INTERVISTA AD ANTIMO PICCIRILLO
L’Arpac Multiservizi Srl è una Società a totale partecipazione dell’Agenzia Regionale per la Protezione
dell’Ambiente della Campania (Arpac)... PAG. 3
"LA TRASPARENZA EVOLUTIVA" PRINCIPI E SVILUPPI
Negli ultimi anni, il principio di trasparenza è diventato un canone di diritto comune applicabile sia all’attività pubblicistica...
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IL VENERABILE DON PLACIDO BACCHER DE GASARO
Abbiamo chiesto ad Eugenio Donadoni, giornalista del Mattino e discendente di Don Placido Baccher alcune notizie su un personaggio...
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Anno XVIII - N.1 del 31 Gennaio 2022 - redazione@arpacampania.it
NUOVI LABORATORI ARPAC A BENEVENTO All'inaugurazione dell'Area Analitica presenti il Sindaco Mastella e il Direttore Generale Sorvino PAG. 6
Acque di balneazione, l’88% risultano eccellenti I tecnici dell'Unità Operativa Mare Arpac illustrano l’ultima classificazione dei tratti di costa
L'accesso agli atti e la legittimazione ad agire I so ggetti po r t atori di i nteres s i di f f u s i h a n n o diritto di accede re a i doc um e nti
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inquestonumero Intervista ad Antimo Piccirillo, Amministratore unico di ARPAC MULTISERVIZI di E. ANDREOTTI ü
L’Arpa Campania partecipa all’esercitazione Convex-3
Nuovi Laboratori Arpac Al Dipartimento di Benevento
Le regioni e gli obiettivi della Agenda 2030 di G. MARTELLI ü
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Legge di Stabilità novità e aggiornamenti sulle tematiche ambientali di G. ESPOSITO ü
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Principi di Trasparenza
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di C. UCCELLO
La nuova disciplina dei “vecchi” rifiuti assimilati agli urbani di C. MARRO, P. FALCO ü
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Aggiornamento dati sulla balneazione
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di L. DE MAIO, E. LIONETTI
di L. PASCARELLA, G. MEROLA
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A CURA DELLA REDAZIONE
Le attività svolte nel 2021 dal Dipartimento di Caserta
di G. GERMANO
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I recenti studi sui batteri mangia-plastica di T. POLLICE
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Lineee guida per la valutazione del danno ambientale: Metodologie, criteri di riferimento e casi studio di A. MORLANDO ü
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Rachel Carson, la coraggiosa biologa a difesa della biodiversità di F. LIGUORI
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Don Placido Baccher, corsi e ricorsi storici di G. DE CRESCENZO, S. LANZA ü
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L’INTERVISTA
Intervista ad Antimo Piccirillo Ammistratore Unico di Arpac Multiservizi di Ester Andreotti
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spondere in tempi ridotti e con adeguata professionalità alle esigenze del nostro riferimento aziendale. Ci sono progetti particolari in cantiere per il nuovo anno? In linea con quella che è la mission aziendale, faremo ulteriori sforzi per migliorare il servizio di vigilanza ambientale sul territorio. L’obiettivo è di monitorare, anche a scopo preventivo, con dotazioni tecnologiche avanzate, i fenomeni di inquinamento che attanagliano la nostra regione. Attraverso questa costante attività di controllo saremo in grado di fornire all’agenzia una serie di dati utili necessari a contrastare l’insorgere di nuove emergenze. Inoltre è nostra intenzione acquisire altre competenze e requisiti per ampliare il range dei servizi offerti. Penso, per esempio, alla possibilità di rilasciare certificati di sanificazione per la nostra sede e quelle dell’Arpa Campania.
ARPA CAMPANIA AMBIENTE ANNO XVIII, N. 1 - GENNAIO 2022
L’Arpac Multiservizi Srl è una Società a totale partecipazione dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Campania (Arpac). Nasce nel 2004 e incorpora nel 2007 la società PAN – Protezione Ambiente e Natura Spa. La Società opera esclusivamente per il suo socio fornendo supporto tecnico, amministrativo e logistico per le sue attività istituzionali. Per questa sua peculiarità gli affidamenti vengono effettuati di volta in volta secondo la modalità in house. L’ARPAC Multiservizi realizza i suoi obiettivi attraverso gli Organi sociali e la sua struttura aziendale, in conformità alla legislazione vigente ed allo Statuto. L’attività di supporto ad ARPAC si concretizza nell’affiancamento dei tecnici e degli operatori dell’Agenzia ed anche nella gestione in autonomia di alcuni servizi sempre direttamente funzionali alle attività istituzionali dell’Agenzia. Le principali Aree tematiche di cui si occupa sono: vigilanza antiroghi, trasporto campioni, riqualificazione fasce spondali Regi Lagni, terra dei fuochi, monitoraggio Regi Lagni e corsi d’acqua. Abbiamo incontrato il dr. Antimo Piccirillo, amministratore unico di Arpac Multiservizi, al quale abbiamo rivolto alcune domande. La sua esperienza professionale l’ha portata a ricoprire un ruolo di grande responsabilità in un momento difficile per il nostro territorio. Ci descrive come si concretizzano le attività di supporto tecnico, amministrativo e logistico della società in House dell’Arpac? L’attività di supporto ad ARPA CAMPANIA si realizza attraverso un costante e professionale affiancamento delle nostre risorse umane a funzionari, tecnici ed operatori dell’ente pubblico. Le linee di attività sono diverse. Alcune attengono a compiti esclusivamente amministrativi; altri invece ad attività da campo (terra dei fuochi, vigilanza, manutenzione, trasporto campioni etc). Ci poniamo pertanto, anche se in forma esclusiva per il nostro unico socio/committente, nella veste di una vera e propria multiutility con una struttura snella e flessibile in grado di ri-
ARPA CAMPANIA M AM A GB AI EZNI NT E
ERUZIONE TONGA:
anche la strumentazione Arpac ha rilevato l'impatto di Jolanda Autorino, Piero Cau
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o Hunga Tonga-Hunga Ha’apai è una grande montagna sommersa, con un’elevazione dal fondale marino di circa 2000 metri ed una caldera del diametro di circa 5 chilometri, quasi completamente sommersa dalle acque; aveva cominciato a manifestare attività eruttiva già nella seconda metà del mese di Dicembre, attività che è andata man mano intensificandosi. Il 15 Gennaio, ora locale 17.15 (in Italia ore 5.15) , il vulcano sottomarino ha prodotto repentinamente un’alta colonna di fumo; migliaia di fulmini, tipici delle tempeste elettriche associate al fenomeno vulcanico, hanno illuminato la colonna convettiva, fino ad una gigantesca eruzione con nube eruttiva che ha raggiunto circa 30mila m di altitudine. Tale eruzione è stata seguita da uno tsunami, le onde più grandi hanno causato danni lungo le coste dell’arcipelago di Tonga, mentre altre di minori dimensioni sono state rilevate a migliaia di chilometri di distanza, sia nel Nord che nel Sud dell’ America. L’eruzione ha indotto una potentissima onda d’urto, irradiata verso l’esterno quasi alla velocità del suono e che ha fatto il giro dell’intero pianeta, raggiungendo l’Italia approssimativamente alle ore 21 del 15 Gennaio. L’onda d’urto ha determinato un’oscillazione della pressione atmosferica rilevata da numerose stazioni meteorologiche. Anche i sensori meteo, di cui sono dotate le centraline della Rete Regionale di qualità dell’aria di proprietà della Regione Campania e gestita da Arpac, hanno rilevato la repentina variazione di pressione atmosferica. Per rilevare il segnale si è proceduto ad estrapolare il valore di pressione atmosferica massimo orario, espresso in hPa, in questo modo risulta visibile il “salto” di circa 2 hPa rilevato da quasi tutte le centraline ed in maniera più evidente nelle centraline di Napoli, Caserta e Salerno, che non sarebbe emerso in maniera così evidente visualizzando graficamente i valori in media oraria. Abbiamo così individuato il picco massimo della pressione atmosferica in corrispondenza del passaggio dell'onda, senza però avere indicazioni coerenti sull’andamento del parametro. In legenda vengono identificate le centraline della Rete Regionale i cui massimi orari di pressione sono riportati in grafico. La variazione di pressione è stata comunque minima e non ha comportato alcuna conseguenza. Restano da valutare possibili impatti dell’eruzione sul clima, analogamente alla vicenda eruttiva che ha visto protagonista il vulcano Pinatubo e che ha indotto un abbassamento della temperatura media globale, anche questo evento eruttivo potrebbe determinare una flessione della temperatura globale causata dell’immissione di gas che, permanendo in stratosfera, potrebbero ingenerare un effetto riflettente della radiazione solare, riducendo di fatto i valori di temperatura.
AMBIENTE & TRADIZIONE
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AMBIENTE & TRADIZIONE
ARPAC
Nuova sede ARPAC a Benevento A iniz i o a n n o i l S i n da co M a s te l l a e il D ire tto re G e n e ra l e S or v in o h a n n o v isitato i l o c a l i d e l l ’Are a An a lit ic a A cura della REDAZIONE
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naugurati a Benevento i nuovi laboratori dell'Arpac. Si tratta di laboratori che svolgono importanti funzioni a tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini, in alcuni casi anche a favore di altri territori campani, dato che le competenze di alcuni di questi presìdi travalicano i confini della provincia sannita. «L’area analitica della struttura provinciale Arpac», ha ricordato il direttore del dipartimento di Benevento Elina Barricella in occasione del sopralluogo del sindaco Clemente Mastella avvenuto lo scorso 5 gennaio, «è un articolato contenitore di servizi a favore della comunità, servizi che spaziano dal supporto alle Forze dell’ordine per l’analisi delle sostanze stupefacenti alle prestazioni analitiche rese all’Azienda sanitaria locale per il controllo degli alimenti, fino all’analisi delle acque distribuite attraverso la rete idrica e delle acque di scarico, solo per citare alcune sfere di attività. Si tratta di servizi che, in alcuni casi, il dipartimento di Benevento fornisce per un ambito multizonale, a favore dunque anche di altre province della Campania». Perché una nuova sede per questi laboratori? L’operazione è frutto di una collaborazione tra l’Agenzia ambientale e il Comune di Benevento, grazie alla quale Arpac risparmia sull’affitto della precedente sede dell’Area analitica, potendo contare su questi locali di proprietà comunale in comodato d’uso gratuito, e si impegna a contribuire a un processo di rigenerazione di un quartiere del capoluogo sannita, il Rione Libertà, mediante la rifunzionalizzazione di questi spazi in precedenza inutilizzati e purtroppo oggetto di atti di vandalismo. L’Agenzia contribuisce anche alla manutenzione degli spazi esterni, che comprendono aiuole e fontane, rivitalizzando dunque un’area, quella della cosiddetta “Spina Verde”, in precedenza destinata ad accogliere una Mediateca e invece diventato nel tempo simbolo di un processo di trasformazione urbana incompiuto. Nel ringraziare il personale dell’Arpa Campania, il sindaco di Benevento, nel corso della sua visita istituzionale, ha sottolineato come una struttura da tempo degradata rappresenti oggi un momento di ripresa della vita di comunità. La nuova sede infatti, pur essendo essenzialmente un sito dedito a funzioni TECNO & SCIENZA
tecniche, si propone di favorire forme di partecipazione dei cittadini, soprattutto sul piano della promozione della cultura della sostenibilità, anche mediante momenti di incontro. La sede si compone di uno spazio seminterrato, nel quale vengono ospitati i laboratori e i locali tecnici, e di un’area superiore che comprende, oltre agli uffici amministrativi e al front office, anche uno spazio utilizzabile per momenti di partecipazione. Un evento convegnistico di presentazione della struttura sarà calendarizzato in primavera, in base all’evoluzione dell’emergenza sanitaria. «Abbiamo colto questa occasione», ha commentato il direttore generale Arpac Stefano Sorvino nel corso del sopralluogo istituzionale, «per rinnovare il rapporto di collaborazione con le autorità locali, già attualmente in corso su diverse tematiche, ad esempio quella della qualità dell’aria che stiamo approfondendo attraverso una serie di campagne effettuate con un mezzo mobile, a integrazione del monitoraggio già normalmente operato con le tre stazioni fisse presenti sul territorio comunale. L’immobile messo a disposizione dal Comune consente ad Arpac, oltre a un’ottimale organizzazione logistica, una sensibile riduzione dei costi nel contesto più ampio della razionalizzazione dell’assetto dell’Agenzia con l’adeguamento delle sedi su tutto il territorio regionale».
