Arpa Campania Ambiente n.18/2020

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NATURA & CLIMA

I cicloni nel bacino del Mar Mediterraneo

L'UNIONE EUROPEA PORTA AVANTI STRATEGIE PER L'AMBIENTE MARINO La sintesi della relazione della Commissione Europea sull'attuazione della direttiva 2008/56/CE

L’aumento delle temperature medie registrato negli ultimi anni sta favorendo la formazione di veri e propri cicloni nel bacino del Mar Mediterraneo. La loro classificazione, analoga a quella dei sistemi oceanici, include diversi gradi di forza e di conseguenza diverse denominazioni: si va dalla depressione tropicale mediter- ranea - la meno forte - alla tempesta tropicale mediterranea e, infine, all’uragano tropicale mediterraneo, altresì noto come Medicane (Mediterranean Hurricane)... Loffredo a pag.4

AMBIENTE & SCUOLA

Scuola: un’occasione di cambiamento mancata?

L'Unione Europea ha già da tempo adottato una direttiva quadro per la tutela e salvaguardia dell'ambiente marino, che si potrebbero definire “beni comuni marini”, provando a rendere le attività umane ad essi connessi compatibili e sostenibili. La prima attività di valutazione dello stato delle acque marine, eseguite dal 2012 al 2015, non ha fornito dei dati sufficientemente omogenei e completi; pertanto, nel 2017 è stato necessario fornire delle linee guida affinché la definizione dello “stato ecologico” fosse coerente e utile. Morlando a pag.2

Le acque reflue assimilate alle acque reflue domestiche

La “Baubotanik” di Ferdinand Ludwig

NATUR@MENTE

La falsa illusione di essere élite

Per una attività imprenditoriale è molto importante conoscere i percorsi autorizzativi che devono seguire i propri reflui. Appare utile pertanto presentare una panoramica sugli aspetti autorizzativi per una particolare tipologia di acque reflue, le acque reflue assimilate alle acque domestiche... Marro-Falco pagg.10-11

Le scuole stanno ricominciando quasi dappertutto, salvo il ritardo in alcuni comuni della nostra regione ma, a giudicare dalle modalità di riapertura, emerge forte e chiara l’immagine di un sistema in forte difficoltà a ripensarsi, ad andare oltre le specifiche rimodulazioni organizzative utili a consentire distanziamento e sicurezza. L’occasione per una trasformazione dei modi di fare scuola sul piano della didattica, delle relazioni e dei linguaggi è oggi affrontata come una semplice emergenza logistica, tralasciando la possibilità di un rinnovamento avvertito già da anni... Martelli a pag.8

Nel variegato panorama dell’architettura ecosostenibile il tedesco Ferdinand Ludwig è uno dei protagonisti in ascesa più giovani e interessanti: coordinatore scientifico del gruppo di ricerca “Baubotanik” presso l’IGMA dell’Università di Stoccarda, Ludwig, conseguito il dottorato nel 2012, ha fondato con Daniel Schönle lo studio Ludwig.Schönle.... Palumbo a pag.13

AMBIENTE & TRADIZIONE

AMBIENTE & TENDENZE

I viaggiatori del passato innamorati della nostra terra

Non solo sole: energia dalle ombre

“Come rendere innanzitutto con delle espressioni il magico quadro di Napoli con questo cielo sconosciuto in Francia, questo bel golfo solcato dai battelli a vapore...” De Crescenzo-Lanza pagg.14-15

Abbrunzo a pag.18

Negli anni settanta, un giornalista finanziario, Fred Hirsch in, “I limiti sociali allo sviluppo”, scrive che lo sviluppo così come concepito dalle società consumiste è limitato socialmente, al contrario di quanto sostenuto dal Club di Roma che asseriva che i limiti dello sviluppo sono dati dalla finitezza delle risorse e materie prime. La tesi, di Hirsch, è che, soddisfatti i bisogni di base, mangiare, scaldarsi, ecc., i consumatori si orientano verso una quota crescente di beni e servizi volti a soddisfare bisogni non fondamentali. Tafuro a pag.19


L'UNIONE EUROPEA PORTA AVANTI STRATEGIE PER L'AMBIENTE MARINO La sintesi della relazione della Commissione Europea al Parlamento e al Consiglio sull'attuazione della direttiva 2008/56/CE Angelo Morlando L'Unione Europea ha già da tempo adottato una direttiva quadro per la tutela e salvaguardia dell'ambiente marino, che si potrebbero definire “beni comuni marini”, provando a rendere le attività umane ad essi connessi compatibili e sostenibili. La prima attività di valutazione dello stato delle acque marine, eseguite dal 2012 al 2015, non ha fornito dei dati sufficientemente omogenei e completi; pertanto, nel 2017 è stato necessario fornire delle linee guida affinché la definizione dello “stato ecologico” fosse coerente e utile. Alla fine del 2019 solo 14 paesi membri avevano fornito tali dati e solo 10 paesi li avevano forniti in maniera utile. È stato necessario, quindi, integrare tutti i dati disponibili per avere, prima di tutto, un quadro sufficientemente chiaro della situazione attuale. Grazie a tale lavoro preliminare, alla fine di giugno 2020, è stato possibile elaborare una relazione della Commissione Europea che è stata prontamente inviata al Parlamento e al Consiglio, che è da inten-

dersi come un’evoluzione della direttiva quadro, ma, soprattutto, un invito ad accelerare le misure di prevenzione. Le “cattive notizie” inerenti allo stato attuale possono così sintetizzarsi: biodiversità sempre più vulnerabile, specie marine e habitat costantemente minacciati, eccessivo sfruttamento del pescabile. Le principali pressioni su tutti i beni comuni marini

sono dovuti principalmente alle specie non indigene soprattutto nel Mar Mediterraneo e l’eccessivo sfruttamento del pescabile soprattutto nel Mediterraneo e nel Baltico. L’eutrofizzazione di origine umana ha reso quasi il 50% delle acque costiere di cattivo stato ecologico e la modifica permanente delle condizioni idrografiche ha comportato la modifica permanente di circa il 30% delle coste europee.

L’aumento di contaminanti, rifiuti marini e rumore sottomarino completano un quadro di grandi difficoltà. Le “buone notizie” sono: riduzione della pressione su alcune specie come le foche grigie, le aquile di mare nel Baltico e le foche monache in alcune parti del Mediterraneo. Che fare? Prima di tutto bisogna che gli Stati Membri forniscano dati omogenei e verificati, quindi, utilizzabili.

Si deve, inoltre, garantire che le misure adottate siano più efficaci ed è necessario ridurre drasticamente i problemi amministrativi e tecnici. È indispensabile aumentare la collaborazione, anche a livello regionale. È indispensabile che gli Stati Membri facciano il loro lavoro, perché la logica delle procedure di infrazione è divenuta veramente inaccettabile. Si citano le conclusioni della relazione: “…non si può non osservare che le strategie degli Stati membri per l'ambiente marino devono essere perfezionate per ciò che riguarda i risultati delle azioni di gestione al fine di ottenere i migliori benefici possibili, anche se si riconosce che, in alcuni casi, i termini prescritti per il conseguimento di un buono stato ecologico non forniscono un margine di tempo sufficiente”. Al momento, quindi, l’unica vera conseguenza è stata spostare la prima vera valutazione dello stato ecologico dal 2020 al 2024. E questa non è di certo una buona notizia… Per saperne di più: https://ec.europa.eu/environment/marine/index_en.htm


Da depuratori a foreste urbane, gli investimenti per l'ambiente Recovery Fund: sono previsti anche progetti per il green job Ammontano a un totale di oltre 12,3 miliardi di euro i nove progetti che fanno capo al ministero dell'Ambiente per la quota di Recovery Fund. Il più importante, dal punto di vista dell'investimento economico, è il "Piano per il collettamento e la depurazione delle acque reflue - Superamento delle procedure d'infrazione comunitarie" che prevede 8.732.839.200 miliardi in sei anni per superare la crisi del settore idrico; secondo per entità dell'importo, 2,5 miliardi di euro in un anno riguarda il progetto "Foreste urbane resilienti per il benessere dei cittadini" che prevede una serie di azioni rivolte alle 14 città metropolitane. C'è poi il progetto "Green jobs per le generazioni future: iniziative ed opportunità" che prevede 200 milioni in 5 anni per "far crescere la conoscenza dei temi ambientali e formare gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado e i docenti" e ancora "Piccole isole 100% green", con 75 milioni in 5 anni per azioni di adattamento ai cambiamenti climatici, efficientamento energetico e idrico, mobilità sostenibile, gestione del ciclo rifiuti. Il progetto "Ripristino degli habitat e delle specie di Rete Natura 2000" del valore di 497 milioni in tre

Mobilità green a Napoli: i monopattini in sharing Il bilancio della prima settimana 56.016 chilometri percorsi, 2,55 chilometri di viaggio medio, 48.967,5 chili di Co2 risparmiata

anni mira a rafforzare il ripristino del capitale naturale italiano negli asset più di pregio come gli habitat e le specie di interesse comunitario. Innovazione e certificazione per la sostenibilità e la transizione ecologica nelle imprese è un progetto da 62.850.000 di euro in 7 anni, mentre "Il fotovoltaico come opportunità di transizione verde. L'introdu-

zione di un bonus per l'energia prodotta e autoconsumata in loco" prevede in 5 anni 113 milioni di euro. Per migliorare la qualità dell'aria c'è il progetto "Aria pulita: re-ispiriamoci" da 100 milioni in 5 anni e per gli spostamenti in città c'è "Festina lente - Affrettati lentamente", 80 milioni in 5 anni per alternative ecologiche all'uso dell'auto.

Sono quasi 22mila le corse in monopattino registrate a Napoli da Helbiz, azienda che gestisce il servizio sharing di monopattini nel centro cittadino, nella prima settimana di attività del servizio. I dati sono di 21.966 corse, 56.016 chilometri percorsi, 2,55 chilometri di viaggio medio, 48.967,5 chili di Co2 risparmiata. La velocità commerciale è di 8,6 chilometri l'ora, mentre le direttrici più percorse sono quelle di collegamento est-ovest della città, e cioè da piazza Garibaldi a Mergellina attraverso corso Umberto I, via Toledo, via Chiaia, il lungomare di via Partenope e via Caracciolo. "I dati stanno facendo segnare un utilizzo crescente dei monopattini a Napoli e ci rendono fieri della sfida che la nostra Amministrazione ha scelto di compiere con Helbiz,

leader mondiale del settore", dichiara Alessandra Clemente, assessore del Comune di Napoli titolare, tra le altre, delle deleghe ai giovani, alla mobilità sostenibile e all'innovazione. "Questi primi dati prosegue Clemente - confermano la bontà delle scelte strategiche in tema di mobilità sostenibile che stiamo mettendo in campo e confermano gli itinerari ciclabili pianificati, progettati e realizzati. Vogliamo integrare i sistemi di trasporto pubblico con sistemi intermodali leggeri, efficienti ed ecologici. Un tassello per rendere più efficiente la mobilità urbana e contribuire ad alleggerire il carico di metro e autobus e quindi migliorarne il funzionamento in attesa dell'arrivo dei nuovi mezzi. Un tema fondamentale è diluire la presenza dei passeggeri negli autobus e nei treni della metropolitana, soprattutto in un momento storico in cui ci troviamo a gestire l'emergenza sanitaria legata al Covid-19".

