Agri col tura e fore ste
2012
Uso delle risorse Agricoltura, zootecnia e foreste
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L’agricoltura è l’attività più diffusa a livello regionale per quanto riguarda l’uso del territorio. La maggior parte del territorio extraurbano è infatti modellato da questa attività economica che, come tale, deve competere secondo le regole del mercato. Ciò comporta da un lato il rischio che i metodi di produzione intensivi tipici della pianura, e di parte della collina, alterino la qualità degli ecosistemi. I metodi intensivi comportano infatti un’elevata semplificazione degli agro-ecosistemi, attraverso le monocolture, l’ampliamento/omogeneizzazione degli appezzamenti e l’eliminazione degli elementi lineari del paesaggio, e una
forte pressione sull’ambiente causata da un intenso uso di risorse naturali e dall’emissione di sostanze inquinanti (pesticidi, fertilizzanti, ecc.). Dall’altro lato si presentano problemi opposti nelle aree svantaggiate di montagna e di collina, dove restano elevati i rischi di marginalizzazione dell’attività agricola a cui consegue la riduzione del presidio del territorio. In queste aree l’agricoltura contribuisce ad esempio alla tutela dell’assetto idrogeologico, al mantenimento della viabilità e del sistema di drenaggio oltre che, dal punto di vista naturale, alla creazione e alla conservazione di una grande varietà di habitat di elevato pregio, che modellano il paesaggio agrario e che offrono siti di rifugio e di alimentazione per molti animali selvatici.
Indicatore / Indice
Unità di misura
DPSIR
Fonte dei dati
Copertura geografica
Copertura temporale
Stato attuale
Trend
Aziende agricole
numero
D
Istat
Regione
2000-2010
Superficie coltivata per specie di coltivazione
ettari
D
Istat
Regione
1970-2010
Consistenza patrimonio zootecnico
numero
D
Istat
Regione
1995-2010
Utilizzo prodotti fitosanitari
kg ha /SAU
P
Istat
Regione
2006-2010
Utilizzo fertilizzanti
kg ha /SAU
P
Istat
Regione
2006-2010
Patrimonio forestale
ettari
D
Regione Piemonte
Regione
2007
Incendi
numero, ettari
I
Corpo forestale dello stato
Provincia Regione
2006-2010
Per visualizzare le serie storiche degli indicatori di agricoltura: http://www.arpa.piemonte.it/reporting/indicatori-ambientali-on_line
LO STATO ATTUALE Il 25 ottobre 2010 è iniziata in tutta Italia la fase di rilevazione del 6° Censimento generale dell’agricoltura, che si è conclusa a fine gennaio 2011 e il 15 luglio dello stesso anno è stato
presentato il servizio web di diffusione dei risultati provvisori a livello regionale. Aziende agricole Il risultato più eclatante è la diminuzione del
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numero di aziende agricole rispetto al censimento precedente, condotto nel 2000. In Piemonte la diminuzione è stata del 37% (si è passati dalle 107.000 aziende del 2000 a poco più di 67.000 nel 2010), ma in tutte le regioni e province autonome si è assistito a
una diminuzione, con punte estreme del 49% nel Lazio e del 13% nella provincia autonoma di Bolzano e una media nazionale del 32%. In Piemonte, la diminuzione ha riguardato soprattutto le aziende di piccola dimensione, come risulta dalla figura 12.1.
Figura 12.1 - Distribuzione del numero di aziende agricole rilevate nel 6° censimento (anno 2010) e nel 5° censimento (anno 2000) per classi di unità di dimensione europea1 (UDE)
Fonte: Istat
La riduzione del numero di aziende agricole ha interessato soprattutto le aziende individuali, che sono calate del 40%, mentre sono aumentate di numero le aziende in forma societaria. Se si considera invece la forma di conduzione, spicca l’aumento delle forme diverse dalla conduzione diretta e dalla conduzione con salariati che sono diminuite sia in valore assoluto che in peso della Superficie Agricola Utilizzata (SAU) da loro condotta (pur mantenendo un’incidenza in termini di SAU dell’83% e del 10% rispettivamente). Le “altre forme di con-
duzione” (soccida, proprietà collettive, ecc.) sono passate da 87 unità a 815 unità e ora rappresentano il 7% della SAU regionale. La superficie agricola La diminuzione del numero di aziende è avvenuta a fronte di una sostanziale tenuta della SAU, la cui contrazione è stata soltanto del 2%, la più bassa fra tutte le regioni del CentroNord. Ne consegue che la SAU media aziendale è aumentata, passando dai 10 ettari del 2000 ai 15,8 ettari del 2010. Si tratta di un aumento relativo di oltre il 57%, il più consistente fra
1. L’unità di dimensione europea (UDE) corrisponde a 1.200 Euro di reddito lordo standard, calcolato applicando a ciascuna attività aziendale (produzione vegetale e animale) opportuni coefficienti calcolati in Italia dall’Istituto nazionale di economia agraria (Inea).
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le regioni del Centro-Nord dopo il Lazio e la provincia autonoma di Trento, che pone la SAU media del Piemonte al quarto posto in Italia, dopo la Sardegna (che guida la classifica con 19,2 ha), la Lombardia e la Valle d’Aosta. Si tratta comunque di valori ancora ben distanti dai principali Paesi dell’Unione europea: Regno Unito (53,8 ha), Francia (52,1 ha), Germania (45,7 ha), Spagna (23,8 ha). Su base comunale, la situazione è notevolmente diversificata (figura 12.2): accanto a comuni, in prevalenza di collina, ove la SAU media non raggiunge i 5 ha, se ne hanno altri, sia in pianu-
ra che in montagna, ove la SAU media supera i 50 ha. In particolare, fra i comuni di pianura spiccano quelli dell’areale risicolo, quasi tutti caratterizzati da SAU medie superiori ai 50 ha. Tiene la pianura, prosegue il calo in montagna Nel corso degli ultimi 40 anni la SAU è diminuita quasi di un quarto (figura 12.4), passando dai 13.665 km2 del 1970 agli attuali 10.470 km2. Nello stesso periodo, la sua incidenza rispetto alla superficie territoriale, che è pari a 25.400 km2, è scesa dal 53,8% al 41,2%. Oggi la SAU è concentrata nelle zone di pia-
Figura 12.2 - Distribuzione comunale della SAU media aziendale al 6° Censimento generale dell’agricoltura
Fonte: Istat
nura, soprattutto in quelle risicole (province di Vercelli, Novara e Biella) e quelle a connotazione foraggiera (provincia di Cuneo e territori limitrofi della provincia di Torino) o cerealicola (provincia di Alessandria). Si osserva una buona tenuta della SAU anche nelle zone a caratterizzazione viticola (Langhe, Monferrato e sue propaggini a est verso il Tortonese) o frutticola (Saluzzese).
L’abbandono della montagna è drammaticamente confermato, anche se spiccano alcune situazioni di cospicua presenza di alpeggi (in particolare nelle Valli Ossolane). Il peso odierno delle tre zone altimetriche in termini di estensione della SAU è il seguente: pianura 48%, collina 28%, montagna 23%. Nel 1970 la situazione era invece molto più equilibrata: pianura 37%, collina 32%, montagna 31%.
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Figura 12.3 - Evoluzione della SAU e delle sue ripartizioni nelle principali forme di utilizzo del terreno nel corso degli ultimi 5 censimenti generali dell’agricoltura. Numeri indici (dato 1970 = 100)
Fonte: Istat
Figura 12.4 - Evoluzione dell’incidenza della SAU sulla superficie territoriale nel corso degli ultimi 5 censimenti generali dell’agricoltura in Piemonte)
Fonte: Istat
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Diminuita del 65% la superficie a vite negli ultimi 50 anni Mentre nel 1961 il 1° censimento generale dell’agricoltura aveva rilevato una superficie a vite di quasi 132.000 ettari, il censimento appena concluso si è fermato poco sopra quota 46.000. Anche l’incidenza della superficie a vite sulla SAU è scesa da un censimento all’altro. Nel 1961 l’incidenza era dell’8,3%, ma nel 1970 era già soltanto al 7,3% e nel 1982 al 6,1%. Oggi è attestata sul 4,5%. La diminuzione della superficie a vite non ha interessato in maniera omogenea le diverse province, né i diversi areali all’interno di ciascuna provincia (figura 12.5). Fino al 3° censi-
mento (anno 1982) la provincia di Alessandria era la più vitata del Piemonte, poi il primato è passato ad Asti e con il 6° censimento a Cuneo. Nel 2010 la “Provincia Granda” ha fatto registrare una superficie a vite di poco superiore ai 16 mila ettari, circa 500 in più rispetto alla provincia di Asti e ben 3.500 in più rispetto a quella di Alessandria. Oggi la viticoltura piemontese, eccezion fatta per porzioni limitate di territorio localizzate altrove, è concentrata nelle colline delle Langhe, dei Roeri e del Monferrato: non a caso si tratta dell’areale di riferimento del sistema vitivinicolo candidato all’inserimento nella lista dei siti di eccezionale valore dell’Unesco.
Figura 12.5 - Evoluzione dell’incidenza della superficie a vite sulla superficie territoriale nel corso degli ultimi 5 censimenti generali dell’agricoltura in Piemonte
Fonte: Istat
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L’utilizzo di fitofarmaci Secondo l’Istat, ogni anno, in Piemonte vengono consumati circa 6-7 milioni di kg di principi attivi puri contenuti negli agrofarmaci, dei quali 4-5 milioni di kg ammessi in agricoltura biologica (zolfo, rame, olio minerale,
estratti naturali, ecc.) e circa 2 milioni di kg non ammessi in agricoltura biologica (organici di sintesi). Il consumo di principi attivi contenuti negli agrofarmaci è in continua diminuzione, dal 2003 al 2010 la riduzione è stimata fino al 25%.
Tabella 12.1 - Fitofarmaci. Principi attivi commercializzati in Piemonte
anno
tutti i principi attivi, kg
principi attivi ammessi in bio
principi attivi non ammessi in bio
2006
7.791.143
5.595.458
2.195.685
2007
7.907.908
5.706.208
2.201.700
2008
6.933.452
4.782.135
2.151.317
2009
7.162.155
5.124.357
2.037.798
2010
6.123.528
4.074.692
2.048.836
Fonte: Istat
Figura 12.6 - Trend dei principi attivi di fitofarmaci commercializzati in Piemonte
Fonte: Istat
L’utilizzo di fertilizzanti Secondo le statistiche ufficiali ogni anno, in Piemonte, vengono consumati circa 1,2 milioni di quintali di azoto, 600.000-700.000 quintali di anidride fosforica (P2O5) e più di 900.000 quintali di ossido di potassio (K2O). Tali quan-
tità (figura 12.7) sono le risultanti della somma degli elementi contenuti nei fertilizzanti commercializzati (fonte Istat) e degli elementi escreti dalla zootecnia e apportabili al campo (es. azoto al netto delle perdite per volatilizzazione). Mentre gli apporti derivanti dalla zoo-
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Figura 12.7 - Trend degli elementi fertilizzanti utilizzati in Piemonte - anni 2006-2010 Trend degli elementi fertilizzanti utilizzati in Piemonte per anno (quintali) azoto
1.600.000
anidride fosforica
1.400.000
ossido potassico
quintali
1.200.000 1.000.000 800.000 600.000 400.000 200.000 0 2006
2007
2008
2009
2010
anno
Fonte: Istat
tecnia - poiché rimane relativamente costante la consistenza del patrimonio zootecnico regionale - sono costanti, si è assistito negli ultimi anni ad una progressiva forte riduzione della commercializzazione di fertilizzanti minerali, soprattutto fosfatici e potassici. Le province più virtuose in questa riduzione sono risultate Cuneo e Alessandria. I surplus di azoto e fosforo (GNB, Gross Nitrogen Bilance e Gross Phosphorus Bilance, BPB) hanno un andamento decrescente nel tempo, a testimonianza di un miglioramento generale della tecnica agronomica e della gestione della fertilizzazione. La zootecnia La consistenza del bestiame rilevata al 6° censimento è quella relativa alla data di riferimento del censimento stesso, ossia il 24 ottobre 2010, pertanto può risultare difforme da quella degli archivi amministrativi come ad esempio le anagrafi zootecniche, che normalmente fanno riferimento alla consistenza media nel corso dell’anno. La figura 12.8 illustra la distribuzione spazia-
le degli allevamenti delle principali specie zootecniche allevate in Piemonte, convertendo in Unità di Bovino Adulto (UBA2) il numero dei capi, per poter confrontare specie e categorie di bestiame differenti fra loro. Mentre gli allevamenti bovini e suini sono concentrati nella pianura cuneese e nei territori limitrofi della provincia di Torino, gli allevamenti avicoli presentano una maggiore dispersione territoriale. Al 24 ottobre 2010 sono attivi in Piemonte poco meno di 20.000 allevamenti, con una consistenza complessiva di 1,040 milioni di UBA, in leggero incremento rispetto al censimento precedente, I bovini sono gli allevamenti più importanti in termini di UBA, poiché rappresentano il 55% delle UBA complessive (la situazione è praticamente la stessa di 10 anni fa). Seguono i suini, con il 29% (in leggero incremento rispetto al 2000) e gli avicoli, con il 13% (erano il 18% nel 2000). Tutti gli altri allevamenti (bufalini, equini, ovini, caprini, conigli, struzzi, ecc.) considerati complessivamente non rappresentano che il 3% del totale (in leggero aumento rispetto al 2000). Gli allevamenti sono localizzati prevalente-
2. A titolo di esempio, una vacca da latte corrisponde a 1,0 UBA, una vacca da carne a 0,8 UBA, un bovino di età compresa fra 1 e 2 anni vale 0,7 UBA, un bovino di età inferiore a un anno vale 0,4 UBA, un suinetto di peso inferiore a 20 kg vale 0,02 UBA.
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mente in pianura, che rappresenta oltre il 66% delle UBA complessive (in aumento rispetto al 2000, quando il peso relativo della pianura era del 62%) e l’83% di quelle relative ai suini. Sensibilmente distanziate sono la collina (25% del totale) e la montagna (9% del totale, in ulteriore calo rispetto al 2000, quando il peso della montagna era superiore al 10%). La provincia di Cuneo si conferma la più importante dal punto di vista zootecnico con il 56% delle UBA regionali (in ulteriore aumento
rispetto al 52% del 2000) e addirittura il 72% di quelle dei suini. Metà del patrimonio zootecnico è concentrato in meno di 1.000 aziende (il 5% del totale). Il carico zootecnico regionale, complessivamente pari a 2,15 UBA/ha di SAU (considerando soltanto le superfici delle aziende con allevamenti), è concentrato in pochi comuni, situati prevalentemente nella pianura cuneese (figura 12.8).
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Figura 12.8 - Distribuzione comunale del carico zootecnico al 24 ottobre 2010 espresso in UBA/ha di SAU
Fonte: Regione Piemonte
Le politiche e gli obiettivi ambientali La Politica Agricola Europea (PAC) e il Programma di sviluppo rurale (PSR) La Politica Agricola Comune europea (PAC) e, di conseguenza, le politiche agricole nazionali e regionali sono volte a sostenere la competitività delle aziende agricole nella produzione di alimenti e ad indirizzare l’agricoltura moderna verso metodi di produzione e gestione del territorio sostenibili a lungo termine e, viceversa, a sostenere nelle aree svantaggiate le attività agricole utili alla conservazione dei territori e ad evitare fenomeni di abbandono. All’agricoltura, tradizionalmente indirizzata alla produzione di alimenti e di altre materie prime (fiori e piante ornamentali, piante aromatiche e medicinali, fibre ecc.), vengono ora assegnate anche funzioni di presidio del territorio, conservazione delle risorse primarie, strumento di
tutela ambientale, del paesaggio e delle tradizioni socio-culturali e quindi occasione di offerta turistica e didattica. Per questo motivo si parla di agricoltura multifunzionale. Nel dibattito che si sta svolgendo sul futuro della PAC si pone l’accento sull’importanza della multifunzionalità delle aziende agricole e della produzione di beni pubblici. Ciò anche al fine di giustificare la quota elevata (ad oggi circa il 40%) del bilancio comunitario destinata all’agricoltura. Sebbene sia condivisibile, è certo che la PAC debba mantenere la sua ragione d’essere originale: il sostegno ad un settore caratterizzato da un ritorno degli investimenti mediamente inferiore rispetto agli altri settori dell’economia. La PAC si suddivide in cosiddetti 2 pilastri:
il primo pilastro, con circa l’80% delle
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risorse, è diretto al sostegno delle aziende agricole attraverso il Pagamento Unico Aziendale; il secondo pilastro, con la restante dotazione del 20%, è diretto allo sviluppo delle aree rurali attraverso il sostegno a interventi volontari delle aziende agricole e forestali in primis e dei vari soggetti pubblici e privati che insistono su tali territori. Esso è costituito dai Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) che in Italia, a differenza della maggior parte degli stati membri dell’UE in cui sono nazionali, si articolano per regione. Il Programma di sviluppo rurale (PSR) della Regione Piemonte 2007-2013, principale strumento politico ed economico per lo sviluppo dell’agricoltura piemontese, regolato e cofinanziato dall’Unione europea ai sensi del regolamento (CE) n. 1698/2005, ha i seguenti tre macro-obiettivi che corrispondono ad altrettanti Assi del programma3: accrescere la competitività del settore agricolo e forestale sostenendo la ristrutturazione, lo sviluppo e l’innovazione (asse 1); valorizzare l’ambiente e lo spazio naturale sostenendo la gestione del territorio (asse 2); migliorare la qualità della vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione delle attività economiche (asse 3).
Esiste poi un quarto asse che consente di
perseguire tali obiettivi in aree particolari, i cosiddetti Gruppi di Azione Locale (GAL) per le aree montane e collinari mediante l’approccio Leader. Gli obiettivi di natura ambientale sono principalmente perseguiti mediante l’asse4 2, denominato “Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale”, che indirizza le attività agricole, zootecniche e selvicolturali verso l’adozione di metodi produttivi e di pratiche per un miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale. A questo asse è assegnato poco più del 40% delle risorse di tutto il PSR, vale a dire circa 414.665.000 Euro dedicati ai seguenti obiettivi specifici: a. conservazione della biodiversità5, tutela e diffusione di sistemi agroforestali ad alto valore naturale per mitigare da un lato le pratiche agricole troppo intensive di pianura e dall’altro l’abbandono delle aree rurali marginali; b. tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche superficiali e profonde riducendo gli apporti di inquinanti derivanti dalle attività agricole e zootecniche, in particolar modo nelle aree critiche, come nelle zone vulnerabili ai nitrati e ai fitofarmaci e migliorando l’efficienza dell’uso dell’acqua in agricoltura; c. riduzione dei gas serra e degli agenti acidificanti. Un aspetto rilevante è costituito dall’emissione indiretta di CO2, in partico-
3. Il Programma di sviluppo rurale si articola in assi, misure e azioni. Per approfondimenti: http://www.regione. piemonte.it/agri/psr2007_13/index.htm 4. Gli obiettivi di natura ambientale sono principalmente perseguiti mediante l’Asse 2; tuttavia con la riforma Health Check del 2009 il Piemonte ha scelto di assegnare risorse per finalità ambientali anche delle misure dell’asse 1 e dell’asse 3. Tale scelta è finalizzata a promuovere l’adozione di nuove tecnologie con particolare riferimento a: prevenzione degli effetti dei cambiamenti climatici (risparmio energetico, reti antigrandine, sistemazione dei versanti, ecc.); tutela delle risorse idriche (depuratori, sistemi di microirrigazione e a basso consumo di acqua, ecc.); sviluppo di energie rinnovabili; biodiversità. 5. Per biodiversità si intende sia la biodiversità naturale presente in ambito rurale sia la biodiversità agraria costituita dal patrimonio genetico di razze animali e dalle varietà vegetali tradizionali.