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Legge di Bilancio 2022 quali novità per l’ambiente? Una pioggia di investimenti per l’ambiente. La manovra economica per il 2022 (Legge n 234/21), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2021, porta in dote un piatto piuttosto ricco sul capitolo ambientale, finalizzato a guidare quel processo di transizione di cui tanto si parla. Le aree di intervento, infatti, destinano parecchie pagine, e altrettanti incentivi, al tema della riconversione in chiave verde della nostra economica. Basti pensare che una delle novità più importanti introdotte è l’istituzione di un Fondo italiano per il clima (gestito da Cassa depositi e prestiti) che 840 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026 e di 40 milioni di euro a decorrere dall’anno 2027, per un totale di oltre 4,2 miliardi di euro, finanzierà interventi, anche a fondo perduto, a favore di soggetti privati e pubblici per contribuire al raggiungimento degli obiettivi stabiliti negli accordi internazionali in materia di clima e tutela ambientale ai quali l’Italia ha aderito. Tra le attività consentite (assunzione di capitale di rischio ed erogazione di finanziamenti, diretti o indiretti), ci sono l’erogazione di garanzie su finanziamenti concessi da soggetti terzi autorizzati all’esercizio del credito, assistite dalla garanzia dello Stato quale garanzia di ultima istanza che opera in caso di insolvenza del fondo. Saranno, poi, i decreti attuativi del Ministero della transizione ecologica a definirne i criteri per il riparto. A fianco di questa novità la manovra ha poi introdotto il fondo per l’attuazione del programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico, che entrerà in vigore solo nel 2023 con una dotazione di 50 milioni di euro, che raddoppierà l’anno successivo, raggiungendo i 200 milioni a disposizione nel 2026. Sarà poi il Ministero per la transizione ecologica con appositi decreti a stabilire la modalità di utilizzo del fondo. Altri 15 sono i milioni, spalmati sul prossimo triennio, per “interventi di ripristino delle opere di collettamento o depurazione delle acque, nonché di impianti di monitoraggio delle acque, in casi di urgenza correlati ad eventi calamitosi”. La Legge di Bilancio prevede inoltre il “finanziamento per le emergenze ambientali e per la semplificazione del Fondo
nazionale per l’efficienza energetica”, con ulteriori 15 milioni. La manovra dedica un’attenzione particolare anche ai temi dell’economia circolare, destinando 6 milioni di euro per “incentivare l’apertura dei centri per la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, centri che, come si legge nel provvedimento, “dovranno gestire rifiuti idonei ad essere preparati per il loro reimpiego mediante operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione”. A far capo dal 2022 saranno invece 150 i milioni di euro in dotazione al nuovo fondo per il sostegno alla transizione industriale, che dovranno favorire l’adeguamento del sistema produttivo nazionale alle politiche europee in materia di lotta ai cambiamenti climatici. A valere sulle risorse del fondo potranno essere concesse agevolazioni alle imprese, soprattutto quelle che operano in settori ad alta intensità energetica, per la realizzazione di investimenti mirati alla riduzione dell’impronta di carbonio, compresi interventi “per il riutilizzo per impie¬ghi produttivi di materie prime e di materie riciclate“. Nel calderone dei finanziamenti anche un credito d’imposta per l’installazione e messa in funzione di impianti di compostaggio presso i Centri agroalimentari presenti nella Regioni Campania, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Per questo capitolo è riconosciuto un contributo, nel limite massimo di 1 milione di euro per l’anno 2023, sotto forma di credito d’imposta, pari al 70% degli importi rimasti a carico del contribuente. L’agevolazione è richiesta dal gestore del centro agroalimentare purché l’impianto di compostaggio possa smaltire almeno il 70 % dei rifiuti organici prodotti dal medesimo centro agroalimentare. Sarà poi un provvedimento dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, a stabilire le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta. Infine per il supporto tecnico alle attività istruttorie svolte dal Ministero della transizione ecologica, con particolare riferimento alle esigenze di valutazione di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica, nonché per l’attuazione del PNRR, è assegnato un contributo di 1 milione di euro per l’anno 2022 a favore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
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di Giovanni Esposito
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“La Trasparenza evolutiva” Principi e sviluppi Viaggio nei principi di Trasparenza della Pubblica Amministrazione
di Cristina Uccello
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Negli ultimi anni, il principio di trasparenza è diventato un canone di diritto comune applicabile sia all’attività pubblicistica che a quella privatistica delle Amministrazioni Pubbliche con la conseguenza che, oggi, esso rappresenta ormai un criterio cogente in grado di conformare la relazione tra soggetti pubblici e privati, attribuendo a quest’ultimi un potere di valutazione della legalità dell’azione amministrativa. Prima dell’emanazione della Legge 7 agosto 1990, n. 241, nel nostro ordinamento mancava una disciplina organica sul procedimento amministrativo: l’introduzione di una accezione formale del procedimento ha innovato l’ordinamento individuando una serie di principi e criteri direttivi che, ricollegandosi alle previsioni espresse nella Carta Costituzionale, devono, oggi, improntare l’azione della Pubblica Amministrazione ai canoni della buona amministrazione e del giusto procedimento. A suddetti principi sono informati in particolare i criteri fondamentali della Legge n. 241/1990 tra cui quello della trasparenza inteso come immediata e facile controllabilità di tutti i momenti e di tutti i passaggi in cui si esplica l’attività amministrativa al fine di garantirne un esercizio imparziale ed equidistante dagli interessi pubblici e privati. Tra l’altro, con l’emanazione della Legge n. 241/1990 (e le sue successive modifiche) si è gradualmente consolidata una concezione garantistica del procedimento amministrativo che può definirsi come quella sede privilegiata (rispetto al provvedimento amministrativo) in cui ai privati destinatari della sua azione è assicurata la rappresentazione e la tutela dei propri interessi, incisi dai pubblici poteri. Il procedimento amministrativo è inteso come forma della funzione amministrativa quale sede deputata ad una corretta ponderazione degli interessi pubblici e privati, compresenti e confliggenti, così come il processo è la forma della funzione giurisdizionale e il procedimento è la forma della funzione legislativa.
La necessaria conoscibilità dell’azione pubblica – ovvero, l’idea di una Amministrazione Pubblica intesa sempre più come “casa di vetro” – e i successivi tentativi di riforma, hanno accompagnato il dibattito politico degli ultimi anni realizzando un mutamento delle prospettive, dei modelli e il necessario rispetto degli strumenti chiamati di volta in volta ad assicurarla. Alla Legge n. 241/1990 è riconducibile un obbligo della Pubblica Amministrazione di pubblicazione di determinate informazioni relative ad atti di natura pubblica e privatistica, incidenti sulla spesa pubblica, riconoscendo a “chiunque” un diritto di accesso civile alle informazioni. Con lo strumento dell’accesso civico, introdotto dal Decreto Legislativo n. 33/2013, “chiunque ha il poter di controllare democraticamente la conformità dell’attività dell’Amministrazione” (cfr. Circolare Funzione Pubblica n. 3/2013).
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cedimento al fine di valutare i vari apporti e destinato a concludersi con l’emanazione di un parere. Tale principio impone all’Amministrazione il dovere di rendere visibile, controllabile e accessibile dall’esterno il proprio operato e si concretizza nell’attribuzione ai singoli cittadini del potere di esercitare un vero e proprio controllo democratico sullo svolgimento dell’attività amministrativa e sulla conformità della stessa agli interessi sociali e ai principi costituzionali che reggono l’agire pubblico. In una prima fase, dunque, la trasparenza – intesa come principio volto a imporre all’Amministrazione Pubblica la conoscibilità all’esterno del suo operato – è stata introdotta dal legislatore come primario obiettivo per consentire un controllo sulla coerenza e logicità dell’azione amministrativa in rapporto ai principi di legalità ed imparzialità, soprattutto nei confronti di quei soggetti che, per una qualche ragione, ne subivano la sua azione. A tale originaria concezione normativa della trasparenza è tradizionalmente legato il sistema dell’accesso classico, come disciplinato dall’articolo 22, comma 2, che riconosce l’accesso ai documenti amministrativi come principio generale dell’attività amministrativa, chiarendone la strumentalità rispetto all’esigenza “di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza”. La legittimazione attiva della pretesa ostensiva, peraltro, lungi dall’essere riconosciuta in capo a chiunque, presuppone i requisiti legittimanti del possesso di “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso” (cfr. cong. Stato, sez. V, 21 agosto 2017, n. 4043). (prima parte)
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La trasparenza, in sostanza, costituisce uno strumento visto dal legislatore sempre più come un “nuovo paradigma” che impone all’Amministrazione Pubblica non soltanto di rendere visibile e controllabile all’esterno il proprio operato, così da assicurare il controllo democratico della sua azione, ma anche un suo complessivo modus essendi che rende possibile l’azione di perseguimento dell’interesse pubblico. Si consideri, peraltro, che l’obbligo di trasparenza dell’azione amministrativa, sebbene pacificamente riconosciuto da tempo nel nostro ordinamento, è stato espressamente codificato soltanto con l’introduzione della Legge n. 15 del 2005, che ha modificato la Legge n. 241 del 1990, il cui articolo 1, comma 1, prevede che “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di pubblicità e trasparenza”. In particolare, l’articolo 1, comma 1 della Legge n. 241/1990, così come modificato dalla Legge n. 15/2005, ha introdotto espressamente il principio di trasparenza quale regola di condotta della Pubblica Amministrazione. Nella legislazione è, dunque, maturato il passaggio da un modello in cui la Pubblica Amministrazione assumeva la decisione in maniera unilaterale, senza alcuna possibilità del destinatario di replicare, ad un modello caratterizzato da una “massima apertura” che consente un apporto collaborativo ed integrativo da parte degli interessati al procedimento amministrativo. A riguardo, l’articolo 9 della Legge n. 241/1990 riconosce la facoltà di intervenire nel procedimento a qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati nonché ai portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati con la conseguenza che la Amministrazione Pubblica procedente dovrà aprire un sub-pro-
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La nuova disciplina dei “vecchi” rifiuti assimilati agli urbani Il D. Lgs 116/2020 ha sancito il passaggio dall’economia lineare a quella circolare di Claudio Marro e Pasquale Falco
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La Parte Quarta del D. lgs 152/2006, detto anche Testo Unico Ambientale, che disciplina i rifiuti, è stata modificata dalla Direttiva 2018/851/Ue. che, recepita nel nostro Paese con il D. Lgs 116/2020, ha sancito il passaggio dal modello di economia lineare a quella circolare. Le modifiche hanno riscritto, in parte, l’elenco dei rifiuti urbani e speciali e le modalità di individuazione di particolari rifiuti speciali, che seppur prodotti da utenze non domestiche (attività commerciali, imprenditoriali, artigianali, di servizio), venivano “assimilati per quantità e qualità ai rifiuti urbani”. Le conseguenze pratiche hanno riguardato, nello specifico: • il venir meno dei “rifiuti speciali non pericolosi assimilati agli urbani”, e l’individuazione, al loro posto, dei “rifiuti urbani provenienti da altre fonti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici”; • il venire meno del potere concesso ai Comuni di sancire l’assimilazione tramite adozione di propri regolamenti, e l’introduzione della nuova disciplina di individuazione, unica per tutto il territorio nazionale, dei “rifiuti urbani provenienti da altre fonti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici”. Per un’agevole disamina dei cambiamenti apportati all’elenco dei rifiuti urbani, nella tabella 1 seguente, si riportano le prime definizioni, inerenti questi “nuovi rifiuti urbani”; per una analisi
più completa delle variazioni introdotte, è stata anteposta anche la versione previgente. Partendo dalla formula previgente dell’art. 184 co. 2, che alla lett. a) individuava la prima delle varie tipologie di rifiuti urbani, si evidenzia che essa era costituita dai “rifiuti domestici provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione”, specificando che si trattava di rifiuti prodotti in ambito domestico e circoscrivendone i locali e i luoghi di produzione a quelli delle civili abitazioni. Subito dopo, alla lett. b) si definivano quali rifiuti urbani anche quei rifiuti, che presentavano nell’ordine i seguenti requisiti: • non erano pericolosi, • provenivano da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di civile abitazione, e venivano assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità secondo la procedura di cui all’art. 198, co, 2 lett. g). Tale articolo stabiliva che, tra le competenze dei Comuni nell’ambito della gestione dei rifiuti, rientrasse anche l’assimilazione per qualità e quantità ai rifiuti urbani dei rifiuti speciali non pericolosi, e che la stessa dovesse avvenire secondo i criteri di cui all’art. 195 co. 2 lett. e)”. L’art. 195, che, a sua volta, detta le competenze dello Stato sempre per quanto concerne la gestione dei rifiuti, al co. 2 lett. e) statuiva che fosse di competenza statale la determinazione dei criteri qualitativi e qualiquantitativi per l’assimilazione, da determinarsi con un decreto ministeriale apposito. Purtroppo, in pratica, questo decreto non è stato più emanato, per cui, per una serie di rimandi, i Comuni hanno continuato ad applicare le norme di attuazione del D.P.R. n. 915/1982 (Delibera del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984 sino al D Lgs 116/2020).
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Oggi, il testo vigente evidenzia che nella definizione della prima tipologia di cui al n. 1, è stato eliminato dalla dizione dei “rifiuti domestici” il riferimento circa il luogo di provenienza dei detti rifiuti (“da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione”, presente nella versione precedente), ritenendosi evidentemente già sottinteso il luogo di produzione nell’aggettivo “domestici”; inoltre, è stato aggiunto il riferimento alla differenziazione dei rifiuti, elencandone varie frazioni merceologiche e sottolineando, indirettamente, l’importanza dell’obbligo previsto all’art. 205 co. 6-quater, sulla differenziazione dei rifiuti domestici. Passando poi all’analisi della seconda tipologia, di cui al n. 2, si evidenzia che sono annoverati tra i rifiuti urbani anche “i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies”. Al fine di rendere agevole la valutazione della “similitudine per natura
e composizione”, di seguito si riportano gli elenchi di cui ai due allegati. Con la nuova modifica, che ha portato alla cancellazione della dizione “assimilabili/assimilati ai rifiuti urbani”, è stato eliminato qualsiasi riferimento sia all’obbligo di non pericolosità sia alla quantità di rifiuto “simile” prodotto. Alla luce della nuova procedura, e di quanto stabilito dagli artt. 198 co. 2-bis e dall’art. 238 co. 10 del TUA le utenze non domestiche possono conferire anche al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi; in tal caso è prevista l’esclusione della corresponsione della componente tariffaria, rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti, mentre resta solo la componente fissa. La norma precisa che la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico, ovvero del ricorso al mercato, deve essere effettuata per un periodo non inferiore a cinque anni.