"Città verdi", piano Fao per migliorare la nutrizione urbana La ripresa postCovid rappresenta una chance per garantire a tutti una dieta sana Trasformare la ripresa dall'emergenza Covid-19 in un'opportunità per rendere le città più sostenibili e resilienti e per garantire a tutti l'accesso a un'alimentazione sana. È la sfida del piano d'azione "Città verdi" presentato dalla Fao durante la 75ma sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il piano d'azione dell'Agenzia internazionale punta a contribuire a trasformare i sistemi agroalimentari, porre fine alla fame e migliorare la nutrizione nelle città e nelle aree periferiche una volta superata la pandemia da Covid-19. L'Iniziativa

della Fao "Città verdi" si prefigge in particolare di migliorare le condizioni di vita e il benessere delle popolazioni urbane e periurbane in almeno 100 città (15 città metropolitane, 40 città intermedie e 45 cittadine) in tutto il mondo nei prossimi tre anni, puntando ad avere 1000 centri urbani partecipanti entro il 2030. Del resto, il verde urbano è importante perché il nostro è un pianeta sempre più urbanizzato. Entro il 2050 quasi il 70 per cento della popolazione mondiale vivrà in aree urbane e il 90 per cento di questa crescita si registrerà in Africa e in Asia.

Circa il 70 per cento di tutte le risorse alimentari sarà consumato dagli abitanti delle città, un dato che appare in costante aumento. Per la Fao mantenere sistemi alimentari sostenibili e avere più spazi verdi,

comprese aree agricole e boschive urbane e periurbane, rappresenta un obiettivo fondamentale per i centri urbani, poiché ne accresce la resilienza ai cambiamenti climatici e alla pandemia da

Covid-19, evitando che le emergenze sanitarie interrompano l'approvvigionamento e la distribuzione dei generi alimentari in queste aree. Accanto all'Iniziativa "Città verdi" della Fao, ampio rilievo anche ad altre iniziative e programmi che stanno promuovendo l'innovazione e accelerando interventi concreti; tra questi: il Patto di Milano sulle politiche alimentari urbane, la Nuova agenda urbana, il Centro mondiale per l'alimentazione urbana sostenibile di Valencia, l'Iniziativa "Mano nella mano" e altri partenariati strategici.


I CICLONI NEL MAR MEDITERRANEO Il bacino può diventare sede di queste impressionanti strutture tipiche delle regioni tropicali Gennaro Loffredo L’aumento delle temperature medie registrato negli ultimi anni sta favorendo la formazione di veri e propri cicloni nel bacino del Mar Mediterraneo. La loro classificazione, analoga a quella dei sistemi oceanici, include diversi gradi di forza e di conseguenza diverse denominazioni: si va dalla depressione tropicale mediterranea - la meno forte - alla tempesta tropicale mediterranea e, infine, all’uragano tropicale mediterraneo, altresì noto come Medicane (Mediterranean Hurricane) il più potente, la cui magnitudo può sprigionare venti superiori ai 120 km/h, pari alla categoria 1 della scala Saffir-Simpson. Si può partire da una generica “goccia fredda” in gergo (cioè alla presenza di una blanda condizione di instabilità presente in quota) alla formazione di un vortice ciclonico. Nel periodo autunnale, infatti, la presenza di temperature piuttosto elevate dei nostri mari può dare linfa vitale alla successiva eventuale degenerazione del sistema tropicale. Secondo diversi studi condotti in materia, acque con temperature superficiali comprese tra i 23 e 27°C sono l’ideale affinché il vortice

inizi ad auto-alimentarsi. Il pescaggio caldo umido proveniente dal mare contribuisce a iniettare un’ ulteriore quantità di energia sottoforma di calore latente al sistema depressionario. È lo stesso identico meccanismo dei cicloni tropicali. Ecco dunque che il nostro mostriciattolo è degenerato diventando dapprima TLC, ossia Tropical Like Cyclone, fino a diventare Medicane. L’ultimo si è manifestato intorno al 17 settembre scorso, quando da una debole circolazione de-

pressionaria sviluppata in quota tra il canale della Sicilia e il golfo della Sirte, si è generato un vero e proprio ciclone mediterraneo, denominato “Udine”. La sua traiettoria verso nord-est ha determinato condizioni di forte maltempo tra la Sicilia orientale e la Calabria, ma era la Grecia la sua destinazione finale. Nel suo cammino la struttura si è rinforzata grazie alle temperature elevate del basso Mediterraneo (che in quei giorni aveva picchi di 26°C). Tutto sopravvive

fintanto che la trottola non finisce per impattare la terraferma, dove le temperature sono improvvisamente più basse, tagliando i vitali rifornimenti marittimi di energia e calore. Le zone interessate subiscono pesanti nubifragi, alluvioni lampo e, a volte, anche venti tempestosi. L’attrito però mina inevitabilmente la sua struttura. La spirale cede di schianto. È la fine del nostro ciclone mediterraneo. Da un’analisi dei casi avvenuta tra il 1999 e il 2018, è emerso che le aree maggiormente interessate sono lo Ionio e la zona di mare attorno alle Baleari. In media sono stati registrati 1,5 casi l’anno, principalmente durante la stagione autunnale. Inoltre, nel corso degli ultimi anni si è notato come la frequenza annuale di questi sistemi mediterranei non sia aumentata, ma lo sia la loro intensità. Questo deve farci riflettere sulla possibilità che i cambiamenti climatici in corso possano inasprire le già severe peculiarità di questi fenomeni. Questi risultati, tuttavia, sono puramente indicativi e non possono affatto avere una valenza climatologica in quanto il tempo di catalogazione è troppo breve, rispetto agli standard di valutazione climatica.

QUELLA DEL 2020: L’ESTATE PIÙ CALDA DEL SECOLO Anna Paparo Mai come quest’anno l’estate ha fatto sentire il suo tocco con un caldo senza precedenti, tanto che per l’emisfero boreale del pianeta Terra è stata a dir poco rovente, guadagnandosi il podio rispetto alle “belle stagioni” degli ultimi 141 anni. E così, la stagione più attesa, lunga tre mesi, da giugno ad agosto 2020, è stata l'estate meteorologica più calda, superando le due precedenti più calde, ovvero quelle del 2019 e del 2016. Per il mondo nel suo insieme è stata la terza stagione estiva più calda. Facendo riferimento al solo mese di agosto è stato il secondo più caldo mai registrato per il mondo. C’è da dire che la top ten dei mesi di agosto più caldi sono stati registrati dal 1998 con i cinque più caldi dal 2015. Tutto ciò si evince da uno studio portato avanti dagli scienziati dei Centri nazionali per le infor-

mazioni ambientali della Noaa (l'Agenzia nazionale statunitense specializzata in oceanografia e questioni atmosferiche), secondo cui il 2020sembra destinato a piazzarsi tra i cinque anni più caldi in assoluto. È stato messo in evidenza come nel mese dedicato all’imperatore Augusto la temperatura media globale della superficie terrestre e oceanica è stata pari a 0,94gradi centigradi sopra la media del ventesimo secolo, che è stata di 15,6gradi, rendendolo il secondo agosto più caldo dopo quello del 2016. L'emisfero settentrionale ha avuto il suo agosto più caldo mai registrato da quando sono state messe a punto le rilevazioni, con una differenza di temperatura dalla media di1,19 gradi centigradi, superando il record precedente stabilito nell'agosto 2016. Per il pianeta Terra, nella sua interezza, i tre mesi estivi di quest’anno si sono

piazzati al terzo posto nella classifica del record di caldo, con 0,92gradi sopra la media rispetto a quelle registrate per il XX secolo. Un dato di fatto di questo aumento vertiginoso delle temperature estive è che il ghiaccio marino artico ha continuato a diminuire: l'estensione media del ghiaccio marino artico ad agosto è stata la terza più piccola mai registrata, il 29,4%al di sotto della media del periodo 19812010. A fare presente questo aspetto da non sottovalutare è stata l'analisi del National Snow and Ice Data Center. Insomma, chiari segnali dei continui e repentini cambiamenti climatici dovuti alla forte e massiccia presenza dell’attività antropica sull’ambiente, lasciando un’impronta profonda a cui bisogna repentinamente porre rimedio. Così, il 2020 sarà un anno indimenticabile sotto tanti punti di vista, per così dire: un anno caldo.


Presto a Copenaghen alberi da frutto in strada Un'iniziativa utile per offrire a tutti spuntini genuini e sani Se non avete mai provato il piacere di raccogliere un frutto direttamente da un albero e poi gustarlo in tutta la sua genuinità, probabilmente vi siete persi una buona parte delle meraviglie che la natura può offrirci. Certo, non è facile farlo: nella vita di tutti i giorni e nei contesti in cui ci troviamo magari è raro avere a disposizione alberi da cui attingere o aver modo di coltivarli. Immaginate, però, se la città in cui vivete mettesse a vostra disposizione alberi da frutto per le strade dove tutti i giorni camminate, in modo da poter prendere direttamente da lì i vostri spuntini sani e naturali. Se vi sembra strano, aspettate a dirlo, perché a Copenaghen una cosa del genere potrebbe presto diventare realtà. Le generazioni più giovani, un po' in tutto il mondo, non sanno bene cosa significhi vivere a contatto con terra e natura, avere cioè la possibilità di alimentarsi ogni giorno con prodotti non trattati, coltivati in prima persona e dalla provenienza certa. Sebbene questi siano valori che si stanno pian piano riscoprendo, si può fare ancora molto per attuare un cambiamento e beneficiare di un'alimentazione più sana. Con questi intenti, l'ammini-

Vulcano Etna

Eruzioni parossistiche come quella del Vesuvio Rosario Maisto strazione di Copenaghen ha votato a favore della realizzazione di un progetto tutto volto alla natura. Piantando alberi da frutto e altra vegetazione, i cittadini della capitale danese potranno toccare con mano cosa significa nutrirsi di preziosissimi regali della natura. I sapori che hanno i frutti genuini e appena raccolti, infatti, non hanno niente a che vedere con quelli dei cibi che acquistiamo in negozio, sulla cui provenienza occorre prestare molta attenzione. In Danimarca, poi, raccogliere frutta ed erbe è una vera tradizione. Per legge, i danesi possono raccogliere cibo dalle terre pubbliche come meglio credono. Così come hanno la facoltà di

raccogliere frutta e verdura da proprietà private, purché si trovino su strade o sentieri. La decisione di Copenaghen, in questo contesto, sembra abbastanza ovvia. Il tutto, poi, è inquadrato nel mondo contemporaneo. Tramite una app chiamata Vild Mad (cibo selvaggio), i cittadini potranno avere informazioni sulla raccolta di frutti, bacche, erbe e ortaggi, oltre che sulle varie ricette in cui possono essere impiegati. Senza contare che piantare alberi significa rendere più verde la città e regalare ai suoi abitanti aria più pulita. Insomma: quello di Copenaghen è di sicuro un progetto originale, utile e virtuoso, un esempio da seguire dappertutto.

