Hannu Palosuo - OBLITERATED MEMORY

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HANNU PALOSUO OBLITERATED MEMORY

Museo Andersen Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma March 15th - May 26th 2013

Reial Cercle Artístic, Barcellona April 4th - April 30th 2013


HANNU PALOSUO OBLITERATED MEMORY

curated by Marco Ancora Joan Abell贸 Juanpere


HANNU PALOSUO Soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli Direttore Museo Matilde Amaturo Segreteria Conservazione Luciana Tozzi Veraldo Urbinati Roberto Possenti Comunicazione web Fabiana Verolini Valentina Filamingo Rosario Greco Ufficio stampa Maria Mercede Ligozzi Servizi Educativi Maria Giuseppina Di Monte Martina De Luca Fabiola Di Fabio Susanne Meurer Veronica Piombarolo

Ufficio amministrativo Anna Rita Nappi Giovanni La Chimia Roberta Martelli Daniela Allegrucci Carla Galeotti Laboratorio fotografico Silvio Scafoletti Archivio fotografico Chiara Mutti Paolo Di Marzio

Biblioteca Giulia Talamo Walter D’Ario Salvatore Alessandrella Servizio documentazione Angelandreina Rorro Linda Sorrenti Archivio bioiconografico e fondi storici Claudia Palma Stefania Navarra Servizio architettura Alessandro Maria Liguori Massimo Licoccia Calogero Incardona Remigio Ippoliti

SIGURD FROSTERUS FOUNDATION

Responsabile della sicurezza Danilo De Girolamo Segreteria della Soprintendenza Lucia Piu Laura Campanelli Si ringraziano per la collaborazione scientifica Benedetta Marcelli, Brunilde Brigante e Ilaria De Santis E tutto il personale di vigilanza e accoglienza della Soprintendenza e di Ales s.p.a.

Photos: Giorgio Benni Hannu Palosuo Translations: CSE 92, Roma Aira Ceccarelli

Ufficio mostre Giovanna Coltelli Keila Linguanti Ufficio registrazione e movimentazione delle collezioni Barbara Tomassi Lucia La Manna Stefano Marson

OBLITERATED MEMORY

Graphic design: Giuseppe Valli, Roma Thanks for the priceless collaboration: Pirkko Rossi, Ari Mäki President: Josep Fèlix Bentz Oliver

Finito di stampare nel mese di febbraio 2013 Printed in February 2013

Vice-presidents: Joan B. Capella Arrufí Antonio Ayán Vázquez Relacions institucionals: Joan Abelló Juanpere Administració: Susanna Farré Larroy Patrimoni i arxiu: Maria Isabel Marín Silvestre Coordinació d’exposicions: Graciela Nischang Simón Muntatge i direcció tècnica: José Manuel Guijo. Assistents: Marc Bueno, Daniel Olázar i Jordi Rodríguez.

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INDICE

54th Biennale di Venezia, 2011, Italian Pavilion in the World

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XXXXXXXXXXX di Maurizio Calvesi

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XXXXXXXXXXXXXXX di Isa Franavilla Marotta


53rd Biennale di Venezia, 2009, pavilion of Syrian Arab Republic Photo: Katja Hagelstam

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HANNU PALOSUO

HANNU PALOSUO

di Petri-Tuomi Nikula Ambasciatore della Finlandia, Roma

por Petri-Tuomi Nikula Ambaixador de Finlàndia, Roma

Il mio primo contatto con Hannu Palosuo l’ho avuto attraverso un’opera di arte grafica: un’immagine di una sedia e della sua ombra. L’immagine è piccola ma creata con estrema cura. Mia moglie l’ha appesa alla parete della nostra casa delle vacanze, vicino alla finestra con vista su un bellissimo scorcio lacustre scandinavo. La struttura dell’immagine evidenzia i colori e la superficie irregolare del muro della casa secolare. Non so se l’artista vuole essere denominato disciplinato né cosa significhi questo termine attualmente. Per me significa che la mano, lo stile originale e l’unicità dell’artista possono essere sempre riconosciute anche tra un grande numero di opere d’arte. Una caratteristica peculiare della buona arte, peraltro molto importante, è il fatto che la mano dell’artista può essere identificata attraverso le differenti fasi della sua vita e della sua opera creativa.

El meu primer contacte amb Hannu Palosuo va ser mitjançant una peça d’art gràfic: una imatge d’una cadira i la seva ombra. La imatge és petita però s’ha creat amb una consideració de progressió molt acurada. La meva dona el va penjar a la paret, a la nostra casa de vacances, al costat de la finestra amb vista sobre un bonic paisatge amb llac escandinau. L’estructura de la imatge destaca els colors i la superfície no uniforme de la paret de troncs de la centenària casa. No sé si a l’artista li agrada que l’anomenin disciplinat ni què vol dir ben bé aquesta paraula. Per a mi vol dir que la mà, l’estil original i la unicitat de l’artista sempre es poden distingir entre un munt d’altres obres d’art. Una característica del bon art, i una de molt important, és el fet que la mà de l’artista es pugui identificar en les diferents etapes de la seva vida i creativitat.

Quando ho iniziato la mia funzione di Ambasciatore della Finlandia a Roma, due anni fa, ho avuto l’occasione di conoscere più a fondo Hannu Palosuo e la sua arte. È uno tra i numerosi artisti finlandesi che hanno cercato di imparare e di trarre ispirazione per il loro lavoro dalla Città Eterna. Inoltre, è uno di quelli che hanno scelto Roma, piuttosto che l’Italia, come seconda patria. Lo capisco benissimo. In fondo, tutti noi siamo, così come tutti i cittadini europei, discendenti di Roma, ciascuno nella propria generazione, ma tutti abbiamo qui le nostre origini. È facile riconoscere le opere di Hannu Palosuo. Predominano due dimensioni nel suo metodo di lavoro: la realtà ed il suo riflesso. Una poltrona, un ragazzo seduto sull’altalena – uno dei temi preferiti di Palosuo – un uomo o una donna di spalle, e le loro ombre. Tuttavia, tutto è rappresentato in modo che l’ombra della poltrona può essere un’anziana che è stata seduta su di essa, l’ombra del ragazzo può essere un uomo adulto. Qualsiasi cosa può non avere niente a che vedere con la propria immagine.

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Quan va començar la meva missió com a Ambaixador de Finlàndia a Roma, fa dos anys, vaig poder conèixer millor Hannu Palosuo i el seu art. És un dels centenars d’artistes finesos que han cercat ensenyances i inspiració per a la seva obra a la Ciutat Eterna. A més a més, ha triat Roma, més que no Itàlia, com a segona pàtria. I això ho entenc perfectament. Al final, tots, és a dir, tots els europeus, som descendents de Roma, cadascú de la seva generació, però tots tenim els nostres orígens aquí. És fàcil reconèixer les obres d’art de Hannu Palosuo. Dues dimensions predominen en la seva manera de treballar: la realitat i el seu reflex. Una butaca, un nen a un gronxador (un del temes preferits de Palosuo), un home o una dona vistos d’esquena, i les seves ombres. Tanmateix, està fet d’una manera que l’ombra de la butaca pot representar una dona gran que hi ha estat asseguda, l’ombra del nen pot ser un home ja adult. És a dir, una altra cosa que no té res a veure amb la imatge com a tal. M’agrada aquest joc entre la realitat i el seu reflex.

Mi piace questo gioco tra la realtà ed il suo riflesso. Probabilmente perché mi ricorda il mio lavoro. Raramente l’immagine pubblica dei politici e dei diplomatici corrisponde alla realtà. L’impressione di un evento, di una dichiarazione, di un processo, nel migliore dei casi, appena riesce ad incarnare parzialmente le cose autentiche. Non c’è tempo né spazio per spiegazioni approfondite e dettagliate.

Probablement és així perquè em recorda la meva pròpia feina. La imatge pública de la diplomàcia i la política molt rarament es correspon amb la realitat. La impressió que es dóna d’un esdeveniment, una declaració o un procés, fins i tot en el millor dels casos, només personifica parcialment la cosa o el fet autèntics. No hi ha temps ni espai per a explicacions llargues i exhaustives.

Nelle opere più recenti di Palosuo, esposte anche in questa occasione, i ruoli sono cambiati. La realtà non è più definita chiaramente e si percepisce la figura che può essere riconosciuta (un fiore, una persona, qualsiasi altra immagine che forma l’ombra) ed i suoi contorni sono rotti dal vento, dalla paura e, forse, da una prospettiva smarrita. Invece le ombre sono adesso chiaramente definite e complete, come pensiamo che potrebbe essere la realtà secondo la nostra opinione. Come vogliamo che la realtà sia.

A les obres de Palosuo més recents, com les que s’exposen en aquesta ocasió, els rols han canviat. La realitat ja no és una figura definida amb tanta claredat i que es percep fàcilment i és reconeguda (una flor, una persona, qualsevol altra imatge que forma l’ombra) i el seu contorn està esquinçat pel vent, per pors i probablement per una prospectiva que falta. Ara és diferent, ara les ombres estan clarament definides i íntegres, com pensem que la realitat hauria de ser en la nostra opinió. Com ens agradaria que la realitat fos.

C’è un margine per lo spettatore nelle opere di Palosuo, e anche uno spazio per il proprio punto di vista. I suoi lavori non sono degli insiemi di oggetti. Offrono la possibilità di chiedersi se l’ombra è più reale della realtà stessa. Non è la prima volta che questa domanda viene posta. Palosuo ha certamente studiato Platone.

A les obres de Palosuo hi ha lloc per a l’observador i hi ha també espai perquè tingui les seves pròpies idees. Les seves obres no estan atapeïdes amb objectes. Això permet preguntar-se si l’ombra és més real que la realitat. Aquesta no és la primera vegada que aquesta pregunta es formula. Segur que Palosuo ha estudiat Plató.

Hannu Palosuo è finlandese ed è anche romano ma, probabilmente è, prima di tutto, un artista europeo, le cui opere hanno qualcosa da dire al pubblico di tutto il mondo. Fa parte della storia di successo della Finlandia contemporanea ed è stato adottato dall’Italia. Tuttavia la nazionalità o la città di residenza non sono importanti, perché la buona arte è buona a prescindere dalla nazionalità dell’artista o dal suo domicilio.

Hannu Palosuo és finès i és romà, però probablement primer de tot és un artista europeu, i les seves obres tenen alguna cosa a dir a tots els que les miren, siguin a on siguin. Palosuo és una part important de l’èxit de l’ art contemporani finès, però ara l’ha adoptat Itàlia. Però, això no obstant, la nacionalitat o la ciutat natal no són importants, perquè el bon art és bo independentment de la nacionalitat de l’artista o del lloc on viu.

Forse è per questo motivo che sono orgoglioso di Hannu Palosuo, di questo artista finlandese che raccoglie un successo internazionale e che ha infranto le barriere dell’arte e delle nazionalità.

Potser és precisament per aquest motiu que estic orgullós de Hannu Palosuo, d’aquest artista finès que ha assolit un èxit internacional i que ha trencat les barreres de l’art i les nacionalitats.

Gli auguro un grande successo per le sue esposizioni di Roma e Barcellona.

Desitjo el millor i tot l’èxit per a les seves exposicions a Roma i a Barcelona.

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LA MEMORIA TRA MITO E UTOPIA

MEMORIA ENTRE MITE I UTOPIA

di Matilde Amaturo Direttore Museo H.C. Andersen

por Matilde Amaturo Directora, Museu Andersen

Il titolo della personale dell’artista finlandese Hannu Palosuo “Memoria obliterata” ospitata al Museo Andersen si propone nel significato simbolico e letterale di “cancellare dalla memoria”, come duplice accezione di negare e nello stesso tempo conservare le immagini che la mente propone. L’artista, attraverso una vera e propria azione fisica, sottrae l’immagine rappresentata ponendola come ombra di sé o come “memoria” di se stessa, quindi sulla tela la restituisce nella sua interezza visiva, nella sua bellezza, sospesa, assoluta della sua originaria essenza. Nello scorrere atemporale dello spazio espositivo della casa museo ospitante, così fortemente connotata dalle sculture e dalle opere dal genius loci Hendrik Christian Andersen, l’arte di Palosuo dialoga sollecitando l’osservazione e la riflessione sul tempo che trascorre. L’invito è a volgere lo sguardo e il pensiero su ciò che lo spettatore percepisce fuori e dentro di sé, a contatto con lo spazio artistico e quindi anche con la dimensione museale pertinente. La casa museo di Hendrik Christian Andersen, realizzata su disegno dell’artista tra il 1922 e il 1924, si incentra su due segni emblematici di tutta la sua vita: il World Centre of Communication e la memoria dell’antico. Il World Centre, ideato a partire del 1901 con il supporto dell’architetto francese Ernest Hébrard e il sostegno costante di tutta la vita della cognata Olivia Cushing, fu pubblicato a Parigi nel 1913, e si colloca nell’ambito dei progetti utopici ispirati alle teorie dell’urbanistica rinascimentale e alle nuove città moderne di Parigi e di Washington. Il Centro mondiale, luogo ideale per riunire tutti i più alti conseguimenti scientifici e artistici dell’umanità,

L’exposició en solitari al Museu Andersen de l’artista finès Hannu Palosuo es titula “Memòria oblidada”, que s’ha d’interpretar, tant literalment com simbòlicament, com a “Memòria esborrada” en el doble significat d’eliminació i simultàniament retenció de les imatges que ens vénen a la ment. Mitjançant un acte físic veritable, l’artista treu la imatge representada i la converteix en la seva ombra, o en el seu “record” i, després, la restaura com un tot visual a les seves teles, intacta en la bellesa sospesa i absoluta de la seva essència. En l’entorn deslligat del temps que es constitueix a les sales de l’exposició que ofereix el museu que l’acull, fortament marcat per les escultures i obres del genius loci Hendrik Christian Andersen, les obres originals de Palosuo parlen estimulant l’observació i els pensaments sobre el pas del temps. És una crida per centrar la mirada i la ment en allò que hom pot percebre tant a dins com a fora d’un mateix quan s’entra en contacte amb aquest entorn artístic i, també, l’entorn del museu. El museu de Hendrik Christian Andersen es va construir entre 1922 i 1924 segons el disseny de l’artista mateix. Se centra en dos elements emblemàtics de la seva vida: el Centre Internacional de Comunicacions i el record de l’antiguitat. El concepte del Centre Internacional va començar a prendre forma l’any 1901 amb l’ajuda de l’arquitecte francès Ernest Hébrard i de la cunyada i suport de l’artista durant tota la vida, Olivia Cushing. El disseny es va publicar a París l’any 1913. És un exemple dels dibuixos de projectes utòpics del Renaixement amb visions de planificació urbana i les ciutats modernes de París i Washington. El Centre Internacional, com a lloc ideal per reunir tots els assoliments científics i artístics més importants de la humanitat, s’esperava que impulsés rela-

Hendrik C. Andersen in his atelier in Via Ripetta, 1906

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avrebbe dovuto promuovere le relazioni di amicizia e cooperazione tra le nazioni. Andersen, originario di Bergen in Norvegia ed emigrato lattante a Newport nel Rhode Island nel 1873, investe tutte le sue energie intellettuali e fisiche nello studio e nell’amore rinnovellato per l’arte antica. Lo scultore nel corso di una vita di accezione per l’Italia prettamente americana, suggellata dagli affetti forti per la madre, per la cognata Olivia (vedova dell’amatissimo fratello Andreas), circondato dagli intellettuali stranieri soprattutto angloamericani, come la significativa amicizia con Henry James, cercherà di recuperare le testimonianze di un passato glorioso nel vecchio continente, nell’ammirazione assidua di Michelangelo, costruendo l’intero impegno artistico e personale a Roma, dal 1898 fino alla sua morte nel 1940. Le due sale espositive del piano terra del museo offrono un avvincente panorama sul World Centre e sulla Fontana della Vita, nucleo principale del progetto utopico, unica parte ad essere stata concretamente realizzata, almeno nei gruppi scultorei. Il museo ne conserva tanto i bozzetti (bronzo e gesso patinato) e i modelli in gesso quanto le sculture, di cui solo alcune furono tradotte in bronzo nel 1911. Le sculture di fattezze gigantesche, rappresentazione dei campioni di formale atletica bellezza, realizzate da Andersen tra il 1904 e il 1916, indirizzano d’impatto lo spettatore a modelli neoclassici. Esporre in questo luogo significa per Hannu Palosuo qualcosa di più che l’ammirazione per un precedente anziano artista norvegese, molto di più che una ricerca di analogie ed empatie tra artisti nel tempo e nei luoghi distanti. Al contrario, il biancore e il monumentalismo evocano nella vivace riminescenza di Palosuo sembianze familiari. Il suo sguardo sensibile ha colto immediatamente un’aura di gigantesche divinità norrene che in Finlandia ai primi del Novecento trovano un’analoga interpretazione della figura umana in Emil Wikström (18641942), allievo come Andersen dell’Académie Julian a Parigi e

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cions d’amistat i de cooperació entre totes les nacions. Andersen era de Bergen, Noruega, i va emigrar l’any 1873 a Newport, Rhode Island (EUA) quan encara era un nadó. Totes les seves energies mentals i físiques les va canalitzar en l’estudi i el cultiu amb afecte de la seva passió per l’art antic. Durant la seva vida, que definitivament té un regust americà per a la sensibilitat italiana i du la marca de la intensa estimació que tenia per la seva mare i la seva cunyada (vídua del seu estimat germà Andreas), l’escultor volia intentar recrear testimonis d’un passat gloriós del Vell Continent entre un cercle d’intel·lectuals estrangers, principalment anglo-americans que incloïen el seu amic Henry James, i tot plegat en una constant adoració de l’obra de Miquel Àngel Buonarroti. El seu camí personal i artístic va estar fermament vinculat amb Roma des de 1898 fins a la seva mort l’any 1940. Les dues sales de l’exposició a la planta baixa del museu proporcionen una atractiva presentació del Centre Internacional i la Font de la Vida: el nucli de l’utòpic projecte i també l’única part que es va fer realitat, almenys com a escultura. El museu custodia tant les proves (bronze i guix amb pàtina) com els models de guix juntament amb les escultures, de les quals només unes quantes es van reproduir en bronze el 1911. Andersen va crear les escultures gegants, que representen mostres de bellesa atlètica, entre 1904 i 1916 i evoquen immediatament models neoclàssics. Per a Hannu Palosuo, fer una exposició en aquest lloc significa alguna cosa més que un acte de devoció cap a un vell artista noruec: és més la recerca de similituds i empaties entre artistes que est troben en punts remots tant en el temps com en l’espai. A la inversa, la brillantor blanca i les obres monumentals evoquen presències familiars en els records animats de Palosuo. La seva mirada sensible ha captat immediatament l’aura de les deïtats nòrdiques, que a Finlàndia es tradueix en una representació semblant del cos humà a la que va dur a

immortalato in una casa museo a Visavuori. Gli sguardi artistici di Andersen e di Wikström sembrano allenati alla memoria rinnegata, cogliendo con immediata reciproca sensibile conoscenza, la vicinanza a quel flusso ininterrotto con la mitologia della natura, propria dei popoli nordici. Ambedue si esprimono attraverso citazioni classico-accademiche che in realtà costituiscono il linguaggio rivisitato dell’originario olimpo mitologico, fatto di una realtà naturale primordiale sovradimensionata, in cui l’uomo ne è incarnazione grandiosa. Altre analogie tra l’opera di Andersen e il contesto finlandese di primo Novecento si possono riscontrare nel pensiero architettonico di Eliel Saarinen che pubblica nel 1915 il progetto per Munkkiniemi-Haaga, un’area di espansione della città di Helsinki, interamente pianificata anche sul piano sociale, con zone ben distinte per funzioni e tipologia di abitanti e ampi spazi verdi, e la cui progettazione urbanistica rammenta nelle fonti ispiratrici le idee di Andersen per il World Centre of Communication. Allo spettatore interessato e sempre vigile alle proposte pregnanti di evocazioni e di suggestioni, Palosuo, artista internazionale dalla colta e solida energia creativa, propone quindi la scoperta di tracce inconsuete. Frammenti di un continuum di ricordi: ombre lunghe, come su distese nevose, si ripetono quasi modularmente; nello stesso tempo, colorate immagini di piante, di fiori, di oggetti e di figure familiari richiamano un piano introspettivo che si immerge e si mescola alla lettura dello spazio museografico circostante, invitando a ritrovare nei meandri neppure tanto nascosti delle proprie radici le scoperte più audaci della memoria.

terme Emil Wikström (1864-1942), que, com Andersen, va assistir a cursos a l’Académie Julian de París, i que rep un homenatge permanent mitjançant el museu que se li ha dedicat a Visavuori. La mirada artística d’Andersen i Wikström s’hauria format en records oblidats: tots dos poden captar de manera immediata i mútua un sentiment de proximitat vers aquell flux ininterromput de mitologia natural que és típic dels països escandinaus. Tots dos s‘expressen a través de cites clàssiques i acadèmiques que realment són una versió revisada del llenguatge que s’utilitza a l’Olimp primigeni dels mites, creat amb elements naturals sobredimensionats que s’encarnen grandiosament en l’ésser humà. Es poden trobar similituds addicionals entre l’obra d’Andersen i l’entorn finès de principis del segle XX en els conceptes arquitectònics desenvolupats per Eliel Saarinen, que va publicar el seu projecte per al barri d’Hèlsinki MunkkiniemiHaaga l’any 1915. Era un barri nou a Hèlsinki que s’havia planificat partint de zero, també des del punt de vista social, i al qual s’havien assignat àrees separades per a funcions separades i categories separades d’habitants que incloïen grans zones verdes. El seu disseny evoca les idees d’Andersen per al Centre Internacional de Comunicacions. Així, els visitants que vulguin descobrir propostes evocadores i suggerents seran conduïts per Palosuo, un artista internacional amb una força creativa cultivada i ferma, per camins poc convencionals. Peces en un flux ininterromput de records, llargues ombres (com si es projectessin damunt pendents nevades) que es repeteixen gairebé com a mòduls. Al mateix temps, imatges de colors de plantes, flors, coses i figures familiars fan comparèixer una dimensió introspectiva que es fon i forma part de la lectura de l’entorn circumdant del museu, mentre que al mateix temps ens conviden a desfer el camí dels descobriments més agosarats de la memòria en els meandres no tan ocults de les pròpies arrels.

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HANNU PALOSUO AL CERCLE

HANNU PALOSUO AL CERCLE

di Josep Fèlix Bentz Presidente del Reial Cercle Artístic di Barcellona

por Josep Fèlix Bentz President del Reial Cercle Artístic de Barcelona

Il Cercle Artístic è stato fondato a Barcellona nel 1881, sette anni prima di quella che sarebbe stata la prima grande vetrina al mondo della Barcellona moderna: la celebrazione dell’Esposizione Universale del 1888. Si viveva un periodo di grande sviluppo culturale durante la preparazione di questo evento. L’uso del nudo come metodo di apprendimento artistico fu il primo obiettivo della società, dato che nella sua fase iniziale, nel 1893, un gruppo di soci, artisti con intime convinzioni cattoliche e tradizionali, si allontanarono a causa di questa tecnica, formando un circolo rappresentativo della città, il Cercle Artístic de Sant Lluc.

El Cercle Artístic es va fundar a Barcelona l’any 1881, set anys abans de l’esdeveniment que havia de ser el primer gran aparador de la Barcelona moderna al món: la celebració de l’Exposició Universal de 1888. Es vivien moments de gran auge cultural i de preparació per a aquest magnànim esdeveniment. L’ús del nu com a mètode d’aprenentatge artístic va ser la raó primera de la societat ja als seus inicis, l’any 1893. Un grup de socis, artistes d’íntimes conviccions catòliques i tradicionals, es va escindir per negar aquesta tècnica i van formar la que també arribaria a ser una entitat representativa de la ciutat, el Cercle Artístic de Sant Lluc.

Già nel XX secolo, esattamente nel 1916, in una delle sue visite alla città, il re Alfonso XIII concesse il titolo di Reial al Cercle Artístic di Barcellona. La nostra istituzione non ha vissuto esclusivamente di fasti, riuscendo a destreggiarsi nelle differenti epoche. Pochi anni prima, il 22 agosto 1912, ci arrivò la richiesta di F.T. Marinetti per esporre 35 quadri, facenti parte della Mostra dei pittori Futuristi itinerante in Europa che alla fine non si realizzò, a causa di un cambiamento successivo del Comitato Dirigente, e che era prevista per la fine del 1912. Di tutto ciò ci rimangono due libri con dedica di F.T. Marinetti, la sua lettera di richiesta e la nostra risposta affermativa, che però non poté concretizzarsi. La mostra si inaugurò a Parigi, alla Galleria Bernheim-Jeune, il 5 febbraio 1912. Successivamente alla Sackville Gallery di Londra, dove si sarebbero effettuate le prime vendite, e alla Galleria della Köning Augstrasse di Berlino, finanziata dalla rivista «Der Sturm». A maggio la mostra sarà a Bruxelles, poi ad Amburgo, Monaco, Budapest,

Ja al segle XX, concretament l’any 1916, en una de les visites a la Ciutat Comtal, el rei Alfons XIII va concedir el títol de Reial al Cercle Artístic de Barcelona. La nostra institució no només ha viscut de pompa i també s’ha sabut moure en els diversos temps que li ha tocat viure. Pocs anys abans, amb data de 22 d’agost del 1912, ens arribava la petició d’F.T. Marinetti per exposar 35 quadres que formaven part de la Mostra dei pittori Futuristi (Mostra de pintors futuristes) itinerant per Europa, que al final no es va realitzar per un canvi posterior de Junta Directiva i que s’havia previst per a finals de l’any 1912. D’aquests fets ens en queden dos llibres dedicats per F.T. Marinetti, la carta de sol·licitud que va enviar i la nostra resposta afirmativa, però no realitzada. Aquesta mostra es va inaugurar finalment a París, a la Galeria Bernheim-Jeune, el 5 de febrer del 1912. Després va anar a la Sackville Gallery de Londres, on es van dur a terme les primeres vendes, i a la Galeria König de la Auguststrasse de Berlín, finançada per la revista «Der Sturm».

Sala dels Atlants, century XVIII, Photo: Isabel Marín

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Vienna… E sarebbe terminata sicuramente nel nostro centro, e nella nostra città. In occasione di altri eventi internazionali, nello stesso periodo, collaborammo fino alla realizzazione del progetto, come nel caso dell’organizzazione della Esposizione di Arte Belga del 1921. Perché già dal suo esordio e fino ai giorni nostri, l’obiettivo principale di questa storica Istituzione è stato quello di promuovere e sostenere qualunque tipo di manifestazione artistica e culturale. Così possiamo mettere in evidenza il ruolo centrale acquisito nella vita sociale e, soprattutto, artistica nella Barcellona degli ultimi anni del XIX secolo e delle prime decadi del XX secolo, quando si organizzavano atti sociali, balli, feste popolari, tra i quali vanno menzionati i balli del Gran Saló de Llotja e del Gran Teatre del Liceu. Ho il piacere di ricordare, inoltre, l’organizzazione delle esposizioni individuali, collettive e in omaggio a molti dei suoi membri durante la sua lunga storia, come Xavier Gosé, Baldomer Gili i Roig, Pere Borrell, Eliseu Meifrén, Enric Casanovas, Carles Pellicer, Hermen Anglada-Camarasa, Marià Llavanera, Martí Llauradó, Laureà Barrau, Rafael Llimona, Ignasi Mallol, Ernest Santasusagna, Jaume Mercadé, Enric Galwey, Lluís Bonnin, Joan Llaverias, Bonaventura Puig Perucho, Josep Aragay, Salvador Dalí e Joan Abelló Prat, tra molti altri. Tra i soci non vanno dimenticati Antoni Caba, Caterina Albert, Ramon Casas, Evarist Arnús, Marià Andreu, Modest Urgell, Joan Borrell Nicolau, Joaquim Mir, Hermen Anglada-Camarasa, Francesc Costa, Isidre Nonell, Francesc Galí, Francesc Gimeno, Ricard Opisso, Francesc Labarta, Apel·les Mestres, solo per fare alcuni esempi. Il Reial Cercle Artístic di Barcellona prosegue il suo intenso cammino attraverso il terzo secolo della sua storia, mantenendosi attivo nel suo sostegno a favore delle Belle Arti. Attualmente, e dopo l’acquisizione nel 1959 del Palacio de los Condes di Pignatelli nella calle dels Arcs, e della antica Casa Bassols, nella calle de la Cucurulla, in pieno centro della città, all’ombra della Cattedrale, l’Istituzione si presenta con un’invidiabile stabilità ed un solido progetto per il futuro nel quale prevalgono le proprie radici per la promozione, lo stimolo ed il sostegno degli eventi e delle attività connesse con il mondo dell’arte e della cultura in generale. Differenti sale e spazi formano le nostre istallazioni, tra i

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El maig del mateix any, la mostra arriba a Brussel·les, després va a Hamburg, Munic, Budapest, Viena… Probablement, hauria finalitzat al nostre Centre i a la nostra ciutat. Amb tot, es va col·laborar en altres esdeveniments internacionals de la mateixa època i en molts casos el projecte es va dur a terme, com en l’organització de l’Exposició d’Art Belga el 1921. Perquè, des dels inicis i fins als nostres dies, l’objectiu principal d’aquesta històrica Institució ha estat la promoció i el suport a tot tipus de manifestacions artístiques i culturals. D’aquesta manera, podem destacar el protagonisme adquirit en la vida social i, sobretot, artística de la Barcelona dels darrers anys del segle XIX i de les primeres dècades del segle XX, quan s’organitzaven actes socials, balls, festes populars, entre els quals destaquen els balls del Gran Saló de Llotja i del Gran Teatre del Liceu. M’agradaria ressaltar també l’organització de les exposicions individuals, col·lectives i d’homenatge a molts dels seus membres en el transcurs de la dilatada història del Cercle, com ara Xavier Gosé, Baldomer Gili i Roig, Pere Borrell, Eliseu Meifrén, Enric Casanovas, Carles Pellicer, Hermen Anglada-Camarasa, Marià Llavanera, Martí Llauradó, Laureà Barrau, Rafael Llimona, Ignasi Mallol, Ernest Santasusagna, Jaume Mercadé, Enric Galwey, Lluís Bonnin, Joan Llaverias, Bonaventura Puig Perucho, Josep Aragay, Salvador Dalí i Joan Abelló Prat, entre molts d’altres. Vull comentar també que han estat socis destacats: Antoni Caba, Caterina Albert, Ramon Casas, Evarist Arnús, Marià Andreu, Modest Urgell, Joan Borrell Nicolau, Joaquim Mir, Hermen Anglada-Camarasa, Francesc Costa, Isidre Nonell, Francesc Galí, Francesc Gimeno, Ricard Opisso, Francesc Labarta, Apel·les Mestres, per posar només alguns exemples. El Reial Cercle Artístic de Barcelona continua la intensa trajectòria en el que ja és el seu tercer segle d’existència, mantenint-se actiu i disposat a seguir treballant per les Belles Arts. Actualment, i després de l’adquisició l’any 1959 del Palau dels Comtes de Pignatelli al carrer dels Arcs, i de l’antiga Casa Bassols, al carrer de la Cucurulla, en ple centre de la ciutat, a l’ombra de la Catedral, actualment la Institució es presenta amb una estabilitat envejable i amb un ferm projecte de futur, en el qual prevalen les seves arrels de promoure, estimular i donar suport a esdeveniments i activitats relacionades amb el

quali vorrei sottolineare gli studi e i laboratori di disegno, pittura e scultura, tutti con dei turni di modelli dal vivo, oltre alle sale di incisione e pittura libera. Non ci possiamo dimenticare del maestoso Salón de los Atlantes, referente indiscutibile dell’istituzione dove si celebrano le conferenze, le presentazioni di libri, gli omaggi, i concerti, ecc. E anche l’archivio–biblioteca, la sala di lettura, le sale di esposizione, tra le quali cito in maniera speciale la sala principale che abbiamo creato nel 2009, la Sala Nova. Questo spazio, il più rappresentativo della nostra organizzazione per esporre opere d’arte, in attesa dell’esecuzione del Piano Generale di tutto l’edifico ed il recupero delle sale ancora date in locazione nei vari piani, ha accolto nei suoi pochi anni di uso artisti internazionali, europei e nordamericani, anche catalani di adozione di grandissimo prestigio come Miquel Barceló. E per tutto ciò consideriamo un onore poter ricevere l’artista finlandese, residente a Roma, Hannu Palosuo. In primo luogo per la qualità della sua proposta, in sintonia con quella che desideriamo sia la pratica abituale di questo spazio. In secondo luogo, perché è la prima volta che realizziamo un evento espositivo in collaborazione con una struttura museale del vicino stato italiano. Il Museo Andersen appartiene alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Ci provammo, senza riuscirci, 100 anni fa con F.T. Marinetti ed il suo Movimento Futurista, adesso ce l’abbiamo fatta. Desidero ringraziare in questo caso l’opera di collaborazione del membro della nostra giunta di governo, Joan Abelló Juanpere, che ha affrontato positivamente il complicato meccanismo di questo evento culturale, italianista ostinato che partecipa, inoltre, al catalogo. Ed infine, per la nostra simpatia non solo nei confronti dell’Italia, ma anche verso la Finlandia. Perché nel periodo storico attuale questo stato baltico rappresenta un esempio assolutamente positivo di sovranità nazionale. Ed inoltre, se non sbaglio, lo stato finlandese si costituì nonostante l’enorme resistenza dell’attività prevaricatrice dei suoi vicini svedesi e russi, riuscendo a superare tutte le difficoltà, comprese le rivendicazioni territoriali sovietiche durante l’ultima grande guerra mondiale. Per tali motivi e tornando a parlare esclusivamente di arte, desidero complimentarmi calorosamente con Hannu Palosuo per questa magnifica esibizione che offre a tutti coloro che amano l’arte e la cultura.

món de l’art i la cultura en general. Diferents sales i espais configuren les nostres instal·lacions, i m’agradaria destacar els estudis i els tallers de dibuix, pintura, escultura, tots amb torns de models en viu, així com també sales de gravat i pintura lliure. No podem oblidar la majestuosa Sala dels Atlants, referent indiscutible de la institució on se celebren conferències, presentacions de llibres, homenatges, concerts, etc. A més de l’arxiu–biblioteca i la sala de lectura, destaquem les sales d’exposicions, entre les quals menciono amb especial estimació la sala principal que es va crear l’any 2009, la Sala Nova. Aquest espai, el més representatiu de la nostra entitat per exposar obres d’art, en espera de l’execució del Pla Director de tot l’edifici i la recuperació de les sales encara cedides en lloguer en diferents plantes, ha acollit en els breus anys d’ús a artistes internacionals, europeus i nord-americans, i també a catalans d’adopció d’un enorme prestigi, com ara Miquel Barceló. És per tot això un honor poder rebre a l’artista finlandès, resident a Roma, Hannu Palosuo. Primer, per la qualitat de la seva proposta, en sintonia amb allò que volem que sigui la pràctica diària d’aquest espai. En segon lloc, perquè és la primera vegada que produïm un esdeveniment expositiu en col·laboració amb una entitat museística del veí estat italià. El Museu Andersen pertany a la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Ho vam intentar sense èxit fa 100 anys amb F.T. Marinetti i el seu Moviment Futurista, i ara ho hem aconseguit. Haig d’agrair en aquest cas la feina de coordinació del membre de la nostra junta de govern, Joan Abelló Juanpere, italianista contumaç, que ha dirigit amb encert el complicat engranatge d’aquest esdeveniment cultural i que participa també al catàleg. I, en tercer lloc, per la nostra simpatia no només cap a Itàlia sinó també cap a Finlàndia. Perquè, en el nostre actual període històric, aquest país bàltic és tot un exemple positiu de sobirania nacional. Si no m’he informat malament, l’estat finlandès es va forjar malgrat l’enorme resistència de la pinça opressora dels seus veïns suecs i russos, i va saber vèncer totes les dificultats, inclosa una punteta guanyada a territori soviètic, a la darrera gran guerra mundial. Per tot això, i parlant ja exclusivament d’art, vull felicitar efusivament Hannu Palosuo per aquesta magnífica exhibició que ens brinda a tots els que estimem l’art i la cultura.