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lare quella che coinvolge la fermentazione metanica che avviene nell’intestino del bestiame allevato e/o nelle sue deiezioni. Il recupero di questo gas a elevato contenuto energetico e il suo riutilizzo in azienda rappresentano un esempio di sinergia tra obiettivi economici (diminuzione dei costi
di gestione) e ambientali; d. presidio del territorio nelle aree a rischio di marginalizzazione quali le aree montane e le aree collinari non vocate per produzioni di pregio, è stata attivata la misura 211 “Indennità a favore degli agricoltori delle zone montane”. Tale azione è fondamenta-
Tabella 12.2 - Principali interventi previsti dall’asse 2 del PSR ordinati in base alle risorse messe a disposizione (che in totale ammontano a 414.665.000 Euro)
Intervento Riduzione degli input: agrofarmaci, fertilizzanti
Mantenimento delle attività agricole in aree marginali
Obiettivi perseguiti Sostenibilità delle produzioni, miglioramento della qualità chimica delle acque e dei suoli Aumento della biodiversità e miglioramento dell'ambiente Aumento della biodiversità e miglioramento dell'ambiente
Misure, azioni 214.1, 214.2
211
Mantenimento del paesaggio agricolo tradizionale Sostenibilità delle produzioni, miglioramento della qualità chimica delle acque e dei suoli
Riduzione della pressione zootecnica
Contrasto dell'erosione dei suoli
214.6
Aumento della biodiversità e miglioramento dell'ambiente Sostenibilità delle produzioni, miglioramento della qualità chimica delle acque e dei suoli Primo imboschimento delle superfici agricole
Aumento della biodiversità e miglioramento dell'ambiente
221
Sostenibilità della gestione forestale Mitigazione dei cambiamenti climatici
Aumento della quantità di sostanza organica nei suoli Interventi a favore della biodiversità nelle risaie
Miglioramento della qualità chimica e fisica dei suoli
214.3
Contrasto dell'erosione dei suoli Aumento della biodiversità e miglioramento dell'ambiente
214.9
Aumento della biodiversità e miglioramento dell'ambiente Inerbimenti, erbai, fasce tampone, fasce di rispetto, aree boscate, conversione di seminativi in foraggere
Mantenimento del paesaggio agricolo tradizionale Sostenibilità delle produzioni, miglioramento della qualità chimica delle acque e dei suoli
214.4, 214.7, 216
Mitigazione dei cambiamenti climatici Ricostituzione del patrimonio forestale danneggiato, interventi preventivi, cura dei boschi a scopo non produttivo
Sostenibilità della gestione forestale Aumento della fruibilità turistica delle foreste Contrasto dell'erosione dei suoli
226, 227
Impegno pubblico decrescente
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le per mantenere l’attività agricola in queste aree; e. tutela del suolo e del paesaggio. In tabella 12.2 sono schematicamente riassunti i principali interventi previsti dall’asse 2 del PSR ordinati in base alle risorse messe a disposizione, gli obiettivi perseguiti dai singoli interventi e le misure e le azioni che comprendono tali interventi (alcune misure o azioni possono includere uno o più interventi).
LE POLITICHE E LE RICADUTE AMBIENTALI Di seguito sono riportate per ambito di intervento, tutte le politiche regionali agricole con risvolti ambientali messe in atto dalla Direzione Agricoltura, talvolta di concerto con la Direzione Ambiente, negli ultimi anni e in particolare nel 2011. La parte preponderante è rappresentata dal Programma di Sviluppo Rurale, basato sul co-finanziamento di fondi europei, del quale si riportano i risultati del monitoraggio ambientale6. Si tratta per lo più di misure agro-ambientali7 che favoriscono l’adozione di metodi produttivi compatibili con la salvaguardia e il miglioramento dell’ambiente e dello spazio naturale. Recentemente, su stimolo dell’UE8, anche misure del Programma di sviluppo rurale per lo sviluppo della competitività delle aziende hanno finanziato interventi per la tutela ambientale a sostegno del principio che anche le metodologie di produzione possono costituire
un valore aggiunto ambientale che le aziende possono vedersi riconosciuto sul mercato. La riduzione di fitofarmaci e fertilizzanti L’obiettivo maggiormente perseguito dalle politiche agro-ambientali del PSR, in termini di risorse spese e di diffusione sul territorio [più del 10% della superficie agricola utilizzata (SAU) regionale], è la tutela del suolo e delle risorse idriche superficiali e profonde, soprattutto attraverso la promozione dei sistemi di produzione che impongono rispettivamente riduzione e azzeramento dell’input di agrofarmaci e di concimi chimici di sintesi. Si tratta di: azione 214.1 - applicazione di tecniche di produzione integrata. L’azione richiede l’impiego di tutte le tecniche di produzione a minor impatto ambientale rispetto alla produzione convenzionale previste dalle Norme tecniche di produzione integrata appositamente predisposte dalla Regione Piemonte9; azione 214.2 - applicazione di tecniche di produzione biologica. L’azione richiede il rispetto dei metodi dell’agricoltura biologica, fissati dalla regolamentazione comunitaria.
La riduzione di fitofarmaci Gli input di agrofarmaci sono massimi nelle colture legnose agrarie specializzate (fruttiferi, vite), sensibilmente inferiori nei seminativi (per i cereali soprattutto erbicidi), minimi o
6. Il PSR è soggetto ad un attento e continuo monitoraggio ambientale affidato all’Istituto per le piante da legno e l’ambiente (Ipla s.p.a.). Il piano di monitoraggio completo e i risultati sin qui ottenuti sono disponibili sul sito web della Regione Piemonte (http://www.regione.piemonte.it/cgi-bin/agri/psr2007_13/misure/misure.cgi?misura=2). 7. Ciascun agricoltore che si impegna per una o più delle azioni proposte percepisce annualmente un importo che compensa i costi aggiuntivi e il mancato guadagno derivante dall’impegno assunto. 8. Nel 2009 la Commissione europea ha incrementato le risorse a disposizione dei vari Programmi di sviluppo rurale per rafforzare specifiche sfide ambientali con la cosiddetta riforma Health check della PAC, una sorta di revisione dello “stato di salute” della Politica agricola comune. 9. Norme tecniche di produzione integrata reperibili al link: http://www.regione.piemonte.it/agri/area_tecnico_ scientifica/settore_fitosanitario/index.htm
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nulli nel caso delle colture foraggere. Tuttavia, nel caso delle legnose agrarie (soprattutto vite) la maggior parte delle sostanze utilizzate è di bassa tossicità per l’uomo, infatti sono prodotti ammessi anche in regime biologico. Grazie all’adozione delle misure agro-ambientali da parte di un significativo numero di aziende si riscontra una sensibile riduzione dei quantitativi di agrofarmaci utilizzati sulle colture. I prodotti organici di sintesi non ammessi in agricoltura biologica hanno fatto registrare riduzioni attorno al 10% (tabella 12.3). Il caso della vite è significativo, perché il carico medio si riduce per effetto del PSR di più di 1 kg/ha di sostanze non ammesse in bio, così come il caso dei fruttiferi.
co medio unitario di sostanze attive è un parametro utile per valutare l’entità della riduzione degli input ma non è esaustivo sull’impatto ambientale. Vi sono infatti principi attivi molto “impattanti” anche a basse dosi e viceversa, come nel caso di molti principi attivi ammessi in biologico. Si è pertanto scelto di usare, per la localizzazione sul territorio, l’indice di impatto ambientale EIQ Field Use Rating. I valori massimi di EIQ sono localizzati negli areali frutticoli, seguono i vitivinicoli, quindi gli orticoli, la risaia, i seminativi irrigui, i seminativi non irrigui e infine le foraggere temporanee. L’impatto ambientale da fitofarmaci per le foraggere permanenti è pari a zero. In prospettiva è da segnalare che i metodi di produzione integrata, attualmente oggetto di sostegno da parte dell’azione 214.1 del PSR, diventeranno uno standard produttivo per tutti
* Come si posizionano le riduzioni di input rispetto alle caratteristiche del territorio. Il cari-
Tabella 12.3 - Quantità di principi attivi realmente utilizzati rispetto alla simulazioni di non applicazione delle misure agro-ambientali del PSR - anno 2010
Superficie agricola utilizzata (ettari) Gruppi di colture SAU totale ha
di cui superficie PSR prod. integrata (214.1)
di cui superficie PSR prod. biologica (214.2)
Seminativi: cereali, colture industriali
427.834
68.422
Foraggere permanenti
530.324
Foraggere temporanee
Situazione reale: Kg di principi attivi da agrofarmaci
Totali
non ammessi in bio (organici di sintesi)
1.589
1.435.149
495
2.828
118.629
24.895
Fruttiferi
38.500
Orticole
Simulazione: Kg di principi attivi da agrofarmaci in assenza di PSR
Stima della riduzione % dovuta al PSR
Totali
non ammessi in bio (organici di sintesi)
Ttotali
non ammessi in bio (organici di sintesi)
1.389.383
1.528.801
1.493.739
-6%
-7%
0
0
0
0
0%
0%
5.568
28.939
28.939
35.589
35.589
-19%
-19%
12.148
2.503
721.297
247.746
770.927
278.532
-6%
-11%
30.495
9.599
607
65.362
48.283
66.787
48.576
-2%
-1%
Vite
49.698
26.816
770
1.028.254
462.081
1.115.223
549.163
-8%
-16%
Totale
1.197.240
142.374
13.865
3.279.002
2.176.431
3.517.326
2.405.598
-7%
-10%
214.1: misura del PSR che prevede l’applicazione del disciplinare di produzione integrata. 214.2: misura del PSR che prevede l’applicazione del disciplinare di lotta biologica
Fonte: Regione Piemonte
15
gli agricoltori. In altri termini, il disciplinare di produzione integrata, in corso di formulazione a livello nazionale, farà parte delle norme di condizionalità10 alle quali tutti gli agricolto-
ri dovranno conformarsi per ricevere gli aiuti attualmente previsti dal regime di pagamento unico di cui al titolo III del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio.
Figura 12.9 - Indice di impatto ambientale EIQ
Sono contrassegnate in azzurro le superfici interessate dall’adesione alle azioni 214.1 e 214.2. Risulta evidente che gli areali frutticolo e viticolo, caratterizzati dall’impatto più elevato da fitofarmaci, sono quelli in cui è massima l’adesione. Un buon grado di adesione si rileva anche in risaia e nei seminativi in provincia di Alessandria. Globalmente si può concludere che la riduzione degli input ad opera del PSR, rispetto ai fabbisogni del territorio, sia abbastanza ben localizzata. Tuttavia alcune aree ad alta vulnerabilità da fitofarmaci sono poco interessate dalle adesioni (pianura cuneese-torinese con prevalenza di seminativi irrigui). La vulnerabilità da fitofarmaci è soprattutto legata alla probabilità di traslocazione di erbicidi nel sistema acquifero a causa dell’elevata permeabilità dei suoli.
Fonte: Regione Piemonte
Nell’ambito del programma di monitoraggio sono state anche eseguite analisi dei residui di agrofarmaci nei prodotti, sia a scopo sperimentale sia per migliorare i disciplinari di
produzione affinché siano sempre più rispettosi della salute di produttori e consumatori e dell’ambiente. Maggiori informazioni disponbili on-line11 .
10. Norme minime obbligatorie di tipo ambientale. 11. http://www.regione.piemonte.it/cgi-bin/agri/psr2007_13/misure/misure.cgi?misura=2
16
La riduzione di fertilizzanti * Come sono posizionati gli input rispetto alle caratteristiche del territorio. Il territorio piemontese riceve i massimi apporti di elementi fertilizzanti proprio nelle zone più vulnerabili, in gran parte interessate da zootecnia e cerealicoltura. In queste zone, fatta eccezione per la provincia di Alessandria e parte dell’areale risicolo, l’adesione alle azioni 214.1 e 214.2 è assai poco frequente. Pertanto le riduzioni degli input non ricadono completamente nelle zone che ne avrebbero maggiore esigenza. È da notare tuttavia che la tecnica di concimazione fra la produzione convenzionale e quella integrata (oggetto di sostegno con il PSR) non varia molto. Nel tempo anche molte aziende non formalmente
aderenti ai disciplinari di produzione integrata e biologica si sono conformate ad abitudini più corrette. Per questo motivo le differenze fra produzione convenzionale e integrata risultano appianate ma, proprio per questo motivo, per l’agro-ambiente sono derivati effetti positivi più che proporzionali. * L’utilizzo agronomico degli effluenti zootecnici: la deroga alla Direttiva Nitrati. La pratica della fertilizzazione dei terreni agricoli condotta con gli effluenti provenienti dalle aziende zootecniche (letami e liquami) è oggetto di una specifica regolamentazione comunitaria, per la tutela delle acque sotterranee e superficiali dall’inquinamento causato dall’azoto di origine agricola. La direttiva eu-
Figura 12.10 Carichi medi annui ponderati di azoto per unità di superficie in funzione della cultura/gruppo di colture
In rosso sono evidenziate le zone vulnerabili ai nitrati. È evidente che la maggior parte delle superfici cui sono stati attribuiti i maggiori valori di carichi ricadono in aree vulnerabili. In azzurro sono sovrapposti i fogli di mappa interessati dalle azioni del PSR 214.1 (lotta integrata) e 214.2 (biologico).
Fonte: Regione Piemonte
17
ropea 91/676/CEE (detta anche “Direttiva Nitrati”) ha dettato i criteri, i vincoli e i divieti a cui attenersi nella gestione della fertilizzazione organica. La normativa nazionale (DLgs 152/06 e Decreto Ministeriale 7 aprile 2006) ha recepito i medesimi principi, demandando alle Regioni l’attuazione sul territorio di quanto previsto. In Piemonte l’applicazione della Direttiva Nitrati è stata avviata nel 2002 con il Regolamento regionale 9/R, a cui è seguita una prima revisione nel 2007, con i Regolamenti 10/R e 12/R, e una seconda a fine 2011, con il Regolamento 7/R. Per informazioni di maggior dettaglio si rimanda all’approfondimento on-line12. La Direttiva Nitrati prevede la possibilità di superare il massimale di azoto di origine zootecnica (170 kg/ha) distribuibile in un anno nelle Zone Vulnerabili ai Nitrati (ZVN) qualora ricorrano particolari condizioni agro-ambientali. Nel 2009 l’Italia ha presentato alla Commissione Europea una richiesta per ottenere la concessione di tale deroga e, come previsto dalla Direttiva Nitrati, a supporto della richiesta ha fornito dettagliate informazioni tecnico-scientifiche per dimostrare che nella Pianura Padana le colture hanno cicli di crescita prolungati e alti asporti di azoto, e un aumento della dose di azoto di origine zootecnica oltre i 170 kg/ha, se ben gestito dal punto di vista agronomico, non dà lungo ad un maggior rischio di inquinamento delle risorse idriche. La Commissione Europea ha accordato con la Decisione n. 721/2011 la deroga a quattro regioni italiane: Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Si configura come una possibilità concessa alle aziende agricole: chi ritiene di aderire, è autorizzato a distribuire mediamente in campo 250 kg/ha di azoto di origine zootecnica anziché 170; a fronte di ciò, gli viene chiesto il rispetto di una serie di im-
pegni di buona gestione agronomica superiori ai criteri obbligatori standard previsti in ZVN. Gli effluenti zootecnici ammessi in deroga sono quelli di origine bovina (sia palabili che non palabili, sia tal quali che trattati) e di origine suina, questi ultimi per la sola frazione liquida derivante dal trattamento di separazione solido/liquido. Il risparmio idrico e la qualità delle acque Bandi PSR per il risparmio idrico e la tutela delle acque Le misure del Programma di sviluppo rurale, per lo sviluppo della competitività delle aziende, hanno finanziato interventi volti alla tutela ambientale e in particolare, nel caso delle misure 121 e 123 - dotazione Heath check, a tutela delle acque. Sono stati emessi diversi bandi per la misura 121 relativi all’azione 2 “ Gestione delle risorse idriche” nell’ambito della DGR 68-2477 del 27 luglio 2011. Per il risparmio idrico: investimento 2.1.a - Invasi e altre opere per l’accumulo di acqua; investimento 2.1.b (4.000.000 Euro) - Interventi di razionalizzazione dei sistemi irrigui finalizzati a ridurre le dispersioni e le perdite idriche (compreso il ricondizionamento di pozzi e/o la realizzazione di pozzi nuovi previa chiusura di pozzi non utilmente ricondizionabili); investimento 2.1.c - Sistemi di irrigazione a basso utilizzo di acqua (pioggia, goccia, spruzzo e simili) in luogo dell’irrigazione a scorrimento (3.000.000 Euro).
Per la tutela della qualità dell’acqua è stato finanziato, con 3.000.000 Euro l’investimento
12. http://www.regione.piemonte.it/agri/politiche_agricole/dirett_nitrati/index.htm
18
BOX 1 Progetto europeo LIFE+ “AQUA” (Achieving good QUality status in intensive Animal production areas)
Nel quadro delle azioni di formazione e informazione legate all’utilizzo degli effluenti zootecnici, si ricorda il Progetto europeo LIFE+ “AQUA” (Achieving good QUality status in intensive Animal production areas) a cui partecipa attivamente anche il Piemonte. Il progetto intende dimostrare come sia possibile ridurre l’inquinamento delle acque sotterranee e superficiali dovuto alla dispersione di nutrienti di origine agricola tramite l’adozione delle miglio-
ri tecniche disponibili per mitigare l’impatto ambientale dell’agricoltura e dell’allevamento, cioè la scelta di pratiche agronomiche, tecniche di gestione degli animali nonché macchine e attrezzature innovative. Particolare attenzione viene prestata proprio ai vincoli ambientali e ai criteri agronomici adottati nell’ambito della deroga alla Direttiva Nitrati. Maggiori informazioni sul progetto sono disponibili alla pagina web http://aqua.crpa.it
2.2 - Miglioramento della qualità dell’acqua per impianti (depuratori e simili) per il trattamento e per l’abbattimento del carico inquinante delle acque di scarico dell’azienda agricole e degli impianti aziendali per la trasformazione/ lavorazione dei prodotti agricoli.
dove esistono particolari criticità ambientali legate alla risorsa idrica in ciascuno di questi le organizzazioni agricole risultano firmatarie del Contratto: risultava implicito che le aziende agricole si erano fatte carico di oneri volontari così come tutti i firmatari del Contratto di fiume.
