio ambientale sulle acque superficiali e profonde fin dal 2001 nel rispetto prima del D.Lgs. n°152 del 1999, che recava disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento, recepiva la direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati, e successivamente applicando il D.Lgs. n°152 del 2006. I monitoraggi effettuati dal Dipartimento di Avellino vengono realizzati sulle principali aste fluviali, invasi, sorgenti e pozzi dell’intero territorio provinciale; essi determinano le caratteristiche analitiche (chimico-fisiche, biologiche, ecc.) per una classificazione sullo stato ambientale delle acque superficiali dei fiumi dell’Irpinia (Sabato, Calore Irpino,

Ufita, Ofanto), dell’invaso di Conza della Campania, e delle acque sotterranee (fig.1) di cinque bacini (Alta Valle del Sabato, Terminio-Tuoro, Monte Cervialto, Piana di Grottaminarda e Valle del Solofrana). La maggiore quantità della preziosa risorsa idrica nella provincia di Avellino è contenuta nei massicci carbonatici carsici dei monti Picentini ed è talmente cospicua da essere stata utilizzata per alimentare l’antico acquedotto Augusteo del I sec. d.C., che partiva dalle sorgenti di Serino e dopo un percorso lungo 92 Km arrivava a Miseno dove era ormeggiata la flotta navale romana, e all’inizio del secolo scorso, nel 1906, le scaturigini di Caposele approvvigionavano la regione, più povera per assenza di acqua, della Puglia. Le acque delle sorgenti di Caposele, dopo aver attraversato la Galleria Pavoncelli di 15,2 Km, scorrono per 385 Km nelle condotte dell’acquedotto pugliese fino al tacco d’Italia a Santa Maria di Leuca, impiegando cinque giorni (ad una velocità di 4 km/h). Questa straordinaria opera d’ingegneria idraulica ha rappresentato un esempio di politica di coesione territoriale e la realizzazione della complessa rete di condotte idriche ha promosso lo sviluppo agricolo, industriale e civile della regione segue a pag.3 Puglia.


segue da pagina 2 I monti Picentini sono considerati la riserva d'acqua più grande del Mezzogiorno e la terza in Europa. Alcuni dei suoi corsi d'acqua che sgorgano nel gruppo montuoso si dirigono verso il mar Tirreno (Sele, Tusciano, Picentino), o come affluenti (ad esempio il Calore Irpino e il suo tributario Sabato), mentre il fiume Ofanto sfocia nel mar Adriatico. I massicci carbonatici carsici dei monti Picentini per la loro caratteristiche geomorfologiche e di permeabilità, sono dei serbatoi naturali capaci di immagazzinare enormi quantitativi di acqua (l’apporto idrico del solo invaso sotterraneo del Terminio-Tuoro è pari a circa 200 milioni di mc) e ricoprono un ruolo strategico per il rifornimento idropotabile di altre regioni meridionali (Puglia, Basilicata) in quanto alimentano vari acquedotti regionali e interregionali per il fabbisogno di cinque milioni di abitanti. Le caratteristiche geochimiche delle acque, quali le ottime qualità chimico-fisiche, bicarbonato-calciche a diverse mineralizzazioni (fig.2), sono tali da essere utilizzate senza trattamenti, e sono captate a dei costi sostenibili. Ad esempio nel caso delle sorgenti di Cassano Irpino e Caposele, utilizzate per alimentare l’Acquedotto Pugliese con circa 7000 l/s a bassi costi energetici, in quanto le acque scorrono per lunghi tragitti a pelo libero. Questo fiorente patrimonio idrico, pressoché incontaminato fino al secolo scorso, pur avendo superato le modificazioni urbanistiche ed industriali inflitte al

territorio, oggi rischia di essere compromesso dai rapidi cambiamenti climatici del XXI secolo. Negli ultimi anni gli effetti del clima hanno causato la costante diminuzione delle precipitazioni meteoriche che alimentano gli acquiferi carbonatici (in media del 15-20% con punte del 40%), spingendo gli enti gestori degli acquedotti a sopperire alle carenze idriche con sempre maggiori prelievi dalle falde sotterranee e a reperirle in altre aree; dall’altro gli inquinamenti legati agli scarti dell’industrie e all’utilizzo diffuso di sostanze sintetiche nell’agricoltura, contribuiscono a compromettere ulteriormente la risorsa rinnovabile. Inoltre, i gestori degli acquedotti in seguito all’aumento del fabbisogno idrico per abitante (220 litri/abitante in Italia fonte: ISTAT, 2015), ma soprattutto perché le reti di distribuzione sono obsolete con notevoli perdite di portata pari anche al 50%, richiedono un sempre maggior quantitativo di risorse idriche dagli acquiferi. Così i territori dell’Irpinia che erano ricchi di acqua non riescono più a rifornire adeguatamente i territori e le popolazioni locali, sebbene quest’ultime siano enormemente diminuite a causa di un progressivo spopolamento che sta investendo le aree interne della dorsale appenninica. L’istituzione del più grande Parco regionale della Campania quello dei monti Picentini (esteso 63.000 ettari), ricadente su due province (Avellino e Salerno) con 31 comuni, non è stato in grado di tutelare i massicci carbonatici carsici. L’ente Parco, dopo circa trenta anni,

non dispone di una autonomia che gli consenta una ampia dotazione finanziaria ed organica per attuare le politiche necessarie alla salvaguardia degli ecosistemi naturali della risorsa acqua, fondamentale per il deflusso minimo vitale degli organismi fluviali e dell’intero Parco. Per evitare di depauperare la risorsa idrica bisogna sfruttare i disegni di legge presentati in Parlamento che offrono delle concrete possibilità nell’immediato: far promuovere la classificazione del Parco da regionale a nazionale (disegno di legge n.1647 “Istituzione del Parco nazionale dei Monti Picentini” del 2019) e, soprattutto, applicare la “legge Ortolani” per l’istituzione dei “Santuari dell’acqua potabile” (disegno di legge n.1671 del 2020). La proposta del senatore Ortolani, insigne tecnico ambientale, impedirebbe lo sfruttamento selvaggio delle risorse idriche contenute nei serbatoi idrici dell’Italia e, in questo caso, delle risorse idropotabili dell’Irpinia dei monti Picentini. Gli acquiferi carbonatici dei monti Picentini rivestono un ruolo di importanza strategica economica e socio-ambientale in quanto sono serbatoi geologici naturali insostituibili per l’uso idropotabile e per altri scopi (agricolo, zootecnico, industriale). L’istituzione dei “Santuari dell’acqua” sarebbe determinante dal punto di vista ambientale per il Parco, in quanto creerebbe delle “aree d’interdizione” per gli inquinanti derivanti da attività antropiche, che possano arrecare alterazioni ambientali e danni irre-

Fig.2 Caratteristiche idrochimiche del corpo idrico sotterraneo Monti Terminio-Tuoro (fonte: ARPAC). versibili alle risorse idriche. In prospettiva e a supporto l’articolo 144 del D.Lgs. n.152 del 2006 prevede che «tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato» e che «qualsiasi loro uso» deve essere effettuato «salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale». La Regione Campania ha già provveduto ad emanare una misura specifica per “la tutela e conservazione dell’acqua potabile erogata dai serbatoi idrogeologici carbonatici carsici” nella Legge regionale n. 10 del 31 marzo 2017, recante disposizioni su “Misure per l’efficientamento dell’azione amministrativa e l’attuazione degli obiet-

tivi fissati dal DEFR 2017”. In questo denso contesto legislativo, al Dipartimento ARPAC di Avellino compete un ruolo di controllo ancor più rilevante sul monitoraggio delle acque e territorio, con evidenti ricadute positive sullo sviluppo socioeconomico sostenibile delle popolazioni locali, favorendo in primis la tutela della risorsa idrica naturale. In questo scenario, il Parco dei Monti Picentini, come organismo intermedio, nei prossimi anni potrebbe assumere la cabina di regia di un rilancio socio-culturale-economico delle aree interne dell’Irpinia, che a causa dello spopolamento e della progressiva diminuzione delle risorse naturali e idriche, rischierebbe in breve tempo di svanire.


Le risorse idriche nel contesto geologico italiano Sintesi del rapporto ISPRA/SNPA - n° 323/2020 di luglio 2020 Angelo Morlando L’autore della pubblicazione è il dott. Raimondo Policicchio - ISPRA - Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia, esperto idrogeologo. Citando la prefazione del dott. Claudio Campobasso, direttore del dipartimento, la pubblicazione “ha lo scopo di fornire alla Comunità Scientifica ulteriori dati su questa tematica, ampliando la conoscenza sull’entità delle risorse idriche e sul loro utilizzo anche nelle opere di sbarramento artificiale per la creazione di invasi e sulla connessa relazione con i “rischi” naturali, come quello sismico, tettonico, geomorfologico ed idraulico”. Il primo capitolo è dedicato alla “stima della quantità delle risorse idriche”, sia a livello globale, sia con uno specifico riferimento all’Italia, individuando anche le criticità del sistema. La quantità di risorsa idrica presente sulla Terra è stimabile in circa 1,4 miliardi di km3. Il 96,54% è contenuta nei mari. L’1,74% nei ghiacciai e nelle calotte polari. L’1,69% è costituito da acque sotterranee, di cui poco

meno della metà dolci. Le criticità mondiali sono fondamentalmente legate all’aumento della popolazione, stimata pari a circa 10miliardi nel 2050, alla quale corrisponderà un pari aumento della richiesta di risorsa idrica, ma non sarà possibile garantirne la disponibilità.

