Gastone Biggi - Antologica

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biggi antologica PALAZZO COLLICOLA ARTI VISIVE, SPOLETO 16 marzo - 26 maggio 2013

PALAZZO COLLICOLA ARTI VISIVE

SPOLETO

A cura di Gianluca Marziani

Testi Gianluca Marziani Gastone Biggi Marzia Spatafora Francesco Boni

Organizzazione Artime srl Milano

Luogo espositivo Palazzo Collicola Arti Visive, Spoleto

Periodo espositivo 16 marzo - 26 maggio 2013

Direttore artistico Gianluca Marziani

Allestimento Gianluca Marziani Marzia Spatafora Maurizio Lupidi

Sindaco Daniele Benedetti

Direzione Cultura e Turismo Dirigente Sandro Frontalini

Funzionario responsabile Anna Rita Cosso

Area Beni Culturali e attività espositive Maurizio Lupidi

Coordinamento tecnico attività espositive Cinzia Rutili

Attività di tutela e valorizzazione BB.CC.

Comunicazione visuale Emanuele Marziani

Ufficio stampa Comune di Spoleto

Visite guidate, servizi didattici e custodia Sistema Museo

Foto Bernardo Ricci Giorgio Kiaris

Supervisione editoriale Maria Paola Poponi

Progetto grafico Lisa Camporesi

Traduzione testi Silvia Velardi

Si ringrazia per la gentile concessione delle opere Artime Milano info@artimemilano.it

Maretti Editore © www.marettieditore.com Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore. Copyright 2013 Maretti Editore Tutti i diritti riservati ISBN 978-88-89965-34-4


biggi antologica PALAZZO COLLICOLA ARTI VISIVE, SPOLETO 16 marzo - 26 maggio 2013 A cura di Gianluca Marziani


Palazzo Collicola Arti Visive, Spoleto



sommario / contents 9 INTRODUZIONE

Daniele Benedetti

Sindaco di Spoleto

11 (ap)punto

Gianluca Marziani

17 point

Gianluca Marziani

24

Racconti, cancellate, lettere, colature, continui, variabili, tangenziali, 1958-1977

Gastone Biggi

25

LEAKAGES, CONTINUA, VARIABLES, RINGROADS, 1960 - 1977

Gastone Biggi

33

Punto e basta

Francesco Boni

37

Dot and Stop

Francesco Boni

49

Cieli e campi 1978-1988 FIELDS AND SKIES, 1978-1988

Gastone Biggi


67

Canti della Memoria: “Ciclo della Follia” 1988 MEMORY CHANTS: “CYCLE OF MADNESS” 1988

Gastone Biggi

77

la biennale di venezia

79

Quel filo immaginario... That imaginary thread...

Marzia Spatafora

Curatore del Padiglione Arabo Siriano della 53a Biennale di Venezia

101 Luci, tabule, costellazioni 1989-1994 SLATES, LIGHTS, GALAXIES 1989-1994

Gastone Biggi

117 uno sguardo su new york 119 UN DEBITO CON NEW YORK

Gastone Biggi

121 IN DEBT TO NEW YORK

Gastone Biggi

125 I dipinti 195 BIO-BIBLIOGRAFIA 202 schegge 212 MOSTRE



E’ con sincero piacere che Spoleto ospita una mostra antologica di Gastone Biggi. Abbiamo chiuso da poche settimane l’esposizione dedicata a Giuseppe De Gregorio, uno dei maestri del postinformale italiano, un grande autore umbro che ha tenuto alta la tradizione pittorica della Regione nei decenni trascorsi. Cade con perfetto tempismo questa mostra su Biggi, un artista che come De Gregorio ha dipinto con rigorosa coerenza, ragionando sul quadro in modo analitico, non fermandosi al semplice consenso ma cercando la via della ricerca, del passaggio in avanti verso qualcosa di rivelatorio. Il confronto a distanza tra due autori in fase di storicizzazione è un messaggio importante per la vita di Palazzo Collicola Arti Visive. Ci piace pensare al museo come a un luogo di scambio e confronto, una piattaforma che elabori il presente non dimenticando mai le necessarie radici. Allo stesso tempo, ci piace pensare alla storia di Spoleto, ai maestri che qui hanno lasciato segni importanti, al fatto che Biggi aggiunga un tassello antologico al nostro patrimonio culturale. De Gregorio e Biggi sono pittori diversi che hanno in comune l’idea del quadro come campo energetico, un perimetro in cui misurare la conoscenza, il vigore e la visionarietà dell’artista. Entrambi hanno attraversato il Dopoguerra, gli anni Sessanta e Settanta, vivendo gli ultimi decenni con personalità e tenacia, a conferma di quanto sia ininfluente l’età anagrafica rispetto all’età interiore. Vedere le opere di Biggi è la riprova di questo vitalismo dello spirito: le geometrie sequenziali, il ritmo e l’armonia, la forza del colore, tutto fa pensare a un artista che ama profondamente la pittura. Si aggiunga la qualità dei suoi scritti, un atto d’amore che ci fa comprendere il pensiero dell’autore, le differenze sostanziali tra figurazione e astrazione, il valore della citazione e dei maestri di riferimento. Un sincero ringraziamento a Gastone Biggi, al Direttore Gianluca Marziani e a tutte le persone coinvolte nell’organizzazione di questa mostra bella e importante. Per Palazzo Collicola Arti Visive, ormai una realtà di caratura nazionale, sarà una primavera ricca di emozioni. Una primavera coi colori della miglior pittura. Daniele Benedetti Sindaco di Spoleto

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GIANLUCA MARZIANI


(AP)PUNTO

La storia della pittura italiana ha disegnato costellazioni composite, sintesi di un tempo lungo che si è contratto dentro ogni singolo quadro. Il Novecento, poi, è stato una cosmogonia di esplosioni, supernova, buchi neri, collassi, sfioramenti… un magnifico viaggio che ha avuto il suo Big Bang nei primi del secolo, quando il Futurismo illuminò il cielo artistico con la più rivoluzionaria e archetipica delle luci moderne. Nessun altro Paese detiene una storia della pittura così compatta e testamentaria: dove le eredità sono divenute il codice genetico della trasmissione, dove la bellezza non è stata un malinteso ma la sintesi del flusso epocale, delle chiavi tra ordine e avanguardia del contrasto come valore di crescita. Figurazione e/o astrattismo: eccola la regina delle diatribe storiche, cuore caldo di una militanza che ha registrato proclami, fazioni, antagonismi, lotte di parole con molti verbi all’infinito e qualche diverbio al presente militante. Dagli anni Quaranta ai Settanta la pratica della pittura ha incarnato l’atto estetico più impegnativo, così simbolicamente sanguinante da presupporre fede ideologica e posizione culturale. Gastone Biggi appartiene alle vicende metamorfiche del Dopoguerra, al momento in cui le fratture tra figurativi e astratti tenevano banco teorico. Non è un caso che abbia sempre usato la scrittura come atto di sintesi critica e memoria dinamica, una sorta di grafia parallela che seguiva la grammatica del quadro. Due universi adiacenti, simili per scansioni, andamenti in avanti, ritmo, trame sincopate, voli liberatori. Ora la scrittura con la sua grafia su carta, connessa alla testa ma filtrata dal cuore, dalla passione rivoluzionaria, dal fuoco emotivo; ora la pittura con la sua manualità condensata, connessa al cuore emotivo ma filtrata dal controllo cerebrale, dal raziocinio figurativo che la rende un cuore alchemico tra istinto e ragione poetica. Biggi, nato a Roma nel 1925, è cresciuto nel bailamme capitolino dove pensieri e azioni si amplificavano tramite la grancassa del potere politico. Indicativo il suo spirito d’indagine, la sua analisi dei dogmi iconografici, il non fermarsi a una scissione tra opposti. Negli scritti emerge l’idea che la pittura sia un principio universale, manuale di sopravvivenza interiore per teste aperte e corpi sensibili. Il suo pensiero analitico connette l’artista con la Storia, l’opera con la città, i titoli dei quadri con le vicende del quotidiano: a innalzare le immagini oltre la cronaca, secondo lui, deve pensarci l’atto poetico dentro il dipingere, ben oltre il confine dei generi, oltre la ripetizione di un motivo, oltre il didascalico. Parole e immagini s’intrecciano così con dosaggi calibrati, vivendo una relazione complicata ma duratura, un’avventura sentimentale che scalda la ragion critica e amplia la tenuta storica del quadro.

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Scrisse Biggi nel 2005: “La perdita progressiva di peso dell’Astrazione nei passati decenni mi ha confermato che la pittura astratta si fosse come impigliata in un continuo, tautologico rincorrersi di grafie e di colori, con il risultato di un’artistica operazione, sì, lucente, rutilante, ingegnosa, ma priva di quel quid che la complicità della figurazione con una realtà sempre varia e imprevedibile, come quella fornita dal grande film della Storia, tutto sommato possedeva, ed assicurava alle opere stesse la conservazione di un’attualità sempre viva, pur nel modificarsi degli umani accadimenti…” Biggi si è affidato coerentemente al concetto primordiale di punto, sviluppato in forma elastica, con profetica veggenza su stili e temi tuttora diffusi. Nei decenni quel punto si è trasformato in una matrice aperta da moltiplicare, colorare, vestire, allungare, costruire, spogliare, decostruire… in sintesi, un codice sorgente per ricalcare simbolicamente le azioni generali di una società civile, usato come modello espressivo per dare superficie, volume e pelle al punto da cui tutto si genera. Pensateci: cellula e punto sono le due partenze primordiali, gli elementi generativi che danno struttura alla vita (cellula) e alle esperienze che, durante la vita, determinano la nostra storia (punto). Dalla cellula si crea un organismo complesso, così come dal punto si edificano linee, curve, parallele, volumi e altre geometrie che nella traslazione incarnano i fatti del reale. L’esperienza di Biggi implica il metabolismo della vita nella sua trasposizione pittorica: come se ogni ciclo nascesse da un’istanza organica del punto, da una spinta espansiva di un organismo monocellulare che anela ad organizzare strutture complesse. Il punto come segno inquieto, sintesi diaristica di un’ambizione evolutiva, archetipo mentale della mimesi davanti al mondo. Partire dall’informe per arrivare alla civiltà iconografica, a un paesaggio pittorico che del punto conservi la trama originaria. Sfoglio le pubblicazioni sul nostro artista e si evince un dato: la coerenza dei passaggi tra un ciclo e l’altro, quel senso di continuità evolutiva che somiglia alla crescita di un organismo vivo. Mi colpisce l’eredità genetica che fa trasmigrare alcuni elementi tra periodi storici, rendendo la pittura una sorta di unico grande quadro multicellulare. I singoli cicli potrebbero scambiarsi le epoche senza che qualcosa risulti datata. E’ questo un fatto importante, perché implica continuità interiore, concentrazione, chiarezza. E una veggenza che parte dalle proprie origini e supera la durata anagrafica. La pittura e la sua continuità variabile… CONTINUI + VARIABILI I primi quadri risalgono al Dopoguerra ma sono gli anni Sessanta a definire il timbro di una personalità iconica. Scrisse Giulio Carlo Argan nel 1963: “In Biggi, nel ripetersi meccanico di un segno continuo, all’infinito, si tradiscono come in un cardiogramma gli impulsi incontrollati di un ritmo interno che nelle sue precedenti pitture provocava nel fitto tessuto delle colature del colore zone improvvise di accumulo o di rarefazione, e un’infinità di piccole smagliature…”. Lo cito per la pregnanza del testo ma anche per quella parola, cardiogramma, che si collega alla lettura biologica dell’artista. I “continui” hanno dentro i caratteri e le contraddizioni sanate di tutto il

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suo excursus. Sono precisi nella loro ricercata imperfezione, ben lontani dall’arte cinetica con la sua scientificità retinica. Le trame di Biggi hanno il senso metodico della tessitura epidermica, così simile ad una trama organica sotto il microscopio o ad una visione astrale sopra di noi. Senti un dualismo tra micromondo e macromondo, biologia e astronomia, universo umano e vegetale. Le tele evocano organismi cellulari, costellazioni, elementi della tabella chimica, visioni satellitari… ovviamente sto compiendo una forzatura interpretativa, ai tempi si ragionava con altri parametri, la pittura discuteva sui propri strumenti e codici, scavava nel profondo della composizione e non aveva quel valore randomico che oggi possiede. Non saprei quali evocazioni ci fossero nella testa di Biggi quarantenne; forse conta poco sapere se esistesse in lui una via “scientifica”, perché il valore aggiunto è un altro: e riguarda la lettura aperta che un quadro permette dopo cinquant’anni, quella magia di rinnovare la capienza interpretativa, lasciando accessi che appartengono allo spirito del singolo tempo. In fondo, l’opera riuscita si sgancia dalla sacca amniotica dell’autore, trasformandosi nel verbo che accoglie differenze e distanze, sanando la visione attraverso le ragioni compositive. I “variabili” ne sono la controprova: quadri tra i più attuali di Biggi, così limpidi nel loro ordinato disporsi dentro campiture monocrome, una geografia del controllo centrifugo che certifica la natura gravitazionale (e quindi la crescita molecolare) del punto. L’energia organica si diffonde come atmosfera densa sulle visioni di Biggi. Una tale interpretazione permette alcune libertà metaforiche, utili per mantenere il lavoro dentro il ritmo della vita. Sulla scia dei “continui” e “variabili”, parlerei di visione ad alveare: dove l’occhio agisce per celle dialoganti e cattura la visuale olistica degli elementi. Un frammento e la sua moltiplicazione, senza freddezza seriale ma con la crescita filologica di un ritmo comune su terreni condivisi. E’ l’occhio che vede l’interezza del dettaglio, immaginando cosa accadrà oltre il bordo, oltre la figurazione, dove l’assenza certifica il valore astratto della pittura. In tal senso la parola “astrazione” coincide con la parola universalità, dotando le apparenze di una loro figurazione interpretativa, fornendo strumenti che ampliano le ipotesi naturalistiche. La visione ad alveare permette quei voli metaforici che non s’incagliano nel puro realismo, così da evocare un sano realismo astratto, come teorizzato dallo stesso Biggi in un suo libro che ragiona sul senso profondo della pittura. E’ il realismo che rompe le meccaniche fredde del puro segno, della geometria fine a se stessa, del colore per il colore. La pittura diviene esperanto emozionale, poesia in versi cromatici e strofe segniche, un racconto in cui perdersi e ritrovarsi, varcando derive e approdi, verso frammenti d’esperienza che ognuno saprà cogliere attraverso il quadro. Gli altri cicli confermano le ipotesi del mio racconto critico. LE QUATTRO STAGIONI, LA GUERRA E LA PACE, LUCI, COSTELLAZIONI, I FIORI… Uomo e Natura ruotano nel cerchio di Vitruvio, corpo e albero diventano gli ideali assi portanti di una visione romantica priva di sentimentalismi. Le fasi si compenetrano l’una con l’altra senza perdere autonomia estetica e tematica. Ogni ciclo un racconto, ogni storia un viaggio ispirato, ogni sensazione una scia di odori, memorie proustiane, sogni diurni. Le opere di Biggi hanno la coscienza della natura al loro interno, un susseguirsi di stagioni per dare forma, ritmo e colore al pennello. Il Mediterraneo si fa sentire, mandando venti leggeri che attraversano campi di grano e prati dal verde umido, portando lo sguardo verso il cielo stellato, dove i punti bianchi e gialli disegnano armonie alchemiche. L’esplosione del colore

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richiama i paesaggi generativi che l’artista si porta dentro. Semi, frutti, campagne estive, notti di San Lorenzo, vendemmie, barche da pesca sotto la Luna, onde che s’infrangono, scirocco tra le spighe, fuochi d’artificio sopra il borgo… cristalli di neve, pioggia categorica, vento invasivo, nebbie gassose… emergono atmosfere che affondano nelle scansioni stagionali, nei contrasti botanici, nei cascami odorosi del paesaggio marino, nel vigore monolitico delle montagne, nel silenzio metafisico delle pianure. Le germinazioni pittoriche irradiano sensazioni palpabili, il colore sembra un modulatore di essenze, la natura circola come ossigeno e alimenta l’energia panica dell’opera. Mentre la natura fa il suo corso, difficile non ascoltare la musica del quadro. Ogni buona opera possiede un suono, elementare ma anche cacofonico, armonioso e limpido, talvolta stonato eppure pulsante, quasi sempre un segno sonoro che spinge l’opera oltre il suo essere. Nel caso di Biggi l’atto sonoro è andato più a fondo: perché l’intera carriera sembra dipinta su un gigantesco pentagramma che poi indica il timeline della sua esistenza, il riassunto sequenziale che scorre come orizzonte perenne. Dal primo all’ultimo quadro senti ritmo e armonia, ritmo e armonia, ritmo e armonia, ritmo e armonia… tela, tavole o carte hanno registrato la musica del (non) caso, il battito jazzato della polifonia semantica, un imprinting interno che ha metabolizzato Klee e Kandinsky con le regole della composizione cromatica, elaborata a propria immagine e immaginazione. Facile il rimando al jazz storico, Be Bop e Free Jazz su tutti, con Charlie Parker, Ornette Coleman e John Coltrane a fare da referenti privilegiati. Biggi dipinge con un’armonia scorrevole tra controllo e gestualità liberatoria, simile alle sezioni di sax o tromba che prendevano un modulo fisso per poi ridefinirlo tra solido istinto ed elastica ragione. La concomitanza temporale aiuta ad immaginare un’aderenza linguistica, anche perché in quel periodo era più ovvia la naturalezza del dialogo tra mondi culturali. Oggi parlerei a ragione di musica elettronica, non citando qualcuno in particolare ma il flusso generico del suono digitale. La costruzione di un brano procede, infatti, per punti elettronici, singoli bit che hanno la fisionomia della cellula e vivono di connessioni metriche. Quei suoni sviluppano colori impliciti che di solito chiamiamo atmosfere, idealmente simili alle griglie pittoriche di Biggi, ai suoi reticoli morbidi che non imprigionano ma si piegano come elastici vibranti. A proposito, non cadete nel tranello delle apparenze. Qui la pittura non ha casualità onirica o istinto imperiale. La forza delle idee si relaziona al controllo del gesto, ad un metodo interno che guida la costruzione del quadro. Parlerei di una tensione terapeutica della pittura, una disciplina privata che vale per la singola tela ma anche per la continuità tra opere e cicli. Punto e cellula, la dicotomia che torna a galla e fonde vita e opera nel più esegetico dei connubi sensoriali. Forma (punto) e colore (cellula) divengono il mantra inesauribile dell’artista, la sua chiave risolutiva per codificare una personale visione del mondo. Il disegno pittorico si risolve in una compenetrazione circolare, con la forma che definisce il colore e viceversa. Tutto è flusso armonico, una volta filtrato nel sistema “ginnico” di una mano senza anagrafe, senza rughe interiori, armata di una sua orientale pacatezza, di un attendismo che segue le necessità autoriali. L’evoluzione del punto per un linguaggio sospeso nel cosmo, per una vibrazione elettrica dei sensi, per una costante ricerca di luce.