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Acque di balneazione, l’88% risultano eccellenti I TECNICI DELLA UO MARE ARPAC ILLUSTRANO L’ULTIMA CLASSIFICAZIONE DEI TRATTI DI COSTA di L. DE MAIO E. LIONETTI
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a classificazione delle acque di balneazione in Campania risulta stabile anche per la stagione balneare 2022, come in tutto il quadriennio 2018-2021. È quanto risulta dalla pubblicazione, nel Bollettino ufficiale della Regione Campania, della delibera di Giunta regionale che classifica i tratti di costa campani in base ai prelievi effettuati da Arpac negli ultimi quattro anni (deliberazione di Giunta regionale n. 609 del 28.12.2021). Al pari delle precedenti annualità si registra il 97% di costa balneabile, mentre il restante 3% non risulta balneabile in quanto di qualità scarsa. Resta esclusa dal conteggio la quota di litorale non adibita alla balneazione, circa 60 chilometri, per la presenza di porti, strutture militari, canali e foci di fiumi non risanabili, eccetera. La delibera di Giunta regionale approvata alla fine del 2021 determina la balneabilità all’inizio della stagione balneare 2022. La classificazione è stata approvata dalla Regione sulla scorta delle elaborazioni della Direzione Tecnica – UO Mare Arpac, mediante calcolo statistico degli esiti analitici dei controlli delle ultime quattro stagioni balneari (20182019-2020-2021), come prevede la normativa. Nella sola stagione balneare 2021 sono stati effettuati 2510 prelievi di acqua di mare in Campania. A ciascuna delle 328 acque in cui è suddiviso il litorale campano è stata attribuita una specifica classe di qualità. Le acque risultate di qualità sufficiente, buona, eccellente e quelle di nuova classificazione sono ritenute balneabili a inizio stagione balneare, mentre per quelle risultate scarse i sindaci dei comuni interessati dovranno emanare un divieto di balneazione. Il divieto potrà essere revocato, in corso di stagione balneare, al verificarsi delle condizioni di legge che ne attestino il risanamento (d.lgs. 116/08 e DM 30.03.2010). Dalla disamina dei dati si riscontrano valori percentuali leggermente variati, rispetto alla classificazione 2021, per le diverse tipologie di classe di qualità. Si registra, infatti l’88% delle acque di balneazione di qualità eccellente rispetto al 90% registrato nella classificazione per la stagione balneare 2021, a fronte di un leggero aumento delle percentuali di acque buone (5%) e sufficienti (4%) e sempre il 3% di acque in divieto temporaneo di balneazione ad inizio stagione
balneare 2022 risultate di qualità scarsa (percentuali calcolate in termini di lunghezza di costa). La diminuzione delle acque di qualità eccellente con molta probabilità è stata determinata da fenomeni piovosi, verificatisi nel corso dell’ultimo anno di monitoraggio, di elevata intensità, anche se di breve durata, che hanno messo in crisi la rete delle acque pluviali in cui tipicamente, nei sistemi misti, sono convogliate anche le acque fognarie. In tali casi si è verificato che i cosiddetti “tubi di troppo pieno”, scaricando direttamente in mare le acque in eccesso presenti nelle tubature o nei collettori che vengono inondati dalle acque di pioggia di un forte temporale, hanno veicolato in mare anche le acque di fogna che scorrono nelle suddette reti pluviali con conseguente contaminazione delle acque di mare. Dal 1 aprile fino al 30 settembre l’Arpa Campania sarà impegnata, con l’ausilio della flotta di proprietà coordinata dalla UO Mare, nelle operazioni di campionamento e controllo a mare e nella valutazione, verifica e trasmissione dei dati ottenuti. Su ciascuna acqua di balneazione (41 in provincia di Caserta, 148 in provincia di Napoli e 139 in quella di Salerno) i tecnici dei Dipartimenti provinciali agenziali provvederanno al prelievo dei campioni di acqua di mare che successivamente saranno analizzati nei laboratori Arpac. Per la stagione 2022 si prevedono all’incirca 2500 prelievi e oltre 5000 determinazioni analitiche su un totale di circa 480 chilometri di costa adibita alla balneazione. Le acque balneabili a inizio stagione balneare potranno entrare in divieto temporaneo qualora, nel corso del monitoraggio, dovessero superare i limiti di concentrazione previsti dalla normativa per i parametri indicatori di contaminazione fecale. In caso di situazioni anomale ed evidenza di inquinamento si provvederà alle indagini e ai sopralluoghi per individuare le cause di contaminazione e saranno effettuati campionamenti aggiuntivi. I dati saranno consultabili in tempo reale sul sito web istituzionale di Arpac, sul Portale Acque del Ministero della Salute e contestualmente sull’apposita app “Arpac Balneazione”. Le notizie salienti saranno comunicate sul profilo Twitter di Arpac.
ARPAC
RISPOSTE BIOCHIMICHE ai metalli pesanti nelle briofite acquatiche in Campania Il progetto di collaborazione tra Ispra, Arpac e Università Federico II di Napoli foto 1
Istituto responsabile dello sviluppo e aggiornamento, il SINTAI è un sistema realizzato con tecnologie open source, disponibile su rete Internet. Le attività relative alla Prima Fase sono state avviate a partire dalla fine del 2019 e hanno coinvolto i corpi idrici Savone, Calore e Sarno, individuati in funzione di particolari pressioni puntuali (insediamenti industriali con relativi superamenti puntuali di metalli pesanti nella matrice acque superficiale riscontrati nell’ambito dei monitoraggi chimici eseguiti da ARPAC) e diffuse (agricoltura). L’emergenza sanitaria legata al Covid 19 ha rallentato il lavoro ma nel corso del 2021 si è dato avvio alla Seconda Fase tuttora in corso con l’individuazione di ulteriori corpi idrici da monitorare quali: l ’Irno, iI Volturno, la Solofrana e il Tusciano. Per ciascun corpo idrico sono state individuate una stazione di monte con presenza di briofite e una stazione di valle dove si è ricorso in alcuni casi all’apposizione di bags (foto 1). I primi riscontri di questo studio hanno permesso di individuare situazioni di alterazioni strutturale nelle briofite dovute allo stress ambientale nelle stazioni di valle. Ulteriore attività ancora in corso è lo studio della biodisponibiltà dei metalli pesanti nei sedimenti. Le informazioni relative a tale studio, messe in rete attraverso il sistema SINTAI, costituiscono un valido supporto per garantire una conoscenza approfondita del territorio anche mediate informazioni aggiuntive rispetto a quanto richiesto dalla normativa vigente (D. Lgs 15272006 e ss.mm.ii. di attuazione alla Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE), come le valutazioni sui danni ultrastrutturali e lo studio delle risposte biochimiche delle briofite allo stress ambientale. E. BARRICELLA, A. RANALDO, M. INSOLVIBILE*, S. SALVATI* * ISPRA- Dipartimento per il monitoraggio e la tutela dell’ambiente
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el corso del workshop “Sistema SINTAI: WebGis per la divulgazione dei dati in materia di acqua” organizzato da Ispra lo scorso 8 novembre 2021, è stato presentato il progetto “Identificazione, classificazione e studio delle risposte biochimiche ai metalli pesanti nelle briofite acquatiche in Campania”. Tale progetto è stato avviato grazie ad un accordo di collaborazione, proposto dal Direttore del Dipartimento Arpac di Benevento, Elina Barricella e approvato dal Direttore Generale (con delibera n. 496 del 4 luglio 2019/2019), tra l’Arpa Campania, il Dipartimento di Biologia dell’Università di Napoli Federico II e l’ISPRA. In riferimento al monitoraggio dei corpi idrici fluviali, la Direttiva Europea 2000/60/CE identifica tra gli indicatori di Qualità Biologica le Macrofite. Il monitoraggio delle Macrofite è finalizzato all’applicazione dell’indice IBMR ed alla classificazione dei corpi idrici fluviali. Per la sua completa e corretta applicazione l’indice prevede, tra l’altro e ove presenti, l’identificazione e valutazione dell’abbondanza delle briofite quali elementi indicatori dello stato trofico delle acque correnti superficiali. Il Dipartimento di Benevento rappresenta la struttura di riferimento per il campionamento e l’identificazione sistematica della componente macrofitica dei corpi idrici superficiali della regione Campania, così come previsti nel PAA (Piano Annuale Attività). Mediante l’Accordo di collaborazione, non oneroso, di cui sono referenti: la dott.ssa Antonia Ranaldo (Arpac), la dott.ssa Marilena Insolvibile (ISPRA) e la Prof.ssa Adriana Basile per l’Università Federico II, si è inteso garantire il proprio contributo in diverse attività: identificazione e classificazione di briofite acquatiche in Campania; campionamento di briofite, nell’ambito delle attività di monitoraggio sul territorio campano e studio delle risposte biochimiche e cellulari ultrastrutturali ai metalli pesanti; trasferimento di dati, in particolare di caratterizzazione chimica, chimico-fisico dei corsi d’acqua; campionamento dei sedimenti; monitoraggio dei metalli pesanti e test di tossicità; raccolta e sistematizzazione dei dati ambientali, restituzione georeferenziata dei dati ed elaborazione di cartografie tematiche, nonché l’inserimento nel sistema Sintai dei dati e dei risultati consultabili in open access attraverso la sezione del web-gis di SITNAI al link www.sintai.isprambiente.it/public/GIS/map_ page.xhtml. Il SINTAI è il Sistema Informativo per la Tutela delle Acque in Italia, attraverso il quale vengono espletate le attività relative alla gestione delle informazioni sulla tutela delle acque in Italia, dai dati alle metodiche, alla normativa applicabile. Progettato da ISPRA,
SEDI TERRITORIALI
Le attività dell’Area Territoriale del Dipartimento Arpac di Caserta Il 2021 nel segno dell’innovazione e della tutela ambientale di Giuseppina Merola e Loredana Pascarella
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Tempo di bilanci per le attività svolte dall’Area Territoriale del Dipartimento di Caserta nel corso del 2021, per esaminare i risultati ottenuti, le strategie applicate e pianificare con efficacia i controlli da effettuare nel 2022. Questo breve report pone l’attenzione sulle attività più importanti ed innovative svolte nel 2021, fermo restando lo svolgimento delle attività ordinarie. In tema di AIA, come da programma elaborato dalla Direzione Tecnica ARPAC, sono state svolte 12 ispezioni ordinarie (di cui 2 AIA nazionali) e 5 ispezioni straordinarie; le ispezioni ordinarie hanno evidenziato criticità ambientali, cui sono seguite segnalazioni di sanzioni amministrative e/o penali, nell’80% dei casi con il coinvolgimento delle matrici ambientali acque di scarico e rifiuti/suolo nel 50% dei casi e della matrice emissioni in atmosfera nel 40% dei casi. Atteso che, come noto, l'AIA è l'autorizzazione integrata necessaria per l'esercizio di alcune tipologie di installazioni produttive che possono produrre danni ambientali significativi, appare quanto mai importante il ruolo di controllo dell’Agenzia anche alla luce delle diffuse e persistenti criticità ambientali riscontrate nel corso del 2021 (Foto 1). D’altro canto,
Foto 1: Linea produttiva di una installazione AIA (fonte : Area Territoriale Dipartimento Caserta)
invece, in tema di realizzazione di programmi di formazione specializzata attribuita all’ARPAC ex lege, il Dipartimento di Caserta, con il prioritario coinvolgimento dell’Area Territoriale, si è proposto quale soggetto ospitante per lo svolgimento di percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO) ai sensi della Legge n. 145/2018 a favore dell’Istituto Statale d’Istruzione Secondaria Superiore “E. Amaldi – C. Nevio” di S. Maria Capua Vetere. Il percorso prevede formazione teorica di base e numerose uscite di campo con il coinvolgimento dei giovani studenti in attività di monitoraggio e campionamento di corpi idrici superficiali e sotterranei, nonché partecipazione a semplici attività laboratoristiche, con l’intento di fornire un’opportunità utile per rafforzare il raccordo tra scuola e mondo del lavoro ed offrire agli studenti opportunità formative di alto e qualificato profilo nelle tematiche della tutela ambientale. Analogamente, l’Area Territoriale è stata individuata quale attore nella convenzione stipulata con l’Azienda Speciale ABC (Acqua Bene Comune) per la realizzazione di un programma formativo sul campionamento delle acque di scarico, rivolto agli operatori di detta azienda.
Foto 2: Simulazione di attività di prelievo e conservazione dei campioni (fonte : Area Territoriale Dipartimento Caserta)
SEDI TERRITORIALI
Foto 3: Percorso “Esplorando il Mare”, Notte dei Ricercatori 2021 (fonte : Area Territoriale Dipartimento Caserta)
Le attività propedeutiche si sono svolte attraverso moduli di formazione on line, durante i quali è stata illustrata la legislazione ambientale vigente in tema di acque reflue, con un focus sulle modalità di campionamento previste e sulle principali tipologie di impianti di depurazione esistenti. Le attività di campo sono state avviate nel mese di dicembre, con la visita presso uno stabilimento industriale ubicato nel Comune di Marcianise e la simulazione di attività di prelievo e conservazione dei campioni, nonché la disamina della documentazione da consultare in fase di controllo (Foto 2). Le attività proseguiranno e si concluderanno nel 2022, compatibilmente con l’evoluzione dell’emergenza sanitaria in corso. Infine per quanto riguarda le attività di divulgazione al pubblico, il Dipartimento di Caserta ha partecipato alla “Notte Europea dei Ricercatori 2021” tenutasi nel mese di settembre, presso i Giardini della Flora della Reggia di Caserta, evento organizzato da ERN Caserta, gruppo di ricercatori costituitosi nell’ambito dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” allo scopo di diffondere i risultati delle attività di ricerca e di studio. Nell’ambito del percorso “Esplorando il mare”, il Dipartimento di Caserta ha illustrato i progetti in corso sulle attività di monitoraggio e studio dei corpi idrici superficiali e dell’ambiente marino-costiero del litorale Domizio. (Foto 3) Sempre in tema di tutela delle acque, durante il periodo estivo l’Area Territoriale ha avviato il monitoraggio di indagine di corpi idrici superficiali, ubicati in provincia di Caserta, alcuni dei quali non compresi
nell’ambito delle attività di monitoraggio previste dalla rete approvata dalla Regione Campania, ma che si caratterizzano per il contributo ai fini della qualità delle acque di balneazione, quali il Rio Trimoletto, il Rio D’Auria, ed il canali a valle delle Idrovore Macchine Vecchie, Mazzafarro, Casa Diana e San Sossio. Dagli esiti del monitoraggio si evidenzia la significatività del contributo apportato, in termini di parametri microbiologici, dai citati canali ed al contempo sono state effettuate le attività di controllo sui principali fattori di pressione quali ad esempio impianti di depurazione pubblici ed insediamenti stagionali, allo scopo di rilevare potenziali correlazioni e raccogliere informazioni finalizzate all’attuazione di azioni preventive per la stagione 2022. Le attività svolte lo scorso anno per l’Area Territoriale del Dipartimento di Caserta, sono quindi state caratterizzate da un decisivo cambiamento di rotta dal momento che congiuntamente alle ordinarie attività di monitoraggio e controllo, si è scelto di implementare iniziative di monitoraggio finalizzate ad una maggiore conoscenza e prevenzione delle criticità ambientali, ed al contempo di attivare progetti di formazione e divulgazione allo scopo di costruire un dialogo fertile con gli utenti ed i cittadini tutti. La realizzazione di questi ambiziosi intenti è stata possibile grazie a tutti i collaboratori del Dipartimento, i quali in un contesto nazionale caratterizzato da elevata incertezza, hanno partecipato con professionalità ed entusiasmo alle iniziative realizzate.