Un'altra questione internazionale è la mancanza di una norma sovranazionale che regoli l’uso delle acque sotterranee. Il rischio maggiore è che tutto ciò potrà essere la causa principale di conflitti armati. La situazione in Italia può sintetizzarsi nella seguente citazione della pubblicazione: “l’origine delle acque utilizzate in Italia, deriva per i tre/quarti da laghi e fiumi ed un quarto da risorse sotterranee. Più della metà delle risorse superficiali risiedono nell'Italia settentrionale, un quinto al centro, un quinto al sud e circa il 7% nelle isole maggiori. In merito alla destinazione d'uso delle risorse idriche a livello nazionale, il settore agricolo utilizza il 60% dell'intera richiesta di acqua, il settore energetico e industriale il 25% e gli usi civili il 15%”. Il consumo d’acqua pro-capite vede l’Italia al primo posto in Europa ed al terzo nel mondo dopo Stati Uniti e Canada, tuttavia con valori estremamente variabili sul territorio nazionale che spaziano da 150 a 400 litri al

giorno per ogni abitante. Ma il dato preoccupante riguarda le perdite delle reti di distribuzione, che purtroppo fa rilevare un tasso di circa il 40 per cento, sia per l’uso potabile che per quello irriguo”. Dai numeri esposti, sembra palese che il settore prioritario sul quale intervenire sia quello agricolo, pertanto è fondamentale rivolgere l’attenzione verso studi innovativi, come ad esempio il progetto dell’Unione Europea: “Figaro Irrigation” (http://www.figaroirrigation.net/outputs/project-results/en/) che propone l’utilizzo di metodologie per l’irrigazione flessibili e di precisione. Il terzo capitolo della pubblicazione è dedicato alla descrizione della distribuzione delle grandi dighe in Italia con delle interessanti appendici, approfondendo anche la tematica della normativa vigente. È un rapporto molto utile e completo, in quanto offre spunti di riflessioni e proposte risolutive su una superpriorità come quella della risorsa idrica. Per saperne di più: www.isprambiente.gov.it/it

Schiuma e acqua nera rilevate nel lago Patria e nel lago d’Averno Rosario Maisto Dopo il famoso Lockdown, con la ripresa di tutte le attività industriali, anche nei nostri territori sono ricominciati fenomeni abbastanza preoccupanti come schiuma bianca o macchie scure in alcuni specchi d’acqua. Nello specifico parliamo del lago Patria e del lago D’Averno; queste bellissime Oasi Naturalistiche e Vulcaniche sono rifugio per tante specie di uccelli che qui possono rigenerarsi e sfamarsi in tutta tranquillità, ma oggi sono sotto la lente

d’ingrandimento a causa di questo nuovo allarme ambientale. Da alcuni mesi, infatti, lungo le sponde del lago Patria è visibile una vasta schiuma bianca che farebbe pensare allo scarico di sostanze inquinanti provenienti dal canale di bonifica le cui acque sono sollevate dall’idrovora. Di fatto risulta, dalle analisi effettuate dall’Arpac, che dai fondali lacustri (sedimenti limo e sabbia) c’è un notevole sviluppo di fosforo e azoto più alto del normale, un eccesso di nutrienti classificato cattivo, nei risultati eco-

logici risultano anche le concentrazioni di Piombo leggero, Arsenico, Antracene e DDT rilevati nell’ultimo triennio 2016 – 2018 classificato non buono per l’ecosistema. Quello che si salvava era la fauna nectonica, ovvero pesci ed altri animali che vivono negli strati acquei più superficiali, ora invece, si assiste alla mortalità in massa di migliaia di pesci, soprattutto cefali. Osservando le acque del lago, salta all’occhio il colore rossastro quasi nero, dovuto all’enorme sviluppo di microalghe, tutto ciò favorito dalle elevate temperature, dall’abbondanza di nutrienti organici ovvero scarichi non depurati, fertilizzanti agricoli dilavati dalle terre o scarichi domestici, ma soprattutto dal fatto che, con la foce chiusa, non vi è ricambio di acque ed ossigeno col mare aperto ed il lago diventa una trappola mortale. Anche nel secondo caso, il fenomeno che sta interessando il lago D'Averno in questi mesi desta alquanto

sospetto: il lago si è presentato in superficie con una patina verde scura quasi nera, lungo il tratto di costa del Tempio di Apollo. Dal sopralluogo dei tecnici che hanno prelevato dei campioni, anche qui le possibili cause sono l’eccesso di nutrienti dovuti agli scarichi abusivi, l'ostruzione del canale di collegamento con il mare che non consente un costante riciclo delle acque e il fatto che il lago, benché sia un vulcano spento, ha sul fondo delle sorgenti sulfuree. Tutto questo porta alla proliferazione delle alghe, “ciano-

batteri” ad alta tossicità appartenenti al genere "Microcystis App", con conseguente produzione di sostanze maleodoranti, quest’alga produce diverse tipologie di tossine e quindi risulta tossica per gli organismi o la fauna che ne viene a contatto. Tutto questo ci deve far pensare, si è rimasti a guardare per troppo tempo, è il momento di agire e di mettere fine ai crimini ambientali, si sta avvicinando il punto di non ritorno, da lì in poi ogni intervento sarà inutile, bisogna fare in fretta!


La meraviglia dei “Sentieri nel Blu”, i percorsi natatori protetti per tutti Prossimamente saranno realizzati anche nell’incantevole mare di Procida Luigi Iannibelli Già da qualche anno ci sono iniziative di percorsi natatori in mare sia a livello competitivo che non; nella nostra Regione è ormai alla 55ma edizione la famosissima Capri Napoli vera maratona a nuoto nel Golfo vinta, una settimana fa, da Arianna Bridi per la prima volta una donna con anche il tempo record! Il 10 e 11 di ottobre, poi, vi sarà l’ultima tappa dell’ “Italian Open Water Tour” nell’incantevole canale tra Ischia e Procida con diverse tipologie di gare di nuoto. Oltre al momento agonistico estemporaneo, però, è in crescita l interesse ad avere dei percorsi natatori protetti in mare aperto e fruibili da tutti. La bellezza e maestosità di poter nuotare in acque blu è un’ ottima occasione per vivere la natura in modo autentico tanto che, molte Amministrazioni Comunali, Enti Parco e lo stesso Ministero dell’Ambiente, stanno istituendo e promuovendo corsie natatorie in ambienti ed aree protette, grazie al minimo

impatto di questa pratica, oltre al valore culturale e turistico permanente di queste installazioni. Il Comune di Chiavari (GE) al largo delle spiagge della zona di Preli, tra Piazza Gagliardo e la Colonia Piaggio, dal 2016 può vantare una corsia riservata ai nuotatori, opportunamente segnalata da 21 boe che ne segnano il percorso. È il “Miglio Blu”, intitolato al grande nuotatore della Chiavari Nuoto Marino Ianni: percorsa due volte, andata e ritorno, infatti, la corsia equivale a nuotare per 1.852 metri, ovvero un miglio marino Si tratta di un percorso che si propone di garantire a tutti la possibilità di nuotare in mare aperto in perfetta sicurezza. Misura 926 metri, vale a dire mezzo miglio marino, ed è parallelo alla spiaggia di Preli, ai di fuori delle dighe di protezione del litorale, nel tratto compreso fra la spiaggia libera di Piazza Gagliardo e la scogliera adiacente alla Colonia Piaggio. Sempre nella bellissima Liguria è possibile “nuotare nel blu intenso” del mare

dell'Area Marina Protetta delle Cinque Terre grazie ai 600 metri di corsia dedicata ai bagnanti del "Sentiero del Mare", il percorso natatorio ripristinato tra Vernazza e Monterosso. Anche quest’estate grandi e piccini hanno potuto nuotare in tutta sicurezza nel mare delle Cinque Terre in un percorso balneabile delimitato e segnalato da boe numerate, utili anche per calcolare le distanze da percorrere e una

cima ben visibile, interdetto alla navigazione, che si snoda lungo la costa tra le due splendide località. Ideale per regalarsi una esplorazione a bordo di un kayak ma anche per praticare snorkeling e ammirare i ricchi e variegati fondali dell'Area Marina Protetta delle Cinque Terre. La partenza è dal porticciolo di Vernazza, in prossimità della scogliera detta "punta Mava", dove una bacheca informa sul percorso e le

regole di comportamento da mantenere durante la percorrenza. Il sentiero natatorio prosegue fino alla scogliera detta "e Ciappae". A metà percorso, una boa più vistosa delle altre segnala la presenza sul fondale della Madonnina subacquea raccolta in preghiera. Ritornando al nostro incantevole mare è in corso d’opera un Progetto di “Sentieri nel Blu” che riguarderà la Baia del Carbonchio e/o gli specchi d’acqua dell’Isola di Vivara entrambe a Procida. Sono zone il cui accesso dei natanti è ben regolamentato e presentano caratteristiche naturali uniche: fondali molto profondi e ricchissimi di flora e fauna. Il Progetto sarà uno delle prime azioni ambientali positive della prossima Amministrazione Comunale dell’Isola di Arturo coinvolgendo anche tutte le componenti che operano per la Salvaguardia e lo Sviluppo dell’Ambiente in particolare nelle Aree Marine Protette della Regione Campania sempre con il coinvolgimento del MATTM.

Un nuovo itinerario sotto la Basilica della Pietrasanta Il complesso si arricchisce di un decumano sotterraneo lungo quasi un chilometro Ilaria Buonfanti Correva l’anno 533 quando il Vescovo Pomponio fece edificare, sui resti di un antichissimo tempio dedicato a Diana, una basilica in onore della Vergine Maria, la prima in Italia. Nel 1656, in seguito a gravi danni causati dai terremoti, la basilica venne rasa al suolo e ricostruita nuovamente negli undici anni successivi. L’importante complesso monumentale, sito a Napoli in via dei Tribunali, include la basilica, il campanile, le cappelle, la cripta ed i sotterranei, un viaggio completo in una Napoli remota, osservando opere architettoniche di epoca romana, vecchissime formazioni di blocchi di tufo, mosaici di vecchie domus romane e naturalmente dipinti e sculture di raffinata fattura.

Dal 13 giugno scorso, ogni sabato e domenica, è possibile visitare un nuovo percorso sotterraneo, un decumano lungo quasi 1 km, posto a circa 40 metri di profondità, che porterà il visitatore alla scoperta

di una parte dell’acquedotto greco-romano. Le guide accompagneranno i cittadini napoletani ed i turisti attraverso un susseguirsi di cunicoli e sale, dalla Cisterna dei Pozzari all’Archivio di Tufo

passando per la Piscina del Principe fino a giungere ad un ricovero della seconda guerra mondiale. L’acquedotto si estendeva non solo sotto la basilica ma lungo tutto il perimetro della città, permettendo una perfetta distribuzione dell’acqua nell’antica Neapolis. La Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, questo è il nome completo del complesso, vanta la cupola più alta del centro storico di Napoli ed una curiosa leggenda circa la sua origine. Si narra infatti che il Diavolo, sotto le spoglie di un maiale, infestava la zona fra Piazza Miraglia e il centro antico, e grugnendo spaventava i passanti durante le ore notturne. Il centro di tale attività demoniaca era ritenuta proprio la Pietrasanta. Per

espellere il male dal sito, Pomponio fece costruire la basilica, anche a seguito di un sogno durante il quale la Madonna gli ordinò di erigerle una chiesa nel luogo dove si sarebbe ritrovato un panno celeste. Sotto il panno, la pietra santa: una roccia con su incisa una croce, che sarebbe stata venerata dai fedeli negli anni come fonte d’indulgenza. La Basilica, che nei periodi post bellici è stata adibita a caserma dei pompieri e deposito di materiali edili, è oggi sede di prestigiose mostre grazie alla collaborazione costante con il MANN e con il Museo Archeologico di Napoli. In questo periodo di emergenza Covid, le visite guidate sono a numero ridotto ed è assolutamente necessaria la prenotazione.