È interessante segnalare che per la misura 121, le tipologie di intervento finanziabili con le risorse Heath Check, rivolte a obiettivi ambientali (sistemi di risparmio di acqua, depuratori, etc), si è reso necessario impostare dei nuovi criteri di selezione ambientali quali:
Con la misura 123 “Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli” sono stati aperti i seguenti bandi con le risorse Health check (DGR n. 29-2146 del 6 giugno 2011): tecnologie per il risparmio idrico (Health check miglioramento della capacità di utilizzo razionale dell’acqua), denominato “bando C2 risparmio idrico”; dotazione 1.800.000 Euro; impianti per il trattamento delle acque di scarico (Health check protezione e miglioramento delle qualità delle acque),
priorità per le aree idrografiche con criticità quantitative basato sulla classificazione delle aree idrografiche piemontesi (figura 12.11); priorità per le aziende agricole all’interno di Contratti di fiume13 (quelli già formalmente sottoscritti). I nuovi strumenti sono utilizzati
13. Per maggiori informazioni sui contratti di fiume consultare la pagina web: http://www.regione.piemonte.it/acqua/contratti.htm
19
Figura 12.11 - Classificazione delle aree idrografiche piemontesi sulla base delle criticità quantitative aggiornata all’anno 2007 Regione Piemonte – Programma di sviluppo rurale PSR 2007-2013
Figura 2. Classificazione delle aree idrografiche piemontesi sulla base delle criticità quantitative aggiornata all’anno 2007.
Fonte: Regione Piemonte 106
denominato “bando C3 acque di caricoContratto di Fiume del Torrente Belbo”. Dotazione 1.000.000 Euro; impianti per il trattamento delle acque di scarico (Health check protezione e miglioramento delle qualità delle acque), denominato “bando C3 acque di scaricoRegionale”. Dotazione 1.371.807 Euro.
Si sottolinea la particolarità del bando C3, riservato al territorio del torrente Belbo con particolari criticità ambientali connesse ai reflui di cantine vitivinicole e sul quale è stato attivato il Contratto di fiume14.
Gli indicatori della qualità delle acque In relazione alla qualità delle acque, criticità importanti sono da attribuire al comparto agricolo-zootecnico in relazione a impatti che si verificano sia sulle acque superficiali sia
su quelle sotterranee in particolare a motivo dei surplus di produzione dei reflui zootecnici e delle fertilizzazioni minerali delle colture di produzione degli alimenti zootecnici (mais principalmente).
14. http://www.provincia.asti.it/attivita-di-pianificazione/839-contratto-di-fiume
20
Figura 12.12 - Indice della concentrazione dei fitofarmaci nei fiumi - anni 2005-2011
140 120 100 80 60 40 20 0
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Il calcolo dell’indice è stato realizzato utilizzando i dati di monitoraggio forniti da Arpa Piemonte provvedendo a mediare i valori al fine di ottenere un unico numero che rappresenti l’indice riferito all’intero territorio regionale. Le stazioni di monitoraggio sono collocate nella maggior parte dei casi nelle aree dove l’attività agricola e zootecnica è più diffusa, ossia nelle zone di pianura.
Fonte: Arpa Piemonte. Elaborazione Regione Piemonte
Tabella 12.4 - Trend della concentrazione dei fitofarmaci nei fiumi
Anno
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
Media annuale (μg/L)
0,210
0,153
0,218
0,242
0,234
0,167
0,050
0,050
Media mobile (μg/L)
0,194
0,204
0,231
0,214
0,150
0,089
Indicatore (fitofarmaci - fiumi)
100
105,51
119,42
110,52
77,49
45,94
Fonte: Arpa Piemonte. Elaborazione Regione Piemonte
Per i dati e le analisi di dettaglio si rimanda al capitolo Acqua. In generale si osserva un trend in diminuzione della concentrazione sia dei nitrati sia dei fitofarmaci nelle acque superficiali e sotterranee, sostanze particolarmente signi-
ficative dal punto di vista dell’inquinamento agricolo15. A titolo di esempio si riportano alcuni grafici relativi ai fitofarmaci (figura 12.2 e tabella 12.4).
15. Per gli approfondimenti metodologici si rimanda al Rapporto di Monitoraggio Ambientale del PSR 2007-2013, pubblicato alla pagina http://www.regione.piemonte.it/agri/psr2007_13/index.htm.
21
La gestione delle risorse idriche Nell’ambito del riordino irriguo e di un più efficace, equo e corretto utilizzo delle acque superficiali o sotterranee, alla luce delle nuove norme indicate dal Regolamento 7/R/2007, la Direzione Agricoltura sta realizzando una rete di misuratori automatici da installare presso i punti di prelievo delle reti irrigue facenti capo ai Consorzi Irrigui costituitisi ai sensi della legge regionale 9 agosto 1999, n. 21 “Norme in materia di bonifica e d’irrigazione”, ubicati lungo le aste fluviali ad elevata criticità individuate dal Piano di Tutela delle Acque. Allo stato attuale è terminata la fase sperimentale, con la predisposizione dei sistemi informatici di trasmissione e gestione dati e l’installazione di una stazione di misura sul torrente Orco. Si sta avviando l’installazione delle prime stazioni di misura definitive che costituiranno la rete di monitoraggio regionale sull’asta della Stura di Demonte. Con analoghe finalità è stato avviato il progetto per informatizzare i catasti delle utenze irrigue dei Consorzi di irrigazione, che permetterà di conoscere con maggiore precisione la reale estensione delle aree irrigate, le tipologie colturali praticate e i metodi irrigui utilizzati. Attualmente l’86% dei consorzi irrigui ha aderito alla realizzazione del progetto e il 53% dei consorzi ha già avviato concretamente le fasi di rilevamento e di informatizzazione dei dati per i quali si attende un primo riversamento nelle banche dati regionali nel 2012. Prosegue inoltre l’attività di aggiornamento, integrazione e verifica della banca dati del Sistema Informativo della Bonifica e Irrigazione (SIBI). Con tali attività s’intendono perseguire molteplici obiettivi:
consentire una gestione più equa della
risorsa idrica in base alle reali disponibilità dei corsi d’acqua, soprattutto negli ormai ricorrenti periodi di siccità; verificare il rispetto dei prelievi indicati dalle concessioni; acquisire ulteriori informazioni necessarie per una corretta pianificazione e al fine di affinare ulteriormente il bilancio idrico. La lotta ai cambiamenti climatici Come per altre sfide ambientali, anche le misure del PSR per la competitività delle aziende hanno finanziato interventi volti alla tutela ambientale e in particolare, nel caso delle misure 121 e 123 - dotazione Heath check, al risparmio energetico. È stato emesso il seguente bando (DGR n. 68-2477 del 27 luglio 2011) della misura 121 “Ammodernamento delle aziende agricole”16, relativo all’azione 1 - “Adattamento ai cambiamenti climatici e mitigazione dei relativi effetti”, Operazione 1.1 Risparmio energetico (3.000.000 Euro). Gli investimenti ammissibili erano: costruzioni e/o impiantistica che riducono il consumo energetico; costruzioni e/o impiantistica che riducono la necessità di apporto energetico dall’esterno all’azienda, attraverso la produzione aziendale di energia da fonti rinnovabili; costruzione e ristrutturazione di impianti di essiccazione e/o generazione di calore (e relativi annessi) che riducano il consumo energetico.
Con la misura 123 “Accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli”17 è stato aperto un bando con le risorse Health check (DGR n.
16. http://www.regione.piemonte.it/cgi-bin/agri/psr2007_13/misure/misura.cgi?codice=121&misura=1 17. http://www.regione.piemonte.it/cgi-bin/agri/psr2007_13/misure/misura.cgi?codice=123&misura=1
22
29-2146 del 6 giugno 2011) per il miglioramento dell’efficienza energetica (Health check risparmio energetico), denominato “bando C1 risparmio energetico”. Dotazione 4.519.458 Euro. Altri interventi per il risparmio energetico sono stati finanziati dalla misura 311 “Diversificazioni in attività non agricole”18 che di fatto finanzia principalmente aziende agrituristiche e che, nell’ambito dei finanziamenti concessi, ha finanziato anche la realizzazione di impianti fotovoltaici. La tutela della biodiversità Il progetto BioPsr Nell’ambito del piano di comunicazione del PSR, le Direzioni Agricoltura e Ambiente della Regione Piemonte hanno elaborato il progetto BioPsr che, sui fronti della formazione, dell’informazione ai cittadini e agli agricoltori, della didattica, coinvolge le aree protette regionali nella valorizzazione della biodiversità. Il cuore del progetto è costituito dalla promozione delle misure del PSR dedicate alla biodiversità cercando una sinergia tra esse e in particolare con la misura 323 e il progetto Corona Verde dell’area metropolitana di Torino19. Più in dettaglio con tale progetto: sono stati formati e inviati sul territorio degli operatori con il compito di incentivare l’adesione delle aziende agricole alle misure del PSR per la tutela della biodiversità, misure storicamente poco note e sottoscritte da di importanza fondamentale; è stato creato un sito web (http://www. regione.piemonte.it/agri/psr2007_13/index.htm) di informazione sulla biodiversità
in ambito rurale (con particolare attenzione ai finanziamenti rivolti alle aziende agricole) in cui sono riportate altresì tutte le iniziative del progetto; è stato realizzato un kit didattico per le scuole e i parchi, fruibile e scaricabile gratuitamente dal sito, per una migliore comprensione del valore della biodiversità in ambito rurale; sarà fatta una promozione sul territorio rivolto a tutti i cittadini sul tema; sarà realizzato un concorso aperto a tutte le scuole sul tema della biodiversità in ambito agricolo. Gli interventi per la biodiversità nelle risaie L’agro-ecosistema della risaia riveste una notevole importanza per la tutela della diversità biologica negli ambienti umidi. Tuttavia si tratta di un ambiente molto perturbato, sia dai frequenti passaggi dei mezzi meccanici sia dall’immissione di presidi fitosanitari tossici per gli organismi viventi sia soprattutto perché l’alternanza di fasi di asciutta e di allagamento può costituire una “trappola ecologica” per anfibi e organismi acquatici che svolgono il loro ciclo biologico nelle colture allagate. L’azione 214.9 del PSR (interventi a favore della biodiversità nelle risaie) prevede due tipologie di intervento, attuabili sia congiuntamente che indipendentemente l’una dall’altra:
la sospensione anticipata delle asciutte; il mantenimento della sommersione del terreno su parte della risaia durante le asciutte contrastando inoltre la proliferazione delle zanzare.
18. http://www.regione.piemonte.it/cgi-bin/agri/psr2007_13/misure/misura.cgi?codice=311&misura=3 19. Cfr D.G.R.n. 12-783 dell’ 11 ottobre 2010 – Progetto finalizzato alla tutela della biodiversità. Approfondimenti su http://www.regione.piemonte.it/agri/psr2007_13/index.htm
23
Figura 12.13 - Organismi presenti in camere aderenti (a) e non aderenti (b) all’azione 214.9 a
Oligocheti 0,1%
b
Bivalvi 0,5% Aracnidi 0,4%
Crostacei 0,2%
Irudinei 0,3% Efemerotteri 1,6%
Odonati 2,5%
Eterotteri 1,7%
Omotteri 1,6%
Coleotteri 7% Lepidotteri 0,8%
Ditteri 5,7% Anfibi 0,9%
Tricotteri 0,0% Molluschi 76,9%
Irudinei 0,7%
Oligocheti 0,4%
Efemerotteri 1,1% Omotteri 0,3% Lepidotteri 0,3%
Odonati 0,8% Coleotteri 10,4%
Ditteri 9,4%
Imenotteri 0,1%
Anfibi 1%
Aracnidi 0,7% Eterotteri 7,3%
Molluschi 67,6%
Fonte: Regione Piemonte
Per valutare gli effetti della misura 214.9 sulla biodiversità in risaia, è stata avviata un’attività di monitoraggio sperimentale su alcuni gruppi di animali che meglio si prestano ad
essere utilizzati come bioindicatori quali i macroinvertebrati bentonici20, gli anfibi e i pesci. Dai dati preliminari risulta che le comunità di macroinvertebrati e di anfibi riscontrate nelle
Abbondanza Nitticora (individui/10 punti)
Figura 12.14 - Correlazione tra la superficie interessata dalla misura 214.9 e l’abbondanza della nitticora
Fonte: Regione Piemonte
20. Con il termine generico di macroinvetebrati bentonici vengono comunemente indicati i seguenti gruppi zoologici: Insetti (Plecotteri, Efemerotteri, Tricotteri, Coleotteri, Odonati, Eterotteri, Ditteri, Megalotteri e Planipenni), Crostacei (Anfipodi, Isopodi, Decapodi), Molluschi (Gasteropodi e Bivalvi), Irudinei, Tricladi, Oligocheti e altri gruppi poco frequenti come Briozoari, Nematomorfi e Poriferi. 21. In biologia, un taxon (plurale taxa) o unità tassonomica, è un raggruppamento di organismi, distinguibili morfologicamente e geneticamente da altri e riconoscibili come unità sistematica.
24
stazioni indagate sono generalmente poco diversificate e caratterizzate da taxa21 resistenti alle alterazioni ambientali, spesso esotici, in grado di colonizzare anche ambienti poveri di nicchie ecologiche perché molto perturbati (figura 12.13). L’unico gruppo tassonomico presente in quasi tutte le stazioni (19 stazioni su 20 di campionamento) è quello dei Molluschi
in particolare con Gyraulus chinensis, specie alloctona originaria del sud-est asiatico. L’intervento di sospensione anticipata delle asciutte è risultato scarsamente efficace; maggiore efficacia sta mostrando l’intervento di mantenimento della sommersione su parte della risaia (fosso permanentemente adacquato) durante le asciutte. Per quanto riguarda i
Figura 12.15 Localizzazione delle superfici soggette all’azione 214.4 sulla carta di attitudine alla praticoltura
Fonte: Ipla
pesci, il confronto tra il numero di specie e i relativi stadi di sviluppo dimostra che le risaie svolgono un’importante funzione di incubatoio e rappresentano un ambiente di rifugio e/o di riproduzione a favore di alcune specie, per la maggior parte esotiche tranne l’alborella e la
carpa. I dati relativi all’avifauna mostrano dati più incoraggianti ed evidenziano una correlazione positiva tra l’estensione delle superfici comunali interessate dalla misura 214.9 e l’abbondanza delle sette specie di ardeidi22 coloniali considerate (figura 12.14).
22. Gli Ardeidi (Ardeidae, Leach 1820), sono una famiglia dell’ordine dei Ciconiiformes a cui appartengono, ad esempio, gli aironi. Vivono nelle acque di laghi e fiumi, nei pressi della sponda, dove l’acqua non è ancora molto profonda.
25
Sgarza ciuffetto (a sinistra) e Nitticora (a destra) mostrano un’abbondanza maggiore nelle aree interessate da interventi a favore della biodiversità nelle risaie
Foto: Roberto Toffoli
spetto al passato è stata elaborata una carta di attitudine alla praticoltura (figura 12.15).
La conversione dei seminativi in foraggere permanenti Una delle modalità di estensivizzazione attuata mediante l’azione 4 della misura 214 è la conversione dei seminativi in foraggere permanenti (prati stabili, prati-pascoli, pascoli), ambientalmente interessante sia per gli areali intensivi caratterizzati da input molto elevati e conseguente rischio di contaminazione delle acque, sia per gli areali scarsamente vocati, che nel prato permanente troverebbero migliore destinazione. L’adesione a questa azione si è rivelata molto maggiore del previsto: 2.231 ettari nel 2009 e più di 5.000 ettari nel 2010. In seguito al grande interesse sviluppatosi sul territorio ri-
La conservazione di razze locali minacciate di abbandono L’azione 214.8 comporta l’impegno ad allevare capi appartenenti a razze locali minacciate di abbandono, iscritti al relativo Libro genealogico o Registro anagrafico e ad aumentare (o almeno mantenere) il numero dei capi iniziali. Le razze interessate e il relativo numero di capi oggetto di sostegno sono dettagliati in tabella 12.5. L’azione comprende anche un intervento di sostegno alla conservazione ex situ del materiale genetico delle razze locali.