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Teatro Sociale Rovigo, Italy, 2010, “l’Elisir d’Amore” of Gaetano Donizetti, stage direction Italo Nunziata, stage decoration Pasquale Grossi in collaboration with Hannu Palosuo. Photo: Nicola Boschetti

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None of them is the truth, 2008, oil on canvas, cm 200 x 200

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None of them is the truth, 2008, oil on canvas, cm 200 x 200

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None of them is the truth, 2008, oil on canvas, cm 200 x 200

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Time will tell, 2008, oil on canvas, cm 200 x 400

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None of them is the truth, 2008, oil and aluminum on canvas, cm 60 x 60 each

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None of them is the truth, 2008, oil and aluminum on canvas, cm 60 x 60 each

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None of them is the truth, 2009, oil on canvas, cm 160 x 100 each

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None of them is the truth, 2009, oil on canvas, cm 80 x 120

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Denying one’s destiny , 2009, oil on canvas, cm 80 x 120

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Time will tell, 2009, oil on canvas, cm 80 x 60 each

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Time will tell, 2009, oil on canvas, cm 80 x 100 each

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None of them is the truth, 2009, oil on canvas, cm 80 x 80

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None of them is the truth, 2009, oil on canvas, cm 150 x 120

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None of them is the truth, 2009, oil on canvas, cm 50 x 50 each

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None of them is the truth, 2010, oil on canvas, cm 80 x 100 each

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None of them is the truth, 2010, oil on canvas, cm 120 x 80 each

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Denying one’s destiny 2009, oil on canvas, cm 80 x 60

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None of them is the truth, 2010, oil on canvas, cm 40 x 60 each

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Denying one’s destiny , 2010, oil on canvas, cm 100 x 120

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Denying one’s destiny, 2010, oil on canvas, 80 x 60

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Love only is incorruptible, 2010, acrylic and cement on canvas, cm 200 x 200

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Love only is incorruptible, 2009, acrylic and cement on canvas, cm 200 x 200

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Love only is incorruptible, 2010, acrylic and cement on canvas, cm 120 x 80 each

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PER AMORE DELLA BELLEZZA, CONTRO IL MONDO

EN NOM DE LA BELLESA, CONTRA EL MON

di Juha-Heikki Tihinen

di Juha-Heikki Tihinen Il vero mistero del mondo è il visibile non l’invisibile Oscar Wilde

El misteri del món és el visible, no l’invisible Oscar Wilde

Gli ultimi dipinti di Hannu Palosuo (1966) rappresentano una sfida attraverso il loro elogio della bellezza, che nella sua spietatezza confina con l’orrido. Questo orrore della bellezza è naturalmente ciò che gli esteti fin de siécle del tardo 1800, in particolare Oscar Wilde (1854-1900), chiamavano “arte per arte”. Il loro più che audace programma era elevare l’arte allo stesso livello della religione e dell’etica affermando, per dirla con le parole di Wilde, che non ci sono libri moralmente buoni o cattivi ma solo libri scritti bene o male. La bellezza estetica, in altre parole, è esente da obblighi morali. La bellezza, semplicemente, è il più grande di tutti, forse persino l’unico criterio che in ultima analisi fa la differenza.

Les pintures més recents de Hannu Palosuo (1966) ens repten amb la seva lloança de la bellesa que, en la seva crueltat, voreja l’horrible. Aquest horror de la bellesa és, naturalment, allò que els estetes de finals del segle XIX, el fin de siécle, especialment Oscar Wilde (1854-1900), van anomenar “l’art per l’art”. El manifest més agosarat d’aquells artistes va ser elevar l’art a un nivell similar que el de la religió i l’ètica, i dir, en paraules de Wilde, que no hi ha llibres bons ni dolents moralment, només llibres ben o mal escrits. Dit d’una altra manera, l’atractiu de l’estètica no té obligacions ètiques. La bellesa és la més important de totes. Potser fins i tot és l’únic criteri que finalment fa la diferència.

Morte a Venezia di Luchino Visconti (1906-1976) inizia con una scena che illustra esattamente ciò che lo spettatore avrà di fronte per i successivi 125 minuti. La sua indiscutibile bellezza è come un sottotitolo al film e all’impatto finale della bellezza. Nella figura di Tadzio il compositore Gustav von Aschenbach incontra l’ideale della Bellezza nella sua forma più perfetta. L’anziano professore gentiluomo semplicemente non riesce a distogliere lo sguardo dal ragazzo polacco, quell’essere apparentemente perfetto. L’eccezionalità di Tadzio è nel suo restituire lo sguardo. Il suo sguardo sembra comunicare con una ambiguità simile alla Monna Lisa o a qualche altra opera d’arte come essa avvolta nel mistero. E’ impossibile interpretare il sorriso del giovane o i segreti della sua espressione perché lui risiede nelle alte sfere della bellezza, seppur stando apparentemente nello stesso spazio e nello stesso tempo di von Aschenbach.

La pel·lícula Mort a Venècia de Luchino Visconti (1906-1976) comença amb una escena que mostra exactament amb què s’enfrontarà l’espectador durant els 125 minuts següents. La seva bellesa indiscutible és com un subtítol de la pel·lícula i s’afegeix a l’impacte final de la seva bellesa. En la forma de Tadzio, el compositor Gustav von Aschenbach troba l’ideal de Bellesa en el seu acompliment més perfecte. El venerable cavaller i professor no pot deixar de mirar-se el noi polonès, un ésser aparentment perfecte. Tadzio és extraordinari en el sentit que torna la mirada. La mirada de Tadzio sembla comunicar una ambivalència semblant a la de la Mona Lisa o alguna altra obra d’art plena de misteri. És impossible interpretar el somriure del jove o els secrets de la seva expressió, perquè ell resideix en les esferes superiors de la bellesa, tot i que ostensiblement és en el mateix temps i espai que von Aschenbach.

In passato, Palosuo ha prediletto principalmente i colori pastello nelle sue opere, ma ora la sua tavolozza si è ravvivata, almeno temporaneamente. I toni color pastello producono un effetto interessante e richiamano emotivamente le tonalità della Morte a Venezia di Visconti che è volutamente pastello. I pastelli creano un umore protetto; un soffio di affascinante sensibilità, o un intenso profumo di gigli sembra pervadere l’aria. Il giglio ha una duplice connotazione in quanto da una parte è il simbolo di una bellezza travolgente, ma è anche un fiore comunemente associato ai funerali. Una sorta di Morte affascinante se volete. Venezia diventa una bellissima metafora della caducità della bellezza, così come la morte e il lento ma inesorabile sprofondamento della città danno più forza allo slancio del protagonista verso la distruzione, ammutolito dalla bellezza.

Prèviament, Palosuo ha preferit sobretot els colors pastel per a les seves obres, però ara la seva paleta, com a mínim momentàniament, s’ha il·luminat. Els tons pastel són un efecte interessant, que aporta alguna relació emocional amb els matisos de Mort a Venècia de Visconti, que és una pel·lícula conscientment en tons pastel. Els pastels creen un estat d’ànim protegit. Un aire de sensibilitat fascinant, o la forta olor dels lliris, sembla que floti a l’ambient. El lliri té dues connotacions, perquè per una banda és l’exemplificació de la bellesa aclaparadora, però també és la flor que es fa servir com a ornament als funerals en les cultures anglosaxones. Si ho voleu, una mena de mort encantadora. Venècia esdevé una bonica metàfora de la transitorietat de la bellesa, perquè la mort i el lent, però inevitable, enfonsament de la ciutat fonamenta la immersió del protagonista en la destrucció, embadalit per la bellesa.

Nella filosofia artistica di Palosuo la bellezza è la più grande di tutte le forze, qualcosa che non può mai essere adorato abbastanza , ma che richiede una attenzione infinita. In tal senso egli è simile a Visconti. I film di Luchino Visconti di Modrone Conte di Lonate Pozzolo non hanno mai nascosto il fatto che la bellezza è la più grande di tutte le forze. Nei suoi film l’elogio della bellezza prosegue incessantemente e non può mai essere evitato in alcun modo. La bellezza, in senso Viscontiano, non è affatto misericordiosa o confortante, anzi è

En la filosofia artística de Palosuo, la bellesa és la més gran de totes les forces, la que mai no es pot adorar prou, la que s’ha d’interrogar indefinidament. En aquest sentit, és un artista semblant a Visconti. Les pel·lícules de Luchino Visconti di Modrone, comte de Lonate Pozzolo, mai no amaguen el fet que la bellesa és la més gran de totes les forces. En les seves pel·lícules, l’eulogització de la bellesa continua indefinidament i mai no es pot evitar de cap manera. La bellesa, en el sentit viscontià, no és de cap manera compassiva ni tranquil·litzado-

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assolutamente spietata in quanto non si può mai diventarne immuni o imparare a difendersi da essa. Nelle opere di Palosuo la bellezza è un tantino più misericordiosa, in parte perché la loro dimensione non è colossale come quelle di Visconti. Palosuo dà al pubblico la possibilità di respirare di tanto in tanto. In questo senso le sue opere appartengono ad aree intermedie, riconoscono il significato e l’importanza del processo di assimilazione interna.

ra. De fet, és completament despietada, perquè hom no pot mai assolir immunitat ni defensar-se contra ella. La bellesa de les obres de Palosuo és una mica més compassiva, en part perquè la seva escala no és tan colossal com a les obres de Visconti. Palosuo dóna al públic l’oportunitat de respirar de tant en tant. En aquest sentit, les seves obres tenen un aire familiar amb les àrees intermèdies, reconeixen la seva rellevància i la importància del procés d’assimilació intern.

Nelle opere di Palosuo la bellezza è estorsiva in quanto il loro spirito è spesso legato ad una sorta di consiglio. Esse sembrano dire: “Guarda ancora, osserva e ripensaci”. Non sono dei libri di legge, dei manuali di didattica o degli aforismi stampati sulle bustine di tè. Parlano del significato della vita, dell’arte e di altri principi basilari a livello elementare. Rappresentano un buon esempio della praticità della bellezza. La bellezza ti fa fermare e ti rende più facile scoprire le cose comportandosi come un gentile accompagnatore. Noi questo lo vediamo nella vita di ogni giorno perché abbiamo tutti assistito a situazioni in cui una persona attraente riesce a ottenere ciò che vuole semplicemente sfoderando un sorriso. In Arte abbiamo così spesso a che fare con la Bellezza che le aspettative e i requisiti si innalzano a livelli sempre più alti. Tuttavia, in questo senso, la vita somiglia all’arte in quanto come nella vita noi riconosciamo la bellezza in qualcosa o qualcuno anche se non necessariamente saremmo disposti a dare fuoco al mondo per loro. Morte a Venezia offre un commento eccellente sulla capacità dell’amore di umiliare. Gustav von Aschenbach ricorre ad un rinnovamento artificiale della sua giovinezza dietro suggerimento del suo barbiere. Al momento della sua morte il trucco e la tintura dei capelli scivolano via, quasi a ridicolizzare tutti i suoi inutili sforzi. In sottofondo Mahler suona, il film procede maestosamente e la vita dimostra di essere alquanto banale rispetto all’Arte. Questa è probabilmente una delle più forti convinzioni Viscontiane.

A les obres de Palosuo la bellesa és extorsiva, perquè l’esperit de l’obra tot sovint està vinculat amb alguna mena de consell. Les obres semblen dir: “Torna a mirar, observa i reflexiona”. No són llibres de lleis, manuals de didàctica ni, fins i tot, aforismes impresos en bossetes de te. Parlen de la significació de la vida, l’art i altres elements bàsics en un nivell elemental. Són un bon exemple del sentit pràctic de la bellesa. La bellesa ens atura i ens facilita el descobriment, com si fos una mena d’acomodador amable. Ja ho sabem, per l’experiència de la vida quotidiana, perquè tots hem presenciat situacions on una persona maca se surt amb la seva només amb un somriure. A l’Art, tractem amb la Bellesa tan sovint que crea expectatives i requisits sense fi, cap a un nivell superior. Tanmateix, en aquest sentit, la vida s’assembla a l’art, perquè com a la vida, podem reconèixer la bellesa en una cosa bonica o una persona maca, fins i tot si no estem decidits a deixar-ho tot per aquesta persona. Mort a Venècia ofereix un comentari excel·lent sobre la capacitat de l’amor per humiliar. Gustav von Aschenbach recorre a una renovació artificial de la seva joventut seguint el suggeriment del barber. En el moment de la seva mort, el maquillatge i el tint del cabell es comença a fondre i a regalimar, gairebé com una burla dels seus esforços inútils. En segon pla se sent la música de Mahler, la pel·lícula continua majestuosament i la vida demostra que és molt trivial al costat de l’Art. Probablement aquesta és una de les creences viscontianes més fortes.

La lingua dei fiori e dei lampadari

L’idioma de les flors i les aranyes de cristall

Gli ultimi dipinti di Palosuo (2010-2011) presentano delle immagini in cui persone, lampadari e fiori si mescolano in una densa foresta di simboli e in cui diversi significati e riferimenti scivolano insieme con una sorta di logica indistinta, come in un sogno. Indistinta nel senso che gli eventi e le cose sono chiari ma i loro rapporti richiedono una interpretazione. Nei sogni passato e futuro, realtà e desiderio e altri umori contrapposti si legano fra loro in maniera fluida e diretta. Nei sogni la complessità del mondo è rivelata. Il sonno è un cugino dell’Arte in questo senso poiché entrambi condividono una complessità e una molteplicità di significati. Questà è la regola piuttosto che l’eccezione, qualcosa che si cerca in ogni modo di raggiungere con tutti i mezzi.

Les pintures més recents de Palosuo (2010-2011) presenten una imatgeria en la qual la gent, les aranyes de cristall i les flors es mesclen en un dens bosc de símbols on els diferents significats i referències llisquen junts amb una mena de lògica onírica. Diem oníric en el sentit que els esdeveniments i les coses són clars, però les relacions requereixen interpretació. Als somnis, el passat i el futur, allò que es percep i es desitja, i altres estats d’ànim oposats es vinculen entre si sense problemes i directament. Als somnis es revela la complexitat del món. En aquest aspecte, el son és un parent de l’Art, perquè tots dos comparteixen la complexitat i la multiplicitat de significats. Això és una norma més que no una excepció, una cosa que es busca assolir activament amb tots els mitjans necessaris.

Negli ultimi dipinti di Palosuo lampadari di cristallo e fiori sono collegati. La dimensione iconografica dei fiori è forse più facile da cogliere, ma quella dei lampadari di cristallo? Oltre ad una fin troppo ovvia connotazione metaforica di lusso e splendore l’osservatore dovrebbe essere spinto a ricordare come nei dipinti degli artisti Fiamminghi del 17° secolo la lampada a sfera ebbe un suo ruolo distintivo. Per esempio nelle opere di Jan Vermeer (1632-1675) la sfera della lampada a soffitto era uno dei punti in cui si potevano attuare gli studi di prospettiva e dove poteva essere esaminato il significato dei riflessi. D’altra parte la Pittura è collegata anche ad altre tradizioni di pensiero, discipline in cui si discuteva il significato della bellezza.

A les darreres pintures d’en Palosuo, les aranyes de cristall i les flors estan vinculades. La dimensió iconogràfica de les flors s’observa, potser, més fàcilment, però què passa amb les aranyes de cristall? A més de la connotació metafòrica de luxe i esplendor, també s’hauria d’advertir l’observador que recordés com a les pintures dels artistes flamencs del segle XVII, la bola que hi ha aquests llums tenia una funció distintiva. Per exemple, a les obres de Jan Vermeer (1632-1675), la bola del llum del sostre era un dels punts de referència per als estudis de perspectiva i on es podia examinar el significat dels reflexos. Per altra banda, la pintura també té connexions amb altres tradicions de pensament, disciplines on es debat el significat de

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L’idea di una generale luminosità e bontà della Bellezza, tuttavia, rappresenta un elemento importante nella Cristianità, evidenziando tracce di pensiero Neoplatonico. La bellezza è luminosa e quindi ben visibile.

la bellesa. Tanmateix, la idea de la brillantor i la bondat generals de la Bellesa, representa un important corrent del cristianisme que mostra traces de pensament neoplatònic. La bellesa és brillant i, per tant, fàcilment perceptible.

Palosuo continua a lavorare secondo modalità in cui la serializzazione ha un ruolo fondamentale. Nelle sue serie (che consistono di vari pezzi) lui crea storie e allusioni a diversi significati culturali. Anche le immagini delle opere formano un interessante universo stratificato e denso di riferimenti in cui, per esempio, l’infanzia è un tema ricorrente. Collegare il passato al presente è un esempio classico di come nelle opere d’arte si possa comprimere il tempo. Vedo qualcosa che mi trasporta direttamente nel passato, che diventa quasi tangibile, anche se io rimango dove sono. Questo è uno dei più chiari esempi della miracolosa capacità dell’Arte di trasformare un luogo.

Palosuo continua treballant d’una manera en la qual la serialització té un paper important. En les seves sèries (formades per múltiples peces), crea històries i al·lusions a diferents significats culturals. La imatgeria de les obres també forma un món interessant de capes i referències de significats, on, per exemple, la infància és un tema recurrent. Enllaçar el passat amb el present és un exemple clàssic de com es pot comprimir el temps dins les obres d’art. Veig alguna cosa que em transporta directament al passat, que esdevé gairebé tangible, fins i tot si segueixo allà on sóc. Aquest és un dels exemples més clars de la capacitat miraculosa de l’Art per transformar un lloc.

Ma cosa significa tutto ciò a livello concreto? Guardiamo i dipinti dell’artista ed esaminiamo le loro storie. “Denying one’s destiny” (“Negare il proprio destino”) è un trittico in cui il pannello sinistro raffigura una donna e un bambino, quello centrale una donna sola e quello di destra due uomini che guardano qualcosa che non si vede. I protagonisti sono tutti vestiti in un modo che richiama vagamente il passato e un qualche soggetto storico. Il colore della tela è visibile, il che crea una impressione di generale ambivalenza dei personaggi, in quanto essi non hanno effettivamente un particolare contesto temporale o spaziale. In questo senso Palosuo dipinge in modo classico, ma sostituisce la nudità dei protagonisti con la nudità dello sfondo. Siamo di fronte ad una nuda situazione umana. L’abbigliamento dei personaggi mi riporta alla mente la Finlandia del dopoguerra e sembra tipico dei contadini o della classe operaia. Qual è l’importanza dell’ambiente nella vita umana e si può mai essere liberi dalla sua morsa o azzerare il suo significato?

Però, què vol dir tot això en un nivell concret? Mirem-nos les pintures de l’artista i examinem la seva narració. “Denying one’s destiny” [Negació del propi destí ] és un tríptic on al panell de l’esquerra es mostra una dona i un nen, al del mig una dona solitària i al panell de la dreta dos homes que miren alguna cosa invisible. Tots els personatges van vestits d’una manera que evoca vagues idees del passat i alguna mena de tema històric. El color de la tela s’ha deixat visible, la qual cosa crea la impressió d’una ambivalència general dels personatges, perquè realment no tenen cap context especial temporal o espacial. En aquest sentit, Palosuo pinta de manera clàssica, però substitueix la nuesa dels protagonistes amb la nuesa del fons. Ens enfrontem amb una situació de nuditat humana. La roba dels personatges es vincula en la meva ment a la Finlàndia de postguerra, i sembla referir-se a pagesos o a la classe treballadora. Quina és la importància del segon pla en la vida humana, i podem alliberar-nos de la seva subjecció o anul·lar el seu significat?

Negli anni 1960, la saggista Americana Susan Sontag (1933-2004) scrisse quanto segue nel suo saggio Contro l’Interpretazione (Against Interpretation): “La vera arte ha la capacità di renderci nervosi. Riducendo l’opera d’arte al suo contenuto e poi interpretandolo si addomestica l’opera d’arte.“1 Nel suo testo Sontag dichiara guerra all’interpretazione e agli interpreti, e difende il significato dello stile dell’artista. Conclude il suo saggio affermando che anziché l’ermeneutica dell’arte è necessario l’erotismo dell’arte2. Con ciò lei si riferisce all’importanza dell’esperienza individuale e del significato personale in contrapposizione con una autoritaria “interpretazione corretta”. Nel caso di Sontag questa è autocritica, perché a quel tempo lei era già conosciuta come critico e teoreta. Seguendo il suo esempio si comprende facilmente l’importanza del ruolo dello stile nelle opere di Palosuo. La tensione tra realismo e non-realismo è un elemento tanto stilistico quanto sostanziale, sul quale è costruita la narrazione dei suoi dipinti.

A la dècada dels anys 1960, l’assagista americana Susan Sontag (1933-2004) va escriure el següent a la seva obra Contra la interpretació: “L’art autèntic té la capacitat de posar-nos nerviosos. És en reduir l’obra d’art al seu contingut i aleshores interpretarho, que hom domestica l’obra d’art”.1 Al seu text, Sontag declara la guerra a la interpretació i als intèrprets, i defensa la rellevància de l’estil de l’artista. Acaba l’assaig amb el requeriment que en lloc d’una hermenèutica de l’art, cal un erotisme de l’art2. Amb això, Sontag es refereix a la importància de l’experiència individual i la significació personal en contrast amb una “interpretació correcta” feta per l’autoritat. En el cas de Sontag, això constitueix una autocrítica, perquè en el moment en què ho escriu ja era reconeguda com a crítica i teòrica. Seguint el seu exemple, és fàcil entendre com n’és d’important l’estil del rol a les obres de Palosuo. La tensió entre realisme i no realisme és estilística però també un element substantiu, damunt del qual es construeix la narrativa de les seves pintures.

La serie “Love only is incorruptible” (“Solo l’amore è incorruttibile”) segue la logica dello stile. Consiste di dodici dipinti, di cui 11 raffiguranti fiori e l’ultimo due persone in una barca a remi. La serie è molto monocromatica, il che enfatizza maggiormente il profilo e la forma dei fiori, li evidenzia più intensamente di quanto non sarebbe stato possibile se l’elemento di colore fosse stato più dominante. Per noi una composizione floreale incolore o monocromatica è una eccezione poiché il colore è una aspettativa associata ai dipinti di fiori. Un’altra serie di opere quasi monocromatica è “None of them is the

La sèrie “Love only is incorruptible” [L’amor només és incorruptible] segueix la lògica de l’estil. Està formada per dotze pintures, incloent-hi 11 que mostren flors i l’última que retrata dues persones en una barca de rems. La sèrie és molt monocromàtica, la qual cosa dóna més èmfasi als contorns i formes de les flors, i les destaca amb més intensitat que no seria possible si l’element de color fos més dominant. Per a nosaltres, un arranjament floral sense color o monocromàtic és una excepció, perquè el color és una expectativa prèvia associada amb les pintures de flors. Una altra sèrie d’obres gairebé monocromà-

truth” (“Nessuna di queste è la verità”). Questa serie collega vari fiori grigi e marroni alla silhouette di un ragazzino ritratto di lato. Un ragazzo in calzoncini corti e una varietà di tulipani e gigli creano riferimenti a diversi livelli di tempo. Il bianco e nero, o più precisamente uno schema cromatico che lo ricorda, è una sorta di meta-livello. Foto in bianco e nero documentano e illustrano, o una immagine in bianco e nero di una pianta ricorda in qualche modo uno schizzo.

tiques és “None of them is the truth” [Cap d’aquests no és la veritat]. Aquest sèrie enllaça diferents flors grises i marrons amb una silueta d’un nen petit retratat des d’un costat. El nen porta una pantalons llargs fins al genoll i una varietat de tulipes i lliris creen referències a diferents nivells de temps. El blanc i negre o, amb més precisió, un esquema de colors que ho evoca, és una mena de metanivell. Les fotografies en blanc i negre documenten i il·lustren, i una imatge en blanc i negre d’una planta d’alguna manera evoca un esbós.

La serie “Today is the frightening tomorrow of yesterday” (“L’oggi è lo spaventoso domani di ieri”) rappresenta lampadari e altre lampade da soffitto oltre che persone. I tipi di lampada variano e le figure umane comprendono un violinista, un adulto con un bambino e due adulti che si passano un bambino. Quest’ultima figura in particolare trasuda una profonda nostalgia: io interpreto l’immagine come una icona che mostra la continuità della famiglia attraverso la raffigurazione della discendenza tra nonna, padre e figlio. Molte delle figure di Palosuo appaiono come semplici silhouette, che penso facciano riferimento sia all’idea Platonica del mondo che allo stile pittorico di Leonardo. In particolare il gioco tra luce e ombra è uno dei temi chiave nei dipinti di lampade. E’ come se ci muovessimo tra luce e oscurità. L’artista sembra anche riferirsi al chiaroscuro di Leonardo, in cui luce e ombra creano un effetto tipo rilievo.

La sèrie “Today is the frightening tomorrow of yesterday” [Avui és el demà aterrador d’ahir] mostra aranyes de cristall i altres llums de sostre, i també persones. El tipus de llum varia, i en les figures humanes es mostra un violinista, un adult amb un nen i dos adults que es passen un infant. La darrera figura, especialment, porta un fort segell de nostàlgia: Jo interpreto la imatge com una icona que mostra la continuïtat de la família perquè fa un retrat del llinatge entre àvia, pare i nen. Moltes de les figures de Palosuo apareixen com a meres siluetes, que tinc la sensació que es refereixen tant a la idea platònica del món com a l’estil pictòric de Leonardo. En concret, el joc entre llum i ombra és un dels temes clau a les pintures amb làmpades. És com si ens moguéssim entre clar i fosc. L’artista també es pot considerar com que cita el “chiaroscuro” de Leonardo, on llum i ombra creen una impressió de relleu.

Nelle opere più recenti dell’artista incontriamo una varietà di combinazioni, una delle quali è particolarmente interessante e cioè tulipani e gigli. Il giglio era una pianta popolare fra i Simbolisti. La loro presenza ci parla dell’importanza dell’estetica e dello stile. Il tulipano, attualmente abbastanza comune, ha un passato turbolento poiché quando arrivò in Europa nel 17° secolo la gente era disposta anche a uccidere pur di possederlo. Se l’ossessione per i tulipani fu un fenomeno di quell’epoca, il fascino della storia per gli uomini moderni deriva da come si potesse impazzire per un fiore. Il tulipano ha dimostrato quanto possa essere importante la bellezza. In breve la bellezza vinceva sulla ragione e quindi sulla vita.

En les obres més recents de l’artista trobem una varietat de combinacions, una de les quals té un interès espacial: concretament, lliris i tulipes. El lliri era una planta popular entre els simbolistes. La seva aparença ens parla de la importància de l’estètica i l’estil. Ara la tulipa és molt habitual, però té un passat salvatge, perquè quan va arribar a Europa al segle XVII, la gent fins i tot estava decidida a matar per tal de posseir la flor. Mentre que aquesta “tulipamania” va ser un fenomen del seu temps, l’atractiu de la història per a les persones actuals és com de bojos ens podem tornar per una flor. La tulipa demostra com d’important pot ser la bellesa. En resum, la bellesa va conquerir la raó i, per tant, la vida.

Un classico esempio di personaggio immaginario che sceglie l’arte anziché la vita è Jean des Esseintes (Recalcitrant, 1884) di J.K. Huysmans. Per lui l’estetica e lo stile sono tutto, ciò è evidente dal tempo – e dal denaro – che spende per abbellire la sua esistenza, come collezionare oggetti: meravigliosi profumi, libri rari, opere di Gustave Moreau (1826-1898), Odilon Redonin (1840-1916) e Francesco Goya (1746-1828) , o persino la povera tartaruga viva il cui guscio è rivestito d’oro e incastonato di una varietà di pietre preziose. Des Esseintes ha scelto uno stile il più estetico possibile e al tempo stesso affatto mondano. Lo stile è tutto e il suo più importante compagno è il Gusto.

Un exemple clàssic d’un personatge de ficció que tria l’art en comptes de la vida és, naturalment, Jean des Esseintes de la novel·la A repèl de J.-K. Huysmans (1884). Per a des Esseintes, l’estètica i l’estil ho són tot. Això es fa evident amb la quantitat de temps (i de diners) que utilitza per a l’embelliment de la seva existència. El procés de recopilació d’objectes, com ara perfums meravellosos, llibres rars, obres de Gustave Moreau (1826-1898), Odilon Redon (1840-1916) i Francisco Goya (1746-1828), o fins i tot la pobra tortuga viva, a la qual se li xapa d’or la closca i s’encasta amb una varietat de pedres precioses. Des Esseintes ha triat un estil que és tan estètic com és possible, i no gens convencional. L’estil ho és tot, i el seu company més important és el Gust.