Il Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano Il manuale ospita un contributo dell’Arpac sulle acque di balneazione Il Rapporto SNPA “Qualità dell’ambiente urbano” si è consolidato negli anni come riferimento nazionale per cittadini e amministratori grazie ai numerosi dati presentati e valutazioni relative ai più importanti temi ambientali delle città contemporanee. L’edizione 2019 aggiorna una ricca serie di indicatori di qualità ambientale per 124 città tra le più popolose in Italia e per le 14 Città metropolitane. Rispetto a “Verso il XV Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano” questo Rapporto integra tematiche di grande rilievo ambientale con dati sui rifiuti urbani, la qualità dell’aria, i consumi idrici, la qualità dei corpi idrici fluviali e lacustri. I numerosi temi trattati (alcuni anche alla scala metropolitana) rappresentano tutti aspetti fondamentali della qualità della vita nelle aree urbane: fattori sociali ed economici, suolo e territorio, infrastrutture verdi, acqua, inquinamento dell’aria e cambiamenti climatici, attività industriali, trasporti e mobilità, esposizione all’inquinamento acustico ed elettromagnetico, azioni e strumenti

CORONAVIRUS E ACQUE REFLUE

Tesi all’Università Federico II con la collaborazione dell’Arpa Campania

per la sostenibilità locale. Rispetto alle passate edizioni, si è lavorato per integrare gli indicatori specifici nell’ambito delle più ampie macrotematiche di interesse per la resilienza urbana: ambiente e salute, cambiamenti climatici, dissesto idrogeologico e città circolari. Tre di queste macrotematiche sono poi oggetto di approfondimento del Focus che come ogni anno accompagna il Rapporto con i qualificati contributi tecnici di esperti delle Agenzie ambientali regionali, del mondo accademico e della società civile.

Il Rapporto ospita, tra l’altro, un contributo dei tecnici Arpac Lucio De Maio, Emma Lionetti (UO Mare) e Paola Petillo (UO Sostenibilità ambientale) (https://www.snpambiente.it/w p-content/uploads/2020/ 09/Cap.-4.pdf): tema del contributo, le acque di balneazione nei capoluoghi costieri di regione e nelle città costiere nella stagione balneare 2019. È possibile scaricare il rapporto sul sito del Sistema nazionale all’indirizzo: www.snpambiente.it/2020/09/10/xv-rapporto-sulla-qualita-dellambiente-urbano-edizione-2019.

Nel corso dell’emergenza Covid-19 si discute anche della presenza del virus SARS-CoV-2 nell’ambiente, dei possibili rischi che alcun inquinanti o matrici ambientali possano favorire la diffusione dei contagi, e anche della possibilità di utilizzare la presenza del virus nell’ambiente come indicatore di rischio. Grazie a una collaborazione con l’Arpa Campania, con il tutorato svolto dal direttore ad interim del dipartimento di Napoli, Luigi Cossentino, alla Federico II è stata di recente discussa una tesi dal titolo “Gli effetti del Coronavirus sulla gestione del ciclo dell’acqua”. Con questo lavoro una studentessa di Tramonti, Elvira Oliva, si è laureata in Ingegneria sanitaria ambientale all’Università di Napoli Federico II, dopo un tirocinio svolto pro-

prio nella struttura provinciale dell’Agenzia. Arpac partecipa ai progetti di ricerca del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente sulle connessioni tra pandemia e ambiente, tra cui il progetto Pulvirus sulle possibili interazioni tra Coronavirus e polveri sottili, che coinvolge anche Istituto superiore di sanità ed Enea. Di recente è stato avviato il progetto Sari, coordinato dall’Iss con la partecipazione del Snpa, progetto che riguarda appunto la sorveglianza epidemiologica del SARS-CoV-2 attraverso i controlli alle acque reflue urbane: i campioni prelevati prima dell’ingresso nei depuratori dei centri urbani possono essere utilizzati come “spia” della circolazione del virus nella popolazione.

Decreto “Semplificazioni”, gli indirizzi del Consiglio Snpa Il Sistema nazionale si è pronunciato sulle autocertificazioni per le emissioni radioelettriche Il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente nella seduta del 10 settembre, giorno della conversione definitiva in legge del DL 16 luglio 2020 n. 76, cosiddetto “Semplificazioni”, ha adottato una linea comune per la valutazione da parte delle Agenzie delle autocertificazioni riguardanti le emissioni radioelettriche derivanti da modifiche degli impianti già provvisti di titolo previste dall’art. 38 del decreto legge convertito. La decisione del Consiglio del Sistema vuole garantire condizioni uniformi per la tutela e i controlli sul territorio e, di riflesso, pari condizioni per l’operatività delle Agenzie. Per saperne di più: www.snpambiente.it.


La richiesta di Legambiente per il Snpa: eliminare la clausola di invarianza finanziaria Fra le 10 proposte presentate da Legambiente nazionale per l’utilizzo dei fondi del Recovery Fund, per una ripartenza nel segno dell’ambiente, ce n’è una che interessa direttamente il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. È inserita nel punto relativo alla “Lotta all’illegalità ambientale” nel quale, l’associazione ambientalista afferma: “…è fondamentale rimuovere la clausola di invarianza dei costi per la spesa pubblica prevista nella Legge 132/2016, che ha istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, perché la sua applicazione porta inevitabilmente a risorse inadeguate nei controlli ambientali e sanitari. Parallelamente è fondamentale finanziare le attività atte a garantire su tutto il territorio nazionale le prestazioni essenziali delle Arpa per la tutela del diritto a un ambiente sano (Lepta).” Queste poche righe sono dense di significato e di possibili ricadute positive per il SNPA e per l’ambiente, se venissero effettivamente recepite. Legambiente ha elaborato 10 proposte per un uso sostenibile delle risorse

Arpa CAMPANIA AMBIENTE del 15 settembre 2020 - Anno XVI, N.17 Edizione chiusa il 15 settembre 2020 DIRETTORE EDITORIALE Luigi Stefano Sorvino DIRETTORE RESPONSABILE Pietro Funaro DIRIGENTE SERVIZIO COMUNICAZIONE A.I. Esterina Andreotti CAPOREDATTORI Salvatore Lanza, Fabiana Liguori, Giulia Martelli IN REDAZIONE Cristina Abbrunzo, Anna Gaudioso, Luigi Mosca, Andrea Tafuro GRAFICA E IMPAGINAZIONE Savino Cuomo HANNO COLLABORATO I. Buonfanti, A. Cammarota, F. De Capua, G. De Crescenzo, P. Falco, B. Giordano, l.Iannibelli, G. Loffredo, R. Maisto, A. Palumbo, A. Paparo, T. Pollice, A. Trocciola SEGRETARIA AMMINISTRATIVA Carla Gavini DIRETTORE AMMINISTRATIVO Pietro Vasaturo EDITORE Arpa Campania Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1 80143 Napoli REDAZIONE Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1- 80143 Napoli Phone: 081.23.26.405/427/451 Fax: 081. 23.26.481 e-mail: rivista@arpacampania.it magazinearpacampania@libero.it Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Napoli n.07 del 2 febbraio 2005 distribuzione gratuita. L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne la rettifica o la cancellazione scrivendo a: ArpaCampania Ambiente,Via Vicinale Santa Maria del Pianto, Centro Polifunzionale, Torre 1-80143 Napoli. Informativa Legge 675/96 tutela dei dati personali.

del Recovery Fund per fare dell’Italia un Paese smart, in agosto, durante il tradizionale appuntamento estivo con Festambiente, la manifestazione nazionale dell’associazione ambientalista organizzata ogni anno a Rispescia

(GR). Lotta alla crisi climatica, economia circolare, innovazione industriale, mobilità ad emissioni zero, agroecologia, aree protette, turismo sostenibile, lotta all’illegalità ambientale,

sviluppo della banda ultra-larga, finanza etica: è questo il solco nel quale, secondo Legambiente, il Governo dovrebbe lavorare per rendere il Paese smart e a misura di ambiente.

Gestione commissariale dell’Arpac, relazione di fine mandato La Relazione che Arpac pubblica sul proprio sito istituzionale riassume i risultati conseguiti e le principali iniziative adottate nel corso della gestione commissariale affidata all'attuale direttore generale Stefano Sorvino, che ha ricoperto il ruolo di commissario straordinario dell'Agenzia dal marzo del 2017 al luglio 2020. «La gestione commissariale», si legge nel documento, «si è svolta in una delicata fase di transizione, caratterizzata – oltre che dalle impegnative specificità regionali – dal graduale processo di adeguamento delle Agenzie ambientali al nuovo assetto introdotto dalla legge quadro n. 132/2016, istitutiva del Sistema nazionale di protezione ambientale (Snpa), in fase di progressiva attuazione. Nel contesto nazionale l'Arpa Campania risulta tra le agenzie più oberate di compiti di carattere ordinario e straordinario, operando su una delle regioni più popolose d'Italia con quasi sei milioni di abitanti, di notevole

estensione e complessità morfologica e, soprattutto, la prima per densità demografica, con un territorio caratterizzato – soprattutto nella conurbazione costiera metropolitana – da un'alta concentra-

zione di sorgenti inquinanti (vedi la diffusa problematica delle bonifiche), emergenze ambientali e pressioni insediative». Il documento può essere consultato sul sito Arpac.


Agropoli, il set a cielo aperto del lungometraggio “Lui è mio padre” Sentimenti, ecologia e radici nell’ultimo successo del regista Roberto Gasparro Giulia Martelli Un viaggio nel rapporto affettivo genitoriale, attraverso i propri luoghi del cuore e incentrato sulla relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura: questo e tanto altro è “Lui è mio padre”, ultimo film di Roberto Gasparro, regista di origine agropolese. Gasparro, da sempre impegnato ad affrontare temi importanti nelle sue opere cinematografiche - come quello dell’accessibilità allo sport in “Il cielo guarda sotto” – è riuscito con “Lui è mio padre” ad intrecciare nella narrazione il sentimento d’amore verso la sua terra natia, Agropoli, con quello tra padre e figlia e quello parimenti importante verso la natura e l’ecologia. Così, la cittadina porta del Cilento si è trasformata per qualche mese nel set completamente plasticfree di un lungometraggio drammatico ecosostenibile, partendo dalla considerazione che il cinema rappresenta il più importante strumento di comunicazione per veicolare messaggi etico-sociali che abbiano una forte incidenza nella coscienza dei popoli. Ne abbiamo parlato con il regista Roberto Gasparro. Agropoli rappresenta per te le radici, l’appartenenza. Tutti i film che hai scritto sono stati “partoriti” in questo luogo. Che peso ha avuto il cuore nella scelta della location e della narrazione? Un ragazzo di soli 14 anni dovette portare sua mamma e i suoi fratelli da Roccadaspide ad Agropoli. Lì, il papà di questo ragazzo si ammalò di peste e la fattoria fu definita impestata; nessuno più voleva comprare da loro e così caricò tutto su un asino e scese ad Agropoli pensando lui ai fratelli più piccoli e alla mia bisnonna. Questo ragazzo era mio nonno. Qui la mia famiglia è rinata, qui è il posto giusto per trovare il coraggio di sfidare la mia fantasia. “Lui è mio padre” ha centrato il vero obiettivo del cinema: lasciare un segno negli spettatori. In questo caso si può affermare che il film abbia svolto una vera e