Lo scivolamento del fianco orientale dell’Etna agisce come una valvola che favorisce o inibisce le eruzioni nel settore immediatamente a monte, la variazione della velocità di scivolamento stesso può essere considerata come una sentinella per eventuali eruzioni parossistiche o processi di intrusione di magma, come quella del Vesuvio, infatti, le eruzioni e lo scivolamento verso il mare del fianco orientale dell’Etna sono molto simili a quelli dei campi Flegrei. Grazie ad un approccio multidisciplinare che ha visto l'utilizzo dell’interferometria satellitare SAR, attraverso l’uso di immagini satellitari radar e della tomografia sismica, i ricercatori hanno analizzato le deformazioni del suolo nell’area Etnea relative ai vari eventi eruttivi e sismici avvenuti tra il 2018 e 2019, in particolare, le misure ottenute sono state integrate con quelle provenienti dalla rete GPS, che misura in maniera continua i movimenti del vulcano, infine, con la tomografia sismica, attraverso lo studio delle onde sismiche, è stata ricostruita la struttura al di sotto dell’edificio vulcanico. Questa complessa analisi multidisciplinare ha evidenziato come il continuo movimento del fianco orientale dell’Etna ha favorito, nel tempo, l’in-

trusione di magmi nell’area immediatamente a monte il collasso stesso. La geometria e l’ubicazione di questi volumi di magma appare coerente con antiche strutture tettoniche messe in evidenza dai dati di tomografia sismica, che dislocano la crosta sotto l’edificio vulcanico favorendo la risalita di magmi verso la superficie. Le risalite magmatiche, a causa delle pressioni interne, provocano un allargamento di diversi metri di tutto l’edificio vulcanico e imprimono un'accelerazione al movimento del fianco orientale determinando eventi sismici e generando una pressurizzazione della parte interessata dall’eruzione. Il problema sorge quando ci sono le eruzioni che possono diventare pericolose, eventi esplosivi improvvisi e di alta energia chiamati parossismi che hanno avuto un grosso impatto sulle infrastrutture, sugli abitanti e su tutto il territorio circostante: si tratta di getti di gas e magma frammentato ovvero piroclasti che raggiungono alcune centinaia di metri di altezza sul bordo craterico, causando esplosioni e grandi quantità di detriti. Come per L’Etna vale anche per il Vesuvio, nostro amato amico che al momento rimane dormiente, ma la possibilità che un giorno si risvegli fa paura proprio a causa di queste catastrofiche eruzioni.


Lockdown e qualità dell'aria: studio sul Bacino padano PrepAIR ha studiato gli effetti delle misure antiCovid: confermato il calo degli ossidi di azoto Life PREPAIR – il progetto europeo che si occupa di politiche della qualità dell’aria nel bacino padano, e che ha come partner le Regioni Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e relative ARPA, la Provincia Autonoma di Trento, ARPA Valle d’Aosta, le municipalità di Milano, Torino e Bologna, ART-ER, Fondazione Lombardia Ambiente e l’Agenzia per l’Ambiente della Slovenia – sta seguendo ormai da mesi, in maniera approfondita, il tema del rapporto tra l’emergenza coronavirus e l’inquinamento atmosferico in Pianura Padana: considerato che la crisi sanitaria causata dal COVID-19 e le conseguenti misure di contenimento adottate hanno generato una drastica riduzione di alcune tra le principali sorgenti di inquinamento atmosferico. Nel corso della primavera era stato elaborato un primo report di approfondimento sulla correlazione tra misure adottate nelle settimane di emergenza coronavirus e qualità dell’aria, presentato ufficialmente a giugno. La ricerca è proseguita nei mesi successivi, e oggi sono disponibili i risultati del secondo rapporto, che articolano ulteriormente quelli presentati a giugno. Lo studio prende in esame i primi cinque mesi dell’anno 2020, quindi il periodo che comprende la diffusione della pandemia, l’attivazione progressiva delle misure di contenimento e le fasi 2 e 3 di riapertura graduale delle attività socio-economiche sul territorio nazionale e di bacino padano. In particolare, il rapporto si è occupato principalmente di tre aspetti e delle loro interazione: la valutazione delle variazione delle emissioni inquinanti causate dalle misure di lockdown, le concentrazioni di inquinanti misurate dalle stazioni di monitoraggio e le condizioni meteorologiche del periodo. L’analisi dei dati di emissione è stata condotta stimando le variazioni settimanali nel periodo che va da metà febbraio a fine maggio, in cui hanno trovato

applicazione le misure per il contenimento dell’emergenza sanitaria, rispetto allo stesso periodo in condizioni normali, cioè in assenza di provvedimenti. Per quanto possibile si è cercato di effettuare valutazioni per ogni settore di sorgenti emissive con metodologie omogenee, compatibilmente con i dati a disposizione per il settore considerato Per stimare l’impatto delle misure di contenimento sulla qualità dell’aria che respiriamo, si deve confrontare lo scenario reale con uno scenario ipotetico “No-lockdown”, cioè con la situazione che si sarebbe verificata in assenza di limitazioni della mobilità individuale e di molte attività. In questo studio, lo scenario reale è dato dalle misure delle stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria; mentre lo scenario “No-lockdown” – che non è direttamente misurabile – è stato ricostruito con specifici modelli chimici e di trasporto, simulando la qualità dell’aria su tutto il nord Italia nei primi mesi del 2020. Va aggiunto che nel report è stata impostata una metodologia per valutare il contributo relativo dei provvedimenti di smart working alle variazioni emissive legate alle diverse misure. I principali risultati hanno messo in luce i seguenti dati. Per quanto riguarda le emissioni: - Nei mesi di febbraio e marzo le emissioni di inquinanti sono diminuite in maniera decisa, per poi cominciare gradualmente a crescere con l’allentamento del lockdown, fino a tornare su livelli pressoché normali, - le emissioni di ammoniaca non hanno subito significative

variazioni, visto che l’agricoltura non è stata interessata dal lockdown, - le emissioni di particolato hanno registrato una riduzione inferiore rispetto a quelle degli inquinanti, a causa dell’aumento del consumo generato dal riscaldamento domestico in modo differenziato da regione a regione, in funzione della diffusione della biomassa. il picco di riduzione delle emissioni di particolato si è registrato in aprile. Per quanto riguarda le concentrazioni: - Le concentrazioni di inquinanti gassosi (NO, NO2, benzene) sono diminuite coerentemente con le emissioni degli stessi - Le concentrazioni di particolato mostrano una dinamica più complessa a causa dell’origine mista (primario + secondario) e del ruolo del meteo. Durante il lockdown sono stati registrati alcuni picchi con superamento delle concentrazioni limite di 50 μg/m3, tutti avvenuti in periodi e aree caratterizzate da meteo stabile favorevole alla concentrazione di particolato. In conclusione, l’analisi dei risultati del lockdown è stata un’occasione per verificare la validità delle valutazioni fatte dal progetto Life Prepair sugli effetti della piena applicazione delle misure previste dai piani aria delle regioni e dagli accordi interregionali e nazionali, confrontandole con i dati raccolti nel periodo lockdown. Questi risultati sembrano confermare la strategia dei piani di qualità dell’aria adottati dalle Regioni e Province autonome del Bacino del Po, oltreché degli accordi interregionali, incentrata su interventi plurisetto-

riali e multi-inquinante a larga scala. In particolare, i risultati dello studio, seppur preliminari, portano a confermare alcuni punti chiave della pianificazione: - Il raggiungimento degli obiettivi europei di qualità dell’aria rende necessario conseguire riduzioni delle emissioni di NOX dell’ordine del 40%. Queste variazioni sembrano essere sufficienti per ridurre la concentrazione in aria di NO2 e confermano la necessità di agire sul settore dei trasporti attraverso azioni finalizzate alla diminuzione consistente dei flussi di traffico ed alla promozione di modalità di spostamento più sostenibili (mobilità ciclistica, elettrica, micro-mobilità, ecc.). - La riduzione delle emissioni di NOX dell’ordine del 40% sull’intera pianura padana, accompagnata da una riduzione delle emissioni di PM primario dell’ordine del 20%, può non essere sufficiente, nelle condizioni meteorologiche di stagnazione tipiche della pianura padana, a garantire il rispetto del valore limite giornaliero e annuale. Sono quindi necessarie misure che consentano di ridurre maggiormente le emissioni di PM10

primario, in particolare nell’ambito del riscaldamento degli ambienti. È inoltre necessario agire anche sulle emissioni dei precursori non direttamente legate al settore dei trasporti, come l’ammoniaca derivante dalle attività agricole/zootecniche. Nella terza parte dello studio si è programmato di approfondire le analisi in modo da verificare e consolidare queste conclusioni preliminari attraverso l’analisi della composizione del particolato, che permetterà di stabilirne con maggiore precisione l’origine. L’obiettivo dello studio nel suo complesso è fornire ai decisori una base conoscitiva sempre più solida per impostare la prossima fase di pianificazione in materia di qualità dell’aria. Il secondo reprt Covid-19. Studio preliminare degli effetti delle misure covid-19 sulle emissioni in atmosfera e sulla qualità dell’aria nel Bacino Padano può essese scaricato sul sito Snpa all’indirizzo https://www.snpambiente.it/20 20/09/29/qualita-dellaria-nellesettimane-di-emergenza-coronavirus-i-risultati-della-second a-analisi-life-prepair/ (da snpambiente.it)


Ispra, pubblicato il Rapporto di sostenibilità L’istituto è il primo ente di ricerca in Italia a pubblicare questo tipo di documento É il primo ente di ricerca in Italia a pubblicare un Rapporto di sostenibilità. Una novità per l’Istituto e una scelta precisa: quella di condividere non solo le attività che hanno visto impegnata Ispra nel corso del 2019, ma anche l’identità, i valori e l’impegno con cui l’Istituto svolge il proprio lavoro da molti anni. L’emergenza Covid-19 ha fatto slittare di qualche mese l’uscita del Rapporto. Un anno particolare, in cui l’ambiente e le pressioni antropiche sull’ecosistema sono diventate un tema centrale del dibattito scientifico. Allo stesso tempo l’Italia si troverà nei prossimi mesi ad effettuare scelte importanti nel campo dell’ambiente e della digitalizzazione. Tutto nel quadro più ampio dell’Agenda 2030, del Green Deal, dell’Accordo di Parigi e della Strategia sulla Biodiversità. Fondamentale, quindi, per un Istituto come Ispra offrire un panorama generale delle attività, delle competenze e delle professionalità da mettere al servizio del Paese. Il documento offre una visione complessiva del ruolo e delle attività di Ispra. Dopo una presentazione dell’Istituto,