All’inseguimento dei sogni Calc de somnis

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Di fronte all’opera di Palosuo io ho spesso provato emozioni simili a quando osservo l’arte Simbolista. Sebbene Palosuo operi nell’ambito dell’arte contemporanea, è facile vedere nelle sue opere perché il Simbolismo possa per molti aspetti essere visto come un antenato dei temi e dei mezzi espressivi del Modernismo e dell’arte contemporanea. Il rapporto tra bi e tri-dimensionale, tra la dimensione personale e un interesse alle grandi narrazioni sono tutte cose a cui attingono sia i Simbolisti che Palosuo. Odilon Redon (1840-1916) scrisse sull’arte di Camille Corotin nella sua critica del Paris Salon del

Davant l’obra de Palosuo, sovint he experimentat emocions similars a les que sento en contemplar art simbolista. Tot i que Palosuo funciona dins de l’àmbit de l’art contemporani, és fàcil veure en les seves obres per què el simbolisme es pot considerar per molts motius com un avi dels temes i significats d’expressió del modernisme i l’art contemporani. La relació entre les dues i les tres dimensions, la dimensió personal i un interès en les grans narratives són coses sobre les que tant els simbolistes com Palosuo han dibuixat. Odilon Redon (1840-1916) va

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Pabellòn de las Bellas Artes UCA, 2010, Buenos Aires, Argentina

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1868: ”Tutti sanno che M. Corot, i cui dipinti sembrano incompiuti, è al contrario estremamente sottile e rifinito… se, per l’espressione dei suoi sogni egli lascia volutamente vaghi miscugli quasi indecifrabili nella semioscurità, poi immediatamente vi pone accanto un dettaglio superbamente saldo e ben osservato. Questo dimostra chiaramente che l’artista sa molto, il suo sogno è supportato da una realtà percepita.”3 Redon ha enfatizzato quel legame tra realtà e fantasia nei suoi scritti sull’arte, ma anche nella sua opera artistica in cui vari elementi immaginari e realistici creano un riflesso caleidoscopico. Lo storico dell’arte Jodi Hauptman nota in un suo articolo su Redon, quanti ricercatori, ma anche artisti del 19° secolo si sono interessati allo studio dei sogni. Gli interessi degli artisti e dei ricercatori erano spesso sinonimi. Per esempio Alfred Maury ha esaminato nel famoso libro Le Sommeil et les Rêves, i significati visivi dei sogni, e la stessa cosa ha affascinato molti artisti Simbolisti, per esempio Odilon Redon.4 Attraverso i sogni, come ha poi affermato Freud, era possibile ottenere una nuova prospettiva sul mondo interiore delle persone, e in base a questo materiale immaginativo esplorare come si muoveva la mente umana in un dato momento. Ma come si rapportano i sogni per esempio con la serie di Palosuo “Who believes in his dreams, fears his shadow?” (“Chi crede ai suoi sogni ha paura della propria ombra”)? E’ una serie di dipinti ciascuno dei quali raffigura un soffitto o un lampadario. Oltre alla tradizionale iconografia di luci e di lampade, io trovo in questi dipinti riferimenti all’ornamentale e alla sua valutazione. L’atteggiamento di Palosuo verso l’ornamentale è volutamente ambiguo, in quanto egli è incline sia a mostrarne la potenza o a cancellarlo quasi completamente. Allo stesso modo mi sembra che lo scetticismo del titolo che ha attribuito a quest’opera è per lo meno ambiguo. Dipingendo ripetutamente con una logica visionaria l’artista mostra il potere dei sogni , ma rimane ironicamente scettico sulla loro capacità di spiegare il mondo. L’Arte, come i sogni, è falsa ma somiglia meravigliosamente alla realtà. Nell’Arte, per esempio, è possibile esplorare simultaneamente i tuoi pensieri attraverso il prodotto della mente di un’altra persona, così che il tuo essere è impegnato in un dialogo sia con se stesso che con l’essere dell’altro. Tuttavia la situazione è ancora più versatile perché può essere interpretata come due monologhi che si intersecano.5 Roland Barthes (1915-1980) scrive: ”L’immagine – come l’esempio per il nevrotico – è la cosa stessa. L’amante è quindi un artista; e il suo mondo è in realtà un mondo riservato, poiché in esso ogni immagine è fine a se stessa (niente oltre l’immagine).”6 L’amante diventa un artista perché per lui le immagini, che hanno il potere di fare un incantesimo o torturare, sono inspiegabilmente vere. Un artista dovrebbe allo stesso modo credere così tanto alle sue creazioni da impregnarle di sufficiente vitalità e indipendenza che consentano loro di andare e conquistare il mondo. Nelle opere di Hannu Palosuo vediamo, ripetutamente, come egli fa affidamento sul potere di simboli fondamentali (sedia, persona, fiori, illuminazione ecc.). L’artista crea il proprio simbolismo e la propria narrazione e noi, muovendoci all’interno di essi cominciamo gradualmente a cogliere le specifiche caratteristiche dei significati del suo simbolismo. Il simbolismo personale era di grande importanza per i Simbolisti degli anni 1890, poiché il personale diventava uno dei criteri della qualità artistica. In tal senso le pratiche dell’arte contemporanea sono notevolmente vicine alle idée di quegli anni, poiché allora come oggi l’artista utiliz-

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escriure sobre l’art de Camille Corot en la seva ressenya del Saló de París de 1868: ”Tothom sap que el Sr. Corot, les pintures del qual semblen inacabades, és per contra extremadament subtil i consumat… Si, per a l’expressió dels seus somnis, intencionadament deixa vagues batibulls gairebé arrasats en la semifoscor, immediatament hi col·loca al costat un detall magníficament ferm i ben observat. Això demostra clarament que l’artista en sap molt: el seu somni se sustenta en una realitat vista”.3 Als seus escrits sobre art, Redon destacava el vincle entre realitat i fantasia però també en la seva obra artística, on diversos elements imaginatius i realistes creen un reflex calidoscòpic. L’historiador de l’art Jodi Hauptman observa en el seu article sobre Redon que molts investigadors del segle XIX, també els artistes, estaven interessats en la investigació dels somnis. Els interessos dels artistes i investigadors eren sovint sinònims. Per exemple, Alfred Maury examinà, en el popular llibre Le Sommeil et les Rêves (El son i els somnis), els significats visuals dels somnis i això mateix va fascinar molts artistes simbolistes, per exemple, Odilon Redon.4 A través dels somnis, com Freud va indicar més tard, era possible aconseguir noves perspectives sobre els móns interiors de les persones i, basant-se en aquest material imaginatiu, explorar com la ment humana evoluciona en un moment determinat. Però com es relacionen els somnis amb, per exemple, la sèrie de Palosuo “Who believes in his dreams, fears his shadow” [Qui creu en els seus somnis, té por de la seva ombra]. És una sèrie de pintures i a cadascuna es mostra un llum de sostre o una aranya de cristall. A més de la iconografia tradicional de llums i làmpades, trobo referències a la l’ornamentació, i la seva valoració, en aquestes pintures. L’actitud de Palosuo cap a l’ornamentació és deliberadament ambivalent, perquè tendeix a mostrar el poder de l’ornamentació o a esborrar-la gairebé completament. De la mateixa manera, crec que l’escepticisme del nom que ha donat a aquesta obra és ambivalent, tirant curt. Pintant repetidament amb una lògica onírica, l’artista mostra el poder dels somnis, però es manté irònicament escèptic sobre la seva capacitat per explicar el món. L’art, com els somnis, és fals, però s’assembla a la realitat d‘una manera sorprenent. En l’art, per exemple, és possible explorar simultàniament els propis pensaments mitjançant els productes de la ment d’una altra persona, de manera que el jo entra en diàleg amb ell mateix i amb el de l’altre. Amb tot, la situació és força més versàtil, perquè es pot interpretar com a dos monòlegs que es creuen.5 Roland Barthes (1915-1980) va escriure: ”La imatge –com l’exemple per a l’obsessiu– és la cosa mateixa. L’amant és, així, un artista, i el seu món és, de fet, un món reservat, perquè en ell cada imatge és el seu propi fi (no hi ha res més enllà de la imatge).”6 L‘amant esdevé un artista, perquè per a ell les imatges, que tenen la capacitat de suposar un encís o una tortura, són veritat d’una manera indicible. De manera similar, un artista hauria de creure prou en les seves creacions com per imbuir-les amb prou vitalitat i independència perquè puguin sortir i conquerir el món. A les obres de Hannu Palosuo veiem, un cop i un altre, com confia en el poder dels símbols fonamentals (cadira, persona, flors, llums, etc.). L’artista crea el seus propis simbolisme i narrativa, i nosaltres, movent-nos-hi, de mica en mica comencem a assimilar les característiques específiques dels significats del seu simbolisme. El simbolisme personal tenia una especial importància per als simbolistes de 1890, perquè tot el

zava materiale personale come ispirazione per la propria arte. Nel caso di Hannu Palosuo dovremmo considerare ciò in relazione ai suoi dipinti di sedie, dove diversi modelli di seduta formano una sorta di metafisica delle sedie, dove praticamente lo stesso oggetto si rivela essere diverso ogni volta. E’ difficile trovare un esempio migliore di perfetta sintonia personale di simboli. La sedia è un oggetto comune ma una sedia “palosua” è particolare. Ma qual è il messaggio comune di una varietà di fiori diversi? La sovrapposizione di tulipani, gigli e altri fiori crea qualcosa di altrimenti irraggiungibile? Il simbolismo dei fiori è forse ancora più aperto di quello delle sedie, tenendo conto delle diverse interpretazioni culturali delle stesse piante nei secoli. Inoltre dobbiamo ricordare che simultaneamente anche realtà culturalmente simili condizionano il processo di interpretazione, per non parlare di interpretazioni o significati privati. L’interazione delle piante è così varia che noi oscilliamo costantemente sul filo dell’ambiguità con le nostre interpretazioni. Un tulipano può significare sia morte e dissolutezza ma sta anche per stabilità borghese. Un giglio può essere sia il simbolo della Vergine Maria o San Ludovico, o si può riferire alla famiglia Medici. L’iris significa buone notizie o i primi palpiti d’amore. Questi sono solo alcuni dei significati più popolari. Nei dipinti di fiori di Hannu Palosuo il caso sembra suggerire fortemente che l’artista è estremamente saggio nel lasciare aperto il simbolismo dei fiori e nel mitigare il simbolismo personale relativo alle opere. In tal senso egli segue le direttive dei Simbolisti poiché per loro i significati più personali erano i più segreti. I più personali non si traducevano in nessuna altra lingua o forma comprensibile, ma rimanevano per sempre un mistero. Epilogo La bellezza, e una sorta di fascino per il decorativo, è una caratteristica fondamentale degli ultimi dipinti di Palosuo, che egli giustamente percepisce come una sorta di tabù. Può la bellezza essere una sorta di unheimlich7, qualcosa che ci fa orrore? Cosa succederebbe se l’arte non potesse essere semplicemente bella o ornata, ma dovesse piuttosto trattare dei contenuti, o come afferma un cliché, “l’opera dovrebbe avere molteplici significati di livelli diversi “? L’idea di ”profondità“ o “gravitas” è forse legata alla ossessione culturale di trovare un “significato“ anziché lo stile in tutte le creazioni artistiche? La bellezza è superficiale? O la bellezza è una di quelle cose che specificatamente separa l’arte dalla vita terrena, qualcosa che apre nuovi orizzonti? La bellezza è pericolosa, persino minacciosa?8 Una strada verso la natura “pericolosa” della bellezza passa attraverso l’estetismo del 1800, che al tempo veniva considerato un modo molto radicale di sperimentare il mondo. L’unica misura della bellezza sembrava contenere una completa autonomia estetica, che a sua volta si mescolava con l’erotico, spesso nel significato di omosessuale. Walter Pater (1839-1894), Oscar Wilde, Robert de Montesquiou-Fézensac (1855-1921)9 e molti altri sono esempi di come tematiche estetiche ed erotiche si intrecciavano a formare in se stesse un discorso denso. Considerando le ultime opera di Visconti, i critici cinematografici marxisti degli anni 70 hanno avuto grosse difficoltà a stabilire se era possibile che qualcuno con quel tipo di background, che faceva dei film estremamente sensibili al bello, e persino gay, potesse effettivamente fare dei film progressisti? Per molti

que era personal va esdevenir un dels criteris de la qualitat artística. En aquest sentit, les pràctiques de l’art contemporani són extraordinàriament properes a les idees de 1890, perquè aleshores, com avui dia, l’artista utilitza el material personal com a inspiració per al seu art. En el cas de Hannu Palosuo hauríem de considerar tot això en relació amb les seves pintures de cadires, on diferents models de seient formen una mena de metafísica de les cadires, en la qual bàsicament el mateix objecte acaba sent sempre diferent. És difícil trobar un millor exemple d’ajust personal dels símbols. La cadira és un objecte comú, però una cadira palosuoana és especial. Però, quin és el missatge comú d’una varietat de diferents flors? Crea la juxtaposició de tulipes, lliris i altres flors alguna cosa que en cas contrari és inabastable? El simbolisme de les flors és potser fins i tot més obert que el de les cadires, prenent en consideració les diferents interpretacions culturals de les mateixes plantes al llarg del temps. I, a més a més, hem de recordar que realitats culturalment similars i simultànies també afecten el procés d’interpretació, per no parlar dels significats o les interpretacions privades. La interacció amb les plantes és tan diferent que vacil·lem constantment en el llindar de l’ambivalència amb les nostres interpretacions. Una tulipa pot significar tant la mort com la prodigalitat, mentre que, per altra banda, representa la seguretat de la classe mitjana. Un lliri pot ser tant el símbol de la Mare de Déu o de Sant Lluís, com pot referir-se a la família Medici. L’iris significa bones notícies, o les primeres sensacions de l’amor. Aquests són només alguns dels significats establerts. A les pintures de flors de Hannu Palosuo, el cas sembla suggerir fortament que l’artista és extremadament intel·ligent en deixar el simbolisme de les flors obert i en moderar el simbolisme personal relacionat amb les obres. En aquest sentit, compleix amb les pautes dels simbolistes, perquè per a ells els significats més personals són els més secrets. Allò més personal no es tradueix a cap altre llenguatge o forma comprensible, sinó que roman per sempre un misteri. Epíleg La bellesa, i una certa fascinació per elements decoratius, és una característica important de les pintures més recents de Palosuo, que percep correctament com algun tipus de tabú. Pot ser la bellesa una mena d’unheimlich (allò pertorbador)7, alguna cosa que ens horroritza? Què passaria si no es permetés que l’art fos merament bonic o guarnit, sinó que tractés més aviat de continguts o bé que, com diu el clixé, “l’obra ha de tenir múltiples significats de diferent nivells”? La idea de “profunditat” o “gravitas“ està vinculada a l’obsessió cultural de trobar el “significat” en lloc de l’estil en tota creació artística? És la bellesa superficial? O bé la bellesa és una d’aquelles coses que separen específicament l’art de la vida convencional, una cosa que obre nous horitzons? És perillosa la bellesa, fins i tot amenaçadora? 8 Un camí de la “perillosa” naturalesa de la bellesa passa per l’esteticisme del segle XIX, que aleshores es va concebre com una manera molt radical d’experimentar el món. L’única mesura de la bellesa semblava contenir la completa autonomia estètica, que al seu torn es fusionava amb l’erotisme, sovint amb significats homoeròtics. Walter Pater (1839-1894), Oscar Wilde, Robert de Montesquiou-Fézensac (1855-1921)9 i molt altres són exemples de com els temes estètics i eròtics es barregen per formar un discurs dens en ells mateixos. Prenent en consideració el cas de les darreres obres de Visconti, els crítics

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la risposta era confusa, tendente per default verso il no. La difficoltà principale con l’intreccio fra estetico ed erotico era come questo legame rendeva problematici i concetti di natura e naturale. Se la questione era dopo tutto solo lo stile e la comprensione dello stile, diventava impossibile dare o offrire una verità assoluta sulla bellezza. Se era così, questo si applicava anche alla morale. Se i libri non erano morali o immorali ma semplicemente scritti bene o male, allora questo trasformava l’arte in una area in cui l’uomo era libero dal suo ambiente e dall’etica ad esso connessa. Nel suo modo iconico il già più volte citato Oscar Wilde una volta affermò: “Per essere realmente medievale non si dovrebbe avere un corpo, per essere realmente moderno non bisognerebbe avere un’anima, per essere realmente Greci non bisognerebbe avere vestiti.”10 In questo paradosso ci muoviamo contemporaneamente nei reami della semplificazione e di significati molteplici. Il Medio Evo era spirituale, mentre la modernità è non-spirituale o materialistica e l’età classica è esemplificata da una nudità esteticamente piacevole e da uno stato dell’essere ideale. Il modo di Wilde di trattare le cose è, a mio avviso, per molti versi simile alla espressione artistica di Palosuo, poiché lui crede, come lo scrittore irlandese, nella chiarezza della complessità o nell’ambiguità della semplicità. Un esempio: noi riconosciamo un tulipano o un lampadario di cristallo e cominciamo ad affrontare la questione del loro significato. Poi, giungiamo a diverse spiegazioni o ragioni sul perché l’oggetto appaia nell’opera. Presto percepiamo interpretazioni che contraddicono o che complicano il nostro pensiero iniziale e quindi ci accorgiamo di avere pensato molto ma ci arrendiamo di fronte al fatto che la verità suprema è irraggiungibile. Ciò che resta è piuttosto una diversità o una mascherata di verità in cui la prima idea può in linea di principio essere affidabile ma non completamente. Un altro dei più affascinanti paradossi di Oscar Wilde afferma che: “Siamo tutti nella fogna ma alcuni di noi guardano alle stelle.”11 Come paradossi Wilde lascia aperto il significato finale. In relazione ai dipinti di Palosuo vale forse la pena ricordare a noi stessi il potere della bellezza. La bellezza può rapire, distruggere, sfidare, incantare e compiere ogni sorta di strane magie. La bellezza può essere compiacente e sollecita, amorevole o crudele, misericordiosa o spietata, tuttavia in tutta la bellezza c’è una caratteristica comune che ci mette alla prova. Per definizione la bellezza è, citando l’espressione di George Bataille, uno spreco improduttivo, cioè eterogeneità in quanto esiste solo per se stessa e poiché noi umani abbiamo bisogno di qualcosa di più nella nostra vita di razionalità neutralizzata, moderazione e noia. La bellezza è davvero negli occhi di chi guarda, perché si attacca alla nostra pelle e non ci lascia andare facilmente. Il suo cugino, o fratello, è l’amore, ma non parlerò di questo al momento anche se è bene ricordarsi dell’amore, sempre. Le ultime opere di Hannu Palosuo sono in linea con la sua produzione precedente per il fatto di dipendere dal fascino e, simultaneamente e distintamente, dall’orrore della bellezza. Rispetto alle opere precedenti l’artista si è spinto verso significati ancora più liberi utilizzando simboli multi-direzionali come lampadari e fiori. Questi dipinti sono legati più strettamente alla tradizione della storia dell’arte occidentale e contengono pochi o nessun riferimento alle nuove culture Nordiche o Finlandesi. Esse non rinnegano le origini dell’artista ma funzionano come dei paradossi riusciti, quasi come tele vuote su cui

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cinematogràfics marxistes de la dècada dels anys 1970 van tenir dificultats en definir si era possible que algú amb aquells antecedents, que feia pel·lícules extremadament estètiques i que fins i tot era gai, podia efectivament fer pel·lícules progressistes... Per a molts d’ells la resposta era confusa, i per defecte es decantaven per la negativa. La dificultat central amb la barreja de l’estètica i l’eròtica era que la seva connexió convertia en problemàtics els conceptes de naturalesa i d’allò que és natural. Si el problema era, després de tot, només l’estil i entendre l’estil, esdevenia impossible donar o oferir una veritat definitiva sobre la bellesa. Si aquest era el cas, això també s’havia d’aplicar a la moral. Si els llibres no eren morals o immorals, sinó simplement estaven ben o mal escrits, aleshores això transformava l’art en una àrea on l’ésser humà s’alliberava del seu entorn i la seva moral. Amb el seu acostumat estil icònic, el tan citat Oscar Wilde va dir una vegada: ”Per ser realment medieval hom no hauria de tenir cos. Per ser realment modern hom no hauria de tenir ànima. Per ser realment grec hom no hauria de dur roba”. 10 En aquesta paradoxa ens movem simultàniament en els àmbits de la simplificació i els múltiples significats. L’Edat Mitjana era espiritual, mentre que la modernitat és no espiritual, és materialista, i l’època clàssica s’exemplifica mitjançant una nuesa estèticament plaent i un estat d’ànim ideal. La manera com Wilde tracta les coses està, segons crec, relacionada de moltes maneres amb l’expressió artística de Palosuo, perquè confia, com ho feia l’escriptor irlandès, en la claredat de la complexitat o l’ambigüitat de la simplicitat. Un exemple: reconeixem una tulipa o una aranya de cristall i comencem a fer-nos la pregunta de què vol dir això. Tot seguit, arribem a diferents explicacions o motius de per què l’objecte apareix a l’obra. Molt aviat percebem les interpretacions contradictòries o complicades del nostre pensament inicial i, en conseqüència, reconeixem que hem pensat molt, però ens adonem del fet que la veritat final és inabastable. Més aviat, es manté una diversitat o una mascarada de veritats, en la qual en principi es pot confiar en la primera idea, però no completament. Una altra de les paradoxes més fascinants d’Oscar Wilde diu que: “Hi som tots a la claveguera, però alguns mirem les estrelles”.11 Com en les paradoxes, Wilde deixa el significat final obert. En relació amb les pintures de Palosuo, potser val la pena que ens recordem el poder de la bellesa. La bellesa pot captivar, destruir, desafiar, encisar i fer tota mena de coses estranyes. La bellesa també potser ser complaent i atenta, tendra o cruel, compassiva o despietada, i en tota bellesa hi ha una característica comuna que ens desafia. Per definició, la bellesa és, per citar l’expressió de George Bataille, malbaratament improductiu, és a dir, heterogeneïtat, perquè existeix principalment pel seu propi bé, i pel fet que els humans necessitem alguna cosa més en les nostres vides que només racionalisme, moderació i avorriment neutralitzats. Realment, la bellesa és a l’ull de qui mira, perquè s’adhereix a la nostra pell i no ens deixa escapolir-nos fàcilment. El seu cosí, o germà, és l’amor, però no, en aquest punt no parlo d’això, fins i tot si penso que és bo tenir l’amor sempre present. Les obres més recents de Hannu Palosuo estan en línia amb les anteriors en tant que depenen de l’encís i l’horror, simultanis i separats, per la bellesa. Comparat amb la seva obra anterior, l’artista ha passat a significats encara més indefinits mitjançant símbols multidireccionals, com ara les aranyes de cristall i les flors. Aquestes pintures es vinculen de més a prop amb la

l’osservatore può proiettare i propri significati. La trasparenza è, tuttavia, solo la seconda metà del paradosso. Le opere sono piene di riferimenti, ma sono anche sale deserte di specchi, che ci tentano a prendere parte a rituali ed incontri segreti. Forse in queste sale riflesse di significati di Palosuo possiamo tutti diventare come coloro che guardano alle stelle anche quando si trovano nella fogna. O forse siamo arrivati al livello auspicato da Sontag, dove le interpretazioni non si occupano di significati, ma piuttosto del sensuale e dell’erotico, cioè di esperienze dirette.

Bibliografia: Barthes, Roland 2002: A Lover’s Discourse. Fragments. (Discorso di un amante. Frammenti) Tradotto da Richard Howard. Vintage Books, London. Freud, Sigmund 2005: Murhe ja melankolia (Lutto e Malinconia). Teoksessa Murhe ja melankolia sekä muita kirjoituksia. Tradotto da Markus Lång. Vastapaino, Tampere. Hauptman, Jodi 2005: Oltre il Visibile. In Oltre il Visibile. Arte di Odilon Redon. Museo dell’Arte Moderna, New York. K-J. Huysmans 2005: (À Rebours) Vastahankaan. Tradotto in inglese come Against Nature (Contro natura) , 1884. Tradotto da Antti Nylén, Desura, Helsinki. Sontag, Susan 1966: Contro l’Interpretazione. In Contro l’Interpretazione e altri saggi. A Delta Book, New York. Tihinen, Juha-Heikki 2008: Gli inquieti confine del desiderio– rappresentazioni di mascolinità e femminilità di Magnus Enckell e il problema di come creare il sé. In SQS 1/2008.(http://www.helsinki.fi/jarj/sqs/sqs1_08/sqs_contents1_08.html) Wilde, Oscar 2008: Valehtelun rappio. Teoksessa Naamioiden totuus ja muita esseitä. Suomentanut Timo Hännikäinen. Savukeidas, Turku.

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Sontag 1966, 8 Sontag 1966, 14 Redon 1868, citato in Hauptman 2005, 33 Hauptman 2005, 34-35 Ricordando le idée di Mihail Bakhtin sull’arte polifonica, dove diverse voci si intrecciano, siamo portati verso costellazioni ancora più complicate. Per arte come mezzo per sviluppare il sé si veda Tihinen 2008. Barthes 2002,133 Freud 2005 Vale la pena ricordare che la bellezza e l’arte sono entrambe legate alla storia e vicine alla cultura. Forse non è significativo cercare di classificare i diversi sistemi estetici ma ciò non toglie l’importanza del rapporto tra bellezza e arte. La persona su cui Huysmans ha modellato des Essensteis. Alcune massime per la istruzione dei troppo istruiti, 1894 Act III, IL VENTAGLIO DI Lady Windermere, 1892 402 (OPERE DI Oscar Wilde, Collins 1957)

tradició de la història de l’art occidental i contenen poques o cap referència a les noves cultures nòrdiques o fineses. No neguen l’origen de l’artista, però funcionen com ho fan les bones paradoxes, sent gairebé com teles buides on l’espectador pot projectar el seu propi significat. La transparència és, tanmateix, només la segona meitat de la paradoxa. Les obres estan plenes de referències, però també són sales de miralls desertes, que ens tempten a participar en rituals i reunions secretes. Potser en aquestes sales de miralls de significat de Palosuo tots podem esdevenir com aquells que miren cap a les estrelles fins i tot des de la claveguera. O potser hem arribat al nivell que demanava Sontag, on les interpretacions no tracten de significats, sinó més aviat amb la sensualitat i l’erotisme, és a dir, amb experiències de primera mà.

Documentació: Barthes, Roland 2002: A Lover’s Discourse. Fragments. Traduït per Richard Howard. Vintage Books, London. Freud, Sigmund 2005: Murhe ja melankolia (Dol i malenconia). Teoksessa Murhe ja melankolia sekä muita kirjoituksia. Traduït per Markus Lång. Vastapaino, Tampere. Hauptman, Jodi 2005: Beyond the Visible. A Beyond the Visible. Art of Odilon Redon. The Museum of Modern Art, New York. K-J. Huysmans 2005: (À Rebours) Vastahankaan. Traduït a l’anglès com Against Nature, 1884. Traduït per Antti Nylén, Desura, Helsinki. Traduït al català com A repèl per Miquel Martí i Pol, Edhasa, 1989. Sontag, Susan 1966: Against Interpretation. A Against Interpretation and other essays. A Delta Book, New York. Hi ha traducció al castellà: Contra la interpretación, traducció d’Horacio Vázquez Rial, Alfaguara 1996. Tihinen, Juha-Heikki 2008: The uneasy borders of desire – Magnus Enckell’s representations of masculinities and femininities and the question of how to create the self. [Els límits incòmodes del desig. Les representacions de masculinitats i feminitats de Magnus Enckell i la qüestió de com crear el jo] A SQS 1/2008.(http://www.helsinki.fi/jarj/sqs/sqs1_08/sqs_contents1_08.html) Wilde, Oscar 2008: Valehtelun rappio. Teoksessa Naamioiden totuus ja muita esseitä. Suomentanut Timo Hännikäinen. Savukeidas, Turku.

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Sontag 1966, 8. Hi ha traducció en castellà: Alfaguara 1996. Sontag 1966, 14. Hi ha traducció en castellà: Alfaguara 1996. Redon 1868, citat a Hauptman 2005, 33 Hauptman 2005, 34-35 Tenint en ment les idees de Mihail Bakhtin sobre l’art polifònic, on diferents veus es creuen, avancem cap a constel·lacions encara més complicades. Sobre l’art com a mitjà de desenvolupament del jo, vegeu Tihinen 2008. Barthes 2002,133 Freud 2005 Val la pena recordar que la bellesa i l’art estan vinculats a la història i relacionats amb la cultura. Potser no té massa sentit provar de classificar diferents sistemes estètics, però això no trauria importància a la relació entre bellesa i art. És el tipus de persona sobre el qual Huysmans va crear des Esseintes. A Few Maxims for the Instruction of the Overeducated, 1894 [Algunes màximes per a la instrucció dels supereducats] Acte III, Lady Windermere’s Fan, 1892 402 (Works of Oscar Wilde, Collins 1957; hi ha traducció catalana: El ventall de Lady Windermere, Teatre Nacional de Catalunya, Proa, 2007)

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STATI E LUOGHI DELLA MEMORIA

ESTATS I LLOCS DE MEMÒRIA

di Marco Ancora Direttore CISI

por Marco Ancora Director del CISI

Quando, circa trenta anni fa, Hannu giunse in Italia dal lontano nord dell’Europa, ancora non era molto chiaro quale sarebbe stato il suo destino. Quello che l’attendeva era un “certo” mondo dell’arte non ancora identificato, o meglio una sorta di apprendistato all’interno di esso. Comunque un graduale percorso verso quella via, l’esercizio e l’elaborazione di quanto gli stava e gravitava intorno: il senso della migliore arte contemporanea italiana. Non era una assimilazione unilaterale e a senso unico, la visitazione di Hannu non rappresentava – e non è tuttora, sia ben chiaro – la reiterata, romantica combinazione grandturistica dell’ennesimo calare felice nelle terre del Belpaese, bensì il solido, pragmatico portato di una tradizione profonda, analogamente colta e vincente: l’arte finlandese. Un lento, continuo, esponenziale processo di assimilazione, parimenti restituito da chi era parte integrante di quella cultura, rara specie di genius loci, mosso in Italia per coglierne analoga fonte. Quindi la cittadinanza attiva svolta attraverso osservazione, studio, disciplina, lavoro, com-partecipazione all’arte e agli artisti. Poi la decisione di dirigersi e di immettersi direttamente in quelle emozioni, saltando ogni intermediazione, così la produzione artistica in prima persona.

Quan Hannu va venir a Itàlia fa uns trenta anys des del remot nord d’Europa, encara no estava clar quin seria el seu futur. L’esperava un “determinat” món de l’art, encara no perfilat del tot, o més aviat, una mena d’aprenentatge dins d’aquest món. Es llançava a tots els esdeveniments en el camí en aquella direcció amb l’autoformació i el treball sobre el que hi havia allà fora i al seu voltant: el millor art contemporani d’Itàlia. No era un camí només d’anada, una assimilació unilateral. La visita de Hannu no era –ni ho és avui, segur– la combinació reiterada i romàntica del Grand Tour, el viatge per tota Europa que feien els joves de casa bona fins al segle XIX, tradició que va continuar am b el ferroca rril, l’enèsim viatge feli ç al Belpaese; de fet, va ser el resultat ferm i pragmàtic d’una tradició profundament arrelada que era igualment cultivada i potent: l’art finès. L’assimilació de Palosuo ha estat lenta, continua, exponencial, la d’un artista que va ser part integral d’aquella cultura, un tipus rar de genius loci, traslladat a Itàlia per captar fonts similars. Per tant, la seva ciutadania activa es fa mitjançant observació, recerca, disciplina, treball, participació articulada en l’art i amb artistes. Després, la seva decisió de venir i esdevenir part directament d’aquestes emocions, sense cap intermediació i el començament de la seva producció artística.

Quando arrivai per la prima volta in Italia, nel Ferragosto del 1989, la situazione era completamente diversa da quella odierna. Giunsi da “extracomunitario” (la Finlandia non faceva ancora parte d’Unione Europea) e i soli problemi burocratici erano enormi, le distanze erano davvero lunghe, i voli erano pochi ed estremamente costosi per uno studente, le comunicazioni erano molto più rare e complicate, non esistevano né internet, né cellulari. Detto in breve, la globalizzazione non aveva ancora preso la posizione che ha oggi ed ogni paese, se non ogni città, aveva ancora un’identità propria, come anche le

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Quan vaig venir a Itàlia per primera vegada, durant les festes de 1989, la situació era totalment diferent de com és ara. Vaig venir com a immigrant, “ciutadà de fora de la UE” (Finlàndia encara no formava part de la unió Europea) i només la burocràcia ja era un malson; les distàncies eren realment enormes; hi havia pocs vols i els que hi havia eren molt cars per a un estudiant; les comunicacions eren més escasses i més complicades, no existia Internet ni els mòbils. En resum, la globalització encara no era tan important com és ara, i cada país,

La ricerca dell’oggetto nella sua metafisica quotidianità, un codice stilistico che definisce quasi a monocromo manufatti fissi e silenti, negli evidenti riferimenti alle arti applicate del suo Paese, non solo tradizione ma anche grande, potente attualità di quello spirito finlandese che Hannu conosce come pochi. Gli ambienti deserti, le sedie vuote sollevano evidenti interrogativi, esprimono quella componente psicanalitica la cui chiave di lettura pervade tutta la sua produzione vitale e artistica.

de fet cada ciutat, tenia la seva identitat pròpia. També el món de l’art era molt diferent en cada país, en les coses bones i en les dolentes. Això és probablement el que em va portar a triar Itàlia, fins i tot malgrat que potser no n’era totalment conscient; em vaig enamorar de l’art contemporani d’Itàlia , especialment de l’art contemporani romà. Com en les millors novel·les de Grand Tour, em vaig rendir totalment a la vida artística de Roma i en vaig gaudir de cap a cap! No vaig arribar a Roma com un principiant en el món de l’art. Els meus besavis havien sigut grans col·leccionistes d’art finès contemporani. La seva col·lecció va passar als meus avis i vaig créixer entre una col·lecció d’art d’alt nivell. Aquesta va ser la escola d’art més important a la meva vida. La meva estada a Roma va estar marcada pels contactes que vaig fer amb gent i llocs que van jugar un paper clau en la meva vida i la meva carrera. Potser el més important va ser quan vaig conèixer la Galeria d’art contemporani De Crescenzo & Viesti, va ser una experiència que va canviar la meva visió de l‘art profundament. Aquestes dues “immersions completes” en l’art, la finesa de la meva infantesa i la romana durant l’any de la meva formació, em van deixar amb una sensació morbosa de curiositat per les diferències culturals i socials que es donen en l’art d’un país o fins i tot d’un artista individual“. La recerca d’objectes en la seva ordinarietat metafísica; un codi estilístic que crea productes fixos, silents, en pràcticament matisos monocromàtics, és clarament una referència a les arts aplicades del seu país. Però això no és simplement una tradició, també reflecteix la gran i potent actualitat de l’esperit finès amb la que Hannu està familiaritzat com pocs d’altres. Llocs deserts, cadires buides, fan preguntes i expressen el component psicoanalític que es presenta com a pista falsa al llarg de la seva producció artística i personal.