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Un viaggio. Alla fine di questo viaggio. In previsione del viaggio interiore… Quello su New York è il ciclo che chiude (e quindi apre) la mostra di Palazzo Collicola Arti Visive. Un frangente particolare nella carriera di Biggi, raro omaggio a un’entità specifica dai rimandi diretti. I quadri raccontano lo skyline, le verticali d’acciaio e vetro, la folla rumorosa, le insegne al neon colorato, la modernità sfrenata, la contaminazione culturale, la frenesia insaziabile. Un regalo figurativo alla città che dell’innovazione è stata madre e regina, culla della grande arte dagli anni Cinquanta in poi, patria di libertà democratiche e meritocrazie non solo estetiche. Il realismo astratto ha ovviamente fatto la sua parte, filtrando la metropoli nel tocco mediterraneo dell’artista, metabolizzando l’icona metropolitana in un archetipo pittorico dei sensi esplosi. Il risultato ha un fascino speciale, merito dell’imprevisto dialogo tra universi lontani, dell’armonia che solo la pittura ancora ricrea. Una città del sogno sentimentale, un paesaggio interiore che accoglie idealmente tutti i cicli finora realizzati. I quadri su New York lanciano nel cielo le luci del presente mentre richiamano un’opera del 1948. Si intitola “Gli Ignoti” e incarna il prologo maturo del giovane Biggi, prima indicazione oltre le durezze informali, prima simbiosi con il colore organico e l’imprinting naturistico. Cinquant’anni di vita tra quella tela e il ciclo americano: andata e ritorno per un viaggio nei luoghi della passione, della veggenza, della sfida continua. Partenze da fermo. Viaggi senza fine. Memorie che diventano futuro Chiudo necessariamente dove tutto inizia. Con un punto finale che accompagna il punto di Biggi. Un punto moltiplicato per tre, così da rendere disponibile il futuro. In una parola: punto. Appunto… Gianluca Marziani

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POINT

The history of Italian painting has drawn many constellations, being at the same time a sort of a long time then reduced into every single painting. Besides, the Twentieth Century has been a cosmogony of bursts, supernova, black holes, breakdowns, touching‌ a marvelous voyage featured by its Big Bang at the beginning of the century, when Futurism enlightened the artistic scenario with the most revolutionary and archetypal modern lights. No other Country boasts such a dense and testamentary history: where the heritage has become the transmission genetic code, and where the beauty has not been intended as a misunderstanding, rather as the synthesis of the epochal flow, of the keys between the order and the avant-guarde of the contrast as a value of growth. Figuration and/or abstractionism: here is the queen of all historic quarrels, a militancy passionate heart recording and reporting proclamation, antagonism, factious spirit, words’ struggle with many infinitive verbs and only few disputes at the active present tense. From the Forties to the Sixties the art of painting has represented the most difficult and demanding aesthetic act, such a bloody act as to assume an ideological belief and a cultural position. Gastone Biggi belongs to the Postword period changing events, when the gaps between figurative and abstract arts were leading the discussion. It is not by chance that I have always used my writing as an act of critical synthesis and dynamic memory, a sort of a parallel writing following the grammar of the painting. Two contiguous worlds, very similar in their articulation, bending forward, rhythm, syncopated filling, liberating flights. Sometimes it is a writing down on paper, coming from the mind but filtered by the heart, by a revolutionary passion, by the strong emotion; sometimes it is a painting made of its epitomized manual ability, coming from the emotional heart but filtered by the mind and the brain, by the figurative reasoning, which makes it an alchemy between the instinct and the poetic genius. Biggi was born in Rome in 1925, he grew up within the Capitolian uproar, where thoughts and actions broadened banging the drum of politics. His inquiry approach was significant, besides the analysis of iconographical tenets, and a non-stopping approach towards a split of the opposing points of view. In the writings his idea is that painting is a universal principle, an interior survival handbook for open heads and sensitive bodies. His analytical thought links the artist to the History, the work of art to the city, the titles of paintings to the everyday life: according to him, what has to raise the images beyond the routine description, is the poetical act within the painting, and far beyond the genres’ boundary, beyond the repetition of a motive, beyond the illustration. Words and images twine with well-balanced measuring, living a complicated but lasting relationship, a sort of sentimental life adventure warming the critical reasoning and widening the historical background of the painting.

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In 2005, Biggi wrote: “The progressive weight loss of the Abstraction in the past decades has given me the confirmation that abstract painting was a sort of entangling into a continuum, tautological running among writings and colors, and resulting in an artistic operation, shiny, glowing, clever, but missing that something always featuring a unpredictable and various reality, as in the big movie which was History, even in the ever changing human events…”. Biggi has relied on the early concept of point, in a flexible shape, with a prophetic clairvoyance on the styles and themes, still common. Over the decades, that point has turned into an open matrix to be multiplied, colored, dressed, extended, put together, undressed, reinvented… in a word, a source code to trace symbolically the general actions of the civil society, and used as an expressive model to give surface, volume to the point from which everything comes to life. Think about for a moment: the cell and the point are the primeval starts, the generative elements which give a structure to life (cell) and which shape experiences which, throughout the life, make our history (point). From the cell a complex organism establishes, in the same manner in which lines, curves, parallels, volumes and other geometrical shapes come from that point, all of which represent reality. The experience by Biggi involves the metabolism of life under the lens of painting: it is as any cycle derived from a vital and organic need of the point, from a warm boost of a mono-cellular organism, aiming at organizing complex structures. Thus, the point as a restless sign, the synthesis of an evolutionary ambition, a mental archetypal of the mimesis in front of the world. A start from the shapeless elements to get to the iconographical culture, towards a pictorial landscape keeping the original and real filling of the point. Going through the publications of our artist, a fact is made clear: the coherence of the shift between a cycle with a new one, a sense of evolutionary continuity echoing the growth of a live organism. I am very surprised how the genetic inheritance, which makes some elements intertwine among different historical periods, is still able to render the art of painting a sort of unique and mono-cellular picture. The cycles could even exchange and mix with nothing sounding aged. And this is an important fact, because it calls for an interior continuity, power of concentration, clarity. It is a clairvoyance starting from the origins and going beyond the age lifetime. Painting and its variable continuity… CONTINUA + VARIABLES The first painting date back to the Postwar period, but the shade of such an iconic personality is defined during the Sixties. In 1963, Giulio Carlo Argan wrote: “By mechanically repeating a continuum sign endlessly, Biggi betrays - like it happens in a cardiogram - the uncontrolled boosts of an internal rhythm which in his previous paintings gave rise to unexpected accumulation or rarefaction zones in the colors’ dripping, besides to an endless number of small discontinuities…”. I quote him for the intensity of the text, but also because of that word, cardiogram, which links to the biological reading of the artist. The “continua” have got the temper and the contradiction of his whole excursus as an artist. They are very precise in their refined imperfection, still far from

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the kinetic art with its scientific nature. The fillings by Biggi have the same order of the skin texture, which is so similar either to an organic filling if you see it under the lens of a microscope, or to an infinite field of vision above us. You can feel a dualism between microcosm and macrocosm, biology and astronomy, human and plant universe. The fillings evoke cellular organisms, constellations, chemical elements, satellites… I am obviously forcing the interpretation, but we perfectly know that in the past you had different parameters to reason about, and the art of painting discussed about its own tools and codes, the art of painting enlarged the composition deep, and had not that current random value. I am not sure which evocations were in the mind of Biggi when he was forty; maybe it is not that important to know if there was a “scientific” pathway to follow, because here the added value is different: it is about the open reading a picture can still give you after fifty years, the magic to give a new interpretation, leaving open accesses even belonging to a single time. At heart, when a work of art is successful, it disconnects from the amniotic sac of the author, turning into the word welcoming differences and distances, and balancing the vision through the reasons of the composition. The “variables” are the evidence: these pictures by Biggi are current, they are so clear in that ordered arrangement within monochromatic painting of the background, they are a geography of the centrifugal control movement, guarantee of the gravitational nature of the point (therefore the molecular growth). The organic energy spreads like a dense atmosphere on Biggis’ visions. Such an interpretation allows some figurative freedom, useful to keep the work of art within the rhythm of the circle of life. Following the “continua” and “variables”, I would talk about hive visions: the eye acts by dialoguing cells while grasping the holistic view of the elements. A fragment and its multiplication, with a philological criticism and growth, close to a common rhythm of the shared lands. It is the eye catching the whole detail, going beyond the borders, beyond the representation, where absence gives the abstract value to the painting. In this sense, the word “abstraction” intertwines with the word universality, giving the appearance a new interpretation and tools allowing to go beyond the naturalistic hypotheses. The hive vision let the observer to metaphorically fly without being stopped by the Realism, so as to evoke an abstract realism, as in the words by Biggi in a book presenting the deep reasoning about the art of painting. It is the realism which breaks the cold mechanisms of the very sign, of the geometry, of the color. Painting becomes a sort of emotional Esperanto, a poetry written in colored lines and stanzas of signs, a story in which one can loose and find himself, passing borders and dockings, towards pieces of experience which everybody will be able to grasp through his eyes. The other cycles all confirm my hypotheses suggested by my critical talk. THE FOUR SEASONS, THE WAR AND THE PEACE, LIGHTS, CONSTELLATIONS, THE FLOWERS… Man and Nature rotate on Vitruvio circle, body and tree become the ideal carriers of a romantic vision with no sentimentalism. All the stages permeate through each other without losing their aesthetic and thematic independence. Every cycle is a story, every story is an inspired journey, every sensation is a flow of smells, Proustian memories, day dreams. Biggi’s works of art have got the nature consciousness inside, a sequence of Seasons to shape, to color, to keep in rhythm the brush. The Mediterranean Sea is there, with its breezes crossing wheat fields and humid green grasslands, taking the eye towards

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the stars in the sky, where some white and yellow points draw new harmonies. The color explosion recalls the generative passages the artist carries with him. Seeds, fruits, summer countries, St. Lawrence’s nights, grape harvests, fishing boats under the Moon, breaking waves, sirocco through the ears of wheat, fireworks above the village… crystals of snow, unconditional rain, invasive wind, gaseous fog… they appear as new atmospheres going through the ordered seasons, through the plant contrasts, through the smells of the marine landscape, through the strength of the mountains, through the silence of hills. The germination of painting shine upon evident situations, the color seems a modulator of essence, the nature keeps flowing like oxygen, and feed the natural energy of the work of art. While the nature takes its course, it is difficult staying far from the music of the picture. Every good work of art has got a sound, basic, but also cacophonous, harmonic, limpid, sometimes out of tune, flat, yet pulsing, always a musical sign taking the artistic work its being live. In Biggi, the music has gone beyond all this: the whole carrier seems to be painted on a huge pentagram, showing the timeline of the existence, the summary flowing like a never-ending horizon. All his pictures have harmony and rhythm, rhythm and harmony, and again rhythm and harmony… canvas, tables or maybe papers have recorded the music of the (non) case, the jazz beat of the semantic polyphony, an internal imprinting which has absorbed Klee and Kandinsky with the rules of the color composition, worked out in its likeness. It is easy recalling the historic jazz, Be Bop and Free Jazz, with Charlie Parker, Ornette Coleman and John Coltrane as privilege references. Biggi paints with a flowing harmony between the control and freedom of gestures, which is close to the sections of sax and trumpet with a fix module, but still changing and becoming more flexible. The temporal mix helps imagine a linguistic coherence, even because in that period the simplicity among cultures was more obvious. Today, I would rather talk about of electronic music, quoting the generic flow of the digital sound. The creation of a piece, in fact, follows some electronic points, single bits which make the cell and live intertwined. Those sounds develop underlying sounds which we usually call atmospheres, close to Biggi’s grids, his smooth reticula never catching, but bending like vibrant elastics. Bu the way, do not fall into the trap of appearance. Here, painting does not follow causality, or instinct. The strength of ideas depends on the control of gestures, on a internal method leading the painting itself. It is more about a therapeutic tension of painting, a private discipline featuring both the single canvas and the continuity among works and cycles. Point and cell, the dychotomy coming to surface and melting life and art in a perfect union of senses. Shape (point) and color (cell) together become the inexhaustible mantra of the artist, the key to a personal vision of the world. The painting becomes a circle penetration, with the shape defining the color and viceversa. Everything is a harmonic flow, once it is filtered in the system of an “athletic” hand with no age, no wrinkles, with only its calm, following the big voices. The evolution of the point aiming at a suspended language in the universe, aiming at an electric vibration of the senses, aiming at a constant quest for light. A journey. We are at the end of this journey. In preparation for the inner journey…

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The New York cycle is the cycle closing (therefore opening) the exhibition at Palazzo Collicola Arti Visive. It is a particular spot in Biggi’s career, a rare tribute to a specific and direct existence. The paintings narrate the skyline, the steel verticals, and the glass, the noisy crowd, the colored neon signs, the wild modernity, the corruption of the cultures, the immoderate desire. A figurative present to the city which has been the mother and the queen of innovation, the artistic cradle starting from the Fifties on, the native country of democratic freedom and meritocracy, not only at an aesthetic level. The abstract realism has also played its role, filtering the metropolis in the Mediterranean touch of the artist, and turning the metropolis icon into a painting archetypal of the exploded senses. The result has got a special appeal, which takes the credit for an unexpected dialogue among faraway worlds, for the harmony that only painting can still create. A city of the dream, an interior landscape welcoming all the cycles created until now. The New York paintings launch in the sky the present lights, while recalling a 1948 work, whose title is “The Unknown (People)” and embodies the mature prologue of the young Biggi, the first indicator beyond the informal hardness, the first symbiosis with the organic color and the natural imprinting. Fifty years of life working on those canvas and on the American cycle: a return for those places soaked in passion, clairvoyance, and continuous challenge. Standing start. Neverending journeys. Memories turning into future I have no alternative to stop where everything starts. With a final ‘full stop’ matching the point by Biggi. A point multiplied by three, so as to make the future at hand. In a word: a point. Exactly… Gianluca Marziani

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Biggi nel suo studio di Tordenaso


Racconti, cancellate, lettere, colature, continui, variabili, tangenziali, 1958-1977 Gastone Biggi

Dal 1957 in poi nasceranno i vari cicli che dai Racconti di dipinti già allora su sabbia, cera e materiali altri, alle Cancellate così impropriamente chiamate dalla Critica figurativa di allora così incline a trasformare un qualsiasi oggetto dipinto in simbolo di figurazione. Infatti quelle che erano chiamate Cancellate erano per me Storie di ferro e non certo addette alla recinzione degli antichi manieri. Seguirono poi alcune opere gestuali, molte delle quali ora distrutte: sono stato sempre molto severo con i miei quadri non esitando mai, così posso dire di avere distrutto finora circa 1600 opere. Una cosa ho tenuto sempre in somma considerazione, cioè il coniugare l’istinto con la ragione, per la qual cosa in tutte le mie opere da allora in poi i simboli della ragione ortogonalmente o no si intersecheranno sempre con i simboli della psiche, dell’istinto. L’informale stava diluviando su tutta l’Europa e in America con l’“Action Painting”, non tardò perciò ad investire l’area Italiana in vari modi e non tutti accettabili. Purtroppo spesso l’Informale fu trasformato da abili e dilettanteschi manovratori del pennello in una operazione spaziale dove nulla rappresentava nulla. Dal 1956 dipinsi le prime Colature dove facevo colare il colore guidandone la caduta, fui anzi il primo e forse l’unico a dare una struttura al gesto: altri useranno la sgocciolatura o il dripping che nulla hanno a che fare con le mie Colature. Con gli anni a seguire farò del punto la mia monade creativa attraverso i Continui dove il punto registra gli attimi del nostro vivere scorrendo all’infinito sullo spazio poi seguiranno Le Variabili dove la mia operazione da centrifuga diventerà centripeta, perciò come se lo spazio interno della ratio dialogasse con lo spazio che lo circonda. A seguire Le Tangenziali, dove il punto verrà trasferito, e quasi sloggiato dal suo campo d’azione per sopravvivere lungo i bordi della tela.

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LEAKAGES, CONTINUA, VARIABLES, RINGROADS, 1960 - 1977 Gastone Biggi

Starting from 1957 on, many cycles such as Racconti - Stories - (sand and wax paintings) and Cancellate - Railings - (called in such a way by the Figurative Critics) came to life, transforming all paintings into figurative symbols. What the others called Cancellate were in fact Iron Stories, not certainly conceived for the enclosure of the old castles. After these works, some others arose, like sign artworks, many of which have been destroyed: I have always been rather strict with my works, never hesitating over them, so I can say I have destroyed around 166 works. One thought has always been in my mind, that is to say the linking between the instinct and the reason; all my works from 1957 on have never crossed the psyche’s symbols. The Nonrepresentational Art was flooding into the whole Europe, and into the States, with the “Action Painting”; it kept on featuring Italy as well, in many different ways. Unfortunately, the Nonrepresentational Art was turned (by skilled and amateur painters ) into spatial operations in which nothing represented nothingness. Starting from 1957 I worked on my first Leakages, leading the color’s fall: I have been the first, and maybe the last painter to frame a gesture: other artists used the dripping, very far from my Leakages. During the years to follow, I have been able to feature the dot as the unicuum for my works, through the Continua, in which the dot represents the instants of our lives, following the space. After that, the Variables will represent the works in which my operation will become a centripetal force, as the internal space of the mind had a dialogue with the surrounding space. In the end, I have created the Ringroads, in which the dot has been moved and almost cleared out from its action space, to live instead on the canvas’ borders.

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Il grande astro 1958, olio su tela cm 70x100

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Continuo 85 1963, morgan paint cm 100x150

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Continuo ‘77 1962, industrial paint su tela, cm 50x90 30


Continuo stradivarico 1963, industrial paint su tela, cm 60x90 31



Punto e basta

Quando si propone una mostra, soprattutto quando a proporla è un ente pubblico - in questo caso il Comune di Spoleto - si deve poter rispondere a una inevitabile domanda: è necessaria? Quale contributo è in grado di offrire questa mostra ai processi di conoscenza che hanno portato alla contemporaneità? Per il visitatore è una provocazione di interrogativi? E soprattutto: può stimolare un nuovo approccio alla conoscenza delle arti visive? Se la risposta è affermativa la mostra ha una ragione di essere, altrimenti diventa una retorica celebrazione di artisti probabilmente di successo, in determinati momenti storici, ma che nulla hanno da aggiungere a quanto già conosciuto nello sviluppo della storia dell’arte. Non amo l’ovvio, non amo il déja vu e tantomeno la celebrazione di glorie che appartengono allo star system in atto ma che non hanno nulla di intellettualmente proponibile nelle problematiche del pensiero contemporaneo. Qualcuno mi chiederà: «Non reputi più opportuna una mostra di Giotto, Caravaggio, Cézanne o Lucian Freud?». Certamente sì, artisti del genere sono eterni! Parlano la lingua dell’umanità intera e non hanno tempo. La loro opera è immersa nello sviluppo del pensiero umano e la loro attualità è indiscutibile. E a questo genere di artisti si legano le scoperte e il percorso di Gastone Biggi. Un personaggio non più giovanissimo del quale il grande pubblico conosce ancora molto poco nonostante sia storicamente uno dei pilastri dell’arte astratta internazionale. Gli addetti ai lavori possono confermare che non c’è stato grande critico e storico dell’arte nelle ultime tre generazioni, da Murilo Mendes a Nello Ponente, da Argan a Palma Bucarelli, da Quintavalle a Elena Pontiggia, che non abbia parlato in maniera esaustiva di Gastone Biggi. Ma sappiamo bene quanto i testi degli specialisti abbiano ben poca diffusione nel grande pubblico, sicuramente più sensibile alla pubblicizzazione di mercato che a quella storica e culturale. Voglio quindi ringraziare Gianluca Marziani, direttore artistico di Palazzo Collicola Arti Visive, Spoleto, che nel promuovere questa mostra ha dimostrato una sensibilità artistica e storica di livello, facendosi in prima persona da portavoce nel processo di frantumazione di questa imbarazzante consuetudine di massa volta a seguire mode effimere invece di cercare nella storia le ragioni della contemporaneità. Gastone Biggi, uomo in apparenza burbero ed egoista, in realtà portatore di una sensibilità senza fine e di un amore profondo dimostrati in 60 anni di straordinaria pittura - in questa mostra meticolosamente documentati dalle origini ai giorni nostri - ha scardinato il tradizionale processo storico che siamo abituati a leggere dagli anni ‘50 fino al primo decennio del XXI secolo. Negli anni ‘50 la critica e il mercato italiano, mentre nel resto del mondo esplodeva un nuovo corso culturale dettato dalle scoperte della scuola di New York, non trovavano di meglio che dibattere sul primato della figurazione o dell’astratto. Guttuso e il Neorealismo da una parte, il “gruppo degli otto” di Venturi dall’altra, senza rendersi conto della sterilità intellettuale di questa discussione alimentata solo a fini di mercato, tralasciando di approfondire i grandi eventi culturali dell’epoca quali la fine dell’informale, il