Arpa CAMPANIA AMBIENTE del 30 settembre 2020 - Anno XVI, N.18 Edizione chiusa il 30 settmbre 2020 DIRETTORE EDITORIALE Luigi Stefano Sorvino DIRETTORE RESPONSABILE Pietro Funaro CAPOREDATTORI Salvatore Lanza, Fabiana Liguori, Giulia Martelli IN REDAZIONE Cristina Abbrunzo, Anna Gaudioso, Luigi Mosca, Andrea Tafuro GRAFICA E IMPAGINAZIONE Savino Cuomo HANNO COLLABORATO I. Buonfanti, A. Cammarota, F. De Capua, G. De Crescenzo, P. Falco, G. Loffredo, R. Maisto, C. Marro, A. Morlando, A. Palumbo, A. Paparo, S.Patrizio, T. Pollice, M. Tafuro SEGRETARIA AMMINISTRATIVA Carla Gavini DIRETTORE AMMINISTRATIVO Pietro Vasaturo EDITORE Arpa Campania Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1 80143 Napoli REDAZIONE Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1- 80143 Napoli Phone: 081.23.26.405/427/451 Fax: 081. 23.26.481 e-mail: rivista@arpacampania.it magazinearpacampania@libero.it Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Napoli n.07 del 2 febbraio 2005 distribuzione gratuita. L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne la rettifica o la cancellazione scrivendo a: ArpaCampania Ambiente,Via Vicinale Santa Maria del Pianto, Centro Polifunzionale, Torre 1-80143 Napoli. Informativa Legge 675/96 tutela dei dati personali.

“I quattro elementi”, su RaiDue il monitoraggio Arpac del Sarno ISPRA

RAPPORTO DI SOSTENIBILITÀ 2020

"I quattro elementi. La natura che parla" è il nuovo programma di informazione sulle questioni ambientali di attualità, in onda su RaiDue dal 23 settembre al 2 ottobre, realizzato in collaborazione con l'Arma dei Carabinieri e condotto da Luigi Pelazza. Nella puntata di ieri, nel corso di un reportage sull'inquinamento del Sarno, è stato mostrato il lavoro dell'Arpa Campania a supporto del Noe dei Carabinieri e i risultati del moni-

toraggio della qualità delle acque del fiume realizzato dall'Agenzia durante il lockdown. È intervenuto il direttore tecnico Claudio Marro. RaiDue, "I quattro elementi. La natura che parla". Puntata del 28 settembre 2020. Arpac al 6', 8'45", 9'40". Il video è disponibile all’infirizzo: https://www.raiplay.it/video/2020/09/I -Quattro-Elementi---La-Natura-cheparla-f90a73e8-974b-4819-8f210d201794e9d9.html

della governance e dell’identità, seguono alcuni approfondimenti su temi che si possono ricondurre a tre macro-focus: il cambiamento climatico, l’economia circolare, gli ecosistemi e la biodiversità. Leggi il Rapporto completo: https://www.isprambiente.gov.it/files 2020/pubblicazioni/documenti-tecnici/rapporto-2020-isprasettembre.pdf (da www.snpambiente.it)

#AmbienteInFoto, concluso il foto-concorso Snpa On-line un patrimonio di immagini dell’Italia Si è concluso alle 24:00 di domenica 27 settembre, dopo 15 settimane, il concorso fotografico “Fotografa l’ambiente della tua regione” promosso dalla redazione di AmbienteInforma. Complessivamente hanno partecipato 377 persone, che hanno proposto 1.882 immagini dell’ambiente. Un successo straordinario, per il quale la redazione di AmbienteInforma ringrazia davvero di cuore tutte/i coloro che hanno assicurato il loro contributo. Sono giunte foto da ogni angolo dello stivale e su tutti i temi che avevamo proposto. Ogni partecipante ha inviato, in media 5 foto, 301 sono stati quelli/e che hanno proposto fra 1 e 5 immagini; 62 fra 6 e 20 immagini e 14 più di 20 immagini. Complessivamente la redazione del Notiziario Snpa ha raccolto un vero e proprio patrimonio fotografico che ha già iniziato ad utilizzare e ancora di più verrà utilizzato nelle prossime settimane e nei prossimi mesi nelle varie iniziative di comunicazione del Snpa, di Ispra e di tutte le agenzie ambientali. (da www.snpambiente.it)


RITORNO A SCUOLA: UN’OCCASIONE DI CAMBIAMENTO MANCATA? La proposta del WWF: arricchire l’offerta educativa con lezioni a contatto con la natura Giulia Martelli Le scuole stanno ricominciando quasi dappertutto, salvo il ritardo in alcuni comuni della nostra regione ma, a giudicare dalle modalità di riapertura, emerge forte e chiara l’immagine di un sistema in forte difficoltà a ripensarsi, ad andare oltre le specifiche rimodulazioni organizzative utili a consentire distanziamento e sicurezza. L’occasione per una trasformazione dei modi di fare scuola sul piano della didattica, delle relazioni e dei linguaggi è oggi affrontata come una semplice emergenza logistica, tralasciando la possibilità di un rinnovamento avvertito già da molti anni ed oramai non più rinviabile. In Italia, per ora, la sfida principale della scuola postcovid sembra essere quella di trovare spazi adeguati e sicuri – caratteristiche che purtroppo anche prima della pandemia non erano dappertutto garantite – tralasciando, ad esempio, l’importanza di arricchire l’offerta educativa grazie a lezioni a stretto contatto con la natura che permettano di migliorare la

qualità dell’apprendimento superando quello che diversi studiosi hanno definito come disturbo da deficit di natura che comporta disattenzione, svogliatezza, noia, persino ansia e depressione oltre ai tradizionali pericoli legati alla sedentarietà. A farsi portavoce di questa necessità è il WWF Italia, ideatore del progetto sperimentale “Aule natura”che prevede di dotare le scuole delle 14 città metropolitane della penisola di “strutture” verdi di supporto alla didattica nelle aree esterne degli istituti scolastici – che nella maggior parte dei casi risultano purtroppo abbandonate al degrado e all’incuria – in grado di garantire la delimitazione di uno spazio e l’opportuno distanziamento tra gli alunni.

Il progetto prevede la realizzazione di differenti microhabitat (stagno, siepi, giardino) in cui osservare direttamente non solo le diverse forme di piante e animali, ma anche scoprire le relazioni che li legano tra di loro, attirando in particolare insetti impollinatori e uccelli, offrendo luoghi-rifugio alla piccola fauna, allestendo un orto didattico.

In un’intervista, Maria Antonietta Quadrelli responsabile dell'Ufficio Educazione del WWF Italia, ha dichiarato: "Ho letto attentamente tutti i documenti del Comitato Tecnico Scientifico in cui è stato fatto un monitoraggio di tutti gli spazi interni ed esterni alla scuola utilizzabili per la didattica, ebbene, non viene mai citato il giardino o il cortile della scuola. Se guardiamo i dati, i bambini e gli studenti nei capoluoghi di regione hanno a disposizione 8,5 mq a testa di spazi all'aperto, quindi più del doppio di quella che è la metratura necessaria per il distanziamento. Uno spreco che diventa anche un inquietante messaggio per il futuro: se gli unici spazi all'aperto che i bambini vedono a scuola sono abbandonati o usati come rimesse, come tratteranno la natura quando saranno adulti? È qui che interviene l'aula-natura, tanti stimoli naturali attraverso cui si possono insegnare e integrare non solo le scienze e la biologia ma anche arte, narrativa, meteorologia, geografia”. “Ora che ci sono le risorse per investire sulla scuola – ha spiegato la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi – torniamo a chiedere al governo che la natura diventi

una parte integrante del percorso educativo con programmi pluriennali. Ma passerà del tempo prima che queste risorse diventino accessibili ed è proprio per questo che abbiamo deciso di chiedere il sostegno dei cittadini per cominciare a costruire le prime Aule Natura. Possono candidarsi ad ospitare un’aula natura le scuole primarie o gli istituti comprensivi di aree metropolitane caratterizzate da situazioni di scarsità di verde e/o in territori che devono affrontare particolari problematiche ambientali o sanitarie, le scuole con una consistente percentuale di alunni in situazione di fragilità o svantaggio o quelle che abbiano inserito nella loro programmazione attività e progetti di educazione ambientale e che in passato abbiano realizzato progetti significativi su tematiche ambientali o legate alla sostenibilità. Per avviare il progetto è anche necessario disporre di uno spazio esterno libero di almeno 80 metri quadrati ed è indispensabile che la scuola si impegni a garantire l’utilizzo e la manutenzione dell’aula una volta consegnata”. Per ulteriori info e per aderire è possibile consultare l’apposita pagina del sito del WWF.


Parte a Napoli il progetto “A scuola sicuri e sostenibili” Un percorso educativo per sensibilizzare circa il corretto smaltimento dei sistemi di protezione individuali Fabiana Liguori L’improvvisa e capillare diffusione del Coronavirus ha determinato non poche conseguenze. Durante la primavera in lockdown molti erano convinti che avremmo in pochi mesi sconfitto la pandemia e che ne saremmo usciti più belli e forti di prima. È autunno e da qualche settimana siamo sempre più bersaglio del virus, da pochi giorni indossiamo la mascherina all’aria aperta, sempre. Quanta presunzione, quanto narcisismo, si manifestano negli esseri umani. Così pieni di se stessi, così brutalmente superficiali, buffoni, eccessivi. Dopo i raccapriccianti e numerosi fatti di cronaca, dopo le gravi aggressioni che la natura e il territorio hanno dovuto subire, anche in questi mesi di gravi perdite e sofferenze dovute al Covid 19, siamo sempre più convinti che sia necessaria una rivoluzione socio culturale che stringa le nuove generazione e che parta dalle scuole. L’etica, l’educazione sociale e ambientale e perchè no l’educazione all’Amore, così prefe-

riamo chiamarla per non toccare la suscettibilità di alcune persone, sono tematiche che andrebbero senz’altro affrontate nei programmi scolastici e questo perché solo coltivando buona terra, piantando semi “puliti”, possono crescere frutti sani e responsabili. Di questo, sono certi molte associazioni, gruppi, fondazioni, che ogni anno cercano di portare negli istituti italiani, progetti e iniziative di informazione e formazione per le donne e gli uomini di domani. Il ritorno all’utilizzo diffuso e continuativo dei dispositivi di protezione individuali (DPI), porterà senz’altro effetti dannosi anche sull’ambiente considerando le già scellerate modalità di smaltimento a cui abbiamo assistito in questo periodo: in strada non più solo mozziconi, escrementi di cani, qualche gomma e involucri di merendine ma, dulcis in fundo, mascherine a go go, giusto per non farci mancare nulla. A Napoli è partito il progetto “A scuola sicuri e sostenibili”, sostenuto da Legambiente Campania, Federfarma Napoli e Ordine dei Farmacisti di Napoli: un percorso educa-

tivo che coinvolge oltre 200 scuole tra Napoli e provincia e diverse migliaia di studenti della scuola primaria, per sensibilizzare sul corretto smaltimento dei DPI. Nell'ambito del programma saranno distribuiti negli istituti scolastici mille contenitori destinati al corretto conferimento delle mascherine usa e getta e saranno realizzati percorsi di educazione ambientale destinati ad alcune scuole, per ognuna di queste verranno coinvolte due classi per due incontri: il primo, più informativo, in cui le attività saranno focalizzate sul problema rifiuti e sul loro corretto conferimento, il secondo, di tipo laboratoriale, in cui gli alunni verranno coinvolti in giochi di simulazione delle procedure di differenziazione dell’immondizia. Il progetto si svolge anche in alcuni comuni della provincia quali: Casoria, Acerra, Castellammare di Stabia, Gragnano, Arzano, Nola, Marigliano, Somma Vesuviana, Ottaviano, San Sebastiano al Vesuvio, Torre Annunziata, Portici, Bacoli, Pozzuoli, Giugliano e Ischia. (Foto tratta dalla pagina facebook Legambiente Campania)