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L’Arpa Campania partecipa all’esercitazione Convex-3 Il Centro Regionale Radioattività allertato per una simulazione in caso di emergenza nucleare di Giancarlo Germano
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Per verificare che l’apparato deputato alla sorveglianza radiologica della popolazione funzioni correttamente in caso di emergenza nucleare e che vengano applicate correttamente tutte le disposizioni sulla pronta notifica e sull’assistenza internazionale, messe a punto dalla IAEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), si tengono periodicamente delle esercitazioni, denominate ConvEx (Esercitazione della Convenzione). Le esercitazioni sono raggruppate in 3 classi: ConvEx-1 servono a testare le linee di comunicazione di emergenza stabilite con i punti di contatto negli Stati membri che devono essere accessibili 24 ore al giorno e i tempi di reazione di tali punti di contatto; ConvEx-2 testano elementi specifici del quadro internazionale, la modalità e gli strumenti di valutazione e di previsione in situazioni di emergenza nucleare o radiologica; ConvEx-3 sono esercitazioni su vasta scala progettate per valutare le modalità di risposta alle emergenze e i mezzi d'azione in atto per affrontare una grave emergenza nucleare o radiologica per diversi giorni, qualunque sia la causa. L’esercitazione Il giorno 26 ottobre 2021 alle ore 12:45, il Centro Emergenze Nucleari dell'ISIN (Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione), ha attivato la rete RESORAD (REte di SOrveglianza della RADiottività, nata con lo scopo di monitorare la radioattività nell'ambiente e negli alimenti e valutarne il trasferimento all'uomo), chiarendo che si trattava dell’esercitazione “Convex-3” già pianificata da mesi e preceduta da un evento formativo dedicato. All’esercitazione “Convex-3” hanno partecipato numerosi enti ed istituzioni internazionali come la IAEA e il Comitato Interagenzia per le Emergenze Radiologiche e Nucleari (IACRNE), e nazionali, tra cui l’ISIN, gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali, quasi tutte le Agenzie regionali (ARPA) e provinciali (APPA) per la protezione ambientale, il COMet (Centro Operativo per la Meteorologia) dell’Aeronautica militare, il Dipartimento di Protezione Civile. L’adesione alle esercitazioni Convex-3 è su base volontaria, Il CRR-ARPAC è la prima volta che vi partecipa, ciò è stato reso possibile grazie all’im-
Localizzazione della centrale nucleare di Barakah, Emirati Arabi Uniti Fonte: ISIN Esercitazione ConvEx-3 26-27 ottobre 2021 (presentazione)
pegno del Dirigente Responsabile del CRR-ARPAC, Giancarlo De Tullio e di tutti gli operatori, oltre al supporto del Direttore del Dipartimento Provinciale ARPAC, dr.ssa Elina Barricella. Tramite mail, pec, telefonia fissa e mobile, l’ISIN ha avvisato il CRRARPAC, che alle ore 6:37, attraverso il circuito internazionale di pronta notifica della IAEA (International Atomic Energy Agency), l'Autorità di sicurezza nucleare degli Emirati Arabi Uniti informava tutti circa l’incidente avvenuto il giorno prima in serata, presso la centrale nucleare di Barakah. Tale evento ha determinato il rilascio in atmosfera, in quantità e tipo non note, di sostanze radioattive. Dalle prime proiezioni dell’evoluzione della nube radioattiva si ipotizzava un interessamento del territorio italiano, pertanto l’ISIN ha immediatamente creato l’evento "Convex-3" sulla piattaforma SINRAD (Sistema Informativo Nazionale sulla Radioattività, portale Web dell’ISIN che raccoglie i dati nazionali sulla radioattività ambientale). Durante la simulazione sono stati utilizzati (per la prima volta, nell’ambito dell’esercitazione internazionale) anche i social network. Attraverso la piattaforma dedicata: “Social media simulator”, implementata dalla IAEA, è stata testata la capacità dei comunicatori di monitorare quanto pubblicato, rispondere alle richieste di chiarimenti e contrastare la diffusione di fake news.
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La centrale nucleare di Barakah. Fonte: ISIN Esercitazione ConvEx-3 26-27 ottobre 2021 (presentazione)
i laboratori hanno confermato di aver ricevuto la comunicazione. Il CRRARPAC, tra l’altro, è stato il primo a rispondere. Il CRR-ARPAC, in particolare, ha inviato 32 risultati su matrice ambientale: 29 valori orari su Particolato atmosferico totale, misurate in continuo tramite MGP; 3 valori di Particolato atmosferico totale prelevati su filtri e analizzati su spettrometro gamma ad alta risoluzione; 1 valore relativo al campione di deposizioni secche/umide; 3 risultati simulati (vale a dire prendendo valori reali ma da campioni precedentemente analizzati) su matrice alimentare (latte vaccino intero crudo, foraggio per animali, lattuga). Nel corso della riunione del 15 novembre sono state evidenziate delle minime modifiche da apportare alla procedura di attivazione (snellimenti). Inoltre, si è stabilito di utilizzare la procedura di attivazione, sia in caso di emergenza sia in caso di evento anomalo. Si è concluso che il Test della procedura di attivazione dei laboratori RESORAD e del flusso dati tramite il sistema SINRAD in caso di emergenza hanno dato un esito POSITIVO, registrando ampia e attiva partecipazione degli Enti preposti, celerità di risposta ai messaggi ed efficiente caricamento dati nel SINRAD. Per quanto riguarda il CRR-ARPAC, è stata determinante al raggiungimento degli obbiettivi l’attenzione dedicata alle esigenze del Centro da parte del Direttore Generale Arpac, Luigi Stefano Sorvino e del Direttore Tecnico, Claudio Marro, con il contributo dell’ex Direttore Provinciale del Dipartimento di Salerno, nonché (precedentemente) dirigente ad interim del CRR-ARPAC, Antonio De Sio, e del Direttore del Dipartimento Provinciale di Caserta, Salvatore Di Rosa, che hanno consentito, negli ultimi anni, l’acquisto di uno scintillatore liquido, di un nuovo rivelatore per il gas radon, di una pompa ad alto volume (per il prelievo del particolato atmosferico) e di un particolare microscopio abbinato ad un software per la lettura dei rivelatori a tracce nucleari. (Fonte: Relazione riguardante l’Esercitazione CONVEX-3 del 26-27 ottobre 2021 redatta dal Dirigente del CRR-ARPAC , Dr Giancarlo De Tullio)
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Il giorno dell’allerta (attivazione Rete/laboratori RESORAD) è stato comunicato dall’ISIN che le matrici di rilevante interesse per l’evento erano, in ordine di priorità: particolato atmosferico, deposizione umida e secca al suolo, vegetali eduli a foglia larga. Il CRR-ARPAC ha trasmesso, tempestivamente i valori della radioattività monitorati tutti i giorni dell’anno, a tutte le ore, sul particolato atmosferico totale e sulle deposizioni umide e secche (cosiddetto fallout), avviando un campionamento del particolato atmosferico totale mediante l’ausilio di una pompa ad alto volume per analisi più approfondite (inviate poche ore dopo al SINRAD). E’ stata subito allertata l’UOPC dell’ASL di Avellino che, dopo poche ore, ha consegnato al CRR-ARPAC un campione di terreno (top soil), analizzato poi in seguito. Il 27 ottobre, alle ore 12:00, una seconda comunicazione del Centro Emergenze dell'ISIN informava che, in base alle misure raccolte sulla piattaforma web IRMIS (Sistema informativo internazionale per il monitoraggio delle radiazioni) della IAEA, si valutatava una stima del rilascio radioattivo tale da classificare l’evento di grado 7 (massimo livello) sulla Scala INES (Scala Internazionale degli Eventi Nucleari e Radiologici). Dalle proiezioni dell’evoluzione della nube radioattiva e dai dati caricati sulla piattaforma SINRAD si confermava un interessamento del territorio italiano. Si richiedeva, di proseguire con il caricamento dei dati richiesti il giorno precedente e di includere tra le matrici di rilevante interesse il latte vaccino da fattoria ed il foraggio fresco sui quali determinare i radionuclidi Cs-134, Cs-137, I-131. Il CRR-ARPAC ha proseguito le sue attività di analisi, campionamento e trasmissione dei dati. Lo stesso giorno, nel pomeriggio, il Centro Emergenze dell'ISIN comunicava che alle ore 16:04 la IAEA aveva dichiarato conclusa l’esercitazione “Convex-3”. Il 15 novembre, in videoconferenza sono stati discussi i risultati. All’esercitazione hanno partecipato 21 ARPA/APPA/IZS (su 25 totali), 24 laboratori (su 29). Entro 35 minuti dal primo messaggio di allerta, tutti
ARPA CAMPANIA AMBIENTE
L’ultimo report dell’Incaricato AntiRoghi evidenzia i risultati dell’azione di contrasto di Luigi MOSCA
TERRA DEI FUOCHI,
calano i roghi I
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n base alle statistiche dei Vigili del fuoco, dieci anni fa nei novanta comuni del Patto Terra dei fuochi si verificavano circa 4mila incendi illegali di rifiuti all’anno. Secondo gli ultimi dati, riferiti al 2021, in questi 56 comuni della Città metropolitana di Napoli e 34 comuni della provincia di Caserta i roghi di rifiuti sono stati 1.406 in un anno. Anno dopo anno, si registra una tendenza al ridimensionamento del fenomeno che – spiega l’Incaricato del Governo per il contrasto al fenomeno dei roghi di rifiuti in Campania, il viceprefetto Filippo Romano, nell’ultimo report annuale sull’attività dell’ufficio da lui guidato – si deve in buona sostanza alle massicce azioni di controllo messe in campo a partire dal 2013, anno in cui è stata creata la figura dell’ “Incaricato Antiroghi” e in cui è stato approvato il decreto legge 136 (poi convertito in legge 4 del 2014) dedicato appunto all’ “emergenza Terra dei fuochi”. Per diversi anni il dato, nei novanta comuni considerati, si era essenzialmente dimezzato rispetto ai primi anni “dieci”, per stabilizzarsi intorno ai 2mila roghi annui, poi il 2021 sembra aver assestato un ulteriore colpo al fenomeno. Un calo drastico che non può essere considerato frutto di una crescente assuefazione che spingerebbe i cittadini a non denunciare i roghi. In un’intervista ad Arpa Campania Ambiente risalente allo scorso maggio, Romano ha sottolineato infatti che gli incendi di rifiuti, perlomeno quelli di dimensioni medio-grandi, difficilmente sfuggono alle statistiche. Né, nell’anno in questione, sembra probabile che le restrizioni antiCovid abbiano giocato un ruolo determinante, visto che l’economia a differenza del 2020 ha vissuto un periodo di accelerazione. Dunque la tesi dell’Ufficio retto dall’Incaricato è che la diminuzione dei roghi di rifiuti (-35,5% nel 2022 rispetto al 2021) non possa che spiegarsi con l’intensificarsi dei controlli. Le forze impegnate nelle azioni di vigilanza e controllo programmate dall’Incaricato hanno eseguito, nell’arco del 2021, 20.052 pattugliamenti (+13,08% rispetto al 2021), hanno controllato 489 aziende (+64,66%), ne hanno sequestrato 201 (+56,94%), hanno controllato 13.915 veicoli (+706,53%), ne hanno sequestrato 633 (+39,07%), hanno identificato 17.359 persone (+569,69%), ne hanno denunciato 433 (+55,39%), hanno elevato sanzioni amministrative a 916 persone (+382,34%) per un valore totale di 2 milioni 64mila euro (+70%). Il sistema di controlli, coordinato dai prefetti di Napoli e Caserta sulla base della programmazione stabilita dall’Incaricato AntiRoghi, vede impegnato il contingente “Strade sicure” dell’Esercito, con la collaborazione delle polizie locali nelle cosiddette “azioni di secondo livello”, e poi gruppi interforze in campo nei cosiddetti Action Days TECNO & SCIENZA
settimanali, partecipati da Esercito, Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, polizie locali, con il supporto tecnico di Asl e Arpac. Come si evince dai dati elencati, nell’anno appena trascorso le forze in campo nella Terra dei fuochi hanno concentrato i propri sforzi, oltre che sui controlli alle attività produttive, nell’intercettare i movimenti dei rifiuti sul territorio, bloccando i veicoli che vengono utilizzati allo scopo. Un altro fronte di impegno che ha prodotto risultati è quello delle verifiche sugli insediamenti abitativi irregolari, in buona sostanza i campi rom. La gestione illecita dei rifiuti presenta molte sfaccettature, una di queste purtroppo è l’emarginazione sociale. Questa però spesso è l’ultimo anello di una filiera che coinvolge aziende e operatori completamente o in parte sommersi, che si sbarazzano senza troppi scrupoli dei rifiuti prodotti. Regione Campania e Arpac hanno promosso una riunione, che si è tenuta in questi giorni, nell’ambito della procedura di aggiornamento del Piano regionale rifiuti speciali, dedicata alle connessioni tra il Piano e la questione del contrasto alla gestione illecita dei rifiuti in Terra dei fuochi, con la partecipazione delle associazioni attive sul territorio. Molto spesso infatti i rifiuti dati alle fiamme sono proprio rifiuti speciali, rifiuti cioè fondamentalmente prodotti dalle aziende. In questo ambito, la Campania sconta una dipendenza da altri territori ancora molto significativa, mentre per i rifiuti urbani negli ultimi anni sono stati compiuti passi avanti per aumentare la quota di differenziata e gli impianti di trattamento sul territorio. Anche per questo, gestire gli “speciali” presenta costi largamente percepiti come troppo alti ed è forte la tentazione per molte imprese di disfarsene illegalmente. Certo, non è l’unica causa del fenomeno, alimentato da sacche di ingiustificabile inciviltà e da una superficialità ancora piuttosto diffusa. Tuttavia, se il sistema di gestione dei rifiuti speciali fosse più forte sul territorio, di sicuro si registrerebbero meno “perdite” dai circuiti legali verso quelli illegali.