Monitoraggio della biodiversità in aree rurali Annualmente viene monitorato l’andamento delle popolazioni di uccelli di ambienti agrari e forestali, cui dal 2010 è stato affiancato il monitoraggio delle farfalle diurne e delle api. Ciò
può consentire una valutazione degli effetti del PSR in modo trasversale rispetto a tutti gli interventi delle diverse misure e azioni dell’asse 2. Le relazioni complete sono disponibili online23. Questi monitoraggi vengono effettuati
23. http://www.regione.piemonte.it/cgi-bin/agri/psr2007_13/misure/misure.cgi?misura=2
26
Tabella 12.5 - Capi di bestiame di razze a rischio di estinzione sostenuti dall’azione 214.8
Specie
Bovini
Caprini
Ovini
Razza
Capi di bestiame oggetto di sostegno
Barà Pustertaler
2.684
Pezzata rossa d'Oropa
4.786
Valdostana pezzata nera
82
Varzese o Tortonese
41
Totale Bovini
15.147
Sempione
26
Vallesana
361
Roccaverano
940
Totale Caprini
1.327
Delle Langhe
1.983
Frabosana
3.434
Garessina
90
Saltasassi
36
Sambucana
3.023
Savoiarda
107
Tacola
5.950
Totale Ovini
14.623
Totale complessivo
31.097
Fonte: Regione Piemonte
perché gli uccelli rappresentano ottimi indicatori ambientali in quanto, spesso all’apice delle catene alimentari e legati ai loro habitat, sono sensibili al disturbo e alle alterazioni ambientali generate dall’uomo. Il monitoraggio può avvenire tramite il calcolo di appositi indici quali il “Farmland Bird Index”, che prende in considerazione l’andamento delle popolazioni nidificanti di quelle specie di uccelli che sono considerate indicatrici degli ambienti agricoli e il “Woodland Bird Index” che considera le specie indicatrici degli ambienti forestali. Tali indici assumono un collegamento diretto tra le diverse specie che li compongono e gli habitat agrari o forestali in
cui vivono; un trend negativo indica un mutamento sfavorevole per la presenza degli uccelli. Le specie di ambiente agricolo mostrano, complessivamente, una certa stabilità con un incremento nel 2011 rispetto al 2010 pari al 14% a fronte di una tendenza al decremento a partire dal 2004 al 2009 e una successiva ripresa. Rispetto al 2006, anno d’inizio della fase di monitoraggio 2007-2013, il Farmland Bird Index ha fatto registrare nel 2011 un ∆=9%, mentre il Woodland Bird Index ∆=17%. Tali indici evidenziano un andamento sostanzialmente in linea con quanto rilevato in altre aree ge-
27
Tabella 12.6 - Andamento in atto, variazione media annua e differenza (∆) dell’indice di popolazione tra il 2000 e il 2011 delle specie tipiche di ambiente agricolo, utilizzate nel calcolo del Farmland Bird Index
Specie
∆ (%) 2000-2011
Variazione media annua
Andamento
Percentuale (%) Gheppio
Andamento non certo
0
-30
Quaglia
Andamento non certo
0
-27
Tortora
Andamento non certo
-2
40
Tortora dal collare
Aumento moderato
2
-25
Colombaccio
Aumento marcato
5
156
Upupa
Aumento marcato
8
795
Picchio verde
Diminuzione moderata
-5
-40
Allodola
Diminuzione moderata
-3
6
Rondine
Aumento moderato
3
126
Cutrettola
Diminuzione moderata
-3
-20
Ballerina bianca
Andamento non certo
7
96
Usignolo
Stabile
0
28
Canapino
Diminuzione moderata
-4
6
Sterpazzola
Andamento non certo
-5
-56
Passera d’Italia
Aumento moderato
7
149
Passera mattugia
Diminuzione moderata
-4
-11
Rigogolo
Andamento non certo
1
20
Storno
Andamento non certo
4
122
Averla piccola
Andamento non certo
-5
-35
Gazza
Aumento moderato
4
79
Cornacchia grigia
Stabilità
1
19
Cardellino
Diminuzione moderata
-6
-10
Verdone
Andamento non certo
-1
80
Strillozzo
Diminuzione marcata
-8
-41
Zigolo giallo
Diminuzione marcata
-14
-72
Zigolo nero
Aumento moderato
1
63
Fonte: Regione Piemonte
28
Figura 12.16 - Indici per il monitoraggio della biodiversità
Farmland Bird Index 2000-2011 140
∆=
120 100
80 60 40 20 0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Woodland Bird Index 2000-2011 450
∆=
400 350 300 250 200 150 100 50 0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Rice Bird Index 2000-2011 180
∆=
160 140 120 100
80 60 40 20 0
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Il valore 100 corrisponde, per convenzione, all’indice dell’anno di confronto (nel presente caso indica il primo anno di monitoraggio, cioè l’anno 2000). Il 2006 è tuttavia l’anno di riferimento per il monitoraggio del PSR 2007-2013 Fonte: Regione Piemonte
29
Numero medio specie/punto
Figura 12.17 - Correlazione positiva tra incremento delle superfici oggetto di sostegno della misura 214.2 finalizzata al sostegno delle coltivazioni biologiche e la ricchezza di specie
25 Rs=0,900 p=0,03
20 15 10 5 0 0 ha
1-50 ha
51-100 ha 101-200 ha
>200 ha
Sup. territorio com unale interessata dalla Misura 214.2
Fonte: Regione Piemonte
ografiche del Nord Italia e a livello nazionale (tabella 12.6). Per le specie di ambiente forestale si osserva una tendenza all’incremento tra il 2000 e il 2011, con una differenza pari al 47% (figure 12.16 e 12.17). Questi risultati confermano, almeno in parte, quanto già evidenziato in bibliografia (Caprio et al., 2009; Wilson et al., 2009) e mostrano l’importanza delle tecniche colturali biologiche nell’incremento degli indici di comunità ornitica (ricchezza di specie, abbondanza, ecc.). In figura 12.7 i comuni interessati dalla misura 214.2 e relativa superficie in ettari.
Lepidottero - Aglais urticae
Il monitoraggio dei lepidotteri I lepidotteri, come altri gruppi sistematici, tra cui gli uccelli, stanno subendo da molti anni un grave declino, sia come numero di specie sia
come densità delle popolazioni; in particolare, nell’ultimo rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente la perdita delle popolazioni a partire dal 1990 è stimata nell’ordine del 60%24.
Foto: Archivio Ipla
24. EEA Report No 4/2009 – 5/2009 - Progress towards the European 2010 biodiversity target.
30
Tabella 12.7 - Numero di transetti percorsi, di individui conteggiati e di specie censite nel biennio 2010-2011 Dati complessivi
Coltivi
Bianchi di riferimento
Transetti effettuati
Individui censiti
Specie censite
Transetti effettuati
Individui censiti
Specie censite
Transetti effettuati
Individui censiti
Specie censite
n°
n°
n°
n°
n°
n°
n°
n°
n°
Frutteto
114
845
36
84
454
26
30
391
30
Vigneto
152
3.947
60
112
2.344
54
40
1.603
56
Pascolo
60
3.939
104
60
3.939
104
-
-
-
Risaia
148
1.942
36
109
968
26
39
974
34
Seminativo*
48
754
43
27
297
35
21
457
33
Totale
522
11.427
128
392
8.002
124
130
3.425
64
Ambiente
* dati di un solo anno Fonte: Regione Piemonte
Tabella 12.8 Numero medio di individui e specie per transetto in funzione dell’ambiente censite nel biennio 2010-2011
Dati complessivi
Coltivi
Bianchi di riferimento
Individui censiti per transetto
Specie censite per transetto
Individui censiti per transetto
Specie censite per transetto
Individui censiti per transetto
Specie censite per transetto
n°
n°
n°
n°
n°
n°
Frutteto
7,4
0,32
5,40
0,31
13,03
1,00
Vigneto
26,0
0,39
20,93
0,48
40,08
1,40
Pascolo
65,7
1,73
65,65
1,73
-
-
Risaia
13,1
0,24
8,88
0,24
24,97
0,87
Seminativo*
15,7
0,90
11,00
1,30
21,76
1,57
Totale
21,9
0,25
20,41
0,32
26,35
0,49
Ambiente
* dati di un solo anno Fonte: Regione Piemonte
Esistono due principali cause contrapposte che determinano il declino di questo gruppo di insetti: da un lato l’intensificazione agricola, che ha già determinato la quasi scomparsa di gran parte delle specie presenti nelle aree pla-
niziali; dall’altro l’abbandono delle colture, che influisce negativamente sui popolamenti di lepidotteri delle aree montane e, in parte, collinari dove la biodiversità è ancora localmente rilevante25. I lepidotteri sono stati scelti per
25. IRENA indicator, 2005 - EEA Report No 4/2009 – 5/2009 - Progress towards the European 2010 biodiversity target.
31
valutare l’impatto di alcune misure del PSR, in quanto molte specie frequentano in modo più o meno stabile gli ambienti agricoli. Pesticidi ed erbicidi possono esercitare impatti diretti sia sugli adulti sia sugli stadi larvali, i fertilizzanti possono esercitare impatti alterando la
composizione delle associazioni vegetali e le caratteristiche chimico-fisiche delle piante nutrici. La maggior parte delle specie ha una ridotta mobilità ed è caratterizzata da un ciclo vitale rapido. Vi è inoltre una buona conoscenza scientifica che agevola il monitoraggio. Nelle tabelle 12.7 e 12.8 è riportata una sintesi dei risultati per ogni ambiente: numero di transetti effettuati nel biennio (somma delle ripetizioni in tutti i siti), di individui e specie censiti, in totale e distinti fra i coltivi e i bianchi di riferimento; numero medio di individui e di specie per transetto in funzione dell’ambiente, comprensivo ed esclusivo dei bianchi di riferimento. Esiste molta differenza fra i diversi comparti produttivi. Il frutteto e la risaia, per motivi diversi, si rivelano i più poveri di biodiversità: il frutteto sia a causa dei plurimi trattamenti insetticidi ma anche, come del resto la risaia, a causa della estrema semplificazione dell’habitat.
Il seminativo rappresenta lo spartiacque fra gli ambienti agricoli decisamente poveri di biodiversità e quelli più ricchi e più vicini alla situazione delle aree incolte. Nel vigneto la biodiversità è marcatamente più elevata rispetto a frutteto e risaia, il coltivo si avvicina molto all’incolto di riferimento e i valori assoluti sono molto simili a quelli dei pascoli. Soprattutto nei vigneti posti in areali frammentati, dove la vite non è in monocoltura ma intercalata con boschi, incolti, seminativi in rotazione e prati (in particolare a Moncalvo) la biodiversità è molto elevata.Il pascolo è l’ambiente più ricco in biodiversità. I pascoli estensivi e ancor meglio attuati con forma gestita (applicazione di un piano di pascolo) sono postivi per la biodiversità in quanto permettono lo sviluppo e la fioritura di un numero più elevato di specie erbacee, fortemente limitato dal calpestio eccessivo tipico della conduzione tradizionale. Il ruolo della riduzione dei trattamenti e delle concimazioni sulla biodiversità si può definire scarso rispetto al ruolo dell’adozione di pratiche collaterali, quali la limitazione degli sfalci degli interfilari, il mantenimento della vegetazione naturale negli intorni dei coltivi o il mantenimento di fasce di rispetto incolte e/o inerbite, siepi, aree umide e appezzamenti incolti. Per il miglioramento della biodiversità sono, invece, determinanti le misure e azioni agroambientali che favoriscano l’estensivizzazione e il ripristino delle interconnessioni ecologiche: 214.6, 214.7 e 216. Il monitoraggio delle api L’ape è un insetto molto sensibile agli antiparassitari, quindi il livello di mortalità di una famiglia di api evidenzia l’entità di un eventuale avvelenamento; anche gli infinitesimi residui rintracciabili sul loro corpo o sui materiali immagazzinati nell’alveare sono utili indicatori del livello di diffusione di molte sostanze chimiche nell’ambiente. Il livello di forza delle famiglie di api (bassa mortalità media, alto
32
grado di colonizzazione) è correlabile con la salubrità dell’ambiente che queste frequentano (area nel raggio da 1 a 5 km attorno alle arnie). Il monitoraggio apistico è finalizzato alla valutazione pluriennale dello stato di salute delle famiglie di alcuni apiari, distribuiti strategicamente sul territorio regionale. I 3 tipi di habitat prescelti sono quelli maggiormente critici per l’apicoltura: vigneto, frutteto e areali a seminativo con prevalenza a mais.
Interessante il grafico di confronto delle mortalità medie riscontrate nelle postazioni in funzione dell’ambiente monitorato (figura 12.18), sebbene sia da premettere che in ogni caso la mortalità è sempre risultata nella norma in quanto al di sotto della soglia delle 250/settimana (linea rossa nel grafico). Si noti la significativa differenza (t-student 2.96, p<0,01) tra la mortalità riscontrata nelle postazioni in aree frutticole e quella in zone vi-
Figura 12.18 - Medie dei conteggi settimanali delle postazioni nei diversi ambienti - anno 2011
Mortalità api_confronto ambienti
250
Aree viticole
225
Aree frutticole Aree maidicole
200
n° di api morte
175 150 125 100 75 50 25
4° OTT
3° OTT
2° OTT
4° SET
1° OTT
3° SET
2° SET
1° SET
4° AGO
3° AGO
2° AGO
4° LUG
1° AGO
3° LUG
2° LUG
5° GIU
1° LUG
4° GIU
3° GIU
2° GIU
1° GIU
4° MAG
3° MAG
2° MAG
4° APR
1° MAG
3° APR
2° APR
0
La linea rossa indica la mortalità nella norma (250/settimana).
Fonte: Regione Piemonte
ticole. Nelle prime, i valori sono quasi sempre maggiori rispetto a quelli in zone viticole, con i massimi nel periodo primaverile. La massima mortalità nelle aree frutticole in primavera potrebbe essere riconducibile a diverse cause, tra queste una maggiore tossicità verso le api degli insetticidi utilizzati in quel periodo. Anche la mortalità registrata nelle postazioni in ambiente prevalentemente coltivato a mais è significativamente minore (t-student
2.41, p<0,05) di quella riscontrata in ambiente frutticolo. Anche per questo anno, non emerge alcun tipo di relazione tra la percentuale di superficie agricola aderente alle diverse azioni della misura 214 e la mortalità settimanale media. Le ragioni possono essere molte, fra le quali probabilmente la prevalente è che nel raggio di un chilometro attorno agli apiari la frequenza di adesione è molto simile in tutte le postazioni e generalmente non molto elevata.
33
La tutela del suolo Il bando per le sistemazioni del terreno Alcune misure del Programma di sviluppo rurale per la competitività delle aziende hanno finanziato interventi per la tutela ambientale e, in particolare, è stato emesso il bando (DGR n. 68-2477 del 27 luglio 2011) della misura 12126, relativo all’azione 1 - “Adattamento ai cambiamenti climatici e mitigazione dei relativi effetti”, Operazione 1.2.b Opere idriche e sistemazioni del terreno finalizzate a prevenire smottamento ed erosione (non ammesso in zone pianura, 1.000.000 Euro). Gli interventi ammissibili erano: realizzazione/ristrutturazione di opere idriche e sistemazioni del terreno finalizzate a prevenire lo smottamento e/o l’erosione dovuta a eventi estremi connessi al clima (quali la pioggia torrenziale). Il bando ha adottato tra i criteri di priorità la Carta dell’erosione reale del suolo: a seconda della classe di erosione in cui ricadeva l’intervento per il quale si richiedeva il contributo veniva assegnato un punteggio crescente al crescere della criticità da erosione segnalata dalla cartografia. La riduzione della pressione zootecnica La zootecnia piemontese è localizzata in due tipologie di areali: quelli intensivi di pianura, a forte impatto ambientale, e quelli montani e collinari estensivi, a rischio di abbandono. Attraverso l’azione 6 della misura 214 (sistemi pascolivi estensivi) si mira a contrastare la tendenza alla concentrazione e alla specializzazione della produzione zootecnica, in ragione delle elevate esigenze in termini di input idrici, chimici (legati alla produzione del mais) ed
energetici e della semplificazione degli agroecosistemi e delle tipologie foraggere aziendali. Si prefigge inoltre di valorizzare la funzione della zootecnia per la conservazione delle zone rurali marginali. Gli impegni consistono principalmente in pascolamento con carichi di bestiame ridotti e distinti in base all’altimetria, rispetto dei periodi di pascolamento previsti, esecuzione del pascolamento turnato e rispetto delle prescrizione agronomiche. È stata interessata da questa azione il 7% della SAU regionale e il 25% delle superfici a pascolo. Ciò ha consentito una significativa delocalizzazione dei carichi delle deiezioni e un significativo contrasto all’erosione (il pascolo turnato riduce il calpestamento e di conseguenza la formazione di creeping, principale causa di erosione irreversibile). Riguardo a quest’ultima, il monitoraggio, per ora qualitativo, mette in evidenza che le superfici oggetto di intervento sono collocate nelle zone a maggiore rischio di erosione (classi 3 e 4, da 15 a oltre 35 t/ha/anno, figura 12.19). Infine le indagini hanno mostrato anche un miglioramento della qualità del cotico erboso dei pascoli soggetti all’azione 214.6, sia in termini di numero di specie presenti, sia in termini di valore pabulare. Si segnala inoltre come l’abbondanza di specie27 e di fioritura in condizioni di applicazione dell’azione ha conseguenze positive anche sulla biodiversità misurata attraverso il monitoraggio dei lepidotteri (vedi approfondimento nel capitolo dedicato alla biodiversità). L’incremento del contenuto di carbonio organico nel suolo Una quota importante dei suoli agricoli pie-
26. Dettagli sulla misura 121 reperibili alla seguente pagina web: http://www.regione.piemonte.it/cgi-bin/agri/psr2007_13/misure/misura.cgi?codice=121&misura=1 27. Sui pascoli piemontesi sono state censite circa 5.500 specie foraggere (Cavallero A., Aceto P., Gorlier A., Lombardi G., Lonati M., Martinasso B., Tagliatori C., 2007. I tipi pastorali piemontesi - Vegetazione e gestione dei pascoli delle Alpi occidentali. Alberto Perdisa Editore, Bologna).
34
Figura 12.19 - Localizzazione delle superfici soggette all’azione 214.6 sulla carta di erosione reale del suolo
Fonte: Ipla
montesi, soprattutto negli areali intensivi svincolati dalla zootecnia, risulta impoverita di sostanza organica. L’azione 214.3 del PSR prevede l’apporto al terreno di ammendanti derivanti da compostaggio di materiali vegetali, torbosi o misti oppure da letame o altri materiali organici palabili di origine agricola o zootecnica. Entrambe le tipologie richiedono, inoltre, l’adozione di tecniche di lavorazione del terreno conservative della sostanza organica e la parziale sostituzione della fertilizzazione minerale, azotata e fosfatica, con un apporto prevalente di nutrienti di origine organica. L’applicazione è limitata ai terreni ricadenti in aree classificate a basso o moderatamente basso contenuto di carbonio organico o in altre zone, a seguito della dimostrazione analitica da parte degli interessati. Sono considerate
prioritarie, oltre alle zone di applicazione preferenziale comuni alle altre azioni agro-ambientali, le aree soggette a fenomeni erosivi. Nel 2009 hanno beneficiato di questo intervento 6.324 ha e con il bando 2010 si è già superato l’obiettivo stabilito nel PSR di 10.000 ha. In figura 12.20 la distribuzione sul territorio della misura. Gli inerbimenti ed erbai intercalari La sostenibilità delle produzioni non è soltanto legata alla riduzione degli input agricoli, ma anche e soprattutto ad una serie di interventi agronomici, miranti a ristabilire, nelle colture intensive, livelli accettabili di biodiversità, equilibrio ecologico (insediamento di limitatori naturali dei parassiti), conservazione del suolo e della qualità delle acque. Gli erbai, ma so-
35
Figura 12.20 - Localizzazione delle superfici soggette all’azione 214.3 sul territorio regionale con indicazione della Zona Vulnerabile da Nitrati
Fonte: Regione Piemonte
prattutto gli inerbimenti (in proporzione molto più estesi), contribuiscono al mantenimento/ miglioramento della qualità delle acque, alla protezione del suolo contro l’erosione, al mantenimento/miglioramento della biodiversità (le prime indagini registrano infatti un aumento della biodiversità dei lepidotteri in presenza di inerbimenti, soprattutto in vigneto) e al sequestro di carbonio e mitigazione dell’effetto serra. Tali interventi fanno parte di impegni aggiuntivi delle azioni 214.1 e 214.2 del PSR. Nel 2009 risultano 10.572 ha di superfici a premio, per la quasi totalità ascrivibili a inerbimenti. La maggior parte delle superfici a premio si trova
nelle zone viticole e frutticole collinari (figura 12.21); da una prima indagine di tipo qualitativo, molte delle aree interessate si trovano nelle classi a maggiore rischio di erosione (15-25 t/ha/anno e >25 t/ha/anno). Il mantenimento delle attività agro-pastorali nelle zone marginali L’indennità compensativa per svantaggi naturali Il Piemonte è caratterizzato da un’ampia porzione territoriale (montagna e alcune aree collinari) che soffre di svantaggi derivanti dalle condizioni climatiche e dalle limitazioni nella
36
Figura 12.21 - Localizzazione delle superfici soggette a inerbimenti ed erbai intercalari finanziati nell’ambito delle misure 214.1 e 2 del PSR sulla carta di erosione reale del suolo
Fonte: Ipla
capacità d’uso del suolo. Attraverso la misura 211 del PSR, che prevede la corresponsione di un’indennità compensativa, si mira a controbilanciare almeno in parte gli svantaggi naturali, per prevenire ulteriori rischi di marginalizzazione e abbandono, contribuendo alla tutela del territorio e dei sistemi agro-forestali ad alto valore naturale. La misura 211 interessa una quota significativa della SAU regionale: il 26% della SAU e delle aziende situate in zone montane, pari al 7-8% della SAU e delle aziende in tutto il Piemonte (tabella 12.9). Le indennità compensative nel 2010 hanno sostenuto il 90% delle aziende agricole delle aree montane. La capacità di agi-
re su dinamiche molto complesse come quella della vitalità delle comunità è tuttavia, per la misura 211, molto contenuta. In questo senso si sottolinea come questa indennità non assicuri una compensazione adeguata dei redditi delle aziende agricole svantaggiate e che il confronto con i redditi in pian ura e in collina mostri sempre una marcata disparità (anche nel confronto con il reddito da lavoro dipendente). La sostenibilità dei sistemi di produzione agricola nelle zone interessate dalla misura 211 è dimostrata dalla prevalenza di colture a basso impatto ambientale e di allevamenti estensivi ed è suffragata da dati positivi derivanti dal monitoraggio della biodiversità:
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Tabella 12.9 - Aziende e SAU (Superficie agricola utilizzata) in Piemonte, classificate come svantaggiate e beneficiarie del sostegno della misura 211
Aziende
Superficie agricola utilizzata
numero
% sul Piemonte
% sulle aree svantaggiate
ettari
% sul Piemonte
% sulle zone svantaggiate
Totale Piemonte
61.909
100%
-
979.797 ha
100%
-
di cui in zone svantaggiate
18.756
30%
100%
251.899 ha
26%
100%
di cui con contributo misura 211
4.867
8%
26%
66.258 ha
7%
26%
Fonte: Anagrafe Agricola unica e dal DataWareHouse29
il 96% della SAU interessata dalla misura 211 consiste in colture a basso impatto ambientale (pascolo, cereali minori, nocciolo, castagno); circa il 50% delle aziende interessate aderiscono anche alle misure agro-ambientali; circa il 50% delle aziende interessate possiedono anche allevamenti di tipo estensivo (prevalentemente misti di ovini e caprini); una specie avicola e due specie di lepidotteri in pericolo di estinzione (iscritte nelle liste delle direttive comunitarie Natura 200028) e legate ai sistemi agricoli aperti sono state ritrovate nelle zone interessate sottoposte a monitoraggio.