Hanno detto “Una sinergia fondamentale per parlare ai ragazzi dell'uso e dello smaltimento corretto dei DPI. Le nostre abitudini possono avere un impatto enorme e questo virus lo sta dimostrando. Il progetto è senz’altro un'azione di corresponsabilità e di senso civico che fa bene alla salute e all'ambiente". Mariateresa Imparato, Presidente Legambiente Campania

“L'emergenza Covid ha messo in luce anche il tema della tutela dell'ambiente poiché la dispersione di guanti, mascherine e altri dispositivi di protezione ha un impatto notevole sull'ecosistema. Come Ordine dei Farmacisti siamo dunque in prima linea in questa campagna di sensibilizzazione che punta ad educare al corretto conferimento dei rifiuti attraverso il confronto e il dialogo con i ragazzi”. Vincenzo Santagada, Presidente Ordine Farmacisti di Napoli

“La farmacia napoletana vuole essere punto di riferimento non solo per la cura ma, soprattutto, per la prevenzione che già facciamo quotidianamente all’interno delle nostre strutture. La salvaguardia dell’ambiente è anche salvaguardia della salute pubblica.” Riccardo Iorio, Presidente di Federfarma Napoli


Le acque reflue assimilate alle acque reflue domestiche Gli aspetti autorizzativi previsti dalla regolamentazione semplificata Claudio Marro Pasquale Falco (prima parte) Per una attività imprenditoriale è molto importante conoscere i percorsi autorizzativi che devono seguire i propri reflui. Appare utile pertanto presentare una panoramica sugli aspetti autorizzativi per una particolare tipologia di acque reflue, le acque reflue assimilate alle acque domestiche, per le quali, grazie al loro carico inquinante intermedio rispetto ai reflui industriali e ai reflui domestici, è prevista una regolamentazione semplificata. Le acque reflue industriali, definite come “qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento”, per essere scaricate, necessitano di una autorizzazione preventiva.

Al contrario le acque reflue domestiche (a.r.d.), “provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi, derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche“, non richiedono autorizzazione; infatti, sono sempre ammesse nelle reti fognarie per il loro contenuto di inquinanti non elevatissimo e per le loro quantità non considerevoli. Alcune categorie di acque reflue, pur non essendo per genesi a.r.d., non si discostano molto da esse per un carico di inquinanti analogo o di poco superiore, per cui possono essere assimilate, ai fini della disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, alle stesse a.r.d. dalla normativa nazionale (art. 101 Testo Unico Ambientale, TUA, e dal DPR n. 227 del 19.10.2011) e quella regionale (Regolamento n. 6/2013). L’elenco, di cui all’art. 101 del TUA, è riproposto nella tabella a pagina 11. segue a pag.11


segue da pagina 10 Scorrendo la tabella si riscontrano ben determinate attività che attengono a vari settori i cui reflui possono essere assimilati alle a.r.d.; compare inoltre un’ultima categoria generica (co. 7 lett. e), per la quale si sostanzia un rimando diretto alla regolamentazione regionale (Regolamento n. 6/2011). I vantaggi derivanti dalla procedura di assimilazione alle a.r.d. sono diversi: • per l’attività che effettua l’immissione, la non obbligatorietà dell’autorizzazione allo scarico permette di godere di una concreta semplificazione burocratica. Nell’art. 124 co. 1 del TUA si legge: “Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati” e al successivo co. 4: “In deroga al co.1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell’osservanza dei regolamenti fissati dal Gestore del Servizio Idrico Integrato ed approvati dall’Ente di governo dell’Ambito”. Se ne deduce che le immissioni di a.r.d. e quelle di acque reflue assimilate alle a.r.d. non sono soggette ad una preventiva autorizzazione, ma sempre ammesse in fogna, purchè siano rispettati i regolamenti dati. • inoltre, la depurazione, effettuata in un unico, grande e controllato sistema di depurazione, posto a valle del sistema fognario e in grado di assicurare il trattamento depurativo anche di tanti flussi di acque

reflue nel rispetto dei limiti per lo scarico finale, costituisce effettiva economia di scala; lo scenario alternativo, fatto di numerosi e piccoli impianti di trattamento, non garantisce la stessa efficacia depurativa complessiva. Al fine di garantire comunque una valida azione depurativa, è statuito che, in assenza di limiti stabiliti dall'Autorità competente, o in mancanza di un impianto finale di trattamento in grado di rispettare i limiti di emissione dello scarico finale, è obbligatoriamente richiesto il rispetto dei v.l.e. della Tabella 3 dell’Allegato 5 Parte Terza D. lgs 152/2006. D’altro canto, l’Autorità Competente, cioè l’Ente che dispone l’immissione e che è anche Autorità di controllo, svolge attività finalizzate alla verifica e al controllo sul reale contenuto di inquinanti; infatti, “per gli scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella convenzione di gestione” ed inoltre “tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del co. 7 lett. e) devono essere resi accessibili per il campionamento da parte dell’autorità competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che ……. va effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e marine, le fognature, sul suolo e nel

sottosuolo”. Da questo consegue innanzitutto che anche quelli di a.r.d. e di a.r. assimilate alle a.r.d. possono essere definiti scarichi, pur essendo semplici immissioni, e che, inoltre, tutte le tipologie di scarico sono sotto-

poste a verifica a mezzo del “pozzetto fiscale”, nel quale avvengono i campionamenti per i controlli. Fanno eccezione gli scarichi di a.r.d. e, tra quelli assimilati, solo di quelli assimilati ai sensi dell’art. 101 co. 7 lett.e, anche se la regola-

mentazione regionale, come si vedrà, introduce ulteriori limitazioni. Ai criteri dettati dal Regolamento regionale n. 6/2013, che verranno trattati successivamente, rimanda anche il DPR n.227/2011.


GLI EFFETTI DEL RAZZISMO SULL’AMBIENTE Alcuni ricercatori hanno analizzato l'influenza che le disuguaglianze di razza hanno sull’ecologia Angela Cammarota L'ambiente e il razzismo sono due concetti che raramente accostiamo ma che in realtà sono abbastanza collegati tra di loro. Alcuni ricercatori hanno analizzato l'influenza che le disuguaglianze di razza hanno sull’ ecologia, sull’evoluzione e sulla biodiversità. Il razzismo oltre a distruggere, ledere e offendere le persone distrugge anche il pianeta e la salute. I problemi ambientali non dovrebbero prescindere da quelli sociali, ma includerli; vivere in un luogo che vanta un’elevata stabilità ecologica migliora il tenore di vita di ciascuno, ha un impatto diverso e migliore sugli uomini e sulla natura. Se consideriamo, ad esempio, la vita in alcuni quartieri, ai margini delle grandi ed evolute città americane, abitati prevalentemente da persone di minoranze etniche con basso reddito ci rendiamo conto che in questi quartieri scarseggiano ad esempio gli spazi verdi rispetto le zone più centrali e abitate per lo più da bianchi e ricchi. Tali diversità sociali ed economiche danneggiano di fatto anche la natura e la biodiversità; in queste zone periferiche e palesemente marginalizzate sono sempre

più frequenti l’istituzione di discariche a cielo aperto e siti di smaltimento di rifiuti ed un elevato tasso di inquinamento. La scarsità di alberi, ad esempio, in determinati territori non migliora non solo l’aspetto dei quartieri e la loro vivibilità ma non aiuta nemmeno dal punto di vista delle condizioni termiche; le temperature, difatti, sono sempre calde e la situazione igienico ambientale non è, di certo, delle migliori. Sembrerà banale ma (non è così) migliorare il tenore di vita e porre un freno al razzismo sociale aiuterebbe l’ambiente e la salute. Da un ultimo studio dell'American Heart Association, l’associazione dei cardiologi USA, è stato accertato che il razzismo e quindi le discriminazioni arrecano stress capace di aumentare notevolmente, nei soggetti, serie e gravi patologie cardiologiche e psicologiche . Purtroppo negli USA, gli effetti collaterali dell’industrializzazione, inquinamento da rifiuti tossici e discriminazione razziale, sociale ed economica sono spesso due facce della stessa medaglia. Ma il razzismo ambientale non è proprio soltanto delle élite americane, è piuttosto un fenomeno globale sistemico, insito nelle catene di

valore dei cicli produttivi. Il riferimento probabilmente più problematico è quello delle discariche nei paesi in via di sviluppo: dall’India che ospita circa il 90% dell’e-waste mondiale, al Ghana della centrale di stoccaggio, smaltimento e riciclaggio di immondizia più grande del mondo, quella di Agbogbloshie, fino alle vantaggiose esportazioni legali e ille-

gali di rifiuti di plastica delle società petrolchimiche americane verso paesi come il Kenya. È necessario quindi che la politica, a livello mondiale, comprenda che attraverso la “giustizia ambientale” si può contribuire a porre un freno anche alle ingiustizie sociali al fine di realizzare in concreto il principio di Uguaglianza sostanziale tanto caro

anche alla nostra Costituzione (art3). La sensibilizzazione circa il razzismo ambientale, epicentro della discriminazione razziale da un punto di vista sostanziale, deve comunque fare ancora molta strada, per poter ribadire con fermezza e cognizione quanto il diritto all’ambiente appartiene a tutti i popoli e i territori.