Dopo che un’opera d’arte è uscita dallo studio di un’artista, il suo compito più importante è quello di dialogare con il suo pubblico. Il dialogo con l’artista finisce con il compimento dell’opera. Senza quel dialogo, l’arte non esiste. Per me, i miei soggetti quotidiani, quasi banali, i miei titoli e le mie composizioni abbastanza classici sono solo delle chiavi per facilitare lo

Un cop l’obra deixa l’estudi de l’artista, la seva funció més important és mantenir un diàleg amb el seu públic. El diàleg amb un artista s’acaba quan l’obra d’art s’ha finalitzat. Sense aquest diàleg, l’art no pot existir. Per a mi, els meus temes diaris, gairebé trivials, els meus títols i composicions més aviat clàssiques només són claus per ajudar l’observador a unir-se a

situazioni artistiche erano molto diverse fra un paese ad altro, nel bene e nel male. Probabilmente questo era il fatto che mi ha fatto scegliere Italia, anche se forse non consapevolmente, mi sono innamorato dell’arte contemporanea italiana e soprattutto di quella romana. Come nei migliori romanzi dei Grand Tour, mi sono buttato in pieno nella vita artistica romana e me la sono goduta fino a fondo! Non sono arrivato a Roma completamente da novizio nel campo dell’arte. I miei bisnonni furono dei grandi collezionisti d’arte contemporanea finlandese della loro epoca. La loro collezione passò ai miei nonni ed io sono cresciuto in mezzo ad una collezione di ottimo livello. La scuola d’arte più importante che ho fatto nella mia vita. La mia permanenza a Roma è stata segnata da grandi incontri che hanno avuto fondamentale importanza nella mia vita e nella mia carriera. Forse quella più importante di tutti è stato l’incontro con la Galleria d’Arte Contemporanea De Crescenzo & Viesti, l’esperienza che ha modificato profondamente il mio modo di concepire l’arte. Queste due “full immersion” nell’arte, quella finlandese nell’infanzia e quella romana durante gli anni di formazione, mi hanno lasciato una curiosità quasi morbosa per capire le differenze culturali e sociali che caratterizzano l’arte di un paese o anche di un singolo artista.

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spettatore entrare in quel dialogo. Se non c’è nessun dialogo nell’arte (positiva o negativa che sia), un’opera d’arte rimane per sempre solo una testimonianza di autoanalisi dell’artista.

aquest diàleg. Si no hi ha diàleg a l’art – ni positiu ni negatiu – l’obra es manté per sempre només com a testimoni per a l’autoanàlisi de l’artista.

I grandi apparati fitomorfi, tessuti nei contorni giapponisti a evidenziare la doppia dimensione, chiara cifra di riferimento che non abbandonerà mai l’artista, e sempre nell’ambito di una più ampia conoscenza scenografica teatrale. Hannu tenta le diverse fasi dell’arte e ne percorre le varie scale, secondo una multiforme creatività: la ceramica, il gioiello, l’incisione, il design, la scultura, oltre naturalmente la pittura. La curiosità intellettuale riesce a tradursi in eloquenza creativa, nella resa a volte sperimentale e interlocutoria, più sovente poderosa e definitiva, sempre nel testimonio di un’atavica, raffinata, comunque decadente eleganza.

Grans estructures fitomòrfiques entreteixides en entramats japonistes ressalten una doble dimensió; és un cas clar de referència i l’artista mai no hi renunciarà, però sempre com a part d’una familiaritat més ampla amb els decorats teatrals. Hannu prova diferents etapes d’art i explora diversos matisos segons un tipus bigarrat de creativitat: ceràmica, joieria, gravat, disseny, escultura i també, naturalment, pintura. La curiositat intel·lectual acaba traduint-se en una eloqüència creativa, en ocasions representacions experimentals, interlocutòries que són més sovint poderoses i també finals en la naturalesa, totes elles testimonis d’elegància prístina, refinada, decadent.

Per me uno dei più grandi peccati che il ‘900 ha commesso nel campo della cultura, è quello di aver tolto dall’opera d’arte la sua centralità. L’opera e l’emozione da essa succitata devono avere la priorità assoluta. Come sono convinto che un’artista prima di tutto deve essere un professionista, la tecnica deve rimanere solo un mezzo, non diventare lo scopo. Per questo interpreto sempre lo stesso soggetto in diverse tecniche. Sono perdutamente affascinato dal fatto come, cambiando il mezzo, lo stesso soggetto trasmette delle emozioni completamente diverse. Arrivato a capire i limiti di una tecnica, il viaggio continua e si deve cominciare a studiare qualcosa di nuovo.

Per a mi, un dels pitjors pecats comesos pel segle XX al camp cultural és el d’haver pres la centralitat de l’obra d’art. Una obra i les emocions que causa han de tenir prioritat absoluta. Igual que estic convençut que un artista ha de ser primer i sobretot un professional, la tècnica ha de romandre un mitjà i no esdevenir un fi en ella mateixa. Aquest és el motiu pel qual interpreto el mateix objecte mitjançant diferents tècniques. Estic totalment fascinat pel fet que el mateix objecte transmet emocions totalment diferents si s’utilitza un mitjà diferent. Un cop m’adono de les limitacions d’una tècnica, el meu viatge ha de continuar i cal començar a estudiar alguna cosa nova.

La realtà e la sua rappresentazione; ecco cosa sembrano vivere o vedere le entità che adesso abitano gli stati e i luoghi della memoria. La metafisica viene ora traslata verso la componente umana, le figure cercano di allargare al fruitore la definizione di una loro identità, introducendolo e compartecipandolo al proprio mondo in una sorta di rebus. Assistiamo allo spettacolo in seconda fila, siamo spettatori nella quinta e dietro le quinte, la visione è cinematografica, una proiezione dove la pellicola scorre, mentre la trama si dipana binaria e il doppio interroga se stesso.

La realitat i la seva representació: això és el que les entitats que ara habiten els estats i llocs de memòria semblen experimentar o veure. Ara la metafísica es tradueix en un component humà; les figures miren de transmetre a l’observador la definició de les seves identitats introduint-lo i fent-lo formar part del seu món com en una mena de jeroglífic. Ens mirem l’espectacle des de les darreres files; som espectadors a l’escenari i també darrere de l’escenari. La visualització és cinematogràfica, és una projecció on la pel·lícula es desenrotlla al mateix temps que l’argument es desenvolupa en

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Da oggetto a immagine vitale, le ombre prendono vita e raddoppiano idealmente. La forma-anima se stessa e percepisce il proprio io nella doppia identità, il montaggio è muto e tocca a noi rendere il sonoro, immaginare, interpretare. E tanto sono contenute, stabilite, inquadrate le raffigurazioni a monocromo tanto sono sfuggenti le proiezioni che dipartono, deflagrano dal contorno, impazzite di energia. L’immagine si colora, si accende, prende vita, le cromie schizzano incontinenti secondo un moto centrifugo, non più calma piatta e semplice preparazione ma impeto materico che stratifica e deborda lavicamente. È il piano di una rappresentazione intimista che l’artista ci offre senza riserve, con tutto se stesso, ponendo anche a noi il quesito di quale sia il contesto reale. I toni risplendono ed esplodono, sommari quanto improbabili negli accostamenti del vestiario – nessuno vestirebbe così, la memoria torna allora ancestrale agli anni 60’ – più reali consoni alla realtà nelle composizioni floreali. Le nature morte rivelano la diretta discendenza dai maestri finlandesi che costantemente trascorsero il dettato cezanniano forti della loro immensa tradizione, superandolo di volta in volta, Schjerfbeck su tutti. Hannu dimostra dirompente poetica nel declamare i fiori, nel calibrarne i volumi quasi informali attraverso la luce, percorre in senso volutamente antitetico le esigenze commerciali imposte dai super-mercati dell’arte, clamorosi, circensi, volgarmente mediatici nei loro listini finanziari. Raccoglimento e meditazione, Hannu ci dice che ne siamo ancora capaci, ci dà forza e conforto, offrendoci in contemporanea la sponda di due valori esistenziali. La natura, lo spazio e il tempo: che questo sia un arrivo o un punto di partenza lo vedremo poi, lo decifreremo insieme, se lo vorremo, metafisicamente.

una pista binària i el doble es qüestiona ell mateix. Passar d’objectes a imatges vivaces, les ombres esdevenen vives i es dupliquen. Les formes s’animen i perceben els seus egos en les seves dobles identitats; el muntatge és mut i és decisió nostra aportar-hi so, imaginació, interpretació. I com més autocontingudes, fixes, estructurades i monocromes són les representacions, més evasives són les projeccions: surten i exploten dels contorns, boges d’energia. Les imatges prenen colors, s’il·luminen, esdevenen vives; els colors es llancen sense limitacions com en centrifugació; no hi ha calma absoluta, ja no hi ha preparació: hi ha l’impacte de la matèria com a capes de lava que es vessen. És el nivell d’una representació íntima que l’artista ens ofereix sense reserves, amb tota la seva ànima, preguntant-nos també quin és el context real. Els tons brillen i exploten; són tallants i improbables per la manera que la gent va vestida, ningú no portaria aquesta roba actualment, i la nostra memòria retrocedeix a la dècada dels anys 1960; estan més a prop de la realitat en les composicions florals. Les natures mortes mostren la seva relació directa amb els mestres finesos, que sense descans van anar més enllà dels ensenyaments de Cézanne confiant en la seva enorme tradició: Schjerfbeck estaria al davant de tots ells. La poètica de Hannu emergeix poderosament en la manera que representa les flors, equilibrant amb compte els seus volums (gairebé sense forma) a través de la llum; Hannu va intencionadament contra les demandes comercials imposades pels supermercats de l’art amb les seves llistes de preus financers estridents, vulgars i recolzades pels mitjans de comunicació. Recolliu-vos i mediteu: això és el que Hannu ens urgeix a seguir provant, si és que encara en som capaços; ens recolza i ens ajuda perquè ens ofereix el baluard fet de dos valors existencials. Naturalesa, espai i temps: si això és un punt de partida o un punt final, ja ho veurem després; desxifrarem la resposta junts, si així ho volem, metafísicament.

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LA PITTURA MIOPE

LA PINTURA MIOP.

di Joan Abelló Juanpere

di Joan Abelló Juanpere

I. Può sembrare azzardato iniziare un testo critico con una parola prevalentemente negativa, ma la semantica di un termine è ancor più estesa delle tecniche artistiche. La poesia e la filosofia, probabilmente, sono i generi letterari più affini all’arte. Ovvero lo sono, non con carattere materico, solo concettuale. Va qui ricordata la celebre citazione di Orazio, ut pictura poesis, per rafforzare il circolo chiuso di tutte queste espressioni.

I.

Se io affermo che, in un esercizio di scrittura automatica, che il primo vocabolo che mi viene in mente dopo aver sfogliato il magnifico catalogo di Hannu Palosuo (The burning illusion, Christian Maretti Editore, San Marino, Repubblica di San Marino, 2008) ed aver osservato con attenzione tutti i jpg delle immagini che mi ha inviato, con le opere che faranno parte di questa esposizione tra Roma e Barcellona, un’asse che ho sempre difeso, è quello che ho già menzionato, voi mi accuserete di essere un ingrato, e all’artista di essere uno sciocco, per permettere la pubblicazione di simili elogi. Perché l’invito a scrivere sull’opera recente di un artista parte da una certa sintonia, una reciproca simpatia che frequentemente condividono il critico, l’artista e l’opera da presentare. E non nego che sia questo il caso.

Si jo dic, en un exercici d’escriptura automàtica, que és el primer vocable que se m’acut després de fullejar el magnífic catàleg de Hannu Palosuo (The burning illusion, Christian Maretti Editore, San Marino, Repubblica di San Marino, 2008) i mirar amb deteniment tots els fitxers .jpg de les imatges que m’ha enviat, amb les obres que formaran part d’aquesta exposició entre Roma i Barcelona, un eix que sempre he defensat, ja ho he mencionat. Vostès m’acusaran d’ingrat, i a l’artista de neci, per permetre la publicació d’aquests elogis. Perquè la invitació a escriure sobre l’obra recent d’un artista neix d’una certa sintonia, una mútua simpatia que amb freqüència comparteixen el crític, l’artista i l’obra que s’ha de presentar. I no nego que aquest sigui el cas.

Niente è ciò che appare e tutto fluisce e niente rimane uguale, come diceva Eraclito di Efeso. Al Greco, il celebre pittore di origine greca (il su nome esatto era Domenikos Theotokopoulos) ed installatosi in Spagna durante il regno di Felipe II, senza alcuna prova documentaria gli è stato attribuito astigmatismo, per spiegare la squisita stilizzazione delle sue figure umane. Un dettaglio insolito per la sua epoca che lo rese celebre come genio e personaggio stravagante. Un percorso che molto più tardi esaurirà, se è mai possibile esaurire le soluzioni espressive, Giacometti, allungando la figura umana fino all’infinito. In realtà, per tranquillizzare i suoi collezionisti (famiglia e amici), Palosuo non è affetto da presbiopia, ipermetropia, né tantomeno vede doppio (diplopia), ma solamente da miopia. Difetto visivo non eccessivamente degenerativo che non impedisce una buona percezione degli oggetti e del colore: è sufficiente avere sempre a portata di mano degli occhiali ben graduati, per percepire la bellezza dei bei panorami, salutare i familiari e poter guidare. Cioè si vede perfettamente ciò che è vicino e sfumato ciò che è lontano. Lo so per esperienza, perché anch’io lo sono. La dualità ripetitiva e reiterata in molte delle tele presentate, secondo la mia modesta opinione, è una risorsa culturale. Credo che Palosuo sia un artista che opta per la riflessione come esercizio pittorico, la sua vera passione è la rappresentazione del disagio contemporaneo, di un eccesso di velocità del vissuto (rimane molto lontano il culto idolatrico dei Futuristi di questa dea decadente), e un ritorno all’identità della rappresentazione occidentale. Ricordiamo l’inizio mitico della pittura: Cora, la figlia innamorata del ceramista Dibutades di Sicione, in piena Grecia classica del VII secolo a.C., che vuole evocare per sempre il suo amato, e disegna la sua figura sulla parete del laboratorio. Si tratta solamente di un’ombra suggerita, una presenza intuita. Il protagonismo di questa essenza della persona, assente o presente, tradotta nella sua ombra è ben rappresentata nell’opera di Palosuo. Una specie di anima intrappolata nel corpo, che

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Pot semblar atrevit començar un text crític amb una paraula majoritàriament negativa, però la semàntica d’un vocable encara és més àmplia que les tècniques de l’art. La poesia i la filosofia potser són els gèneres literaris més propers a l’art. És a dir, ho són, no en caràcter matèric, només conceptual. Aquí es podria recordar la cèlebre cita d’Horaci, ut pictura poesis, per reforçar el cercle tancat de totes aquestes expressions.

Res no és allò que sembla, i tot flueix i res no roman, com deia Heràclit d’Efes. Al Greco, el cèlebre pintor d’origen grec (el seu nom exacte era Domenikos Theotokopoulos) instal·lat a Espanya durant el regnat de Felip II, se li ha atribuït sense cap prova documental un astigmatisme per explicar la exquisida estilització de les seves figures humanes. Un detall insòlit al seu temps que li va donar fama de geni i de personatge extravagant. Un camí que molt més tard esgotarà, si és que es poden esgotar les solucions expressives, Giacometti, allargant fins a l’infinit la figura humana. És cert que, per tranquil·litzar els seus col·leccionistes (família i amics), Palosuo no pateix de presbícia, hipermetropia ni visió doble (diplopia), només de miopia. És un defecte visual no excessivament degeneratiu que no afecta la bona percepció dels objectes i del color, només cal tenir a mà sempre unes ulleres ben graduades, per percebre la bellesa de les bones panoràmiques, saludar els teus parents i poder conduir. És a dir, es distingeixen perfectament les coses properes i es veuen borroses les coses llunyanes. Tot això ho sé per experiència, perquè jo també sóc miop. La dualitat repetitiva i reiterada en moltes de les teles presentades, segons el meu humil parer, és un recurs cultural. Crec que Palosuo és un artista que opta per la reflexió com a exercici pictòric, la seva veritable passió és la representació del malestar contemporani, d’un excés de velocitat per allò viscut (ja ens queda molt lluny el culte idolàtric dels Futuristes a aquesta deessa en decadència), i un retorn a la identitat de la representació occidental. Recordem l’inici mític de la pintura: Cora, l’enamorada filla del ceramista Dibutades de Sicione, en plena Grècia clàssica al segle VII a. de C., vol evocar per sempre el seu estimat i en dibuixa la silueta a la paret del taller. Es tracta només d’una ombra suggeridora, una presència intuïda. El protagonisme d’aquesta essència de la persona, absent o present, concretada en la seva ombra, està molt representada a l’obra de Palosuo. Un símil de l’ànima atrapada al cos, del qual tard o d’hora se n’allibera. Una vanitas molt difuminada, on aquest

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prima o poi si libera. Una vanitas molto sfocata, dove il genere tipico del tardo barocco non provoca angoscia, semplicemente conferma una realtà tangibile. Una rappresentazione del primo verso (Animula vagula blandula, piccola anima, smarrita e soave) del poema funebre di Adriano che utilizza la geniale scrittrice belga, di lingua francese, e nazionalità statunitense, Marguerite Yourcenar, per intitolare, tramite il pensiero stoico dell’imperatore, l’inizio delle sue finte, ma non per questo meno immortali, memorie. Il valore della suggestione, pertanto, è molto importante in queste tele viaggianti di Palosuo. Visibili in pochi mesi in due spazi espositivi molto centrali e storici (Museo Andersen, una delle sedi della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, ed il Reial Cercle Artístic di Barcellona) dei quali già parlano in questo stesso catalogo i suoi principali responsabili, in due delle città più cosmopolite del Mediterraneo, Roma e Barcellona. Coincidono con le mie preferite e nelle quali ho sviluppato gran parte della mia vita personale e professionale. Certamente ci saranno altri paradisi sulla riva di questo antico mare che, nonostante i suoi angusti sbocchi, ha creato la nostra civiltà, ma non li conosco sufficientemente e, pertanto, che nessuno se ne abbia a male inutilmente per tale motivo.

gènere estrella del tardobarroc no genera angoixa, només confirma una realitat tangible. Una representació del primer vers (Animula, vagula, blandula, petita ànima, tova, errant) del poema fúnebre de l’emperador Adrià que serveix a la genial escriptora belga, d’expressió francesa i nacionalitzada nordamericana, Marguerite Yourcenar, per donar títol a través del pensament estoic de l’emperador, a l’inici de les fingides, però no per això menys immortals, memòries. El valor del suggeriment és, per tant, molt important en aquestes teles viatgeres de Palosuo. Visibles en pocs mesos en dos espais expositius molt cèntrics i històrics (Museu Andersen, una de les seus de la Galleria Nazionale d’Arte Moderna i Contemporanea de Roma, i el Reial Cercle Artístic de Barcelona) dels quals ja en parlen en aquest mateix catàleg els seus màxims responsables, en dues de les ciutats més cosmopolites del Mediterrani: Roma i Barcelona. Coincideixen amb les meves ciutats favorites i on he desenvolupat gran part de la meva vida i ofici. Segurament hi haurà altres paradisos a la riba d’aquest ancià bassal, malgrat les seves angostes sortides, i que ha creat la nostra civilització, però els conec ben poc i sense causa. Per tant, que ningú s’irriti vanament per això.

II. II. Hannu Palosuo fa parte delle mie recenti scoperte nel mondo dell’arte contemporanea. É necessario rinnovarsi e poterci meravigliare di nuove proposte, con incontri che portano dei nuovi progetti. Sono stato in Finlandia, a Helsinki, per la prima volta lo scorso giugno, un viaggio con vari impegni artistici, al quale ho aggiunto in loco quello di conoscere le opere di Palosuo ed un paese straordinario con una grande vitalità culturale. Devo riconoscere che sono pienamente d’accordo riguardo alla denominazione di Helsinki come capitale mondiale del design (World Design Capital 2012). In effetti l’offerta culturale e artistica è travolgente e solida. Mi sono stupito della qualità delle esposizioni, per la maggior parte dedicate a donne di profilo internazionale. Suppongo, senza cognizione di causa ma per pura deduzione, che questo orientamento selettivo di genere fa parte del DNA nazionale finlandese. Sophie Calle nell’EMMA, Georgia O’Keeffe nell’Helsinki Art Museum, situato in una antica costruzione sportiva, il Tennis Palace, e una grande sconosciuta per me, lo confesso, artista nazionale per loro, Helene Schjerfbeck (1862-1946), nell’Ateneum, che rappresenta un museo di arte moderna. Questa artista dal cognome impronunciabile per noi, è contemporanea di Matisse e anticipa, in maniera sorprendente, molte soluzioni di problemi della rappresentazione di allora. E continuando il tema di artiste, stimolanti e che partecipano ad un movimento di estetica alternativa, nel KIASMA (Museo d’Arte Contemporanea), mi sono imbattuto in una mostra temporanea (Eyeballing!) organizzata a giugno da Katja Tukiainen che, attraverso adolescenti perverse ed educate, utilizza la cuteness nella trasgressione figurativa. Pertanto, chi pensa che la doppia nazionalità artistica di Palosuo è dovuta maggiormente al settore italiano, commette un errore di valutazione. A partire dallo stesso mese dell’incontro casuale, l’iperattività dell’artista non è diminuita e mi ha convinto dell’idoneità della proposta di esporre a Barcellona. Nello stesso mese di

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Hannu Palosuo forma part dels meus recents descobriments al món de l’art contemporani. Necessitem renovar la nòmina i poder meravellar-nos amb noves propostes, trobades que sempre provoquen nous projectes. Vaig viatjar per primera vegada a Finlàndia, a Hèlsinki, el passat mes de juny, un viatge amb diversos interessos artístics, al qual hi vaig afegir in situ el de conèixer l’obra de Palosuo i un país extraordinari i amb una gran vitalitat cultural. He de reconèixer que vaig coincidir amb els fastos de la denominació d’Hèlsinki com a capital mundial del disseny (World Design Capital 2012). En conseqüència, l’oferta cultural i artística era contundent i sòlida. Em vaig meravellar de la qualitat de les exposicions, la majoria dedicades a dones de projecció internacional. Vaig teoritzar, sense coneixement de causa però amb caràcter endevinatori, que aquesta dedicació selectiva de gènere forma part de l’ADN nacional finlandès. Sophie Calle a l’EMMA, Georgia O’Keeffe al Helsinki Art Museum, situat a una antiga construcció esportiva, el Tennis Palace, i una gran desconeguda per a mi, ho confesso, i la seva artista nacional, Helene Schjerfbeck (1862-1946), a l’Ateneum, que fa de museu d’art modern. Aquesta artista, de cognom impronunciable per a nosaltres, és contemporània de Matisse i anticipa, sorprenentment, moltes solucions dels problemes de la representació d’aleshores. Fins i tot, si continuem parlant d’artistes dones, suggeridores i que participen de l’estètica més alternativa, al KIASMA (Museu d’Art Contemporani), en una de les exposicions temporals (Eyeballing!) que es van exposar el juny, em vaig trobar l’obra de Katja Tukiainen que, a través d’adolescents perverses i educades, participa de la cuteness en la transgressió figurativa. Per tant, qui suposi que la doble nacionalitat artística de Palosuo deu més al sector italià, comet un error per desconeixement de causa. Des del mateix mes del contacte casual, la hiperactivitat de l’artista no s’ha permès descansar i em va convèncer de la idoneïtat de la proposta d’exposar a Barcelona. Aquell mateix mes de juny va celebrar una exposició col·lectiva al Museu

giugno ha organizzato un’esposizione collettiva nel Museo d’Arte di Tampere e ha concluso la sua prima mostra monotematica in Danimarca, presso la Cath Alexandrine DanneskioldSamsøe Gallery, per agosto, uno degli spazi dedicati all’arte più rappresentativi di questo paese, fondato e diretto dalla contessa che gli dà il nome, famosa collezionista e promotrice di arte. L’unica risposta sincera e spontanea a questo traffico continuo di quadri e di relazioni, la confessò in una delle sue dichiarazioni: “come mi piace questo tipo di stress”.

d’Art de Tampere i l’agost va tancar la seva primera monogràfica a Dinamarca, a la Cath Alexandrine Danneskiold-Samsøe Gallery, un dels espais dedicats a l’art més emblemàtics d’aquell país, fundat i dirigit per la comtessa que li’n dóna nom, una destacada col·leccionista i promotora d’art. L’única resposta sincera i espontània a aquest trànsit continu de quadres i relacions, la va confessar en una de les seves comunicacions: “come mi piace questo tipus di stress” (com m’agrada aquesta mena d’estrès).

Un carattere molto orientato alla sperimentazione e alla disciplina della pratica dell’arte, nel suo caso, che senza dubbi è congenito ed ereditario, e rappresenta un solido elemento di continuità, e di un desiderio costante di superarsi nella sua opera creativa. Da un’altra dichiarazione ho saputo che uno dei suoi familiari più prossimi, il nonno, una persona che visse a lungo, è stato un celebre studioso del ghiaccio. Una scienza molto poco sviluppata nei nostri paesi meridionali. Partecipò anche a numerose spedizioni al Polo Nord. A prova di ciò, nelle isole Svalbard esiste una baia Palosuo. Naturalmente, scoperta e battezzata dal nonno esploratore. Una storia che non credo tarderà a trasformarsi in arte, per il momento è stata commemorata la ricorrenza del centenario dello scopritore con un viaggio sul posto, compresa la degustazione della cucina lappone, con piatti di pesci sconosciuti ai nostri palati civilizzati. Un incontro di memoria storica e cucina locale.

En el cas de Palosuo, és un caràcter molt donat a l’experimentació i a la disciplina de la pràctica de l’art, que no dubto que sigui congènit i hereditari, i és un argument sòlid a la continuïtat i superació constant de la seva obra creativa. Per una altra comunicació, vaig saber que un dels seus ancestres més propers, el seu avi, persona molt longeva però ja desapareguda, era un cèlebre estudiós del gel. Una ciència molt poc desenvolupada als nostres països meridionals. Va participar també en nombroses expedicions al Pol Nord. Com a prova d’això, a les illes Svalbard hi ha una badia Palosuo. Naturalment, la va descobrir i batejar l’avi explorador. És una història que no crec que trigui a traduir-se en art, però de moment s’ha commemorat l’efemèride del centenari del descobridor amb un viatge in situ, inclosa la degustació de cuina lapona, amb àpats de peixos desconeguts per als nostres civilitzats paladars. Un happening de memòria històrica i cuina local.

Con l’annuncio di una esposizione a Miami (USA), con date ancora da definire, è trascorsa la celebrazione dell’esposizione di Copenhagen, presso la già citata Cath Alexandrine Danneskiold-Samsøe Gallery. Una retrospettiva in pieno agosto, della durata di tre mesi, che sottolineava l’importanza del tratto pittorico magistrale, il tempo lento scandinavo e la memoria, in questo caso evidente, dell’artista. Tempo che, in realtà, diventava frenetico per la preparazione dell’esposizione adesso inaugurata. Dopo una fugace e veloce visita dell’artista a Barcellona, all’inizio di settembre, per conoscere lo spazio e riabbracciare la città dopo una lunga assenza, è arrivata l’inattesa proposta di un’esposizione a Washington, presso l’Alex Galleries dove è stata presentata in anteprima la serie di “Memoria cancellata”. Sempre a settembre gli è stata comunicata l’approvazione del programma di Roma, mentre l’artista, emulando il nonno, intrepido esploratore, stava viaggiando in treno tra New York e Washington, con l’imminente ed annunciato arrivo del pericoloso uragano Sandy esattamente in quelle zone.

Amb l’anunci d’una exposició a Miami (EUA), de data encara no concretada, va transcórrer la celebració de l’exposició a Copenhagen, a la Cath Alexandrine Danneskiold-Samsøe Gallery ja mencionada. Una retrospectiva en ple agost, de tres mesos de durada, que assenyalava la importància del traç pictòric magistral, el temps lent escandinau i la memòria, aquest cop, patent de l’artista. Temps que, a la realitat, es traduïa en frenètic per la preparació de l’exposició ara inaugurada. Amb una fugaç i ràpida visita de l’artista a Barcelona, a principis de setembre, per conèixer l’espai i reconciliar-se amb la ciutat després d’una llarga absència, va arribar la inesperada proposta d’una exposició a Washington D.C., a l’Alex Gallery, on es va presentar en primícia la sèrie “Obliterated Memory” [Memòria oblidada]. El setembre també es va comunicar l’aprovació de la itinerància romana, mentre l’artista, emulant el seu avi, intrèpid explorador, viatjava en tren de Nova York a Washington, amb la eminent i anunciada arribada del perillós huracà Sandy en aquella mateixa part de la geografia.

Il progetto presentato alla fine di settembre sarà realizzato con precisione e maestria. Una delle rare occasioni in cui l’artista realizza completamente tutte le proposte precedentemente illustrate e concordate. Tanto è vero che ha utilizzato le sue parole per descrivere il contenuto simbolico e materiale dell’esposizione: Entrando a destra dei fiori “fuori misura”. Un omaggio alla natura finlandese sia come prepotenza, grandezza, sia come fugacità (nella pennellata). Così che l’ingresso sembra un po’ troppo “stretto”, come le foreste finniche che ti invadono lo spazio. Invece fra le finestre avevo intenzione di mettere delle figure umane quasi a grandezza naturale. Delle figure che sono sempre viste di spalle, così che lo spettatore può guardare con i propri occhi verso le proprie memorie. Non so se riesco spiegarmi? Invece per la parete verso il cortile avevo pensato a dei lavori più piccoli che formano un tipo di “film”, dei flash di memorie.

El projecte presentat a finals de setembre s’executarà amb precisió i mestria. Una de les comptades ocasions en què l’artista compleix al peu de la lletra les propostes abans comentades i consensuades. Tant és així que utilitzo les seves paraules per descriure el contingut simbòlic i material de l’exposició: entrando a destra dei fiori “fuori misura”. Un omaggio alla natura finlandese sia come prepotenza, grandezza, sia come fugacità (nella pennellata). Cosí che l’ingresso sembra un po’ troppo “stretto”, come le foreste finniche che ti invadono lo spazio. Invece fra le finestre avevo intenzione di mettere delle figure umane quasi in grandezza naturale. Delle figure che sono sempre visti da spalle, così che lo spettatore può guardare con i loro occhi verso le proprie memorie. Non so se riesco spiegarmi? Invece per la parete verso il cortile avevo pensato dei lavori più piccoli che formano un tipo di “film”, dei flash di memorie.

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Ovvero, un equilibrio tra rappresentazione, maestria e memoria. Valori che si evidenziano con l’uso metaforico del valore cinetico aggiunto. La pittura, di per sé, è impacciata nel rappresentare la vita, che con i ricordi si traduce in frammenti fotografici statici del film esistenziale. Roland Barthes, in uno dei suoi ultimi testi, in piena epoca post-strutturalista, quando si dichiara seguace della scrittura della soggettività e del discorso frammentario, sottolinea il potere che ha l’immagine catturata di evocare la morte. Parla della fotografia e del suo carattere istantaneo, ma il valore simbolico è identico quando viene trasformato in pittura… “La Fotografia corrisponde forse, nella nostra società moderna, all’intrusione di una Morte asimbolica, al di là della religione e del rito, una specie di repentino tuffo nella Morte letterale. Vita / Morte: il paradigma si riduce ad un semplice scatto, quello che separa la posa iniziale dal rettangolo di carta stampata.” Da alcuni giorni ho il piacere di rileggere La Càmera lúcida (La chambre Claire. Note sur la photographie, 1980) di Barthes, dopo il mio periodo universitario, non intendo rivelare quando è successo, per non dare indizi riguardo alla mia età, nella mia vera lingua madre, il catalano (Leonard Muntaner Editor, Palma de Mallorca 2007), con il lusso aggiuntivo di essere tradotto da un poeta (Joaquim Sala-Sanahuja). Una trilogia che rappresenta quasi un testamento (completata con Roland Barthes par Roland Barthes e Fragments d’un discours amoureux). Opera e opere che sembrano proseguire un eterno dilemma ancora irrisolto, ripreso da Palosuo in questa sua recente esposizione. Dopo il suo iniziale periodo strutturalista, alla fine degli anni ‘60, Barthes partecipa al dibattito della nuova critica incentrata sul testo e la conseguente morte dell’autore. L’autore cede il ruolo al lettore. L’opera, in definitiva, costituisce l’autore. Riflessioni che, se trasferite alla pittura ed alla rappresentazione, racchiudono in parte l’idea centrale dell’artista Palosuo: Tutto questo ciclo di lavori si basa sull’idea (come del resto tutto il mio lavoro) di che cosa è la realtà. Se sia più importante la realtà (il soggetto) o l’immagine da essa riflessa (l’ombra). La natura finlandese –in parte domestica– che ci presenta Palosuo, nonostante il suo carattere esuberante, è molto lontana da quel mostro che ci ha obbligato a creare la civilizzazione e la cultura per difenderci, anche se le condizioni climatiche estreme del suo paese ce lo confermano. Secondo Sigmund Freud, nel suo fondamentale studio Il futuro di un’illusione (1927, ho a portata di mano una recente e bella edizione di Taurus, Madrid 2012), “Il compito principale della cultura, la sua vera ragion d’essere, è di difenderci dalla Natura”, e l’arte offre –in definitiva– “soddisfazioni sostitutive che compensano le più antiche rinunce imposte all’individuo dalla civilizzazione”, atrocità quali l’incesto, il cannibalismo e l’omicidio. Fortunatamente per Freud, con il quale concordiamo, “le creazioni d’arte intensificano i sentimenti di identificazione necessari a tutti i settori civilizzati, offrendo occasioni di sperimentare collettivamente delle sensazioni elevate”.