L’approccio Leader LEADER è l’acronimo di Liason Entre Action de Developement de l’Economie Rurale (collegamento tra le azioni di sviluppo dell’economia rurale). Nato nel 1989 come iniziativa Comunitaria, è ora uno degli Assi di sviluppo per il sostegno allo sviluppo rurale da parte della Comunità Europea. L’Asse 4 - Approccio Leader” del PSR 2007-2013 della Regione Piemon-
Poiché la tutela del suolo e del paesaggio rurale si esercita soprattutto attraverso il contrasto dell’erosione e dell’invasione di bosco e incolto a causa dell’abbandono, la misura 211 ha effetti positivi anche in tal senso in quanto: la maggior parte delle superfici a premio si trovano nelle classi di erosione reale del suolo più a rischio; circa il 30% delle superfici a pascolo e il 13% delle superfici coltivate sono protette dal rischio di invasione del bosco.
te promuove lo sviluppo integrato, endogeno e sostenibile dei territori rurali attraverso la realizzazione di Programmi di Sviluppo Locale (PSL) presentati da 13 Gruppi di Azione Locale (GAL) distribuiti sul territorio regionale. In particolare, l’obiettivo dell’asse 4 è sostenere la multifunzionalità e la diversificazione delle attività agricole e puntare sullo sviluppo di microfiliere locali di settori diversi per creare
28. Direttive “Habitat” 92/43/CEE e “Uccelli” 2009/147/CE. 29. DataWareHouse consultabile al seguente link: http://www.sistemapiemonte.it/agricoltura/dw_psr/
38
e consolidare poli locali di sviluppo. Attraverso l’integrazione tra differenti settori dell’economia locale, l’uso di nuove tecnologie e nuovi servizi, le popolazioni delle aree rurali possono promuovere percorsi innovativi di sviluppo. Nelle zone rurali questo viene stimolato attraverso:
il mantenimento e la creazione di nuove attività; la valorizzazione delle risorse ambientali e culturali locali; il miglioramento della qualità della vita; la cooperazione tra i territori; la costituzione di reti per la divulgazione delle esperienze.
Questo asse ha una dotazione di circa 58 milioni di euro per il settennio 2007-2013 del quale risultano al momento spesi circa il 30%. È di fatto uno dei principali strumenti per il mantenimento delle popolazioni nelle aree montane. La gestione sostenibile delle aziende Progetto Mitanet Il progetto M.I.T.A.NET - rete di Monitoraggio Intensivo sulle Tecniche Agronomiche e sui Terreni Agrari - è nato nell’ottobre 2009 dall’esigenza di integrare il previsto monitoraggio del PSR con uno a minore scala, ma di maggiore dettaglio, al fine di individuare l’effetto su scala aziendale dell’adesione alle misure
Figura 12.22 - Aziende agricole intervistate nell’ambito del progetto MITANET
Fonte: Regione Piemonte
39
agro-ambientali del PSR. M.I.T.A.NET fornisce alla Regione Piemonte criteri di monitoraggio per verificare la corretta gestione ambientale del sistema colturale e le pratiche volte al mantenimento della fertilità dei suoli. Esso ha permesso la creazione di una rete di 87 aziende agricole rappresentative di diversi ordinamenti produttivi e dei diversi pedoambienti piemontesi, ripartite fra aderenti e non al PSR 2007-2013 (figura 12.22). L’analisi delle pratiche di gestione aziendali mediante l’uso di indicatori ha permesso di caratterizzare e di discriminare tra le diverse tipologie aziendali. Le aziende risicole presentano un’elevata omogeneità, con un elevato impiego di input (fertilizzanti e fitofarmaci) ed una modesta produzione di energia netta. Le aziende cerealicole, caratterizzate da colture molto simili (mais granella, cereali autunno-vernini ed in alcuni casi soia), presentano invece una maggiore variabilità relativamente all’utilizzo di input mentre la produzione di energia netta risulta maggiormente omogenea. I sistemi colturali delle aziende zootecniche presentano una maggiore variabilità, anche tra aziende con uguale indirizzo produttivo. Questo è dovuto ai diversi livelli di intensivizzazione. La presenza di prati e talvolta pascolo unitamente all’utilizzo degli effluenti zootecnici aziendali consente di ridurre l’utilizzo di input. La presenza importante di produzioni ad elevata efficienza quali mais granella e insilati consente di ottenere valori di energia netta elevati. Gli interventi per il benessere animale La misura promuove la diffusione di tecniche di allevamento che migliorano il benessere degli animali al di là di quelle che sono le condizioni minime previste dalla normativa vigente e dal regime di condizionalità di cui al regolamento CE n. 1782/2003. Si prevede di migliorare le condizioni di benessere animale attra-
verso impegni che ricadono in una o più delle 4 macroaree sotto indicate: sistemi di allevamento e di stabulazione; controllo ambientale (luminosità, ventilazione, temperatura); alimentazione e acqua di abbeverata; igiene, sanità e aspetti comportamentali degli animali riconducibili ai sistemi di allevamento.
Da inizio programmazione sono stati messi a bando circa 23 milioni di euro (dotazione per il settennio 2007-2013) con un bando generalista nel 2009 e uno dedicato alle galline ovaiole nel 2011. La gestione dei reflui delle aziende agricole vitivinicole e olearie Le aziende che producono vino, al termine del processo di vinificazione, si trovano a dover smaltire i sottoprodotti della vinificazione, costituiti da fecce e vinacce, e le acque reflue di cantina, ovvero le acque di lavaggio di impianti e attrezzature utilizzate nella produzione di vino. Reflui di cantina Le acque reflue di cantina possono essere reimpiegate nell’attività agricola tramite l’applicazione al terreno come acqua irrigua oppure essere utilizzate per veicolare i prodotti fitosanitari. L’utilizzo agronomico dei reflui di cantina, in tutte le sue fasi dalla produzione all’applicazione al terreno, è disciplinata dal regolamento regionale 10/R/2007 ed è soggetta a comunicazione annuale. Inoltre, il medesimo regolamento ha fatto propria l’opportunità prevista dal DM 7 aprile 2006 di utilizzare le acque reflue per la veicolazione di prodotti fitosanitari, approvando con DGR n. 33-12520 del 9 novembre 2009, apposite norme tecniche che originano dalla collaborazione tra Regione Piemonte e Facoltà di Agraria di Torino. L’estensione di utilizzo sarà
40
riconsiderata in seguito ai risultati derivanti dalla valutazione del rischio sanitario. Sottoprodotti della vinificazione Il processo di vinificazione durante le fasi di pigiatura e fermentazione origina rispettivamente le vinacce, ossia le bucce, vinaccioli e raspo, e le fecce, ossia un deposito contenente batteri, lieviti e parti dell’acino d’uva. Sulla base dei risultati emersi dalla campagna “sperimentale” condotta dalle Regioni, il Ministero delle Politiche Agricole, con il Decreto n. 7404 del 4 agosto 2010, ha esplicitato, per tutte le aziende vitivinicole, i diversi usi alternativi dei sottoprodotti: agronomico, energetico, farmaceutico, cosmetico, estrazione di enocianina, prodotti agroalimentari, previo presentazione di specifica comunicazione. La Regione Piemonte30 ha fornito alcune norme specifiche sulla distribuzione di fecce e vinacce per quanto concerne l’utilizzazione delle stesse a fini agronomici applicando il criterio per il quale i sottoprodotti possono essere considerati come una risorsa.
dell’art. 11 del regolamento regionale n. 7/R del 2010, con il quale vengono posticipati di un anno i termini per la presentazione della comunicazione. Detta proroga permetterà ai soggetti tenuti alla presentazione della comunicazione e della relazione tecnica di potersi avvalere della Carta di attitudine dei suoli per l’uso agronomico dei suoli delle acque di vegetazione e delle sanse umide dei frantoi oleari a scala 1:250.000, redatta da Ipla per la fine dell’anno 2011, su incarico della Regione Piemonte.
Reflui oleari La Regione Piemonte (Direzioni Ambiente e Agricoltura), dando attuazione alle disposizioni nazionali, ha emanato il Regolamento regionale n. 7/R del 2010 per la disciplina dell’utilizzo agronomico delle acque di vegetazione e delle sanse umide31 che derivano dalle operazioni di frangitura delle olive, relativamente a tutte le fasi, dalla produzione all’applicazione al terreno. Il regolamento specifica in particolare le modalità di stoccaggio, di trasporto e di spandimento dei vari reflui. Con DGR n. 19 - 2613 del 19 settembre 2011 è stato approvato un regolamento di modifica
30. Determinazione Dirigenziale n. 1061 del 1* ottobre 2010 31. Tali reflui contengono elevate concentrazioni di BOD, COD e polifenoli.
41
L’anno 2011 è stato l’Anno Internazionale delle Foreste. Le foreste sono indispensabili per il benessere di tutta l’umanità e svolgono un ruolo centrale nell’ambito di questioni e problematiche di portata globale legate ad esempio al clima o alla diversità biologica: immagazzinano un enorme ammontare di carbonio e quando una foresta viene tagliata e convertita ad altro uso, il carbonio viene di nuovo rilasciato nell’atmosfera. Sono inoltre importantissime anche a livello regionale, in quanto assicurano la stabilità ecologica. Oggi alcuni aspetti rendono più problematica la gestione delle foreste. L’abbandono delle aree marginali ha provocato sì un aumento dei boschi dei neoformazione, ma anche una non gestione dei boschi da sempre coltivati, a volte predisponendo i versanti ad una maggiore instabilità. Inoltre l’evoluzione del clima, sia dal profilo della temperatura, sia per quanto riguarda gli eventi meteorologici estremi, possono mettere la foresta a dura prova. A causa delle variazioni del clima, infatti, alcune specie attualmente ben adattate al contesto in cui vivono non lo saranno più in futuro. Questa evoluzione renderà più fragili gli ecosistemi forestali. Gli indirizzi attuali di gestione della Regione Piemonte sono quindi rivolti ad aumentare la capacità di resilienza della foresta - in primo luogo mediante un incremento delle specie per ottenere dei boschi con più specie e più resistenti al cambiamento climatico. La legge forestale regionale prevede che il bosco venga gestito all’insegna della sostenibilità e del rispetto della natura così che le sue prestazioni siano disponibili anche alle generazioni future.
32. http://www.sian.it/inventarioforestale/
Nel corso del 2011 la Regione è stata impegnata nell’attuazione di tale politica attraverso iniziative di formazione e progetti di ricerca che vengono di seguito descritti unitamente ad uno specifico approfondimento sui rapporti tra foreste e clima. L’inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio Attualmente la superficie forestale italiana è aumentata come dimostrano i dati dell’ultimo ”Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi forestali di carbonio”32, effettuato dal Corpo Forestale dello Stato in collaborazione con la consulenza scientifica del Centro Ricerca in Agricoltura, presentati nell’aprile 2012. Di conseguenza si è avuto un aumento della quantità di carbonio sequestrata rispetto alle quantità stimate al 1990, anno di riferimento nel Protocollo di Kyoto. Questa è da un canto una buona notizia ma indica anche che sono state riconquistate dal bosco aree agricole abbandonate, di solito marginali, prati, pascoli alpini, terrazzamenti agricoli di collina o montagna, che erano parte integrante di ecosistemi con biodiversità importanti, che spesso hanno visto l’impegno da parte della Regione Piemonte per la loro salvaguardia con contributi mirati (PSR - misura 211). Necessita, quindi, governare l’espansione dei boschi e massimizzare in modo equilibrato lo stock di carbonio tramite una corretta gestione forestale non solo volta all’utilizzo usuale del bosco (Business as Usual - BAU), es. turni brevi e completa asportazione del soprassuolo nei cedui, ma con dei criteri di gestione sostenibile (SOST) che permettano di cogliere, con quello climatico, anche tutti i benefici naturali e territoriali garantiti dalle diverse funzioni non produttive svolte dai boschi. A questo scopo è necessario che si sviluppi-
42
no forme di remunerazione di tali risultati della gestione forestale, che rappresentino una parziale compensazione economica dei minori redditi, almeno nel breve periodo, derivanti da un minore utilizzo produttivo del soprassuolo. Per quanto riguarda la funzione di sequestro del C, la nuova fase di attuazione del Proto-
collo di Kyoto che inizia nel 2013, approvata dalla Conferenza internazionale di Durban in Sud Africa nel dicembre 2011, prevede nuove regole per il settore forestale, di significativo interesse per un rafforzamento della prospettiva indicata33.
33. La Conferenza delle Parti UNFCCC-PK svoltasi a Durban (Sud Africa) nel dicembre 2011 ha in particolare sancito, sulla base di criteri più rigorosi, l’obbligatorietà della contabilizzazione delle emissioni nette derivanti dalle foreste gestite, ai fini del rispetto degli obblighi di riduzione posti nella nuova fase post 2012. In seguito (marzo 2012), a livello europeo, con due atti della Commissione Europea - COM (2012) 93 e 94 - hanno rispettivamente definito un nuovo approccio strategico e proposto una nuova regolamentazione sulla contabilizzazione dei saldi di bilancio CO2 del settore forestale nel quadro degli impegni europei di riduzione delle emissioni al 2020 e oltre. In particolare le Decisioni della Commissione sono dichiaratamente finalizzate ad aumentare la “visibilità” degli sforzi di mitigazione nella selvicoltura fornendo una “base per definire adeguati incentivi” politici (ad es. nell’ambito della PAC) nella logica di una “parità tra i settori della silvicoltura, dell’agricoltura e dell’energia” e prevedendo allo scopo l’adozione di specifici piani d’azione a livello nazionale.
43
BOX 2 Cambiamenti climatici - Il Protocollo di Kyoto
L’Italia ha ratificato nel 1994 la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) adottata alla Conferenza di Rio de Janeiro nel 1992. Nel 1997 è stato adottato il Protocollo di Kyoto (PK), accordo internazionale che fissa gli obiettivi per i tagli nelle emissioni dei gas serra nei paesi industrializzati nel quale è stata riconosciuta alle foreste, la fondamentale funzione di sequestratori (sink) di anidride carbonica (CO2), il principale gas ad effetto serra, dall’atmosfera mediante il processo naturale di fotosintesi che fissa il carbonio nella cellulosa e lignina formanti i tessuti delle piante. In pratica, nel bilancio della concentrazione di CO2 in atmosfera (e connesso rischio di aumento della temperatura media) le diverse componenti di soprassuolo e suolo forestale possono giocare un ruolo di riduzione e mitigazione, funzionando come serbatoi di accumulo (stock) del carbonio sequestrato (biomassa epigea, rappresentata da fusto e chioma; biomassa ipogea, cioè le radici; necromassa, cioè gli alberi morti; la lettiera e il suolo, nella sua parte organica). Avversità naturali o interventi dell’uomo (malattie, incendi, deforestazione) e gli utilizzi produttivi dei boschi (estrazione di legname)
riducono tali accumuli, rimettendo in circolo il carbonio sottoforma di CO234. È possibile migliorare tale bilancio con adeguate gestioni della risorsa forestale. Il mercato dei crediti di carbonio Per la regolamentazione degli scambi dei crediti di carbonio35, derivati dall’applicazione dei meccanismi flessibili36 previsti dal Protocollo, è stata emanata la direttiva 2003/87/CE Emission Trading37, recepita dal governo italiano con il DLgs n. 216 del 4 aprile 2006 - “Attuazione delle direttive 2003/87 e 2004/101/ CE in materia di scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, con riferimento ai meccanismi di progetto del Protocollo di Kyoto” - che istituisce un Mercato ufficiale (regulated) di scambio dei crediti. Parallelamente a questo, si è sviluppato anche in Europa, per le attività non soggette al citato sistema ETS, un Mercato volontario dei crediti di carbonio da parte di imprese, amministrazioni pubbliche e singoli individui. Questo mercato risponde alle richieste di green economy dettate dalla presa di coscienza ambientale di soggetti privati e pubblici di neutralizzare le emissioni di gas effetto serra - GHG - dovute all’impatto negativo di attività industriali e commerciali ed eventi quali,
34. Nelle regole internazionali di contabilizzazione (IPCC-1996 Revised Guidelines e 2003 LULUCF-GPG) sinora vigenti tutte le estrazioni di legname da interventi forestali sono considerate come emissioni istantanee nell’anno in cui sono effettuate, indipendentemente dalla destinazione (energetica o materiale) del materiale estratto e quindi dell’effettiva re immissione in atmosfera del C contenuto. Per contro, per le stesse regole è considerata ad emissioni zero l’energia generata dalla combustione di legna. Le nuove regole approvate a Durban per la nuova fase del Protocollo di Kyoto post 2012 puntano invece a riconoscere il mantenimento del C che rimane accumulato nei prodotti legnosi durevoli. 35. (ERU derivanti dai progetti di attuazione congiunta (JI) e i CER derivanti dal meccanismo di sviluppo pulito (CDM) 36. Emission Trading (ET), Clean Developemente Mechanism (CDM) e Join Implementation (JI) 37. http://www.minambiente.it/menu/menu_attivita/Direttiva__Emission_trading_.html; http://www.minambiente.it/home_it/menu.html?mp=/menu/menu_attivita/&m=emissioni_atmosferiche. html&lang=it
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concerti, fiere ecc. con misure volte a compensarle (carbon offset). In questo ambito si manifesta l’attenzione al ruolo dei boschi e delle foreste, includendo oltre alla gestione
forestale sostenibile, la forestazione urbana, la fissazione di carbonio nei prodotti legnosi durevoli (assi, travi, mobili, ecc.) e trova spazio la gestione forestale sostenibile.