LA TRAMA

propria attività di educazione ambientale: molti giovani, infatti, dopo la visione ne hanno emulato il protagonista impegnandosi, con maschera e boccaglio, a ripulire le spiagge agropolesi dai rifiuti. Ci racconti questa esperienza? Vedere arrivare i messaggi sui nostri canali social e poi sul mio cellulare di bambini e bambine che emulavano l'uomo mascherato raccogliendo rifiuti dalla spiaggia è stato come ricevere la candidatura all'Oscar e vincerlo. Se ai nostri giovani mostriamo solo esempi negativi, e il cinema degli ultimi anni li ha inondati di esempi negativi, loro non sanno orientarsi e possono anche credere che il mondo sia tutto violento dove vince il più arrogante. Devono sapere che non è così, e spero che persone di buone volontà mi aiutino a portare avanti con determinazione questo messaggio. Lo stesso set cinematografico è stato un “set ecologico”, attento all’impatto ambientale del film. Quali sono state le misure adottate? Ogni giorno, sia gli attori sia i tecnici dovevano raccogliere almeno un rifiuto dalla strada. Sul set abbiamo vietato l'uso della plastica monouso, ognuno aveva una borraccia e se si voleva prendere il caffè, preparato con una moka elettrica, era necessaria una tazzina di ceramica, esattamente come il protagonista del film: Michele (Gianni Parisi) che si presenta in pizzeria per prendere una pizza da asporto con il suo piatto senza farsela mettere nel solito contenitore di cartone. Un rifiuto in meno. Noi abbiamo risparmiato oltre

4000 bicchierini di plastica, 4000 cucchiaini e oltre 2000 bottigliette di plastica. “Lui è mio padre” è stato accolto con entusiasmo dal pubblico e dalla critica, ricevendo importanti riconoscimenti sia da parte di associazioni ambientaliste come Legambiente sia dello stesso Ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Come continuerà il “viaggio” di questa pellicola? Quali saranno le prossime tappe? Abbiamo ottenuto questo riconoscimento grazie alle persone che sono venute in sala a vedere il mio film. Il passaparola è stato l'elemento chiave e spero continui. Prossime tappe? Se i cinema riaprono continuerò ad incontrare il mio pubblico in sala, altrimenti c'è solo la via della distribuzione on demand tramite i miei canali social #robertogasparroregista.

La storia ruota intorno alla figura dell’umile calzolaio Michele (Gianni Parisi) e al suo rapporto complesso con la figlia Cristiana (Giulia Colantonio) che lo considera un fallito, a differenza di Giovanni, amico di Michele, affermato imprenditore alberghiero. Michele nutre una forte passione per il mare e tutte le mattine, indossando una maschera, si occupa di pulire le spiagge dall’immondizia. Un giorno, una ragazza intenta a fare jogging gli scatta una foto per poi pubblicarla sui social definendolo “L’eroe mascherato” suscitando anche nell’ ignara Cristiana

interesse ed ammirazione. La ragazza, infatti, non immagina che dietro quella maschera ci sia proprio suo papà, un uomo, secondo lei, rimasto ancorato a principi superati e senza alcuna visione del futuro. Michele è infatti un uomo molto semplice che non si separa mai dalla sua tracolla nella quale custodisce tutto l’occorrente di cui si serve per tutelare l’ambiente: un piatto, delle posate, un bicchiere, una borsa di tela. Questo suo modus vivendi condizionerà un’intera generazione di persone sensibili al problema dell’inquinamento, riabilitandolo, infine, anche agli occhi della figlia.

IL CAST Nel Cast accanto ai protagonisti Gianni Parisi e a Giulia Colantonio, figurano Giacomo Rizzo, Tony Sperandeo, Giovanna Rei, Ester Gatta, Massimiliano Rossi, Umberto Anaclerico, Barbara Bacci, Loredana Crispino, Rosario Iodice, Sergio Iodice, Stefano Boscolo, Uberto Celeste,

Emilio Benevento, Francesca De Padova, Nadia Aulisio, Marco Reggiani. L’organizzazione del film è affidata a Domenico Russo ed a Luca Bonomo. Aiuto regista e fotografo di scena: Alessio Casula; i costumi sono a cura di Barbara Danisi.


Autunno 2020: rischio burrasche e caldo tropicale La nostra penisola potrebbe essere interessata da frequenti tempeste di origine mediterranea Gennaro Loffredo Dopo una primavera ed una estate trascorse tra lockdown e allentamento o inasprimenti delle restrizioni, gli italiani sperano che l’autunno possa portare con sé un po’ di normalità. Settembre rappresenta, per convenzione, il primo mese dell’autunno meteorologico (quello astronomico partirà il 21 settembre) e già si guarda con estremo interesse al tempo che farà nelle prossime settimane. Gli esperti di AccuWeather, grazie alle elaborazioni dei modelli matematici, hanno stilato già una proiezione sull’andamento meteorologico dell’autunno 2020 sull’Europa e sull’Italia. Il prossimo autunno, secondo gli esperti americani, potrebbe essere più caldo della media (almeno in una prima fase) sui paesi occidentali dell’Europa e sul Mediterraneo, ma anche sulla Russia Europea. Sulle nazioni affacciate al mar Mediterraneo, in particolare, si creeranno le condizioni per la formazione di veri e proprio ci-

cloni extra tropicali. Le temperature elevate dei mari, infatti, favoriranno la genesi di queste strutture tipiche dei paesi tropicali, con maggiore interessamento della nostra penisola, dei Balcani, della Grecia e delle zone affacciate al mare Nero. Il mese di settembre sarà quello più caldo della norma, soprattutto sui paesi centrali dell’Europa, ma con picchi estivi elevati ancora presenti tra la Spagna e l’ Italia. Le piogge saranno scarse sui paesi meridionali dell’Europa, con siccità persistente su alcune zone dell’Italia meridionale e della penisola iberica. Il mese di ottobre, invece, secondo le proiezioni stagionali, potrebbe essere più dinamico e piovoso anche su quest’ultime zone. La discesa del flusso polare più a sud, infatti, creerà i presupposti per maggiori contrasti sulle acque calde del mar Mediterraneo, le quali alimenteranno episodi di forte maltempo, specie sulle zone occidentali dell’Italia. In questo frangente, il sud Italia sarebbe coinvolto da cicloni

simil tropicali, con fenomeni molto intensi, come trombe marine, e locali nubifragi lungo le aree costiere tirreniche, in particolare. Novembre, ultimo mese dell’autunno, potrebbe essere caratterizzato da condizioni improntate ad un sensibile raffreddamento

delle condizioni atmosferiche, con frequenti discese fredde in arrivo dal nord Europa. Il nord Italia sarebbe la prima zona della nostra penisola a vedere le prime nevicate anche a quote piuttosto basse, specie verso la terza decade. Il quadro termico e pluviome-

trico, infatti, saranno in linea con quello che dovrebbe essere la normalità mensile. Insomma ci attende un trimestre autunnale ricco di eventi meteorologici. Si tratta di scenari, previsioni sperimentali non utili per pianificare attività umane.

Il Progetto Horizon "Smart-Plant" per restituire all'ambiente acqua depurata Bruno Giordano Il progetto Horizon 2020 Smart-plant, finanziato dalla Commissione Europea, nasce per valorizzare e trasformare gli impianti di depurazione esistenti in vere e proprie bioraffinerie, in grado di recuperare dalla acque reflue materiali di valore economico come cellulosa, fosforo, metano e bioplastiche e, soprattutto, ridurre i consumi energetici e le emissioni di gas serra restituendo all’ambiente acqua depurata. Partito a giugno 2016, il progetto si avvia alla conclusione contando sull’implementazione di nove tecnologie innovative, a ridotta impronta di carbonio, per la depurazione di acque reflue, un sistema intelligente di supporto alla decisione e diversi prodotti

bio-base recuperati dalle stesse acque reflue. Il recupero di materia organica primaria dalle acque reflue municipali permette di ottenere per ogni abitante fino a 10 kg di cellulosa (carta igienica) per anno. Il processo di

recupero della cellulosa tramite un filtro rotativo dinamico è stato accoppiato ad un’unità di fermentazione acidogenica per produrre acidi grassi volatili, potenzialmente recuperabili e utilizzabili in diversi processi

industriali come precursori chimici di origine biologica. In questo modo, sarebbe potenzialmente possibile valorizzare il fango di depurazione trattato fino a 100 € per tonnellata (peso secco), rendendo più circolare il trattamento delle acque reflue municipali. Lo studio Long-term validation of polyhydroxyalkanoates production potential from the sidestream of municipal wastewater treatment plant at pilot scale pubblicato sulla rivista scientifica Chemical Engineering Journal, ha dimostrato, in condizioni reali, la fattibilità di integrare processi avanzati di rimozione dell’azoto da digestati anaerobici con la produzione di precursori di bioplastiche da fanghi di depurazione. Grazie all’applicazione di partico-

lari regimi operativi è possibile rimuovere il nitrito, l’azoto contenuto all’interno delle acque madri e selezionare, al contempo, una biomassa in grado di accumulare elevate percentuali di bioplastiche all’interno delle cellule. Tale tecnologia permetterebbe di ottenere un ricavo fino a 11 volte superiore a quello ottenuto dalla sola produzione di biogas in un impianto convenzionale di depurazione, incrementando così la sostenibilità del processo e la possibilità di ampliamento dello stesso a livello industriale. In questa prospettiva, gli impianti di depurazione esistenti potrebbero diventare vere e proprie bioraffinerie volte al recupero di prodotti ad alto valore aggiunto.


Gli allevamenti di suini: le tipologie delle strutture di contenimento Alla base non solo valutazioni economiche ma soprattutto il benessere degli animali Pasquale Falco (Quarta e ultima parte) I suini traggono beneficio da un ambiente che risponde appieno alle loro esigenze in termini di possibilità di movimento; anzi forti restrizioni di spazio pregiudicano il loro benessere. La “Direttiva suini” (Direttiva CE 2008/120, recepita in Italia con il D. Lgs 07/07/2011 n. 122 - Attuazione della direttiva 2008/120/CE che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini) detta le dimensioni dei locali di stabulazione dei suini; essi devono essere costruiti in modo da permettere agli animali di: •avere dimensioni che soddisfano determinati parametri; •essere dotati di una zona di riposo, confortevole dal punto di vista della pulizia e della dimensione, che consenta a tutti gli animali di stare distesi contemporaneamente;

