Paola Romano “Equilibri astrali”
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Paola Romano A cura di Nicolina Bianchi Roma, Complesso Monumentale di S. Andrea al Quirinale, Sale dei Dioscuri dal 23 marzo al 6 aprile 2012
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A cura di
Nicolina Bianchi
“Equilibri astrali” DGBID
Testi Maurizio Fallace Claudio Strinati Nicolina Bianchi Gianluca Ranzi Vittorio Sgarbi Marzia Spatafora
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Marzia a cura Spatafora di Claudio Strina Marzia Spatafora a cura di Claudio Strinati è lieta di invitare la S. V. P
Si ringrazia Marzia è lieta diSpatafora invitarLa Maurizio Fallace Marzia Spataforadella most è lieta di invitarLa MIBAC - Direttore Generale per le Biblioteche, all’inaugurazione gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore all’inaugurazione dellaDI mostA è lieta di invitarLa
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Marzia Spataforadella mo all’inaugurazione Claudio Strinati èD’AUTORE lieta di invitare S. V. Marzi DIREZIONE GENERALE PER LE BIBLIOTECHE, Ministero per iCULTURALI Beni eE ILleDIRITTO Attività Culturali, è lieta dilainvitarLa GLI ISTITUTI DIREZIONE GENERALE PER LE BIBLIOTECHE, Marzi Storico dell’Arte GLI ISTITUTI CULTURALI E IL DIRITTO D’AUTORE è lieta all’inaugurazione della mo
DGBID a cur DGBID Roma, Complesso Monumentale venerdì 23 marzo alle ore 18,00 interverranno: Claudio Strinati èall’ina lieta di S. Andrea al Quirinale, Sale dei Dioscuri a cura di Claudio I NTERVERRANNO Silvio Ameliovenerdì 23 marzo alle ore 18,00 Maurizio Fallace all’ina Consulente Artistico Complesso Claudio Strinati DGBID Monumentale dei Dioscuri, Scultore All’inaugurazione dellaBoni mostra di 23 marzo1 al 6 aprile 2012 Francesco Boni Invito paoladal 2012_Layout 08/03/12 15.17 Pagina 2 Francesco DGBID Gianluca Ranzi All’inaugurazione della mostra di Invito paola 2012_Layout 1 08/03/12Invito 15.17 2 paolaPagina 2012_Layout 1 08/03/12 15.17 Pagina 2 Coordinamento artistico Nicolina Nicolina Bianchi Co Bianchi Claud interverranno: Critico d’Arte Invito paola 2012_Layout 1 08/03/12 15.17 Pagina 2 Francesco Boni Roma - Via Piacenza, 1 Maurizio Fallace I NTER DI PAOLA ROMANO Nicolina Bianchi Marzia Spatafora Maur DId’Arte, PRomano AOLA ROMANO DGBID Presidente Associazione Culturale Segni Claud Paola DGBID Editore, Critico d’Arte a cura di Claudio Strina DI P AOLA R OMANO Franc DI PAOLA ROMANO Progetto Grafico Franc a cura di Claudio Strina Si ringrazia per la gentile partecipazione “Equilibri “Equilibri astrali” Complesso di S.astrali” Andrea al Quiri DGBID DGBID RobertoMonumentale Sparaci Lisa Camporesi Nicol Nicoli Marzia a cura di Claudio Strin Marzia Spatafora Editore - ACCA edizioni Roma a cura di Spatafora Claudio Strin Marzia Spatafora Sale dei Dioscuri Maur è lieta di invitarLa Marzia Spatafora DI PA La fino al Aprile 2012 èdi lieta di6invitarLa Supervisione editoriale Maramostra Ferloni proseguirà èall’inaugurazione lieta di invitarLa Complesso Monumentale a cura Claudio Strinati DI P A della mo DGBID è lieta di invitarLa Maria Paola Poponi a cura di Claudio Strinati Finito di stampare nel mese di marzo 2012 Direttore Agenzia di stampa AGES, Critico d’Arte all’inaugurazione della mo all’inaugurazione della mo DGBID diall’inaugurazione S. Andrea al Quirinale a cur della mo Si ringrazia per la gentile partecipazione Paola Pacchiani © Maretti Editore a cur dal 24 marzo al 6 aprile 2012 Complesso Monumentale di S