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sorgere del fenomeno della Pop Art e dell’arte concettuale e soprattutto la frattura antropologica con la cultura della prima metà del XX secolo. Tutti argomenti cari alla sensibilità di Gastone Biggi, perfettamente cosciente di vivere il più significativo dei momenti di trasformazione ideologica e materiale del XX secolo. Parlare in quegli anni di Neorealismo aveva un senso solo nelle vicende sociologiche italiane, non certo internazionali, come le performance astratte di Vedova e Afro, a volte sublimi più spesso di maniera, che descrivevano solo la storia della gestualità. Biggi entra invece nel vivo del discorso ideologico alla base dello sviluppo della cultura di quegli anni: fa suoi i principi della scuola di New York, nell’essenzialità delle sue scoperte, non certo nella maniera formale di Dorazio. Supera il dibattito tra il realismo e la pittura astratta inventando e pubblicando il manifesto del “realismo astratto” con il quale disintegra il dibattito Guttuso-Vedova e traccia un sentiero essenziale di speranza e di bellezza essenziali per lo sviluppo della cultura del XX secolo. L’itinerario della mostra ci evidenzia il percorso di questo geniale artista che già nelle sue opere figurative giovanili conteneva il germe dell’astrazione. Mi piace citare un piccolo dipinto del ‘48 esposto e pubblicato, in cui ci dimostra che concettualmente in quel periodo era già andato oltre alle scoperte di Matisse e aveva anticipato le mode degli anni ‘70-’80, dalla Transavanguardia alle opere ultime di Mario Schifano. È significativa una confessione nelle memorie del maestro su questo quadro, quando lo mostrò con orgoglio al suo mecenate dell’epoca, questi non solo lo rifiutò ma minacciò l’artista che se avesse continuato su quella strada non avrebbe più comprato un suo quadro! Atteggiamento che ci esplicita quelle che erano le convinzioni formali di quegli anni. Siamo in un momento storico determinante in cui Biggi è vicino alle ricerche sulla materia di Burri e vive le problematiche estetiche che porteranno Fontana allo spazialismo. Propone con le colature l’ultimo atto della pittura informale internazionale, qui ancora autentica espressione emozionale dell’interiorità. E in questa sua capacità di esprimere l’essenziale nascosto nella nostra psiche sfugge alla decadenza dell’informale che sta diventando maniera: gesto pittorico fine a sé stesso capace solo di celebrare la bellezza di un gesto che non ha più nessuna relazione con la necessità di esprimere la propria interiorità. Diventa decorazione, a volte eccelsa ma solo decorazione. È il momento della grande intuizione che lo guiderà in mille varianti per tutto il corso della sua storia: il Punto. «Datemi un punto e vi dipingerò il mondo» è la richiesta di Biggi in occasione dell’ultima Biennale di Venezia. E il bello è che ci è riuscito al cento per cento. Dai mitici Continui degli anni ‘60, già allora oggetto dell’ammirazione della critica mondiale, che però li interpretò come affermazione finale dell’Optical Art sbagliando in maniera clamorosa perché il loro significato è esattamente l’opposto: rappresentano l’umanizzazione dell’Optical art! Cos’è il Continuo? Altro non è che il ritmo continuo del divenire del nostro essere, della nostra ragione e della nostra anima. L’inarrestabile cammino del nostro io razionale indissolubilmente legato all’evoluzione del nostro sentire. Il pulsare delle nostre tempie all’unisono del ritmo inarrestabile del tempo che scandisce la nostra crescita razionale e al tempo stesso le nostre emozioni. Sintesi dell’esistere, la conoscenza e la ragione che sottolineano il processo evolutivo della vita. Da questo momento in poi un instancabile cammino evolutivo: le Variabili dove al concetto di continuo si affianca la coscienza di uno spazio universale in cui la conoscenza sensibile non è più sufficiente e dove l’intuizione, la matematica, la capacità di correlazione, ci danno la possibilità di visitare spazi mentali e materiali ben lontani dalla concretezza della conoscenza sensoriale. In sintonia con il crescere della sensibilità artistica del maestro si aggiungono le Cromie (come vestire il punto iniziale, nudo ed essenziale, con il colore), le tangenziali dove il punto viene emarginato al limite della superficie del dipinto così come l’informazione di massa emargina la convinzione individuale al limite del non esistere. La rappresentazione grafica

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attraverso quello spazio centrale assolutamente vuoto del fallimento della ragione dinnanzi allo strapotere delle ideologie di massa. Il doloroso abbandono delle necessità individuali, la rinuncia ad ogni osservazione critica caratteristica del quotidiano contemporaneo non hanno mai condizionato l’opera di Gastone Biggi, forse il solo tra gli artisti italiani che non si sia lasciato condizionare dalle mode di regime, dall’ovvietà, dalle necessità del mercato, dall’avidità di fama e ricchezza. Mai contaminato dal desiderio di apparire in un mondo in cui se non sali sul palcoscenico della vita non esisti, l’unico spirito veramente libero che ha creduto nell’arte come l’espressione più alta dell’esistenza umana, nella bellezza come aspirazione alla perfezione divina, nel sublime come capacità di intendere il superiore. L’arte ha sicuramente bisogno di essere rinnovata ma ha bisogno di voci che non siano quelle di vecchi tenori in una casa di riposo che pensano che sia sufficiente la “forma o il materiale” per rappresentare il nuovo e in realtà non sanno andare al di là di una stanchissima rievocazione dell’astratto, dell’informale, delle graffiature, tutte cose ormai vecchie di cento anni. Peggio ancora quando confondono per arte il giocherellare con i colori sulle strade e nei cortili dimenticando il dramma di chi ha vissuto quarant’anni fa sulla propria pelle questa rivoluzione intellettuale. Questo è Gastone Biggi, l’artista che ama far sua la frase di Klee «i quadri ci guardano». È vero, la storia ci guarda. Il passato e il futuro ci guardano con accondiscendenza e apprensione reciprocamente. Siamo di fronte a un colosso della storia della pittura e oggi la critica ha il dovere di leggere il percorso completo della sua opera, attraverso il quale è evidente che Biggi ha saputo affrontare il significato essenziale dello sviluppo dell’arte moderna nella seconda metà del XX secolo. E ha individuato una sua strada per cui la sua pittura non è cronaca italiana ma storia dell’umanità. Biggi con il suo dipingere regala al mondo non la coscienza di antichi o nuovi dolori ma piuttosto nuova serenità e nuova bellezza. Francesco Boni

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Dot and Stop

When an exhibition is up, especially when a public institution organizes it - in this case Comune di Spoleto there is an inevitable question: is it necessary? What sort of contribution can it offer to the knowledge processes leading to contemporaneity? Is the spectator filled with many provoking questions? Over all, can it foster a new approach to the knowledge of visual arts? If the answer is affirmative the exhibition has reason to be, otherwise it is but a rhetoric celebration of likely successful artists, in distinguished historical moments, who nonetheless do not have anything more to tell about what is already known in the development of art history. I do not fancy what is obvious, do not love déja vu, least of all the celebration of old glories of the current star system, those who cannot intellectually relate to contemporary issues. If somebody asks me, ‘Don’t you think more important an exhibition on Giotto, Caravaggio, Cézanne or Lucian Freud?’ So it is, such artists are everlasting! They speak the language of all humankind and they are timeless. Their work is immersed in the development of human thought and their up-to-dateness is out of question. To this kind of artists are linked the intuitions and the artistic pathway of Gastone Biggi. Not so young an artist, he is still scarcely known by great audiences, although he is historically one of the pillars of international abstract art. Connoisseurs may confirm that every critic and art historian of the last three generations, from Murilo Mendes to Nello Ponente, from Argan to Palma Bucarelli, from Quintavalle to Elena Pontiggia, has exhaustively written about Gastone Biggi. We know very well what small hold specialised writings have on great audiences, above all if compared to market promotion and historical diffusion. I would like to give my thanks to Gianluca Marziani, as the art-director of Palazzo Collicola Arti Visive’s Spoleto who, promoting this exhibition, has showed top-level historical and artistic sensitiveness, making himself speaker of the fragmentation process of this massively embarrassing use of following fleeting trends instead of searching in history the reasons of contemporaneity. Gastone Biggi, at first glance a surly egotist, is really a man of endless sensitiveness and unshakable passion, so well displayed in 60-year extraordinary painting. In this exhibition, from the origins to nowadays, Biggi has overthrown the traditional historical process we are used to, from the Fifties until the beginning of the XXI century. In the Fifties critics and art dealers, while in the rest of the world the New York school was tracing a new cultural trend, did not find anything better than arguing over the supremacy of figurative or abstract. Guttuso and Nouveau Réalisme and on the other hand the “Gruppo degli Otto” by Venturi, without acknowledging this barren, market-oriented intellectual debate, neglected the great cultural events, such as the end of informal and the birth of Pop Art, conceptual art, and above all the anthropological fault with the culture of the first half of the last century, themes close to Biggi’s sensitiveness, who is aware he is living in the most significant moment of ideological

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and material change. In the Fifties speaking of Nouveau Réalisme had sense just for Italian events, and not for the great international ones, the abstract performances by Vedova and Afro, sublime in tone, describing the history of action painting. Biggi enters the ideological speech at the beginning of cultural development of those years, getting the true principles of New York school, not as formal as Dorazio was. Biggi gets over the debate between naturalism and abstract painting, making up and publishing the manifesto of “abstract realism”, with which he destroys the dialogue Guttuso vs. Vedova, tracing an essential path of hope and beauty, both necessary for the development of culture from the last century. This very path highlights the steps of this genial artist who, in his first figurative works, already possessed the seed of abstraction. I like to recall a small painting dating 1948 shown and published, where it is clear that in those years he had already gone beyond Matisse’s discoveries and anticipated both the Seventies and Eighties trends, from Trans-Avant-garde until Mario Schifano’s last artworks. A confession in the Maestro’s memories on this painting reads that, when proudly showing it to his patron, the latter rejected it, telling Biggi if he had kept on painting that way, he would not have bought anything else! This episode clearly shows the formal convictions of those years. This is a turning point where Biggi is close to Burri’s research on matter, living the aesthetic themes

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that are leading Fontana to spatial art. His drippings tell the final act of international informal painting, still true emotional expression of deep-soul. His quality of telling the essential hidden down in our mind runs out of the informal decadence becoming mannerism: painting gesture for its own sake, just able to celebrate the beauty of an act no longer in relationship with the need to express its true interiority. It becomes mere decoration, sometimes excellent, yet only decoration. It is the moment of the great intuition that will guide throughout thousands variations his whole story: the Punto, the dot. ‘Give me a dot and I shall paint the world up,’ asks Biggi during his latest Venice Biennial Exhibition. He struck the point, indeed. A long time has passed since the Continui of the Sixties, admired by critics worldwide, who nonetheless mistook them for the final triumph of Op Art; their meaning is exactly the opposite: humanisation of Op Art. What is a Continuo? Nothing but the continuous rhythm of our own being, mind and soul. The inexorable progress of our rational self, closely connected to the evolution of our sensations. The pulses of our temples, beating with the unstoppable time scanning both our rational and emotional growth. Synthesis of existence, knowledge and reason underlining life’s evolution process. Thence a tireless evolution path: the Variabili, where the concept of Continui is brought close to the consciousness of a universal space in which sense knowledge is not enough and intuition, maths, correlation give us the chance of visiting mind spaces and materials faraway from concrete sense knowledge. In compliance with the growing artistic sensitiveness of the M°, we can find the Cromie (how to dress up with colour the seminal point, bare and essential) the tangents where the dot is confined to the limit of the painting top, just as mass information relegates individual conviction to the limits of non-existence. The graphic representation of the failure of reason facing overwhelming power of mass ideology gets its climax by means of that completely empty central space. The painful desertion of individual needs, the renunciation to whatever critical observation typical of present-day life have never tainted Biggi’s production, maybe the only one among Italian artists never conditioned by regime trends, obviousness, market claims, greed for fame and fortunes, never spoilt by the wish to appear in a world where, if you don’t step on the stage of life, you don’t exist. He still is a truly free spirit, believing in art as the highest expression of human existence, in beauty as aspiration to divine perfection, in sublime as opportunity of reaching what is beyond. Art surely needs to be renovated, but it also needs for voices not to be old tenors in a hospice, deeming ‘form or material’ enough to portray what is new, but cannot really go beyond an ancient recalling of already old abstract, informal, graffiti. They also mix up art with playing with colours in the streets and in the yards forgetting the tragedy of one who, forty years ago, experienced on his skin this intellectual revolution. This is Gastone Biggi, the artist who loves Klee’s ‘painting look at us’. It is true, history looks at us. Past and future are looking at us, sadly smiling. We are now facing a paradigm of painting history and nowadays critics have to read the whole path of Biggi’s works, through which Biggi confronted the essential meaning of modern art development in the second half of last century, finding a trail where his paintings are not simply Italian news, but human history. Gastone Biggi, by painting, gives the entire world not the consciousness of old and new sorrows, but new serenity and new beauty. Francesco Boni

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Il grande momento 1961, industrial paint su tela cm 130x150

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Variabile Romano CU 1971, morgan paint su tela cm 130x130

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Variabile Azzurro 1972, vinilici su tela cm 130x130

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Grey-yo 1975, vinilici su tela cm 115x115

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Cieli e campi, 1978-1988 Gastone Biggi

La ripresa del colore, già iniziata nelle Variabili policrome, si svilupperà nei Cieli degli anni 70-80. Il punto brillerà come una stella nello spazio con una libertà sempre controllata dalla ragione; nulla a che fare con le operazioni Op che io ho sempre combattuto e che spesso mi sono state attribuite da una Critica frettolosa e male informata. Con il mio trasferimento, sia pure temporaneo nel Senese iniziai la serie dei Campi dove una specie di scrittura ritmica scorre sulla tela obbedendo quasi alle leggi ed ai ritmi delle stagioni.

FIELDS AND SKIES, 1978-1988 Gastone Biggi

The color repeat, which had already started in the polychrome Variables’s works, will expand also in the Skies’s works (1970-1980). The dot will shine like a star in the space with a always mind-controlled freedom: nothing to do with the Op operations, I have always fought against and which I have been assigned by a hasty critics. After my move to Siena, even temporary, I started the series of Campi (Fields) where something similar to a rhythmical structure poured down the canvas falling in line with the rhythmical laws of the seasons.

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Campo del profondo mezzogiorno 1987, vinilici su tela, cm 70x200 50


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Cielo di Mies 1981, vinilici su tela, cm 45x100 52


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Campo ardente 1986, vinilici su tela, cm 60x100 53


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Il cielo del Re di Francia 1982, vinilici su tela cm 80x120

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Il cielo della notte di Assuan 1979, vinilici su tela, cm 60x150 58


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Campo della notte siciliana 1987, vinilici su tela, cm 70x200 60


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Campo grano 1986, vinilici su tela, cm 60x100 62


Campo oscuro 1986, vinilici su tela, cm 60x100 63


Campo radioso 1987, vinilici su tela, cm 60x150 64


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Canti della Memoria: “Ciclo della Follia” 1988 Gastone Biggi

Una serie dipinta in un particolare momento della mia esistenza, perciò intriso di una gestualità ribelle e di una cromia quasi violenta. Io credo di aver trasferito nello spazio una inquietudine nuova, ma anche in questo caso tenuta a bada dalla mia vigile razionalità, impedendole perciò di sciabordare in quel mare di cromatiche facezie che da quegli anni in poi continuano tuttora a sporcare la ingenua virginità degli spazi.

MEMORY CHANTS: “CYCLE OF MADNESS” 1988 Gastone Biggi

It is about a series painted during a particular period of my life, thus soaked with unruly gestures and harsh colors. I strongly believe I have been able to move into the space a new restlessness, but controlled by my watchful mind. But this new restlessness did not shake up that chaotic sea of colors, which, starting from those years, had started staining the naïve virginity of the spaces.

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Nascita di un temporale ad Elsinore 1988, vinilici su tela cm 115x115

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Caduta degli angeli ribelli atto II 1988, vinilici su tela cm 115x115

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L’eclisse 1988, vinilici su tela cm 115x115

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La notte dell’ira 1988, vinilici su tela cm 115x115

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la biennale di venezia

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La Biennale di Venezia 2009 Dal testo

Quel filo immaginario... ... “Datemi un punto e vi dipingerò il mondo”, è questo il titolo scelto dal maestro per la mostra avvenuta alla Biennale di Venezia. Dopo 50 anni Biggi riprende la sua infaticabile ricerca sul punto, monade che lo rese noto negli anni sessanta con le sue tele rigorose, quasi matematiche a prima vista, ma in realtà propositive di un “punto” di partenza per tutta una serie infinita di cicli sempre più aperti e generosi di felici intuizioni. Ma la cosa che ha sorpreso di più lo spettatore è l’energia vitale che straripa dalle sei immense tele che coprono le pareti di una magnfica sala del palazzo. Entrando si rimane folgorati e commossi da tanta bellezza. I colori sono dirompenti e trasportano l’interlocutore in atmosfere e dimensioni fuori dalla realtà. Il punto rigoroso, pulsante, ossessivo ha lasciato spazio a un turbinio di luci e colori che sconvolge l’anima: siamo di fronte a sei opere eccelse. Chapeau! Marzia Spatafora

curatore del Padiglione Arabo Siriano della 53a Biennale di Venezia

From the text

That imaginary thread... ... “Give me a point and I will paint you the world,” this is the title the maestro for the exhibition in the Biennale di Venezia. After fifty years Biggi resumes his tireless quest on the point, the spot, the monad that made him famous in the Sixties, thanks to his rigorous canvases, almost mathematical at first sight, but as a matter of fact proposing a starting “point” for an infinite series of cycles more and more open and full of generous intuitions. But what most of all surprised spectators is the vital energy that floods from the six huge paintings that cover the walls of this wonderful hall of the palace. Entering the hall, one is struck and moved by such a beauty. Colours are disruptive and they take the spectator to atmospheres and dimensions outside reality. The rigorous, throbbing, obsessive point has saved room for a tourbillon of lights and colours that upsets our souls: we are facing six sublime works of art. Chapeau! Marzia Spatafora

trustee of the Arabian-Syrian Pavilion of 53a Biennale di Venezia

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Canto Doganale 2009, industrial paint su tela cm 200x200

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Canto di Odessa 2009, industrial paint su tela cm 200x200

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Canto rosso 2009, industrial paint su tela cm 200x200

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Canto del mare 2009, industrial paint su tela cm 240x240

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Canto della Genesi (dal Magnificat di Bach) 2009, industrial paint su tela cm 240x240

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Le icone: le quattro stagioni 1995-1998 Gastone Biggi

Ho voluto in questa nuova serie di opere, dipinte su spazi sabbiati, fissare i segni delle Stagioni con dei punti rari ma estremamente vivi, giacenti su cromaticissimi tappeti materici. In sintesi ho voluto coscientemente iconizzare i pittorici accadimenti, quasi a voler loro attribuire quella sacra lite fissa e quasi immobile, come quella che emana dalle antiche icone, sacralizzando perciò il mio gesto, cercando di carpire alle Stagioni tutto il piÚ profondo loro significato.

THE ICONS: THE FOUR SEASONS 1995-1998 Gastone Biggi

What I had in mind, with this series of works, painted on sand spaces, was to fix the signs of the Seasons with infrequent bur lively dots, laying on colored matter carpets. In brief, I wanted to iconify my paintings, giving them a sort of sacred and still strain, like the one featuring the past icons. It was a sort of sanctifying my gesture, stealing the Seasons all their meaning.