• riposare e alzarsi con movimenti normali; • vedere altri suini (fanno eccezione scrofe e scrofette che, nella settimana precedente il parto e nel corso del medesimo, possono essere tenute fuori dalla vista degli altri suini). Le strutture di contenimento specifiche per ogni fase dell’allevamento e per le diverse tipologie di suini sono numerose; di esse si riporta nella tabella a lato un elenco di sintesi. Nelle strutture collettive dell’allevamento, i maiali dovrebbero essere tenuti in gruppi con minimo grado di commistione; tra l’altro, essi sono animali che non disdegnano la compagnia. Possono quasi sempre essere tenuti, in genere, fino ad un numero massimo di dieci, assicurando ad essi comunque condizioni ottimali di benessere e tranquillità. segue a pag.11


segue da pagina 11 Tale numero limitato contribuisce a ridurre eventuali situazioni di stress, di competizione e di aggressività. Fanno eccezione esclusivamente, la fase di inseminazione e quella più prossima al parto, in cui, ovviamente, ogni futura genitrice è tenuta in una struttura singola e dedicata. Il tenere in gruppo i suini può rispondere ad ulteriori criteri organizzativi dell’allevamento, soprattutto per quelli ad indirizzo riproduttivo. Le scrofe e le scrofette, per esempio, possono essere allevate in gruppi statici o in gruppi dinamici. I gruppi statici sono costituiti da scrofe fecondate nello stesso periodo che restano assieme per tutta la durata della gestione. In questo modo i controlli e i trattamenti per l’intero gruppo sono più semplici da effettuare, compresa l’alimentazione che soddisfa le esigenze di ogni singola scrofa nel gruppo. Al contrario, si definiscono gruppi dinamici quelli costituiti da scrofe singole che, dopo l’inseminazione effettuata in tempi diversi l’una dall’altra, vengono comunque reintrodotte nel gruppo e che alla fine della gestazione vengono nuovamente separate per il parto da 7 a 5 giorni prima. In questo modo ogni scrofa avrà la giusta atten-

zione di cui ha bisogno. Per gli allevamenti di ingrasso, invece, si utilizza la tecnica del pareggiamento: gli allevatori sono soliti isolare dai diversi box i soggetti che presentano le stesse peculiarità per riunirli in box omogenei. Tale operazione viene solitamente effettuata un paio di volte all’inizio della prima fase di magronaggio (peso vivo di 50–60 kg) ed all’inizio della fase di ingrasso (p.v. di 80–100 kg). Tale tecnica presenta diversi il vantaggio di avere gruppi che richiedono interventi unici che rispondono ai bisogni dell’intero gruppo. La Direttiva CE 2008/120 rimarca, oltre alle caratteristiche e dimensioni delle strutture di contenimento, ulteriori aspetti; si tratta di strumenti dettati per spingere verso allevamenti di suini che mettano al centro dell’attenzione degli allevatori non solo le valutazioni economiche, l’impatto ambientale, le considerazioni sociali, ma anche il benessere animale. Si tratta in definitiva di aspetti fondamentali che trovano la loro piena applicazione in quelle strutture produttive che possono definirsi, in una espressione, “allevamenti etici”. La Direttiva prevede: •attività ispettive degli impianti e del bestiame; •azione di formazione del

personale; • attività di informazione per il consumatore. La necessità di prevedere ispezioni delle strutture produttive ha ovviamente la finalità di verificare il loro stato di adeguamento ai parametri organizzativi e dimensionali e la valutazione del rispetto dei dettami normativi. Una ulteriore disposizione

impone al titolare dell’allevamento l’obbligo di assumere personale addetto ai suini che abbia ricevuto istruzioni pratiche sulle disposizioni della direttiva, attraverso appositi corsi di formazione, incentrati in particolare sul benessere degli animali. Infine, è prevista una attività di informazione per i consumatori ed altri operatori, che vanno tenuti al corrente degli

sviluppi tecnologici e delle ricerche scientifiche sui migliori sistemi di allevamento; in tal modo, il consumo responsabile ed informato può favorire i prodotti di qualità delle strutture che applicano metodi di allevamento rispettosi delle esigenze etologiche e comportamentali dell’animale, alla base di una accettabile correlazione uomoanimale allevato.


Una riflessione sulla preoccupante ritirata dei ghiacciai perenni Tina Pollice Da un sondaggio Ipsos il 72% degli italiani considera il cambiamento climatico un problema serio. Per gli italiani il cambiamento climatico rimane un problema centrale che richiede priorità di intervento per scongiurare possibili disastri futuri. L’80% degli intervistati teme il verificarsi di una sciagura ambientale se non verranno messi in atto provvedimenti efficaci e se non ci sarà un cambiamento di abitudini nella popolazione. L’imputata principale resta l’attività umana, ritenuta, da 8 italiani su 10, la principale responsabile della situazione attuale. Questa estate si sono rincorse le notizie sia della chiusura della Val Ferret in Val D’Aosta, per una possibile frana del ghiacciaio Planpincieux sul Monte Bianco, sia lo scioglimento del manto nevoso dei ghiacciai delle Dolomiti che, secondo la previsione dei glaciologi dell’Università di Padova, al ghiacciaio della Marmolada restano non più di 15 anni di vita. Lo scioglimento (o la fusione, se vogliamo usare il termine giusto) dei ghiacciai è irreversibile ovunque. Il che significa che nel giro di qualche tempo i ghiacciai spariranno.

E ovunque la sparizione sarà preceduta da possibili crolli e frane con danni ingenti in termini ambientali, economici, e, come non considerare l’impatto rispetto all’approvvigionamento idrico che i ghiacciai garantivano e garantiscono. Emotivamente riflettevo sul significato dei ghiacciai perenni, un senso di stabilità, immobilità, di immortalità, sia pure solo della Natura. La montagna ha un’aura sacra e per questo ci ritempra non solo fisicamente ma anche spiritualmente. È il nostro spazio metafisico, come lo è in parte il mare per la sua infinitezza, la montagna per l’ imponente immutabilità. Se i ghiacci si sciolgono, perdiamo con loro anche questo senso di stabile durevolezza che è fondamentale a livello psicologico per stare al mondo. Se è vero che il sentirsi stabili è un fatto interno, di sicuro si alimenta anche e soprattutto con ciò che c’è fuori. Ecco perché, il cambiamento climatico può essere devastante a livello psicologico, specie per i più fragili. Non solo per le sue conseguenze fisiche, ma anche per quelle sulla nostra mente, che deve affrontare ed elaborare una Natura che nel peggiore dei casi muore, nel migliore comunque cambia. Non è più stabile. Non è più

eterna. Viviamo in un’epoca in cui sia la Natura che la storia sono portatrici di mutamenti forsennati a cui dobbiamo adattarci. Una sfida psicologica mai vista prima. Un’altra emozione che lo scioglimento dei ghiacciai porta con sé, è quella di una sorta di cancellazione della nostra memoria. Tutti noi adulti abbiamo potuto vivere almeno per un pezzo della nostra vita, e sicuramente l’infanzia, con l’immagine delle montagne innevate immortalate nei nostri libri di geografia come nei nostri cuori. Se in qualche modo riusciremo a contenere le conseguenze del cambiamento climatico e l’aumento delle temperature, forse potremo ancora andare in montagna con figli e nipoti, per i quali la memoria infantile, le emozioni, sarà formata soprattutto da rocce e boschi, come per noi dai ghiacciai. C’è un lavoro che non si può evitare, e di cui tutta la società si dovrebbe occupare, dalle istituzioni a chi lavora con le emozioni: l’elaborazione del cambiamento della nostra natura a causa del clima che cambia. Bisognerebbe accompagnare le persone in questo cambiamento, permettere che possano esprimere le loro paure, il loro dolore per ciò che accade e che spaventa.

L’oro blu fa sentire la sua mancanza Studio Anbi passa in rassegna le acque italiane Anna Paparo Passando al vaglio lo stato di salute dei corsi d’acqua italiani la situazione che si presenta non è delle migliori. Infatti, è stata rilevata una vera e propria sofferenza idrica per i laghi Maggiore e Lario con un calo a due cifre relativo al riempimento, dati ottenuti durante l’osservazione nella stagione irrigua nel Nord Italia. Risulta sotto la media anche il lago d'Iseo, mentre continua a tenere duro il Lago di Garda, nonostante i suoi livelli abbiano fatto registrare comunque una discesa. C’è da sottolineare, poi, che, mentre al Centro calano le precipitazioni, al Sud prosegue una stagione particolarmente siccitosa. Tutto questo è venuto fuori dall’analisi tracciata dall'Anbi, l'Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue, con l'approssimarsi della conclusione della stagione estiva. "Le allarmanti conseguenze anche ambientali per la condizione idrica del lago Maggiore rende evidente la necessità di una programmazione dei rilasci che superi qualsiasi logica egoistica nel rispetto delle priorità sull'uso dell'acqua". Questo ha dichiarato il presidente Francesco Vincenzi. Passando in rassegna i fiumi, l'Anbi segnala che le portate del Po sono dimezzate rispetto alla media ma restano migliori confrontandole con

quelle registrate lo scorso anno. In calo risultano anche quelle dei principali fiumi piemontesi e dell'Emilia Romagna ma sono abbondantemente sopra la media stagionale. Tuttavia, questo discorso non vale per il Reno sotto il minimo storico. A condizionare sempre più le disponibilità idriche, ricorda l'Anbi, sono le piogge a macchia di leopardo e una palese testimonianza di questo fenomeno è dato anche dalle portate dei principali fiumi lombardi e veneti. Per quanto riguarda il Centro, nel Lazio sono in costante calo il livello del lago di Bracciano, comunque ancora superiore allo scorso anno e le portate del fiume Liri. Arrivando in Campania sono confortanti le condizioni del Sele e del Volturno. Al Sud, infine, continua il calo di disponibilità idrica soprattutto in Basilicata e Puglia. Quanto la Sardegna tutto resta in linea con le disponibilità 2019, nonostante si sia segnato a luglio meno 8 milioni di metri cubi. L’acqua, l’oro blu, rappresenta una risorsa importantissima per la vita sulla Terra e questo studio dell’Anbi ha voluto mettere in luce proprio questo e quanto i cambiamenti climatici abbiano ripercussioni su ogni aspetto della vita naturale e antropica. Bisogna correre ai ripari, altrimenti l’elemento più prezioso, l’acqua, scarseggerà sempre più prefigurando per tutti un futuro sempre più incerto.


Lo stadio in legno di Zaha Hadid architects Un contenitore dalle dimensioni ridotte, calato in un paesaggio “aperto” con ampie distese di verde Antonio Palumbo Pochi sono, al mondo, gli studi di architettura capaci di partorire idee innovative ed ecosostenibili al livello di Zaha Hadid Architects. Tale assunto può segnatamente ravvisarsi nel progetto per la realizzazione del nuovo stadio del Forest Green Rovers, la squadra di calcio della piccola città inglese di Stroud (nel Gloucestershire), per la quale l’eclettico team britannico ha proposto un edificio assemblato completamente in legno, inaugurando, peraltro, una svolta radicale rispetto alla propria tradizionale produzione architettonica. La scelta di un impianto completamente in legno si è incentrata sul principale obiettivo della committenza: costruire lo “stadio più ‘green’ del mondo”, muovendo dalla pluridecennale esperienza e dal prestigioso curriculum dello studio londinese nella realizzazione di strutture sportive (tra cui l’Aquatics Centre per le Olimpiadi di Londra del 2012): solo negli anni più recenti, portano infatti la firma di Zaha Hadid Architects il realizzando Al Wakrah Stadium, molto avversato per le scelte volumetriche e formali effettuate e la cui conclusione è prevista per l’inizio dei mondiali di calcio del 2022 in Qatar, e il progetto del New National Stadium di Tokyo per i giochi olimpici del 2020, che non verrà mai realizzato (nonostante la vittoria di uno specifico concorso di proget-

tazione). L’idea del nuovo stadio per la squadra di Stroud ha preso concretamente avvio dal concorso vinto da ZHA dopo tre livelli di selezione: l’impianto sostituisce l’attuale stadio, che, eretto non più di dieci anni fa nella vicina Nailsworth, dovrebbe essere demolito per lasciare posto ad un controverso (e non ancora approvato) progetto immobiliare che prevede la realizzazione di un nuovo quartiere residenziale. Lo sviluppo del progetto di uno stadio improntato ad un concept fortemente ecologico - dimensione che, peraltro, non si è portati ad associare né alle opere di Zaha Hadid né a quelle di ZHA - segue la

personale visione di vita e affari di Dale Vince, Presidente del Forest Green Rovers: Vince è il fondatore di Ecotricity, società nata nel 1996 ed oggi fornitrice di “elettricità verde”, che persegue l’obiettivo di cambiare le modalità di produzione dell’energia elettrica nel Regno Unito, responsabili di circa il 30% di tutte le emissioni di anidride carbonica a scala nazionale. Lo stadio è stato pensato come un contenitore dalle dimensioni ridotte, calato in un paesaggio “aperto”, caratterizzato da ampie distese di verde, e dimensionato per ospitare 10.000 spettatori. L’intero impianto sarà sorretto da una struttura composta, in ogni sua parte, da

elementi in legno certificato e di provenienza controllata, materiale su cui saranno impostate e calcolate le componenti portanti (solitamente realizzate in cemento armato e acciaio). Le aree per il pubblico saranno sorrette da una fitta serie di imponenti travi a sbalzo in legno lamellare, il cui ridotto interasse permetterà l’utilizzo del legno anche per i solai e le strutture portanti degli spalti: questi saranno protetti da una membrana trasparente che consentirà il passaggio dell’aria e la crescita dell’erba sul campo, mitigando, nel contempo, la percezione del nuovo impianto nel paesaggio.