LA “BAUBOTANIK” DI FERDINAND LUDWIG Mira segnatamente ad abbattere le differenze tra ciò che è artificiale e ciò che è naturale Antonio Palumbo Nel variegato panorama dell’architettura ecosostenibile il tedesco Ferdinand Ludwig è uno dei protagonisti in ascesa più giovani e interessanti: coordinatore scientifico del gruppo di ricerca “Baubotanik” presso l’IGMA dell’Università di Stoccarda (l’area di ricerca, da marzo 2017, fa parte della cattedra di Green Technologies in Landscape Architecture, dove viene continuamente implementata in un ampio network interdisciplinare), Ludwig, conseguito il dottorato nel 2012, ha fondato con Daniel Schönle lo studio Ludwig.Schönle, un ufficio collaborativo incentrato sulle strategie di progettazione finalizzate ad integrare i concetti sviluppati da Baubotanik con l’architettura e la pianificazione urbana. La ricerca promossa dal gruppo definisce un metodo di costruzione in cui le strutture vengono create attraverso interazione di giunzioni tecniche e crescita delle piante. A tal fine, gli elementi costruttivi, viventi e artificiali, sono collegati tra loro in modo tale da crescere insieme per formare una composita ossatura tecnico-vegetale: le singole piante si fondono in un nuovo e più esteso organismo globale e l’insieme degli elementi determina la struttura dell’intero impianto. Utilizzando gli alberi come elementi costruttivi, l’approccio inaugurato da Baubotanik mira segnatamente ad abbattere le differenze tra ciò che è artificiale e ciò che è naturale. In sintesi, come afferma lo stesso Ludwig, «i progetti di Baubotanik sono costruiti ma vivi» e presentano tutte le positive caratteristiche degli alberi: forniscono ombra, rinfrescano e filtrano l’aria, regolano il ciclo naturale dell’acqua, producono ossigeno e assorbono CO2; le loro imponenti tettoie sono estetica-

mente arricchenti e rappresentano un co-habitat per uomini, piante e animali, contribuendo a determinare una migliore qualità della vita individuale e alla creazione di un ecosistema resiliente. Nel contempo, Baubotanik rappresenta una sfida per l’architettura dei nostri tempi ed un invito per la società civile alla mobilitazione generale in favore dell’ambiente. Le sue tecniche eco-innovative consentono di realizzare immediatamente edifici nella dimensione e nella forma di alberi completamente cresciuti; inoltre, progettare un’architettura vivente mette in discussione il tradizionale approccio al design statico, richiedendo piuttosto un pensiero ed un metodo basati sul

processo, l’accettazione di fattori parzialmente incontrollabili e la volontà di riconoscerli come opportunità estetiche. Lo sviluppo, nell’arco di 5 anni, di una connessione tra pilastri di piante viventi e corrimano in acciaio inossidabile (per cui le piante stesse crescono intorno ai tubi, creando con essi una forma unitaria) è una delle tecniche principali adottate da Baubotanik, che evidenziano, nondimeno, la controversa relazione tra natura e tecnologia. Possono essere visti come una simbiosi tra la vita umana e quella vegetale o come un abuso ed una irrispettosa alterazione delle caratteristiche degli elementi arborei: tale ambivalenza sta provocando un intenzionale quanto diffuso dibattito

sul modo in cui gestiamo la natura nella nostra cultura odierna. Si tratta, però, di un dibattito che tende a dimenticare il passato della città europea, quando essa era separata dai boschi e dalle foreste circostanti e quando, in seguito, gli alberi entrarono in città e la città stessa si espanse nella campagna. Baubotanik si occupa, appunto, di nuove tipologie edilizie, che vogliono ridefinire il rapporto tra interno ed esterno, città e paesaggio, ambiente e cultura, riconducendo la dispersione di architettura e natura ad una fusione in cui edifici e alberi possano fondersi in una inscindibile unità: il Plane-Tree-Cube realizzato a Nagold, in Germania, ne è un esempio emblematico.


pagine a cura di: Gennaro De Crescenzo e Salvatore Lanza

I viaggiatori del passato innamorati della nostra terra RAOUL DE CROY Come rendere innanzitutto con delle espressioni il magico quadro di Napoli con questo cielo sconosciuto in Francia, questo bel golfo solcato dai battelli a vapore e dalle barche indolentemente chine dei pescatori? Davanti a noi si estende un magnifico anfiteatro di case, di palazzi, di ville, delle montagne della Somma e del Vesuvio; i loro nomi evocano le tradizioni dell’antichità congiunte con le eterne bellezze della natura. Che sguardi smaniosi, avidi, commossi hanno abbracciato questo splendido panorama che la memoria guarderà come un sogno, allorché, al momento del ritorno, pellegrini di qualche settimana, noi vedremo poco a poco svanire, nel caldo vapore del sole, le linee sempre più incerte di queste rive incantate! Ma il sole è così bello, l’aria così dolce, che, finché i broccoli e il pane non sono troppo cari, quando c’è un po’ di lavoro, i bambini si rotolano

con grande godimento sulla lava della strada, la donna canta e fila, e nelle grandi feste ci si accontenta, se se ne ha la possibilità, in questi giorni, di tirare dei petardi e di offrirsi i piatti nazionali, i capitoni, i maccheroni con accompagnamento di formaggio. Le sere d’estate si danzerà la tarantella e, se fa molto caldo, si offrirà per un grano (4 centesimi) un bicchiere d’acqua ghiacciata con dell’anice. Eccoci in viaggio con il nostro carosello a tre cavalli, bardati di sonagli e campanelle; attraversiamo la parte della città che segue il golfo del Chiatamone verso la strada nuova e che viene generalmente chiamata la Marinella; alla nostra destra il mare, alla nostra sinistra una fila di case ornate da ghirlande di scorze di meloni gialli e d’arance che maturano all’aria e si conservano per Natale. Oltrepassiamo il castello del Carmine, la caserma di cavalleria e arriviamo al

ponte della Maddalena, sul quale si innalzano le statue di San Gennaro e di Sant’Antonio; siamo fuori della città e perdiamo di vista il mare. Dai

Granili, vasti magazzini di frumento a Torre Annunziata, la vista ritrova il Mediterraneo, e la strada è bordata da affascinanti abita-

zioni, occupate durante la stagione di villeggiatura, in primavera e in autunno, dalla nobiltà di Napoli. segue a pag.15


segue da pagina 14 Ci appaiono Portici e il suo palazzo. Povero palazzo, spogliato - ahimè - delle collezioni d’antichità trovate a Pompei e a Ercolano, trasportate al museo Borbone. La corte l’abitava, un tempo, durante l’autunno; dopo, esso è passato in chissà quali mani. Alziamo gli occhi e, in mezzo agli starnuti che ci causano queste nubi di zolfo sparse nell’aria, un panorama mirabile si dispiega ai nostri sguardi sotto gli ultimi splendori del giorno. A oriente, il promontorio di Sorrento, le isole di Capri, Ischia, Procida e poi una lunga linea di mare azzurro; a mezzogiorno, Capo Miseno, Pozzuoli, il pendio di Posillipo con le sue colline che avanzano. La loro vetta è coperta di vigne, di chiese, di ciuffi di bosco immersi in una tinta d’oro; infine Portici, le due Torri e i Camaldoli vengono a terminare questo quadro che le parole non saprebbero rendere, con una distesa di vegetazione e di fiori. ANTOINE-ÉTIENNE CARRO Ora, fu già un’affascinante passeggiata questa prima corsa piuttosto lunga che facemmo dalla stazione all’Hôtel du Globe, vicino al Largo del Castello. Durante il tragitto noi dovemmo costantemente seguire il lungomare che conduce al molo, tutto in-

gombro di una popolazione agitata e chiassosa, tutto scintillante delle luci di migliaia di botteghe all’aperto. A sinistra il mare con la profondità insondabile del suo orizzonte; a destra una serie ininterrotta di alte case, a sei e sette piani, in cui le miriadi di finestre risplendevano del riverbero della luce celeste. Tutto ciò era, in successione, imponente, gaio, solenne, frastornante. La ferrovia passa radente il bordo del golfo, mentre dall’altro lato costeggia un seguito di villaggi, o piuttosto di cittadine, che si chiamano Portici, Resina, Torre del Greco, Torre Annunziata, successione appena interrotta, nel corso di tre leghe, da graziose ville o da case di pescatori e di operai con gallerie esterne ad arcate, e soprattutto da case quadrate con il tetto a terrazza. E, sopra tutto questo, il Vesuvio sempre temibile, se non sempre minaccioso. Una strada magnifica. Era domenica, era una di quelle sere tiepide che hanno tanto fascino in quei paesi: dappertutto, sulla strada, dei costumi vari e pittoreschi, dappertutto gli abitanti delle ville sui balconi, gruppi di fanciulle in mezzo a gruppi di fiori, e questo spettacolo si succedeva per più di due leghe, e la rapidità della corsa non lasciava, per così dire, che il vago ricordo come di un’apparizione fantastica.


L’ATTESO RISVEGLIO DI ELEA Iniziati i lavori di restauro e valorizzazione dell’antica polis di Elea-Velia Salvatore Patrizio* Nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, esattamente nel comune di Ascea, vi era l’antica e splendida polis magnogreca di Elea (dal nome della locale sorgente Hyele) fondata intorno al 540-535 a.C. dai greci di Focea in fuga dall’occupazione persiana dell’Asia Minore. Strabone (Geografia, Libro VI, Capo I) ci dice che la città di Elea era governata da leggi (le famose “buone leggi” fondate sull’ordine e sull’uguaglianza tra i cittadini), volute dal filosofo eleate Parmenide, che consentirono agli abitanti di vivere un lungo periodo di pace sociale e prosperità economica. Nella prima metà del V sec a.C., intorno alla figura del filosofo, si formò una vera e propria scuola filosofica presocratica, conosciuta come “Scuola Eleatica”, che ebbe una grande influenza nell’evoluzione del pensiero greco. Uno degli allievi più importanti fu Zenone, anch’egli nativo di Elea, da molti considerato il padre della matematica di precisione. Accanto alla Scuola Filosofica Eleate prosperò e crebbe anche la Scuola Medica alla quale si ispirò, nel medioevo, la Scuola Medica Salernitana che verosimilmente ne fu l'erede diretta. Nel 272 a.C. Elea strinse un trattato di alleanza con la po-

Porta Rosa tente Roma e nell’88 a.C., dopo la guerra sociale, diventò municipium Romanum cambiando il suo nome nella forma latinizzata Velia. Varie vicissitudini portarono al declino della città fino a farne perdere le tracce. Venne alla luce, alla fine dell’800, in occasione dei lavori per la costruzione del tratto ferroviario Vallo della

Lucania-Pisciotta. Nell’area archeologica di Elea-Velia è attualmente possibile ammirare, oltre ad insediamenti abitativi e varie botteghe, una necropoli di età romana, un’importante edificio pubblico della prima età imperiale (che è stato variamente interpretato come palestra, scuola medica o come sede del culto di Augusto), le