III C’è un contributo territoriale in queste ultime opere, del quale possiamo essere orgogliosi. Nelle mappe politiche, per distinguere uno stato dall’altro, si utilizzano dei colori differenti. È curioso, ma in periodi di inerzia intellettuale, sempre più

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[entrant a la dreta de les flors “fora de mida”. Un regal a la natura finlandesa tant com a prepotència, magnitud, com per la seva fugacitat (en la pinzellada). L’entrada sembla una mica massa “estreta”, com els boscos finesos que t’envaeixen l’espai. En canvi, entre les finestres tenia la intenció de posar les figures humanes gairebé a mida natural. Figures que sempre veiem d’esquena, igual com l’espectador pot mirar amb els seus ulls cap als records propis. No sé si m’explico... En canvi, per a la paret cap al pati havia pensat en obres més petites que formen una mena de “pel·lícula”, de flaixos de records.] És a dir, un equilibri entre representació, mestria i memòria. Valors que es veuen realçats amb l’ús metafòric del valor cinètic afegit. La pintura, per si mateixa, és maldestre per representar la vida, que en ser recordada es converteix en fragments fotogràfics, estàtics, del film existencial. Roland Barthes, en un dels seus darrers textos, en plena època postestructuralista, quan es manifesta seguidor de l’escriptura de la subjectivitat i del discurs fragmentari, emfasitza el poder de convocar la mort que té la imatge capturada. Parla de la fotografia pel seu caràcter instantani, però el valor simbòlic és idèntic en convertir-ho en pintura… La Fotografia correspondria aquest cop a la intrusió en la nostra societat moderna d’una Mort asimbòlica, al marge de la religió, del ritual, com una mena d’immersió brusca a la Mort literal. Vida / Mort: el paradigma es redueix a un simple clic del disparador, que separa la posa inicial del paper final. De fa uns dies tinc el plaer de tornar a llegir La Càmera lúcida (La chambre Claire. Note sur la photographie, 1980) de Barthes després de la meva època universitària (que no penso dir quan va ser per no donar pistes sobre la meva edat) en la meva veritable llengua mare, el català (Leonard Muntaner Editor, Palmell de Mallorca 2007), amb el luxe afegit que està traduïda per un poeta (Joaquim Sala-Sanahuja). És una trilogia que Barthes va escriure gairebé com un testament (completada amb Roland Barthes par Roland Barthes i Fragments d’un discours amoureux). Obra i obres que semblen seguir un dilema etern i encara no resolt, del qual Palosuo es fa ressò en aquesta, la seva recent i actual exposició. Després de l’inicial període estructuralista, i a finals dels 60, Barthes participa en el debat de la nova crítica centrada en el text i la consegüent mort de l’autor. L’autor cedeix el paper al lector. L’obra, en definitiva, fa l’autor. Reflexions que, derivades cap a la pintura i la representació, enclouen en part la idea central de l’artista, Palosuo: Tutto questo ciclo di lavori si basa sull’idea (come del resto tutto il mio lavoro) che cosa é la realtá. Se sia più importante la realtá (il soggetto) o l’immagine da essa riflessa (l’ombra). [Tot aquest cicle d’obres es basa en la idea (com en totes les meves altres obres): què és la realitat. Si és més important la realitat (el subjecte) o la seva imatge reflectida (l’ombra).] La natura finlandesa –en part domèstica– que ens presenta Palosuo, malgrat el seu caràcter exuberant està molt allunyada d’aquest monstre que ens va obligar a crear la civilització i la cultura per defensar-nos-en, encara que les condicions climàtiques extremes del seu país ens ho confirmen. Segons Sigmund Freud, en el seu fonamental estudi L’avenir d’una il·lusió (1927; tinc a mà una recent i bella edició en castellà de Taurus, Madrid 2012: El porvenir de una ilusión): “La funció capital de la cultu-

frequenti, perdo il tempo in questioni futili, come verificare la corrispondenza di questi colori con qualcuno di quelli che compongono la bandiera di tale stato. Quello a cui attualmente appartengo viene rappresentato invariabilmente di rosso o di giallo, ultimamente, nella maggioranza dei casi, di rosso. Sono colori con i quali a livello inconscio identifichiamo un paese, come succede a Palosuo: Tutte le opere si intitolano “Memoria obliterata” (come si dice in spagnolo?). Forse il contributo di Barcellona per il mio lavoro é stato il rafforzamento della ricerca sul colore e sulla figura umana. L’idea della Spagna ha acceso il “rosso dentro di me”. Picasso, nel 1917, lo stesso anno nel quale si recherà a Roma con Cocteau per collaborare con i Balletti Russi, dipinse un delizioso quadro di piccole dimensioni, che fa parte del museo che Barcellona gli ha dedicato a partire dal 1963, di una vista dall’hotel nel quale alloggiava nel Paseo de Colón, che ancora esiste e che dà il nome al quadro, di fronte al mare, con una bandiera spagnola che sembra far da protagonista, sicuramente appartenente agli edifici militari che ancora sono presenti nello stesso luogo. Perfino in uno dei valori del nuovo e insensato nazionalismo costituzionale spagnolo, la trionfale Nazionale di Calcio, denominata La Roja, per il colore delle magliette, nonostante la sua connotazione marxista, contraria al blu, colore utilizzato dal partito unico creato dal Generale Franco, e prestato dai falangisti, versione locale del fascismo. I colori, indubbiamente, hanno un’ideologia e trasmettono valori. La bandiera spagnola, è opportuno ricordare in questi tempi di divergenze territoriali, che sembra essere una semplificazione di quella catalana, risale alla fine del XVIII secolo (Carlo III approvò il disegno nel 1785), affinché le navi dei Borboni, spagnole e francesi, non sbagliassero il bersaglio delle cannonate con conseguenti danni collaterali, visto che condividevano lo stesso stendardo reale. Picasso, al termine della sua vita, dormiva sempre con una grande bandiera catalana appesa alla parete. Si presume che piacesse anche a Jacqueline, dato che donò parte delle opere del marito al Museu Picasso di Barcellona. Attualmente nella mostra temporanea aperta fino ad aprile 2013 sono esposte tutte le ceramiche regalate dall’ultima moglie del genio. L’epopea dell’artista di questa esposizione, durante la sua preparazione, che come già detto, presenta un nucleo centrale con le sue preoccupazioni riguardo alla pittura, prosegue con una premiazione inconsueta. Il primo premio nella sezione artisti stranieri, del concorso Limen Arte, 2012, organizzata dalla Camera di Commercio di Vibo Valentia, lo scorso dicembre, e invitato da Giorgio Di Genova. La sorpresa di vedere trasformato un premio in denaro, mi ricorda una delle letture che accumulo nel mio studio e che faccio in maniera sincopata. Nelle Cartes a Theo di Vincent van Gogh (Edicions 3i4, Valencia 2010), lo sfortunato artista soffre una trasformazione da una religiosità intransigente, ed un disprezzo assoluto dei beni materiali (seguendo l’esempio del padre, un pastore protestante), ad un inizio di preoccupazione economica per le sue opere, pochi anni prima della sua morte (e ultimamente si sta mettendo in dubbio l’ipotesi del suicidio). Il 12 settembre 1875, dalla piccola camera in affitto di Montmarte, che non gli dispiace perché la finestra dà su un giardino, si affida all’esempio paterno per trascendere la vita materiale, la tomba e la morte. Due anni prima di morire, quando si stabilì ad Arles, invece la sua preoccupazione è legata al valore delle sue

ra, la seva veritable raó de ser, és defensar-nos contra la Natura”, i l’art ofereix, en definitiva, “satisfaccions substitutives compensadores de les més antigues renúncies imposades per la civilització a l’individu”, atrocitats com ara l’incest, el canibalisme i l’homicidi. Sortosament, segons Freud, i una opinió que subscrivim, “les creacions d’art intensifiquen els sentiments d’identificació, que tant necessita tot sector civilitzat, i ofereixen ocasions d’experimentar col·lectivament sensacions elevades”.

III Hi ha una contribució territorial en aquestes darreres obres de la que en podem estar orgullosos. Als mapes polítics, per distingir un estat d’un altre es pinten de diferents colors. És curiós, però en períodes de inanició intel·lectual, cada cop més freqüents, perdo el temps en qüestions fútils, com ara comprovar si aquests colors coincideixen amb algun dels de la bandera de l’Estat. Al que actualment pertanyo, el representen invariablement de vermell o groc, ara majoritàriament de vermell. Són colors amb els quals inconscientment identifiquem un país, com li passa a en Palosuo: Tutte le opere si intitolano “Memoria obliterata” (come si dice in spagnolo?). Forse il contributo di Barcelona per il mio lavoro é stato il rafforzamento della ricerca sul colore e sulla figura umana. Idea di Spagna, mi ha acceso il “rosso dentro di me”. [Totes les obres es titulen “Memoria obliterata” (¿com es diu en espanyol?). Potser la contribució de Barcelona al meu treball ha estat el reforç de la recerca sobre el color i sobre la figura humana. Idea d’Espanya, m’ha encès el “vermell dins de mi”] Picasso, l’any 1917, quan també va fer el viatge a Roma amb Cocteau per col·laborar amb els Ballets Russos, va pintar un deliciós quadre de mida petita, que forma part del museu que Barcelona li ha dedicat des de 1963. Amb una vista des de l’hotel on s’allotjava al Passeig de Colom, que encara existeix i així s’anomena, i també el quadre, davant del mar, amb una bandera espanyola gairebé com a protagonista, segurament pertanyent als edificis militars que encara es mantenen al mateix lloc. Fins i tot un dels valors del nou i eixelebrat, per atàvic, nacionalisme constitucional espanyol és la triomfant Selecció de Futbol, anomenada La Roja, pel color de les samarretes, malgrat la connotació marxista, contrari al blau, color utilitzat pel partit únic creat pel General Franco i prestat pels falangistes, versió local del feixisme. Els colors, sens dubte, tenen ideologia i transmeten valors. La bandera espanyola, cal recordar en aquests temps de desencontre territorial, que sembla ser una simplificació de la catalana, es va crear a finals del segle XVIII. Carles III en va aprovar el disseny l’any 1785, perquè les naus dels Borbons, espanyols i francesos no s’equivoquessin amb els trets de canó amb danys col·laterals, atès que compartien el mateix estendard reial. Picasso, al final de la seva vida, dormia sempre amb una gran bandera catalana penjada a la paret. Se suposa que la Jacqueline tampoc en devia fer escarafalls, per què va donar part de l’obra de seu marit al Museu Picasso de Barcelona. Actualment, l’exposició temporal oberta fins l’abril de 2013 mostra totes les ceràmiques obsequiades per la darrera dona del geni. L’epopeia de l’artista durant la preparació d’aquesta exposició que, com ja s’ha anunciat, presenta el nucli central de les seves preocupacions amb la pintura, continua amb un reparti-

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opere. Con un dilemma che, fortunatamente, non crediamo che riguarderà Palosuo. Un valore che non raggiungerà in vita ma con un margine sproporzionato dopo la sua morte. Il 9 aprile 1888, dichiarava profeticamente a suo fratello: Bisogna arrivare ad un punto in cui i miei quadri valgano le spese che generano, e anche un po’ di più, considerando tutti i costi prodotti. Ma in ogni caso ce la faremo. Questa spiritualità, assolutamente presente in Van Gogh, appare anche nella vita di Palosuo, come afferma in una delle sue ultime dichiarazioni, in concomitanza con il premio, “ma come sappiamo, sta nell’ordine del mondo che quando uno riceve, deve anche dare (per riceverne di più)”. E parteciperà, viaggiando dalla Calabria a Milano ad un’asta benefica, nel Palazzo Reale, con le proprie opere, per costruire delle infrastrutture scolastiche e sanitarie in Africa. Ho voluto segnalare, con il mio commento, alcuni dubbi e sorprese che derivano dalla pittura di Palosuo che, come ho commentato, fanno parte di un’esperienza recente. Grazie alla sua grande gentilezza e alla sua personalità apparentemente introversa, ho descritto le vicende (poco conosciute dal pubblico) della realizzazione di questa esposizione di carattere internazionale e che mostra le opere degli ultimi 4 anni di attività dell’artista. Miope, ma che con la sua opera ed il suo sguardo abbraccia tutti i gradi della bussola mentre contempla l’orizzonte. L’unico artista che mi viene in mente che con la sua opera, o meglio nella sua parte finale, cerca di trasferirci la sensazione di miopia, sfocando volontariamente l’immagine, è il tedesco Gerard Richter, il quale lo scorso anno ha presentato una fantastica retrospettiva, nei migliori centri di Berlino, Londra e Parigi. Ho avuto l’occasione di vedere l’esposizione al Centre Pompidou di Parigi, ma non quella di chiedergli se questa speciale focalizzazione è un’impostazione o la realtà.

ment de premis insòlit. El primer premi a la secció d’artistes estrangers, al concurs Limen Arte 2012, organitzat per la Cambra de Comerç de Vibo Valentia, el passat desembre i convidat per Giorgio Di Genova. La sorpresa de veure un premi transformar-se en diners em recorda una de les lectures que tinc acumulades al meu estudi i que faig de manera sincopada. A les Cartes a Theo de Vincent van Gogh (Edicions 3 i 4, València 2010), el malaguanyat artista pateix una transformació des d’una religiositat intransigent i un menyspreu absolut vers els béns materials (seguint l’exemple del seu pare, pastor protestant), a un inici de preocupació econòmica per la seva obra, pocs anys abans de la seva mort, que ara es discuteix si no va ser un suïcidi. El 12 de setembre de 1875, des de la petita cambra que tenia llogada a Montmartre, que no li desplau perquè la finestra dóna a un jardí, confia en l’exemple patern per transcendir la vida material, la tomba i la mort. En canvi, dos anys abans de morir, quan es va instal·lar a Arles, les seves preocupacions són superar el valor de la seva obra. És un dilema que, sortosament, no creiem que sigui el mateix que el de Palosuo. I que Van Gogh, desgraciadament, no superarà en vida i sí amb un marge del tot desproporcionat després de la seva mort. El 9 d’abril del 1888 comenta de manera profètica al seu germà: Cal arribar a un punt en què els meus quadres valguin les despeses que produeixen, i fins i tot una miqueta més, atesos tots els dispendis ocasionats. Però, vaja: ho aconseguirem. Aquesta espiritualitat, de la qual van Gogh en tenia de sobra, també traspunta a la vida de Palosuo, com bé diu ell mateix en una de les seves darreres comunicacions, simultànies al premi: “ma come sappiamo, sta nel ordine del mondo che quando uno riceve, deve anche dare (per riceverne di più)” [però com sabem, és en l’ordre del món que quan un rep, ha de donar també (per rebre’n més)]. I participarà, viatjant de Calàbria a Milà en una subhasta benèfica, al Palazzo Reale, amb la seva pròpia obra, per construir infraestructures docents i sanitàries a l’Àfrica. Amb el meu comentari, he volgut assenyalar alguns dubtes i sorpreses que m’ha produït la pintura de Palosuo que, per a mi, i com acabo de glossar, formen part d’una experiència recent. Ajudat per la seva gran amabilitat i una personalitat falsament introvertida, he descrit els avatars (poques vegades a l’abast del públic) de la realització d’aquesta exposició, de caràcter internacional i que mostra obra dels darrers 4 anys d’activitat de l’artista. Miop, però que amb la seva obra i mirada comprèn tots els graus de la brúixola, en contemplar l’horitzó. L’únic artista que se m’acut que amb la seva obra, o l’últim fragment d’ella, intenta traslladar-nos una sensació de miopia, desenfocant voluntàriament la imatge, seria l’alemany Gerhard Richter, que l’any passat va presentar una fantàstica retrospectiva als millors centres de Berlín, Londres i París. Vaig tenir l’ocasió de visitar l’exposició al Centre Pompidou de París, però no l’ocasió de preguntar-li si aquest enfocament especial era impostació o realitat.

Artefuoriporta, 2012, Bologna, ITALY

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PER UN ABUSO DELLA BELLEZZA. HANNU PALOSUO

PER UN ABUS DE BELLESA: HANNU PALOSUO

di Giancarlo Carpi

por Giancarlo Carpi

Un tratto ricorrente e forse essenziale del lavoro di Hannu Palosuo è il dialogo tra il soggetto e lo spazio e, per questa via, l’indagine della relazione tra il soggetto e la forma. Una serie del 1996, Well-mannered society, è molto indicativa a riguardo. La sedia, la costante iconografica del pittore, era dipinta all’interno di una stanza con un pavimento a scacchiera che evidenziava la prospettiva centrale della rappresentazione: il soggetto e lo spazio apparivano uniti dalla stabilità dei rispettivi raffiguranti. Ma da quella serie in poi inizierà una variazione per cicli tesa a esplorare le potenzialità allusive del soggetto e della pittura. Già in un’opera del 1999, Beside all, I did love him, la sedia è appoggiata a un muro che ne riceve l’ombra ma appare illusorio. E già nel 2001, in I confess, mentre in una porzione del dipinto lo spazio è soggetto, muro, in un’altra è soltanto pittura. Più avanti nella stessa serie l’ombra gettata sulla superficie avrà il valore di una condensazione psichica. Nel dipinto I need my memories – 120 x 85, 2002 – Palosuo ha sostituito alla costante iconografica, la sedia, una sorta di autoritratto. Il soggetto umano dichiara, in modo benaugurale, un rapporto ancora inesplorato tra il soggetto e la forma: lo sfondo è una composizione astratto-geometrica. Subito dopo, in Life is a paradise of lies – 2002 – la sedia ormai ha soprattutto la funzione e il valore di un elemento formale, descrivendo come le forme geometriche screpolate una ritmica quasi astratta. Dunque, di rimbalzo a questa formalizzazione che lo ha quasi privato del significato l’artista pone il soggetto al centro di una corona di sedie come se fosse un trono, e ottiene una forza simbolica. Per converso, subito dopo, lo spazio e il soggetto sono riuniti in una nuova formalizzazione. Le ombre delle sedie appaiono come zone di coincidenza tra il soggetto e la forma – lo sfondo astratto-geometrico (si veda il dittico I need my memories, 80 x 120, 2002). Una volta sperimentata la potenza simbolica del soggetto e la sua relatività – per il gioco delle variazioni, ma anche perché è cosciente di vivere nella fase poststorica dell’arte – l’artis-

Una característica recurrent, potser essencial en l’obra de Hannu Palosuo és el diàleg entre el tema i l’espai i –en conseqüència– la recerca en la relació entre tema i forma. Una sèrie de 1996 –“Well-Mannered Society” [Societat de bones maneres]– és molt reveladora d’aquesta connexió. La cadira, una marca iconogràfica d’aquest pintor, es mostrava dins una sala amb un terra a quadres que ressaltava el punt de vista central de la representació. Tema i espai semblaven estar units per l’estabilitat dels elements que els representaven respectivament. Tanmateix, des d’aquella sèrie en endavant comença una variació basada en un cicle i destinada a explorar el potencial al·lusiu de temes i pintura. Ja en una obra de 1999 –“Beside All, I Did Love Him” [Malgrat tot, l’estimava]– la cadira estava col·locada contra una paret que rebia la seva ombra però semblava il·lusòria. Ja l’any 2001, a“I Confess” [Confeso], l’espai era el tema d’una part de la pintura –la paret– però en una altra part era merament pintura. Més endavant, a la mateixa sèrie, l’ombra es projecta sobre una superfície i jugarà el paper de condensació psíquica. A la pintura titulada “I Need My Memories” [Necessito els meus records] –120 x 85, 2002– Palosuo va substituir la seva marca iconogràfica, la cadira, per una mena d’autoretrat. El subjecte humà declara –com una mena d’acte de bons desigs– la relació encara no explorada entre el tema i la forma: el fons és una composició geomètrica abstracta. Una mica després, a “Life Is A Paradise Of Lies” [La vida és un paradís de mentides, 2002], la cadira juga sobretot un paper formal i descriu, com les formes geomètriques extravagants, un ritme gairebé abstracte. Així, com a rebot des d’aquesta formalització que gairebé l’ha privat de tot significat, l’artista col·loca el tema al centre d’un cercle de cadires com si fos un tron i genera una força simbòlica amb això. A la inversa, l’espai i el tema es reuneixen immediatament després mitjançant un nou tipus de formalització. Les ombres de cadires semblen àrees on el tema i la forma se superposen –contra un fons abstracte i geomètric (vegeu el

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ta adotta per lo sfondo, nella stessa serie conclusa nel 2004 – Life is a paradise of lies – e poi in quella successiva – Childhood playground – una tecnica quasi informale, usando l’acrilico e il cemento sulla tela e ossidandola. Non per caso, in uno di questi quadri – Blue heaven, 2004 –, di nuovo l’elemento iconografico familiare, la sedia, è sostituito da un soggetto umano, probabilmente lo stesso artista, nudo, che con questa sostituzione aggancia l’apertura sull’abisso dell’informe al simbolo, si tratta, in effetti, di una pathosformel polarizzata negativamente. In questa serie e in quelle immediatamente successive – The discreet charm of the bourgeoisie – Palosuo modifica il formato del quadro, adottando gli ovali i tondi e, subito dopo, – In silence dreams are hidden, 2005 – ricavando al suo interno una sorta di quinta teatrale. Cerca di sondare i limiti della finzione. Nelle prime composizioni – fino a The discreet charm of the bourgeoisie – si instaura una tensione dialettica tra l’apparizione fenomenica – la sedia – e l’informe e appunto il limite della finzione, da In silence dreams are hidden, invece, intende ridare alla composizione una funzione narrativa e allusiva. Gli elementi che entrano in gioco adesso sono appunto la quinta teatrale, e poi il colore, sedie disposte sopra quello che può dirsi un palcoscenico, e delle sagome umane sullo sfondo, analoghe a ombre. Qui le sagome umane – i “soggetti” – hanno il valore di ombre della realtà, della sedia in primo piano che, viceversa, ha il valore di un “oggetto”, di una rappresentazione subordinata alla vita interiore, significata dall’essere umano. Ma più avanti nella stessa serie, l’artista fa scavallare il soggetto in primo piano dal “palco” che, essendo dello stesso colore delle sagome, concretizza quell’illusione. Di nuovo tutta la composizione – la sagoma, il soggetto, lo sfondo, appare in equilibrio formale. Proprio come era successo nel dittico I need my memories, modificando di poco la composizione, è passato da un piano principalmente simbolico e allusivo a un piano principalmente formale e concettuale. È nel corso di questa serie che avviene una nuova svolta iconografica, importante anche per comprendere i lavori esposti in questa mostra. Le sagome di alcune piante sostituiscono l’uomo nello sfondo, suggerendo una dinamica di crescita, in un caso, che sembra poter oltrepassare spiritualmente i tre piani illusori. Poi l’artista affronta una fase di passaggio, come rimescolando i temi e le formule di molti anni – ritroviamo il soggetto di I need my memories – verso una possibile

díptic “I Need My Memories”, [Necessito els meus records] 80 x 120, 2002). Havent comprovat el potencial simbòlic del tema i la seva relativitat –gràcies a la interacció de les variacions, però també perquè és conscient que viu en una fase de l’art posthistòrica– l’artista confia bàsicament en tècniques informals per als seus fons en la sèrie acabada l’any 2002 (“Life Is A Paradise Of Lies” [La vida és un paradís de mentides]) i també en el següent (“Childhood Playground” [El pati de la infantesa]), perquè utilitza colors acrílics i formigó a la tela que, tot seguit, s’oxiden. No és per casualitat que en una d’aquestes pintures –“Blue Heaven” [Cel blau] 2004– l’element iconogràfic familiar, una cadira, se substitueix amb una figura humana, probablement l’artista mateix, com a nu. Aquesta substitució és probablement una manera d’establir un vincle entre els símbols i l’abisme de les coses sense forma; realment, és un Pathosformel polaritzat negativament. En aquesta sèrie i en les següents –“The Discreet Charm of Bourgeoisie” [El discret encant de la burgesia]– Palosuo canvia el format de les seves pintures en favor d’ovals arrodonits; immediatament després, a “In Silence Dreams Are Hidden” [En silenci s’oculten els somnis], 2005, adopta a la pintura una mena d’entre bastidors teatral. Palosuo sondeja els límits de la ficció. En les seves composicions inicials fins a “The Discreet Charm of Bourgeoisie” [El discret encant de la burgesia], la tensió dialèctica sorgeix entre l’aparició fenomènica –la cadira– i allò que no té forma, exactament els límits de la ficció. Des de ”In Silence Dreams Are Hidden” [En silenci s’oculten els somnis] en endavant, Palosuo prova el contrari, restaurar la composició a la seva narrativa, el rol al·lusiu. Els elements que ara entren en joc són el que hi ha entre bastidors i, per tant, hi ha colors, cadires organitzades en el que es podria anomenar un escenari i les siluetes humanes al fons, com ombres. Aquí les siluetes humanes –els “temes”– funcionen com a ombres de la realitat, de la cadira en el primer pla que, a la inversa, juga el paper d’un “objecte”, una representació que se subordina a la vida interior tal i com ho comunica l’ésser humà. Tanmateix, en obres posteriors pertanyents a la mateixa sèrie, l’artista disposa els elements en el primer pla de l’“escenari” que, com és del mateix color que les siluetes, converteix aquesta il·lusió en realitat. Un cop més, tota la composició –silueta, tema, fons– està disposat en un equilibri formal. Com al díptic “I Need My Memories” [Necessito els meus

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sintesi tra la forma e il soggetto nei soggetti naturali. Troviamo alcune opere in cui l’ombra umana è diventata una figura che determina lo spazio con la sua ombra. Altre recuperano l’effetto da quinta teatrale e quelle che erano sagome umane analoghe a ombre conquistano il primo piano. Infine, una composizione di nove quadri organizzati in tre fasce come negativi fotografici, introduce, accortamente, l’icona naturale, due alberi affiancano le case (When the truth lies, olio su tela, nove quadri 60 x 80 cm, 2006). D’ora in avanti, nelle serie When the truth lies e Time will tell e in altre, il soggetto naturale sarà il protagonista del quadro. Le forme lineari dei tronchi e quelle campeggianti delle fronde hanno aperto la strada a una relazione armoniosa tra la forma e il soggetto disponibile all’astrazione. In effetti, la divaricazione tra il soggetto e la forma che l’artista aveva indagato consapevolmente da quando aveva adottato gli sfondi astratti si è ricomposta. Aveva provato a farlo in modo formalistico, e in modo dialettico – nelle opere con sfondi informali. Anche la materia ha una funzione in questa ultima fase, la tela grezza, essendo lo sfondo di forme organiche quasi aniconiche, appalesa i limiti della finzione nella materia stessa e, allusivamente, in quelle stesse forme dipinte. Non più uno sfondo illusorio che smentisce la realtà del soggetto dipinto, ma uno sfondo concreto che la conferma. Ecco allora che l’artista, in un quadro che a mio parere è il suo migliore, mostra di aver compreso questa possibilità di dare nuovamente senso all’icona. Sostituisce il soggetto, dipinge un bambino sopra un’altalena proiettata nello sfondo, cioè nella tela. L’illusione matematica dello spazio con prospettiva centrale è superata in una sorta di apertura “mistica” (My life was a burning illusion, 2008, olio su tela, cm 80 x 100). Rispetto a questo percorso quel è il senso delle ultime serie di dipinti di Hannu che sono esposte in questa mostra? A me sembra che in primo luogo l’iconografia naturale – organica sia stata per così dire riassorbita nelle conformazioni decorative di un nuovo arredo, il lampadario. Si vedano come possibili moduli formali originanti le forme arboree delle ultime opere nella serie My life was a burning illusion. E questo nuovo elemento iconografico è fin dall’inizio caratterizzato da una valenza simbolica, nell’ambito di una simbologia personale, perché la sua ricchezza decorativa richiama per opposizione il mondo domestico e familiare, altrove indagato distesamente tramite

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records], l’artista passa d’un nivell principalment simbòlic i al·lusiu a un nivell principalment formal, conceptual, en modificar lleugerament la composició. És durant aquesta sèrie que té lloc un nou moment crític iconogràfic, que també és important per entendre millor les obres de l’exposició. Les siluetes de plantes substitueixen la figura humana en el fons per suggerir una dinàmica de creixement que en un cas sembla anar espiritualment més enllà dels tres nivells il·lusoris. A continuació, l’artista passa per una fase de transició; és com si mesclés els temes i les fórmules desenvolupades amb els anys, ens tornem a enfrontar el tema de “I Need My Memories” [Necessito els meus records] per avançar cap a una possible fusió de tema i forma en objectes del món natural. Trobarem algunes obres on l’ombra humana s’ha convertit en una figura que determina l’espai per mitjà de la seva ombra. En altres obres, l’efecte “entre bastidors” es posa en siluetes humanes com ombres que es porten al primer pla. Finalment, una composició formada per nou pintures organitzades en tres files com negatius fotogràfics introdueix –força hàbilment– la icona natural: dos arbres s’alcen al costat de les cases (“When The Truth Lies” [Quan la veritat menteix], Oli sobre tela, nou pintures de 60 x 80, 2006). D’ara endavant, a les sèries “When The Truth Lies” [Quan la veritat menteix] i “Time Will Tell” [El temps dirà], així com a d’altres, els objectes naturals seran el centre d’atenció de les pintures. Les formes lineals de troncs i el fullatge penetrant aplanen el camí cap a una relació harmoniosa entre la forma i el tema relacionada amb l’abstracció. De fet, s’ha superat el buit entre el tema i la forma que l’artista ha investigat intencionadament des que va adoptar fons abstractes. L’artista ha mirat de fer-ho mitjançant un plantejament formalista i també dialècticament, en les seves obres amb fons informals. La matèria també juga un paper en aquesta fase: la tela en cru funciona com a fons de les formes orgàniques, gairebé a-icòniques i, així, apunten a les limitacions de la ficció tant mitjançant la pròpia matèria com, per al·lusió, en les formes mateixes que pinta. Ja no hi ha un fons il·lusori que nega la realitat del tema representat; més aviat hi ha un fons tangible que confirma i recolza aquella realitat. Aquí és on l’artista –en una pintura que crec que és la millor que ha fet mai– representa un nen en un gronxador projectat contra el fons, és a dir, la tela. La il·lusió matemàtica d’espai basada en una perspectiva central queda supe-

un soggetto più ordinario come la sedia. Per contrasto, il colore che fa da sfondo al lampadario, sul quale incombe la sua ombra, è lo stesso colore che avevano le astrazioni naturali. Si tratta di una nuova apertura problematica, dove il concetto orientale di arte come decorazione è ripensato a vantaggio di quello occidentale, correlato ai concetti di fine dell’arte e di nichilismo, come si vede, per esempio, nell’opera dello scultore spagnolo Berrocal. In alcune sculture che hanno come soggetto il lampadario, è evidente una materia corrosa, però di forte impatto decorativo. Forse, anche elementi di Kitsch legati al senso di defamiliarizzazione delle ambientazioni europee in altri paesi agiscono in questo soggetto. Si tratta comunque di un momento di passaggio alla nuova serie che riunirà soggetto organico, colore, quinta teatrale e accentuato materismo. In queste serie che rappresentano fiori e piante, la stesura del colore, eseguita e poi rovinata dall’artista, nega la finzione pittorica attraverso il gesto. Mentre lo sfondo, costituito da ombre corpose, è intangibile quanto intatto. Questi due livelli della composizione attivano una nuova dialettica tra la forma e il soggetto. È l’energia – un’energia organica esaltata e artefatta – il linguaggio scelto per rappresentare la frammentazione stilistica e l’ambiguità della bellezza nella fase poststorica dell’arte. E sovviene proprio la formula di Arthur Danto, l’abuso della bellezza.

rada mitjançant una mena de finestra “mística” (“My Life Was A Burning Illusion” [La meva vida era una il·lusió ardent], 2008, Oli sobre tela, 80 x 100). Com s’haurien d’interpretar les obres més recents de Hannu que s’exposen aquí respecte a aquest procés? Crec que, en primer lloc, la iconografia natural en certa manera s’ha reabsorbit en la configuració decorativa d’una nova peça de mobiliari: l’aranya de cristall. Hom hauria de considerar, en aquest sentit, els mòduls formals que fan sorgir les formes com arbres de les seves obres més recents a la sèrie “My Life Was A Burning Illusion” [La meva vida era una il·lusió ardent]. Aquest nou element iconogràfic presenta una importació simbòlica des del principi, com a part d’una simbologia personal, perquè la seva abundància decorativa evoca, per contrast, els móns de la família i la llar que s’han investigat en profunditat mitjançant un objecte més ordinari com és ara la cadira. A la inversa, el color que s’utilitza com a fons de l’aranya de cristall –sobre el qual es projecta la seva ombra– és el mateix color que s’utilitza per a les abstraccions naturals. Aquesta és una nova obertura cap a nous temes, on el concepte oriental d’art com a decoració es reelabora per a benefici del concepte occidental relacionat amb les nocions de la fi de l’art i el nihilisme. Això es demostra, per exemple, a l’obra de l’escultor espanyol Berrocal. En algunes escultures d’aranyes de cristall, la matèria esculpida està clarament gastada però el seu impacte decoratiu és, això no obstant, força potent. Potser també són presents elements kitsch, relacionats amb el sentiment de pèrdua de familiaritat amb els contexts europeus quan es passen a d’altres països. Això és, en tots els casos, una transició cap a una nova sèrie on els temes naturals, color, entre bastidors teatral i marcada dependència en l’art matèric, es troben tots simultàniament. En aquesta sèrie que representa flors i plantes, els colors són primer col·locats i després destruïts per l’artista, com una manera de negar la ficció pictòrica mitjançant aquest gest i, al mateix temps, el fons format per ombres voluminoses és intangible perquè està intacte. Aquests dos nivells de composició desencadenen un nou diàleg entre forma i tema. L’energia –un tipus molt artificial i millorat d’energia natural– és el llenguatge en què es confia per representar la fragmentació estilística i l’ambigüitat de la bellesa en la fase posthistòrica de l’art. Se’ns recorden les paraules d’Arthur Danto: l’abús de la bellesa.