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Icona d’estate 1997, industrial paint su tela sabbiata cm 200x200

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Icona d’autunno 1997, industrial paint su tela sabbiata cm 200x200

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Icona d’INVERNO 1997, industrial paint su tela sabbiata cm 200x200

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Icona della primavera 1997, industrial paint su tela sabbiata cm 200x200

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Luci, tabule, costellazioni 1989-1994 Gastone Biggi

Esauritasi la serie dei Canti della Memoria, riprendo a dipingere degli spazi interpuntati Le Luci, dove la ortogonalità delle cromie tende a diffondersi di una luce determinata anche dall’intensità dei rapporti cromatici. Nel periodo di tempo che segue, mi sono trasferito a Milano dove ho dipinto ancora delle opere sulla luce e subito dopo a seguire dipingo la serie delle Tabule, dove lo spazio viene colmato da serie di punti che nell’insieme sembrano avere il severo aspetto dei Romani tabulati. Sempre a Milano inizio una nuova serie dove gli spazi vengono riempiti da un punteggiare libero e non più sorretto dalle geometrie preesistenti. Chiamerò questa serie Le Costellazioni, perlopiù ispirate dal mio viaggio in Irlanda e dal mio soggiorno nella Padania.

SLATES, LIGHTS, GALAXIES 1989-1994 Gastone Biggi

Once the series of Canti della Memoria (Memory Chants) was created, I started painting Le Luci (The Lights) again, in intensity. In the years to follow, I moved to Milan, where I continued working on the lights’effect, and after that I started the series of Tabule, in which the space is filled with dots, similar to the Romans’ ones. In Milan, I also worked on a new series in which spaces are filled with a free dotted projection, following the existing geometrical scheme no more. I have called this series Costellazioni (Galaxies): they have been inspired by one of my stays in Ireland first, and in Padania after.

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La luce del persiano Ciro 1989, vinilici su tela cm 100x150

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La luce ignota 1989, vinilici su tela, cm 130x130 104


Tabula palatina 1991, vinilici su tela, cm 100x100 105


Tabula gaelica secunda 1991, vinilici su tela cm 130x130

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Tabula longobarda 1991, vinilici su tela, cm 130x130 108


La luce inglese 1989, vinilici su tela, cm 130x130 109


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Costellazione bruma 1991, vinilici su tela cm 130x130

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COSTELLAZIONE PADANA SESTA 1991, vinilici su tela, cm 130x130 112


COSTELLAZIONE DEL FLAUTO CELESTE 1989, vinilici su tela, cm 130x130 113


Tabula averroica 1991, vinilici su tela cm 130x130

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uno sguardo su new york Il maestro Gastone Biggi ringrazia Gianluca Marziani, direttore artistico di Palazzo Collicola Arti Visive Spoleto per aver concesso gli spazi espositivi permettendo di mostrare in anteprima le opere dipinte per la prossima mostra di New York

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UN DEBITO CON NEW YORK

Ho un debito con New York, un debito verso una città meravigliosa e sempre inedita, anche dopo i rituali ed immancabili ritorni, una città anomala con i suoi giganteschi basilischi(1) che dalle nuvole osservano il tumultuoso ed affannoso respiro di questo dinosauro in pietra, New York non ha nulla a che fare con le altre metropoli che affogano nel mondo dei mortali. È città per ciclopi, è città dove l’individuo lotta giorno dopo giorno per sopravvivere, dove il dollaro impazza tra una Street ed un’Avenue, dove il suo pallido verde accordarsi deve, se c’è, con il quotidiano fondo scuro dei pantaloni. New York non ha cieli, ma solo smisurati lastroni di fetido azzurro, con nuvole a bordo in transito veloce e poco misericordioso. È bella, è brutta, insapore ed orribile, fetida nei suoi Bronxs, profumatissima nelle sue Avenues, insapore nei suoi tuguri Harlemiani, insopportabilmente dolce nei suoi artistici villages, cullata ed abbindolata dagli stralunati blues di frontiera. Io l’ho arata più volte con i miei calzari(2) di tela, ascoltando il dolor di piedi, condividendone la ritmica provenienza, guardando fisso il cielo per spiarne un possibile risveglio da quella ottundente apatia che la originale sua cromia miscelava con i vapori dei tombini. Gente più gente che si assomma, trasfigurandosi in scuro plasma(3) circolante ed infetto, quasi nella sua sordida vacuità. Ancora non so quale sirena abiti in lei, né alcuna notizia mi è pervenuta sui suoi remoti adescamenti; è una sirena di nuovo stampo, forse prodotta dalla Fonis(4) o dalla Enterprise Corporation(5), so solo che Ulisse non fu mai suo cliente, sembra anzi che gli Dei l’abbiano abbandonata, scalza ed ignuda sulle spiagge del Labrador. Mi specchio spesso, camminando per le streets, nei vetri degli immensi markets e la pioggia di scarpe, di Vuitton(6), di mondana paccottiglia investe i miei poveri occhi, e tutto il vetriname(7) sparso sulle cartonate(8) scalee mi inonda di figurine vestite solo dal nulla armonioso di Armani. L’altezza disumana delle towers mi intontisce, diminuisce il mio peso, la mia statura, creando in me uno inopportuno ridimensionamento, nonché uno stadio di inutile affronto ad una città che sembra rimisurarmi passo dopo passo. Vorrei, da pittore quale sono, scovare i colori e le grafie insite nel gigantesco ventre di questa inaspettata mela, nata e maturata tra le Olandesi acque del fiammingo mare e le portuense(9) sovraccariche di Manhattan. Ma i colori, le grafie di New York appartengono ad un pianeta che non mai c’è appartenuto: sono tinte e grafie estranee alla europea tavolozza. Non c’è in loro il senese lapislazzuli(10), né la verace carbonella dei cartonisti fiorentini, né l’oro dei bizantini califfi, e non c’è anche la mediterranea brezza che inesausta plana sugli europei orditi. C’è invece il salnitro dell’Hudson, il fetore di uno scolo di oceano che cinge Manhattan in una gorgiera(11) di nerofumo, c’è invece il colorato singhiozzo dei portoricani e dei negri, partoriti tra le fruste dell’Alabana, ci sono le grafie irose di una tralasciata Irlanda, i cui verdi sono sbarcati sulle federali monete(12), e c’è ancora la inespressa fatica degli ex cavalli(13), figli di una genovese lanterna, residuato reperto del perso, ligure mare. Ho cercato di riproporre su tela una infima parte dei tanti sentimenti, delle sottilissime emozioni che in questa incredibile città devi esser bravo a cogliere, perché New York non svela segreti, non apre le sue braccia, né ti dona il sorriso di una qualsiasi europea città, ma solo, e più

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ancora di Parigi, subito, e solo pagando, ti da il permesso di esisterci. Se poi vuoi assaggiare questa mela, più guasta che matura, uscita come sembra dall’infetto Caravaggesco cesto(14), allora vai in Harlem, mariolesco(15) labirinto di crudeltà di sopiti orrori, o nel Bronx, dove le umane razze si intersecano, dove i rossi travolti sono dalle incurie, dalle purulente afe, dai gelidi ghiacci di inverni senza requie. Così i verdi biscia, traslucidi e cupi, i marroni briachi(16) di birra e di acidi rinforzanti per flaccidità abbrutite dalle droghe e dai digiuni. Il nero ponte di Brooklyn sembra serrare in un infernale abbraccio il compiuto e il provvisorio, che tra loro si intravedono, e da secoli ormai disuniti l’un l’altro, in attesa di un’alba liberatoria che almeno in grigio trasformi la cupissima, nera placenta. Il mio girovagare attonito sembra mai evolversi e terminare, esausto ma pago, tutto invece continua nella implacabile sequenza, dove sfarzo, oro e ricchezza sembra si alimentino alacramente tra loro con la gigantesca tabula(17) dei redditi che in altezza concorrono con le torri. Gli ipocriti verdi del Central Park promettono fiori e malie, ma con orari prestabiliti, prima che la nera notte tutto cancelli per trasformarsi in lubrica istanza: gli stessi fiori si sono chiusi in sé stessi per solo riaprirsi col vetrato sole del mattino. La metropolitana intanto, come gigantesca ape regina, ingoia senza sosta i milioni di men che spesso si affacciano spauriti dalle portiere ancora spalancate, come volessero sfuggire ad un destino già segnato, mentre il veloce bianco stanco dei tunnels sembra tutto ingoiare. L’aria greve, sciroccale, insonnolisce i reduci, li umidifica e li munge di sudori e di grassi pesanti, qualche negro solletica intanto le doloranti corde d’una chitarra sghimbescia e malmenata. Qui la città presenta il conto, qui raccoglie ed indirizza verso l’inferno quei clienti di antico pelo ormai giunti al capolinea. Qui New York non mente, qui cogli per intero la sua essenza, qui per una volta almeno capisci che “la morte di un commesso viaggiatore” su questi binari per decenni ha camminato. Le grafie si allungano e strisciano come serpenti, e l’occhio viene irretito, non coordina i propri obiettivi, esaspera i prolungamenti, ingigantendo o raffreddando i percorsi, così come NewYork che non ti offre parametri o punti di riferimento alcuno. Ho provato più volte a misurare l’altezza delle torri, sguinzagliando gli occhi in tutte le direzioni, ma i conti in questa smisurata città non tornano mai. Forse qui il fascino segreto di una bellissima ma anche perfida donna che tanto promette ma poco o niente concede mai. Questo, il mio minuscolo tentativo di svelare il volto di questa città, che si voglia o no, centro inesausto del mondo: credo poco abbia aggiunto al fascino inedito di una metropoli, così tanto ricolma di orrida bellezza. Gastone Biggi Casa Rossa di Tordenaso, 2013

Note 1) i basilischi sono i fannulloni o vitelloni del sud 2) scarpe 3) sangue 4) industrie 5) industrie 6) celebre borsa della moda parigina 7) tutte le vetrine 8) scale di cartone per issarci i figurini 9) il porto di N.Y. 10) preziosa pietra blu 11) collare di pizzo spagnolo 12) dollari 13) portuali genovesi 14) il cesto di Caravaggio dell’Ambrosiana a Milano 15) insieme di ragazzi di strada 16) ubriachi 17) tavole

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IN DEBT TO NEW YORK

I am indebted to New York, I am indebted to a wonderful and original city, I feel indebted even after my usual and certain comebacks. An unexpected city with its huge basilisks (1) gazing (from the clouds) at that turbulent and labored breathing of such a stone dinosaur. New York has nothing to do with the other metropolis being snowed under mere mortals. New York is a city for Cyclops; it is a place where people strive to live day after day; it is a city where the dollar dominates from a Street to an Avenue; where its pale-green shade must be - if any in tune with the dark side of trousers of every day. New York has no skies, it has immense fetid blue plates, with clouds on board passing in a quick and not in a merciful manner. It is beautiful, it is ugly, it is pretty insipid and horrible, it is stinking in its Bronxs, and very sweet-smelling along its Avenues, tasteless in Harlem quarters, unbearably soft in its artistic villages, nourished and done by those bewildered borderline blues. I ploughed that land more than once, with my cloth footwear (2), feeling pains in my feet, and sharing the cadenced provenance, looking hard at the sky to catch a likely reawakening from that dull state of apathy, mixing its tone with the manholes’ fumes. People come to people, changing their appearance into circulating and infected dark blood (3), nearly into their dirty vacuity. I don’t know yet which siren dwells there; I don’t even have any news about its past enticement. It is a new siren type, maybe generated by either Fonis (4) or Enterprise Corporation (5); the only thing I know is that Ulysses has never been its client; rather, it sounds like the gods abandoned ‘her’ barefoot and undressed on Labrador shores. Walking in the streets, I often look myself in the mirrors of the huge markets, and the rain of shoes by Vuitton (6) assails me and my poor eyes, and all the windows stuff (7) scattered everywhere on the stairs (8) flood me with those slender figures dressed only in that harmonious nothing by Armani. The inhuman height of the towers makes me dizzy, it reduces my weight and my height, making on me an untimely reduction, and a sensation of outrage towards a city that sounds likely to measure myself step by step. I would like, as a painter, to discover the colors and the writings coming from the bowels of such a huge and unexpected apple, which came to life and ripened in Dutch waters of Flemish sea, and Manhattan overwhelmed with harbors (9). But New York colors and writings belong to a planet which was never part of us: they are about shades and writings which are unknown to the European palette. They have neither lapis lazuli senese (10), nor the real charcoal typical of Florence. There is neither the Byzanthine caliphs’ gold, nor the mediterranean breeze gliding inexhaustible on the European tissues. However, there exists the Hudson saltpetre, that stink of a little ocean drainage which fastens Manhattan around a gas black ruff (11); there is also the colored hiccup by Puerto Ricans and black people, delivered among the Alabana lashes; there do are the angry writings from an abandoned Ireland, whose green colors have met the federal currency (12), and there is the tacit strain and effort of the ancient longshoremen (13), sons of a Genoese lantern, a finding derived from the Ligurian Sea. I have tried to offer on canvas only a tiny part of the large and numerous feelings that in this city you must be good at grasping and understanding, because

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New York does not tell a secret, it does not open its harms, it does not give a smile any other European city offers you, but it only - and more than Paris does - gives at once the permission to be there. If, after that, you also want to taste such an apple, which is more rotten than mature, as it came out of an infected basket by Caravaggio (14), then you can go either to Harlem, full of young men (15) a cruel and horror labyrinth, or to Bronx, where humans mix up, where reds are overwhelmed by carelessness, by festering air, and wintry freezing ices. The same way are the grass snakes’ greens, gloomy and translucent, and the browns drunk (16) with beer and strengthening acids for drugs and fasting. The black bridge of Brooklyn looks like it closes with force what is both finished and provisional, which mix up, and which let themselves half-view, being since long time taken apart from each other, waiting for a freedom sunrise able to turn that very gloom, black placenta at least into a grey tone. I wander and wander astonished, I am exhausted but content, and everything keeps going in its implacable order, where splendor, gold and richness seem to nourish each other, busily, with the big income tables (17) which, in height, compete with the towers. The greens of Central Park are pretender tones, and they promise flowers and charm, but at some fixed hours, and before the dark night removes any traces to turn into an obscene need: the flowers have closed to open again with the sunny morning light coming through the glasses. Meanwhile, the underground, like a gigantic queen bee, swallow on and on a million of men still appearing afraid from the wide open doors, as they wanted to escape from a given fate, while the worn-out-white tunnels looks like they swallow everything around. The air is heavy, a sirocco air, it makes the survivors sleepy, makes them humid and squeezed of sweat and fat; some black people tickle the painful strings of an aslant guitar. Now the city sends the bill, it gather and send to hell people who are ‘at the terminus’. Here New York does not tell a lie, you can fully grasp its essence, you here at least understand that “the death of a commercial traveler” has always travelled along these tracks. Writings become longer and slither along the ground like snakes; the eye is now seduced, it does not coordinate its objectives, it exacerbates the lengthening, making either bigger or cooler paths, just like New York which gives you no reference mark at all. Many times I have tried to measure the towers, setting my eyes everywhere on them, but the accounts never balance in this measured city. Maybe here is the secret charm of a fascinating and beautiful woman who always promises and never allows. This was my tiny effort to disclose the thousand facets of this city, believe it or not, the heart of everything: I believe I have added very little to the fresh charm of such a metropolis, overflowing with terrible beauty. Gastone Biggi Casa Rossa di Tordenaso, 2013

Notes

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1) Basilisks are either the idlers or the loafers of the South 2) shoes 3) blood 4) factories 5) factories 6) popular bag of Paris fashion style 7) all shop windows 8) carton shoes to stick imagines 9) The harbour of New York 10) blu precious stone 11) Spanish lace collar 12) dollars 13) dock workers from Genoa 14) the basket by Caravaggio at Ambrosiana in Milan 15) young men 16) drunk man 17) tables


Giulio Carlo Argan e Gastone Biggi


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i dipinti

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N.Y. Windshield 2012, industrial painting, cm 200x160 126


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Women Port 2012, industrial painting, cm 200x160 128


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New York Light 2011, industrial painting, cm 160x100 130


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Black day 2011, industrial painting, cm 160x100 132


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N.Y. Dynamo 2011, industrial painting, cm 160x100 134


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N.Y. Dynamo 2011, industrial painting, cm 160x100 136


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N.Y. Market day 2011, industrial painting, cm 100x80 138


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Thowers day 2011, industrial painting, cm 160x100 140


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N.Y. Port story 2011, industrial painting, cm 160x100 142


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N.Y. White 2011, industrial painting, cm 100x80 144


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N.Y. Machine 2011, industrial painting, cm 100x80 146


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N.Y. Madison Story 2011, industrial painting, cm 100x80 148


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N.Y. Other 2011, industrial painting, cm 160x100 150


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Giorno Newyorkese 2011, industrial painting, cm 80x60 152


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N.Y. Central Park story 2011, industrial painting, cm 160x100 154


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N.Y. Clouds 2011, industrial painting, cm 160x100 156


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N.Y. Little Italy story 2011, industrial painting, cm 160x100 158


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Kline day 2011, industrial painting, cm 160x100 160


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Hudson day 2011, industrial painting cm 100x160

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Black bridge 2011, industrial painting, cm 160x100 164


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N.Y. Harlem day 2011, industrial painting, cm 160x100 166


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N.Y. Rain 2011, industrial painting, cm 100x80 168


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N.Y. Pub 238 2012, industrial painting, cm 100x80 170


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N.Y Red Tower 2012, industrial painting, cm 100x80 172


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N.Y. Extra Time 2012, industrial painting, cm 100x80 174


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N.Y Black 2012, industrial painting, cm 100x80 176


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N.Y. Christmas 2012, industrial painting, cm 100x80 178


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N.Y. Harlem Night 2012, industrial painting, cm 100x80 180


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N.Y. Bronx Night 2013, industrial painting, cm 160x100 182


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N.Y. Partitura NewYorkese 2013, industrial painting, cm 160x100 184


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N.Y. Moon 2011, industrial painting, cm 100x80 186


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N.Y. Black secunda 2011, industrial painting, cm 160x100 188


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N.Y. Subway story 2011, industrial painting, cm 160x100 190


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N.Y. Rain 2011, industrial painting, cm 160x100 192


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BIO-BIBLIOGRAFIA

Gastone Biggi nasce a Roma il 12 febbraio 1925, (dice di se: “sono un romano antico, nato e vissuto all’ombra del Colosseo), nel mitico Rione Monti, dove sono nati anche Giulio Cesare, Petrolini e Apollinaire. Si diploma al Liceo Artistico dove insegnerà, in differenti sedi, fino al 1984. Durante il periodo bellico è prigioniero dell’esercito tedesco; nel 1946, durante la convalescenza per le torture subìte, inizia a dipingere all’ospedale di Sondalo. Nel 1949 e nel 1951, presentato da Mario Sinibaldi e dal musicologo Riccardo Milano, tiene due esposizioni personali presso la Galleria Fiorani di Roma, dove espone l’opera Gli ignoti 1948, che farà venire a Biggi l’idea di Realismo Astratto. Anticipazione di quello che maturerà più tardi, ma che fece però interrompere brevemente in lui l’idea di un figurativo solo realistico. Inizia l’interesse verso la musica. Le composizioni trarranno ispirazione dal mondo delle note (soprattutto Bach). Nel 1950 partecipa al Premio Michetti con l’opera Periferia, di ispirazione sociale, per la quale ottiene una segnalazione dal critico Ugo Moretti. L’anno successivo compie un viaggio a Parigi, il primo di una lunga serie, dove si intrecciano, in modo sistematico, studio e pittura. Al ritorno riallaccia i contatti con il contesto romano, incontra Igor Strawinsky durante il suo primo concerto romano, frequenta gli artisti della Scuola del Portonaccio (tra i quali Buratti, Muccini e Vespignani), in seguito i pittori con i quali formerà il Gruppo 56 e con gli stessi esporrà alla Galleria La Finestra nel 1957. Nel 1952, incoraggiato da Irene Brin e Gasparo Del Corso espone alla Galleria l’Obelisco di Roma opere pointillistes e realizza la scenografia de “Gli Uccelli” di Aristofane al Teatro delle Maschere di Roma. Inizia da qui il suo impegno come insegnante nella scuola. Nel 1956 tiene una personale alla Galleria Il Pincio, dove già aveva esposto nel 1955 presentato da Stefano D’Arrigo e Giulio Picciotti. E’ proprio del 1957, dopo l’ esecuzione di una serie di opere di ispirazione giottesca, la fine della fase del realismo sociale di Biggi: con Le Cancellate che espone alla Galleria Il Camino di Roma nel 1957 presentato da Renato Giani e soprattutto con I Racconti, Le Lettere e Le Sabbie del 1958 si avvicina all’ Informale, che espone a Roma La Tartaruga, nello stesso anno, dove usando frammenti di materia e di memoria tende a realizzare la superficie del ricordo. La Radiotelevisione Italiana gli dedica una trasmissione radiofonica per la rubrica “ultimo quarto” che va in onda nel 1960 curata da Giovanni Artieri e Renato Giani, dal titolo “Gastone Biggi e la Vespa”, il mezzo con cui ha girato tutta l’Italia spingendosi nel 1967 sino a Berlino; intanto ha contatti con gli autori di Forma 1 (Dorazio, Scialoja, Turcato, Perilli); già nel 1959 espone I racconti e Le Sabbie alla Galleria Discotheque e nel 1960 entra in contatto con Giulio Carlo Argan che, con Palma Bucarelli, Lionello Venturi e Nello Ponente, è particolarmente attento alle ricerche di quell’ambito, e con i quali inizia un lungo rapporto di stima ed amicizia. Gli vengono conferiti premi ed incarichi didattici (insegna Disegno Pubblicitario alla “Diaz” di Roma); riprende i viaggi in Francia, abbandona l’Informale e torna alla forma con i Continui segnici, abolendo il colore e dipingendo