Sale dei Dioscuri Fotografie www.marettieditore.com Vicini IVenerdi NTERVERRANNO interverranno: Claudio Strinati 23 Marzo 2012 -O Ricci Photo info@marettieditore.com Sale dei Dio La mostra proseguirà fino al 6 Aprile 2012 Miria INTERVERRANNO Editore d’Arte I NTERVERRANNO interverranno: Claudio Claudio Strinati Maurizio FallaceComp Strinati Nessuna parte di questo libro può essere riClaudio Strinati Marisa Morello Ufficio Stampa Roma - ViaClaudio Piacenza, 1 Strinati I NTERVERRANNO prodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con Francesco Boni Francesco Boni di S. A Esperto di formazione d’Arte Francesco Boni Maurizio Fallace Segni d’Arte Ages per la gentile partecipazione mezzo elettronico, meccanico o altro senza Si -ringrazia Francesco Boni Roma Via Piacenza, 1al 6d Claudio Strinati info: 06.47.82.60.87 Nicolina Bianchi dal 24 marzo l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diNicolina Bianchi Alessia Riccioli Nicolina BianchiSale ritti e dell’autore Nicolina Bianchi Francesco Boni info: 06.47.82.60.87 Francesco Boni Presentatrice e gemmologa La mostra proseguirà fino al 6 Aprile 2012 Maurizio Maurizio Allestimento IVenerd NTER DI PFallace AOLAFallace ROMANO DIREZIONE GENERALE PER LE BIBLIOTECHE, GLI ISTITUTI CULTURALI E IL DIRITTO D’AUTORE
DIREZIONE GENERALE PER LE BIBLIOTECHE, GLI ISTITUTI CULTURALI E IL DIRITTO D’AUTORE DIREZIONE GENERALE PER LE BIBLIOTECHE, GLI ISTITUTI CULTURALI E IL DIRITTO D’AUTORE
Paola Romano
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Equilibri Equilibri
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ISBN 978-88-89477-46-5
Maurizio DI PFallace AOLA ROMANO INTER Nicolina Bianchi Nicolina Bianchi Claud a cura di Claudio Strin Roma Via Pia Claud Maurizio Fallace DI P AOLA R OMANO a cura di Claudio Strin Franc Complesso Monumentale di S. Andrea al Qui DI PAOLA ROMANO Franc Roma info: 06.47.82 Nicol Salea dei Dioscuri cura di Claudio Strin Nicol info: 0 Complesso Monumentale La mostra proseguirà fino al 6 Aprile 2012 Maur a cura di Claudio Strin La mostra proseguirà fino al 6 Aprile 2012 Complesso Monumentale di S. Andrea al Qui Maur Complesso Monumentale al Quirinale Si ringrazia per la gentile partecipazione La mostra proseguirà finodialalS.6 6Andrea Aprile 2012 Complesso Monumentale dal 24 marzo aprile Sale dei Dioscuri di S. Andrea al Quirinale Sale dei Dioscuri 2012 IVenerdi NTERVERRANNO 23 Marzo 2012 di S.dei Andrea alMonumentale Quirinale Sale Dioscuri Complesso INTERVERRANNO Claudio Strinati Sale dei Dioscuri Venerdi 23 Marzo 2012 - O di S.Claudio Andrea al Quirinale Roma - Via Piacenza, Strinati La mostra Si ringrazia per la gentileproseguirà partecipazione fino al 6 Aprile 2012 Francesco Boni1 Venerdi 23 Marzo 2012 - O dal 24 marzo al 6 aprile 2012 Sale dei Dioscuri Francesco Boni La mostra proseguirà fino al 6 Aprile 2012 Roma - Via Piacenza, 1 Comp info: 06.47.82.60.87 Nicolina Bianchi Nicolina Bianchi Comp IVenerdi NTERVERRANNO info: 06.47.82.60.87 23 Marzo La mostra proseguirà fino al 6 Aprile 2012 Maurizio Fallace 2012 di S.-A INTERVERRANNO Maurizio Fallace di Roma Via Piacenza, 1 S.dA Claudio Strinati Sale Roma - Via Piacenza, Roma - Via Piacenza, 1 1 DGBID DGBID
Antonio Ciccolini
DIREZIONE GENERALE PER LE BIBLIOTECHE, GLI ISTITUTI CULTURALI E IL DIRITTO D’AUTORE DIREZIONE GENERALE PER LE BIBLIOTECHE, GLI ISTITUTI CULTURALI E IL DIRITTO D’AUTORE
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MILANO
Sommario Presentazione di Maurizio Fallace
p.