L’utilizzo dei boschi come fonte di energia rinnovabile - legna da ardere L’utilizzo della biomassa legnosa è consolidato nel tempo e in fase di espansione sia per scelte politiche regionali sia per l’aumento del costo dei combustibili fossili. Rientra anche nell’obiettivo della direttiva 2009/28/CE (utilizzo del 20% di fonti rinnovabili per la produzione energetica). Anche nell’ultimo rapporto Renewable Energy sources and climate change mitigation del l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), organo scientifico delle Nazioni Unite che studia il riscaldamento globale, il legno viene considerato tra le fonti di energia rinnovabile da utilizzarsi nel futuro in sostituzione dei combustibili fossili.
da fonti rinnovabili indicati nel BER, Bilancio Energetico Regionale, redatto dall’ENEA (116 ktep41). Solo il gas naturale (metano, 1.636 kep) gli è superiore (Cantoni P.G., Iorio G., Enea 2011). Per completezza, i consumi finali del settore residenziale nell’anno di riferimento rappresentano il 21,7% di quelli regionali. Da registrare inoltre che come produzione di Energia Primaria in Piemonte42, il legno (non citato nella tabella specifica del BER) risulterebbe primeggiare superando nell’ordine: la produzione di Petrolio estratto nel novarese (140 ktep), la produzione Idroelettrica endogena (446 ktep) e quella di energia ricavata dai Rifiuti e Biogas: 327 ktep.
Il legno: combustibile trasparente Si rimane increduli quando si legge che il legno è un combustibile per il riscaldamento domestico utilizzato da 1 milione di piemontesi: 1 su 438 . Ancora di più se viene riferito che nel 2006 tale combustibile, in termini energetici, è impiegato nel settore residenziale per valori (614 ktep39, figura 12.24) maggiori dell’insieme dei consumi residenziali di prodotti petroliferi40 (318 ktep), più elevati di quelli dell’Energia Elettrica (428 ktep) e dell’insieme dell’energia
I dati - Affidabilità dei dati sull’utilizzo del legno come combustibile I dati sull’utilizzo del legno come combustibile attualmente non sono noti. Infatti precedenti ricerche sia di Ipla che di Enea hanno dimostrato che l’utilizzo di tale combustibile è ben maggiore rispetto alle fonti ufficiali (BER). L’assenza di riscontri sul combustibile legnoso nelle statistiche ufficiali, soprattutto della parte ampiamente più consumata (riscaldamento domestico) è un dato di fatto: non sono fonte di dati né il BER (reperibile sul sito dell’Enea),
38. Il lavoro è svolto da Ipla. 39. TEP: tonnellata equivalente di petrolio. In inglese TOE: tonne of oil equivalent 40. Prodotti Petroliferi = gasolio + GPL + Petrolio da riscaldamento + Altri prodotti petroliferi 41. Nella Tabella BER dei consumi Residenziali, tra le fonti di Energia Rinnovabile in questo caso non è inserito l’Idroelettrico, che viene invece compreso nella voce Energia Elettrica vista prima. 42. Energia viene definita primaria quando è presente in natura e quindi non deriva dalla trasformazione di nessuna altra forma di energia: possono essere sia fonti rinnovabili sia fonti esauribili, (petrolio grezzo, gas naturale, carbone) o l’energia nucleare.
45
né il PEAR - Piano Energetico Ambientale Regionale del Piemonte - reperibile al sito della Regione nella sua attuale versione ancora riferita ai dati del 1998. Stesso dicasi dell’Istat, sia quando tratta dei temi energetici sia di quelli forestali anch’essi pertinenti al “legno combustibile” poiché, come risulta dall’indagine dell’IPLA, più del 70% degli utilizzatori del legno ricava il combustibile dal proprio bosco. Di fatto la statistica ufficiale contabilizza solo i fenomeni agevolmente monitorabili perlopiù attraverso documenti contabili che attestano scambi commerciali. Per il legno di consumo domestico ciò non è possibile perché per la maggior parte si tratta di autoconsumo e per il resto è acquisito soprattutto attraverso la pratica del baratto o dall’abbattitore in “grigio”. Solo il legno “più tecnologico” il “cippato” (legno in scaglie) e il pellet (pressati di particelle di legno aggregati in pastiglie) percorrono il circuito commerciale classico e quindi i loro dati sono molto più presenti nelle statistiche. Il legno tra le energie rinnovabili Dalle Statistiche Enea del BER Piemonte risulta che, nella produzione di Energia primaria,
l’insieme delle fonti rinnovabili nel 2006 raggiunge 876 ktep, dei quali 446 ktep sono attribuiti all’Idroelettrico, 327 ktep ai “Rifiuti e Biogas”, e 103 ktep alla Biomassa, non meglio definita. Eolico 0 (zero) ktep, Solare 0 (zero) ktep. Il solare, nel BER Piemonte raggiunge il minimo numero significativo (1 ktep) solo nel 2008. Rispetto a questi dati il legno combustibile risultato dall’indagine dell’IPLA, figura 12.24 con i suoi 614 ktep è evidentemente superiore. Nonostante ciò il legno come biomassa energetica viene pochissimo citato dai media e dalla politica come fonte rinnovabile a differenza dell’eolico e del solare. In merito alle diverse tipologie di legno, IPLA ha verificato che, in termini di pezzatura, il cippato interessa lo 0,2% dei residenti consumatori dei piccoli comuni, il pellet interessa il 3,4% dei residenti e in altra pezzatura lo 0,4%, in tronchetto, per contro, interessa il 96,3% dell’utenza. In questa forma l’insieme utilizzato in Piemonte ha un valore di mercato di oltre 300 milioni di Euro, figura 12.25.
Tabella 12.10 Confronto dati energetici Piemonte del BER con varie indagini sull’utilizzo del legno combustibile
Dati BER Piemonte (ktep)
1988
1990
1996
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
Consumi finali Biomasse
9.469
9.754
10.108
11.234
11.378
11.128
11.905
11.882
11.932
11.557
11.192
10.742
100
137
147
153
125
120
110
121
107
124
128
54
Dati indagini - legno (Ktep)
470*
468**
313**
682^
559^^ 407^^^
* Ipla, Indagine regionale 1987; ** Enea Indagine nazionale 1998; *** Enea, Indagine nazionale 1999; ^ Ipla, Indagine regionale 2004; ^^Fondazione Lombardia Ambiente-Apat-Arpa Lombardia, Indagine nazionale 2006; ^^^ Ipla, Indagine regionale 2006
46
Figura 12.24 - Volumi utilizzati e utenti del legno. Medi ponderata indagini 2004-2006 Ipla - media ponderata indagini Media ponderata indagini 20042004 e 2006e 2006
3.000
1.200
2.500
1.000
2.000
800
1.500
600
1.000
400
500
200
0
Pianura
Collina
Montagna
0
Totale
ktep
121
312
182
614
m3***x1000
545
1.421
829
2.796
utenti legno
210
492
269
971
utenti legno x 1000
tep - m3
Tab. 2 Energia, volumi utilizzati e utenti del legno
***m 3 = 8,85 quintali
Fonte: Ipla
500
30
400
25 20
300
15
200
10
100 0
5
Pianura
Collina
Montagna
Totale
milioni di Euro *
60
157
92
309
Euro x 1000 / comune
254
416
174
271
5
13
7
25
milioni di quintali
milioni di quintali
milioni di Euro
Figura 12.25 Valori del combustibile legnoso e incidenza nei piccoli comuni
0
*combustibile legnoso valorizzato a 12,5 Euro/quintale
Fonte: Ipla
47
BOX 3 L’impatto ambientale da emissioni combustione legna
Il contributo della combustione della legna alla concentrazione di IPA nel PM10 in provincia di Torino La diffusione della combustione di biomasse per il riscaldamento domestico se da un lato ha indubbi benefici in termini di bilancio complessivo di gas serra, dall’altro va tenuta attentamente sotto controllo: numerosi studi evidenziano, infatti, come la combustione della legna sia un’importante sorgente di particolato atmosferico anche in ambiente urbano e come questa contribuisca significativamente alle concentrazioni di IPA (idrocarburi policiclici aromatici)43. Un impianto domestico alimentato a legna emette una quantità di IPA 5-10 volte maggiore di quella emessa da un impianto alimentato con combustibile liquido
Percentuale di IPA sul PM10
(kerosene, gasolio da riscaldamento, ecc.)44. Nel caso della provincia di Torino, le serie storiche dei dati rilevati da Arpa Piemonte presso le stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria evidenziano che, a differenza di quanto accade per gli altri inquinanti atmosferici di origine primaria o mista, le aree più critiche sono di norma quelle extraurbane, in termini sia di concentrazioni assolute sia di percentuale di IPA sul totale di PM10. A titolo di esempio si riporta la percentuale di IPA sul PM10 nelle diverse stazioni, con riferimento al 2010 (figura a). Si osserva che durante i mesi caldi non vi sono differenze significative tra le diverse stazioni, mentre durante il semestre freddo appare evidente che le stazioni in cui la percentuale di IPA è più eleva-
Figura a e PM 2,5 nelle stazioni di qualità dell’aria della provincia di Torino - anno 2010 RAPPORTO PERCENTUALE MEDIO DI I.P.A. SU PM10 E PM2,5 Anno 2010
0.035
0.030
0.025
%
0.020
0.015
0.010
0.005
0.000
BORGARO
CARMAGNOLA
CERESOLE REALE
% 2010
DRUENTO
IVREA
PINEROLO
SUSA
TO-CONSOLATA TO-ITIS GRASSI
% media mesi freddi
TO-LINGOTTO PM10
TO-LINGOTTO PM2.5
TO-RIVOLI
TO-RUBINO
% media mesi caldi
Fonte: Arpa Piemonte
43. Sheesley R.J. et al., Atmos., 2009. Chem. Phys., 9, 3347-3356 44. EMEP/CORINAIR Emission Inventory Guidebook, 2007. Pag. B216-29 tab 8.1a e B216-.32 tab 8.2 b
48
ta sono esterne al capoluogo. Le stazioni più critiche risultano in particolare quelle di Ivrea e soprattutto Susa. L’entità delle differenze nel semestre freddo è inoltre tale da far sì che analoghe differenze tra le stazioni si rilevino, in misura ovviamente meno accentuata, anche a livello di percentuali medie annue.
terizzata da un notevole flusso di autoveicoli pesanti, non presentano infatti una percentuale di benzo(a)pirene nel PM10 più elevata di quella delle stazioni del capoluogo né della stazione di fondo rurale di Druento. Al contrario le osservazioni indicano che il contributo della combustione di biomasse è presumibilmente significativo in quanto il rapporto IPA/ PM10 assume i valori più elevati dal punto di vista spaziale nelle aree dove l’utilizzo di legna a fini di riscaldamento civile è più diffuso e, dal punto di vista temporale, nel semestre freddo dell’anno e in particolare nei mesi da novem-
L’analisi complessiva dei dati suggerisce che il traffico veicolare non costituisce la causa principale del fenomeno. I valori rilevati nella stazione di Carmagnola, posizionata nelle immediate vicinanze di una strada statale carat-
Figura b - Andamento temporale della percentuale di IPA sul PM10 - anno 2010 RAPPORTO PERCENTUALE MEDIO I.P.A. SU PM10 Anno 2010 0.050 0.045 0.040 0.035
%
0.030 0.025 0.020 0.015 0.010 0.005 0.000
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
DRUENTO
Giugno
Luglio
SUSA
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
2010
TO-CONSOLATA
Fonte: Arpa Piemonte
bre a febbraio (figura b), in cui è più intenso l’utilizzo degli impianti di riscaldamento. Per verificare tali ipotesi, è stato condotto uno studio preliminare in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Ambientali e del
Territorio dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, in riferimento ai campioni raccolti nelle stazioni di Susa e di Torino45 utilizzando il Levoglucosano come tracciante della combustione del legno per valutare il contributo di
45. Piazzalunga et al., 2010. Contributo della combustione della legna alla concentrazione di IPA nel PM10 in Regione Piemonte: risultati di una campagna invernale - Atti del IV Convegno Nazionale sul Particolato Atmosferico - PM10 pag. 0-38.47. EMEP/CORINAIR Emission Inventory Guidebook, 2007. Pag. B216-29 tab 8.1a e B216-.32 tab 8.2 b
49
Susa
Mar
Feb
Gen
Dic
Nov
Ott
Mar
Feb
Dic
Gen
Ott
B[a]P-C/OC (‰)
1,6 1,4 1,2 1,0 0,8 0,6 0,4 0,2 0,0 Nov
LG-C/OC (%)
Figura c - Percentuali medie mensili di LG e benoz(a)pirene a Susa e Torino-inverno - anni 2006-2007
0,7 0,6 0,5 0,4 0,3 0,2 0,1 0,0 Ott Nov Dic Gen Feb Mar
Torino
Susa
Ott Nov Dic Gen Feb Mar Torino
Fonte: Arpa Piemonte
questa attività alle concentrazioni di particolato e alla sua componente organica (OC)46. In figura c) sono riportate le percentuali medie mensili del Levoglucosano (LG) e del Benzo(a) pirene rispetto al carbonio organico (OC) nei due siti presi in esame. L’elevata concentrazione di Levoglucosano evidenzia l’importanza della combustione della legna, in particolare nel sito di Susa. Dal rapporto fra le contrazioni di B(a)P e quelle di Levoglucosano si evince che la combustione delle biomasse è una sorgente significativa. Il consumo di legna e le concentrazione di IPA nel particolato atmosferico: i dati della provincia di Biella Le misure in atmosfera delle concentrazioni di Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA), eseguite negli ultimi anni con le stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria di Arpa Piemonte in provincia di Biella, hanno mostrato valori delle concentrazioni generalmente in diminuzione, soprattutto a partire dal 2009 (figura d). Tuttavia, se nelle aree urbane i valori si mantengono generalmente bassi e sotto soglia, nelle aree extraurbane, in maniera apparentemente
46. Caseiro A. et al., 2009. Atmos. Environ., 43, 2186-2195
anomala, sono stati rilevati valori più elevati rispetto alle aree urbane e con un trend che non indica una chiara diminuzione. Infatti, presso la stazione di fondo di Cossato le medie annuali di B[a]P risultano elevate (anche quando le concentrazioni di PM10 sono in diminuzione) e nel 2011 si è nuovamente osservato un superamento del valore obiettivo medio annuo di 1ng/m3, come già avvenuto con continuità nel periodo 2006-2008. Nonostante una diminuzione delle concentrazioni di PM10, si rileva ancora, per questo tipo di contaminanti, una peggiore qualità dell’aria nelle zone extraurbane e periferiche, rispetto alle aree urbane. Molti studi scientifici (si veda ad es. Barrefors, G. et al., 1995; Fermo, P., et al., 2008; Jeong, C. H., et al., 2008) mostrano come la combustione di legno favorisca la formazione di IPA, e forniscono una possibile spiegazione del fenomeno osservato. Parallelamente, grazie alle indagini effettuate sul territorio, come la recente descritta da Ursone (2008) che considera i comuni di tutto il Piemonte con meno di 10.000 abitanti, si osserva come il legno abbia ancora un ruolo importante nelle economie rurali essendo utilizzato dal
50
Figura d - Medie annuali del Benzo[a]Pirene nel PM10 per “Biella” e “Cossato” (Limite annuale: linea continua rossa) Medie annuali di Benzo[a]pirene nel PM10 1,40 1,20
ng/m³
1,00 0,80 0,60 0,40 0,20 0,00 2006
2007
Biella Sturzo (Stazione di fondo)
2008
2009
Biella Lamarmora (Stazione di traffico)
2010
2011
Cossato (stazione di fondo)
Fonte: Arpa Piemonte
maggior numero di residenti (41.8%). Inoltre la quantità di biomassa utilizzata per il riscaldamento domestico non ha mostrato negli anni tendenze di riduzione. Il dipartimento di Biella ha svolto un’indagine (Bertaccini, P et al., 2010) in cui ha proposto un’esplorazione per raccogliere e descrivere i dati disponibili, sia per ciò che riguarda le concentrazioni osservate di IPA sia per le stime sulla combustione di legno ad uso residenziale. Questa indagine ha permesso di ottenere una visione di insieme circa le conoscenze relative a inquinamento e consumi di biomassa nella regione, con particolare dettaglio sulla provincia di Biella, ma ha evidenziato che, allo stato attuale, l’assenza di continuità storica nella conoscenza dei consumi di legno ad uso domestico pone ancora il limite di non permettere di collegare chiaramente le concentrazioni misurate in atmosfera alle quantità di biomassa utilizzate. Una direzione alternativa che quindi dovrà essere percorsa è senz’altro quella degli studi di analisi modellistica, come i modelli a recettore, e l’approfondimento delle analisi chimiche sul particolato atmosferico attraverso il dosaggio di marker specifici per le biomasse come ad
esempio in Piazzalunga et al., 2010. Le maggiori conoscenze ottenibili in questo campo potrebbero offrire strumenti in grado di quantificare la connessione fra consumo di biomassa legnosa e IPA, in modo da comprendere meglio l’utilità di scelte quali l’eventuale ammodernamento degli impianti di combustione, che possono essere raggiunti attraverso l’aumento dei rendimenti, la riduzione di emissioni nocive in atmosfera, con l’adozione di sistemi di abbattimento, e allo stesso tempo favorire un miglioramento dello sfruttamento della “risorsa foresta” come fonte locale di energia.