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solo con il bianco e il nero, a Genova dove conosce Roberto e Rinaldo Rotta. Espone alla rassegna L’ Arte di Roma e Lazio (in seguito chiamata Biennale Romana) i primi dipinti astratti (Continui, Omaggio a Bach); nel 1962 fonda, con Frascà, Carrino, Santoro, Uncini e Pace, il Gruppo 1 che espone per la prima volta a Firenze a Il Quadrante e alla Galleria Rotta a Genova; nell’aprile, sempre 1963, espone con il Gruppo 1 alla IV Rassega di Roma e del Lazio al Palazzo delle Esposizioni; partecipa al Convegno interdisciplinare Scelte e proposte. Musica Poesia Pittura a L’ Aquila, presieduto da Giulio Carlo Argan, con il Gruppo 1 e i compositori di musica contemporanea, da Stockhausen a Clementi a Berio ed inoltre con il Gruppo 63 di Sanguineti, Giuliani, Balestrino, Porta e Vivaldi. Espone, sempre con il Gruppo 1, nel 1963, alla mostra Oltre l’ informale nella Repubblica di San Marino curata da Argan dove con il Gruppo 1 vince il 2° Premio Internazionale e incontra Pier Francastel, partecipa al Convegno di Verucchio, nel luglio 1963, legge la Dichiarazione di poetica del Gruppo. Il Gruppo Uno intensificherà sempre di più la sua attività basata sulla realizzazione di una comunità operativa per la quale il pittore, pur mantenendo la sua specificità tenda a confrontarsi con le altre arti a lui affini, soprattutto la musica. In seguito Biggi espone sempre con il Gruppo 1, a Roma alla Galleria La Medusa e poi ancora a Monaco, Nuova Delhi, Nijigata, Hamhel. Vince il Primo Premio del Ministero della Pubblica Istruzione ex-equo con Scifano. Nel 1964 collabora alla stesura del secondo manifesto del Gruppo 1 la Poetica della percezione in occasione della mostra del Gruppo alla Galleria Il Cavallino di Venezia dove c’è l’incontro con Luigi Nono e Emilio Vedova. In occasione della Biennale incontra a Venezia Louise Nevelsen. Nel 1965 cessa la sua adesione al Gruppo 1 e partecipa alla IX Quadriennale Nazionale Romana. Nel 1966 inizia a lavorare su le Variabili e partecipa ad una importante esposizione sull’arte italiana contemporanea, Italian Art of XX Centur, al Baltimore Art Museum e al “Italian Abstract Art” Gibson Fondation Chesterthow USA. Nel 1967 pubblica, a cura dell’editrice Foglio, Nascita di un punto datata 1962; espone a Genova alla Galleria Carabaga, a Cortina d’ Ampezzo al Circolo Artistico, a Cagliari al Centro Culturale presentato da Corrado Maltese, e a Roma dove espone altre Variabili alla Galleria Il Bilico presentato da G.C.Argan, Aldo Clementi e Piero Dorazio; esegue quattro grandi tele per il santuario di Collevalenza (Todi) su commissione del grande architetto spagnolo Lafuente. Vince nel 1967 il Premio Finmare (Premio Michetti). Stringe un proficuo rapporto con Rosario Assunto e Goffredo Petrassi. Biggi in questo anno intensifica i suoi viaggi in Europa: Germania, Francia, Austria, Norvegia, Svizzera e Svezia, fino in Russia. Cambia la sua indagine pittorica, passa al discoforme con la serie delle Variabili e ritorna, dopo anni di bianco e nero, al colore. I primi anni Settanta lo vedono molto presente anche all’estero dove le esposizioni personali di Biggi iniziano a moltiplicarsi. Inoltre il suo impegno rimane inalterato anche nella scrittura e nella musica, grandi passioni dell’artista. Nel 1968 è invitato alla VI Biennale Romana al Palazzo delle Esposizioni e alla Biennale di Passignano da Nello Ponente che ne presenterà la personale alla Galleria Stamperia del Foglio di Roma, nell’aprile del 1969. Nel corso dello stesso anno partecipa alla mostra delle nuove acquisizioni della Galleria Nazionale d’ Arte Moderna di Roma e alla rassegna Coincidenze, a Massafra e poi a Firenze e a Torino. Nel 1970 vince il XV° Premio Termoli, espone in diverse sedi spagnole nell’ambito della rassegna Pittori contemporanei Italiani nei musei di Madrid, Barcellona, Valencia e Siviglia. Incontra a Roma Jean Paul Sartre, Roudolph Arnheim, Hans Hartung, Galvano della Volpe e Murilo Mendes, il quale scriverà: “i quadri di Gastone Biggi mi aiutano a vivere…”. Cambia la sua indagine pittorica, passa al discoforme con la serie delle Variabili e

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ritorna, dopo anni di bianco e nero, al colore. I primi anni Settanta lo vedono molto presente anche all’estero dove le esposizioni personali di Biggi iniziano a moltiplicarsi. Inoltre il suo impegno rimane inalterato anche nella scrittura e nella musica, grandi passioni dell’artista. Collabora dal 1970 con il quotidiano “L’Umanità” curando la rubrica “Azzerando. Nel 1971 affianca all’intensa attività espositiva, tra l’altro propone opere alla galleria Contini di Roma presentato da Cesare Vivaldi e Murilo Mendes, alla galleria Morone 6 a Milano, la collaborazione alla stesura dell’Almanacco dei Poeti su invito di Guido Ballo avvicinandosi così al contesto milanese; partecipa alla mostra Scrittura-pittura con Schifano, Angeli, Festa, Kounellis, Twombly e Novelli, alla Galleria Contini di Roma. Nel 1972 espone in Venezuela (Ciudad Bolivar), a Londra (alla Bertrand Russell Centenary International Exhibition), a Madrid (al XX Salon di Grabado Contemporaneo) e in diverse sedi italiane con tre antologiche presentate da Paolo Fossati (Galleria Mantra a Torino, galleria Rondanini a Roma Galleria Morone a Milano) espone poi alla Galleria Ferrari a Verona; nel 1973 espone alla X Quadriennale di Roma, dove Palma Bucarelli acquista per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e per la Galleria Comunale di Roma tre grandi opere che sono in dotazione nelle rispettive sedi. Vince il Primo Premio a Termoli. Dopo aver discettato sulle Variabili e averle portate all’esasperazione cromatica, ritorna al bianco (la luce), il grigio (il tempo), il nero (le origini) segnati dalla grafite, nella serie Continui secondi. Nel 1975 era iniziata intanto la stesura del libro Bisny. Da Bisanzio a New York e metà degli anni settanta, la sua ricerca si rivolge ad operare sui cerchi e sulle tangenze studiando la possibilità dell’evidenziazione timbrica e materica mediante incidenze segniche: nascono le Tangenziali, fatte solo di cromie povere. Nel 1976 è preside al Liceo Artistico di Ravenna dove tiene anche una importante serie di interventi critici. Nel 1977 inizia a dipingere la serie dei Ritmi di grandi dimensioni, ancora in bianco e nero che proseguirà per oltre due anni, nel 1978 inizia la serie Cieli e si trasferisce a Marina di Ravenna. Con i Cieli riprende in pieno il colore, caricato dall’uso dei pastelli e delle cere. Svilupperà questo tema per alcuni anni, esponendo molto e riscuotendo grande consenso di pubblico e di critica, soprattutto in CentroNord Europa. Nel 1980 torna a Roma, espone la sua produzione recente alla galleria Editalia presentato da Nello Ponente dove incontra Fausto Melotti e Mauro Reggiani. Viene inviato ad esporre alla rassegna Linee della ricerca artistica italiana al Palazzo delle Esposizioni a Roma curata da Nello Ponente e Claudia Terenzi. Nel 1981 espone i primi Cieli alla galleria Spatia di Bolzano presentata da Luigi Lambertini, a cui affianca i Cieli secondi, come evoluzione di quella prima serie e pubblica per la rivista “Literatur und Kritik” di Salisburgo (Austria), una serie di poesie dedicate a Schubert e a Vienna. Dopo un lungo viaggio in Francia, alla ricerca di ispirazione dal romanico e dal gotico (ha una forte passione per le vetrate di Chartres), inizia a dipingere I Giorni opere di grande spontaneità ed immediatezza. Nel 1983 espone la serie dei Giorni alla Galleria Mèta di Bolzano presentata da Luigi Lambertini e all’Expo di Bari con la Galleria Lo Spazio di Napoli. Nel 1984 lascia Roma per trasferirsi nella campagna senese, a Valacchio, e lascia l’ insegnamento. Proprio questi paesaggi saranno la nuova esperienza chiaramente visibile nella evoluzione dei Cieli e soprattutto nel successivo ciclo de I Campi, 1985, dove l’ordito dei segni e dei colori tende a riflettere le innumerevoli vibrazioni della luce, per ritrarre le emozioni che l’artista prova. Nel 1985 partecipa alla Mostra Italiana negli Anni Sessanta nelle collezioni della Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino al Castello di Rivoli di Torino. Sempre nel 1985 e a Roma, in Roma a Spazio Documento con cui collaborerà tenendo conferenze sui rapporti tra musica e pittura. Nel 1987, è invitato dai comuni della

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Lunigiana (Arcola, Sarzana, Bocca di Magra) per una serie di iniziative legate alla costituzione del Museo della Bassa Lunigiana. Dopo tre anni di soggiorno senese, torna nel Lazio e si trasferisce a Genzano di Roma, dove inizia una serie di nuove opere I Canti della Memoria, concepite con estrema libertà nel tentativo di coniugare l’astrazione dell’idea con le realtà della visione e della memoria, in una sorta di figurazione dove possano apparire elementi del più oggettivo campionario visivo, ma trasfigurati all’atto stesso della realizzazione dal filtro della cultura e dell’esperienza operativa. Nel 1988 espone alla Galleria Comunale di Genzano per la prima volta la serie dei Campi. Espone anche a Bologna alla Galleria Spazio, a Imola nei Chiostri di S.Domenico, e una grande Antologica a Nemi a Palazzo Ruspoli presentata da Mariano Apa e Paola Serra-Zanetti. Del periodo di Genzano abbiamo I Canti della Memoria e le Luci, un ritorno alla cromia azzurra, tipica colorazione dell’aria pura e dei cieli tersi dei Colli Albani. Continua a viaggiare molto. Importantissimo in questo periodo è un lungo soggiorno in America, dove lo colpiscono soprattutto lo splendore dei grattacieli di Manhattan e la durezza nera dei sobborghi. Nel 1989 è invitato alla mostra dell’Università La Sapienza di Roma Orientamenti dell’Arte Italiana 1947-1982 a cura di Simonetta Lux. Nello stesso anno compie il primo dei suoi quattro viaggi negli USA dalle cui esperienze ricava la Suite Americana e New York-New York, che proseguiranno nel 1990 e verranno esposte a Verona alla Galleria Cinquetti, a Milano alla Galleria Spazio Temporaneo la serie Le Luci, presentato da Paola Serra Zanetti, a Cavriago alla Galleria Comunale presentato da Elena Pontiggia. Partecipa infine alla rassegna Roma anni 60 curata da Maurizio Calvesi. Collabora in questi anni con la rivista d’arte “ART LEADER” con la rubrica “Dibattiti” e con la rivista “TERZOCCHIO” con la rubrica “Parole d’artista” Nella primavera del 1990 si trasferisce a Milano, nel nuovo studio milanese riprende le Luci, elaborate dopo l’esperienza americana ed arricchite dal soggiorno milanese. Ed è proprio Milano e la sua atmosfera rigorosa ad ispirare le Tabule, serie dove è il fondo il vero protagonista del quadro. In questi anni stringe rapporti con Rodolfo Aricò, Carmelo Cappello, Walter Valentini, Valentino Vago, Mario Raciti, Claudio Olivieri, oltre che con Luciano Caramel. Nel 1991 proseguono le esposizioni a Milano (presenta I continui a Spazio Temporaneo presentati da Luciano Caramel) e a Verona (espone con la Galleria Cinquetti presentato da Vittoria Coen); partecipa alla mostra Nove artisti Italiani a Strasburgo, presentato da Patrizia Serra; nel 1992 Elena Pontiggia lo invita alla rassegna Il Miraggio della Liricità, organizzata dal Comune di Milano e esposta a Stoccolma, dove precedentemente ha esposto con una personale alla Art Galerie Contemporanea i Canti della memoria del 1988. Si moltiplicano i suoi viaggi, andando in Irlanda e in Spagna. Il nomadismo di Biggi continua nel 1992: si trasferisce a Verona. Ed anche qui come sempre viene ispirato per un nuovo percorso: le Costellazioni. Ogni esperienza di viaggio per Biggi è un momento di arricchimento e di riflessione sia per le sue pitture che per i suoi scritti. Viene pubblicato nelle edizioni Bora Bisny, presentato a Brera da Elena Pontiggia. Nel 1993 torna a lavorare alle Costellazioni, che esporrà nel 1994 a Verona, Novara e a Bologna con una mostra personale all’Arte Fiera. Nel settembre del 1994 si trasferisce a Langhirano con il pittore Giorgio Kiaris (suo assistente e collaboratore) con il quale da quest’anno organizzano insieme mostre, dibattiti e lezioni. Nel 1995 espone al Centro Steccata di Parma. A Bologna, per le edizioni Bora, viene pubblicato il volume Io gli anni ’60 ed il Gruppo Uno. Nel marzo 1995 inizia a lavorare alla serie delle Icone, dove riprende l’uso della sabbia e della segatura in maniera solenne, quasi ieratica. Nello stesso tempo, prende forma il progetto dell’Anno Padano che riflette gli

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umori, le luci, le passioni della terra emiliana dove ora vive. Gli stessi sentimenti che sono anche alla base della creazione dei quattro grandi quadri dedicati alle stagioni. Nel 1996 vince il I° Premio Sulmona per la pittura. Nel 1997 e 1998 torna ad esporre a Roma alla Galleria Edieuropa, riprende poi a dipingere le Icone metropolitane e partecipa alla rassegna di Termoli, Gruppo Uno 1962-1964, a cura di Luciano Caramel e Patrizia Ferri. Vince il I° Premio Sulmona per la critica d’Arte. Dopo una parentesi ispirata dall’ambiente circostante, inizia la serie Diari dove l’intento è di ristabilire quei contatti necessari perché l’opera non rimanga imbalsamata, ma segua anche le tematiche sociali, tanto care a questo artista. Nel 1999 viene pubblicato Autoritratto 1947-1999, a cura di Marco Tonelli, in occasione della rassegna monografica al Palazzo Ducale di Colorno e al Centro Culturale di Langhirano. Nel 2000 inizia a dipingere le Cosmocromie che vengono presentate a Montecassiano (MC), Piazza delle Erbe Private Art Gallery, e a Milano alla Galleria Vinciana da Elena Pontiggia ed Eugenio Miccini. Nel 2002 espone al Centro Culturale di Langhirano Le Cosmocromie 2000-2002, a cura dell’assessore alla Cultura, Maria Elisa Canali, nello stesso anno la Pinacoteca Comunale di Calasetta (Cagliari), acquisisce una sua opera (Variabile monocroma). Nel 2004 espone a Mantova alla Casa del Mantegna, nell’ambito della rassegna collettiva sulla pittura italiana nel secondo Novecento, L’ incanto della Pittura curata da Claudio Cerritelli. L’incontro con Arturo Carlo Quintavalle, con il quale instaura un fecondo rapporto critico e di lavoro, sarà l’occasione per donare al CSAC dell’Università di Parma, una serie di opere grafiche e pittoriche che verranno esposte alle Scuderie della Pilotta nel settembre del 2004 e che verranno presentate nel libro Gastone Biggi, Skira editore, da A.C. Quintavalle. Nello stesso anno espone a Brescia nella Galleria Art Time una antologica dal titolo Testimoni a favore, iniziando il rapporto di amicizia e di collaborazione con Marzia Spatafora e Francesco Boni. Nel 2005 con l’Editore Maretti pubblica il volume Incursioni d’artista, esponendo le sue opere a Monte Carlo (Monaco) ed alla GAM di Faenza, in collaborazione con la Galleria Art Time di Brescia. Di fondamentale importanza sono state le ultime produzioni: le Incursioni d’artista e gli Eventi, che hanno dettato la stesura nel 2005, del Manifesto del Realismo Astratto con il quale definitivamente, pone le basi della sua lunga ricerca nell’ambito della lettura delle opere dipinte, abbattendo la diarchia tra astrazione e realismo, considerata sin dal primo quadro da egli stesso, convergente in un’unica direzione. Egli scrive:“ Ho pensato perciò nella mia ultima ricerca, cioè negli Eventi, di ritrovare il bandolo di una realtà smarrita, ... non restaurazione, ... ma un movimento in avanti come questo, che io chiamerei Realismo Astratto, dove tutte le figurazioni del reale, passate al filtro delle grammatiche astratte, possano ripresentarsi a noi con una luce inedita, diversa.” Ed ancora una volta, Biggi contesta la presunta fine della pittura con l’unico modo con cui lo può fare un pittore: dipingendo. E il suo ostinato ricercare le pieghe, le sfumature, le note più alte e più profonde del colore, ha anche questo significato: dimostrare che la pittura non deve essere attuale, e nemmeno essere moderna, perchè è eterna e che, come egli afferma “il mondo non ha bisogno di antichi e nuovi dolori, ma piuttosto, di nuove serenità e di nuove bellezze”. Nel giugno del 2006 presso GAMeC Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Bergamo, partecipa alla mostra Debutto d’artista: I Premi d’incoraggiamento 1942-1964, a cura di A. Rorro e A. Barbato catalogo, Palombi & Partner. Biggi vinse il premio del Ministero della Pubblica Istruzione nel 1964, entrando nella collezione permanente della GNAM di Roma. Nel dicembre 2006 presso la “Fondazione Riva” a Venezia, presenta in anteprima il ciclo di pitture dal titolo