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Direttore Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore
Equilibri astrali di Claudio Strinati
p. 11
Testo del curatore di Nicolina Bianchi
p. 17
Dentro la materia per far affiorare la vita di Gianluca Ranzi
p. 19
Paesaggio dell’immaginario
p. 23
Intervista a Paola Romano di Marzia Spatafora
p. 59
Lune
p. 63
Dalla personale del Museo degli Strumenti Musicali, Roma 2006 di Vittorio Sgarbi
p. 81
Biografia
p. 105
Pensieri illuminati
p. 107
Equilibri astrali
p. 113
Mostre personali
p. 123
Mostre collettive
p. 125
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Maurizio Fallace
Direttore Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore
La Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore del Mibac ha il piacere di ospitare negli spazi espositivi del Complesso dei Dioscuri al Quirinale la importante mostra dell’artista Paola Romano. Scultrice e pittrice, ormai giunta alla notorietà internazionale, grazie alla sua sensibilità nell’interpretare il mistero della natura e il cosmo e al suo pensiero poetico che racconta la Luna attraverso una moderna contaminazione di elementi materici. La rassegna personale dell’artista dal titolo “Equilibri Astrali”, raccoglie una importante selezione della sua più recente produzione e ben si collocano nelle prestigiose sale dello storico Complesso dei Dioscuri al Quirinale. E questa connessione tra Storia e Arte, tra prestigio architettonico ed espressione creativa si sviluppa in un evento di più ampio respiro dove anche la musica e la poesia seguono, sul filo di un legame di alto profilo culturale, il mirabile fervore creativo di Paola Romano e la realtà artistica contemporanea in una grande comunicazione di “affinità elettive”.
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Equilibri astrali Claudio Strinati
Paola Romano nel corso degli anni e adesso più che mai ha proceduto a una specie di sistematica ricostruzione visiva di un suo panorama interiore composto degli stessi elementi della Natura che ci circonda. Le sue opere sono immagini di cielo e di terra, di sentieri e di stelle, di lune e di passaggi. Un tempo si diceva che l’arte è imitazione della Natura e questa sentenza antichissima funziona sempre, soprattutto per quegli artisti che sanno bene come il loro lavoro sia, prima di ogni altra cosa, la fabbricazione. E la Romano è così. Ha un’alta consapevolezza del suo pensiero senza alcuna pretesa di essere una filosofa dell’arte che ci spiega quale sia la quintessenza delle cose. Ma lo fa in concreto quando crea. Il suo intento è semplice, diretto e proprio per questo carico di una profonda attitudine a scendere alla radice dei problemi essenziali dell’esistenza. La muove una volontà ferrea e una urgenza assoluta del fare. C’è in questa artista una emotività evidente che sembra a stento tenuta a freno. Ma, in realtà, è la sua predisposizione a assecondare gli impulsi più “naturali” e spontanei, così evidenti nei presupposti necessari della sua arte, che la preserva dalla fretta e dalla difficoltà. In un certo senso è lecito dire che le sue creazioni siano, appunto, una “imitazione della Natura”. Ma non imitazione perchè l’autrice rappresenta ciò che vede con evidenza mimetica. Ma per l’esatto opposto, perché crea con la stessa logica che ella ritiene di riscontrare nel suo approccio con la Natura che ci circonda e ci sovrasta. Tutta la sua arte appare quale atto di amore sviscerato per quella facoltà che è stata data all’essere umano di poter partecipare, quando ne è in grado ovviamente, al processo creativo della Natura stessa. L’arte è creazione e lo è per tutti coloro che si chiamano legittimamente artisti. Ma non tutti avvertono questa dimensione della creazione con la stessa forza, fisica e morale. Va detto allora, esaminando il lavoro anche recentissimo di Paola Romano che questa energia, fisica e etica al contempo, promana veramente dal suo lavoro. Un tempo tutto ciò si chiamava, semplicemente, “ispirazione” ma non c’è da vergognarsi a usare un tale termine anche nella attuale temperie artistica. E’ una verità che non verrà mai meno. L’ispirazione è, in qualche modo, un dono, e c’è o non c’è. Non è possibile ignorare una così elementare osservazione quando ci si pone di fronte al lavoro d un’artista come la Romano, in cui il flusso inarrestabile dell’ispirazione è il motore primo di tutto quello che l’autrice affronta, dal primo giorno della sua attività. C’è nella sua opera una sostanziale fiducia nella possibilità concreta per ognuno di noi, accompagnato dall’artista, di camminare su quelle strade tracciate da una sorta di volontà superiore, che può essere chiamata il divino o il destino, a seconda della impostazione che ciascuno si reca dentro. Le 11