ARPAC
Il Consorzio Sviluppo sostenibile Valle dell’Ofanto, nato nel 2011 da un gruppo di professionisti, ambientalisti e agricoltori, afferisce ad una delle più importanti risorse idriche del Mezzogiorno, unico fiume della regione Puglia. L'Ofanto rappresenta la maggiore risorsa idrica interna della Puglia per lunghezza, bacino e ricchezza d'acque; inoltre, con i suoi 134 km totali di corso, risulta anche il secondo fiume più lungo fra quelli che sfociano nell'Adriatico (dopo l'Aterno-Pescara) e uno dei più lunghi dell'Italia meridionale dopo lo stesso Aterno-Pescara, il Volturno, il Basento e l'Agri. L’ obiettivo del Consorzio è quello di riqualificare la predetta risorsa, creando i presupposti per l’istituzione del Parco fluviale, nazionale o interregionale; la mission è quella di porre in essere tutti i progetti di salvaguardia ambientale dell’area interessata, di promuoverne il
idrogeologica e mobilità lenta. Il Consorzio è presieduto dal Dott. Michele Marino a cui sono state rivolte alcune domande. La sua esperienza professionale l’ha portata a ricoprire un ruolo di responsabilità in un momento difficile per il territorio dell’Italia meridionale. Ci può descrivere l’attività progettuale in essere ed i progetti in cantiere per il nuovo anno? Riteniamo indispensabile partire dalla base della comunità valligiana, promuovendo iniziative socio-culturali (come negli anni scorsi al ponte Romano presso Canosa di Puglia o il convegno di studi presso il Castello di Barletta, ottobre 2019) che consentano di avvicinare i cittadini irpini dell’alto Ofanto, quelli lucani della media valle ed i pugliesi della bassa (Foggia e BAT) verso la bellezza naturalistica ed il ricco patrimonio storico-artistico. In particolare ci riferiamo al “Viaggio dantesco lungo l’Ofanto”, patrocinato dal MIBAC, dalla Regione Puglia, dalle Province di Avellino e Barletta, Andria,
Il Consorzio Pro Ofanto aderisce all’Osservatorio Ambientale dell’Arpac patrimonio naturale, culturale e artistico, quindi di valorizzare la Valle nella sua globalità. Il Consorzio per lo sviluppo sostenibile Valle dell’Ofanto, denominato in forma abbreviata “Consorzio Pro Ofanto”, si è costituito ai sensi e per fini degli Artt. 2602 e seguenti del C.C. a seguito del convegno “Il Parco dell’Ofanto, una risorsa per la salvaguardia del territorio” organizzato dal Rotary Club Andria Castelli Svevi nel maggio 2010, su iniziativa dell’Associazione di protezione ambientale A.S.S.TR.A.I., Associazione salvaguardia e sviluppo Tevere, Trasimeno e Acque Interne. L’ ARPAC si inserisce in questo ambizioso percorso proprio in considerazione dei notevoli progetti che il Consorzio sta avviando e in particolare quale soggetto aderente al Contratto di fiume Ofanto presso l’Ente Parco nat. Reg. fiume Ofanto/Provincia BAT; come partner operativo, unitamente a LIPU e Italia nostra Puglia in ordine ai reiterati provvedimenti autorizzativi di impianti eolici da parte della Provincia di Foggia, a danno del paesaggio, del suolo, della fauna e dello sviluppo sostenibile del turismo; quale ente candidato alla formazione e all’educazione in tema di resilienza, sostenibilità e risparmio energetico, sicurezza
Trani, nonché dai Comuni avellinesi e di Cerignola; si tratta di un grande evento che si svolgerà nella prossima primavera. Quali sono i progetti che si possono sviluppare in sinergia con l’ARPAC? Potrebbe iniziare una collaborazione sia sotto il profilo della tutela ambientale (siamo stati Parte civile nel processo “Terra dei fuochi in Puglia” nel Tribunale di Foggia), quindi sul problema dell’abbandono dei rifiuti speciali/pericolosi e dello sversamento illecito dei rifiuti, sia attraverso il coinvolgimento dei nostri partner, nazionali e territoriali, per condividere progetti di formazione e aggiornamento dei funzionari tecnici, comunali e provinciali, affinché siano preparati ad intervenire correttamente e preventivamente sul sistema idrogeologico, anche con l’utilizzo dei fondi messi a disposizione dal PNRR. Nel ringraziare il Dott. Marino nell’aver evidenziato la mission del Consorzio, si evince, da tale confronto, l’importanza dell’attività di riqualificazione dell’habitat naturale, proprio in linea con i goal dell’Agenda ONU 2030.
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di Ester Andreotti
EDITORIALE PRATICA MANAGERIALE
Open data, accountability e partecipazione attiva: quale ruolo per la Pubblica Amministrazione di Giovanni Improta e Lucio Todisco
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La grande accelerazione tecnologica dovuta alla emergenza pandemica ha acceso le luci sulla necessità di un utilizzo efficace dei dati aperti, nonché al valore sociale che essi possono ricoprire nella società. In precedenti articoli di questa rubrica avevamo già avuto modo di mettere in evidenza come la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione rappresenta un elemento centrale a supporto della riorganizzazione dei processi e dei servizi al cittadino. Un focus, quindi, risulta doveroso su un tema rilevante e di particolare interesse quale l’enorme quantità di dati in possesso della Pubblica Amministrazione e l’utilizzo che se ne può fare a favore della comunità. I dati rappresentano un patrimonio informativo di enorme utilità per i cittadini, per le associazioni, per le imprese, che possono in questo modo essere consapevoli delle attività delle Pubbliche Amministrazioni. Ovviamente l’aspetto informativo e di conoscenza si interseca con la possibilità di poterne fare un buon uso per molteplici finalità. Per definire gli Open Data è necessario focalizzarsi su due elementi caratterizzanti. Il primo riguarda la disponibilità e l’accesso: i dati devono essere disponibili in maniera completa, aggiornata e facilmente accessibile. Il secondo riguarda il loro formato, che deve permettere la possibilità di riutilizzo e ridistribuzione. Partendo da questi presupposti operativi, possiamo calare gli open data nella realtà delle organizzazioni pubbliche per immaginare un modello di PA che, in tempi in cui con fatica stiamo attraversando questo percorso verso una “nuova normalità” possa rappresentare un valore aggiunto sotto due punti di vista: quello dell’accountability e quello della sostenibilità del territorio. Open Data per l’accountability – Uno degli obiettivi principali delle Pubbliche Amministrazioni moderne deve essere quello di valorizzare l’uso dei dati aperti a favore della partecipazione attiva dei cittadini e di renderli consapevoli delle attività che le PA svolgono. Con “open data per l’accountability” si fa riferimento al libero accesso alle informazioni pubbliche da parte dei cittadini, con l’obiettivo di valorizzare al massimo l’uso dei dati aperti per favorire la partecipazione ed il rispetto dei principi della libertà di espressione stabiliti a livello sia costituzionale sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Open Data per la sostenibilità – Non soltanto libertà di comunicare e libertà di accesso alle informazioni, quindi, open data significa, come ab-
biamo visto, favorire la partecipazione attività delle comunità. Nel corso degli ultimi decenni, la Pubblica Amministrazione ha cambiato paradigma cercando di accelerare dei processi di partecipazione collettiva. A livello locale, l’utilizzo degli open data può dare particolare supporto alle associazioni, ma anche ai singoli cittadini, ad elaborare proposte operative a supporto del miglioramento della vivibilità e sostenibilità delle comunità di appartenenza. Basti pensare a temi di particolare impatto in questo periodo quali la viabilità, il clima, l’energia. Gli open data, se correttamente utilizzati, rappresentano una miniera d’informazioni utilizzabile per definire azioni ed interventi coordinati tra cittadini, associazioni e pubbliche amministrazioni. L’uso consapevole dei dati aperti passa anche per una comprensione da parte dei dipendenti pubblici del ruolo rilevante che possono avere. In quest’ottica, appare particolarmente interessante il percorso portato avanti con il piano “Ri-formare la PA. Persone qualificate per qualificare il Paese”, presentato nel mese di gennaio di quest’anno dal Dipartimento della Funzione Pubblica che, in rispetto delle linee guida del PNRR mira a valorizzare ed accrescere le competenze digitali all’interno delle organizzazioni pubbliche, prevedendo, tra l’altro, l’individuazione e realizzazione di differenti percorsi formativi che abbiano a riferimento il miglioramento delle competenze digitali e l’uso consapevole degli open data, big data, e dei tools digitali. Per approfondire: • Dati di tipo aperto: AGID – Agenzia per l’Italia Digitale https://www.agid.gov.it/it/dati/open-data • Di Donato, F. (2010). Lo stato trasparente. Linked open data e cittadinanza attiva. PISA: Edizioni PTS. • I dati aperti della Pubblica Amministrazione: https://www.dati.gov.it • Open Data: cosa sono, come sfruttarli e stato dell’arte in Italia: https://www.forumpa.it/pa-digitale/open-data-cosa-sono-come-sfruttarli-e-stato-dellarte-in-italia/ • Sieber, R. E., & Johnson, P. A. (2015). Civic open data at a crossroads: Dominant models and current challenges. Government information quarterly, 32(3), 308-315. • Amato, F., Chianese, A., Moscato, V., Picariello, A., & Sperli, G. (2012, November). SNOPS: a smart environment for cultural heritage applications. In Proceedings of the twelfth international workshop on Web information and data management (pp. 49-56).
PRIMO PIANO
PANDEMIA E SOSTENIBILITA’ EUROPA A RALLENTATORE
IL CONFRONTO TRA LE PERFORMANCE RISPETTO AI GOALS
IL COVID-19 HA CAUSATO UNA BATTUTA D’ARRESTO
DELL’AGENDA 2030 RIDUCE IL DIVARIO TRA NORD E SUD
PER LA MARCIA VERSO LA SALVAGUARDIA DEL PIANETA
di Giulia Martelli
di Anna Paparo
A due anni dalla pubblicazione del Report “Verso la sostenibilità: uno strumento a servizio delle Regioni”, esce un aggiornamento al 2021 che propone una comparazione interregionale rispetto a 16 su 17 Goal dell’Agenda 2030. Questa elaborazione, a cura del gruppo di ricerca “Agenda 2030 e Sviluppo Sostenibile” coordinato dalla professoressa Laura Cavalli della Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM), presenta una sostanziale differenza rispetto ad altri rapporti in quanto fornisce un ulteriore supporto agli amministratori regionali analizzando, per ciascuna regione italiana, non solo i valori e le performance assolute ma anche come queste si discostano dalla media delle altre Regioni, sia in positivo, maggiori della media, che in negativo. A sorprendere è il fatto che quasi la metà delle valutazioni rispetto ai 16 Goal non faccia emergere il classico spaccato tra Nord e Sud del Paese ma mostri una situazione molto più variegata: in alcuni casi è proprio il Sud a essere traino positivo delle performance medie del resto dell' Italia. Parliamo, ad esempio, del Goal 3 “Salute e benessere” per cui si evidenziano, da una parte, le performance al di sotto della media della Valle d’Aosta e dell’Emilia-Romagna al Nord, e dall’altra, quelle al di sopra della media della Sardegna al Sud. I risultati del Goal 5 “Uguaglianza di genere” vedono invece una vera e propria spaccatura tra le Regioni in cui le performance sono nettamente al di sotto della media regionale (Campania, Basilicata e Abruzzo), e quelle le cui performance sono ben al di sopra (Valle d’Aosta, Toscana e Marche). Il Goal 7 “Energia pulita e accessibile” vede la stessa spaccatura tra Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta da una parte e Sardegna dall’altra; da sottolineare anche i dati della Basilicata, che risulta essere l’unica Regione al Sud ad avere una prestazione al di sopra della media. Stessa situazione la si può notare nel Goal 12 “Consumo e produzione responsabili”: molto sopra la media sono la Lombardia e l’Emilia-Romagna e molto sotto la Valle d’Aosta e il Molise. Scarsi, invece, i risultati della Lombardia e dell’Emilia-Romagna per il Goal 11 “Città e comunità sostenibili” e per il Goal 13 “Agire per il clima”. In questi ultimi è il Nord (escluse Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia) ad avere generalmente performance peggiori rispetto ad alcune Regioni del Centro e del Sud. Si ribalta quindi il luogo comune per cui il Nord risulterebbe essere sempre il più virtuoso. Proprio in coerenza con tali risultati, anche il Goal 15 “La vita sulla terra” vede delle prestazioni al di sotto della media per le Regioni settentrionali: sono infatti le regioni del Centro e del Sud, in particolare l’Abruzzo, ad essere le più attente alla protezione degli ecosistemi e della biodiversità.
Il Covid-19 continua a far sentire la sua eco non solo nelle corsie degli ospedali, nella quotidianità di ciascuno di noi e di tutto il mondo, ma anche sul cammino verso la sostenibilità, facendo registrare una notevole battuta d’arresto per il raggiungimento dei target prefissati in materia di salvaguardia ambientale. Infatti, per la prima volta dall’adozione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdg) contenuti nell’ Agenda 2030 adottata dall'Onu nel 2015, il punteggio medio dell'SDG Index dell'Unione Europea non è per niente aumentato nel 2020, anzi, è leggermente diminuito principalmente a causa del forte impatto negativo del Covid-19 registrato sull'aspettativa di vita, la povertà e la disoccupazione. A darne notizia è il terzo Rapporto sullo Sviluppo Sostenibile in Europa 2021 redatto da Sustainable Development Solutions Network, SDSN Europe e Institute for European Environmental Policy (IEEP). Questo momento storico rappresenta per l’Europa e per il mondo intero una situazione davvero complicata e critica, una delle sue più grandi sfide relative agli Sdg nei settori delle diete e dell'agricoltura sostenibili, del clima e della biodiversità e nel rafforzamento della convergenza degli standard di vita nei suoi paesi e nelle sue regioni. Nello specifico, la Finlandia si trova in cima all'SDG Index 2021 per i paesi europei (e mondiali) poiché è stata meno colpita dalla pandemia di COVID-19 rispetto alla maggior parte degli altri paesi dell'Unione Europea. A seguire troviamo sempre due Paesi del Nord Europa, ovvero la Svezia e la Danimarca. E ancora, nel rapporto si legge che i paesi candidati all'UE (Albania, Repubblica della Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Turchia, più la Bosnia-Erzegovina) hanno fatto registrare una serie di performances ben al di sotto della media dell'Unione Europea. Da un confronto before/after, è venuto fuori che prima del sopraggiungere della pandemia di Coronavirus in tutto il mondo, questi stessi Stati stavano facendo ulteriori progressi rappresentando, quindi, il primo caso nella storia dell’umanità di un accordo globale con lo scopo di non lasciare nessuno indietro (“no one is left behind”). Per questo motivo, in questo momento così drammatico, bisogna riflettere su dove siamo e dove vogliamo arrivare, programmando la risalita verso una ripresa volta al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile.