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New York- New York 1989-2006 pubblicando per l’occasione il volume che le raccoglie curato e presentato da Claudio Cerritelli, che nel 2007 all’ARTE FIERA di Bologna, verrà presentato allo stand dell’Editore Maretti ed in primavera, insieme ad una mostra a Brescia nella Galleria Art Time. Questo ciclo di New York, è realizzato su tela sabbiata e con inserti di collage multiforme. Nel marzo 2008 pubblica il libro d’artista “Minimilano”, edito da Silvia Editrice, un taccuino di poesie e gouachessu Milano e il romanzo “Anelio” (una storia milanese). e inaugura a Milano alla Casa del Pane, Casello Ovest di Porta Venezia la mostra E la pittura continua...60 anni di pittura: 1948-2008 di Gastone Biggi, a cura di Gianluca Ranzi (catalogo Christian Maretti Editore), che riassume l’avventura artistica del suo articolato percorso, dove presenta in anteprima, la serie degli Ayron, che inizia a dipingere dall’estate del 2007, opere contraddistinte dalla dicotomia di segno e forma. A settembre a Sarzana, nella Fortezza Firmafede, partecipa alla mostra: Gli anni del LAB L’esperienza del Laboratorio di Arte Contemporanea della Lunigiana, a cura di Mara Borzone e Sandra Solimano (Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce, Genova). Sono presenti i maggiori rappresentanti dell’arte contemporanea italiana e internazionale, a distanza Nel 2009 è invitato alla 53^ Biennale d’Arte di Venezia, esponendo la serie delle Puntocromie nella prestigiosa cornice di Palazzo Zenobio, Collegio Armeno, intitolando la mostra: “Datemi un punto d’appoggio e vi dipingerò il mondo”, mostra a cura di Marzia Spatafora e presentata da Elena Pontiggia. Gastone Biggi in questa Biennale, mette a confronto i suoi famosi Continui con le più recenti Puntocromie, che non sono altro che un’evoluzione dello stesso lavoro, visto con una chiave di lettura più aderente alla realtà odierna. Nel mese di dicembre pubblica il libro “Tutta un’altra storia…”, edito da Studi Uniti, rivisitazione ironica della storia dalle origini ai nostri giorni. Nel gennaio 2010, a Roma nella libreria Fontanella Borghese, viene presentato al pubblico il volume edito da Christian Maretti della mostra alla Biennale Veneziana, presenti Elena Pontiggia e Gastone Biggi. Inizia a dipingere la serie dei Fleurs, opere ispirate ai fiori ma con titoli e nomi di fantasia, come se l’artista avesse scritto un nuovo abbecedario botanico. Questi quadri di estrema freschezza racchiudono in un’unica essenza il concetto di Realismo Astratto dopo l’eperienza delle Puntocromie. Nel settembre dello stesso anno, inaugura nelle suntuose sale del piano nobile di Palazzo Sant’Elia a Palermo, sotto l’egida della Provincia, la personale dal titolo Gastone Biggi Attraversamenti. Mostra organizzata da Marzia Spatafora, a cura di Francesco Gallo e con presentazione in catalogo (Christian Maretti Editore) di Gianluca Ranzi. Importante retrospettiva con l’esposizione dai primi quadri figurativi sino ai Fleurs e per la prima volta del ciclo Guerra e Pace, appartenente alla serie Eventi. Scrive la sua esperienza degli anni vissuti a Roma prima del 1960, che considera fondamentali e d ancora più vitali degli anni a venire; pubblicando con l’Editore Maretti nel mese di dicembre 2010 Gli anni 50 “La svolta”, che viene presentato a Bologna ARTE FIERA nel mese di gennaio 2011. Nel settembre 2011, Gastone Biggi Shanghai. Mostra personale a cura di Gianluca Ranzi, presso l’ Urban Planning Exhibition Center, Shanghai, Cina. Importantissima mostra antologica con tutte opere di grande dimensione, insieme agli stessi Fleurs, che dipinge per la speciale occasione (catalogo Christian Maretti Editore); a dicembre partecipa alla rassegna dal titolo Tra figurativo astratto e nuova figurazione presso il Museo dell’Arciconfraternita dei Genovesi di Cagliari a cura di Daniele Lastretti. Nel mese di luglio 2012 al Museo di Villa Colloredo Mels di Recanati, partecipa alla rassegna La casa di Peschi, collettiva di opere su carta di maestri intenazionali a cura di Roberto Rossini e Laura Melone. Nel mese di dicembre pubblica sempre con Maretti Editore, Il Realismo Astratto, Fenomelogia e Cause, un colto e ricchissimo

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saggio del pensiero di Gastone Biggi, dove ripercorre tutta la sua storia nella ricerca continua di quello che ha ispirato il Realismo Astratto dal 1949 ad oggi. Nel dicembre 2012 è allestita negli spazi del Padiglione B di MACRO Testaccio, Dalla collezione MACRO, una selezione di opere provenienti dalla collezione permanente del Museo. La parte iniziale del percorso espositivo raccoglie un nucleo di dipinti di artisti storici, tra i quali: Mario Ballocco, Gianfranco Baruchello, Gastone Biggi, Enrico Castellani, Sergio Lombardo, Titina Maselli e Claudio Verna; contrassegnati da una ricerca di tipo formale, volta allo studio delle componenti geometricocromatiche e più in generale della superficie pittorica. Questi lavori testimoniano come la ricerca artistica italiana, in particolare negli anni sessanta e novanta, abbia contribuito al rinnovamento delle tendenze astrattiste, conducendo al superamento della bidimensionalità pittorica attraverso l’uso del colore e la modulazione del supporto. Nel marzo 2013 a Spoleto, Gianluca Marziani cura la mostra a Palazzo Collicola, l’Antologica di Gastone Biggi che ricalca il progetto del 2011 presentato all’Urban Planning Exhibition di Shanghai. Anche a Spoleto si segue un andamento per cicli tematici, distribuiti con la progressione temporale della sua lunga carriera, coprendo un arco che parte dagli anni Sessanta e attraversa i decenni fino al presente. A chiudere la mostra il grande ciclo dedicato a New York, allestito nella lunga Galleria del Piano Mostre. Nell’ambito delle sue attività culturali ha tenuto conferenze e dibattiti d’arte, a Roma, Bologna, Milano, Genova, Venezia, Ravenna, Brescia Faenza, Bolzano, Parma, Cagliari ed altre città italiane. Vive e lavora nella Casa Rossa di Tordenaso sulle colline parmensi.

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schegge …Indubbiamente compete al Biggi una posizione di guida tra gli artisti di avanguardia. Penso che egli sia destinato a scrivere una pagina decisiva, capitale, nel libro d’oro dell’arte italiana. Mario Michele Sinibaldi Roma, dicembre 1949

…Biggi è pittore che si può aspettare, aspettare ben oltre quel limite. Egli vale certamente di più… E questo è, infine, il nostro giudizio su di lui, al di là degli appunti che valeva bene la pena di muovergli. Stefano D’Arrigo Roma, Ottobre 1955

…si veda la grande libertà del disegno di Biggi pari solamente ai due grandi maestri che l’hanno ispirato, Braque e Matisse… …Per Roma, il primo capitolo si apre sotto una data di felicità. Renato Giani Roma, ottobre 1957

La strada che Biggi persegue richiede il segno d’una forte coscienza, proprio perché fin troppo irta di ambiguità in agguato e di degenerazioni sempre possibili di carattere tardo-romantico... ». Guido Montana Genova, febbraio 1962

…Biggi studia la nascita dello spazio-luce da un ritmo di frequenze alternate… Giulio Carlo Argan Firenze - Genova, febbraio 1963

…In Biggi, nel ripetersi meccanico di un segno continuo, all’infinito, si tradiscono come in un cardiogramma gl’impulsi incontrollati di un ritmo interno che nelle sue precedenti pitture provocava nel fitto tessuto delle colature del colore zone improvvise di accumulo o di rarefazione, e un’infinità di piccole smagliature. … Palma Bucarelli Firenze, febbraio 1963

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…Biggi riduce al bianco e nero ogni colorazione, e pure ne arricchisce la luminosità proprio per mezzo della struttura, variata nel positivo e negativo dei punti-immagine. … Nello Ponente Firenze - Genova, febbraio 1963

... Gastone Biggi della nostra civiltà non raccoglie i detriti più illustri per schematizzarci, come fa Carrino, ma al pari di Carrino si serve di certi effetti psicologici basati sugli impulsi al nervo ottico trasmessi da una frequenza intermittente di immagini luminose apparentemente cambianti e in movimento. La sua pittura non ignora insomma le più recenti conquiste nel campo della cibernetica, della topologia e della teoria organizzata della gestalt. Giancarlo Politi Roma, 1963

…Non è la questione delle tecniche operative che si pone in primo piano: Frascà e Biggi operano con tecniche e materiali tradizionali, Carrino e Uncini con materiali e tecniche nuovi. È il sistema segnico delle proporzioni, come tradizionale struttura o sistema della visione: e in questo senso l’opera dei quattro artisti procede sperimentalmente in direzioni diverse anche se coordinate, poiché il nocciolo della questione è pur sempre la validità di una struttura comune che serva all’esperienza individuale. Individuale e, secondo la imprecisa terminologia corrente, perfino originariamente inconscia è ipotesi dello schema, o piuttosto, dello schermo percettivo: il retino puntinato di Biggi le losanghe e le croci diagonali di Frascà, i «manufatti» di Carrino e Uncini. … Giulio Carlo Argan Venezia, dicembre 1964

…In due sensi si può parlare di pointillisme per la pittura di Bìggi: nel senso che il termine ha avuto nella pittura moderna, con e dopo Seurat… …Biggi non immagina o concepisce il quadro, si pone in una disposizione operativa costante: recepisce e comunica. … Giulio Carlo Argan Roma, 1967

…La ricerca di Biggi non ha, dunque, una normalità prestabilita, ne mira a scoprire alcuna legge strutturale; la sua preoccupazione preminente pare quella di indagare il ritmo interno dei segni in relazione. Sicché, in sostanza, la sua pittura realizza un’esperienza nell’area del linguaggio, dunque nella ricerca storica e non pragmatica dell’arte. Italo Tomassoni Roma, 1967

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…È alla luce di un’indubbia affinità con alcuni fondamentali problemi musicali di oggi che è interessante per un musicista di soffermarsi sui quadri di Gastone Biggi (dal -63 a oggi): in qualche modo essi stessi sono una partitura… Aldo Clementi Roma, 1967

…Occorre un occhio molto attento e ben esercitato sulla pittura per leggere i quadri di Gastone Biggi. … …Ci si potrebbe fermare a contemplare per ore le straordinarie immagini che risultano come disegno endogeno o le figure che nascono dai «nodi». cioè dal modo in cui Biggi dispone, orienta e accosta i punti neri a quelli grigi su un fondo bianco, e poi come lega i punti bianchi a quest’ultimo. …Questi quadri significano, che la pittura si fa sul serio se si fa con la mano da pittore anche in un modo così severo, limitato e perciò coraggioso come questo. … …Dunque Biggi è fra i pochi pittori e dico pittori per sottolineare che la pittura diventa arte se si esprime con i propri mezzi risolvendo i problemi delle proprie strutture come linguaggio e cambiando aspetto. Piero Dorazio Roma, 1967

…Biggi si affianca a certe deduzioni dell’ultimo Marcuse e sembra invitare a meditarle e a discuterle a fondo con lui. Corrado Maltese Cagliari, 1967

…Con il che, mi sembra, Biggi non attribuisce al suo punto-modulo un significato puramente fisico, non lo confina cioè nel campo della percezione, ma lo carica di implicazioni morali, lo investe di tutta la complessitità della sua vita di uomo. … Cesare Vivaldi Roma, 1968

…Il dubbio di non poter (di non dover) dipingere non sfiora nemmeno Biggi. Finché resta salvo il procedimento, finché la tecnica pittorica resta quella che si realizza attraverso un intervento diretto (manuale felicemente manuale), non e è assuefazione, rinuncia. Ma colloquio, offerta rivolta e giustificazione della propria esistenza. È importante Nello Ponente Roma, aprile 1969

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Biggi non immagina o concepisce il quadro, si pone in una posizione operativa costante: recepisce e comunica. Tesse così uno schema, un pattern che. se potesse, sarebbe sempre uguale. Non può esserlo perché la mano non può fare due volte lo stesso segno e l’identità non esiste, anzi l’esistenza è la non identità, li secondo segno (benché tutti siano tondi) già contiene l’esperienza del primo, ne subisce l’influenza, ne è attratto o respinto, appartiene a un tempo, si colloca in un diverso punto dello spazio. … Giulio Carlo Argan Roma - Milano, 1971

…Ci troviamo di fronte alla realtà (storica o intemporale?) dell’artista e anche di fronte alla nostra, di fruitori. Pittura di una certa realtà non-quotidiana (mentale o allegorica, se vogliamo) che annettiamo al nostro territorio. Compiutasi nel tempo e nello spazio, essa ci libera dalla meschinità del tempo e dai soprusi dello spazio; ci ripresenta a Pitagora assoluto. Per questo considero Biggi un pittore essenziale. I suoi quadri mi aiutano a vivere. Murilo Mendes Roma - Milano, 1971

…Il tessuto vibrante e luminoso, visto come al microscopio, violentemente ingrandito, rivela oggi un’architettonicità essenziale, ridotta al minimo eppure ricchissima di implicazioni e di sviluppi. Cesare Vivaldi Roma - Milano, 1971

…Lo strano invece è che quasi sempre, più gli artisti sono autenticamente e scopertamente d’avanguardia, più nella loro vita appaiono come dei semplici, perfetti professionisti. Come nel caso di Gastone Biggi… Franco Simongini Roma, 1972

…Una fantasia razionalmente controllata eppure smagliante e insieme delicatissima: la «geometria che diventa poesia», la ragione che va oltre i suoi stessi limiti. Cesare Vivaldi Verona, 1973

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…È così confermata la ipotesi che la ricerca di Biggi verta sulle strutture variabili o sulla variabilità della struttura, proponendosi di dimostrare che la struttura non è affatto un assoluto, una sorta di entità metafisica, oltre la quale non si può andare: è invece un processo di strutturazione, che avviene nel corso di quello che Arnheim chiama il pensiero visivo. Un pensiero che, nel suo svolgersi, manifesta visivamente le proprie, fondamentali simmetrie. Giulio Carlo Argan Milano, ottobre 1973

L’archetipo sono dunque i cerchi allineati in file sovrapposte che sommuovono la superficie colorata del quadro, assumendo così non già le dimensioni limitative della variazione figurativa ma invece la connotazione precisa e stimolante d’una fantasia in continuo movimento, di una esaltazione umana e spirituale che affascina e seduce per una mutevolezza ritmica di spazio e di piani senza sosta nel tempo. Giorgio Mascherpa Roma, 1973

…Ed è facendo perno su questo procedimento di ripetizione variabile, che Biggi affronta la esperienza cromatica nella quale è tuttora impegnato. Una pittura retinica che esalta, alla pari, il dato percettivo e quello operativo in una globalità dell’esperienza e, quindi della coscienza, rinunciando alla memoria in favore della presenza ma non inaridendo questa nuova condizione di hic et nunc, ormai del tutto razionale, in una ripetizione tecnica a sfondo tautologico. Biggi si situa cioè ben discosto dalla sterile arte sull’arte di tanta “nuova pittura” oggi dilagante. Lorenza Trucchi Roma, 1975

…Biggi sembra rovesciare una classica domanda della pittura americana recente: fino a che punto la molteplicità possa avvicinarsi all’unità. Queste tele, mi pare, chiedono per quali vie l’unità possa avvicinarsi alla molteplicità delle ragioni di continuo messe in discussione. Ne il lavoro, come si diceva, sembra concluso. Paolo Fossati Torino, Roma, Milano 1975

…Una mostra da non perdere quella di Gastone Biggi, uno degli artisti più significativi della Capitale che espone nella grandi sale della Galleria Mantra di Torino… Augusto Minucci Torino, 1975

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Gastone Biggi; è stato, nei momento della crisi delle ricerche informali, una degli artisti che più si impegnò a concretizzare in modo originale, un proprio discorso fatto di rigore e di controllo della forma. Claudia Terenzi Roma, 1980

…Il cammino di Biggi è tutto tra le siepi del sentiero luminoso dell’esperienza della pittura moderna. …Sono simboli i quali possono esser stati sollecitati da un’occasione, da un ricordo, da una meditazione, da una gioia o da una tristezza. Simboli della vita dunque, quale potrebbe o dovrebbe essere se governata da una ragione capace di restituire valore ad ogni minimo impatto dell’essere. Nello Ponente Roma, 1980

…Basta rendersi conto di come Biggi struttura di colori sovrapposti di punti luce per capire che il metodo in lui è ossessione della ragione e che la costruzione è una grossa ambizione: fare un firmamento in miniatura dove nulla sfugga al controllo. … Dario Micacchi Roma, 1980

… La somma di emozioni che ho provato di fronte a questi nuovi dipinti di Gastone Biggi ed alla serie precedente di altri cieli, serie felicissima di tempere su carta, non è facilmente descrivibile… …Biggi, per dirla parafrasando Victor Hugo , che però faceva riferimento alla musica, con la pittura è riuscito ad esprimere ciò che non può essere tradotto in parole e che non può rimanere inespresso. Luigi Lambertini Napoli, febbraio 1982

Gastone Biggi, certamente fra le grandi figure dell’arte italiana contemporanea, carattere fiero e poco propenso ai patteggiamenti… …è chiaro che Biggi è, nell’attuale pittura italiana, un personaggio con il quale bisogna fare i conti. Non fosse altro, per il fatto che egli non è soltanto un geniale artista ma anche un uomo di carattere che opera secondo prospettive di intelligenza e di onestà e non cambia facilmente bandiera. Come purtroppo è oggi di moda. Gino Grassi Napoli, 1982

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… Biggi, già tre anni fa, confessava in una sua poesia quanto gli fossero vicini, a livello di sogno e di fantasticheria e di rievocazione l’Estremo Oriente e Bisanzio. «Il mio poeta è in Siria / ora, / ed altri occhi non ho» scriveva, aggiungendo poi che il suo desiderio di cielo, di mare, di aria e di libertà era rivestito di perle e di ori come la grande Teodora. Un accostamento casuale? Non direi proprio. È soltanto una riprova di come il periplo di Gastone Biggi, questo suo solitario raffinato e colto e sensibile viaggio all’interno della sua stanza, porti lontano alla stessa stregua di come ci mette a contatto con quella cronaca degli avvenimenti più riposti e segreti della sua realtà umana. … Luigi Lambertini Bolzano, 1983

… Poi, la conoscenza diretta con tutte le bellissime opere di Biggi. Solari, fantastiche, piene di vita, ecologiche, dure, pulite. Era la dimostrazione che quella prospettiva del tutto laica, anti-cattolica, mondana e sensuosa, aggressiva e contraria alle ideologie castranti potesse trovare forza anche nella “pagina” guthenberghiana del quadro. … Paola Sega Nemi (RM), 1988

…Poche ricerche, in Italia, si sono mosse in questa direzione, tenendo presente insieme, così efficacemente, le ragioni del colore e quelle della geometria. Dobbiamo a Gastone Biggi uno degli esiti più intensi e persuasivi di una sintesi pittorica che concilia l’eloquenza ampia e inesausta della superficie continua con il discorso meditato e laconico del ritmo. …Come dal paesaggio scompaiono tutti i dati materiali e rimane solo la luce, così dalla rappresentazione scompaiono gli elementi prevedibili e rimane un’essenza metafisica. E questa essenza, che è poi l’essenza stessa della pittura… Elena Pontiggia Cavriago (RE), 1990

…come stanno ad attestare i sontuosi risultati raggiunti nella Suite americana (1989-90), che smentisce una volta per tutte l’opinione che Biggi sia un pittore programmato proprio in virtù di certi effetti di grande sensibilità, di misteriosa luminosità e di raffinata decoratività… Giorgio Di Genova Bologna 1991

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…Di qui, nella concretezza dei quadri, non solo nella propositività, da verificare, della poetica, l’esemplarità, ormai storicamente sedimentata, della capacità di Biggi di rinnovare, in un momento di generale revisione di codici, e di rinunce, gli statuti della pittura attraverso un coniugare, anzi fondere, nell’atto formativo unità e pluralità, presenza e assenza, flagranza di gesto e profondità di memoria, affondo oltre la coscienza e dominio razionale. Luciano Caramel Milano, 1991