Inoltre, il nuovo stadio in legno è parte di un più ampio progetto di un Eco-Parco di oltre 40 ettari (del costo di oltre 100 milioni di sterline) che prende forma a Stroud (dove ha anche sede Ecotricity), realizzando un distretto interamente dedicato allo sport e all’ecologia: un hub pronto per l’introduzione di attività impegnate nello sviluppo di tecnologie ecocompatibili e attente all’ambiente, concentrate in un’area in cui trovano posto il nuovo stadio, campi di allenamento e strutture multidisciplinari al servizio dello sport. Il progetto prevede, infine, la creazione di un hub per i trasporti e la sistemazione dello Stroudwater Canal.


Qualche verità sulle scuole a Napoli e nel Sud prima dell'unità d’Italia Gennaro De Crescenzo Salvatore Lanza In questi giorni si parla spesso di scuole tra paure e progetti e, spesso, sul banco degli imputati ci sono le scuole del Sud con disfunzioni e denunce che però non riguardano solo il presente. Tratto spesso il tema delle scuole sia per interessi “privati” (insegno a Scampia da molti anni) che politico-culturali: da oltre un secolo e mezzo la storiografia ufficiale criminalizza i Borbone e i meridionali “analfabeti” in base ai famosi censimenti del 1861. In realtà in questi ultimi tempi, grazie alle ricerche di tanti storici non accademici e a quelle di alcuni coraggiosi storici accademici la questione è sempre più chiara e si sta smantellando uno dei luoghi comuni più offensivi e diffusi sulla storia del Sud pre-unitario con tanti spunti pesanti anche per il presente perché la tesi del meridionale “brutto, sporco e cattivo” (e anche ignorante) è alla base della nascita della questione meridionale e anche della sua mancata risoluzione. E così viene fuori che il numero

medio di scuole “non era dissimile tra Nord e Sud” (V. Daniele, 2020). Così sappiamo anche che non era vero che il sistema scolastico fosse “arretrato” e che i Borbone lo “ostacolasse” (M. Lupo, 2012). I dati riportati negli Annuari sono altrettanto chiari ed è assurdo pensare che in tutti questi anni nessuno li abbia studiati in maniera adeguata: Piemonte e Liguria contavano 1823 comuni e 1755 scuole (96,3% di comuni con scuole), il Sud continentale 1855 comuni con 1755 scuole (94,6%) con picchi che (come rivelavano le carte dell’Archivio di Stato che consultai tempo fa) erano altissimi in alcune zone (a Napoli 66 comuni e 371 scuole pubbliche, Terra di Bari 51 comuni e 351 scuole pubbliche, private, maschili e femminili; Terra di lavoro 174-664). Non meno di 7000 le scuole in tutto il Regno con una percentuale massiccia (e non registrata) di maestri privati (oltre 60.000 nel 1820). A tutto questo ci dobbiamo aggiungere il più alto numero di iscritti alle università (10.528 a fronte dei 5203 complessivi del resto dell’Italia), il più alto numero di tipografie, di giornali, riviste e libri pubblicati

ogni anno e che gli analfabeti di certo non avrebbero potuto leggere (oltre 400 titoli per 2500 addetti alle stamperie). E il mosaico è vicino alla sua ricostruzione: i famosi censimenti (documenti originali spariti) furono utilizzati a “fini politici”, come risulta

anche da qualche denuncia parlamentare del tempo. Ed è poco logica anche la tesi secondo la quale quei maestri non facevano bene il loro lavoro sia perché parliamo di una semplice alfabetizzazione che perché, trattandosi in gran parte di scuole private,

nessun genitore avrebbe tollerato (senza picchiare i maestri) un figlio analfabeta dopo aver pagato anche un solo ducato… In sintesi: i meridionali non erano affatto analfabeti e continuare a dirlo o a scriverlo è falso e offensivo.


UpCycling, la svolta del riciclo tessile che fa bene al Pianeta “Un vecchio paio di jeans può diventare una nuova T-Shirt? Sì è possibile!” Angela Cammarota L’upcycling è un processo di riuso e conversione migliorativo applicato a prodotti dismessi o materie prime di scarto. La parola upcycling si traduce come “recupero migliorativo” a differenza del recycling o riciclo che si impegna soltanto a riciclare i rifiuti, l’upcycling è in grado di valorizzare lo “scarto” riuscendo aconferirgli nuova vita. In poche parole è una vera e propria arte di riconversione dei materiali, con l'obiettivo di prolungarne il ciclo di vita con benefici per noi e per l’ambiente che ci circonda, senza la necessità di dover ricorrere sempre ai materiali puri. Questo processo viene utilizzato nel mondo del fashion e del design e attraverso questa tecnica di riuso gli oggetti “Ri”creati non solo hanno un importante valore etico ma soprattutto, per le aziende, un grande valore estetico; gli artigiani del lusso preferiscono ricorrere a tale processo, vera svolta per il riciclo tessile. Dagli ultimi dati rilevati da Greenpeace, il colosso dell’industria della moda negli ul-

timi anni, oltre che per l’uso di sostanze chimiche pericolose, si è contraddistinto per essere il comparto industriale meno ecosostenibile al mondo aumentando notevolmente l’utilizzo di fibre sintetiche. Un gruppo di ricercatori tedeschi ha messo a punto questatecnica in grado di valorizzare tutti quei vecchi indumenti fino a ieri non riciclabili; una soluzione capace di fornire nuove materie prime al comparto abbassando nel contempo il suo impatto sull’ambiente e le risorse naturali. Questa nuova tecnica ha riscosso grande successo: ha il merito di aver risolto l’estrema difficoltà di riciclare i tessuti misti, infatti (come dichiara lo scienziato Andrè Lehmann, ricercatore presso il Fraunhofer IAP di Potsdam) “i tessuti sono raramente costituiti da puro cotone. I jeans, ad esempio, contengono sempre una certa quantità di fibre chimiche come il poliestere o l’elastan”. Questo gruppo di ricercatori tedeschi è riuscito a convertire la polpa di cotone riciclato in fibre di pura cellulosa arrivando a

produrre un filato di qualità che detiene le stesse qualità del prodotto originario. In tal modo i nuovi prodotti possono varcare e posizionarsi sul mercato , sono perfettamente adatti a rispondere e soddisfare le richieste dei consumatori. Da oggi tutto è possibile, o meglio tutto può essere riciclato e anche il mondo della

moda così distante e poco incline alla salvaguardia ambientale cambia atteggiamento a beneficio dell’ambiente e deipropri costi di produzione. Naturalmente, oltre alle grandi aziende, è necessario che ognuno di noi cambi le abitudini di consumo che oltre a gravare economicamente comportano una quantità di rifiuti sempre più

elevata. Rispetto alla tendenza di acquisto degli altri Paesi Europei, un italiano su due dichiara di possedere più capi di abbigliamento di quanti ne abbia realmente bisogno. Bisogna smetterla con gli acquisti “ compulsivi” e soprattutto poco necessari e proiettarsi all’acquisto di altri prodotti.


Pubblicato il Rapporto Interpol sul traffico di rifiuti plastici È necessaria una cooperazione globale contro la “Plastica connection” L’Interpol, organizzazione internazionale dedita alla cooperazione di polizia e al contrasto del crimine, ha recentemente pubblicato un report sul traffico illegale di rifiuti plastici (“Interpol Strategical Analysis Report: emerging criminal trends in the global plastic waste market since January 2018” ), rilevando come a partire dal 2018 - quando la Cina ha chiuso le proprie frontiere all’import di rifiuti dal resto del mondo - questa attività sia in continua crescita, soprattutto sulle nuove rotte del Sudest asiatico, con tappe intermedie in diversi paesi al fine di celare l’origine dei rifiuti. L’Interpol ha denunciato l’esistenza di una vera e propria “Plastica connection” che ha agito sia dirottando illegalmente le spedizioni sia gestendo in modo non autorizzato i rifiuti stessi. La dimensione di questa gestione illegale appare purtroppo molto ampia e coinvolge almeno 52 delle 257 rotte commerciali analizzate. Nel mirino dei trafficanti ci sono i paesi asiatici in via di sviluppo, in particolare quelli

con capacità limitate di gestione e applicazione delle normative sui rifiuti. Tra i crimini ambientali in crescita segnalati dall’Interpol - che ha raccolto dati e informazioni provenienti da 40 paesi - ci sono anche lo sversamento in terreno e i roghi illegali di rifiuti plastici in Europa e in Asia, così come la contraffazione di documenti di viaggio e la registrazione fraudolenta dei rifiuti. Elaborato nell’ambito del progetto Life Smart Waste (LSW), il rapporto mette in luce il legame esistente tra le organizzazioni criminali dedite al traffico dei rifiuti e attività legali che si occupano di gestione ambientale, utilizzate come copertura per operazioni illegali, con ricorso alla criminalità finanziaria e alla falsificazione di documenti per coprire i traffici internazionali. Tra i casi più recenti citati dallo studio, il rimpatrio deciso nel maggio di quest’anno dal governo malese di oltre 3.700 tonnellate di rifiuti di plastica nei 13 paesi di provenienza, inequivocabile segnale di un cambio di rotta. “Questo rapporto - afferma