Teatro

Erma di Parmenide Terme Adrianee e il santuario di Asclepio. Sull’acropoli ci sono il teatro ed il basamento di un tempio ionico dedicato probabilmente alla dea Atena. In cima al crinale, in una stretta gola naturale che congiunge il Quartiere Meridionale con quello Settentrionale, si incontra un’opera architettonica di straordinario valore: un arco a volta a tutto sesto (Porta Rosa) che costituisce il solo esempio di arco greco in tutta la Magna Grecia. In virtù del suo straordinario valore il sito di Elea-Velia è stato riconosciuto dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Con il DPCM n. 169 del 2/12/2019 ed il successivo D.M. n. 21 del 28/01/2020, l’Area archeologica di EleaVelia è stato accorpata al Parco archeologico di Paestum portando alla nascita del nuovo “Parco archeologico di Paestum e Velia”, sotto la lungimirante direzione del dr. Gabriel Zuchtriegel. Grazie, principalmente, ai fondi del PON “Cultura e Sviluppo” 2014-2020, con i quali è stato finanziato il progetto “Velia, città delle acque” (lavori di restauro e valorizza-

zione e servizi e forniture per la fruizione), ed ai fondi propri del Parco, sono in corso di realizzazione importanti lavori di restauro e valorizzazione per l’intera area archeologica, sotto la supervisione tecnico-scientifica dell’esperto funzionario archeologo, dott. Francesco Uliano Scelza. Tra i tanti interventi ricordiamo il restauro dell’area delle terme ellenistiche e della fonte Hyele, la riapertura di Porta Rosa, il restauro del teatro e della torre medievale, il ripristino del percorso delle terrazze sacre, il restauro delle terme romane e del famoso mosaico del frigidarium, la fruibilità delle sale degli antiquaria, la messa in sicurezza del sito dal dissesto idrogeologico, la digitalizzazione dell’archivio e tanto altro ancora. In conclusione, le attività di tutela e di valorizzazione dell’area archeologica, inserite in un contesto più ampio di crescita e coniugate alle tante energie ed alle varie risorse territoriali, potranno essere un fondamentale ed irripetibile volano di sviluppo per l’intero Cilento. *CNR-IRET UOS di Napoli


L’accertamento fiscale e l’accesso ai documenti amministrativi L’inaccessibilità agli atti è limitata alla fase di “pendenza” del procedimento Felicia De Capua L’art. 24 della l. n. 241 del 1990, nella parte in cui esclude il diritto di accesso con riferimento ai procedimenti tributari, per costante giurisprudenza va interpretato nel senso che la inaccessibilità agli atti è limitata alla fase di mera «pendenza» del procedimento tributario, sino all’adozione del provvedimento definitivo di accertamento dell’imposta dovuta, sulla base degli elementi reddituali, che conducono alla quantificazione del tributo, non sussistendo, nella fase di conclusione del procedimento, esigenze di segretezza. Tale assunto è stato confermato dal Consiglio di Stato, VI sezione, con la sentenza del 24 settembre 2020, n. 5565. Il contenzioso in esame riguarda il diniego di accesso agli atti che il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha opposto a un docente di ruolo in part-time presso un Istituto d’Istruzione, nonché medico esercente attività libero-professionale di odontoiatra, in relazione all’istanza di accesso

con la quale chiedeva l’esame ed il rilascio in copia fotostatica degli atti inerenti la verifica della Guardia di Finanza, tra cui i documenti che hanno determinato l’attività ispettiva e i relativi verbali. L’amministrazione ha fondato detto diniego sull’assunto di un mancato nesso tra l’interesse personale, attuale e concreto del richiedente e la situazione giuridicamente rilevante posta alla base della richiesta di accesso. Di contro i giudici di Palazzo Spada rilevano, dalla lettura dell’istanza di accesso, che il ricorrente ha richiesto i documenti la cui conoscenza è necessaria per difendere i propri interessi nell’ambito del giudizio tributario avverso l’accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate. La richiesta in esame è ritenuta strumentale rispetto alle esigenze difensive del richiedente in sede di accertamento tributario. In più i giudici affermano che la circostanza che alcuni dei documenti richiesti non siano stati utilizzati per l’accertamento fiscale (come affermato dall’ammini-

strazione nel provvedimento di diniego) non fa venire meno l’interesse del ricorrente a conoscerne il contenuto, anche in considerazione della pendenza dei procedimenti penali. Di poi aggiungono che la circostanza della pendenza di un procedimento penale non implica, come sostenuto dall’amministrazione, che il ricorrente debba

necessariamente avvalersi degli "strumenti normativi previsti dal codice di procedura penale" escludendo quindi la possibilità di ricorrere allo strumento dell’accesso ai documenti amministrativi. Infine, statuiscono i giudici, neanche sussiste, nel caso in esame, l’ipotesi di esclusione del diritto di accesso ai sensi

dell’art. 24 della l. n. 241/1990, c. 6, lett. d), poiché la documentazione richiesta con l’istanza di accesso in questione non è stata acquisita dalla Guardia di Finanza nell’espletamento di “attività di polizia giudiziaria e di conduzione delle indagini”, bensì nell’ambito di un’attività ispettiva posta in essere nel corso di una verifica fiscale.

Viaggio nelle leggi ambientali RIFIUTI Dal 26 settembre è entrato in vigore il Dlgs. 116/2020 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale (GU serie generale 226 del 11/09/2020), attuazione della direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Dal 27 settembre tutti – produttori, gestori, operatori, consulenti – dovranno sottostare alle nuove regole. Definizioni, esclusioni, tasse, documentazione, responsabilità, deposito temporaneo, sanzioni, classificazione: quasi nulla rimarrà come prima. Decreti legislativi “Pacchetto

economia circolare” rifiuti in vigore da settembre 2020. A) I nuovi decreti che in recepimento delle direttive Ue "Pacchetto economia circolare riformulano da settembre 2020 le regole nazionali sui rifiuti: Dlgs. 3 settembre 2020, n.

116 (Norme generali rifiuti e imballaggi - Modifiche a Dlgs. 152/2006) Dlgs. 3 settembre 2020, n. 118 (Pile e Raee - Modifiche a Dlgs. 188/2008 e Dlgs. 49/2014) Dlgs. 3 settembre 2020, n. 119 (Veicoli fuori uso - Modi-

fiche a Dlgs. 209/2003) Dlgs. 3 settembre 2020, n. 121 (Discariche - Modifiche a Dlgs. 36/2003) B) Gli storici decreti sui rifiuti come modificati dai suddetti neo decreti di recepimento delle direttive Ue “Pacchetto economia circolare”: Dlgs. 152/2006 (Gestione rifiuti e imballaggi) Dlgs. 188/2008 (Pile) Dlgs. 49/2014 (Raee) Dlgs. 209/2003 (Veicoli fuori uso) Dlgs. 36/2003 (Discariche) GAS SERRA “Enhancing Nationally Determined Contributions (NDCs) for Food Systems”, è il nuovo report pubblicato dal WWF, dal Programma

delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), dall’EAT e da Climate Focus, e rileva come i Paesi stiano perdendo importanti opportunità per ridurre le emissioni di gas serra, identificando delle strategie per ridurle adottando specifiche trasformazioni dei sistemi alimentari nazionali. Ad oggi gli sprechi di cibo sono fattori ampiamente ignorati, ma, precisa il rapporto,bisogna tenere in considerazione che i sistemi alimentari - che includono tutte le fasi e le attività che riguardano la produzione, la lavorazione, la distribuzione, la preparazione e il consumo di cibo - sono responsabili fino al 37% di tutte le emissioni di gas serra. A.T.


A GENERARE ENERGIA PULITA CI PENSANO ANCHE LE OMBRE Da Singapore arriva lo Shadow-Effect Energy Generator Cristina Abbrunzo Se ci chiedessero di nominare una sola fonte di energia pulita, quasi certamente la prima a cui penseremmo è il sole. Ci bastano infatti pochi minuti a contatto con i suoi raggi per percepirne il calore e l'energia, quella stessa energia sempre più utilizzata per alimentare case e far funzionare elettrodomestici. La luce solare rappresenta senz’altro una delle fonti di energia rinnovabile maggiormente sfruttate. Ma se a produrre energia iniziasse anche l’opposto del sole, ovvero l’ombra? A porsi questo bizzarro quesito sono stati – forse non a caso un team di ricercatori di Singapore. Fa sorridere infatti che proprio da una cultura dove “le ombre” rappresentano da sempre un’antichissima tradizione, quella della del Teatro delle Ombre Cinesi, arrivi un progetto che sfrutta proprio il contrasto dell’illuminazione causato dalle ombre come

fonte indiretta di energia. Le ombre sono onnipresenti e spesso le diamo per scontate, ma i ricercatori della National University (NUS) hanno trovato il modo di sfruttare questo comune effetto ottico finora mai considerato per generare elettricità. Si chiama Shadow-Effect Energy Generator (SEG) e consiste in un pannello solare in grado di sfruttare il contrasto di illuminazione provocato dalle ombre, situazione che si può trovare ovunque e in qualunque momento (ad eccezione, naturalmente, della notte). L’invenzione così come descritta in uno studio pubblicato su Energy and Environmental Science altro non è che un dispositivo composto da una serie di piccole celle con una sottile pellicola dorata di 15 nanometri e poste su silicio e su una sostanza flessibile e invisibile. Se parzialmente illuminata dal sole (quindi con una parte in ombra) questi pannelli riescono a sfruttare

l'energia generata dal contrasto di illuminazione. Secondo gli sviluppatori, questo tipo di tecnologia è più economica di una tradizionale cella solare e produce piccoli quantitativi di elettricità che

potrebbero tornare particolarmente utili per alimentare smartphone e altri gadget elettronici. Nelle convenzionali applicazioni fotovoltaiche od optoelettroniche è necessaria una fonte di luce costante; la

Il parco solare a forma di panda Stravaganze cinesi per sensibilizzare i giovani al fotovoltaico Restando in tema di energie rinnovabili e stravaganti soluzioni green provenienti da paesi asiatici, non tutti sanno che in Cina, il più grande produttore di energia solare al mondo, è sorto da qualche anno un nuovo impianto solare che è già diventato il più famoso, se non il più simpatico, mai costruito prima sulla Terra. La sua caratteristica è che si tratta di una solar farm dalle sembianze di un panda. Sì, proprio così: i i pannelli fotovoltaici sono stati disposti in modo da ricreare, se guardati dall'alto, la figura dell'animale che è diventato l'emblema nazionale cinese oltre ad essere il simbolo per eccellenza della protezione della natura. Una centrale bella da vedere ma che vuole soprattutto parlare di sosteni-

bilità ai giovani. Il progetto avviato da Panda Green Energy e dal Programma di Sviluppo dell’ONU ha infatti come obiettivo quello di produrre energia pulita avvicinando i giovani al fotovoltaico. In quest’ottica la centrale ospita anche un centro di educazione e formazione per i più piccoli e gli studenti a cui viene spiegato il funzionamento e i vantaggi dell’ener-

gia solare. Il Panda Power Plant ( questo il nome del parco solare) si trova esattamente a Datong , situato nel nordest della Cina, ed è un impianto fotovoltaico con una capacità totale di 50 megawatt a forma di panda gigante. Le parti nere del panda, come le orecchie e le braccia, sono costituite da celle solari di silicio monocristallino fornite dalla cinese Xi’an Longi Silicon