…Come ha rilevato Biggi, tra la nascita di una farfalla e quella di Venere del Botticelli non c’è quasi differenza: le due nascite racchiudono la medesima fenomenologia, sono frutto entrambe di un processo complesso di sviluppo, per fasi biologiche o storico-culturali, l’una e l’altra racchiudono un grande mistero. Vittoria Coen Verona, 1991

…Perché, come sapeva Nietzsche e come Biggi ci dimostra con le sue opere, esiste qualcosa che supera la scienza: ed è la meraviglia. Elena Pontiggia Milano, Parma, Verona 1993

…E allora è come essere attratti nel vortice di una galassia, essere assorbiti dal suono misterioso di silenzi incommensurabili. In questo concetto di bellezza e di ordine che, è il caso di ripetere, porta all’immensità, c’è anche - e lo si avverte subito - un sottile senso di vertigine, persino una costrizione drammatica. Lo spazio è senza fine e Biggi ci proietta al suo interno tanto da esserne risucchiati. Luigi Lambertini Milano, Parma, Verona 1993

…Gastone Biggi è l’esempio di una continua e critica coerenza alle sue ipotesi di partenza, senza tuttavia replicare se stesso. Come nelle sue opere, ogni punto del suo itinerario stilistico è processuale ma mai identico Eugenio Miccini Milano, Parma, Verona 1993

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…le Icone alludono ad una sacralità che è, prima di tutto, la sacralità della pittura. Fra tanto sermo humilis, troppo humilis, del panorama artistico contemporaneo, l’opera di Biggi ci richiama a una nobiltà espressiva che si impone allo sguardo non con le ragioni di un contenuto. Ma soprattutto con le ragioni della sua luce. Elena Pontiggia Roma, 1997

…riconoscendo a Gastone Biggi, che è mio coetaneo, di averci offerto, in un’epoca di generali dimissioni assiologiche, un’opera che oltrepassa la stessa nozione di autovalore per farsi anche testimonianza di una pratica esemplare che, artisti o fruitori, ci parla di un nostro comune destino di uomini votati al culto della bellezza. Che non è eticamente irrilevante, sic stantibus rebus. Eugenio Miccini Montecassiano (MC), 2000

…Biggi contesta la presunta fine della pittura nell’unico modo con cui lo può fare un pittore: dipingendo. E il suo ostinato ricercare le pieghe, le sfumature, le note più alte e più profonde del colore, ha anche questo significato. Dimostrare che la pittura non ha bisogno di essere attuale, e nemmeno di essere moderna, perché è eterna. Elena Pontiggia Milano, 2001

…Per tutte queste ragioni Biggi, ai miei occhi, ma, credo, agli occhi di molti da adesso in poi, resta un caso, Biggi insomma non ha mai smesso di dipingere e di produrre quadri di una qualità sempre e incredibilmente molto alta… …Gastone Biggi rappresenta un momento importante nella storia della nostra pittura… …Il percorso di Gastone Biggi è lineare e, dagli inizi, le sue opere appaiono sempre di una eccezionale qualità, la ricerca pittorica di Biggi, finalmente riconsiderata nel suo insieme, sia destinata a far riflettere sulla storia dell’arte in Italia. …Per questo la ricerca di Biggi è da intendere come un punto di passaggio significativo nella vicenda dell’arte italiana di questi ultimi decenni. … Arturo Carlo Quintavalle Parma, 2004

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…Ogni quadro è musica, non si sa quando l’opera è finita, dunque, attesa di un evento non paragonabile al sistema del consumo, è pittura come ascolto delle proprie palpitazioni, il cui contenuto è la pittura stessa che guarda il mondo ed è guardata dal mondo. Guai se non ci fosse la speranza di un dialogo tra ciò che il pittore trasmette dipingendo e ciò che il pubblico può trasformare guardando il quadro. … Claudio Cerritelli Venezia, 2006


…Opera totale, opera aperta: in essa risuona l’eco della cultura pittorica che l’ha generata e vi si ritrovano tutti i gesti e le impronte di una tradizione che corre fino a un piccolo straordinario quadro anticipatore del 1948, che fu per l’artista come una capsula del tempo gettata nel futuro. Tradizione, viene da tradere, trasmettere, e Biggi trasmette, con dei continui punti di catastrofe che segnano il nascere di sempre nuove serie, instancabilmente e energicamente, da sessant’anni a questa parte, trasformando, deformando, scomponendo e ricomponendo i suoi temi musicali. Anche per Biggi il futuro ha un cuore antico. … Gianluca Ranzi Milano, 2008

…Il punto è ancora il protagonista delle opere di Biggi, perché (ormai lo abbiamo capito) è un segno capace dì diventare proteiforme e di evocare tutto quello che matematica, etimologia, musica, filosofia ci hanno indicato. È, insieme, un segno della nostra piccolezza e dell’infinito a cui tendiamo, della nostra aggressività e della nostra aspirazione all’armonia. E’, insieme, un atomo inspiegabile e una nota dello spartito dell’universo. È un segno, infine, del nostro riconoscerei, con Ungaretti, “immagine passeggera, presa in un giro immortale”. Razionalità e mistero, allora, giungono a sovrapporsi, a confondersi. E se Shakespeare diceva a Orazio che “ci sono più cose in cielo e in terra di quante non ne conosca la tua filosofia”, Biggi quelle più cose ha provato a guardarle e a enumerarle. Con la luce della pittura. Elena Pontiggia Venezia, 2009

…Da questo punto di vista i Fiori non sono semplicemente il più recente lavoro dell’artista, ma appaiono come un episodio altamente significativo che riassume, invera e conferma la sua intera ricerca precedente. Nonostante la loro apparente e disarmante semplicità essi ci invitano a guardare, ponderare, rievocare oltre il vuoto carne vale mediatico che ci circonda, introducendoci su un terreno metaforico che richiama piuttosto certi canestri di frutta del Caravaggio, capaci di riassumere e di alludere, nelle evoluzioni della natura, all’intero ciclo biologico dell’uomo e al suo essere-al-mondo. … Francesco Gallo Palermo, 2010

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MOSTRE PERSONALI 1949 1951 1953 1955 1957 1959 1961 1962 1963 1964 1966 1967 1969 1971 1973 1974 1975 1977 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1988 1989 1990 1991 1992 1993

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Galleria Fiorani - Roma Galleria Fiorani - Roma Galleria La Finestra - Roma Galleria Il Pincio - Roma Galleria Il Pincio - Roma Galleria La Finestra - Roma ( con il Gruppo Cinquantasei) Galleria Il camino - Roma“Cancellate“ Galleria Discothèque - Roma“Le Sabbie“ Galleria il Triangolo - Roma“Le Colature“ Galleria S.Matteo - Genova (I Continui con il GRUPPO UNO) Galleria Il Quadrante - Firenze ( I Continui con il GRUPPO UNO) Galleria Rotta - Genova ( I Continui con il GRUPPO UNO) Castello Cinquecentesco - L’Aquila ( I Continui con il GRUPPO UNO) Galleria La Medusa - Roma ( I Continui con il GRUPPO UNO) Galleria Il Cavallino - Venezia ( I Continui con il GRUPPO UNO) Galleria Il Paladino - Palermo“I Continui“ Galleria Il Bilico - Roma“Variabili monocrome“ Galleria La Carabaga - Genova“Variabili Monocrome“ Circolo Artistico - Cortina d’Ampezzo“Variabili Monocrome“ Centro Democratico di Cultura - Cagliari“Variabili Monocrome“ Galleria Il Foglio - Roma“Variabili Monocrome“ Galleria Contini - Roma“Variabili Monocrome“ Galleria A L 2 - Roma“Variabili Monocrome“ Galleria Morone 6 - Milano“Variabili Monocrome“ Galleria Ferrari - Verona“Variabili Monocrome“ Galleria Morone 6 - Milano“Variabili Policrome“ Centro d’Arte Santelmo - Salò“Variabili Policrome“ Galleria Bologna 2 - Bologna“Variabili Policrome“ Galleria Spriano - Omegna“Variabili Policrome“ Studio Rotelli Finalborgo - Savona“Variabili Policrome“ Galleria Mantra - Torino - Antologica 1958-1975 Galleria Morone 6 Milano Antologica 1958-1975 Galleria Rondanini - Roma - Antologica 1958-1975 Galleria Grafica dei Greci - Roma -” I Contrappunti acqueforti e poesie“ Galleria Weber - Torino“Tangenziali“ Galleria Falchi - Milano“I Ritmi“ Galleria Editalia - Roma“I Ritmi - I Cieli“ Galleria Spatia - Bolzano“I Cieli“ Galleria Lo Spazio - Napoli“I Cieli“ Galleria Meta - Bolzano“I Giorni“ EXPO BARI 83 - Galleria Lo Spazio - Napoli“I Giorni“ Galerie Tardy - Eschede ( Olanda) -“I Cieli” Galleria Porto di Ripetta - Roma“I Cieli“ Galleria La Piramide - Firenze“I Cieli“ Galleria Rotta - Genova“I Cieli“ Galleria Comunale - Genzano“I Campi“ Palazzo Ruspoli - Nemi - Percorso d’Artista 1957-1987 Galleria Forzani - Terni“Le Luci“ Galleria Spazio Temporaneo - Milano“Le Luci“ Galleria Comunale - Cavriago (RE)“Suite Americana“ Galleria Spazio Temporaneo - Milano“I Continui degli anni 60“(1962-1965) Galleria Cinquetti - Verona“New York - New York“ Contemporanea Art Galerie - Stoccolma (Svezia)“I Canti della Memoria“ Galleria Centro Steccata - Parma“Le Costellazioni“ Galleria Cinquetti - Verona“Le Costellazioni“


Galleria Centro Steccata 2“- Milano“Le Costellazioni“ 1994 ARTEFIERA 94 - Bologna - Galleria Centro Steccata - Parma “Le Costellazioni“ ARTEFIERA 94 - Bologna - Galleria Cinquetti - Verona “Le Costellazioni“ Galleria Sorrenti - Novara“Le Costellazioni“ 1995 ARTEFIERA 95 - Bologna - Galleria Centro Steccata - Parma “Storici 1958-1962““Le Costellazioni seconde” 1997 Galleria Edieuropa - Roma -“Le Icone 1995-1997” 1998 Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Termoli -Termoli“GRUPPO UNO 1962-1967” Palazzo Ducale di Colorno (Parma) -“AUTORITRATTO” Mostra Antologica di Pittura e Grafica dal 1947 al 1998 Galleria Piazza delle Erbe Montecassiano (Macerata)“Le Cosmocromie” Galleria Vinciana, Milano,“Le Cosmocromie” Centro Culturale di Langhirano, (Parma),“Le Cosmocromie” 2004 Antologica Donazione Biggi, Centro Archivio della Comunicazione,Scuderie Della Pilotta, Parma Show Room Telemaket Roma,“Gastone Biggi, solo pittura…please” Galleria Centro Steccata, Gastone Biggi Antologica, Parma Art Time, Antologica, Brescia 2005 Show Room Telemaket Bologna,“Gastone Biggi, solo pittura…please” Show Room Telemaket Napoli,“Gastone Biggi, solo pittura…please” Maretti Arte Monaco,“incursioni d’artista”, Montecarlo GAM, Faenza,“incursioni d’artista”. 2006 Show Room Telemaket Milano,“Gastone Biggi, Gli Eventi” Show Room Telemaket Roma,“Gastone Biggi, Gli Eventi” Fondazione Riva, Venezia,“New York-New York 1989-2006” 2007 Show Room Telemaket Bologna,“Gastone Biggi, Gli Eventi” Art Time,“New York-New York 1989-2006”, Brescia 2008 Art Time,“E LA PITTURA CONTINUA…”, Brescia Casa del Pane,“E LA PITTURA CONTINUA…”, Milano 2009 53^Biennale di Venezia,“Datemi un punto di appoggio e vi dipingerò il mondo” 2010 Palazzo Sant’Elia,“Attraversamenti”, Palermo 2011 Urban Plannig Exibition Center,“Gastone Biggi Shangai”, Shangai, Cina 2013 Palazzo Collicola,“Gastone Biggi”, Spoleto (PG)

MOSTRE COLLETTIVE E D’INSIEME 1949 1950 1952 1956 1957 1958

Salone Internazionale dell’Architettura, Roma Artisti Italiani, Galleria-libreria Flaccovio, Palermo IV° PREMIO MICHETTI - Francavilla a Mare (PS) III° PREMIO ACITREZZA - Acitrezza (CT) IV° PREMIO LA SPEZIA - Lerici Rassegna d’Arte Contemporanea“La Barcaccia“- Roma XXI° PREMIO CIVITAVECCHIA - Civitavecchia (RM) VI°Maggio Romano Palazzo del CIM - Roma XI° PREMIO MICHETTI - Francavilla a Mare (PS) VII° Maggio Romano Palazzo del CIM - Roma PREMIO NAZIONALE AVEZZANO Palazzo Torlonia Avezzano (AQ) PREMIO NAZIONALE CITTA’DI VITERBO Palazzo dei Priori Viterbo II° Concorso Internazionale per il Disegno Industriale Centro Battistoni - Roma VIII° Maggio Romano Palazzo del CIM - Roma II° PREMIO NAZIONALE “Taccuino delle Arti“ Palazzo Strozzi - Firenze Mostra del Divino Lavoratore Pinacoteca Procivitate - Assisi

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1959 “Per una nuova Fiera di Via Margutta” X° Edizione - Roma Salone d’estate Galleria S.Marco - Roma 1960 V° PREMIO Castello Svevo - Termoli (CB) “Pittori e Scultori all’Agostiniana”- Roma Mostra del Piccolo Formato Galleria Numero - Firenze 1961 “18 Artisti Contemporanei” Galleria del Triangolo - Roma Premio Giovani Artisti Ministero Pubblica Istruzione Galleria Nazionale d’Arte Moderna - Roma Premio G.B.Salvi - Sassoferrato (AN) VI°Premio Castello Svevo - Termoli “Pittura Contemporanea in Italia“Palazzo Comunale-Lucca “30 Pittori 60 Disegni“Galleria Il Triangolo - Roma Salone d’Autunno Galleria S.Marco - Roma 1962 Premio Giovani Artisti Ministero Pubblica Istruzione Galleria Nazionale Arte Moderna - Roma VII° Premio Castello Svevo - Termoli (CB) Salone d’Estate Galleria Rotta - Genova Biggi Bargoni Guarneri Venturi Palazzo Pretorio - Prato “Pittori Italiani“Libreria Flaccovio - Palermo 1963 “Per la libertà della Spagna“Galleria Penelope - Roma VIII° Premio Castello Svevo - Termoli (CB) Premio Giovani Artisti Ministero Pubblica Istruzione Galleria Nazionale d’Arte Moderna - Roma IV° Rassegna d’Arti Figurative di Roma e del Lazio Palazzo delle Esposizioni - Roma “Pittori Italiani“Galleria Taras - Taranto Mostra del Museo d’Arte Contemporanea di Genova Teatro Falcone - Genova Premio Anagni Palazzo Comunale - Anagni (FR) 1963 Mostra Mercato Palazzo Strozzi - Firenze ( Con il GRUPPO UNO Biggi Carrino Frascà Pace Santoro Uncini ) IV° Biennale Internazionale di S.Marino“Oltre l’Informale“Palazzo del Kursaal - S.Marino ( Con il GRUPPO UNO: Biggi Carrino Frasca’ Pace Santoro Uncini ) 1964 “Strutture di Visione“Palazzo Comunale - Avezzano (AQ) “Arche 12“Kustkreisstudio -Hameln (Germania) con il GRUPPO UNO “Arche 12“Wolkswagen Center - Wolsburg (Germania)con il GRUPPO UNO 1965 “Italienische Malerei Heute“Stadtische Galerie - Munchen (Germania) con il GRUPPO UNO, Dorazio, Capogrossi, Fontana e Castellani. “The exibition of works by contemporany italian artists” BSN Niigata Art Museum (Giappone) Abe Biggi Capogrossi Crippa Castellani De Luigi Dova Dorazio Fontana Frasca’ Mack Music Marca-Relli Piene Santoro Ueker Uncini Virduzzo. “L’uomo e il lavoro“Rassegna Arti Figurative ACLI Palazzo delle Esposizioni Roma I° Triennale dell’Adriatico - Civitanova Marche (AN) V° Rassegna Arti Figurative di Roma e del Lazio Palazzo delle Esposizioni - Roma IX° QUADRIENNALE NAZIONALE Palazzo delle Esposizioni - Roma V° BIENNALE INTERNAZIONALE di Nuova Delhy, (Biggi, Fontana, Burri, Dorazio Turcato, Perilli e Capogrossi), India. Fiera del Disegno e del Colore Galleria 3 - Pescara 1966 Rassegna Internazionale d’Arti Visive - Marsala (TP) XVII° PREMIO AVEZZANO Palazzo Torlonia - Avezzano (AQ) “Italian Art of XX Century“at the Baltimore Museum Art - Baltimora (USA) Rassegna Collezioni Cegna e Graia - Macerata “ITALIAN ABSTRACT ART“Gibson Foundation - Chesterthow (USA) Invitato con il Gruppo UNO alla Biennale di Venezia del 1966 (non partecipa perché dissociatosi dal Gruppo) 1967 Premio Arte Oggi - Firenze Mostra Internazionale Centro Proposte - Firenze - Bologna - Lecce - Livorno - Termoli “EXPO 67“Esposizione Universale Padiglione Italia (Biggi, Capogrossi, Fontana Burri, Castellani, Dorazio) - Montreal (Canada) Rassegna Grafica Italiana - Macerata Premio Silvestro Lega Palazzo Re Enzo - Bologna XXI° PREMIO MICHETTI - Francavilla a Mare (PS) “Ipotesi Linguistiche” Castello Svevo - Termoli (CB) Rassegna Arte Contemporanea Galleria Il Centro - Iesi Mostra del Museo Sperimentale di Torino - Galleria Comunale d’Arte Moderna - Torino 1968 Biennale Nazionale di Passignano sul Trasimeno Mostra del Museo Agra-Foglio - Macerata

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1969 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1988