Calum MacDonald, presidente del Comitato Environmental Compliance and Enforcement dell’Interpol, oltre che direttore della Scot-

tish Environment Protection Agency (SEPA) - evidenzia l'urgenza di identificare e valutare come i criminali stanno sfruttando le vulnerabilità

del mercato, nuove o esistenti, invitando a rafforzare l'azione delle forze dell'ordine nel contrasto all'esportazione e all’importazione illegale di rifiuti plastici”. Alla richiesta dell’Interpol di una maggiore cooperazione internazionale e tra le forze dell’ordine, il WWF ha risposto delineando una serie di ulteriori raccomandazioni indirizzate ai governi: accelerare i negoziati per un accordo globale legalmente vincolante con piani d’azione e regolamenti nazionali chiari, compreso il supporto per la gestione dei rifiuti nei paesi a basso reddito; rafforzare i meccanismi esistenti come l’eliminazione graduale della plastica monouso, il miglioramento della capacità di riciclaggio domestico nei mercati sviluppati e la risoluzione delle lacune nella gestione dei rifiuti nelle economie in via di sviluppo; innovare e ampliare le alternative alla plastica rispettose dell’ambiente; investire nella ricerca e nello sviluppo di capacità per migliorare il monitoraggio e l’applicazione delle norme sui rifiuti di plastica. (dal web)


L’accesso all’offerta tecnica nelle procedure di gara Secondo i giudici va dimostrato in concreto l’interesse difensivo Felicia De Capua La quinta sez. del Consiglio di Stato, con la sentenza 21 agosto 2020 n. 5167, declara la piena legittimità del diniego opposto ad una actio ad exhibendum all’offerta tecnica in mancanza di un requisito, di stretta necessità, manifestato dal concorrente alla procedura di scelta del contraente. Il comma 5, lettera a) dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 prevede dei limiti all’accesso «alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali», mentre al comma 6 del citato articolo ammette «l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto». Pertanto l’accesso agli atti di gara non è necessariamente integrale, a fronte della deduzione di esigenze di difesa, essendo sempre necessario, nel bilanciamento – tra il diritto alla tutela dei segreti industriali e commerciali ed il diritto all’esercizio del c.d. “accesso difensivo” – l’accerta-

mento dell’eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate. In virtù della predetta norma, secondo i giudici, al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, occorre dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rile-

vanti, ma la concreta necessità da considerarsi, restrittivamente, in termini di “stretta indispensabilità” di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio. In presenza di segreto (tecnico, commerciale, industriale) il RUP, onde acconsentire all’accesso difensivo, ha un dovere istruttorio in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta, allo specifico fine di verificare la sussistenza del

concreto nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e la tutela della difesa in giudizio degli interessi della stessa impresa richiedente (ricorrente), quale partecipante alla procedura di gara pubblica il cui esito è controverso. La domanda di accesso in questione sembrerebbe finalizzata, non tanto ad acquisire elementi per la migliore difesa in giudizio, quanto piuttosto a carpire

segreti commerciali del concorrente. L’accesso all’insieme delle competenze ed esperienze, originali e riservate, maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale non può essere ammesso se non dimostrata puntualmente l’esigenza, proprio perché l’accesso a queste informazioni “speciali” concorre a definire e qualificare la competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza. Il limite all’ostensibilità è subordinato all’espressa “manifestazione di interesse” da parte dell’impresa resistente (opponente) alla quale incombe l’onere dell’allegazione di motivata e comprovata dichiarazione, mediante la quale sia dimostrata l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia (nel caso di specie, è presente l’opposizione alla richiesta di accesso). D’altro canto la causa di esclusione dall’accesso viene meno allorché il concorrente dimostri che l’ostensione documentale è finalizzata alla difesa in giudizio dei propri interessi, in relazione alla procedura di affidamento del contratto.

Viaggio nelle leggi ambientali SALVAGUARDIA DEGLI ANIMALI Con l’art. 30, comma 1, lettera h), della legge n. 157 del 1992 il legislatore si propone di punire i sistemi di cattura con potenzialità offensiva indeterminata, tali anche da comportare il pericolo di un depauperamento della fauna indipendentemente dall’abbattimento o meno degli animali, con anticipazione della soglia di punibilità, costituendo la relativa fattispecie un reato di pericolo (nella fattispecie, il Tribunale ha costatato che le gabbie presenti su un fondo erano munite di un meccanismo di chiusura a scatto e di un uncino per l’adescamento, e ha altresì riscontrato in una di esse pezzetti di anguria evidentemente impiegati come

municazione ex artt. 214/216 TUA) – legittimamente può iniziarsi a svolgere un’attività di recupero di rifiuti non pericolosi in regime semplificato. Cass. Sez. III n. 23483 del 3 agosto 2020.

esche per attrarre gli animali). Cass. Sez. III n. 23492 del 3 agosto 2020. RIFIUTI L’unica possibilità di non avvalersi dell’AUA si verifica qualora “si tratti di attività soggette solo a comunica-

zione, ovvero ad autorizzazione di carattere generale”, come prevede espressamente il richiamato co. 3 dell’art. 3, d.P.R. 59 del 2013. Questo significa che, una volta ottenuto – con il decorso del termine di gg. 90, il titolo abilitativo ambientale (co-

RIFIUTI Entrerà in vigore dal 9 settembre 2020 (e si applicherà a decorrere dal 26 maggio 2021) il Regolamento di esecuzione (UE) 2020/1207 della Commissione del 19 agosto 2020 recante modalità di applicazione del regolamento (UE) 2017/745 per quanto riguarda le specifiche comuni per il ricondizionamento dei dispositivi monouso. Con “Ciclo di ricondizionamento” si intende un ciclo che comprende tutte le fasi di ricondizionamento applicate

a un dispositivo monouso per garantire che la sicurezza e le prestazioni del dispositivo ricondizionato siano equivalenti a quelle del dispositivo d’origine. Il regolamento (UE) 2017/745 autorizza il ricondizionamento dei dispositivi monouso solo se è consentito dal diritto nazionale e, per quanto riguarda i dispositivi monouso ricondizionati e utilizzati all’interno di un’istituzione sanitaria, il regolamento (UE) 2017/745 consente agli Stati membri di non applicare tutte le norme relative agli obblighi dei fabbricanti previste in detto regolamento; tuttavia, una delle condizioni affinché tale ricondizionamento sia consentito è che venga effettuato a norma di specifiche comuni. A.T.


L’intelligenza artificiale al servizio dell’ambiente “Planetary computer”, la piattaforma di Microsoft che aggrega i dati ambientali globali Cristina Abbrunzo La natura ci offre una serie di servizi ecosistemici vitali per la sopravvivenza della nostra specie: ci fornisce acqua, cibo, aria pulita, medicine, energia. Ciononostante la distruzione degli ecosistemi procede senza sosta e, a causa del nostro impatto, stiamo assistendo alla sesta estinzione di massa della storia del pianeta e siamo sull’orlo di un collasso ecologico. Microsoft, colosso informatico statunitense, sta intraprendendo una nuova iniziativa a supporto delle misure di protezione ambientale, con un progetto chiamato “Planetary Computer”. Si tratta di un processo di elaborazione che utilizza i dati ambientali globali raccolti per fornire risposte a Microsoft e scienziati su come supportare la sostenibilità. L’iniziativa di Microsoft, che si inserisce nell’ambito del programma internazionale di Microsoft, Ai for Earth, nato per affrontare le sfide ambientali globali con l’ausilio dell’intelli-

genza artificiale, mira proprio a contrastare lo sfacelo ambientale e a preservare la natura per le generazioni future. Per Planetary Computer non si intende un computer vero e proprio, ma piuttosto una piattaforma che integra vari strumenti e una rete neurale, basata sul cloud professionale Microsoft Azure, pensata per potenziare il lavoro di singoli e organizzazioni riguardo ad alcuni dei massimi problemi ambientali del nostro tempo, dai cambiamenti climatici alla scarsità d’acqua, dallo sviluppo dell’agricoltura alla preservazione della biodiversità del nostro Pianeta. La nuova piattaforma di Mi-

crosoft mira innanzitutto a creare un vasto database, aggregando dati provenienti da tutto il mondo, le cui informazioni saranno messe a disposizione dei ricercatori. In pratica, Microsoft fornirà a scienziati, innovatori e decisori politici la tecnologia e gli stru-

menti per gestire al meglio le risorse naturali della Terra. Tramite immagini satellitari permetterà, ad esempio, di approfondire la conoscenza delle foreste, la densità di alberi che le caratterizza e il loro stato di salute, informazioni necessarie per pianificare azioni di tu-

Un’altra ambiziosa sfida lanciata da Microsoft per l’ecosostenibilità L’azienda diventerà Carbon negative dal 2030 L’impegno di Microsoft nel nome della sostenibilità era stato ribadito anche all’inizio dell’anno con un altro annuncio di prospettiva: l’azienda punta entro il 2030 a diventare carbon negative ovvero in grado di smaltire più emissioni rispetto a quante ne genera durante la propria attività. Un ennesimo step nel percorso di svolta green che, fortunatamente, nel corso degli ultimi anni ha visto impegnate un po’ tutte le realtà del mondo tecnologico. Il gigante dell’informatica non si limiterà dunque a ridurre le proprie emissioni, ma mira a rimuovere dall’atmosfera più CO2 di quanta ne emette. La definizione

“carbon negative” indica infatti un processo che prevede una rimozione permanente di CO2 dall’ecosistema. Non solo, Microsft ha alzato ulteriormente l’asticella impegnandosi a rimuovere, entro il 2050, tutta la CO2 che l’azienda ha emesso dalla sua fondazione, nel 1975. La CO2 nella nostra atmosfera ha creato una coltre di gas che intrappola il calore e sta alterando il clima. La temperatura del pianeta è già aumentata di un grado centigrado. Se non freniamo le emissioni e le temperature continuano a salire, la scienza ci dice che gli effetti saranno catastrofici. Per questo Microsoft ha deciso di porsi questo obiettivo

di raggiungere le emissioni nette zero anche se questo richiederà un approccio aggressivo, nuove tecnologie che non esistono ancora e politiche pubbliche innovative. È un obiettivo ambizioso, persino audace, ma la scienza non ha dubbi: è un obiettivo di fondamentale importanza per ogni persona sul pianeta e per le generazioni future “Essere carbon neutral non è più sufficiente per soddisfare le esigenze del mondo”, ha affermato il presidente di Microsoft, Brad Smith. Per raggiungere il suo obiettivo e diventare carbon negative, Microsoft ha elaborato una strategia che prevede diverse iniziative. Tra queste ci sono

il rimboschimento, lo stoccaggio del carbonio e l’assistenza a fornitori e clienti per aiutarli a ridurre le loro impronte ecologiche. La società ha inoltre dichiarato che queste iniziative saranno in parte finanziate grazie all’ampliamento della tassa sul carbonio interna, in vigore dal 2012, legata alle emissioni dirette, come quelle generate dai viaggi aerei. La strategia di Microsoft prevede infine la creazione di un fondo per l’innovazione climatica, che nei prossimi quattro anni investirà un miliardo di dollari per accelerare lo sviluppo delle tecnologie di rimozione del carbonio. C.A.

tela e di mitigazione dei cambiamenti climatici. Misurazioni locali di corsi d’acqua e falde acquifere e algoritmi predittivi consentiranno ad amministratori, agricoltori e urbanisti di fare previsioni più accurate sulla disponibilità di acqua e sui rischi di alluvione. Per quanto invece riguarda la conservazione della biodiversità, faciliterà l’accesso degli scienziati a importanti dati sullo stato di salute e sulla distribuzione della fauna selvatica, permettendo di prevedere con maggior precisione le fluttuazioni delle popolazioni, i modelli migratori e l’incidenza di determinate minacce. Conferirà anche maggiore importanza alla citizen science, le immagini raccolte dai cittadini saranno infatti identificate grazie all’Ia e contribuiranno alla ricerca scientifica. Permetterà, tramite l’elaborazione di immagini riprese da telecamere remote, di contrastare bracconaggio e pesca illegale, monitorando ad esempio i movimenti dei pescherecci. Planatary Computer è attualmente in fase di sviluppo, ma quando sarà pronto fornirà accesso gratuito a questa eccezionale banca dati a più di 500 organizzazioni in 81 Paesi del mondo, nella speranza di riuscire anche ad aiutare i governi mondiali a prendere decisioni migliori su ambiente e sostenibilità.