Materials Corp, mentre la pancia e la faccia grigia e bianca sono composte da celle solari a film sottile prodotte da First Solar, società statunitense. Un modo originale per realizzare l’integrazione in uno stesso impianto di due tecnologie solari tra le più all’avanguardia al mondo. Visto il successo di questo primo impianto, Panda Green Energy Group prevede di installare in Cina altre centrali solari a forma di panda nei prossimi cinque anni. Ma la società non esclude che progetti di questo tipo possano essere realizzati anche fuori dal Paese del Dragone, in altre regioni dove potrebbe essere celebrato l’animale simbolo locale: koala, rinoceronti e altri animali che riempiranno di energia pulita il nostro futuro. C.A.

presenza di ombre è quindi sgradita, poiché riduce le prestazioni delle apparecchiature. Il prototipo costruito dalla squadra di Singapore, invece, risolve il problema appena illustrato servendosi dell'ombra proiettata da un oggetto come fonte indiretta di energia. Il contrasto tra l'ombra e la zona illuminata induce una differenza di tensione da cui si può ricavare corrente elettrica. Gli studiosi stanno intanto lavorando per capire se sia possibile abbassare i costi di realizzazione, al momento tra i 30 e i 50 dollari, magari sostituendo alcuni materiali al momento troppo costosi. Per loro stessa ammissione, infatti, rimane ancora molto lavoro da fare prima che il dispositivo entri nel mondo reale. Una delle priorità è la sostituzione del film in oro con un materiale meno nobile, cosa che renderebbe il rapporto efficienza-costo ancora più conveniente in vista di un futuro sbarco sul mercato. Il SEG, infine, non è solo un generatore di energia: il prototipo funziona anche come sensore smart per il monitoraggio di oggetti in movimento, in virtù della capacità dell'oggetto stesso di generare ombre. Una dote, questa, che potrebbe aprire le porte ad applicazioni multiple, nel segno dell'innovazione e del rispetto dell'ambiente. (foto da www.techexplorist.com)


LA FALSA ILLUSIONE DI ESSERE ÉLITE La classe posizionale di Fred Hirsch Martina Tafuro Negli anni settanta, un giornalista finanziario, Fred Hirsch in, “I limiti sociali allo sviluppo”, scrive che lo sviluppo così come concepito dalle società consumiste è limitato socialmente, al contrario di quanto sostenuto dal Club di Roma che asseriva che i limiti dello sviluppo sono dati dalla finitezza delle risorse e materie prime. La tesi, di Hirsch, è che, soddisfatti i bisogni di base, mangiare, scaldarsi, ecc., i consumatori si orientano verso una quota crescente di beni e servizi volti a soddisfare bisogni non fondamentali. Questi beni, però, sono tanto più desiderabili quando più sono riservati a pochi. Sono beni di status, o beni il cui uso è fortemente legato alla scarsa diffusione, alla difficoltà di accesso, alla limitatezza. Il Super Suv è tanto più desiderabile quanto più esso si distingue su uno sfondo di utilitarie lente e tamarre. Ma le società democratiche, basate sui consumi di massa devono lasciare aperto a tutti, teoricamente, l’accesso a tali beni. Il risultato è una crescente insoddisfazione ai livelli più bassi, tra chi per ragioni di reddito, di status ecc. non può accedere a certi beni, dalle scuole private al fuoristrada, ma anche ai livelli più alti, a

“Le scelte operate dal consumatore nel mercato o in una transazione di tipo commerciale nel settore posizionale appaiono sempre più attraenti prima che altri consumatori abbiano effettuato la loro scelta”.

Fred Hirsch mano a mano che crescono la pressione dal basso e l’affollamento. Un aspetto fondamentale del consumo in una società ad alto tenore di vita è che quando aumenta il livello medio di spesa, una quota crescente di consumo assume un carattere sociale individuale. Ciò significa che il soddisfacimento che i consumatori traggono dai beni e servizi dipende in misura crescente non solo dal loro consumo personale, ma anche dal consumo degli altri, tipo come l’ appagamento che deriva ad un uomo affamato dal consumo di un pasto abbondante che non è intaccato da quanto altre persone stanno mangiando, oppure quando vediamo che l’aria che si respira in una metropoli è un prodotto sociale, poiché la qualità dell’aria che ciascun

cittadino respira dipende interamente dal comportamento d’ogni altro cittadino nei riguardi dell’inquinamento atmosferico. In altri termini, la crescita in una società ad alto tenore di vita cambia il modo di ottenere soddisfacimento. Attraverso l’atto consumistico, il valore della mia istruzione scolastica dipende non solo dal livello che ho raggiunto, ma anche dal livello raggiunto dall’individuo che mi precede nella ricerca del lavoro. Il soddisfacimento che mi deriva dall’uso del mio Suv dipende dalle condizioni in cui gli altri consumatori sono in grado di comprare fuoristrada. Considerata singolarmente, la domanda individuale per un’educazione scolastica superiore, per un’auto, può essere intesa come una scelta genuina di ogni individuo che

cerchi di migliorare la propria posizione. Ma, il soddisfacimento di queste preferenze individuali altera esso stesso la situazione che gli altri consumatori affrontano cercando di soddisfare gli stessi bisogni, perché nel mercato di questi prodotti d’alto valore, le cui risorse sono limitate per natura, la lotta per diventare membro d’una élite fa sì che il guadagno di uno sia la perdita d’un altro. Questo concetto esprime l’idea di scarsità sociale. Le cose buone della vita sono limitate non solo da vincoli fisici nella produzione delle stesse, che ne causano la scarsità materiale, ma anche da vincoli sociali al loro utilizzo. Questi vincoli sociali al consumo derivano dall’incapacità dell’ambiente sociale ad allargare il loro utilizzo senza dete-

riorare la qualità del prodotto. Inoltre, la competizione posizionale non solo produce sprechi sociali nel settore commerciale, ma toglie pure risorse da quelle attività che rimangono fuori dal mercato, come i contatti sociali ed il tempo libero. Quando gli individui passano sempre più tempo a lavorare, a consumare, e a combattere la concorrenza posizionale, arrivano a considerare l’amicizia come un consumo di tempo e perciò come un costo. Sempre più frequentemente i contatti sociali, il relax e il gioco diventano beni costosi a causa del crescente dispendio di tempo dovuto al processo stesso del consumo. Da qui la spinta a fare più cose nello stesso tempo, come l’uomo moderno, che beve caffè brasiliano, fuma sigaro olandese, sorseggia cognac francese tutto nello stesso tempo.


Il Festival della performance art a Napoli Il tema della quinta edizione della manifestazione è dedicata all’ambiente L’Artperformingfestival nasce nel 2016 come format indipendente, con la volontà di scegliere gli artisti provenienti dai circuiti nazionali ed internazionali delle arti visive e della performance, in base all’attualità dei linguaggi e delle sperimentazioni. La scelta del tema “Clima – Il Mondo che verrà” per la V edizione risponde all’esigenza di affrontare in maniera concreta il problema più rilevante per le generazioni future. Già nelle quattro edizioni precedenti l’aspetto ambientale ha avuto un ruolo rilevante nella scelta del curatore dei 250 artisti che hanno prodotto opere e performance atte a sottolineare con forza una presenza attenta e critica verso la condizione di sostenibilità dell’ecosistema. Non è solo una questione estetica, ma politica e sociale, attivarsi per formare, soprattutto nelle generazioni più giovani, una coscienza collettiva più sensibile alle tematiche ecologiche e sociali che affliggono la società odierna. Il Festival ha inoltre l’ambizione di creare una vetrina di qualità per presentare agli artisti internazionali la vera accoglienza e le capacità organizzative che la città di Napoli e la Campania possono offrire, con una forte ricaduta sulle attività produttive e commerciali, soprattutto nei settori della cultura, del turismo, dell’accoglienza e della ristorazione. Protagonisti della V edizione saranno i monumenti napoletani con Castel dell’Ovo e la Galleria Principe di Napoli, la Napoli Sotterranea per scendere nel “ventre” della nostra Madre Terra e i luoghi della storia cittadina, l’Ippodromo di Agnano e Palazzo Caracciolo. È prevista la presenza di

PROGRAMMA E INFORMAZIONI UTILI Mostra di Arti Visive: Castel dell’Ovo 26 settembre / 10 ottobre 2020 Curatori Gianni Nappa e Michele Fucich Artisti installazioni: Samantha Passaniti (Ita), Renata Petti e Rino Petrozziello (Ita), O-Ring Art Studio (Ita), Gabriella Siciliano (Ita), Luigi Nappa (Ita) Eliana Barra (Ita) , Francesca Balducci (Ita), Alexandra Kaufmann & Armin Fuchs (Ger) Artisti live performace: Massimiliano Mirabella (Ita), Salvatore Donatiello (Ita), Massimiliano Manieri (Ita), Barbara Sabella (Fra/Ita),Veronica Idaver (Ita), Morena Rossi (Ita), Debora Di Lorenzo (Ita), Loredana Iafrate (Ita), Cristina Messere (Ita), Massimiliano Mirabella (Ita) PROSSIME PERFORMANCE IN CALENDARIO A Castel dell’Ovo Giovedì 1 ottobre Barbara Sabelle ore 11,30 Venerdì 2 ottobre Debora Di Lorenzo ore 17,00 Sabato 3 ottobre Massimiliano Mirabella ore 16,30 Domenica 4 ottobre Morena Rossi ore 11,00 Alla Galleria Principe di Napoli martedì 6 ottobre ore 18,00 Cristina Messere mercoledì 7 ottobre Salvatore Donatiello giovedì 8 ottobre Barbara Sabelle venerdì 9 ottobre Casa Privata serata a sorpresa Contatti di riferimento per il progetto Giovanni Nappa - Presidente Associazione - Curatore mobile:+39 3475452737 mail. artperformingfestival@gmail.com artperformingfestival@pec.it circa 25.000 visitatori. La platea sarà così composta: rappresentanti delle Istituzioni, giornalisti di settore, imprenditori, gruppi di studenti, cittadini, turisti, nonché tutti quei soggetti che, a vario titolo, operano nel campo della cultura e dell’arte (artisti, curatori d’arte, rappresentanti di gallerie d’arte, società ed associazioni che operano nella promozione turistico-culturale).

Grazie alle convenzioni con l’Accademia di Belle Arti e le Università campane, nonché con le Associazioni di Giovani del territorio, è prevista, sia come visitatori della mostra, che nel corso di whorkshop dedicati, la presenza di docenti, studenti e stagisti nelle discipline delle arti visive, dell’ecologia e della Green Economy. (Foto in alto dalla pagina facebook dell’evento)


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