VI° BIENNALE ROMANA Palazzo delle Esposizioni - Roma Mostra Mercato delle opere donate ai terremotati del Peru’ - Tuscania (VT) Mostra Internazionale della Grafica - Sarnano (MC) Mostra delle opere donate alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna - Galleria Nazionale d’Arte Moderna - Roma Rassegna Arte Contemporanea di Massafra“Coincidenze“Massafra - Firenze - Torino “ASTRATTO CONCRETO“Centro Técne - Firenze II° Triennale Internazionale dell’Adriatico“Panoramica Grafica Italiana 1966 - 1969 - Porto Civitanova (AN) XV° Premio Castello Svevo - Termoli (CB) “Grafica Club” Galleria Foglio - Roma - Macerata Rassegna Pittori Contemporanei Italiani nei Musei d’Arte Contemporanea di Madrid - Barcellona -Valencia -Siviglia (Spagna) Rassegna Nazionale Galleria AL2 - Roma “24 PRESENZE“Istituto Latino Americano - Roma Fiera Internazionale di Genova Rassegna Grafica Italiana Museo di Ciudad e Palacio de la Industrias - Sabana Grande (Venezuela) “Grafica Italiana“Galleria Inciba Monti Avila Caracas (Venezuela) “Scrittura Pittura“Galleria Contini - Roma - Biggi Festa Novelli Perilli Schifano Kounnellis Twombly “50 Pittori Italiani a Palazzo Braschi“Roma “Pittori Italiani al Museo di Ciudad Bolivar (Venezuela) Premio Pasquini Massa Cozzile “Bertrand Rassel Centenary International Exibition and Sale Rotunde Gallery - Londra (Inghilterra) Salon di Grabado Contemporaneo y sistemas de espacion de Madrid (Spagna) X° QUADRIENNALE NAZIONALE D’ARTE II° Sezione Palazzo delle Esposizioni (sala personale con Guido Strazza) - Roma Biggi Calò Pace Mannucci - Galleria Delta - Roma Biggi Cannilla Carlucci Genovese Morales - Galleria Centrarte Falanto - Brindisi Galleria Esagono - Lecce“Biggi, Cannilla, Carlucci, Genovese, Morales” Galleria 3A -Torino“Biggi, Melotti, Madella, Raciti“ “Roma 2726 anni dopo“Palazzo Braschi - Roma “Poesie ad Artisti di Cesare Vivaldi“Galleria il Pictogramma - Roma “Presenze“Studio Rotelli - Finalborgo - Savona “Artisti Democratici“Galleria Unione - Bari “L’avanguardia Romana negli anni 60“Biggi, Carrino, Di Vito, Di Luciano, Pace, Pizzo - Galleria Spazio Alternativo - Roma Premio Villa S.Giovanni (RC) “ARTEFIERA 75“Bologna - Padiglione Galleria Mantra - Torino “Materiali per un Centro Pubblico d’Arte Contemporanea - Galleria Comunale di Cagliari I°BIENNALE NAZIONALE ARTI FIGURATIVE - Cassa Risparmio di Piacenza “Polivalenza“Rasssegna Internazionale d’Arte Droschl Galerie Graz (Austria) “ARTEFIERA 76“Bologna - Padiglione Galleria Mantra -Torino “Documentazioni“Galleria Rondanini - Roma :Biggi, Carrino, Castellani, Dorazio, Del Pezzo, Melotti, Nevelson, Paolini, Pistoletto, Tadini, Veronesi, Strazza, Uncini. Rassegna del Disegno Italiano-Galleria Rondanini - Roma Rassegna d’Arte Contemporanea Galleria Spriano - Omegna “Le linee della ricerca artistica Italiana“Palazzo delle Esposizioni - Roma “Presenza“Rassegna d’Arte a Villa Bonelli - Roma “Arte der 82“Mostra Internazionale d’Arti Figurative -Bilbao (Spagna) VII° Biennale Nazionale“Le vie dello sguardo“- Cassa di Risparmio di Piacenza “EXPO ARTE 82 BARI“Fiera del Levante - Galleria Editalia - Roma “EXPO ARTE 82 BARI“Fiera del Levante - Galleria Lo Spazio - Napoli “Il GRUPPO UNO 20 ANNI DOPO“Galleria Meta - Bolzano “Proposte EDITALIA“Galleria EDITALIA - Roma “Mostra del Museo Sperimentale di Torino“Castello di Rivoli (TO) Arte Italiana degli anni 60 nelle collezioni della Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino “EXPO BARI 86“Galleria La Piramide - Firenze “ARCO 86“Fiera Internazionale di Madrid Palacio de Cristal - Madrid (Spagna) “L’Inattuale Pittorico“Palazzo Comunale -Vasto (PS) Premio Città“di Campobello - Mazara del Vallo (TP) “Qui Arte Contemporanea venti anni dopo“Galleria Editalia - Roma “Artisti verso l’Europa“Sala dei Lavatoi S. Michele - Roma

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“La struttura del gesto“ Galleria Spazia - Bologna “Intorno al 60“Aspetti dell’Arte Italiana dopo l’informale - Chiostri di S.Domenico - Imola (BO) I° Rassegna di Pittura e Scultura - Atelier d’Arte di Rosario Bruno - Sciacca “Natale a Genzano“Galleria Comunale Genzano - Roma 1989 “ORIENTAMENTI DELL’ARTE ITALIANA 1947-1982, (Biggi, Dorazio Burri, Castellani, Fontana, Crippa) - Mosca Leningrado - Novosibirsk - Togliattigrad - (U.R.S.S.) “Nella Luce dei Castelli“Galleria Comunale di Genzano -Roma Permanente di Milano - Galleria Spazio Temporaneo - Milano 1990 Opere del Museo della Bassa Lunigiana - Fortezza di Sarzanello (SP) “ROMA ANNI 60“Palazzo delle Esposizioni - Roma. 1991 “ARTEFIERA 91“Bologna - Galleria Cinquetti - Verona “Nove Artisti Italiani“Galerie R. Verle - Strasburgo (Francia):Biggi, Benedini, Berardinone, Blank, Magrini, Mangili, Rosa, Varale, Valentini. Sede Comunale Castelsanpietro Bologna“Mostra delle Gallerie Italiane” - Galleria Cinquetti -Verona - Biggi, Maraniello, Rotella, Sassi. Galleria Cinquetti –Verona – Castel S. Pierto Terme (BO), Autoritratto di Galleria, Arman, Biggi, D’Angelo, Maraniello, Sassi. 1992 “Il Miraggio della liricità“Arte Italiana dal 1945 ad oggi - Liljevalhs Kousthall Museum - Stoccolma -(Svezia) “ARTEFIERA 92“Bologna - Centro Steccata - Parma “ARTEFIERA 92“Bologna - Galleria Cinquetti - Verona Fiera Internazionale di Stoccolma - Galleria Cinquetti - Verona Fiera Permanente - Milano - Gall.Spazio Temporaneo- MI Fiera Permanente - Milano - Gall.Cinquetti - Verona 1993 “ARTEFIERA 93“Bologna - Galleria Edizioni Bora - Bologna 4° Fiera Mercato di Padova - Galleria Cinquetti - Verona Fiera di Montichiari - (BS) -Galleria Cinquetti - Verona Fiera Internazionale di Stoccolma - Galleria Cinquetti Mostra Apertura della Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino“Le Nuove Acquisizioni” - Torino “Da De Chirico a Warhol“Galleria Centro Steccata - Parma “Gli Artisti di Silvano Falchi“Palazzo Albertini - Forlì 1994 “ARTEFIERA 94“Bologna - Galleria Edizioni Bora -Bologna Bandiere d’Artista“Ad ognuno la sua bandiera” Galleria Civica - Padova Piccolo Formato“Opere uniche scelte“- Galleria Centro Steccata - Parma “Percorsi dell’immaginario“Galleria Sorrenti - Novara “L’infinito spazio della mente“Galleria Centro Steccata-Parma 1995 “ARTEFIERA 95“Bologna - Gall.Edizioni Bora - Bologna “ARTEFIERA 95“Bologna.- Gall. Centro Steccata “Insieme con il blu“Galleria Grafica dei Greci - Roma “Lo Spazio e la Materia“Galleria Centro Steccata - Parma “Carte e segno“Galleria Poduie - Trieste “ANNI 60 ITALIA“Guggenheim Museum Art New York (USA) 1996 “ARTEFIERA 96“Bologna - Galleria Centro Steccata - Parma “ARTEFIERA 96“Bologna - Gall.Edizioni Bora - Bologna “L’atmosfera del colore“Galleria Centro Steccata - Parma FIERA DI MILANO - Galleria Centro Steccata - Parma PADOVA ARTE - Galleria Centro Steccata - Parma FIERA DI VICENZA- Galleria Centro Steccata - Parma FIERA DI PORDENONE - Galleria Centro Steccata - Parma “Gli ovali Rotariani“Galleria S.Carlo - Milano “Protagonisti dell’arte contemporanea“Biggi, Ferrari, Olivieri, Ruggeri - Galleria Centro Steccata- Parma XXIII° PREMIO SULMONA - Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea - Palazzo dell’Annunziata -Sulmona (AQ) Artisti Contemporanei Internazionali - Galleria Centro Steccata - Parma Qui arte contemporanea - trenta anni - Galleria Edieuropa - Roma 1997 XXIV° PREMIO SULMONA - Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea Palazzo dell’Annunziata Sulmona (AQ) 1998 “ARTEFIERA 98“Bologna - Galleria Edieuropa - Roma “Proposte per una Collezione ”Galleria Edieuropa - Roma “Ad ognuno la sua” Bandiere d’artista, Castello di Orzinuovi (Brescia)

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XXV° PREMIO SULMONA - Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea Palazzo dell’Annunziata Sulmona (AQ) “Ad ognuno la sua” Bandiere d’artista Castello di Torrechiara, Langhirano (Parma) XXVI° PREMIO SULMONA - Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea Palazzo dell’Annunziata Sulmona (AQ) Mostra Civico Museo d’Arte Contemporanea di Calasetta (CA) VENTI (e anche quaranta) ANNI DI PITTURA INSIEME, Circolo Culturale Bertolt Brecht, Milano XXVI° PREMIO SULMONA - Rassegna Internazionale d’Arte Contemporanea Palazzo dell’Annunziata Sulmona (AQ) XVl° RASSEGNA NAZIONALE D’ARTE CONTEMPORANEA - Città di Campomarino (CB) MAIL ART, Rassegna Internazionale, Galleria Civica D’Arte Contemporanea Termoli (CB) Casa della Cultura, Roma, Omaggio a Murilo Mendes Palazzetto dei Nobili, L’Aquila, Museo Internazionale di Mail Art, ”operazione Controguerra” “ARTEFIERA 98“Bologna – Rino Costa Arte Contemporanea, Valenza (AL) “Il Mito di Eva”, Teatrante 2003, Teatro Monumento d’Annunzio di Pescara XXX PREMIO SULMONA, Sulmona, L’Aquila Paesaggio & Paesaggio, Castell’Arquato, Piacenza “Collettiva”, Galleria Stamperia d’Arte IL BULINO, Roma L’INCANTO DELLA PITTURA, Percorsi dell’arte italiana del novecento, Mantova Arte Fiera, Galleria Cafiso, Fiere di Padova, VEDO ROSSO, il rosso nell’arte contemporanea,Galleria Edieuropa, Roma MAESTRI PER SPILIMBERGO, 110 Artisti dipingono Spilimbergo e la sua pedemontana. ARTE PADOVA 2005, Galleria ART Time, Fiere di Padova. ARTE GENOVA 2005, Galleria ART Time, Fiere di Genova. ARTE VICENZA 2006, Fiere di Vicenza, Galleria Palestro Arte Achille Pace e il“Gruppo Uno”, Palestro Arte, Ferrara MIART 2006,Milano, Spaziotemporaneo ARTE PARMA 2006, Fiere di Parma, Galleria Palestro Arte ARTE PARMA 2006, Fiere di Parma, Galleria Palestro Arte Debutto d’artista. I Premi d’incoraggiamento 1942-1964. (Angeli, Biggi, Ceroli, Dorazio, Festa, Frascà, Maselli, Novelli, Rotella, Sanfilippo, Schifano, Uncini) Opere dalla collezione della GNAM (Roma). GAMEC, Bergamo. ARTE FIRENZE 2006, Galleria ART Time, Fiere di Firenze ARTE VERONA 2006, Galleria Bonioni, Fiere di Verona ARTE PADOVA 2006, Galleria ART Time, Fiere di Padova MIART 2006, Galleria Centrosteccata, Fiera di Milano Fortezza Firmafede,“Gli anni del LAB”, Sarzana, (SP) Casa del Mantegna, Pittura Aniconica,“Percorsi tra arte e critica in Italia 1968-2007”, Mantova 2011 Museo dell’Arciconfraternita dei Genovesi,“Tra figurativo astratto e nuova figurazione”, Cagliari 2012 Museo di Villa Colloredo Mels,“La casa di Peschi”, Recanati (MC) MACRO Testaccio Padiglione B,“Dalla collezione MACRO”, Roma

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HANNO SCRITTO SULLA SUA OPERA ENRICO ACCATTINO MARIANO APA UMBRO APOLLONIO VITO APULEO GIULIO CARLO ARGAN GIOVANNI ARTIERI ROSARIO ASSUNTO JOLENA BALDINI GUIDO BALLO ANTONIO BANDERA MIRELLA BANDINI ANDREA BARBATO RENATO BARILLI EUGENIO BATTISTI FERRUCCIO BATTOLINI CARLO BELLOLI ALBRECT BERGMAN GERMANO BERINGHELI GIOVANNI BERNARDI MARZIANO BERNARDI ALBERTO BEVILACQUA MICHELE BIANCALE CARLO VITTORIO BIANCHI GLORIA BIANCHINO ANTONIETTA BICCI ZENO BIROLLI ALBERTO BOATTO TONI BONAVITA FRANCESCO BONI GABRIELE BONI ADELINA BOTTURI ARTURO BOVI CESARE BRANDI ENZO BRUNORI PALMA BUCARELLI ALBERTO BUSIGNANI DINO BUZZATI LUIGI CABUTTI LUCIANO CAPRILE ANTONIO CAPUTO DOMENICO CARA LUCIANO CARAMEL FRANCESCO CARBONE LUIGI CARLUCCIO TULLIO CATALANO GIOVANNI CAVAZZINI CLAUDIO CERRITELLI GINO CESARONI UMBERTO CESARONI PIETRO CIMATTI ALDO CLEMENTI RENE’ CLERMONT

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VITTORIA COEN ANDREA CONSALVO MARTINA CORGNATI ENRICO CRISPOLTI STEFANO D’ARRIGO GUALTIERO DA’ VIA GIOVANNA DALLA CHIESA HERMAN DANNECKER GERARDO FILIBERTO DASI ANTONIO DE ANGELIS MARIO DE CANDIA GIORGIO DE MARCHIS FLORIANO DE SANTI GERARDO DE SIMONE FRANCO DESIDERI MARIA DI DOMENICO GIORGIO DI GENOVA PIERO DORAZIO GILLO DORFLES FRANCESCO DRAGONE GINO ERSOCH VITTORIO ESPOSITO GIACOMO ETNA MAURIZIO FAGIOLO GIOVANNI FALLANI FRANCO FANO HANS OTTO FEHR ORIA FELLINI PATRIZIA FERRI CURZIA FERRARI CLAUDIO FERRONI LUIGI PAOLO FINIZIO LOUIS FLARET LUCIO FONTANA DANIELA FONTI PAOLO FOSSATI ENNIO FRANCIA GIA BATTISTA FROGGIO GIANCARLO FUSCO FRANCESCO GALLO ULLA GAMBERINI EMILIO GARRONI GIUSEPPE GATT RENATO GIANI SANDRA GIANNATTASIO EDOARDO GIANNINI GIORGIO GIROTTO GIULIO GIUFFRE’ GINO GRASSI FRANCO GRASSO FLAMINIO GUALDONI FRANCESCO GUERRIERI VIRGILIO GUZZI LUCIANO INGA-PIN ARTURO JANNACE GIORGIO KIARIS AMANDA KNERING BARBARA KORN

LUIGI LAMBERTINI LUCIANO LATTANZI VITTORIO LAZZARI MARIO LEPORE PAOLO LEVI CORRADO MALTESE ANNA MARIA MARCHESINI VALERIO MARIANI PIERO MARINO CORRADO MARSAN NINO MARTIRE GIANLUCA MARZIANI LUCIANO MARZIANO GIORGIO MASCHERPA GUIDO MASSARELLI ENOTRIO MASTROLONARDO LUIGI MATTEI MURILIO MENDES FILIBERTO MENNA MARINO MERCURI DARIO MICACCI EUGENIO MICCINI FRANCO MIELE RICCARDO MILANO AUGUSTO MINUCCI NERIO MINUZZO GUIDO MONTANA UGO MORETTI GIORGIO MORPURGO BERTO MORUCCHIO CARLO MUNARI NALDA MURA MARIO MUSCIACCHIO ITALO MUSSA F. NIMITZ SANDRA ORIENTI ACHILLE PACE ANTONELLO PALIERI TOMMASO PALOSCIA SANDRO PARMIGGIANI ALDO PASSONI CLOTILDE PATERNOSTRO GIUSEPPE PEDERCINI ALDO PELLEGRINI GIUSEPPE PENSABENE GIULIO PICCIOTTI RAFAEL PINEDA ANTONIO PINELLI SANDRA PINTO GIANCARLO POLITI NELLO PONENTE ELENA PONTIGGIA FRANCO PRESTIPINO LOREDANA PRIMOZIC STEFANIA PROVINCIALI DERNA QUEREL A. C. QUINTAVALLE V. QUITZOV


GIANLUCA RANZI SANDRO RICALDONE PAOLO RIZZI MARIA TERESA ROBERTO ANTONINO RONCO ANDREA ROMOLI JULIAN ROTH GIORGIO RUGGERI VITTORIO RUSSO PAUL SANCHEZ VINICIO SAVIANTONI RENATO SAVINI TONINO SCARONI PIERO SCARPA EDITH SCHLOSS VITTORIO SCORZA MIKI SCUDERI ULBRICH SEELMANN EGGBERT INGRID SELDEUFADEN PATRIZIA SERRA PAOLA SEGA LUIGI SERRAVALLI FRANCO SIMONGINI MARIO MICHELE SINIBALDI FRANCO SOSSI CLAUDIO SPADONI marzia spatafora S. SPEDICATO FIDES STAGNI WOLFANG STAUCH UGO STERPINI LEO STROZZIERI LUIGI TALLARICO NERIO TEBANO FRANCESCO TEDESCHI LUCIANO TEMPESTA GIORGIO TEMPESTI CLAUDIA TERENZI ITALO TOMMASONI MARCO TONELLI WALTER TORTORETO GIORGIO TREVISAN LORENZA TRUCCHI KUDO ULTERMANN GIOVANNI URBANI ERASMO VALENTE GINO VALENTINI MARCO VALSECCHI MARCELLO VENTUROLI LEA VERGINE LEA VEZZANA MARIA GRAZIA VILLA LARA VINCA MASINI FRANCO VINCITORIO RODOLFO VITONE CESARE VIVALDI MARISA VOLPI K. WLASCHIN ADACHIARA ZEVI

OPERE IN COLLEZIONI PREMI PUBBLICHE Galleria Nazionale d’Arte Moderna Roma Museo Comunale d’Arte Moderna Roma B.S.N.Niigata Art Museum - Niigata (Giappone) Gibson Foundation - New York -(Usa) Russel Foundation - Londra -(Inghilterra) Jmjetnicka Galerija -Banjaluka -(Jugoslavia) Museo di Ciudad Bolivar - Ciudad Bolivar (Venezuela) Museo Nacional de Grabado Contemporaneo - Madrid -(Spagna) Università’ di Messina Facoltà di Magistero CSAC, Università di Parma Galleria Comunale d’Arte Moderna di Torino Regione Sarda - Cagliari Museo Comunale d’Arte Contemporanea Cagliari Pinacoteca Comunale di Termoli Museo Remo Brindisi -Lido di Spina (FE) Chiesa del Santuario di Collevalenza Todi (PG) Pinacoteca della Pro Civitate Cristiana di Assisi Pinacoteca Comunale di Genzano di Roma Fondazione Parisi - Lovere Collezione Banca Commerciale Italiana Collezione Cassa Risparmio di Parma e Piacenza Pinacoteca Comunale di Cavriago (RE) Fondazione Culturale Italo-Svedese Stoccolma -(Svezia) Fondazione Bonomi Lumeggiana Museo della Bassa Lunigiana Fortezza di Sarzanello - Sarzana Pinacoteca Comunale Sulmona (AQ) Museo Cervi - Gattatico (RE) Sala del Consiglio della Comunità Montana e del Comune di Langhirano (PR) Civico Museo d’Arte Contemporanea Calasetta (CA) Epicentro Museo delle Mattonelle d’Arte Gala di Barcellona (ME)

1961 Premio Gian Battista Salvi - Sassoferrato 1963 Premio Ministero Pubblica Istruzione Galleria Nazionale d’Arte Moderna -Roma 2° Premio Biennale Internazionale San Marino - San Marino (con il GRUPPO UNO) 1966 Premio Presidente Regione Sicilia Rassegna Internazionale Arti Visive Marsala 1967 Premio FINMARE - XXI° Premio Michetti Francavilla a Mare Premio del Senato - XI° Premio Silvestro Lega - Modigliano - Bologna 1970 1° Premio - XV° Premio Termoli - Termoli 1972 Premio Pasquini - Massa Cozzile 1973 Premio Acquisto - XVIII° Premio Termoli Termoli 1996 1° Premio - XXIII ° Premio Sulmona Sulmona 1997 Premio Acquisto del Quadrivio - XXIV° Premio Sulmona - Sulmona 1998 1° Premio - XXIV ° Premio Sulmona della Critica d’Arte - Sulmona

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€ 35,00


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