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Sic transit gloria mundi, 2012, oil on canvas, cm 60 x 80

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Sic transit gloria mundi, 2012, oil on canvas, cm 60 x 80

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Sic transit gloria mundi, 2012, oil on canvas, cm 80 x 60 each

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Sic transit gloria mundi, 2012, oil on canvas, cm 40 x 30 each

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Sic transit gloria mundi, 2012, oil on canvas, cm 40 x 30 each

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The empty realm of dreams, 2012, oil on canvas, cm 120 x 80

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The empty realm of dreams, 2012, oil on canvas, cm 120 x 80

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The empty realm of dreams, 2012, oil on canvas, cm 120 x 100

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The empty realm of dreams, 2012, oil on canvas, cm 80 x 120

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The empty realm of dreams, 2012, oil on canvas, cm 80 x 120

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The empty realm of dreams, 2012, oil on canvas, cm 100 x 120

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The empty realm of dreams, 2012, oil on canvas, cm 80 x 80

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HANNU PALOSUO “COLORE E OMBRA: EMOZIONI DI LUCE”

HANNU PALOSUO “COLOR I OMBRA: EMOCIONS A LA LLUM”

Tecniche e materiali

Tècniques i materials

di Luciana Tozzi, Direttore Restauratore della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma

di Luciana Tozzi, Restauradora en cap, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Roma

Il primo contatto con le opere di Hannu Palosuo è avvenuto nel suo studio, un seminterrato buio, un luogo privo di finestre dove comunque ci si sente immersi nella luce. Alle pareti i suoi quadri si aprono come finestre su piante e fiori in un’esplosione di colori che illuminano l’ambiente ed esprimono la serenità e la solarità di questo artista che viene dal “buio del Nord”. Immagini in primo piano il cui colore spatolato, come una scia tipica della tecnica fotografica del “panning”, ci restituisce la dinamicità del soggetto in contrapposizione alla staticità dello sfondo grigio e delle ombre allungate. Una tecnica che suggerisce anche la presenza del vento forte, seppure nel fermo immagine del soggetto chiuso in una cornice di colore grigio scuro, come un fotogramma. I dipinti accolgono al suo interno lo spettatore che così può osservare i particolari di un mondo diverso, libero di interpretare e assorbire emozioni, “emozioni di luce”, dove quello che colpisce è la “lentezza” della luce finlandese: un sole che fa diventare tutto chiaro molto a lungo. Una luce senza contrasti, dove anche d’inverno, al buio, il riverbero della neve illumina il paesaggio dal basso e crea ombre allungate rendendo il grigio, luce. L’artista è combattuto tra antico e moderno poiché permeato dall’eredità di pensiero dei suoi bisnonni, grandi collezionisti che compravano esclusivamente quadri ad olio “non finiti”, solo bozzetti, ritenendoli più veri ed istintivi. Nel lavoro dell’artista si nota una ricerca della tecnica, anche se utilizza dei prodotti pronti che rispecchiano una scelta del semplice e del vero, come si può vedere in molte sue opere dove dipinge con pochi colori e ombre allungate, frutto delle sue reminescenze. Le sue opere, tuttavia, sono realizzate con differenti tecniche e con l’utilizzo di diversi supporti che testimoniano la capacità dell’artista di dipingere sia sulla tela con il fondo dipinto sia sulla tela lasciata grezza, ricca del suo “neutro” da colorare, un neutro che non lascia spazio a pentimenti. Hannu Palosuo conosce molto bene la tecnica della pittura ad olio e la proprietà del “grasso sul magro”, tanto da riuscire ad ottenere, anche sulla tela non preparata, il giusto aggrappo del colore sfruttandone le sue caratteristiche fisico-chimiche. Questo modus operandi, ha portato l’artista ad abbandonare la tela di lino, preparata con colla di coniglio, tipica della sua produzione precedente, e a prediligere l’utilizzo della iuta, tela risultata più adatta per la sua maggiore capacità di assorbire il colore. La tela di iuta, con una mestica industriale fiorentina, viene volutamente fissata a rovescio sul telaio, con la parte grezza sul fronte e la preparazione sul retro, così da utilizzare il lato più assorbente. La tela grezza, infine, riceve una blanda impregnazione di Vinavil diluito, sufficiente a lasciare a vista la conformazione ruvida del “pelo” del tessuto, un’attenzione tecnica, come testimoniano le parole di Hannu Palosuo: “A me è piaciuto anche mettere la “rozzezza” della tela di iuta a confronto con la pennellata “brutale” di questi lavori. Quando ho usato

Vaig veure per primer cop les obres de Hannu Palosuo al seu estudi, un soterrani fosc i sense finestres on, tanmateix, et sents banyat en llum. A les parets, les seves pintures s’obren com finestres amb plantes i flors en una explosió de colors que il·lumina la sala i expressa la serenor i el caràcter solar d’aquest artista procedent del “fosc nord”. Les imatges del primer pla, on els colors es treballen amb espàtula, són com l’efecte d’escombratge d’exploració en fotografia i representen el caràcter dinàmic del tema en oposició a l’estàtic gris del fons i les ombres allargades. Aquesta és una tècnica que suggereix també la presència de vents que bufen, però en el marc immobilitzat del tema que està tancat en un marc gris fosc com en una instantània. Les pintures fan lloc a l’observador, que pot així examinar els detalls d’un món diferent i és lliure per interpretar i absorbir emocions, “emocions a la llum”; allò que és més notable és la lentitud de la llum finesa: un sol que ho il·lumina durant un període de temps molt llarg. Aquesta és una llum sense contrast, on la reverberació de la neu il·lumina el paisatge des de sota fins i tot a l’hivern, creant ombres allargades que converteixen la grisor en claredat. L’artista està dividit entre l’antiguitat i la modernitat perquè ha avançat des del llegat de la mentalitat dels seus besavis: eren grans col·leccionistes que només adquirien pintures a l’oli “inacabades”, esbossos, que creien que eren més autèntics i instintius. A l’obra de l’artista hom pot apreciar la cerca de diferents tècniques, fins i tot si utilitza productes preparats que reflecteixen la seva preferència per la simplicitat i la genuïnitat, com es demostra en moltes obres on utilitza pocs colors i ombres allargades, basant-se en les seves reminiscències. Tanmateix, les seves obres es basen en diferents tècniques i diferents suports, la qual cosa testimonia la capacitat de l’artista de pintar tant en una tela preparada com en la tela crua, rica amb el seu fons “neutral” per ser omplerta de colors, on no hi ha lloc per pentimenti. Hannu Palosuo està familiaritzat amb les tècniques de pintura a l’oli i amb el mètode “fat over lean” (tècnica on la nova capa de color és més oliosa que la precedent); fins i tot en teles no preparades, l’artista assoleix la mida correcta de color perquè n’aprofita les propietats físiques i químiques. Aquest és el motiu pel qual ha preferit el jute abans que el lli, que es va utilitzar en les seves pintures anteriors després que es preparés amb cola de pell de conill perquè podia absorbir millor els colors. El llenç de jute, després de la preparació amb un estuc industrial, el famós gesso, d’un productor florentí, se subjecta al bastidor amb la cara en cru cap al davant i la cara preparada cap enrere, per així utilitzar el costat més absorbent. El bastidor també se selecciona amb molt de compte; és fet per uns artesans romans amb osques ajustables a les cantonades com els que utilitzen els restauradors per organitzar una tela en bandes. Finalment, la tela crua es revesteix lleugerament amb

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la tela “più raffinata” di lino, ho usato anche la pennellata più accademica”. Anche la scelta del telaio è molto oculata, di artigianato romano con angoli ad espansione a biette, come quello utilizzato dai restauratori per tensionare un dipinto foderato5. Dal punto di vista conservativo, probabilmente la tecnica utilizzata da quest’artista presenterà meno problematiche rispetto alle normali pitture ad olio con pennellate materiche, dove il colore si cretta facilmente e perde adesione al supporto. I quadri esposti nella mostra sono sia quelli realizzati con la tela di iuta grezza a vista della serie The empty realm of dreams2 sia quelli su tela con fondo dipinto, con preparazione industriale, della serie Obliterated memory. La mestica bianca di tipo industriale viene coperta da una base di colore acrilico “Rosso di Venezia trasparente” con un pennello molto grosso capace di stenderlo in maniera molto veloce e sopra di esso viene poi data una mano di colore grigio. Questo colore ad olio viene impastato con “Oleopasto Liquin” della Winsor & Newton a base di magnesio, invece che di cobalto, in quanto non ingiallisce e rende la pennellata fluida. In questo modo, il colore può essere dato a velature e a più riprese e poi finito con il bianco e lo scuro, tipici di una pittura di luce e ombra. Nonostante i diversi strati di colore ad olio, il rosso di fondo traspare attraverso le pennellate1. La scelta dell’uso dell’ Oleopasto Liquin è dovuta al fatto che questo prodotto è stato formulato appositamente per lavori “a spessore” e, una volta essiccato, forma una pellicola morbida e resistente e crea un effetto trasparente che dà al dipinto un aspetto luminoso. Inoltre, produce una superficie satinata, resistentissima alle flessioni meccaniche, totalmente anti screpolante e consente di addensare i colori ad olio, producendo un film più resistente ed elastico di quanto non sia possibile tramite l’utilizzo del solo colore ad olio puro ed, inoltre, i suoi tempi di essiccazione non sono così lunghi. Nella produzione pittorica di Hannu si nota come l’artista dipinga le stesse immagini con tecniche diverse, particolarità questa che denota come un oggetto eseguito con diverse tecniche, colori o misure, possa dare delle emozioni completamente differenti . Hannu, come descritto, usa indifferentemente le varie tecniche pittoriche come scelta esecutiva a lui più congeniale ma, a sua insaputa, fa anche una scelta conservativa in quanto i materiali ed i prodotti utilizzati hanno buone caratteristiche di stabilità e durata. Tra le varie opere realizzate dall’artista, oltre a quelle eseguite su un supporto di velluto preparato a Vinavil steso solo sotto il colore ad olio3, ve ne sono altre dove il colore è mescolato alla polvere di ferro e lasciato alterare tramite l’azione di un ossidante che lo fa arrugginire e poi fermandone il processo ossidativo attraverso un convertitore. In alcuni dipinti ha utilizzato persino il cemento mischiato a resina per renderlo più elastico affinché le tele, anche di grandi dimensioni, possano essere arrotolate senza danneggiarne i colori che, in questo caso, sono acrilici-polimerici4. Purtroppo, questa tecnica ha il difetto di avere la base di fondo molto ruvida, di grossa granulometria e questo fa sì che i pennelli si rovinino molto facilmente per cui il colore si dilata e, come spiega Hannu, invece di diventare una “superficie chiusa come un muro si apre, non ferma l’immagine, ma entra e si perde nello spazio infinito della tela”.“Ho iniziato a ‘non leccare troppo i lavori’, ma ad utilizzare e mettere degli elementi che non posso controllare inizialmente”. Così dipinge mettendo un corposo strato di colore chiaro e scuro ed il giorno dopo aggiunge ancora uno spesso strato di colori che lascia asciugare. Prima che sia del tutto secco, “toglie i colori” con una spatola che in questo

Vinavil diluït, com per deixar el “pèl” aspre de la tela visible. Per citar en Hannu Palosuo: “També m’agrada situar l’“aspror” de la tela de jute contra les pinzellades “brutals” d’aquests obres. Quan utilitzo la tela de lli, més “refinada”, també utilitzo una pinzellada més acadèmica”. Des del punt de vista de la conservació, la tècnica en què confia aquest artista probablement causarà pocs problemes comparada amb les pintures a l’oli estàndard amb forts cops de color, que és més probable que s’esquerdin i pelin. Les pintures en exposició inclouen les que s’han fet amb tela amb fons pintat de la sèrie “Obliterated Memory” [Memòria oblidada], així com aquelles sobre jute cru de la sèrie “The Empty Realm of Dreams” [El regne buit dels somnis]. Les pintures amb fons pintat es van crear sobre llenç de jute preparat amb productes industrials. La capa de gesso blanc està revestida per “Vermell transparent de Venècia”, una capa de fons acrílica, amb un pinzell gros que permet que el color s’apliqui ràpidament. A continuació, s’aplica el color gris sobre aquest revestiment. Aquest color d’oli es mescla amb “Oleopasto Liquin” de Winsor & Newton, una preparació que du magnesi per comptes de cobalt i que no engrogueix i permet pinzellades més suaus. D’aquesta manera, el color es pot aplicar en vàries capes en moments diferents i després acabar amb el blanc de les llums i el fosc de les ombres. Amb tot, el fons vermell segueix sent visible a través de les pinzellades fins i tot sota vàries capes de pintura a l’oli. L’opció de l’Oleopasto Liquin és pel fet que aquest producte es va crear amb la finalitat de donar “gruix” als colors i deixa, quan està sec, una pel·lícula suau però resistent amb un efecte de transparència que produeix lluminositat en la pintura. S’obté una superfície setinada que és força resistent al plec, no es pela i permet que el gruix dels colors a l’oli produeixin una pel·lícula que és més resistent i elàstica que quan s’usen només colors a l’oli purs; a més, s’asseca més ràpidament. Una altra peculiaritat d’aquest artista és que pinta les mateixes imatges fent servir tècniques diferents; li agrada força veure com un objecte pintat amb diferents tècniques, colors o mides pot produir emocions totalment diferents. Com ja s’ha dit, Hannu utilitza diferents tècniques pictòriques segons allò que és més escaient als seus propòsits; tanmateix, potser no sap que també està prenent una opció de conservació en fer-ho, perquè les tècniques que tria i els productes que utilitza ofereixen una excel·lent estabilitat i durada. Entre aquestes obres n’hi ha alguna sobre un suport de vellut amb un revestiment de Vinavil aplicat només sota el color a l’oli; en unes altres, els colors s’han mesclat amb pols de ferro i es deixa que es modifiquin mitjançant un agent oxidant i, després, el procés d’oxidació s’atura amb un convertidor. En algunes pintures, l’artista utilitza formigó mesclat amb una resina per fer-lo més elàstic, per tal que les teles – algunes força grosses – es puguin enrotllar sense que afecti els colors, que en aquests casos són acrílics-polimèrics. Desgraciadament, un desavantatge d’aquesta tècnica és que el revestiment és força aspre amb una elevada ràtio granulomètrica, de manera que els pinzells es fan malbé fàcilment i els colors s’escampen; més que no convertir-se en una “superfície tan tancada com una paret, s’obren i no bloquegen les imatges, que entren i es perden en l’infinit espai de la tela”. En paraules de Hannu: “Vaig començar no “ordenant” massa les meves obres, utilitzant i introduint elements que no puc controlar des del principi”. Així, aplica una capa gruixuda de colors clars i foscos i, al dia següent, afegeix una altra capa gruixuda de colors que deixa que s’assequin. Abans que l’assecament acabi, l’artista

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modo si mescolano e perdono la memoria iniziale, ma senza che lui riesca del tutto a controllare questo divenire nuovo. Alla fine, è il colore che lo domina e gli regala sorprese. Sono effetti pittorici che con il pennello non si riescono ad ottenere, ma che sono possibili solo utilizzando una spatola che “deve, assolutamente, essere larga”. Il risultato è quello del contrasto tra il fondo liscio e lo spessore materico del colore spatolato che sovrasta e diventa tridimensionale. Questa è una particolarità che lo contraddistingue dagli altri pittori finlandesi che normalmente si esprimono con una pittura “molto delicata e sottile”. Nei suoi dipinti, sotto al colore spatolato, ci sono già due “quadri finiti”: il primo, con il soggetto-ombra ed il secondo con il soggetto in chiaroscuro e la sua ombra allungata. Il terzo, il quadro finale, viene lavorato con il colore materico che viene poi spatolato ed “obliterato”. E’ come se dipingesse tre quadri in successione: il primo, nel quale il soggetto è rappresentato solo dall’ombra, il secondo, con un impasto di colore espressionista e l’ultimo, con il colore “cancellato”, quello più sofferto e vissuto. In questo modo l’artista riesce a conferire tridimensionalità al dipinto ed ad unire così la pittura e la scultura insieme, come avviene in Salle de musique dove ci si può chiedere quale sia il limite tra pittura e scultura. I lampadari di acciaio “Corten”, tagliati a laser, per l’artista sono disegni tridimensionali, immagini che hanno una profondità e, Hannu racconta quanto sia stato difficile trovare una ditta che accettasse di eseguire queste opere trasformando un disegno in “superficie metallica”6. Per Hannu il materiale in sé è una componente importante per la costruzione dell’immagine e per questo è alla continua ricerca di soluzioni che assecondino le sue intenzioni. Ha scelto l’acciaio Corten, un paradosso materico particolarmente interessante, la cui caratteristica principale è l’ottima resistenza alla corrosione da agenti atmosferici dato che la sua ossidazione si arresta e forma una patina protettiva che non si altera nel tempo e sfida così il naturale processo di degrado. La tonalità cromatica che si forma in superficie appare calda ed intensa ed offre una visione estetica in relazione all’insolita “eleganza della ruggine” che sottolinea la sensazione di vissuto resa dai segni del tempo. Tutte le sue opere ci raccontano immagini di nostalgia e ricordi del paesaggio e del lento incedere del tempo della sua terra natia, dove il ritmo della vita scorre molto più dolcemente e segue l’armonia della natura senza tempo. Un modo di dipingere che sicuramente è anche il suo modo di affrontare l’esistenza.

“elimina color” amb una espàtula, de manera que els colors es mesclen i perden el seu record inicial, però tanmateix no acaba de controlar totalment aquest nou desenvolupament. Al final del dia, és el color el que domina l’artista i té sorpreses amagades per a ell. Aquests són efectes de pintura que no es poden obtenir amb un pinzell, perquè només són viables si s’utilitza l’espàtula “que ha de ser, absolutament ha de ser, gran”. El resultat final és el contrast entre el suau fons i el gruix del color treballat amb l’espàtula, que preval i esdevé tridimensional. Aquesta és una peculiaritat que fa destacar aquest artista entre els altres pintors finesos, que normalment s’expressen mitjançant pintures “molt delicades, finament acolorides”. Sota els colors tractats amb l’espàtula, ja hi ha dues “pintures acabades” en les seves obres: la primera només inclou ombres, i la segona inclou el tema en chiaroscuro (clarobscur) i les ombres; només la tercera i última pintura es treballa amb colors substancials, als quals s’aplica l’espàtula per tal que els colors siguin finalment “oblidats”. És com si pintés tres obres seguides: la primera només amb ombres; la segona amb una mescla de colors impressionistes; i la tercera, que és també la més problemàtica i difícil de totes, amb els colors “oblidats”. D’aquesta manera, l’artista aconsegueix crear les seves pintures tridimensionals i combina pintura i escultura, com és el cas, per exemple, a “Salle de Musique” [Sala de música], on hom es pot demanar on rauen els límits entre pintura i escultura. Les aranyes d’acer de “Corten”, retallades amb una tècnica de raig làser, són per a l’artista dibuixos tridimensionals; són imatges amb una profunditat pròpia, i Hannu explica la història de com li va ser molt difícil trobar una empresa que acceptés crear aquestes obres tot convertint un dibuix en una “superfície metàl·lica”. Per a Hannu, els materials per se són elements importants per bastir una imatge; per això cerca sense descans solucions que secundin les seves intencions. Tria l’acer de Corten, que és especialment interessant com a paradoxa, perquè la característica principal d’aquest material consisteix en la seva excel·lent resistència a la corrosió causada pels agents de l’entorn: es bloqueja la seva oxidació i es forma una capa protectora que no s’altera amb el temps i, en conseqüència, resisteix el desgast estàndard. El matís cromàtic de la superfície és càlid i intens, i ofereix una visió estètica relacionada amb l’inusual “elegància de l’òxid”, per remarcar la sensació de ser enfrontat amb un objecte marcat pel pas del temps. Totes les seves obres narren imatges de nostàlgia i records de paisatges i el lent pas del temps de la seva pàtria, on la vida es desenvolupa a un ritme molt més tranquil conforme a l’harmonia intemporal de la naturalesa. El seu és un estil de pintura que és també indiscutiblement la seva manera d’acceptar la vida.

Galleria De Crescenzo & Viesti, 2008, Roma, ITALY

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Time will tell, 2010, stained glass window, cm 110 x 150, realization by Studio Silice di Anna Preziosi - Roma

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HANNU PALOSUO by Petri-Tuomi Nikula, Ambassador of Finlandi, Rome My first contact with Hannu Palosuo was through a piece of graphic art: an image of a chair and its shadow. The image is small but it is created with a very careful advance consideration. My wife hung it up on the wall in our vacation home, next to the window with a view towards a beautiful Scandinavian lake scene. The structure of the image highlights the colours and the uneven surface of the log wall of the hundred-year-old house. I do not know if the artist wants to be called disciplined and what that term actually means. To me it means that the hand, the original style and the uniqueness of the artist can always be distinguished even among a great number of works of art. One characteristic feature of good art, and a very important one, is the fact that the hand of the artist can be identified through different phases of his life and creativity. When I started as Ambassador of Finland in Rome two years ago I got to know better Hannu Palosuo and his art. He is one of the hundreds of Finnish artists that have sought teaching and inspiration for his work from the Eternal City. Moreover, he is one of those who have chosen Rome, rather than Italy, for his second homeland. I understand this very well. At the end, we all are, that is all the Europeans are, descendants of Rome, each in his own generation, but we all have our origins here. It is easy to recognize Hannu Palosuo’s works of art. Two dimensions are predominant in his way of working, the reality and its reflection. An armchair, a boy sitting on the seesaw – one of Palosuo’s preferred themes – a man or a woman seen from behind, and the shadows of them. However, it is done in the way that the shadow of the armchair could represent an old woman that had been sitting on it, the shadow of the boy can be an adult man. That is something else that does not have anything to do with the image itself. I like this play between reality and its reflection. Probably this is because it reminds me of my own work. Very seldom the public image of diplomacy and politics corresponds to the reality. The impression given of an event, a statement or a process, even at best, just partially embodies the real thing. There is no time or space for long, in-depth explanations. In the most recent works of Palosuo, on exhibit even on this occasion, the roles have been switched. The reality is no longer a clearly defined and easily perceived figure that can be recognized (a flower, a person, any other image that forms the shadow) and its outline is torn by the wind, by fears and probably by a missing prospect. Instead the shadows are now clearly defined and integral, such as we think the reality should be in our opinion. Such as we would like the reality to be. There is room for the onlooker in the works of Palosuo, there is also space for one’s own thinking. His works are not crammed with objects. This gives the possibility to ask whether the shadow is more real than the reality. This is not the first time that this question is being posed. Palosuo has surely studied his Plato. Hannu Palosuo is Finnish and he is Roman, but probably first of all he is a European artist, whose works have something

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to say to all onlookers wherever they are. While he is an important part of the success story of Finnish contemporary art, he has been adopted by Italy. But nevertheless the nationality or home city are not important, because good art is good regardless of the nationality of the artist or of his place of living. Maybe it is for this very reason that I am proud of Hannu Palosuo, of this Finnish artist who has gained international success and who has broken down the barriers of art and nationalities. I wish all the best and success for his exhibitions in Rome and in Barcelona.

MEMORY BETWEEN MYTH AND UTOPIA by Matilde Amaturo Director, Andersen Museum The solo exhibition of Finnish artist Hannu Palosuo – hosted at the Andersen Museum – is titled “Obliterated Memory” – which is to be construed both literally and symbolically as “Memory Erasure” in the twofold meaning of both effacing and simultaneously retaining the images coming to one’s mind. Using a veritable physical act, the artist takes away the represented image and turns it into its own shadow, or into its “memory”, and then restores it as a visual whole on his canvases – intact in the suspended, absolute beauty of its essence. In the time-unbound setting of the exhibition rooms provided by the hosting home-museum, which is so strongly marked by the sculptures and works of the genius loci Hendrik Christian Andersen, Palosuo’s artwork talks by stimulating observation and thoughts on the passing of time. It is a call for turning one’s gaze and mind to what one can perceive both inside and outside one’s self when coming into contact with this artistic environment and – as well – the museum setting. Hendrik Christian Andersen home-museum was built between 1922 and 1924 following the artist’s own design. It focuses on two emblematic elements of his life: the World Centre of Communication and the memory of antiquity. The concept for the World Centre started taking shape in 1901 with help from the French architect Ernest Hébrard and the lifelong support of the artist’s sister-in-law Olivia Cushing; it was finally published in Paris in 1913. It is an instance of the utopian projects drawing upon Renaissance town-planning visions and the modern cities of Paris and Washington. The World Centre as the ideal place to gather all the highest scientific and artistic achievements of mankind was expected to foster friendly and cooperative relations among all nations. Andersen hailed from Bergen, Norway and had emigrated to Newport, Rhode Island when he was still a baby in 1873; all his mental and physical energies were channeled into studying and fondly cultivating his passion for ancient art. Throughout his life, which has a definitely American flavor to Italian sensibilities and bears the imprint of his strong affection for his mother and his sister-in-law Olivia (the widowed wife of his beloved brother Andreas), the sculptor would attempt to recreate the testimonies of a glorious past in the Old Continent – among a circle of foreign, mainly Anglo-American intellectuals including his friend Henry James and in constant worship of Michelangelo’s work. His personal and artistic path was firmly grounded in Rome throughout the years from 1898 to his

death in 1940. The two exhibition rooms on the ground floor of the museum provide an attractive overview of the World Centre and the Fountain of Life – the core of the utopian project as well as the only part that was turned into reality at least as a sculpture. The museum holds both the proofs (bronze and patinated plaster) and the plaster models along with the sculptures, of which only a few were reproduced in bronze in 1911. The giant sculptures representing specimens of athletic beauty were created by Andersen between 1904 and 1916 and are immediately reminiscent of neo-classical models. To Hannu Palosuo, exhibiting in this place means something more than an act of worship for an older Norwegian artist – much more than the search for similarities and empathies between artists that are remote both in time and in space. Conversely, the white glare and monumental works evoke familiar presences in Palosuo’s lively memories. His sensitive gaze has immediately grasped an aura of gigantic Norse deities, which in Finland translated into a similar rendering of the human body by Emil Wikström (1864-1942) – who like Andersen attended the courses of the Académie Julian in Paris and is now eternized through his home museum in Visavuori. Andersen’s and Wikström’s artistic gaze would appear to have trained in obliterated memories – they both can immediately and mutually grasp a feeling of closeness to that uninterrupted flow of natural mythology that is typical of Nordic peoples. Both express themselves through classical and academic citations that are actually a revised version of the language used in the primeval Olympus of myths - made up of oversized natural elements that are embodied grandiosely by man. Additional similarities between Andersen’s artwork and the Finnish milieu of the early 20th century can be found in the architectural concepts developed by Eliel Saarinen, who published his project for Munkkiniemi-Haaga in 1915. This is a new quarter in Helsinki that was planned from scratch also in a social perspective, by allocating separate areas to separate functions and separate categories of inhabitants and including large green areas. Its layout is reminiscent of Andersen’s ideas for the World Centre of Communication. Thus, visitors that are keen and eager to discover evocative proposals and suggestions will be led by Palosuo – an international artist with a cultured as well as sound creative force – towards unconventional paths. Pieces in an uninterrupted flow of memories, long shadows – as if on snowy slopes – repeat themselves almost as modules; at the same time, coloured images of plants, flowers, things and familiar figures hint to an introspective dimension that merges with and is part of one’s reading of the surrounding museum setting, whilst they invite one to re-trace memory’s most daring discoveries in the (not that hidden) meanders of one’s roots.

HANNU PALOSUO AT THE CERCLE: by Josep Felix Bentz, President of the Reial Cercle Artístic of Barcelona The Cercle Artístic was founded at Barcelona in 1881, seven years before what would have been the first occasion to show modern Barcelona to the world: the celebration of the Universal Exhibition of 1888. One lived in a period of vigorous cultural development during the preparations for this event. The employment of the nude as a way of artistic learning was

a prime objective of the institute; nonetheless, in its initial phase in 1893, a group of members - artists with profound catholic and traditional convictions - resigned in disagreement with this method and formed a club representative of the city, the Cercle Artístic de Sant Lluc. Early in the twentieth century, and precisely in 1916, in one of his visits to the city, King Alfonso XIII granted the title of Reial to the Cercle Artístic of Barcelona. Our institution has lived devoid of any ostentation, managing to live on throughout many different periods. A few years earlier, on 22 August 1912, we received a request from F.T. Marinetti to exhibit 35 paintings, forming part of the itinerant Exhibition of Futurist Painters in Europe planned for late -1912 but which at the end did not materialize due to a subsequent change in the Directive Committee. Of all this, two books with a dedication by F.T. Martinetti remain, together with his letter of request and our affirmative response, which however did not produce results. The exhibition was inaugurated at Paris in the Bernheim-Jeune Gallery, on 5 February 1912. Subsequently it moved to the Sackville Gallery in London, where the first sales took place and at the Köning Augstrasse Gallery in Berlin, financed by the magazine «Der Sturm». In May the exhibition moved to Bruxelles, then to Hamburg, Munich, Budapest, Vienna… And it would certainly have come to our centre and to our city. On the occasion of other international events in the same period, we collaborated up to the implementation of the project, as in the case of the organization of the Belgian Art Exhibition of 1921. This is because right from its beginning and up to our days, the main objective of this historic Institute has been to promote and support any type whatever of artistic and cultural manifestation. Thus we can highlight the central role we have acquired in the social life and, above all, the artistic life in Barcelona in the last years of the nineteenth century and the first decades of the twentieth, when social events, popular festivals and balls were organized, of which those at the Gran Saló de Llotja and the Gran Teatre del Liceu are worthy of mention. I have the pleasure to mention, furthermore, the organization of exhibitions during long history of the institute - individual, collective and in homage to many of its members - such as Xavier Gosé, Baldomer Gili i Roig, Pere Borrell, Eliseu Meifrén, Enric Casanovas, Carles Pellicer, Hermen Anglada-Camarasa, Marià Llavanera, Martí Llauradó, Laureà Barrau, Rafael Llimona, Ignasi Mallol, Ernest Santasusagna, Jaume Mercadé, Enric Galwey, Lluís Bonnin, Joan Llaverias, Bonaventura Puig Perucho, Josep Aragay, Salvador Dalí e Joan Abelló Prat, among many others. Among the members we can list Antoni Caba, Caterina Albert, Ramon Casas, Evarist Arnús, Marià Andreu, Modest Urgell, Joan Borrell Nicolau, Joaquim Mir, Hermen AngladaCamarasa, Francesc Costa, Isidre Nonell, Francesc Galí, Francesc Gimeno, Ricard Opisso, Francesc Labarta, Apel·les Mestres, just to mention a few. The Reial Cercle Artístic of Barcelona made its way through the third century of its history, carrying on its active support in favour of the Fine Arts. Currently, and after the purchase in 1959 of the Palacio de los Condes di Pignatelli in Calle dels Arcs, and the ancient Casa Bassols, in Calle de la Cucurulla, in the heart of the city in the shade of the Cathedral, the Institute boasts an enviable stability and a solid plan for the future in which its origins combine to promote, stimulate and sustain the events and activities connected with the world of art and cul-

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ture in general. Our facilities include various rooms and spaces, and among them I should mention the studios and workshops for design, painting and sculpture, all of them with live models, apart from the engraving rooms and those for free painting. Nor can we forget the majestic Salón de los Atlantes, certainly the flagship of the Institute where conferences take place, books are presented, tributes are made, concerts are given, etc. And also the archives and library, the reading room, the exhibition halls, with a special mention of the principal room we created in 2009, the Sala Nova. This room, the most representative of our organization to exhibit works of art, while awaiting the implementation of the General Plan for all the building and the recuperation of those rooms still leased on the various floors, has welcomed in its few years of use international artists, European as well as North American, and also Catalans by adoption, of great prestige such as Miquel Barceló. And for all this we consider it an honour to be able to welcome the Finnish artist resident in Rome, Hannu Palosou. In the first place for the quality of his proposal, in keeping with what we wish should be the habitual practice of this space. In second place, because it is the first time that we are arranging an exhibition in collaboration with a museum of our Italian neighbours. The Andersen Museum is a part of the Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea of Rome. We tried unsuccessfully 100 years ago with F.T. Marinetti and his Futurist Movement, but this time we have succeeded. I wish to thank in this case the work of collaboration of the member of our governing council, Joan Abelló Juanpere, who very effectively handled the complicated mechanism of this cultural event: he is an obstinate lover of Italy and furthermore he contributes to the catalogue! And finally, for our sympathy not only for Italy, but also for Finland. Because in the present moment of history this Baltic state offers a very positive example of sovereign nationality. And further, unless I am mistaken, the Finnish state was constituted despite the enormous resistance and prevarication of its Swedish and Russian neighbours, managing to overcome all the difficulties, including the Soviet territorial rivendications during the last world war. For these reasons and returning to talk exclusively of art, I wish to convey my warmest compliments to Hannu Palosou for this magnificent exhibition that he offers to all those who love art and culture.

FOR THE SAKE BEAUTY, AGAINST THE WORLD by Juha-Heikki Tihinen “The Mystery of the world is the visible, not the invisible.” Oscar Wilde Hannu Palosuo’s (1966) latest paintings challenge through their praise of beauty, which in its ruthlessness borders on the horrible. This horror of beauty is, of course, what the late 1800’s fin de siécle aesthetes, Oscar Wilde (1854-1900) particularly, called “art for art’s sake”. Their boldest manifesto was elevating art to a similar level as religion and ethics, and instead pointing out, in Wilde’s terms, that there are no morally good or bad books, only well or poorly written books. Aesthetic attractiveness, in other words, has no ethical obligations.