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La gestione forestale sostenibile Si definisce gestione sostenibile di un bosco quella orientata al mantenimento e miglioramento delle sue caratteristiche naturali, alla sua equilibrata rinnovazione, e ad una maggiore qualità degli assortimenti produttivi ricavabili attraverso cicli di utilizzazione più consoni e trattamenti meno invasivi. Tali modalità di gestione garantiscono le molteplici funzioni, non solo produttive, ma anche di tutela di rilevanti interessi pubblici legati all’integrità del territorio, del paesaggio e della biodiversità e alla ricreazione, oltre che lo sviluppo delle attività turistiche e culturali, come riconosciuto dalla normativa regionale
che disciplina le attività forestali, (LR n. 4 del 10 febbraio 2009 - Gestione e promozione economica delle foreste) e sancito dalla dichiarazione ONU del 2011 come Anno Internazionale delle Foreste, con l’obiettivo di “sostenere l’impegno di favorire la gestione, conservazione e lo sviluppo sostenibile delle foreste di tutto il mondo”.
I mercati volontari dei crediti di carbonio Nell’ambito delle attività di studio della Fondazione per l’Ambiente Teobaldo Fenoglio sul controllo e il contenimento dei rischi climatici da emissioni di gas ad effetto serra nel territorio regionale47, sono state svolte tra il 2006 e il 2011, in collaborazione con IPLA s.p.a., analisi sperimentali per valutare gli effetti di bilancio della CO2 conseguenti a differenti trattamenti selvicolturali applicati alle tipologie forestali più rappresentative.
una valutazione adeguata degli effetti a medio-lungo termine dei diversi cicli e intensità di taglio, fornendo una quantificazione del maggiore stock di C (cioè minori emissioni di CO2) ottenuto dalle opzioni Sost. In altri termini, valutando i crediti di C e associando ad essi un valore economico. Per completare l’analisi agli effetti del bilancio di CO2 delle opzioni di intervento - tenendo anche conto dell’utilizzo dei prodotti legnosi ricavati dai diversi interventi - i risultati biofisici di accumulo di C in foresta sono stati messi a confronto con quelli di sostituzione di combustibili fossili, o di materiali edilizi prodotti con uso di energia fossile, ottenuti fuori foresta attraverso l’utilizzo, rispettivamente energetico o materiale, dei prodotti legnosi ricavati.
Si è proceduto a rilievi in aree campione appositamente selezionate, per valutare le variazioni dei livelli di accumulo (stock) di carbonio avvenute nei serbatoi forestali (biomassa epigea, ipogea, necromassa, lettiera e suolo) dopo interventi di utilizzo secondo modalità alternative di gestione: corrente (Business As Usual - BAU) o Sostenibile (SOST). I risultati sono stati quindi proiettati, mediante stime, su un arco temporale di 50 anni, per
Lo sviluppo di forme di remunerazione dei crediti di carbonio qui presentati, mediante strumenti di mercato o di sostegno pubblico (ad es. nell’ambito della futura PAC) renderebbe più concreta e fattibile l’adozione di strategie sostenibili di utilizzo dei boschi.
I risultati, riportati48 nel dettaglio nel Box 4, si riferiscono al confronto di modelli di intervento applicati a specifici popolamenti apparte-
47. Progetto Piemonte-Kyoto http://www.fondazioneambiente.org/index.php?option=com_content&task=view&id=28&Itemid=42 48. Per una presentazione completa di presupposti, metodologia e risultati delle analisi, sotto i diversi profili biofisici, energetici ed economici, si veda la relazione finale “Bilanci CO2 di progetti forestali in Piemonte” PTK-For-CO2] http://www.fondazioneambiente.org/
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nenti alle categorie forestali territorialmente più rappresentative in termini di gestione attiva, come di seguito indicato: 1. robinieti: trattamento a ceduo semplice (opzione BAU)49 vs. trattamento a governo misto (opzione SOST); 2. castagneti: trattamento a ceduo semplice (BAU) vs. trattamento a turni lunghi con diradamenti successivi (SOST); 3. faggete: governo a ceduo (BAU) vs. avviamento all’alto fusto (SOST).
Nella tabella 12.11 sono riassunti i risultati dei casi campione: la quantità di CO2 riportata nell’ultima colonna rappresenta per differenza la quantificazione del beneficio delle opzioni sostenibili (SOST) nel periodo considerato, riconoscibile ed eventualmente valorizzabile come “credito di carbonio” (il segno + rappresenta un contributo di aumento delle concentrazioni di CO2 in atmosfera, il segno - un contributo di riduzione).
Tabella 12.11 - Bilancio emissioni-assorbimenti forestali
Tipologia
1 stock medio C
2 diff. stock medio C
3 diff. stock medio CO2
tC/ha
tC/ha
tCO2/ha
-157
-575
-42
-153
-70
-257
Robinieti BAU
140
Robinieti SOST
297
Castagneti BAU
226
Castagneti SOST
268
Faggete BAU
149
Faggete SOST
219
Colonna 1: valori di stock ottenibili dalle due tipologie di trattamento - Colonna 2: differenza BAU-SOST: stock che andrebbe perso con utilizzazioni con modalità BAU (ovvero C mantenuto in foresta per differenza con modalità SOST) - Colonna 3: trasformazione: 1 tonnellata di carbonio equivale a 3.67 t di CO2 (potenziale credito di carbonio) Fonte: Fondazione per l’Ambiente Teobaldo Fenoglio
Oltre a questo deve venire considerato il bilancio CO2 integrato energetico-forestale in cui viene analizzato anche il destino reale del legname esboscato (prodotti durevoli o sfruttamento energetico50) quali tipologie vengono utilizzate per riscaldamento (tronchetti, cippato, ecc.), l’efficienza dei bruciatori (stufe a
legna famigliari di vecchia concezione, a fuoco inverso, caldaie, ecc.). Questa “più rigorosa” valutazione della trasformazione di biomassa-energia e quindi dell’effettivo bilancio del carbonio, non è il criterio preso in esame dalle metodologie standardizzate per la valutazione dei crediti di carbonio ma i cui risultati forni-
49. BAU (Business As Usual) indica modalità gestionali ordinarie in contrapposizione a modalità gestionali più Sostenibili (opzioni SOST) 50. Nei casi in esame per i castagneti era prevista nell’opzione SOST una destinazione di parte del legname verso produzione di paleria e travi, che rappresentano un mantenimento nel tempo dello stock di carbonio
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scono rilevanti indicazioni circa le opportunità che il settore forestale presenta in Piemonte, nell’attuazione degli obiettivi di mitigazione del rischio climatico, se orientato ad una gestione attiva sostenibile, in particolare delle latifoglie nei piani collinare e montano.
Per un approfondimento si rimanda alla pubblicazione della Fondazione Fenoglio: http://www.fondazioneambiente.org/index. php?option=com_content&task=view&id=2 8&Itemid=42
BOX 4 Casi studio per valutare effetti di bilancio della CO2 conseguenti a differenti trattamenti selvicolturali applicati a diverse tipologie forestali
spetto alla situazione di partenza (baseline) corrisponde all’emissione di circa 11,5 tCO2/ha/ anno. In questo caso la provvigione (quanto si ricava dal taglio) risulta di 160 m3/ha ogni 20 anni circa (media = 8 m3/anno x 50 anni = 400 m3). Per la baseline va precisato che spesso i boschi piemontesi sono “invecchiati” rispetto al turno usuale come bene si vede nel primo esempio di robinieto trattato a ceduo semplice in cui il turno ordinario è di 20-25 anni tra un taglio di utilizzo e l’altro. In questo caso, poiché il ceduo ha più di 25 anni, la baseline iniziale di stock di carbonio, formata dalla parte ipogea,
La rappresentazione grafica delle stime di variazione degli accumuli di C nei 50 anni per i diversi casi è indicata nelle figure seguenti dall’area verde. Le due righe orizzontali indicano rispettivamente il valore iniziale (rossa, baseline) e medio nell’arco temporale (verde) - tonnellate ad ettaro di carbonio -, mentre la linea blu segna la curva dei tagli e incrementi m3 ad ettaro di legname (provvigione) figura a. Robinieto. Passerano Marmorito (AT). Ceduazione tradizionale di popolamento invecchiato La perdita media di 157 tC/ha (297-140) ri-
Figura a - Differenza di stock di carbonio tra situazione iniziale di ceduo invecchiato e gestione di tipo BAU Robinieti Passerano tradizionale di popolamento invecchiato Robinieti ceduazione Passerano Ceduazione tradizionale di popolamento invecchiato 500 450 400
mc/ha e t/ha
350
297
300 250 200 150
140
100 50
baseline (t/ha)
stock carbonio (t/ha)
provvigione (mc/ha)
20 55
20 48
20 41
20 34
20 27
20 20
20 13
20 06
0
stock medio carbonio (t/ha)
Fonte: Fondazione per l’Ambiente Teobaldo Fenoglio
Aspetto del bosco dopo la ceduazione secondo modelli ordinari (BAU) come da grafico
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che verrà asportata al momento del taglio, dalla parte epigea (ceppaie) e lettiera che rimarranno in situ con il loro contenuto di carbonio, è più elevata, 297 t/ha, di quella usuale di 140 t/ha di stock di carbonio ottenuta dalla gestione di tipo BAU. In pratica con quest’ultimo tipo di gestione non si riuscirà mai più ad ottenere un accumulo medio di carbonio così elevato
come al momento del primo utilizzo riportato in grafico e che sarebbe potenzialmente raggiungibile (figura b). Robinieto. Passerano Marmorito (AT). Trattamento ceduo con fustaia La stessa tipologia di robinieto nella stessa località, utilizzato in modo SOST dimostra che
Figura b Passerano per favorire il governo Robinieti Passerano -Robinieti Trattamento trattamento per favorire il governo misto, rilascio di latifoglie autoctone misto, rilascio di latifoglie autoctone 500 450 400 350
mc/ha e t/ha
297
297
300 250 200 150 100
stock carbonio (t/ha)
50
baseline (t/ha)
stock medio carbonio (t/ha)
provvigione (mc/ha)
20 55
20 48
20 41
20 34
20 27
20 20
20 13
20 06
0
anni
Aspetto del bosco dopo il trattamento per favorire il governo misto (ceduo con fustaia)con rilascio di latifoglie autoctone
Fonte: Fondazione per l’Ambiente Teobaldo Fenoglio
con un prelievo inferiore ma più ravvicinato nel tempo, 120 m3/ha ogni 14 anni circa (media = 8,6 m3/anno x 50 = 430 m3), si ha un mag-
giore accumulo medio di carbonio oltre che un leggero aumento medio di provvigione. L’invarianza dello stock di C (tC/ha) rispetto alla
Figura c Castagneti Issiglio
ceduazione tradizionale a turni medi Castagneti Issiglio - Ceduazione tradizionale a turni medi 500 450
stock carbonio (t/ha)
baseline (t/ha)
stock medio carbonio (t/ha)
provvigione (mc/ha)
400 350 300
270
mc/ha e t/ha
250
226
200 150
270
100 50
20 55
20 48
20 41
anni
20 34
20 27
20 20
20 13
20 06
0
Fonte: Fondazione per l’Ambiente Teobaldo Fenoglio
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situazione di partenza (baseline) garantisce, in questa opzione, la piena neutralità della biomassa ricavata per uso energetico nell’arco temporale considerato, come illustrato dai risultati complessivi del bilancio CO2 della tabella 12.11.
ne. La perdita media di 44 tC/ha rispetto alla situazione di partenza (baseline) corrisponde all’emissione di circa 3 tCO2/ha/anno (figura c). Castagneto. Issiglio (TO). Ceduo trattato con diradamenti selettivi periodici La perdita media di 2 tC/ha rispetto alla situazione di partenza (baseline) corrisponde a sostanziale neutralità della biomassa. L’intervento, se proiettato oltre il termine dei 50 anni considerato, manifesta la tendenza ad accumulare ancora più di quanto presente nel ceduo invecchiato (figura d).
Castagneto. Issiglio (TO). Ceduazione ordinaria in castagneto Anche in questo caso il trattamento di tipo BAU non permetterà più di immagazzinare lo stesso stock di carbonio che era presente nel ceduo invecchiato al momento dell’utilizzazio-
Figura d Castagneti Issiglio
Castagneti Issiglio trattamento a turno lungo con diradamenti successivi Trattamento a turno lungo con diradamenti successivi stock carbonio (t/ha)
baseline (t/ha)
provvigione (mc/ha)
stock medio carbonio (t/ha)
500
450 400 350
mc/ha e t/ha
300
270
250
268
200 150 100 50
20 55
20 48
20 41
20 34
20 27
20 20
20 13
20 06
0
anni
Fonte: Fondazione per l’Ambiente Teobaldo Fenoglio
Faggete Boves (CN). Ceduazione ordinaria in faggeta (BAU) La perdita media di 78 tC/ha rispetto alla situazione di partenza (baseline) corrisponde
all’emissione di circa 6 tCO2/ha/anno. Anche in questo caso un trattamento ordinario (BAU) non permetterà di raggiungere lo stock presente nel ceduo a fine turno (figura e).
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Figura e Faggete Boves ceduazione tradizionale a turni medi
Faggete Boves - Ceduazione tradizionale a turni medi 500 450
stock carbonio (t/ha)
baseline (t/ha)
stock medio carbonio (t/ha)
provvigione (mc/ha)
400
mc/ha e t/ha
350 300 250
228
200
149
150 100 50
20 58
20 51
anni
20 44
20 37
20 30
20 23
20 16
20 09
0
Fonte: Fondazione per l’Ambiente Teobaldo Fenoglio
Faggete. Pesio (CN). Avviamento all’alto fusto di faggeta La perdita media di 9 tC/ha rispetto alla situazione di partenza (baseline) corrisponde a sostanziale neutralità della biomassa
Un trattamento/utilizzo di tipo SOST non solo permette di mantenere nei 50 anni quasi la stessa quantità di carbonio ma con proiezioni temporali maggiori tendenzialmente potrebbe aumentare lo stock medio fissato (figura f).
Figura f Faggete Boves avviamento all'alto fusto
Faggete Boves - Avviamento all’alto fusto 500 450 400
mc/ha e t/ha
350 300 250
228 219
200 150 100
stock carbonio (t/ha)
baseline (t/ha)
stock medio carbonio (t/ha)
provvigione (mc/ha)
50
20 58
20 51
20 44
anni
20 37
20 30
20 23
20 16
20 09
0
Fonte: Fondazione per l’Ambiente Teobaldo Fenoglio
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I Progetti sviluppati dalla Regione Piemonte in ambito forestale Il Progetto: il dissesto idrogeologico e incendi boschivi - Storia e attualità della prevenzione Mostra itinerante
Realizzato dal Settore Idraulica Forestale e Tutela del Territorio in collaborazione con il CNR – IRPI di Torino, comprende la realizzazione della Mostra Itinerante “Dissesto idrogeologico e incendi boschivi, storia e attualità della prevenzione”, che illustra, riproducendo con documentazione storica e attuale, alcune opere e lavori di prevenzione dei rischi naturali e di ricostruzione realizzati nelle vallate piemontesi nel XX secolo, e la relativa pubblicazione divulgativa che, riprendendo le immagini storiche e attuali le commenta illustrando le diverse tecniche utilizzate e le diverse opere realizzate. Nel 2011 la mostra dopo la prima inaugurazione al Museo Regionale di Scienze Naturali a Torino, è stata ospitata al Forte di Exilles, a Collegno, Saluzzo, Bra e Asti.
Il Progetto per la Valorizzazione del legname di castagno piemontese
Finanziato dalla Regione Piemonte e avviato nel luglio 2010, si è concluso nel 2011 il progetto di “Valorizzazione del legname di castagno piemontese” che ha avuto l’obiettivo di conoscere e far conoscere meglio il mercato del legno di castagno in Piemonte. Il progetto ha indagato le caratteristiche della filiera legno locale e quelle degli assortimenti ricavabili dai boschi piemontesi, realizzando nel frattempo, con l’aiuto di segherie del territorio, alcuni manufatti per valutare tempi e costi di realizzazione. Attraverso l’analisi delle procedure di certificazione dell’origine del legno e della gestione sostenibile dei boschi da cui deriva, il progetto ha promosso inoltre una politica di “Acquisti verdi” presso le Pubbliche Amministrazioni, al fine di favorire l’economia e la gestione del territorio attraverso l’acquisto di manufatti in legno locale. Il progetto si è occupato: della definizione delle caratteristiche quantiqualitative della filiera del legno di castagno piemontese; della classificazione tecnologico-merceologica degli assortimenti di castagno ricavabili dai boschi locali; della progettazione e realizzazione di nuove
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tipologie di manufatti in castagno (con valutazione di tempi/costi di realizzazione); della sensibilizzazione e dell’informazione ai tecnici e al pubblico sui risultati dell’indagine, anche attraverso la predisposizione di poster e pubblicazioni. Aspetto innovativo è stata l’attenzione data alla certificazione dell’origine del legno, per garantirne in futuro la tracciabilità e l’origine da boschi gestiti in maniera sostenibile e la promozione presso le Pubbliche Amministrazioni degli “Acquisti verdi” di manufatti in legno del territorio, al fine di favorire l’economia locale e la gestione del territorio. Ulteriori informazioni sono sul sito www.rivistasherwood.it/castagnopiemonte da cui è anche possibile scaricare i manifesti e le brochure che ne approfondiscono i diversi aspetti. Il Progetto di ricerca: Deperimento dei querco-carpineti planiziali. Cosa si puo’ fare?