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ITALIA E SOSTENIBILITÀ: IL REPORT CON I DATI 2021
I recenti studi sui batteri mangia-plastica DAL MONDO
di Tina Pollice
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Da uno studio della Chalmers University of Technology di Gothenburg, in Svezia, arriva una notizia positiva: diversi batteri presenti negli oceani e nel suolo di tutto il mondo stanno imparando a mangiare la plastica. La scoperta di questa evoluzione dei microbi terrestri rappresenta una svolta: degradare più rapidamente i materiali plastici potrebbe consentire di abbattere in modo più facile una parte importante dell’inquinamento umano. Lo studio, pubblicato su Microbial Ecology, è la prima valutazione globale sulle possibilità di smaltire la plastica, connesse a organismi già esistenti. I ricercatori hanno analizzato più di duecento milioni di geni, prelevati dall’ambiente, attraverso numerosi campioni di Dna. Il risultato è sorprendente: un batterio su quattro trasporta un enzima capace di degradare la plastica. Sono trentamila, gli enzimi in grado di scomporre dieci tipi di materiali plastici diversi. Presto il loro utilizzo potrebbe diventare fondamentale in campo industriale: permette infatti di scomporre rapidamente nei loro elementi costituitivi anche i materiali più difficili da riciclare rendendo più semplice la loro modifica e riducendo la necessità di produrre nuova plastica. L’esistenza di batteri soggetti a questo tipo di evoluzione era in realtà nota da qualche anno. La scoperta del primo insetto capace di mangiare la plastica risale al 2016, in una discarica giapponese. Attraverso lo studio e le modifiche al suo patrimonio genetico, nel 2018 gli scienziati sono riusciti a creare un enzima ancora più bravo ad abbattere rifiuti come contenitori e bottigliette. Nel 2020 ulteriori esperimenti ne
hanno aumentato di sei volte la velocità di degrado. Nello stesso anno la società francese di biochimica Carbios ha prodotto un altro enzima mutante, per il riciclaggio nella plastica. In Germania si studia un batterio che si nutre di poliuretano plastico, una sostanza tossica che di solito viene abbandonata nelle discariche. Lo studio è partito proprio da queste conoscenze. Gli scienziati hanno compilato un set di dati con i 95 enzimi già noti, presenti soprattutto in luoghi ad alta concentrazione di rifiuti, dopodiché hanno cercato enzimi simili, esplorando ben 236 località in tutto il mondo. Una scoperta sorprendente che illustra davvero la portata del problema della plastica. Diciottomila nuovi microrganismi provengono da campioni terrestri, rilevati in 169 località, 38 paesi e 11 habitat diversi. Nel suolo si annidano diversi tipi di plastica, anche con sostanze chimiche e additivi ftalati, per esempio quelli usati per il Pvc nell’industria edile, che i batteri tendono ad attaccare.12000 invece sono stati trovati in 67 località dell’oceano, a tre profondità diverse. Ai livelli superficiali dell’acqua il loro numero è ridotto, mentre cresce man mano che si scende, a testimoniare il maggior grado d’inquinamento dei fondali marini. E ad essi si guarda per comprendere le prossime evoluzioni degli organismi che convivono con la plastica. Di recente, uno studio pubblicato su Nature ha rivelato che, sul Pacific Trash Vortex, un’isola di plastica di 700mila km² nell’Oceano Pacifico, si sta formando un nuovo ecosistema, la comunità neopelagica. La scoperta di questi nuovi enzimi mangia-plastica è e sarà fondamentale per affrontare l’inquinamento e i suoi effetti diretti sull’uomo.
AIE. ELEVATO CONSUMO DI CARBONE, A RISCHIO GLI OBIETTIVI DI RIDUZIONE CO2 di Bruno Giordano L’analisi del rapporto sui consumi planetari, diffuso lo scorso 14 dicembre dall’Aie (Agenzia internazionale dell’energia) rivela che l’elettricità prodotta dal carbone lo scorso anno ha raggiunto a livello globale un livello record di circa 0.350 terawattora, con un aumento del 9% rispetto all’anno prima. Questo andamento mette gravemente a rischio il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO₂ fissati nel vertice di Glasgow Cop26. In assenza di interventi politici più energici, il consumo di carbone, il più inquinante tra i combustibili fossili davanti a petrolio e gas, si appresta a raggiungere un massimo storico (oltre 8 Mrd di t.) e a mantenere questo livello di utilizzo fino al 2024. La stessa Aie ha avvisato che, per sperare di raggiungere gli obiettivi di contenimento del riscaldamento globale, è necessario azzerare immediatamente qualsiasi investimento aggiuntivo nelle fonti fossili. Il consumo di carbone, ricorda l’Agenzia, era diminuito nel 2019 e nel 2020, anche se meno di quanto inizialmente previsto, e la rapida ripresa economica del 2021 ha spinto la domanda di elettricità più velocemente di quanto le forniture a basse emissioni di carbonio potessero tenere il passo. Il forte aumento dei prezzi del gas naturale ha anche aumentato la domanda di energia elettrica prodotta dal carbone, rendendola più competitiva in termini di costi. La maggior parte dell’incremento dell’uso di carbone è riconducibile a Cina ed India (rispettivamente il primo e secondo Paese consumatore, produttore e importatore nel mercato del carbone), che insieme rappresentano i 2/3 della domanda globale. Il carbone è la principale fonte di emissioni globali di carbonio e il livello elevato di produzione di energia da carbone nel 2021 è un segnale preoccupante di quanto il mondo sia lontano dagli obiettivi di riduzione di emissioni verso lo zero netto.
STudI & RICERCHE
L I N E E G u I d A P E R L A VA L u TA z I O N E d E L d A N N O A M B I E N TA L E Me tod ol ogie, c riteri di r ife ri mento e c a si stud io
Trattiamo in questo numero una pubblicazione di assoluto interesse che, come descritto nell’introduzione, dopo oltre quindici anni dalla norma nazionale ed europea sulla responsabilità ambientale, rappresenta un documento efficace che ricostruisce la procedura di valutazione tecnica del danno ambientale secondo le definizioni normative. Tra gli autori, citiamo Salvatore Viglietti di Arpa Campania che ha fornito un indubbio contributo su diversi argomenti trattati oltre a Francesca de Falco, citata nei ringraziamenti. una pubblicazione complessa che si sviluppa in oltre 350 pagine e tre parti ma anche capace di trattare in maniera specifica e chiara tutti gli argomenti d’interesse inerenti alla materia. Nel primo capitolo è riportato l’inquadramento normativo e la procedura amministrativa con specifico riferimento all’attuale ruolo che svolge il Sistema Nazionale della Protezione Ambientale (SNPA) ripercorrendo gli oltre vent’anni in cui l’attività di valutazione dei danni all’ambiente e l’individuazione delle relative misure di riparazione siano passate prima attraverso la Legge 349/86 (che istituisce, peraltro, il Ministero dell’Ambiente) poi sono state assicurate dall’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e dei Servizi Tecnici (APAT) poi, dal 2008, hanno trovato prosecuzione nell’operato dell’ISPRA e dal 2017 nel SNPA che: “ha fornito, sia strumenti di analisi ambientale di dettaglio (a scala locale) in grado di garantire l’efficienza nelle attività di valutazione richieste dal Ministero, sia la possibilità di approfondire aspetti metodologici di natura tecnica e scientifica, attraverso il confronto tra diverse professionalità ed esperienze specialistiche”. La guida principale risulta essere sicuramente anche la direttiva europea 2004/35/CE (relativa alla responsabilità in materia di danno ambientale) recepita nella parte sesta del d.Lgs 152/2006 (T.u. Ambiente) che: “…ha introdotto, in particolare, l’obbligatorietà di un risarcimento in forma specifica del danno (le misure di riparazione sono realizzabili solo ed esclusivamente con interventi in concreto), in riferimento a danni individuati come impatti significativi e misurabili su specifiche risorse naturali”. È giusto ricordare che: “Il dlgs 152/2006 prevede due decreti attuativi, di competenza del Ministero dell’ambiente: un decreto sui criteri istruttori di accertamento
del danno ambientale (art. 299) e un decreto sui criteri di riparazione complementare e compensativa (art. 311). Tali decreti non risultano ad oggi emanati”. E sono trascorsi oltre 15 anni ormai. Il secondo capitolo affronta, prima di tutto, la responsabilità civile in tema di danno ambientale, ripercorrendo quanto accaduto in Italia dagli anni Sessanta ad oggi. Successivamente sono descritte compiutamente la procedura dell’azione di prevenzione o riparazione dei danni ambientali e il supporto tecnico nella procedura amministrativa. Con assoluta chiarezza sono definite e descritte, anche con successivi esempi pratici, la fase di screening propedeutica all’accertamento, l’accertamento del danno ambientale e gli esiti. Nel terzo capitolo, che conclude anche la prima parte, è descritto attentamente il sistema Sinanet Groupware delle stanze di lavoro. La seconda parte è introdotta da un quarto capitolo molto interessante, perché descrive la prevenzione dei danni ambientali, approfondendone anche le conseguenze sulla riduzione degli impatti. La valutazione della minaccia di danni, individuandone le fonti e la probabilità, sono propedeutici ed introduttivi all’accertamento della minaccia. La seconda parte si conclude con il capitolo quinto che affronta il tema degli strumenti di valutazione preventiva e di informazione e tutela contro le minacce dei danni ambientali. In due sottoparagrafi sono affrontati sia gli effetti/ripercussioni della non corretta applicazione della procedura di VIA, sia le mitigazioni e le compensazioni nell’ambito della stessa procedura. Altro argomento di sicuro interesse è l’utilizzo dei Sistemi di Gestione Ambientale come supporto alle imprese per la prevenzione dei danni ambientali, con relativi approfondimenti, sia alla norma ISO 14001:2015, sia al regolamento EMAS. La terza parte, con i capitoli sei, sette e otto, è quella che definirei più “operativa” in quanto sono riportati casi studio con l’esito dettagliato delle attività dei team impegnati. Molto interessante la proposta di un caso di screening su acque marino-costiere di transizione inerente ad attività illecite svolte in un impianto di depurazione di rifiuti civili e industriali che hanno determinato scarichi in acque di transizione di sostanze non autorizzate contenenti metalli, oli minerali, diossine, furani e PCB.
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di Angelo Morlando
Insulina prodotta da cellule staminali SCIENZA & SALUTE
Grazie ad un impianto trapiantato su pazienti diabetici si aprono nuovi scenari di Rosario Maisto
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Per la prima volta è stata prodotta insulina da cellule trapiantate in pazienti con diabete di tipo 1. Nonostante l’assenza di effetti clinici rilevanti, infatti, le cellule rigenerate sono state capaci di produrre insulina in risposta ai pasti da parte di cellule staminali differenziate in pazienti umani. Fino ad oggi esperimenti simili erano stati fatti solo su animali e con risultati di scarso rilievo clinico; lo studio condotto, ha invece testato la sicurezza, la tollerabilità e l’efficacia degli impianti, che consistono in cellule endodermiche pancreatiche derivate da cellule staminali pluripotenti umane (PSC). Il diabete di tipo 1 altera la vita e molte volte la mette a rischio, la malattia è caratterizzata dalla distruzione delle cellule beta che producono insulina nelle isole di Langerhans del pancreas, che porta ad alti livelli di glucosio nel sangue. Il trattamento con insulina abbassa le concentrazioni di glucosio ma non le normalizza completamente, inoltre, i moderni sistemi di somministrazione di questo ormone possono essere gravosi per lunghi periodi e spesso portare a complicazioni a lungo termine, mentre, questa terapia sostitutiva, potrebbe offrire una cura ripristinando la secrezione di insulina nel corpo. Questa procedura, però, non è stata ancora ampiamente adottata, perché gli organi dei donatori sono scarsi e la ricerca ha bisogno di sperimentare. L’uso di cellule staminali umane
ha compiuto progressi importanti fino a diventare un’opzione clinica praticabile per la produzione di massa di cellule che producono insulina, utilizzare cellule standard di terze parti in questa strategia di sostituzione delle isole basata sulle cellule staminali ha richiesto agenti immunosoppressivi, che proteggono dal rigetto del trapianto ma possono causare importanti effetti collaterali, come cancro e infezioni. A trapianto effettuato e dopo un periodo di studio sono state fornite prove convincenti di cellule che secernono insulina funzionali dopo l’impianto, le PEC-01, le cellule endodermiche pancreatiche candidate al farmaco prodotte, sono sopravvissute e sono maturate in cellule sensibili al glucosio e secernenti insulina entro 26 settimane dall’impianto, i pazienti hanno avuto un fabbisogno di insulina ridotto del 20 per cento e hanno trascorso il 13 per cento in più di tempo nell’intervallo target di glucosio nel sangue. Nel complesso, gli impianti sono stati ben tollerati senza eventi avversi gravi correlati all’innesto. Per la prima volta, si evince la prova che le PEC-01 derivate da cellule staminali possono maturare in cellule mature che rispondono al glucosio e producono insulina in vivo in pazienti con diabete di tipo 1. Questi primi risultati supportano gli investimenti futuri e le indagini sul perfezionamento delle terapie cellulari per il diabete, tracciando la storia della medicina e iniziando una nuova era per le persone affette da questa particolare malattia, riuscendo a normalizzare la loro vita nel miglior modo possibile!