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Beauty simply is in the greatest of them all. Maybe even the only criteria that ultimately makes a difference. Luchino Visconti’s (1906-1976) Death in Venice begins with a scene that shows exactly what the viewer will be faced with for the next 125 minutes. Its inarguable beauty is like a subtitle to the film, and for the ultimate impact of beauty. In the form of Tadzio, the composer Gustav von Aschenbach meets the ideal of Beauty at its most perfect. The venerable gentleman professor simply cannot take his eyes off the Polish boy, that seemingly perfect being. Tadzio is remarkable in the sense that he returns the gaze. Tadzio’s gaze seems to communicate with an ambivalence similar to the Mona Lisa or some other mystery-filled work of art. It is impossible to interpret the youth’s smile or the secrets of his expression, because he resides in the higher spheres of beauty, although ostensibly in the same space and time as von Aschenbach. Previously, Palosuo has favoured mainly pastel-like colours in his works, but now his palette is, at least momentarily, brightened. The pastel-like tones are an interesting effect, bearing some emotional relation to the hues of Visconti’s Death in Venice, which is consciously pastel-like. The pastels create a protected mood. An air of fascinating sensitivity, or the heavy scent of lilies, seems to hang in the air. The lily has dual connotations, as it is on one hand the exemplification of overwhelming beauty, but also flower commonly associated with funerals. A kind of charming Death, if you will. Venice becomes a beautiful metaphor of the transience of beauty, as death and the city’s slow, but inevitable, sinking underpin the protagonist’s plunge toward destruction , dumbfounded by beauty. In Palosuo’s artistic philosophy, beauty is the greatest of all forces, one that can never be adored enough, one that needs to be examine indefinitely. In this respect, he is an artist similar to Visconti. Lonate Pozzolo Count Luchino Visconti di Modrone’s films never disguised the fact that beauty is the greatest of all forces. In his films the eulogisation of beauty continues indefinitely and can never be avoided in any way. Beauty, in its Viscontian sense, is not in any way merciful or comforting. It is in fact completely merciless, as one can never achieve immunity, or defend oneself, against it. In Palosuo‘s works beauty is a tad more merciful, partly because their scale is not as colossal as Visconti’s. Palosuo gives the public the opportunity to breathe every now and then. In this respect, his works are familiar with intermediate areas, recognize their significance and importance of the process of internal assimilation. In Palosuo’s works beauty is extortive, because their spirit is more than often linked to a kind of counsel. They seem to say: “Look again, notice and re-think.” They are not law books, textbooks of didactics or even aphorisms printed on tea bags. They speak of the significance of life, art and other basics on an elementary level. They are a good example of the practicality of beauty. Beauty stops you and makes it easier for you to discover, acting as a kind of gentle usher. We know this from everyday life, because we have all witnessed situations where a beautiful person gets their way by simply flashing a smile. In Art, we deal with Beauty so often that it raises expectations and requirements on and on, onto a higher level. However, in this respect, life resembles art, as in life, we can admit beauty in a beautiful thing or person, even though we would not necessarily be ready to burn the world for him. Death in Venice offers an excellent comment on love’s ability to humiliate.

Gustav von Aschenbach resorts to an artificial renewal of his youth at his barber suggestion. At the time of his death, his make-up and hair dye runs, almost as a mockery of all his failed efforts. In the background Mahler is playing, the film proceeds majestically, and life proves to be very trivial alongside Art. This is probably one of the strongest Viscontian creeds. The language of flowers and chandeliers Palosuo’s latest (2010-2011) paintings present an imagery in which people, chandeliers and flowers mix into a dense forest of symbols where different meanings and references slide together with a kind of dreamlike logic. Dreamlike in the sense that events and things are clear, but their relationships require interpretation. In dreams, the past and the future, the perceived and desired, and other contrasting moods are linked to each other seamlessly and directly. In dreams, the complexity of the world is revealed. Sleep is a relative of Art in this respect, because both share a complexity and a multiplicity of meanings. This is a rule rather than an exception, a thing which is actively sought to achieve by all means necessary. In Palosuo latest paintings crystal chandeliers and flowers are linked. The iconographic dimension of flowers is perhaps more easily seen, but what about that of the crystal chandeliers? In addition to an all too obvious metaphorical connotation of luxury and splendour, the viewer should also be advised to remember how in 17th century Flemish artists’ paintings, the lamp’s ball had its own distinct role. For example, in Jan Vermeer’s (1632-1675) works, the ball of the ceiling lamp was one of the points where studies of perspective could be placed, and where the meaning of reflections could be examined. On the other hand, Painting also has connections to other traditions of thinking, disciplines where the meaning of beauty were discussed. The idea of the general brightness and goodness of Beauty, however, represent an important strand in Christianity, showing traces of Neo-Platonic thought. Beauty is bright, and therefore readily noticeable. Palosuo continues to work in a way where serialisation has a major role. In his series (consisting of multiple pieces), he creates stories and allusions to different cultural meanings. The imagery of the works also forms an interesting layered and referential world of meanings, where, for example, childhood is a recurring theme. Linking the past to the present is a classic example of how time can be compressed within works of art. I see something that transports me directly into the past, which becomes almost tangible, even if I remain right where I am. This is one of the most clear examples of Art’s miraculous ability to transform a location. But what does all this mean on a concrete level ? Let’s look at the artist’s paintings and examine their storytelling. “Denying one’s destiny” is a triptych in which the left-hand panel shows a woman and child, the middle one a solitary woman, and righthand side panel two men looking at something invisible. The characters are all dressed in a way that leads to vague ideas of the past, and some sort of historical subject. The colour of the canvas is left visible, which creates the impression of the general ambivalence of the characters, because they do not really have any special temporal or spatial context. In this respect, Palosuo paints in a classic way, but replaces the nudity of the protagonists with the nudity of the background. We are faced with a nakedly human situation. The clothing of the characters

is linked in my mind to post-war Finland, and seems to either refer to peasants or the working class. What is the importance of the background in human life, and can one ever be released from its grasp, or zero out its meaning? In the 1960s, the American essayist Susan Sontag (19332004) wrote the following in her essay Against Interpretation: “Real art has the capacity to make us nervous. By reducing the work of art to its content and then interpreting that, one tames the work of art.”1 In her text, Sontag declares war on the interpretation and the interpreters, and defends the significance of the artist’s style. She concludes her essay with the requirement that instead of a hermeneutics of art, an eroticism of art is needed2. With this, she refers to the importance of individual experience and personal significance in contrast to an authoritative “correct interpretation”. In Sontag’s case, this is self-criticism, because at that point she was already recognized as a critic and theorist. Following her example, it is easy to understand what an important a role style plays in Palosuo’s works. The tension between realism and non-realism is both a stylistic and substantive element, upon which is the narrative of his paintings is built. The series “Love only is incorruptible” follows the logic of style. It consists of twelve paintings, including 11 showing flowers, and the last portraying two people in a rowing boat. The series is very monochromatic, which places more emphasis on the outlinen and shape of the flowers, highlights them more intensively than what would be possible if the element of colour would be more dominant. To us, a colourless or monochromatic flower arrangement is an exception, as colour is a pre-expectation associated with flower paintings. Another almost monochromatic series of works is “None of them is the truth”. This series links different grey and brown flowers with a silhouette of a little boy portrayed from the side. A boy in knee length trousers and a variety of tulips and lilies create references to different time levels. Black and white, or more precisely a colour scheme reminiscent of that, is a kind of meta-level. Black and white photos document and illustrate, or black and white picture of a plant is somewhat reminiscent of a sketch. The series “Today is the frightening tomorrow of yesterday” shows chandeliers and other ceiling lamps, as well as people. The types of lamp vary, and human figures show a violinist, an adult with a child and two adults passing on a toddler. The latter figure, in particular, bears a strong stamp of nostalgia: I interpret the picture as an icon showing the continuity of the family trough its portrayal of the lineage between grandmother, father and child. Many of Palosuo figures appear as mere silhouettes, which I feel refers to both the Platonic idea of the world and Leonardo’s painting style. In particular, the play between light and shadow is one of the key themes in the lamp paintings. It is as if we’re moving between light and dark. The artist can also be seen as referring to Leonardo’s chiaroscuro, where light and shadow creates a relief-like impression. In the artist’s most recent works we encounter a variety of combinations, one of which is of particular interest: namely, lilies and tulips. The lily was a popular plant among the Symbolists. Their appearance speaks to us of the importance of aesthetics and style. The now almost common tulip has a wild past, for when it arrived in Europe in the 17th century, people were even prepared to kill in order to possess the flower. Whereas this tulip-mania was a phenomenon of its era, the appeal of the story to modern humans comes from how mad people were

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driven by a flower. The tulip showed how important beauty can be. In a nutshell, beauty conquered reason, and hence life. A classic example of a fictitious character who chooses art instead of life, of course, is J.-K. Huysmans’ (Recalcitrant, 1884), Jean des Esseintes. For him, aesthetics and style is everything. This is evident from how much time - and money he uses on the beautification of his existence. The process of collecting objects such as wonderful perfumes, rare books, works by Gustave Moreau (1826-1898), Odilon Redonin (18401916) and Francesco Goya (1746-1828), or even the poor living turtle, whose shell is gold-plated and encrusted with a variety of precious stones. Des Esseintes has chosen a style that is as aesthetic as possible, as well as not mundane in the least. Style is everything, and its most important companion is Taste. Tracing dreams Faced with Palosuo’s work, I have often experienced similar emotions as when looking at Symbolist art. Although Palosuo operates within the realm of contemporary art, it is easy to see in his works why Symbolism may in many ways be seen as a grandparent of the themes and means of expression of Modernism and contemporary art. The relationship between two-and three-dimensional, the personal dimension and an interest in the great narratives are all things both the Symbolists and Palosuo draw on. Odilon Redon (1840-1916) wrote about Camille Corotin’s art in his critique of the 1868 Paris Salon: ”Everybody knows that M. Corot, whose paintings appear unfinished, is on the contrary extremely subtle and accomplished… If, for the expression of his dreams, he intentionally leaves vague jumbles almost obliterated in semiobscurity, he immediately places next to them a detail superbly firm and well observed. This proves clearly that the artist knows much; his dream is supported by a seen reality.”3 Redon emphasized the link between reality and fantasy in his writings about art, but also in his artistic work, in which various imaginative and realistic elements create a kaleidoscope-like reflection. Art historian Jodi Hauptman notes in his article on Redon, how many 19th researchers, as well as artists, were interested in the investigation of dreams. The interests of artists and researchers were often synonymous. For example, Alfred Maury examined, in the popular book Le Sommeil et les Rêves, the visual meanings of dreams, and the same thing fascinated many Symbolist artists, for example, Odilon Redon.4 Through dreams, as Freud pointed out later, it was possible to get new perspectives on people’s internal worlds, and based on this imaginative material, explore how the human mind was moving at any given time. But how do dreams relate to, for example, Palosuo’s series “Who believes in his dreams, fears his shadow?” It is a series of paintings, each showing a ceiling or chandelier. In addition to the traditional iconography of lights and lamps, I find references to the ornamental, and its valuation, in these paintings. Palosuo’s attitude towards the ornamental is deliberately ambivalent, as he is prone to both showing its might, or erasing it almost completely. In the same way, I feel that the scepticism of the name he has given this work is ambivalent, at the least. Repeatedly painting with a dreamlike logic the artist shows the power of dreams, but remains ironically sceptical of their might to explain the world. Art, like dreams, is false, but resembles reality in a wondrous way. In Art, for example, it is possible to simultaneously explore your own thoughts through

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the products of another person’s mind, so that your own self is engaged in dialogue with both itself and that of the other. Yet the situation is even more versatile, because it can be interpreted as two intersecting monologues.5 Roland Barthes (1915-1980) writes: ”The image – as the example for the obsessive – is the thing itself. The lover is thus an artist; and his world is in fact a world reserved, since in it each image is its own end (nothing beyond the image).”6 The lover becomes an artist, because to him pictures, which have the ability to both cast a spell or torture, are unspeakably true. An artist should similarly believe in his creations so much that he imbues them with enough vitality and independence for them to be able to go out and conquer the world. In Hannu Palosuo’s works we see, time and time again, how he relies on the power of fundamental symbols (chair, person, flowers, lighting and so on). The artist creates his own symbolism and narrative, and we, moving through it, gradually begin to reach the specific features of the meanings of his symbolism. Personal symbolism was of special importance to the Symbolists of the 1890s, because the personal became one of the criteria of artistic quality. In this respect, contemporary art practices are remarkably close to the ideas of the 1890s, since then, like today, the artist used personal material as inspiration for his art. In Hannu Palosuo’s case we should consider this in relation to his paintings of chairs, where different seat models form a kind of metaphysics of chairs, where basically the same object turns out to be different every time. It is difficult to come up with better example of a personal fine-tuning of symbols. The chair is a common object, but a palosuoan chair is particular. But what is the common message of a variety of different flowers? Does the juxtaposition of tulips, lilies and other flowers create something otherwise unattainable? The symbolism of flowers is perhaps even more open that that of chairs, taking into consideration the different cultural interpretations of the same plants throughout the ages. And in addition, we must remember that simultaneously, culturally similar realities also affect the process of interpretation, not to mention private interpretations or meanings. The interplay of plants is so diverse that we teeter constantly on the threshold of ambivalence with our interpretations. A tulip can signify both death and profligacy, while on the other hand it stands for middle class safety. A lily can be both a symbol for the Virgin Mary or St. Ludwig, or it can refer to the Medici family. The Iris signifies good news, or the first sensations of love. These are only a few well-established meanings. In Hannu Palosuo’s flower paintings, the case seems to strongly suggest that the artist is extremely wise in leaving the symbolism of flowers open, and in toning down the personal symbolism related to the works. In this respect, he complies with the guideline of the Symbolists, because for them the most personal meanings were the most secret. The most personal didn’t translate to any other language or understandable form, but remained thus forever a mystery. Epilogue Beauty, and a kind of fascination with the decorative, is a major feature in Palosuo’s latest paintings, which he rightly perceives as some kind of taboos. Could beauty be a kind of unheimlich7, something that horrifies us? What if art wasn’t allowed to be simply beautiful or ornate, but it should deal rather in content, or, as one cliché states, “the work should have multiple meanings of different levels”? Is the idea of

”depth” or “gravitas” linked to the cultural obsession of finding “meaning” instead of style in all artistic creation? Is beauty superficial? Or is beauty of one of those things that specifically separates art from mundane life, a thing that opens up new horizons? Is beauty dangerous, even threatening?8 One route to the “dangerous” nature of beauty runs through the aestheticism of the1800s, which in its day was conceived as a very radical way of experiencing the world. The only measure of beauty seemed to contain a complete aesthetic autonomy, which in turn merged with the erotic, often in homoerotic or gay meanings. Walter Pater (1839-1894), Oscar Wilde, Robert de Montesquiou-Fézensac (1855-1921)9 and many others are examples of how aesthetic and erotic issues entangled to form a dense discourse in themselves. Considering the case of Visconti’s latest works, the Marxist film critics of the 1970s had a hard time defining whether it was at all possible that someone from that kind of background, making extremely aesthetic films, and even gay, could effectively make progressive films? For many the answer was confused, leaning by default towards the negative. The central difficulty with the entanglement of the aesthetic and erotic was how its connection problematised the concepts of nature and the natural. If the issue was, after all, only style and understanding style, it became impossible to give or offer a definitive truth about beauty. If this was the case, this applied to morals, too. If books were not moral or immoral, but simply well or poorly written, then this transformed art into an area where man was released from his environment and its morals. In his iconic way, the oft-quoted Oscar Wilde once remarked: ”To be really mediæval one should have no body. To be really modern one should have no soul. To be really Greek one should have no clothes.”10 In this paradox we move simultaneously in the realms of simplification and multiple meanings. The Middle Ages were spiritual, while modernity is non-spiritual or materialistic, and the classical age is exemplified through aesthetically pleasing nudity and an ideal state of being. Wilde’s way of dealing with things is, I believe, in many ways a relative to Palosuo’s of artistic expression, because he trusts in, as does the Irish writer, the clarity of complexity or the ambiguity of simplicity. An example: we recognize a tulip or a crystal chandelier, and we begin to address the question of what this means. Next, we come up with different explanations or reasons why the object appears in the work. Very soon we perceive contradictory or complicating interpretations of our initial thought, and as a result recognise we’ve thought a lot, but wake to the fact that the ultimate truth is unattainable. What remains is rather a diversity or a masquerade of truths, in which the first idea can in principle be relied on, but not completely. Another one of Oscar Wilde’s most fascinating paradoxes states that: “We are all in the gutter, but some of us are looking at the stars.”11 Like paradoxes, Wilde leaves the final significance open. In relation to Palosuo’s paintings, it is perhaps worth to remind ourselves of the power of beauty. Beauty can snatch, destroy, challenge, enchant and perform all kinds of strange tricks. Beauty can just as well be complacent as attentive, loving or cruel, merciful or ruthless, yet in all beauty there is a common feature which challenges us. By definition, beauty is, to quote George Bataille’s expression, unproductive waste i.e. heterogeneity, as it exists mainly for it’s own sake, and due to the fact that we humans need something more in our lives than just neutralized rationalism, moderation, and

boredom. Beauty is indeed in the eye of the beholder, because it clings to our skin and does not let us off the hook easily. Its cousin, or sibling, is love, but I’m not talking about that at this point, even if it is good to keep love in mind always. Hannu Palosuo’s latest works are in line with his previous output in the way they depend on the simultaneous and separate charm and horror of beauty. Compared to his earlier work, the artist has moved to even more loose meanings using multi-directional symbols, such as chandeliers and flowers. These paintings are linked more closely to the tradition of Western art history and contain little or no reference to new Nordic or Finnish cultures. They do not deny the artist’s origin, but function as good paradoxes do, by being almost like empty canvases onto which the viewer can project their own meaning. Transparency is, however, only the second half of the paradox. The works are filled with references, but they are also deserted halls of mirrors, which tempt us to partake in secret rituals and meetings. Perhaps in these mirrored halls of meaning of Palosuo’s we can all become like those who look towards the stars even when they lie in the gutter. Or perhaps we have arrived at a level called for by Sontag, where the interpretations do not deal with meanings, but rather with the sensual and erotic, that is, first hand experiences. Literature: Barthes, Roland 2002: A Lover’s Discourse. Fragments. Translated by Richard Howard. Vintage Books, London. Freud, Sigmund 2005: Murhe ja melankolia (Mourning and Melancholy). Teoksessa Murhe ja melankolia sekä muita kirjoituksia. Translated by Markus Lång. Vastapaino, Tampere. Hauptman, Jodi 2005: Beyond the Visible. In Beyond the Visible. Art of Odilon Redon. The Museum of Modern Art, New York. K-J. Huysmans 2005: (À Rebours) Vastahankaan. Translated into English as Against Nature, 1884. Translated by Antti Nylén, Desura, Helsinki. Sontag, Susan 1966: Against Interpretation. In Against Interpretation and other essays. A Delta Book, New York. Tihinen, Juha-Heikki 2008: The uneasy borders of desire – Magnus Enckell’s representations of masculinities and femininities and the question of how to create the self. In SQS 1/2008.(http://www.helsinki.fi/jarj/sqs/sqs1_08/sqs_contents1_08.html) Wilde, Oscar 2008: Valehtelun rappio. Teoksessa Naamioiden totuus ja muita esseitä. Suomentanut Timo Hännikäinen. Savukeidas, Turku.

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Sontag 1966, 8 Sontag 1966, 14 Redon 1868, cited in Hauptman 2005, 33 Hauptman 2005, 34-35 Keeping in mind Mihail Bakhtin’s ideas about polyphonic art, where different voices intersect, we are lead to even more complicated constellations. For art as means of developing the self, see Tihinen 2008. Barthes 2002,133 Freud 2005 It is worth remembering that beauty and art are both bound to history and relative to culture. It is not perhaps meaningful to try to rate different aesthetical systems, but this doesn’t take away from the importance of the relation between beauty and art. The person Huysmans modeled des Essensteis on. A Few Maxims for the Instruction of the Overeducated, 1894 Act III, Lady Windermere’s Fan, 1892 402 (Works of Oscar Wilde, Collins 1957)

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STATES AND PLACES OF MEMORY by Marco Ancora Director CISI When Hannu came to Italy about thirty years ago from the remote North of Europe, it was not yet that clear what his future would be. What was awaiting him was a “certain” art world, not yet fully outlined - or rather, a sort of apprenticeship inside that world. He was embarking at all events upon a route in that direction by training himself and elaborating on what was out and around him – the sense of Italy’s best contemporary art. His was not a one-way, unilateral assimilation; Hannu’s visitation was not – nor is it today, to be sure – the reiterated, romantic Grand Tour combination of the umpteenth happy journey down into the Belpaese; in fact, it was the sound, pragmatic outcome of a deeply ingrained tradition that was equally cultured and powerful – that of Finnish art. His has been a slow, continuous, exponential assimilation by an artist who was an integral part of that culture – a rare type of genius loci, moved to come to Italy to grasp similar sources. Hence his active citizenship by way of observation, research, discipline, work, joint participation in art and artists. Then his decision to go and become part directly of those emotions, without any intermediation, and the beginning of his artwork production. “When I first came to Italy, for the 1989 Bank Holidays, the situation was totally different from what it is now. I came as a “non-EU” alien (Finland was not yet part of the EU) and bureaucracy alone was a nightmare; distances where really huge; there were few flights and those available were very expensive for a student; communications were sparser and more complicated, there was no Internet, no mobile. In short, globalization had not yet become as important as it is now, and each country, in fact each city, had its own identity. Also the art world was very different in the individual countries, for good or for bad. This is probably what led me to choose Italy, even though I was perhaps not totally aware of this; I fell in love with Italy’s contemporary art, especially Roman contemporary art. Like in the best Grand Tour novels, I surrendered myself in full to Rome’s artistic life and I enjoyed it to the very last drop! I did not arrive in Rome as an absolute beginner in art. My great-grandparents had been great collectors of contemporary Finnish art. Their collection was then passed on to by grandparents and I grew up amidst a high-level art collection. This was the most important art school in my life. My stay in Rome was marked by the contacts I had with people and places that played a key role in my life and career. Perhaps the most important of them was when I met De Crescenzo & Viesti Contemporary Art Gallery; this was an experience that changed my vision of art in depth. These two “full immersions” in art, the Finnish one in my childhood and the Roman one during the year of my education, left me with as good as a morbid feeling of curiosity for cultural and social differences featuring in the art of a country or even of an individual artist. “ The search for objects in their metaphysical ordinariness; a stylistic code that creates fixed, silent products in as good as monochromatic nuances – this is clearly a reference to the applied arts in his country. But this is not merely tradition, it also mirrors the great, powerful topicality of the Finnish spirit Hannu is conversant with like very few else. Desert places, empty chairs ask questions and express the

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psychoanalytical component that features as a red herring throughout his artistic and personal production. “Once an artwork leaves the artist’s studio, its most important function is to keep up a dialogue with his audience. Dialogue with an artist ends when an artwork is finished. Without that dialogue, art cannot exist. To me, my daily, almost trite subjects, my titles and rather classical compositions are just keys to help the onlooker in joining this dialogue. If there is no dialogue in art – whether positive or negative – an artwork remains forever just a testimony to an artist’s self-analysis” Great phytomorphic structures woven into Japonist frameworks highlight a twofold dimension; this is a clear-cut reference and will never be relinquished by the artist, but still as part of a broader familiarity with (physically) theatrical scenery. Hannu tries different phases of art and explores the various nuances according to a multifarious type of creativity: ceramics, jewelry, etchings, design, sculpture as well as naturally painting. Intellectual curiosity manages to be translated into creative eloquence – into at times experimental, interlocutory renderings which are more often powerful as well as final in nature, all of them a testimony to pristine, refined, decadent elegance. “To me, one of the worst sins committed by the 20th century in the cultural field is that of having taken away the centrality of artwork. An artwork and the emotions it causes must have absolute priority. Just as I am convinced that an artist must be first and foremost a professional, technique must remain a means and not become an end in itself. This is why I interpret the same object via different techniques. I am totally fascinated by the fact that the same object conveys totally different emotions if a different medium is used. Once I get to realize the limitations of a technique, my journey must continue and one has to start studying something new.” Reality and its representation: this is what the entities now inhabiting the states and places of memory seem to experience or see. Metaphysics is now translated towards the human component; the figures try to convey to the onlooker the definition of their identities by introducing him and making him a part of their world as if in a sort of rebus. We are watching the show from the back rows; we are spectators in the scenes as well as behind the scenes. The viewing is a cinematographic one, it is a projection where the film unwinds whilst the plot develops on a binary track and the double is questioning himself. Turning from objects into lively images, the shadows become alive and duplicate themselves. Shapes animate themselves and perceive their egos in their double identities (double measures); cutting is silent and it is up to us to bring in sound, imagine, interpret. And the more self-contained, fixed, framed monochromic representations are, the more the projections are evasive – they depart and explode from contours, mad with energy. Images take on colours, light up, become alive; colors are hurled about without constraints centrifugally; there is no dead calm, no preparation any longer: there is the impact of matter like layers of lava spilling out. It is the level of an intimate representation the artist is offering to us unreservedly, with all his soul, asking us as well what is the real context. Tones shine out and explode; they are blunt and improbable in the way people are dressed – nobody would wear those

clothes nowadays, and one’s memory goes back to the 1960’s; they are closer to reality in floral compositions. Dead lives show their direct relationship with Finnish masters, who unrelentingly went beyond Cezanne’s teachings trusting their huge traditions – Schjerfbeck being foremost among them. Hannu’s poetics emerges powerfully in the way he depicts flowers by carefully balancing their (almost shapeless) volumes through light; he goes purposely against the commercial demands imposed by art supermarkets with their brassy, vulgar, media-driven financial price lists. Recollect yourselves and meditate: this is what Hannu is urging us to continue trying, if we still are capable to do it; he is supporting and helping us by offering the bulwark made up by two existential values. Nature, space and time: whether this is a starting or an end point, we will see afterwards; we will decrypt the answer together, if we so wish, metaphysically.

MYOPIC PAINTING. by Joan Abelló Juanpere. I. It may seem risky to begin a critical text with a word that is generally negative, but the semantics of a term is still more widespread than artistic techniques. Poetry and philosophy, probably, are literary genres closer to art. Actually they are, not with a material character, but only conceptual. Here the celebrated words of Horace should be remembered, ut pictura poesis, to reinforce the closed circle of all these expressions. If I state that, during a spell of writing automatically, the first word that springs to mind after leafing through the magnificent catalogue of Hannu Palosuo (The burning illusion, Editor: Christian Maretti, San Marino, Republic of San Marino, 2008) and carefully examining all the JPGs of the paintings that he sent me, with the works forming part of this exhibition involving Rome and Barcelona, an entente that I have always defended, is what I have already mentioned, you will accuse me of being ungrateful, and the artist of being stupid, for allowing the publication of similar eulogies. Because the invitation to write about the recent works of an artist starts from a certain empathy, a reciprocal attraction often shared by the critic, the artist and the work to be presented. And I do not deny that this is so. Nothing is what it appears to be and everything changes while nothing remains the same, as Heraclitus of Ephesus said. El Greco, the celebrated painter of Greek origin (his exact name was Domenikos Theotokopoulos) who settled in Spain during the reign of Phillip II, was said – without any documentary proof – to be astigmatic, to explain the exquisite stylization of his human figures. An unusual detail for his times which gave him the fame of being a genius with an extravagant personality. A direction which Giacometti followed much later, if indeed it is ever possible to exhaust all the expressive devices, by lengthening the human figure to the infinite. Actually, to tranquillize his collectors (family and friends), Palosuo does not suffer from presbyopia, hypermetropia, nor double vision (diplopia), but only from myopia. This is a visual defect not excessively degenerative which does not hinder a good perception of objects and colours: it is enough to have at hand a

pair of glasses of the right prescription to perceive the beauty of nice landscapes, greet family members and be able to drive. In other words you can see nearby objects perfectly well and distant objects somewhat hazily. This I know from experience, because I have the same defect. This repetitive duality seen in many of the canvasses presented, in my modest opinion constitutes a cultural resource. I believe that Palosuo is an artist who opts for reflection as a pictorial exercise; his/her real passion is the representation of contemporary discomfort, of the excessive speed of the life we live (the idol-worshipping cult of the Futurists for this decadent goddess is far away), and a return to the identity of western representation. Let us go back to the mythical beginning of painting: Cora, the lovesick daughter of the potter Dibutades of Sicyon, in the heart of the classic Greece of the 7th century B.C., who wants to recall for ever her betrothed, and draws his profile on the wall of the workshop. It is only the sketch of a shadow, a presence perceived. The protagonism of this soul of the person, absent or present, translated in its shadow, is well represented in Palosuo’s work. A sort of soul trapped in the body, which sooner or later frees itself. A very blurred vanitas, where the typical genre of late baroque does not give rise to anguish but simply confirms a tangible reality. A representation of the first verse (Animula vagula blandula, little soul, lost yet charming) of the funereal poem of Hadrian which Marguerite Yourcenar – the genial Belgian writer, French in language and American in nationality – uses to entitle, through the Stoical thoughts of the emperor, the start of his simulated, but not for this less immortal, memoirs. The value of suggestion, therefore, is very important in these travelling canvasses of Palosuo. They can be seen for a few months in two very central and historic exhibition sites (the Andersen Museum, one of the branches of Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea in Rome, and the Reial Cercle Artístic in Barcelona) of which the principal organizers speak in this same catalogue, in two of the most cosmopolitan cities of the Mediterranean, Rome and Barcelona. They are in fact my preferred places where I have spent a good part of my personal and professional life. Certainly there are other paradises on the shores of this ancient sea which, despite its narrow outlets, has created our civilization, but I do not know them well enough and therefore no one should feel offended for this reason. II. Hannu Palosuo is one of my recent discoveries in the world of contemporary art. One needs to feel re-born and to have a sense of wonderment at new proposals, with meetings that lead to new projects. I was in Finland, at Helsinki, for the first time last June, a trip with several art commitments: to these I added, on the spot, that of getting to know the works of Palosuo and an extraordinary country with great cultural vitality. I must admit that I fully agree with the naming of Helsinki as the world capital of design (World Design Capital 2012). Actually the cultural and artistic offer is overwhelming and solid. I was amazed at the quality of the exhibitions, mostly dedicated to women of international fame. I suppose, without real knowledge but by pure assumption, that this choice of gender is part of the Finnish national DNA. Sophie Calle in the EMMA, Georgia O’Keeffe in the

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Helsinki Art Museum, sited in an old sports complex, the Tennis Palace, and an important lady – unknown to me, I confess, but a national artist for them - Helene Schjerfbeck (1862-1946), in the Atheneum, which serves as a museum of modern art. This artist with the surname unpronounceable for us was a contemporary of Matisse and anticipates, in a surprising way, many solutions to the problems of representation in those times. And continuing the theme of artists who are stimulating and belong to an alternative aesthetic movement, in the KIASMA (Museum of Contemporary Art), I came across a temporary exhibition (Eyeballing!) organized in June by Katja Tukiainen who, through the medium of perverse and educated adolescents, makes use of cuteness in figurative transgression. Therefore anyone who thinks that the double artistic nationality of Palosuo is mainly due to the Italian sector makes an error of assessment. Starting from the same month of the casual meeting, the frenetic activity of the artist did not lessen and this convinced me that the proposal to exhibit at Barcelona was quite appropriate. In June too, he arranged a collective exhibition in the Art Museum at Tampere and concluded his first sole-theme exhibition in Denmark, at the Cath Alexandrine DanneskioldSamsøe Gallery, for August: this is one of the most representative spaces dedicated to art of this country, founded and directed by the countess who gives it her name, a famous collector and supporter of art. As she confessed in one of her declarations, the only sincere and spontaneous response to this continual barrage of paintings and relationships is: “I adore this type of stress”. A character slanted towards experimentation and the discipline of practising art, in his case, which doubtless is congenital and hereditary, and represents a solid link of continuity, and a constant desire to better himself in higher creative work. I learned from another declaration that a close relation, his grandfather who had a long life, was a famous ice researcher. A science to which we dedicate very little time in our southern climes. He also took part in numerous expeditions to the North Pole. Confirming this, Palosuo Bay exists in the Svalbard Islands, naturally discovered and named by the explorer grandfather. A story that I believe will not wait long to be transformed into art, but for the time being the centenary of the discoverer has been commemorated with a trip to the place, including a taste of Lapland cooking, with fish dishes unknown to our civilized palates. A fusion of historic memory and local cuisine. The announcement of an exhibition at Miami (USA), the date still to be fixed, was made during the Copenhagen exhibition, held at the Cath Alexandrine Danneskiold-Samsøe Gallery mentioned above. A retrospective in the heart of August, lasting three months, which underlined the importance of the masterful pictorial brush, the slow march of time in Scandinavia and the memory, in this case evident, of the artist. Frantic work was needed to prepare the exhibition now inaugurated. After a fleeting visit of the artist at Barcelona, at the start of September, to take stock of the space and embrace the city after a long absence, an unexpected proposal for an exhibition arrived, in the Alex Galleries at Washington, where a private viewing of the series “Obliterated Memory” was held. Then in September he was informed that the Rome programme had been approved, while the artist - emulating his intrepid explorer grandfather - was on a train between New York and Washington, just when Hurricane Sandy was arriving there. The project presented at the end of September will be