Durante lo scorso mese di novembre, al Centro Congressi della Regione Piemonte sono stati presentati i principali risultati del progetto di ricerca, di durata triennale, sul deperimento dei querco-carpineti della nostra regione, condotto in stretta collaborazione da IPLA S.p.A. e DiVAPRA dell’Università degli Studi di Torino. Considerando che il Piemonte ospita poco più della metà degli ultimi lembi di foresta della pianura lombardo-veneta e, in particolare, i querco-carpineti occupano il 22% della superficie forestale regionale presente in pianura, è facile capire la ragione per la quale è importante cercare di comprendere i fattori che inducono il fenomeno del deperimento e quali possano essere le azioni più idonee per contrastarlo. Anche ai fini della tutela della biodiversità, i querco-carpineti rivestono un ruolo importante, rientrando tra gli habitat forestali di interesse comunitario presenti nella pianura piemontese; infatti il 37% dei querco-carpineti planiziali presenti in Piemonte rientrano in Siti della Rete Natura 2000 o in Aree protette. Il progetto condotto ha inizialmente indagato la diffusione e la gravità del fenomeno del deperimento, sperimentando anche il ricorso al telerilevamento ai fini di monitoraggio; sono stati analizzati il regime idrico e i rapporti tra deperimento e fattori pedo-climatici; infine sono state condotte alcune esperienze di interventi fitosanitari in favore della rinnovazione di farnia e di interventi selvicolturali su soprassuoli maturi sempre di farnia. Le indicazioni e le riflessioni nate da tali esperienze sono quindi state riassunte in una pubblicazione rivolta, in modo particolare, a tecnici, professionisti e operatori del settore. Il materiale presentato a fine novembre, compresa la pubblicazione “Querco-carpineti planiziali in deperimento: linee guida per la gestione”, è reperibile all’indirizzo: http://www.regione.piemonte.it/foreste/cms/it/avversita/fitopatologie/latifoglie/quercocarpineti.html
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La formazione forestale e ambientale promossa dalla Regione Piemonte: consuntivo 2011
Nel 2011, attraverso la Misura 111.2 del PSR 2007-2013, la Regione Piemonte ha promosso varie attività di formazione professionale e tecnica rivolta agli operatori forestali pubblici e privati piemontesi, garantendo la priorità alle ditte iscritte all’Albo delle Imprese Forestali piemontesi e agli operatori di aree montane e/o che hanno operano a favore di superfici forestali di proprietà di enti pubblici. In particolare, nell’ambito dei percorsi formativi standardizzati dalla Regione, sono stati realizzati 27 corsi nell’ambito della gestione forestale (Operatore in abbattimento e allestimento) per un totale di 405 allievi formati, 13 corsi nell’ambito dell’Ingegneria naturalistica (195 allievi) e 5 corsi, per un totale di 60 allievi, nell’ambito della gestione del verde arboreo (Operatore in treeclimbing). Il corso in assoluto più ripetuto è stato il modulo F3, “Utilizzo in sicurezza della motosega nelle operazioni di abbattimento e allestimento”, realizzato 17 volte. Durante l’anno inoltre è stato portato a termine con il tirocinio e l’esame di qualifica un
corso per 15 Istruttori forestali realizzato in collaborazione con la Regione Liguria; è stato realizzato un corso sulla legge e il regolamento forestale per gli sportellisti forestali (120 persone di cui 25 regionali e 95 appartenenti all’Ordine dottori Agronomi e Forestali); e un cantiere dimostrativo di esbosco con teleferica della durata di 3 giorni per 90 partecipanti. Parallelamente sono stati realizzati attraverso la piattaforma di E-Learning Forestale (ELFo): un corso per tecnici degli Sportelli forestali regionali su “Legge forestale del Piemonte e norme attuative con particolare riferimento agli aspetti selvicolturali”, un corso per dottori agronomi relativo a “Regolamento forestale e aspetti selvicolturali” e un corso da sportellisti forestali per le Comunità Montane. A tutto questo si aggiungono le attività di assistenza tecnica per la gestione dei bandi, l’assistenza alle Agenzie Formative, il controllo e la certificazione delle attività, gli incontri per ECC, l’accreditamento della formazione degli istruttori forestali e l’assistenza tecnica alle imprese forestali per l’iscrizione e la conferma annuale d’iscrizione all’Albo delle Imprese Forestali.
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BOX 5 I PROGETTI EUROPEI
Progetto Alcotra 2007-2013 “Foreste di protezione: tecniche di gestione e innovazione nelle Alpi occidentali”
rg e, per l’Italia, i territori della Valle d’Aosta e delle province di Torino e Cuneo. L’iniziativa si è posta in continuità con il progetto“Gestione sostenibile delle foreste di montagna con funzione di protezione”, realizzato nell’ambito del programma di cooperazione transfrontaliera Interreg III A Alcotra 2000/2006, che aveva consentito di migliorare la cooperazione tra i gestori forestali delle Alpi occidentali e di produrre dei documenti a uso operativo, quali manuali di selvicoltura e le prime carte di zonizzazione. In ragione delle limitate esperienze nelle Alpi occidentali, in questo progetto sono state applicate le indicazioni selvicolturali elaborate nei suddetti documenti e ne sono stati valutati le tecniche esecutive, i costi e l’efficacia. Si è inoltre cercato di approfondire ulteriormente le conoscenze sulla stabilità dei boschi di protezione rispetto ai fattori biologici meno studiati quali attacchi parassitari, incendi, impatto di cambiamenti climatici e di diffonderle presso i servizi forestali e le collettività alpine. Il progetto si è quindi posto i seguenti obiettivi:
A inizio 2012 si sono concluse le attività del progetto triennale sulle foreste di protezione diretta, finanziato dal programma Alcotra 2007-2013 e che ha visto coinvolti enti territoriali, gestionali e di ricerca di alcune regioni alpine italiane, francesi e svizzere con il Settore Politiche forestali della Regione Piemonte nel ruolo di capofila. Le attività si sono svolte in abbinamento con le iniziative condotte nell’ambito di un analogo progetto sull’asse franco-svizzero del Programma Interreg IV. Complessivamente, i due progetti hanno interessato i Dipartimenti francesi Savoie, Haute-Savoie, Hautes-Alpes e Isère, i Cantoni svizzeri Valais, Vaud e Fribou-
verificare i costi e l’efficacia degli interventi selvicolturali nelle foreste di protezione; confrontare le metodologie, le tecniche e gli strumenti a disposizione nei tre Paesi; integrare le conoscenze scientifiche nelle pratiche di gestione di questi popolamenti; migliorare le competenze tecniche dei servizi forestali dei territori coinvolti.
Per raggiungere questi obiettivi sono state elaborate cinque azioni di natura tecnica: 1. zonizzazione: realizzazione di carte di zonizzazione su scala locale, verifica del loro
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utilizzo a livello di gestione dei comprensori forestali, confronto tra le metodologie utilizzate nei tre Paesi; 2. cantieri-pilota: esecuzione di interventi selvicolturali nelle foreste di protezione, analisi delle tecniche di intervento e dei loro costi ed efficacia. A livello italiano sono stati individuati alcuni comprensori forestali sia in Piemonte (Angrogna, Claviere, Oulx e Valdieri), sia in Valle d’Aosta (Brusson, Courmayeur, Morgex e Verrayes) che hanno costituito la “palestra” per lo svolgimento dei corsi di formazione di cui all’attività 4. Gli interventi ivi realizzati oltre ad altre esperienze sul territorio, hanno permesso la raccolta di dati economici utili alla valutazione dei costi degli interventi; 3. sviluppo delle conoscenze ecologiche e selvicolturali: integrazione delle conoscenze scientifiche e dei documenti gestionali in merito all’influenza dei fattori biologici, tra cui gli incendi, gli insetti dannosi, i funghi patogeni, la neve, il vento, i cambiamenti climatici; 4. formazione: organizzazione di attività di formazione a carattere internazionale e locale finalizzata ad assicurare l’aggiornamento e a rafforzare le competenze del personale dei servizi forestali e dei professionisti del settore in merito alle tecniche di intervento nei boschi di protezione; 5. comunicazione: produzione di documenti e organizzazione di incontri volti a sensibilizzare amministratori, popolazione e tecnici sul ruolo prioritario esercitato dalle foreste di protezione ai fini della salvaguardia dei territori di montagna e sull’esigenza di gestire in modo sostenibile questi comprensori forestali. In particolare a livello italiano sono stati realizzati:
un manuale relativo alla fase cantieristica e ai relativi costi nell’ambito delle foreste di protezione, anche quale risultato delle
attività 2 e 4; un manuale sui fattori biologici incidenti sulla stabilità dei boschi di protezione, anche quale risultato dell’attività 3;
Entrambe le pubblicazioni saranno a breve scaricabili nell’apposita sezione dedicata alle pubblicazioni curate dall’area economia montana e foreste della Regione all’indirizzo: http://www.regione.piemonte.it/montagna/ pubblicazioni/pubblicazioni.htm Progetto WoodE3: Iniziamo ad utilizzare le risorse forestali per uno sviluppo “verde” e un futuro sostenibile
Il progetto Wood E3 a cui partecipa la Regione Piemonte è stato pensato per fornire le soluzioni ottimali e definire la possibilità potenziale di ricavare e impiegare biomassa di origine forestale nell’area del Mediterraneo. Un maggior utilizzo della risorsa legno avrebbe un effetto positivo sia sul settore dell’industria di prima e seconda trasformazione sia su quello energetico. Recentemente si è assistito ad un crescente interesse per l’utilizzo della risorsa legnosa, sebbene fino ad ora tale prodotto energetico sia stato scarsamente o non correttamente sfruttato nell’industria della trasformazione e nel settore energetico a causa di
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svariati ostacoli. Dal momento che la biomassa forestale offre potenzialmente molteplici vantaggi e opportunità, si vorrebbe mettere a disposizione degli utilizzatori quanto appreso in anni di studio e monitoraggio delle suddette problematiche, aiutandoli così ad utilizzare nel modo più proficuo le conoscenze fin qui acquisite. Il progetto Wood E3 fa parte del programma MED cofinanziato coi i fondi del FESR. Suo obiettivo prioritario è di favorire la competitività attraverso uno sviluppo territoriale sostenibile. Wood E3 aiuterà ad aumentare la consapevolezza dei principali soggetti interessati. Offrirà loro informazioni utili e supporterà la classe politica nel predisporre e promuovere strategie che rispettino i principi dello sviluppo sostenibile. I compiti prioritari verranno definiti all’interno del progetto e verrà fornito il supporto agli economisti affinché sia assicurato uno sviluppo sostenibile del settore. L’obiettivo è di combinare le scoperte con le conoscenze acquisite al fine di metterle in pratica con successo. Wood E3: promuove una gestione forestale responsabile e uno sviluppo dell’industria del legno che tenga conto degli aspetti sociale, economico e ambientale; favorisce la cooperazione tra l’industria del legno e il settore energetico impedendo la possibile concorrenza nell’utilizzo della risorsa; utilizza dati adeguati per una migliore pianificazione delle azioni commerciali inerenti l’impiego del legno; supporta i politici e gli attori economici nella pianificazione e valutazione dei progetti.
pianificazione dello sviluppo rurale. Ulteriori informazioni sul sito: http://www.woode3.eu/ Progetto Alcotra: Renerfor
Iniziative di cooperazione per lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabili (bosco e acqua) nelle Alpi occidentali, il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra
I diversi partner del progetto raccoglieranno le molteplici banche dati esistenti al fine di offrire un utile strumento decisionale volto alla
L’impiego delle energie rinnovabili è un obiettivo strategico comune della politica energetica dell’Unione Europea che a livello del territorio alpino franco-italiano è inoltre un fattore imprescindibile per le politiche di riconversione dei sistemi produttivi, la riduzione della dipendenza energetica e il miglioramento della qualità ambientale. La prevalenza di bosco e acqua come fonti energetiche rinnovabili endogene del territorio alpino aggiungono a queste valenze quelle relative alla valorizzazione
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del patrimonio naturale e delle attività umane a presidio del territorio. La rilevanza strategica di acqua e bosco sul territorio di cooperazione interessato dal programma Interreg-Alcotra le ha portate a diventare i temi prioritari dei tavoli di concertazioni condotti dalla Regione Piemonte nel periodo 2008-2009 che hanno definito le linee di cooperazione del progetto Renerfor e ai quali hanno partecipato l’insieme delle istituzioni regionali e provinciali italiane e francesi competenti in materia di sviluppo delle energie rinnovabili. Nell’area transfrontaliera tra l’Italia e la Francia operano istituzioni con un ricco bagaglio di esperienze in tema di sviluppo delle filiere legno-energia, produzione idroelettrica e risparmio energetico che le attività di cooperazione del progetto Renerfor valorizzeranno tramite la condivisione e l’armonizzazione di dati e in-
formazioni, lo scambio di esperienze e la predisposizione di strumenti conoscitivi comuni. L’obiettivo del progetto Renerfor è quello di migliorare l’efficacia e il coordinamento dell’azione pubblica per la promozione delle fonti di energia rinnovabili, il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Il percorso di cooperazione prevede la condivisione del patrimonio di conoscenze e la coordinazione delle metodologie esistenti sui due versanti al fine di migliorare le politiche e le iniziative per lo sviluppo sostenibile della filiera bosco-legno-energia e della produzione idroelettrica. La dotazione finanziaria del progetto è di 6.448.043 euro ripartiti per il 64,4% sul versante italiano e il 35,6% sul versante francese. Il progetto è finanziato al 66,6% dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR).
GLI INCENDI
ridotta persistenza della coltre nevosa legata alla fascia altimetrica, frequenza di periodi con scarse precipitazioni, ricorrenti venti di caduta nelle vallate alpine, dominanza di tipologie vegetazionali ad elevato potenziale pirologico.
In Piemonte gli incendi boschivi sono, da sempre, un grave problema e costituiscono, ancora oggi, una delle principali cause di degrado delle foreste. La Regione, cui la Legge quadro nazionale sugli incendi boschivi n. 353 del 21 novembre 2000 assegna la maggior parte dei compiti in materia di lotta agli incendi boschivi, è perciò impegnata direttamente nella prevenzione e nella salvaguardia del patrimonio forestale dagli incendi, attraverso specifici interventi di programmazione quali il Piano regionale per la previsione, prevenzione e lotta attiva agli incendi boschivi, la redazione e revisione delle Procedure operative di intervento e la qualificazione del Volontariato. In Piemonte gli incendi sono per lo più concentrati nella stagione invernale e localizzati nel piano collinare-montano, in relazione ad una concomitanza di fattori predisponenti, quali
Analizzando i dati a livello provinciale (tabella 12.12) le province più colpite dagli incendi nel 2011 sono quelle di Torino (60 incendi con 360 ettari di superficie percorsa dal fuoco) e di Biella (58 incendi con 355 ettari di superficie bruciata).
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Tabella 12.12 - Numero incendi e superficie percorsa dal fuoco - anno 2011
Province
Numero di incendi
AL
Superficie percorsa dal fuoco - ettari boscata
non boscata
totale
18
10,26
4,64
14,89
AT
5
4,23
2,09
6,32
BI
58
90,51
264,86
355,36
CN
55
134,88
67,94
202,82
NO
14
45,68
0,00
45,68
TO
60
95,54
265,20
360,74
VB
16
60,56
124,83
185,39
VC
9
18,44
30,52
48,95
Fonte: Corpo Forestale dello Stato. Comando regionale del Piemonte
Esaminando i dati dal 1997 al 2011 si osserva una tendenziale riduzione del numero degli incendi e delle relative superfici percorse con
oscillazioni da un anno allâ&#x20AC;&#x2122;altro (figure 12.26 e 12.27)
Figura 12.26 - Numero incendi - anni 1998-2011
700 600
numero
500 400 300 200
Â
Fonte: Corpo Forestale dello Stato. Comando regionale del Piemonte
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
0
1997
100
65
Figura 12.27 - Superficie boscata e non boscata percorsa dal fuoco - anni 1998-2011
7.000
superficie (ha)
6.000 5.000 4.000 3.000 2.000 1.000
superficie boscata
Â
superficie non boscata
Fonte: Corpo Forestale dello Stato. Comando regionale del Piemonte
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
0
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RIFERIMENTI Arpa Piemonte, 2008. Energia. Rapporto sullo stato dell’ambiente in Piemonte, pp 48-54. Barrefors, G. and Petersson, G., 1995. Volatile hydrocarbons from domestic wood burning. Chemosphere, 30, 1551-1556. Bertaccini, P. and Scordino, P., 2010. Indagine esplorativa sulla relazione tra consumo di legno e concentrazione di IPA nel particolato atmosferico, in provincia di Biella. PM 2010, Convegno Nazionale sul Particolato Atmosferico, 18-20 Maggio 2010, Venezia. Cantoni P.G., Iorio G. Statistiche Energetiche Regionali 1988-2008, Piemonte; tabb.1.4.3, 1.2.1, 1.3.3. ENEA 2011 http://www.efficienzaenergetica.enea.it/doc/2011/sier/2_Piemonte.pdf Ceserini S., Crovetto G.M., Ballarin Denti A., Guarisio G., Lapi M., 2006 Indagine sull’utilizzo del legno per il riscaldamento domestico in Lombardia. Fondazione Lombardia per l’Ambiente, Regione Lombardia, Arpa Lombardia, pp 103. Ceserini S., Fraccaroli A., Monguzzi A.M., Moretti, M. Angelino E., 2008. Stima dei consumi di legna da ardere per riscaldamento e uso domestico in Italia. APAT - ARPA Lombardia, pp 60. Commissione della Comunità Europea, 1997. Energia per il futuro: le Fonti Energetiche Rinnovabili, pp 50. ENEA, 2004. Rapporto Energia e Ambiente 2003. Energia Ambiente e Innovazione n. 1/04, 4 - 24 Fermo, P., Bernardoni, V., Comero, S., Piazzalunga, A., Valli, G. and R. Lecchi, 2008. Valutazione del contributo della combustione di legna al particolato atmosferico. PM2008, atti del convegno nazionale sul particolato atmosferico. Gerardi V., Perrella G., Masia F., 1998. Il consumo di biomassa a fini energetici nel settore domestico. ENEA-CIRM, pp 26. Gerardi V., Perrella G., 2001. I consumi energetici di biomasse nel settore residenziale in Italia nel 1999. ENEA, pp 33. Gottero F., Ebone A., Terzuolo P., Camerano P., 2007. I boschi del Piemonte, conoscenze e indirizzi gestionali. IPLA - Regione Piemonte, Blu edizioni, pp 240. Hellrigl B.; 2002. L’uso energetico del legno nelle abitazioni di alcuni Paesi europei. Sherwood n. 76, 15 - 21. Jeong, C. H., Evans, G. J., Dann, T., Graham, M., Herod, D., Dabek-Zlotorzynska, E., Mathieu, D., Ding, L. and Wang, D., 2008. Influence of biomass burning on wintertime fine particulate matter: Source contribution at a valley site in rural British Columbia, Atmospheric Environment, 42, 3684-3699.
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68
per il progetto MITANET: http://www.regione.piemonte.it/agri/psr2007_13/monitoraggio/mitanet.htm per il progetto BioPsr: http://www.biopsr.polito.it/ per approfondimenti sulla biodiversità agraria: http://www.piemonteagri.it/qualita/linee-di-azione/biodivesita-animale-e-vegetale Per quanto riguarda la Fondazione Fenoglio: http://www.fondazioneambiente.org/
http://www.fondazioneambiente.org/Files/PTK/PTK-For-CO2_20110803.pdf Per le attività Legno energia di Ipla: http://www.regione.piemonte.it/foreste/cms/media/files/ eventi/pian_gest/convegni/ursone.pdf Ipla: http://www.ipla.org/ Per concentrazione di IPA nel PM10: http://www.provincia.torino.gov.it/ambiente/file-storage/download/inquinamento/pdf/ relazione2010.pdf
http://www.arpa.piemonte.it/approfondimenti/territorio/biella/aria/qualita-dellaria/ progetto/article-pm2010.pdf Le serie storiche degli indicatori ambientali sulla tematica agricoltura sono disponibili all’indirizzo: http://www.arpa.piemonte.it/reporting/indicatori-ambientali-on_line