immagini, veramente fantastiche e incantate, che l’artista elabora per rappresentare l’amatissima luna già dicono tutto su tale atteggiamento. Sembra quasi che la Romano si ponga di fronte alla luna con la stessa stupefatta mentalità che ispirò Leopardi a suo tempo. “Che fai tu luna in cielo”? Così la interrogava il sommo poeta e la Romano sembra interrogarla con la stessa incrollabile certezza di parlare, in realtà, a se stessi ma specchiandosi su quella remota e pur percepibile terra che sembra scrutarci da lontano. La contemplazione della luna sembra risalire, per la Romano, alla sua primissima infanzia. Sappiamo che forse è quella la prima parola, luna, che piccolissima pronunciò dopo aver attraversato uno stato di pena interiore. Quasi che l’animo, liberatosi da sofferenze terrene, si librasse verso una terra sognata, come racconta l’Ariosto che dice come tutti i sogni degli uomini vadano lì, sulla luna. E la Romano la sua luna l’ha ricostruita per tutta la vita, rappresentandola con evidenza assoluta in certi momenti e come un sogno adorato ma come sfuggente in altri. Ma qui subentra il grande argomento della “fabbricazione” dell’opera d’arte sempre centrale e cruciale nel lavoro della nostra artista. La concretezza della materia è tipica della Romano come tutti gli esegeti hanno notato nelle numerose e sempre acute analisi critiche cui i suoi pezzi sono stati sottoposti. E’ facile trovarla al lavoro coperta di calce e cemento a costruire i suoi oggetti astrali combattendo vittoriosa con i diversi materiali. “Imita”, insomma, la Natura, o, per meglio dire, la rivive in una continua tensione lirica che conferisce al suo lavoro globalmente inteso un potente afflato poetico. Sembra che operi per farci sognare, ma per farci sognare a occhi ben aperti e concentrati sulla esaltazione della materia che la Romano ha imparato a plasmare sia ispirandosi a esperienze memorabili dell’arte nostra del Novecento (il nome di Burri è stato spesso evocato per certi suoi lavori più antichi) sia ponendosi in una condizione di totale autonomia che la porta, appunto, a calarsi nei panni dell’”indagatore della Natura” volta a ricostruirne una specie di radice segreta e attingibile solo dall’atto estetico. E così nascono i suoi equilibri stellari, le sue scalate verso l’alto; così nascono quei grumi di materia che penetrano gli uni dentro gli altri come in una colata lavica. Le osservazioni della Romano paiono scaturire da esperienze multiple che si sintetizzano magistralmente nella forma raggiunta. Addirittura, in certe opere si percepisce a volte l’esito di una contemplazione dei movimenti lenti e implacabili di enormi masse di materia che richiamano alla nostra mente l’ancestrale dottrina della deriva dei continenti, delle terre che si sovrappongono in una metamorfosi continua. Certo i tempi beati in cui l’essere umano poteva muoversi seguendo soltanto la luce delle stelle e l’andamento dei venti e delle maree, sono ormai inattingibili se non nella dimensione della fantasia e della memoria. Ma l’artista può reimmergersi nel mito di questo fatale andare che obbedisce soltanto alla sollecitazioni delle forze naturali.
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Occorre, però, una grande dottrina e una grande sapienza tecnica per apparire poi spontanei e diretti. La Romano ha in sé una immediatezza che la rende estremamente interessante e intensamente comunicativa. Forse i tempi dei dibattiti sulla astrazione e sulla figurazione, sull’arte concettuale o sull’arte povera, sul recupero della figuratività o sul rilancio delle avanguardie, sono definitivamente tramontati. Ed è giusto che sia così e da quel tramonto si intravede una luce che sta sorgendo ed è la luce dell’intramontabile ritorno dell’idea eterna in base a cui l’arte esiste soltanto quando diviene un complemento, desiderato e essenziale, al ritmo naturale dell’esistenza, quel ritmo che non abbiamo scelto ma che sentiamo intimamente nostro. Paola Romano, nel suo appassionato lavoro, si muove in questa direzione e le sue immagini sono come tante bussole su cui l’amante della pittura e della scultura può cercare e verificare il proprio orientamento mentre lo sguardo osserva ammirato la pregnanza e la bellezza della materia sempre necessaria e mai esornante, scaturita con totale spontaneità e solida elaborazione da una mente artistica sensibilissima e competente.