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implemented with great care. This is one of the rare occasions when an artist can put all the proposals previously illustrated and agreed into complete effect. Such that with his own words he described the symbolic and material content of the exhibition: “Entering, we pass to the right of the “outsize” flowers which pay homage to the Finnish landscape as regards its supreme power, its majesty but also its instability (in the brushstrokes). Thus the entrance seems a little too “cramped“, like the Finnish forests that intrude on the space. In contrast, between the windows I planned to place human figures, almost life-size. Figures that are always visible from behind, so that the spectator can use his own eyes to look at his own memories. Is that clear? On the other hand for the wall towards the courtyard I had thought of smaller works that make a sort of “film”, offering flashes of memory. In other words, a balance between representation, skills and memory. Values that are highlighted by the metaphoric use of the added kinetic element. Painting by itself is clumsy when it represents life, whose recollections are translated into static photographic fragments of the existential film. Roland Barthes, in one of his last texts, in the middle of the post-structuralist period, when he admits to being a follower of subjective writing and the fragmentary discourse, emphasizes the power of evoking death that the captured image possesses. He speaks of photography and its instantaneous character, but the symbolic value is identical when it is transformed into painting… “Photography corresponds perhaps, in our modern society, to the intrusion of a symbolic Death, beyond religion and its rites, a sort of sudden dive into literary Death. Life / Death: the paradigm reduces to a simple shot, the one that separates the initial pose from the rectangle of printed paper.” In the last few days I have had the pleasure of rereading La Càmera lúcida (La chambre claire. Note sur la photographie, 1980) by Barthes, which I read first during my university days – I don’t intend to tell you when, so as to avoid conjectures regarding my age - in Catalan, my true mother tongue (Editor: Leonard Muntaner, Palma de Mallorca 2007), and now with the added luxury of being translated by a poet (Joaquim SalaSanahuja). This trilogy represents almost a testament (completed with Roland Barthes par Roland Barthes and Fragments d’un discours amoureux). Work and works that seem to continue an eternal and still unsolved dilemma, taken up again by Palosuo in this recent exhibition of his. After his initial structuralist period, at the end of the 1960s, Barthes takes part in the debate of the new criticism concerning the text and the consequent death of the author. The author surrenders his role to the reader: the work, in effect, constitutes the author. These reflections, if transferred to painting and representation, contain in part the central idea of the artist Palosuo: All this cycle of works is based on the idea (for that matter, all my work) of what is reality. Which is more important ? : reality (the subject) or its reflected image (the shadow) ?. The Finnish nature – in part domestic – that Palosuo presents, despite his exuberant character, is very distant from the monster that has forced us to create civilization and culture as a means of defence, even if the extreme climatic conditions in his country confirm this. According to Sigmund Freud, in his fundamental study Il futuro di un’illusione (1927, I have by me

a recent and fine edition from Taurus, Madrid 2012), “The main task of culture, its true raison d’etre, is to defend us against Nature”, and art offers – most definitely – “substitutive satisfactions that compensate for the most ancient privations inflicted on the individual by civilization”, atrocities like incest, cannibalism and murder. Fortunately for Freud, with whom we agree, “the creations of art intensify the sentiments of identification necessary for all the civilized sectors, offering opportunities to experiment lofty sensations for the collectivity”. III There is a territorial contribution in these last works, which we can be proud of. In political maps, to distinguish one state from another, different colours are used. It is curious, but in periods of intellectual apathy, ever more frequent, I waste time over futile matters, such as to check whether these colours correspond to those present in the national flag of the country. The country I currently belong to is invariably coloured red or yellow, most lately red in most cases. These are colours with which at the unconscious level we identify a country, as happens to Palosuo: All the works are entitled “Obliterated memory” (how do you say it in Spanish ?). Perhaps Barcelona’s contribution to my work has been to strengthen research on colour and the human figure. The idea of Spain has fired the “red inside me”. Picasso, in 1917, the same year when he went to Rome with Cocteau to collaborate with the Russian Ballet, painted a small but charming canvas, now shown in the museum that Barcelona dedicated to him as far back as 1963. It gives a view from the hotel where he stayed in the Paseo de Colón, which still exists and gives its name to the painting, in front of the sea, with a Spanish flag that seems to be the protagonist, certainly a part of the military buildings still present at the same place. Even one of the elements of the new and senseless Spanish constitutional nationalism, the triumphant National Soccer Team, is called La Roja, for the colour of their jerseys, despite its Marxist implication, in contrast to blue, the colour used by the sole party created by General Franco, and adopted by the Falangists, the local version of Fascism. Colours undoubtedly have an ideology and transmit values. It is well to remember in these times of territorial differences that the Spanish flag, which seems to be a simplification of the Catalan flag, goes back to the end of the eighteenth century (Charles III approved the design in 1785), so that the Bourbon ships, Spanish and French, should not miss the target of their cannonades with consequent collateral damage, since they shared the same royal standard. Picasso, at the end of his life always slept with a big Catalan flag hanging on the wall. One imagines that it also pleased Jacqueline, given that she donated part of her husband’s works to the Museu Picasso at Barcelona. Currently, all the ceramics donated by the last wife of the genius are shown in the temporary exhibition open until April 2013, The epic tale of the artist of this exhibition, during its preparation, which as already said forms a central nucleus with its preoccupations concerning painting, proceeds with an unusual prize-giving, namely the first prize in the foreign artists section of the Limen Arte competition 2012 arranged by the Chamber of Commerce of Vibo Valentia last December and invited by Giorgio Di Genova. The surprise at seeing a mone-

tary prize transformed reminds me of one of the texts that I accumulate in my study and which I read in a syncopated way. In the Cartes a Theo of Vincent van Gogh (Edicions 3i4, Valencia 2010), the unfortunate artist undergoes a transformation due to an uncompromising religiosity, and a total scorn for material things (following the example of his father, a protestant priest), at the start of economic worries regarding his works, a few years before his death (and recently the hypothesis of suicide has been questioned). On 12 September 1875, from the small rented room in Montmartre, which does not displease him because the window looks out over a garden, he trusts himself to the fatherly example to transcend material life, the tomb and death itself. Two years before dying, when he settled at Arles, his worry concerns the value of his works. Posing a dilemma which, fortunately, we do not think will bother Palosuo. A value that will not be reached during his lifetime but will be exceeded enormously after his death. On 9 April 1888, his prophetic words to his brother were: We have to reach a point where my paintings are worth the expenses they cause, and even a bit more, considering all the costs they produce. But in any case we shall manage. This spirituality, very present in Van Gogh, also appears in the life of Palosuo, as he says in one of his last declarations, at the same time as the prize, “but as we know, it is in the nature of things that when we receive, we also have to give (thus to receive more)”. And he will take part, travelling from Calabria to Milan to a charity auction in the Palazzo Reale, with his own works, to build schools and hospitals in Africa. With my comments I wanted to mention some doubts and surprises relating to the painting of Palosuo which, as I mentioned, form part of a recent experience. Thanks to his great kindness and his apparently closed personality, I have been able to describe the episodes (little known to the public) regarding the completion of this international-level exhibition that shows the works of the last 4 years of his activity. Shortsighted, but with his works and his glance he covers all the points of the compass while he contemplates the horizon. The only other artist I can think of that with his work, or rather the last part of it, tries to pass on to us the sense of myopia, voluntarily blurring the images, is the German artist Gerard Richter, who last year offered us a fantastic look-back in the best centres of Berlin, London and Paris. I visited the exhibition at the Centre Pompidou in Paris, but I was unable to ask him whether this special blurring is his invention or what he really sees.

The rest of nothing, 2007, oil on canvas, cm 80 x 120

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FOR AN ABUSE OF BEAUTY: HANNU PALOSUO by Giancarlo Carpi A recurring, perhaps essential feature in Hannu Palosuo’s artwork is the dialogue between subject and space and – accordingly – the investigation into the relationship between subject and shape. A 1996 series – “Well-Mannered Society” – is highly revealing in this connection. The chair – an iconographic staple in this painter – was shown inside a room with a checkered floor that highlighted the central point of view in the representation. Subject and space appeared to be united by the stability of the items respectively representing them. However, from that series onwards there starts a cycle-based variation aimed at exploring the allusive potential of subjects and painting. Already in a work of 1999 – “Beside All, I Did Love Him” – the chair was placed against a wall that received its shadow but appeared illusory. Already in 2001, in “I Confess”, space was the subject in a part of the painting – the wall - but it was merely painting in another part. Further on, in the same series, the shadow cast on a surface will play the role of a psychical condensation. In the painting called “I Need My Memories” – 120 x 85, 2002 – Palosuo replaced his iconographic staple, the chair, by a sort of self-portrait. The human subject declares – as a sort of well-wishing act – the as yet uncharted relationship between subject and shape: the background is an abstract geometrical composition. Shortly thereafter, in “Life Is A Paradise Of Lies” (2002), the chair plays above all a formal role and describes, like the flaky geometric shapes, an almost abstract rhythm. Thus, as a rebound from this formalization that has almost deprived it of whatever meaning, the artist places the subject in the center of

The rest of nothing, 2007, oil on canvas, cm 120 x 100

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a circle of chairs as if it were a throne and generates symbolic force by doing so. Conversely, space and subject are re-united immediately thereafter via a new type of formalization. The shadows of chairs look like areas where subject and shape overlap – against an abstract and geometric background (see the diptych “I Need My Memories”, 80x120, 2002). Having tested the symbolic potential of the subject and its relativity – thanks to the interplay of variations, but also because he is aware that he lives in the post-historical phase of art – the artist relies on basically informal techniques for his backgrounds in the series completed in 2002 (“Life Is A Paradise Of Lies”) as well as in the next one (“Childhood Playground”), as he uses acrylic colours and concrete on canvas that are then oxidized. It is no mere chance that in one of these paintings – “Blue Heaven”, 2004 – the familiar iconographic element, a chair, is replaced by a human figure – probably the artist himself, as a nude. This replacement is probably a way to set up a link between symbols and the chasm of shapeless things; it is actually a negatively polarized Pathosformel . In this series and in the subsequent ones – “The Discreet Charm of Bourgeoisie” – Palosuo changes the format of his paintings in favour of round ovals; immediately thereafter, in “In Silence Dreams Are Hidden”, 2005, he accommodates a sort of theatrical behind the scenes in the painting. He probes the boundaries of fiction. In his initial compositions until “The Discreet Charm of Bourgeoisie”, a dialectic tension arises between the phenomenal apparition – the chair – and what is formless, exactly the boundaries of fiction. From ”In Silence Dreams Are Hidden” onwards, he tries conversely to restore the composition to its narrative, allusive role. The items coming into play are now what is behind the scenes, and then colours, chairs arranged on what might be termed a stage, and human silhouettes in the background looking like shadows. Here the human silhouettes – the “subjects” – work as shadows of reality, of the chair in the foreground – which plays conversely the role of an “object”, a representation that is subordinate to the inner life as signaled by the human being. However, in later works belonging to the same series the artist has the items in the foreground cross over the “stage” – which, being in the same colour as the silhouettes, turns this delusion into reality. Again, the whole composition – silhouette, subject, background – is poised in a formal equilibrium. Like in the diptych “I Need My Memories”, the artist moved from a mainly symbolic and allusive level to a mainly formal, conceptual level by slightly modifying his composition. It is during this series that a new iconographic turning point takes place – which is important also to better understand the artworks on exhibition. The silhouettes of plants replace the human figure in the background to suggest a growth dynamics that in one case would appear to go spiritually beyond the three illusory levels. Then the artist goes through a transition phase; it is as if he were mixing up the topics and formulas developed over several years – we are faced again with the subject of “I Need My Memories” – to move towards a possible merging of subject and shape in objects from the natural world. We find some works where the human shadow has turned into a figure that determines space by way of its shadow. In other works, the “behind-the-scenes” effect is drawn upon and the shadow-like human silhouettes are brought to the foreground. Finally, a composition made up of nine paintings arranged on three rows like photographic negatives introduces – quite deftly – the natural icon: two trees rise beside the houses (“When The Truth Lies”, Oil on canvas, nine 60x80 paintings, 2006).

Conversely, the colour used as the background for the chandelier – on which its shadow is cast – is the same colour used for the natural abstractions. This is a new opening towards new issues, where the eastern concept of art as decoration is reelaborated for the benefit of the western concept as related to the notions of end of art and nihilism. This is shown, for instance, in the work by the Spanish sculptor Berrocal. In some sculptures of chandeliers, the sculpting matter is clearly worn out but its decorative impact is nevertheless quite powerful. Perhaps kitsch elements are also present as related to the feeling of a loss of familiarity with European contexts when shifted to other countries. This is at all events a transition towards the new series where natural subjects, colour, theatrical behindthe-scenes and marked reliance on materic art are all to be found simultaneously. In these series depicting flowers and plants, colours are first laid on and then destroyed by the artist – as a way to deny pictorial fiction through this gesture – whilst the background made up of bulky shadows is intangible because it is intact. These two composition levels spark up a new dialogue between shape and subject. Energy – a very artificial, enhanced type of natural energy – is the language relied upon to represent stylistic fragmentation and the ambiguity of beauty in the post-historical phase of art. One is reminded of Arthur Danto’s words – the abuse of beauty.

From now on, in the series “When The Truth Lies” and “Time Will Tell” as well as in others, natural objects will be the focus of paintings. The linear shapes of trunks and the pervasive foliage paved the way to a harmonious relationship between shape and subjects as liable to abstraction. In fact, the gap between subject and shape the artist had been investigating purposely ever since he had adopted abstract backgrounds has now been bridged. He had tried to do so via a formalistic approach as well as dialectically – in his works with informal backgrounds. Matter has also a role to play in this phase: raw canvas works as the background for organic, almost an-iconic shapes and thus points to the limitations of fiction both through matter itself and – allusively – in the very shapes being painted. There is no longer an illusory background that denies the reality of the depicted subject; rather, there is a tangible background that confirms and supports that reality. This is where the artist – in a painting that I believe is the best he has ever produced – depicts a child on a swing projected against the background, that is into the canvas. The mathematical illusion of space based on a central perspective is overcome via a sort of “mystic” window (“My Life Was A Burning Illusion”, 2008, Oil on canvas, 80x100). How should one then interpret Hannu’s latest works as exhibited here by having regard to this process? I believe that, in the first place, natural iconography has been in a sense reabsorbed into the decorative conformation of a new piece of furniture – the chandelier. One should consider, in this respect, the formal modules giving rise to the tree-like shapes of his latest works in the series “My Life Was A Burning Illusion”. This new iconographic element has featured a symbolic import from the very beginning as part of a personal symbology, since its decorative abundance is reminiscent, by contrast, of the family and household worlds that had been investigated in depth by way of a more ordinary object such as the chair.

by Luciana Tozzi, Head Restorer, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Rome

In silence dreams are hidden, 2005, oil on canvas, cm 100 x 80

I first saw Hannu Palosuo’s works in his studio – a dark, windowless basement where you feel nevertheless bathed in light. On the walls, his paintings open like windows on plants and flowers in an explosion of colours lighting the room and expressing the serenity and solarity of this artist from the “dark North” Images in the foreground where the colours worked on with a palette knife are like the panning effect in photography and render the dynamicity of the subject as opposed to the static grey background and the elongated shadows. This is a technique suggesting also the presence of blowing winds, albeit in the freeze-frame of the subject that is enclosed in a dark grey frame like in a snapshot. The paintings make room for the onlooker, who can thus observe the details of a different world and is free to interpret and absorb emotions – “emotions in light”; what is striking is the slowness of Finnish light: a sun that lights up everything for a very long period. This is a light without contrast, where the reverberation of snow lights up the landscape from underneath even in winter, creating elongated shadows that turn greyness into light. The artist is torn between antiquity and modernity because he is steeped in the legacy of his great-grandparents’ mindset - they were great collectors who only purchased “unfinished” oil paintings, sketches, which they believed were more genuine and instinctive. In the artist’s work one can appreciate the search for different techniques, even though he uses ready-made products that mirror his preference for simplicity and genuineness - as shown in many works where he uses few colours and elongated shadows, based on his reminiscences.

HANNU PALOSUO “COLOUR AND SHADOW: EMOTIONS IN LIGHT” Techniques and Materials

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However, his works are based on different techniques and different supports, which bears testimony to the artist’s ability to paint both on primed canvas and on raw canvas – rich in its “neutral” background to be coloured, where there is no room for pentimenti. Hannu Palosuo is quite familiar with the oil painting techniques and the “fat on lean” method; even on non-primed canvas, he manages to achieve the right size of colour by exploiting physical and chemical properties. This is why jute has been preferred over linen, which was used in his previous paintings after being primed with rabbit skin glue because it was better capable to absorb colours. The jute canvas, after being primed with an industrial gesso preparation from a Florentine producer, is clamped on the stretcher with the raw side front and the primed side on the back – so as to use the more absorbing side. The stretcher is also selected quite carefully; it is produced by Roman artisans with adjustable corner notches like those used by restorers to arrange a splined canvas.5 Finally, the raw canvas is coated lightly with thinned Vinavil so as to leave the rough “hair” of the cloth visible. To quote Hannu Palosuo, “I liked also to place the “roughness” of jute canvas against the “brutal” brush strokes of these works. When I used the more “refined” linen canvas, I also used a more academic brushstroke.” From the viewpoint of conservation, the technique relied upon by this artist is likely to cause fewer problems compared to standard oil paintings with heavy swats of colour, which are more liable to crack and peel. The paintings on exhibition include those on painted background canvas from the “Obliterated Memory” series as well as those on raw jute from the “The Empty Realm of Dreams” series.2 The paintings with painted backgrounds were created on jute canvas primed with industrial products. The white gesso prime is coated by “Transparent Venice Red”, an acrylic underpaint, with a large brush that allows the colour to be applied quickly. Grey colour is then applied on this coating. This oil colour is mixed with “Oleopasto Liquin” from Winsor & Newton, a preparation using magnesium rather than cobalt which does not yellow and enables smooth brushstrokes. In this manner, the colour can be applied in several layers at different times and then finished with the white of light and the dark of shadows. Still, the red background is visible through the brushstrokes even under several layers of oil paint.1 The choice of Oleopasto Liquin is due to the fact that this product was created on purpose for “thick” colouring and leaves, when dried, a soft though resistant film with a transparency effect that yields luminosity to the painting. A satinated surface is obtained that is quite resistant to binding, does not peel and allows thickening oil colours to produce a film that is more resistant and resilient than is the case when using only pure oil colours; additionally, it dries more quickly. Another peculiarity of this artist is that he paints the same images using different techniques; he is quite keen to see how an object painted with different techniques, colours or measures can yield totally different emotions. As said, Hannu uses different painting techniques according to what is most suitable for his purposes; however, he may not know that he is also making a conservation choice by doing so because the techniques he chooses and the products he uses feature excellent stability and duration. Among this works there are a few on a support of velvet with a Vinavil prime applied only under the oil colour; in yet others, the colours5 are mixed with iron dust and left to alter by way of an oxidizing agent, and then the oxidation process is blocked

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by means of a converter. In some paintings, the artist used concrete mixed with a resin to make it more elastic so that the canvases - some of them quite large – can be rolled up without affecting colours, which in these cases are acrylic-polymeric.4 Unfortunately a disadvantage of this technique is that the prime is quite rough with a high granulometic ratio, so that brushes are damaged easily and colours spread out; rather than becoming a “surface as closed as a wall, they open up and do not block images, which get in and get lost in the infinite space of the canvas”. In Hannu’s words, “I started ‘not tidying up’ my works too much by using and introducing elements I cannot control from the start.” Thus, he applies a thick layer of both light and dark colours and the next day he adds another thick layer of colours that are left to dry. Before drying is over, the artist “removes colour” by using a palette knife, so that colours get mixed up and lose their initial memory, however he does not manage to fully keep control over this new development. At the end of the day, it is colour that dominates him and has surprises in store for him. These are painting effects that cannot be obtained with a brush, as they only are feasible if one uses a palette knife “that must, absolutely must be large”. The final result is the contrast between the smooth background and the thickness of the colour worked on with the palette knife, which prevails and becomes three-dimensional in nature. This is a peculiarity that marks him out among other Finnish painters who usually express themselves via “very delicate, thinly coloured” paintings. Under the colours treated with a palette knife, there are already two “finished paintings” in his works – the first one only including shadows, and the second one including the chiaroscuro subject and the shadows; only the third and final painting is worked out by using substantial colours, to which a palette knife is then applied so that the colours are ultimately “obliterated”. It is as if he painted three works in a row: the first one only with shadows; the second one with an Impressionist mix-up of colours; and the third one, which is also the most troublesome and difficult of all, with the “obliterated” colours. In this way, the artist manages to make his paintings threedimensional and merge painting and sculpture – as is the case, for instance, in “Salle de Musique”, where one may wonder where the boundary lies between painting and sculpture. The “Corten” steel chandeliers, cut with a laser-ray technique, are three-dimensional drawings for the artist; they are images with a depth of their own, and Hannu tells the story of how difficult it was for him to find a company that accepted creating these works by turning a drawing into a “metal surface”.6 To Hannu, materials per se are important elements in building up an image; this is why he is unrelentingly in search for solutions that second his intentions. He chose Corten steel – which is especially interesting as a paradox, since the main feature of this material consists in its excellent resistance to corrosion caused by environmental agents: its oxidation is blocked and a protective coating is formed that does not alter with time and defies accordingly the standard wear and tear. The chromatic nuance of the surface is warm and intense, offering an aesthetic vision related to the unusual “elegance of rusting” – to emphasize the feeling of being faced with an object marked by the passing of time. All his works narrate images of nostalgia and memories of the landscapes and the slow passing of time in his homeland, where life unfolds at a much softer pace in accordance with the timeless harmony of nature. His is a manner of painting that is also unquestionably his way of coming to terms with life.

12th Cairo Biennale, 2010, Cairo, Egypt

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HANNU PALOSUO - Born in 1966 in Helsinki, Finland. Education 1991 - 1993 Universitá degli Studi “La Sapienza” di Roma History of Art 1993 - 1997 Accademia delle Belle Arti di Roma - Painting A w a r ds 2013 Chamber of Commerce, Vibo Valentia, “Limen Arte 2012” 2011 Finnish Art Society, “William Thuring price” 2009 Accademico di Merito, Accademia Internazionale “Città di Roma” Symposiums 2011 Incontrifes, Fes, MOROCCO 2010 III International Symposium of Contemporary Art, Ma’arra al No’man, SYRIA 2009 II International Symposium of Contemporary Art, Damasco, SYRIA Artist in residence 2010 Villa Karo, Grand Popo, REPUBLIC OF BENIN 2008 Cité International des Arts, Paris, FRANCE 2002 Cité International des Arts, Paris, FRANCE 1999 Voipaala Art Center, Sääksmäki, FINLAND Solo exhibitions 2012 Obliterated Memory, Alex Gallery, Washington dc, U.S.A. Life is a Paradise of lies, Danneskiold-Samsøe Gallery, Copenhagen, DENMARK “les Fleurs du Bien, Galerie Khachimi, Fes, MOROCCO Obliterated memory, Artefuoriporta, Bologna, ITALY Hannu Palosuo, Pop-up Gallery Krista Mikkola, Helsinki, FINLAND 2010 Italy in Finland, Galleria Krista Mikkola, Helsinki, FINLAND Love only is incorruptible, Tikanojan Taidekoti Museum, Vaasa, FINLAND Más allá de la visión, más allá el silencio, CEC, Rosario, ARGENTINA None of them is the truth, Fondazione Durini, Milano, ITALY Las Formas Del Espiritu, Pabellòn de las Bellas Artes UCA, Buenos Aires, ARGENTINA Anonymous hands unties the mooring lines, Galleria Nuovo, Lahti, FINLAND Hannu Palosuo – Pauli Vuorisalo, Galleria Angelo, Pori, FINLAND 2009 Hannu Palosuo, VerArte, Roma, ITALY Omaggio al sublime di Turner, MLB Home Gallery, Ferrara, ITALY Bombardieri – Palosuo, Mart, REPUBLIC OF SAN MARINO 2008

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My life was a burning illusion, Galleria De Crescenzo & Viesti, Roma, ITALY Denying one’s destiny, Galleria Uusitalo, Helsinki, FINLAND The rest of nothing, Plaza Mayor, Medinaceli, SPAIN When the truth lies, Willa Mac Museum of Finnish Contemporary Art, Tampere, FINLAND Time will tell, Maretti Arte Monaco, Monte Carlo, MONACO 2007 Mielenkuvia – Immagini dalla mente (with Tuomo Rosenlund), Fondazione Pavia, Pavia, ITALY; Fondazion la Sartirana Arte, Sartirana, ITALY The rest of nothing, Istituto Iberoamericano de Finlandia, Madrid, SPAIN Given the change would I return, Galleria Nuovo, Lahti, FINLAND When the truth lies, Galleria Sottocornonove, Milano, ITALY The rest of nothing, Museo Zorrilla, Montevideo, URUGUAY 2006 The dream that dares not to tell its name, Heinola Art Museum, Heinola, FINLAND The rest of nothing, Focal Point, Buenos Aires, ARGENTINA In silence dreams are hidden, Alex Gallery, Washington d.c., USA Harmonische Rhythmen, Herbergenmuseum, München, GERMANY In Silence Dreams Are Hidden, Frauatlantica, Miami, USA Happy Days, Galleria Uusitalo, Helsinki, FINLAND 2005 Hannu Palosuo, Sojoh University Gallery, Kumamoto, JAPAN The Discreet Charm of Bourgeoisie, Galleria Nuovo, Lahti, FINLAND In Silence Dreams are Hidden, Galleria De Crescenzo & Viesti, Roma, ITALY Hannu Palosuo, Gallery Takechi, Kumamoto, JAPAN 2004 Hannu Palosuo, Twelve, Helsinki, FINLAND Childhood Playground, Galleria Ama, Turku, FINLAND Two for Tango (with Francesca Tulli), Galleria Uusitalo, Helsinki, FINLAND 2003 In the white box, Galleria d’Arte Contemporanea De Crescenzo & Viesti, Roma, ITALY Hannu Palosuo, Galleria ArteContemporanea, Catania, ITALY Between the sky and the earth, Gallery Takechi, Kumamoto, JAPAN 2002 I need my memories, Galleria Nuovo, Lahti, FINLAND Life is a paradise of lies, Skanno, Helsinki, FINLAND Hannu Palosuo (with Marie Brask), Galleria Kapriisi, Kuopio, FINLAND 2001 I confess, Gallery Takechi, Kumamoto, JAPAN 2000 Souriants Souvenirs, Galleria Romberg, Latina, ITALY Hannu Palosuo - Francesca Tulli, Galleria Uusitalo, Helsinki, FINLAND Hand made, Galleria ArteContemporanea, Catania, ITALY 1999 Quel che resta, Galleria Maniero, Rome, ITALY 1998 Amore ... un corno, Associazione Culturale Scandinava, Rome, ITALY 1997 Viaggio in Italia, RipArte, ITALY

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le Stanze dell’Assenza, Centro Informazioni Turistiche, Cosenza, ITALY un Altro Tempo, Il Pavone, Rome, ITALY 1996 Autiot Huoneet, Laulumiesten Ravintolat, Helsinki, FINLAND Attimi Fuggenti, Capranic’ Arte, Rome, ITALY Group exhibitions (selected) 2012 Limen Arte 2012, Palazzo Comunale E. Gagliardi, Vibo Valentia, ITALY Natura e natura oltraggiata, Museo del Sale, Milano Marittima, ITALY 2011 54. Biennale di Venezia – il Padiglione Italia nel Mondo Good Luck Exhibition, Galleria d’Arte Contemporanea De Crescenzo & Viesti,Roma,ITALY Rome International Sculpture Exhibition 2011, Roma, ITALY Selection 2012, Yvonne Arte Contemporanea, Vicenza, ITALY Factory Superstar, Valo, Lahti, FINLAND Too many artists, L.I.B.R.A. Gallery, Catania, ITALY New Grotesque, Oratorio della Passione Basilica di Sant’Ambrogio, Milano, ITALY Pyhäniemi 2011, Pyhäniemen Kartano, Hollola, FINLAND 2010 12th Cairo Biennale, Cairo, EGYPT Group exhibition, Arab Cultural Center, Idleb, SYRIA Constelacion, Museo Magnucia, Buenos Aires, ARGENTINA L’Arte dei Giardini, Museo Nazionale Romano Terme di Diocleziano, Roma, ITALY Less is More, L.I.B.R.A. Gallery, Catania, ITALY Billnäs Summer, Billnäs, FINLAND 2009 53 Biennale di Venezia, Venezia, ITALY Art House Gallery, Damascus, SYRIA Open XII, Lido, Venezia, ITALY 25 tondi tondi, Galleria Maniero, Roma, ITALY Tabù, Giffoni, Salerno, ITALY Billnäs summer, Billnäs, FINLANDIA 2008 Quadrato d’Arte, Galleria L.I.B.R.A., Catania, ITALY Camino al Bicentenario, Precidencia de Nacion, Buenos Aires, ARGENTINA Sconfinamenti, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, Roma, ITALY 2007 The Italian way of seating, Innocenter, HONG KONG Segni di confine, Istituto Italiano di Cultura, Istanbul, TURKEY L’arte, il colore, il segno, Centro per l’arte contemporanea, Roma, ITALY XVI Triennale di Arte Sacra, Celano, ITALY Erwartung – Attesa, Fondazione Valerio Riva, Venezia, ITALY Baltico – Mediterraneo, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, Roma, ITALY 2006 Museo de Casilda, Casilda, ARGENTINA Aida Cherfan fine arts, Beirut, LEBANON Cowparade, Olympic Arena, Torino, ITALY 2005 Plot@art, Art Gallery Hart, Diest, BELGIUM Windows on Italian painting, Embassy of Italy, London, UNITED KINGDOM Artcard, Sharjah Art Museum, Sharjah, UNITED ARAB EMIRATES

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El Ritmo del Silencio, Focal Point, Buenos Aires, ARGENTINA New Horizons in Contemporary Italian Painting, Miami-Dade, Miami, U.S.A. 2004 Contemporary Art from Finland, Alex Gallery, Washington DC, USA Premio Celeste, Galleria l’Albero Celeste, San Gimignano, ITALY Rosso, AT.31 Gallery Seattle, USA Helsinki, Pariisi, Rooma, Aine Art Museum, Tornio, FINLAND Finlanded, d’AC, Ciampino, ITALY Nel Segno della Pittura, Termoli Art Museum, ITALY 2003 50/50, TGB Gallery, Dublin, IRELAND Occhio, Ex-Macello Gallery, Benevento, ITALY stART – Itinerant views on Europea arts, De Side Gallery, Torino, ITALY 2002 Welcome 02, Palazzo delle Esposizioni, Roma, ITALY 2001 Single Room, Trevi Flash Art Museum, Trevi, ITALY Il sogno, il segno, il colore, National Gallery, Amman, JORDAN 2000 Visione intima, Istituto Italiano di Cultura, Rabat, MOROCCO Suomi matkalla, Galleria Romberg, Latina, ITALY Atelier, Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma, ITALY Il sogno, il colore, il segno, Royal Cultural Center, Amman, JORDAN; Consolato di Italia, Izmir, TURKEY 1999 Il sogno, il colore, il segno, Al Assad Library, Damasco, SYRIA Arte Duemila, Temple Gallery, Rome, ITALY I Confini dell’Europa, Casa delle Culture, Cosenza; Museo Marco Scacchi, Gallese, ITALY l’Arancia era l’unica luce, Galleria Maniero, Rome, ITALY 1998 Roma verso il terzo Millennio, House of Commons, Rome, ITALY Made in Roma, Voipaalan Taidekeskus, FINLAND 1997 Proposta finlandese, Palazzo Colonna, Marino, ITALY ARTE facto, Palazzo delle Esposizioni, Rome, ITALY Wastelands, Palazzo Colonna, Marino, ITALY

Works in public collections Fundacion CABA, Buenos Aires, ARGENTINA Fundacion Mundo Nuevo, Buenos Aires, ARGENTINA Pabellòn de las Bellas Artes UCA, Buenos Aires, ARGENTINA Università di Bologna Representación en Buenos Aires, ARGENTINA Università 3 de Fevero, Buenos Aires, ARGENTINA Istituto Italiano di Cultura, Buenos Aires, ARGENTINA Helsinki City Art Museum, Helsinki, FINLAND Heinola Art Museum, Heinola, FINLAND Paulo Foundation, Helsinki, FINLAND Nelimarkka Foundation, Helsinki, FINLAND Kuntsi Foundation, Vaasa, FINLAND Willa Mac – Museum of Finnish Contemporary Art, Tampere, FINLAND OKO Bank Collection, Helsinki, FINLAND Nordic Investment Bank Collection, Helsinki, FINLAND Voipaalan Taidekeskus, Sääksmäki, FINLAND

Hospital of Päijät-Häme, Lahti, FINLAND Herbergenmuseum, München, GERMANY Chamber of Commerce, Vibo Valentia, ITALY Fondazione Durini, Milano, ITALY Fondazione Valerio Riva, Venezia, ITALY Fondazione la Sartirana Arte, Sartirana, ITALY d’AC Collection, Ciampino, ITALY Museo della mattonella, Messima, ITALY Fendi Collection, Rome, ITALY Museo Marco Scacchi, Gallese, ITALY Province of Firenze, ITALY

Sojo University, Kumamoto, JAPAN National Gallery, Amman, JORDAN Royal Cultural Center, Amman, JORDAN Instituto Iberoamericano, Madrid, SPAIN National Museum, Damascus, SYRIA Ministry of Culture, Damascus, SYRIA Handelsbankens Konstsamlung, Stockholm, SVEDEN Apotekets Konst Forening, Stockholm, SVEDEN Istituto Italiano di Cultura, Ankara, TURKEY Consolato di Italia, Izmir, TURKEY Museo Zorrilla, Montevideo, URUGUAY

Alex Gallery, 2012, Washington D.C., Usa

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