Fai ciò che ti piace e sarai ricompensato la classe agiata di Thorstein Veblen Martina Tafuro “Il consumo vistoso di beni ricercati è un mezzo di rispettabilità per il gentiluomo agiato. Come la ricchezza gli si accumula nelle mani, egli non riuscirà da solo, con questo metodo, per quanto si sforzi, a mettere sufficientemente a mostra la sua opulenza. Si ricorre perciò all’aiuto di amici e competitori con l’espediente di offrire regali di valore, feste e trattenimenti dispendiosi. Egli consuma per conto del suo ospite e intanto è testimone del consumo di quella sovrabbondanza di beni che l’ospite non potrebbe consumare da solo, ed è pure fatto testimone della compitezza cerimoniale di quest’ultimo. Il consumo diventa un investimento in vista di un aumento di reputazione”. Thorstein Veblen Viviamo l’epoca in cui i beni di lusso sono sempre di più alla portata della cosiddetta classe media, è l’effetto della democratizzazione del lusso! Infatti, siamo tutti lì a riflettere di quanto sia cool andare a cena in un all you can eat (tutto quello che puoi mangiare), di quanto sia fashion mangiare nell’hamburgheria nobilitata, di quanto sia trend partecipare al brunch domenicale nel bar in piazza. Queste sono tutte quelle operazioni economiche e poco alienanti, che caratterizzano i comportamenti delle

nuove élite, le quali sono alla ricerca incessante di nuove strade per esibire prove del proprio status sociale. Pensandoci bene, però, il concetto di status symbol è antico quasi quanto l’uomo. Tanto per citare un esempio, nell’antica Roma quando i plebei divennero abbastanza ricchi iniziarono a decorare le loro case, allora l’élite iniziò a riempire di mosaici le proprie ville per sottolineare di nuovo la propria superiorità. Insomma, da sempre, l’ostentazione consumistica dei beni di lusso, è stato il segno evidenziatore dell’ appartenza alla classe più abbiente di una civiltà. Tesi descritta, già, dal sociologo americano, Thorstein Veblen, nel 1899, attraverso il concetto di consumo ostentativo. Teoria esposta in: “La Teoria della Classe Agiata”, in cui si collegano le decisioni di consumo alla dimostrazione della propria appartenenza a una classe sociale. Veblen analizza la società americana di fine 800, sostenendo che le attività economiche, nella società moderna, non abbiano motivazioni utilitaristiche. La classe agiata, per distinguersi dalle classi sociali più basse, realizza un consumo superfluo dei beni, vistoso. In questo modo, la classe agiata provoca l’imitazione delle classi inferiori che lo seguono come

un modello ideale di vita. Per Veblen, è dunque il confronto antagonistico e la competizione che spinge a superare gli altri contendenti, presenti nella scena sociale, con cui possiamo classificarci. Quindi, non troviamo consumatori che appagano in modo razionale i propri desideri, ma consumatori che dipendono dal giudizio degli altri cercando di ottenere riconoscimento in una continua gara per raggiungere uno status sociale più elevato. Veblen scrive ad esempio che, la ragione principale per cui si indossavano, all’epoca, scarpe

col tacco o un cappello a cilindro era per dimostrare il fatto che non si facevano lavori manuali. Trasportato questo pensiero nel nostro tempo, potremmo dire che il modo migliore per inseguire la ricchezza non sia tanto dedicarsi alle cose pratiche, bensì investire in ciò che riguarda l’intelletto e la creatività. Un esempio di questa dinamica è l’istruzione, infatti per raggiungere la vetta della piramide sociale non serve impegnarsi da piccolo per imparare un mestiere, ma passare quanto più tempo possibile a studiare. Il tempo passato sui libri è direttamente proporzionale al tenore di vita che si avrà una volta entrati nel mercato del lavoro. Questa è la grande promessa e il grande paradosso dal liberismo: “fai ciò che più ti piace, fai si che le tue idee che valgano e sarai ricompensato nel migliore dei modi senza dover mai sporcarti le mani”. Veblen descriveva la classe superiore, come quella che dedica più tempo alle cose superflue e non è direttamente coinvolta nel processo produttivo e la sua supremazia è giustificata dal significato sottinteso indegno e degradante che il lavoro produttivo ha assunto nell’epoca moderna. La ricchezza ha una caratteristica positiva, poiché è indispensabile per ottenere

rispetto ed ammirazione. Le persone ricche, in virtù della loro ricchezza sono qualitativamente superiori moralmente, fanno lavori intellettualmente interessanti e possono dedicare il loro tempo a cose senza un’utilità pratica. La ricchezza è quindi, condizione e conseguenza dell’astensione da occupazioni manuali e tecniche. In conclusione, Veblen ha teorizzato il comportamento consumistico come elemento fondante della struttura sociale, al di là delle necessità naturali, poiché il prestigio finanziario è caratteristica peculiare dell’esperienza umana, è il suo abito mentale. In virtù di tale connotazione tende ad influenzare indirettamente anche gli aspetti non propriamente economici del comportamento e interviene a modificare la morale, la religiosità, il gusto estetico e persino la moda. Riletta in chiave moderna la lezione di Veblen sta lì a dirci che c’è bisogno di rianimare la mobilità sociale, ridestando quella rete partecipata dalle parti sociali che metta insieme tutti gli attori al fine di ottenere e offrire tutti quei servizi di cui il territorio socio/economico ha bisogno. C’è bisogno di arginare questa deriva consumistica tipica di coloro che vivono di speculazione, senza produrre beni e lucrando sul lavoro di altri.


pagina a cura di Fabiana Liguori

“Estasi” di Marina Abramović approda a Castel dell’Ovo La mostra dell’artista “Madre della performance art” sarà aperta al pubblico fino al 17 gennaio 2021 Dal 18 settembre a Napoli, nella Sala delle Carceri di Castel dell’Ovo, approda “Estasi”, la mostra di Marina Abramović. Tale opera è costituita da tre composizioni video nei quali l’artista si relaziona con una delle più importanti figure del cattolicesimo: Santa Teresa d’Avila. Nella performance la cucina ha un ruolo centrale, proprio come fu fondamentale nella vita di Santa Teresa: nei suoi Diari infatti si narra come la santa spa-

gnola avesse visioni ed estasi mistiche proprio in questa stanza, mentre era impegnata nella preparazione delle pietanze. I tre video rappresentano, quindi, le tappe del percorso che l’artista compie per giungere, proprio come la santa, all’estasi: Vanitas, Carrying the Milk, Levitation. Anche la storia del luogo della performance, ovvero le cucine dell’ex convento di suore clarisse di Gijón, ha ispirato il lavoro: costruito tra gli anni Qua-

ranta e Cinquanta del Novecento, il complesso monastico era stato concepito come parte di un progetto più ambizioso, ovvero la creazione di una città autosufficiente che ospitasse i figli dei minatori del posto rimasti orfani dopo un grave incidente avvenuto in un giacimento del bacino del fiume Caudal. Il monastero ha ospitato, sostenuto e formato professionalmente tanti ragazzi. Dopo un lungo periodo di abbandono, la struttura è stata riqualificata, diventando nel 2007 sede della Laboral Ciudad de la Cultura e ospitando nel 2009 la performance di Marina Abramović. Per l’Abramovic, madre della performance art, “Estasi” rappresenta il ritorno a Napoli. La città, infatti, accolse già nel 1974 la storica Rhytm 0, una performance disturbante in cui l’artista si presentò seduta ad un tavolo su cui erano posti vari oggetti che potevano essere strumenti di piacere o di dolore. Si pose come oggetto nelle mani delle persone, che potevano decidere come e se inte-

ragire con lei. Durante tutta la durata della performance la Abramović stette passivamente immobile, accettando senza opporsi qualsiasi cosa le venisse fatta. Con Rhythm 0 volle constatare fino a che punto il pubblico poteva arrivare, fino a che punto si sarebbe spinto, in questo tipo di situazione, mettendo a nudo l'anima dei partecipanti sia durante lo svolgimento della performance sia dopo, quando chi non aveva avuto umanità nei

suoi confronti non riuscì, per la vergogna, a sostenerne lo sguardo. Informazioni utili Quando: dal 18 settembre al 17 gennaio 2021 Orari: dal lunedì al sabato dalle 10:00 alle 20:00, domenica dalle 10:00 alle 18:00 Dove: Castel dell’Ovo, Napoli Biglietto: a partire da 9 euro Contatti: Email: estasi@vanitasclub.org Whatsapp: 3331704695.

“Io Ci Tengo”, il manuale per diventare piccoli supereroi e proteggere l’ambiente Non ci stancheremo mai di dirlo: educare i bambini al rispetto delle persone, del territorio e dell’ambiente significa preservare il Pianeta e dar il giusto valore alle cose che davvero contano. Con “Io Ci Tengo” arriva nelle librerie un vero e proprio manuale per supereroi salvambiente. Autrice del volume è Silvia Roncaglia, da anni impegnata nella scrittura di libri per bambini. Ad arricchire questa pubblicazione dell’editrice Casa Nuova anche le illustrazioni di Maria Gianola. L’idea di partenza è semplice: tutti possono essere importanti per il benessere della Terra, soprattutto i bambini che con la loro

carica e il loro esempio possono diventare dei perfetti supereroi. Come? Il manuale risponde, fornendo le indicazioni per intraprendere questo affascinante percorso verso il rispetto dell’ambiente e della natura. Rivolto ai bambini dai 6 anni in su, il volume tocca alcuni temi tipici della quotidianità come lavarsi i denti, giocare al parco, utilizzare le luci in casa, ma aiuta anche a capire come comportarsi in determinate occasioni, ad esempio durante un pic nic in spiaggia, per non deturpare il litorale. Io Ci Tengo prova a far riflettere i piccoli lettori attraverso curiosità, approfondi- menti e notizie utili.

Presenti anche diverse indicazioni per la creazione di giochi sostenibili e attività educative a tema. I genitori e gli insegnanti troveranno tra le pagine anche alcune interessanti indicazioni bibliografiche. Il volume è realizzato con fogli in carta bianca riciclata. La pubblicazione di Io Ci Tengo rappresenta una naturale prosecuzione della campagna di sensibilizzazione #iocitengo, ideata da Earth Day Italia. Scopo generale dell’iniziativa quello di sottolineare che anche un piccolo gesto può fare la differenza, ricordando inoltre che prendersi cura della Terra è un impegno comune.


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