D O N N E P E R L’A M B I E N T E
RACHEL CARSON, IL CORAGGIO DI UNA SCIENZIATA “L’essere umano è parte della natura e la sua guerra contro la natura è, inevitabilmente, una guerra contro se stesso” di Fabiana LIGUORI
R
All’epoca molti scienziati mettono in dubbio l’innocuità della sostanza ancora troppo poco conosciuta. Anche Rachel si rende subito conto degli effetti nocivi, soprattutto se introdotta nell’ambiente in modo massiccio e senza alcuna regola. La scrittrice decide così di battersi per la causa e comincia a raccogliere testimonianze, dati e numeri circa i risultati delle indagini sull’argomento. Durante l’estenuante lavoro per la stesura del un nuovo testo, le viene diagnosticato un tumore al seno. Le pesanti cure terapeutiche cui è sottoposta la indeboliscono sempre di più ma, nonostante ciò, riesce a portare avanti la sua personalissima impresa.I risultati del suo lavoro si concretizzano nel ’62: il libro Silent Spring (Primavera Silenziosa), un bestseller che diventa il simbolo all’origine della nascita dei moderni movimenti ambientalisti. Dopo la pubblicazione, la scrittrice è costretta ad affrontare la violenta reazione delle industrie chimiche. La campagna (pubblica e non), organizzata contro di lei è senza esclusione di colpi. Rachel non si sottrae anzi, porta avanti la sua testimonianza in ogni dibattito e Istituzione. E’ una scienziata (e non un ambientalista fondamentalista), non sostiene il completo abbandono dell’ausilio della chimica nella lotta contro gli insetti, ma un utilizzo che segua i dettami della ragione e che sia più controllato. E’ contro il progresso “spietato”, così come lo intendono le grandi industrie, non contro quello della scienza onesta di cui si sente portavoce. Il 14 aprile del 1964 Rachel muore. Con l’opera dell’Environmental Defense Fund, nato tre anni dopo, si raggiunge una vasta mobilitazione (che durerà decenni) per proibire l’uso del DDT e di altre sostanze chimiche utilizzate come pesticidi. La Stockholm Convention on Persistent Organic Pollutants (POPs), firmata da 98 nazioni, ratifica nel 2001 la proibizione dell’uso del DDT e di altri prodotti inquinanti. La convenzione entra in vigore il 17 maggio 2004. Aderiscono 181 paesi, tra cui gli stati membri dell'UE. In Italia (Paese firmatario nel 2001) si attende, ancora oggi, la ratifica e la messa in forza del trattato.
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achel Louise Carson nasce nel 1907 in una piccola famiglia di campagna, vicino Springdale, in Pennsylvania. Studia prima biologia poi, ammessa alla John Hopkins University, svolge diversi lavori per affrontare le spese di studio e nel giugno del 1932 ottiene la tanto desiderata laurea. A causa della morte del padre e delle conseguenti difficoltà economiche, rinuncia al dottorato di ricerca e trova un impiego presso lo U.S. Bureau of Fisheries come redattrice di articoli scientifici sulla biologia marina. Col passar del tempo, Rachel riesce a sostenere economicamente la famiglia, ma l’anno seguente una nuova tragedia la colpisce: la sorella maggiore Marian, muore di polmonite, lasciando sole le figlie Virginia e Marjorie. La pubblicazione del suo saggio The World of Waters redatto qualche tempo prima sulla rivista Atlantic Monthly (con il titolo di Under the Sea Wind), segna il debutto della Carson come scrittrice. Il connubio tra scienza e poesia che caratterizza l’opera rappresenta uno dei maggiori successi della sua scrittura. E’ il 1941. Dieci anni dopo, pubblica un nuovo libro: The Sea around us, che le permette di acquistare un cottage a Southport Island, nel Maine. Qui trascorre con la madre un buon tempo di tranquillità e riflessione, durante il quale decide di dedicarsi solo alla scrittura. Conosce Dorothy Freeman, con la quale vive una profonda relazione. Le due donne, unite dalla passione per la natura e dalla volontà di dare voce alla natura nel dibattito pubblico, porteranno avanti con fermezza le loro idee. A quei tempi, infatti, la parola “ambiente” era molto poco usata seppur le fonti inquinanti fossero diverse e diffuse. La “libertà” di inquinare era garantita dall’assenza di leggi per contrastarla e gli effetti sulla flora e la fauna erano sempre più evidenti. Rachel comincia sempre più ad essere consapevole del ruolo fondamentale che hanno i suoi testi per l’intero Pianeta: “Mi sono accorta di aver camminato per tutta la vita, inconsapevolmente, verso questa battaglia”, scrive a Dorothy. Questo periodo vede la stesura dell’opera The Edge of the Sea, pubblicata nel 1955. Una delle terribili ma silenziose minacce che, a quei tempi incombeva sull’ambiente e sugli esseri viventi erano senz’altro i pesticidi. Primo fra tutti il DicloroDifenilTricloroetano (DDT). Le sue proprietà di potente insetticida vennero scoperte nel 1939 dal chimico svizzero Paul Hermann. Già nel 1943 comincia ad essere prodotto su larga scala ed utilizzato dalle truppe Alleate, per combattere i pidocchi, le pulci e le zanzare, causa della diffusione di malattie epidemiche nell’esercito. Dopo il periodo bellico, la sostanza continua ad essere utilizzata per debellare la malaria tra la popolazione. Nel 1946 il DDT viene introdotto dallo USDA (United States Department of Agriculture) e utilizzato come insetticida agricolo. Durante gli anni ’50 però, le dosi di impiego del DDT e di altri insetticidi triplicano, a causa della resistenza sviluppata dagli insetti a queste sostanze.
NATURA & BIODIVERSITà
Febbraio, ultimo mese invernale La primavera si avvicina ma il clima risulta ancora pienamente stagionale
di Gennaro Loffredo
ARPA CAMPANIA AMBIENTE ANNO XVIII, N. 1 - GENNAIO 2022
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Dal punto di vista climatico febbraio è l’ultimo mese dell’inverno meteorologico. La pressione atmosferica assume i valori più bassi dell’anno, a conferma che, in questo mese, la zona di bassa pressione, nota come fronte polare, si trova proprio alle nostre latitudini. Le perturbazioni sono molto frequenti, soprattutto nella prima parte del mese, in media da 1 a 2 ogni settimana, con provenienza da ovest verso est. La città di Napoli risulta spesso coperta da una coltre di nubi che rendono le giornate di febbraio abbastanza uggiose e le frequenti piogge bagnano il capoluogo partenopeo con maggiore frequenza rispetto al mese precedente, infastidendo non poco i turisti che puntualmente giungono per visitarla. In genere non è questo il periodo adatto per farsi lunghe passeggiate all’aria aperta. Le temperature, di norma, hanno già superato i valori minimi annuali, che si verificano a gennaio e adesso cominciano gradualmente ad aumentare. Anche le giornate tendono gradualmente ad allungarsi e i pomeriggi risultano, nelle poche giornate assolate, più luminosi. Nella prima parte del periodo il nostro territorio è ancora soggetto a numerose invasioni di aria fredda, provenienti sia dalla valle del Rodano che dai Balcani. Nel primo caso le coste tirreniche risultano interessate da frequenti episodi di grandine e nevicate che possono interessare anche il Vesuvio, fino a quote basse; nel secondo caso la nostra Regione viene interessata da fredde e secche correnti di tramontana, le quali favoriscono nevicate soprattutto sulle aree interne e montuose, mentre sulle pianure e sulle coste l’aria giunge secca regalandoci scampoli di bel tempo, anche se in un contesto molto freddo e ventoso. Nella seconda parte del mese le masse di aria fredda in arrivo da nord tendono gradualmente a ridursi e il sole più alto favorisce un lento aumento delle temperature nelle ore centrali della giornata. In tali contesti la primavera può sembrare davvero imminente ma può capitare, tuttavia, che in annate particolari possono avverarsi le più forti ondate di gelo. L’ esempio più evidente si è verificato proprio qual-
che anno fa, quando a fine febbraio 2018 la nostra Regione fu interessata dall’arrivo di una intensa ondata di gelo siberiana, la quale combinata all’arrivo di aria più umida da ovest, ha generato sulle nostre zone gelate eccezionali e nevicate anche sul mare. Proprio i napoletani ricorderanno il 27 febbraio come il giorno della nevicata memorabile, seconda solo alle insuperabili annate del 1956 e 1985. A fine mese possono verificarsi anche le prime invasioni di aria calda di origine africana, con le classiche sciroccate più tipiche della primavera. In questi contesti è facile assistere ai primi sbalzi termici, con valori che raramente possono persino spingersi sopra i 20°C, seguite successivamente dal passaggio di nubi e piogge miste a sabbia. Le acque del mare raggiungono le temperature più fredde dell’anno, di conseguenza si attenua anche l’azione mitigatrice lungo le aree costiere del sud. Febbraio rappresenta il mese in cui l’inverno spara le sue ultime cartucce, talvolta anche in maniera forte e duratura, ma nel contempo lancia i suoi primi segnali di una primavera non più lontana.
NATURA & BIODIVERSITà
IL RINOCERONTE BIANCO È UFFICIALMENTE ESTINTO
IN EUROPA È STATO REGISTRATO UN ALTO RISCHIO DI ESTINZIONE DI QUESTA SPECIE
DALLA SCIENZA ARRIVA UNA NUOVA POSSIBILITÀ PER RIPOPOLARE LA SPECIE
di Anna Gaudioso
di Gianluca Grillo
Le nostre care amiche api sono essenziali per la vita e dobbiamo prendercene cura, perché le stiamo perdendo. A queste piccole creature dobbiamo molto, sono la vera ragione della biodiversità esistente e della sopravvivenza delle piante e quindi di tutta la vita sulla Terra. In Europa è stato purtroppo registrato un alto rischio di estinzione di questa specie, ma già gli esperti parlano di una prossima futura ed irrimediabile perdita. Tra le principali ragioni che stanno portando a questo esito spiacevole: malattie, parassiti, ma soprattutto lo stress connesso con la forte diminuzione della varietà di piante selvatiche ed il conseguente impoverimento della loro dieta. Ad aumentare lo stress concorrono, poi, altre problematiche come le variazioni climatiche e, non da ultimo, l’incremento dell’utilizzo ad ampio spettro di insetticidi sempre più potenti e pericolosi come i Neonicotinoidi, fortemente neurotossici, che influiscono sul sistema nervoso centrale, inibendolo e provocando la paralisi e poi la morte. L’Unione Europea ha vietato l’uso di questo pesticida ma poi la Francia lo ha riammesso per le colture di barbabietole. Il valore delle api, piccoli esseri per dimensioni ma grandi per ciò che fanno è immenso, perché sono responsabili della riproduzione di oltre il 70% delle piante esistenti, grazie all’impollinazione. Queste nostre amiche spesso sono ricordate solo per il vasetto di miele; invece, è importante ricordare che esse giocano un ruolo vitale nella produzione di oltre un terzo di ciò che mangiamo. Senza le api, infatti, verrebbero a mancare molte verdure e frutta necessarie per il sostentamento sia degli esseri umani che degli animali. A dicembre del 2019, il Parlamento Europeo ha lanciato una iniziativa a favore degli insetti impollinatori, invitando la Commissione ad affrontarne la diminuzione “a livello internazionale e a sostenere misure incisive per proteggere gli impollinatori e i loro habitat in tutto il mondo”. Nel testo sono individuati una serie di obiettivi strategici e azioni da avviare per affrontare il declino di queste specie nell’UE e contribuire agli sforzi mondiali in materia di conservazione.
Siamo spettatori e carnefici di un macabro spettacolo, per colpa di alcuni avari uomini, altri in futuro non potranno ammirare lo splendore di magnifiche creature come il dodo, la tigre della Tasmania ed a breve il maestoso rinoceronte bianco settentrionale. Questa specie (Ceratotherium simum cottoni) è ufficialmente estinto in natura. Sono sopravvissute solo due esemplari, Najin 32 anni e la figlia Fatu 22 anni; l’ultimo maschio Sudan è morto a 45 anni nel 2018. Va specificato che secondo alcune evidenze scientifiche quali morfologia e DNA, il rinoceronte bianco settentrionale ed il rinoceronte bianco meridionale sono 2 specie differenti e non 2 sottospecie della stessa specie, anche se la comunità scientifica non è totalmente d’accordo sull’argomento. La popolazione del rinoceronte bianco settentrionale era stimata intorno ai 2500 esemplari prima degli anni ’60, i bracconieri sterminarono per 2 decenni gli esemplari di questa specie portando nell ’84 alla presenza di soli 15 esemplari allo stato selvatico. Nonostante tutti i tentativi di protezione e ripopolazione, al 2003 si contavano 30 esemplari; i bracconieri non si sono fermati uccidendo nel 2008 gli ultimi esemplari conosciuti allo stato selvatico. Sono stati segnalati alcuni possibili avvistamenti in natura ma non sono stati confermati. Sorte diversa per gli animali in cattività grazie a uomini che non si sono ancora arresi. Mediante lo sviluppo scientifico sono riusciti a creare 14 embrioni vitali tramite alcuni ovuli di Najin e Fatu ed allo sperma congelato di alcuni esemplari. Questa procedura è molto complicata ed è stata resa possibile grazie al Dr. Thomas Hildebrandt ed al Dr. Cesare Galli. Il Dr. Hildebrandt ha sviluppato un macchinario in grado di recuperare gli ovuli in un rinoceronte passando per il retto, aspirando gli ovuli tramite un lungo ago che non causa lesioni all’animale. Uno scanner 4D viene usato durante l’operazione per essere sicuri di non causare una emorragia interna. Una volta estratto l’ovulo in Kenya va portato in breve tempo al laboratorio Avantea del Dr. Galli, a Cremona. In laboratorio vengono fecondati con lo sperma recuperato da vari esemplari, tra cui anche Sudan. Lo sperma è stato recuperato con tecniche sviluppate dallo stesso Galli che permettono di avere un campione di sperma di qualità migliore rispetto a quello usato in precedenza nei tentativi di fecondazione artificiale. La scienza è l’ultima speranza per un’intera specie.
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LE API, SONO PICCOLE E GRANDI ALLEATE PER LA BIODIVERSITÀ
AMBIENTE & TRADIZIONE
Il Sabato Privilegiato del Gesù Vecchio di Napoli
Il Venerabile Don Placido Baccher de Gasaro di Gennaro De Crescenzo e Salvatore Lanza
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Abbiamo chiesto ad Eugenio Donadoni, giornalista del Mattino e discendente di Don Placido Baccher alcune notizie su un personaggio famoso a Napoli e sul suo culto. A cosa si lega il culto di Don Placido? "Il primo sabato del nuovo anno coincide con il famoso “Sabato Privilegiato”, dedicato alla Madonna di Don Placido Baccher, Patrona di Napoli. Nemmeno il covid ha fermato le migliaia di fedeli nella Basilica del Gesù Vecchio, accorsi per chiedere la protezione della Vergine Santa. Questa è un’antica ricorrenza molto sentita dai napoletani, fin dal 1826, anno in cui la Madonnina di Don Placido fu incoronata dal Capitolo Vaticano e dichiarata Protettrice di Napoli". La storia di Napoli passa per quella chiesa. "Uno degli episodi più noti della Repubblica Napoletana del ‘99 è quello di Luisa Sanfelice e della congiura dei Baccher. La figura della Sanfelice ha colpito più volte la fantasia di famosi personaggi, da Alessandro Dumas a Gioacchino Toma, ed anche i fratelli Taviani che ne hanno tratto uno sceneggiato televisivo piuttosto romanzato. Luisa de Molino Sanfelice fu uno dei miti della rivoluzione napoletana, in quanto le fu attribuito il merito di aver fatto scoprire la congiura dei Baccher - il che in buona sostanza è vero - ma fu solo per amore e non per “amor di patria”. La Rivoluzione napoletana fu voluta da un ristretto gruppo di intellettuali illuministi, nobili e borghesi, sostenuti dalle truppe francesi, e non fu mai veramente sentita dal popolo”. Quali furono i rapporti tra Baccher e la rivoluzione? “In questo contesto venne ordita, ad opera dei fratelli Baccher de Gasaro, una congiura controrivoluzionaria tesa a rovesciare la repubblica ed a riportare sul trono i Borbone. Per sfuggire ai giacobini, Ferdinando IV si era rifugiato a Palermo, da dove aveva incaricato il Cardinale Fabrizio Ruffo di riconquistare la Capitale con l’aiuto delle popolazioni fedeli. Ma, grazie alla Sanfelice, la congiura fu scoperta e tutti i congiurati incarcerati, primi tra tutti i fratelli Baccher. Dopo un processo a dir poco sommario il 13 giugno del 1799, il giorno prima dell’ingresso del Ruffo a Napoli, furono fucilati in Castel Nuovo Gennaro e Gerardo Baccher de Gasaro, entrambi ufficiali borbonici, mentre riuscirono a salvarsi altri due fratelli, Camillo e Placido. Quest’ultimo, di appena sedici anni, durante la permanenza in carcere fece voto alla Madonna di dedicarle tutta la vita qualora fosse riuscito a salvarsi dal boia”. Promessa mantenuta: Placido nel 1806 divenne sacerdote secolare e ben presto rettore della chiesa del Gesù Vecchio in via Giovanni Paladino nel cuore della vecchia Napoli.
Come si potrebbe sintetizzare la storia santa di Don Placido? "Forse per la potenza della famiglia, ma soprattutto per la sua vita esemplare, don Placido divenne molto noto a Napoli, una vera e propria istituzione. La sua chiesa era frequentata da moltissimi aristocratici, popolani, borghesi, commercianti e spesso anche dalla corte. I sermoni del sacerdote erano “vangelo” ed in molti lo consideravano quasi un santo. Si parlava sempre più frequentemente della sua “Madonnina” e delle grazie che riusciva ad ottenere dalla stessa. Sicuramente oggettiva la testimonianza di Luigi Settembrini, noto miscredente ed ateo: “Dal pulpito don Placido arringava
la folla che in delirio collettivo urlava e piangeva allorquando il Cristo a cui don Placido si rivolgeva annuiva muovendo la testa”. Per Settembrini il Crocefisso era regolato da fili che venivano manovrati con grande abilità dal sacerdote; in realtà tale Cristo è ancor oggi custodito nella chiesa di Sant’Orsola a Chiaia e non mostra alcun segno di manomissione né tantomeno la presenza di fili o strani meccanismi interni. Vuoi per l’antica gratitudine, vuoi perché davvero meritorio, spesso Re Ferdinando II si recava con la Regina e con la corte nella basilica del Gesù Vecchio in visita al reverendo creando, sempre a detta del Settembrini, una situazione davvero imbarazzante: “l’incontro avveniva nel centro della Basilica, il re e don Placido si inchinavano reciprocamente incerti se dovesse prevalere la maestà o la santità”. Devotissimo alla Madonna Immacolata, egli stesso con lo scultore Luigi Ingaldi costruì quella statua che fu incoronata nel 1826 dal Capitolo Vaticano. La figura di questo religioso, legatissimo alla Famiglia di Borbone, è ancor oggi molto amata dai Napoletani ed è anche all’attenzione del Vaticano ove è in corso una causa di beatificazione”.
BIO-ARCHITETTURA
El Equipo Mazzanti: strategie per un’architettura post-umana Il colombiano Giancarlo Mazzanti, nato a Barranquilla nel 1963, fondatore del famoso studio El Equipo di Bogotá, è noto da anni per aver dato vita ad alcune delle opere più significative della rinascita culturale e sociale del suo Paese, spesso collaborando con giovani architetti e contribuendo, in tal modo, all’affermazione internazionale di un’intera generazione di progettisti: lo Stadio coperto per i Giochi Panamericani, la Biblioteca del Parque España a Medellín, la grande tettoia della Foresta della Speranza nel quartiere informale di Cazucá a Bogotá, il Medellin Sports Coliseum o la Scuola Pies Descalzos a Cartagena de Indias sono diventate, da subito, icone identitarie e qualificanti, espressive di quell’attitudine morale insita nella qualità delle creazioni di El Equipo, a cui viene riconosciuto un ruolo fondamentale per l’attuazione di uno sviluppo sociale equo e sostenibile. Il team di Mazzanti non vuol essere, dunque, un semplice studio di architettura, ma, di volta in volta, un insieme fluido e sempre diverso di esperti e collaboratori in grado di gestire processi estremamente complessi, caratterizzati da politiche pubbliche, donazioni economiche a scopo filantropico (come quelle offerte dalla fondazione della cantante Shakira) e, soprattutto, da strategie di partecipazione a beneficio dei cittadini, in modo da poter rispondere con maggior efficacia alle loro esigenze. Estremamente significativo è quanto dichiara, in proposito, lo stesso Mazzanti: «Siamo convinti che la capacità d’impatto dell’architettura sia insita non tanto nella sua stessa immagine, come oggetto, ma soprattutto in ciò che è capace di attirare in termini di comportamento umano e di relazioni socio-culturali: è da lì che nasce l’opportunità di far “dialogare” i nostri progetti e di creare nuove prospettive sull’uso dello spazio. Basandoci su questa idea, comprendiamo lo spazio oltre la sua condizione astratta, lo pensiamo da un punto di vista più ampio, che ne implica la costruzione da parte di molteplici attori, umani e non, collegati tra loro in specifici momenti e luoghi». Oltre ai progetti citati, tra gli interventi più recenti e significativi, em-
blematici della filosofia architettonica e sociale di El Equipo, va menzionato quello per la realizzazione di 21 nuove scuole per l’infanzia, distribuite in 8 municipi diversi della regione Atlántico (zona a nord del Paese affacciata sul Mar dai Caraibi) ed in grado di accogliere oltre 6.000 bambini, costruite con blocchi prefabbricati in grado di generare combinazioni sempre diverse, le cui geometrie rispondono sì all’organizzazione didattica ma anche alle peculiarità del clima tropicale colombiano. Con questi asili, denominati “Centros de Desarrollo Infantil”, si è voluta avviare la sperimentazione di nuove opportunità di tipo aggregativo e pedagogico per la prima infanzia, soprattutto a beneficio dei piccoli che abitano nei quartieri più poveri. La logica compositiva che articola forme e volumi dei Centros è la medesima delle costruzioni-giocattolo: ciascun organismo edilizio, infatti, è composto da incastri sequenziali di blocchi, del tutto simili a quelli dei mattoncini Lego per i bambini. In questo, come in altri progetti di Mazzanti, diversi ambienti interni e spazi esterni sono stati ideati per accogliere, al di fuori degli orari scolastici, attività di vario genere a beneficio della collettività e della vita di quartiere. Ultimo progetto di El Equipo a cui facciamo riferimento, anche in ordine cronologico, è quello per l’ampliamento della Fondazione Santa Fe a Bogotà: uno degli ospedali privati più noti della capitale e tra le istituzioni mediche più importanti della Colombia. Qui Mazzanti, dovendo utilizzare il mattone in continuità con l’immagine urbana dell’istituzione committente, ha guardato alle potenzialità del laterizio da un punto di vista del tutto nuovo, trattando la parete dell’edificio-torre come “manto flessibile”, in grado di lasciar entrare la città, la vegetazione e la luce nelle stanze dei ricoveri e negli ambienti per i familiari: stravolgendo la comune convinzione che gli ospedali debbano essere concepiti quali ambienti protetti ed interdetti al mondo esterno, in cui il concetto di “degenza” sia connesso a quello di “isolamento del paziente”, l’architetto ha ideato un involucro totalmente “aperto”, concepito come elemento decisivo del processo di guarigione proprio perché incentrato sui concetti-chiave del benessere ambientale e delle relazioni umane.
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di Antonio Palumbo
AMBIENTE E DIRITTO
di Felicia DE CAPUA
C
on una recente sentenza i giudici di Palazzo Spada si sono pronunciati ancora una volta formulando considerazioni sull’accesso ai documenti amministrativi qualora avanzato dalle associazioni portatrici di interessi diffusi (Consiglio di Stato, sez. IV, 14 dicembre 2021, n. 8333). In particolare i giudici hanno confermato che tale diritto non si differenzia in alcun modo da quello dei singoli individui, in quanto i requisiti sostanziali per il legittimo esercizio sono i medesimi per tutti i soggetti dell’ordinamento e si basano su un interesse diretto, concreto ed attuale alla specifica conoscenza documentale. La pronuncia, invero, aderisce ad un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza riguardo sia alla legittimazione ad agire di tali
portatrice di un interesse diretto, concreto e attuale, dal momento che non ha dimostrato che la documentazione oggetto della richiesta fosse strettamente funzionale al conseguimento delle finalità statutarie. È proprio la presenza di un interesse qualificato all’ostensione dei documenti, precisa il collegio, che fonda a valle, in sede processuale, l’interesse di un’associazione a ricorrere avverso l’eventuale diniego. Di poi la pronuncia in esame precisa che tutti i portatori di interessi diffusi in generale hanno diritto ad ottenere l’accesso esclusivamente agli atti che abbiano una qualche incidenza diretta e immediata nei propri confronti e della generalità degli utenti dei servizi pubblici, purché non configuri una forma di preventivo e generalizzato controllo dell’intera attività dell’amministrazione.
L’ACCESSO AGLI ATTI E LA LEGITTIMAZIONE AD AGIRE
I SOGGETTI PORTATORI DI INTERESSI DIFFUSI HANNO DIRITTO DI ACCEDERE AI DOCUMENTI
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associazioni, sia ai presupposti e ai limiti dell’esercizio di accesso. La questione oggetto di analisi origina dal ricorso in appello presentato da un’associazione dei consumatori per la riforma della sentenza del T.A.R. Lazio, che rigettava il ricorso proposto dalla stessa avverso il diniego dell’istanza di accesso rivolta alla Banca d’Italia, ai sensi dell’art. 22, l. 241/1990 e del d.lgs. n. 33/2013. Oggetto dell’istanza di accesso la presa visione e l’estrazione in copia dei seguenti documenti: accertamenti, ispezioni, istruttorie e relative risultanze, eseguite dalla Banca e dalla Consob in relazione alla crisi bancaria di un istituto; e infine, i nominativi dei soggetti (persone fisiche, enti e società) debitori. Il rigetto da parte della Banca d’Italia veniva motivato sulla base dei seguenti presupposti: in primis la prima richiesta non ravvisava, ai sensi dell’art. 22 della L. 241/1990, un interesse diretto, concreto e attuale dell’associazione agli atti di indagine, peraltro sottoposti al segreto d’ufficio. Per quanto attiene il secondo profilo, evidenziava che la pretesa ostensiva appariva per lo più un tentativo di effettuare un improprio controllo generalizzato sull’attività dell’amministrazione, che comportava la necessità di un’attività di elaborazione dei dati da parte del soggetto destinatario della richiesta. Il Supremo Consesso ha rigettato l’appello confermando la pronuncia di primo grado, in quanto ritiene l’associazione ricorrente non
EDITORE E DIRETTORE RESPONSABILE Luigi Stefano Sorvino DIRIGENTE SERVIZIO COMUNICAZIONE Esterina Andreotti VICE DIRETTORE VICARIO Salvatore Lanza CAPOREDATTORI Fabiana Liguori, Giulia Martelli IN REDAZIONE Cristina Abbrunzo, Maria Falco, Anna Gaudioso, Luigi Mosca GRAFICA & IMPAGINAZIONE Savino Cuomo HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO J.Autorino, E. Barricella, P. Cau, F. De Capua, G. De Crescenzo, G. Esposito, P. Falco, G.Germano, B. Giordano, G. Grillo, G. Improta, M. Insolvibile, E. Lionetti, G. Loffredo, R. Maisto, C. Marro, G. Merola, A. Morlando, A. Palumbo, A. Paparo, L.Pascarella, S. Patrizio, T.Pollice, A. Ranaldo, S. Salvati, L.Todisco, C. Uccello. DIRETTORE AMMINISTRATIVO Pietro Vasaturo EDITORE Arpa Campania Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1- 80143 Napoli REDAZIONE Via Vicinale Santa Maria del Pianto Centro Polifunzionale Torre 1- 80143 Napoli Phone: 081.23.26.405/427/451 e-mail: redazione@arpacampania.it Iscrizione al Registro Stampa del Tribunale di Napoli n.07 del 2 febbraio 2005 L’editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti e la possibilità di richiederne la rettifica o la cancellazione scrivendo a: ArpaCampania Ambiente,Via Vicinale Santa Maria del Pianto, Centro Polifunzionale, Torre 1-80143 Napoli. Informativa Legge 675/96 tutela dei dati personali.
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