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Nicolina Bianchi - Curatore della mostra
Chi sei tu che nel buio della notte osi inciampare nei miei più profondi pensieri? William Shakespeare
E’ la richiesta alla Luna più probabile anche per Paola Romano, la vera scrittura materica di tutta la sua storia creativa, il riflesso di un approfondimento concreto in termini squisitamente poetici. E’ la realtà dei luoghi e delle cose, delle emozioni e degli affetti vissuti o desiderati, è quella realtà che coincide spesso con il suo immaginario emotivo, come una immensa Luna oltre i limiti del bianco, come una pittura oltre i confini del colore. Un colore che diventa sviluppo ed evoluzione di fondamentali percorsi espressivi, che è voglia di trascrivere sulla tela un impatto concreto con la luce quasi a crearne da subito una nuova natura, forse una originale intuizione di Paola Romano per affiancare alla stessa materia la sua idea del dipingere. Lune da inventare che si inabissano nella profondità del blu di oltremare, che emergono nel vigore cromatico del rosso, nella preziosa sacralità di quel bianco inventato come l’inizio di una nuova e sconosciuta struttura fisica narrata ogni volta in una sorta di romanticismo materico che aggiunge luce alle forme dei suoi incisi d’oro. Ma anche stratificazioni da incanalare nei cunicoli delle sue pennellate, nella pittorica corporeità di simboliche architetture, di un lineare succedersi dei raccordi cromatici come in quegli affreschi da impaginare con impreviste variazioni, o in quelle ripetute coniugazioni grafiche del segno, quasi millenarie incisioni rupestri, che si alternano a concitate rarefazioni di bianchi e di bruni su campiture ruvide di materia. Sabbia, calce, pigmenti che si fanno magma naturale sulla tela, limature di ferro, che come una pioggia astrale si associano ai codici della sua energia pittorica in una nuova interpretazione dell’entità materica. Ogni azione è avventura per Paola Romano, è ricerca. 17
Ogni azione è atto estetico, gesto, rischio e necessità creativa. Mai ogni azione è per lei un definito approdo. Tutto nella sua esperienza pittorica si evolve e il sentimento del passato, è recuperato nell’infinito presente creativo e lasciato scivolare nell’estensione dei suoi impasti cromatici, nel fluire del suo tratto, nei labirinti di una sostanza poetica immersa e riemersa dal suo profondo interiore, sollecitata da quell’io avido di libertà che vive nelle sue opere, dominato dalla necessità di ripetersi e rinnovarsi senza posa, in un processo determinato da sensazioni ed intuizioni immediate. In un groviglio di umori, di luci, di silenziosa musicalità dei colori dove spiccano guglie di cattedrali irreali e paesaggi che si inventano nella traccia opaca di un affresco, o si solidificano, nella coraggiosa tenacia della riscoperta creativa, al di là dell’opera, come in un vuoto cosmico, l’impeto sentimentale di Paola Romano crea e riempie di sé ogni frammento, ogni pausa, ogni nota enfatica della sua arte.
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Dentro la materia per far affiorare la vita Gianluca Ranzi
Quel che colpisce subito nel lavoro di Paola Romano è il suo trascorrere leggero dalla superficie pittorica alla scultura e viceversa. Questo passaggio è talmente rapido, in alcuni casi si verrebbe da dire automatico, da assottigliare in gran parte la distinzione tra i due generi. Questo slittamento continuo tra la linearità bidimensionale della pittura e il corpo volumetrico della scultura avviene sempre, ed è facile accorgersene, sotto l’egida di un segno-scrittura che sembra affiorare sottotraccia e bucare l’immagine, come se sollevasse la pelle del quadro, o forasse la corteccia della scultura, premendo al di sotto fino a fuoriuscirne e proliferare o aprendo l’interno dell’opera allo sguardo dell’osservatore. Questo sollevamento della pelle dell’opera operato dai solchi automatici e rapidissimi della Romano, fa si che la superficie lieviti e si sovrapponga, si spezzi e si deformi, si faccia cratere di avvenimenti secondari, eruzione continua di materia organica che evolve e talvolta si riconduce all’origine attraversando le fasi del suo crescere e disfarsi. Gli ultimi quadri, giocati su impercettibili differenze di tonalità di bianco, sembrano coagulare sulla superficie un segno arcaico che talvolta si fa scrittura e plasma nuovi territori sconosciuti. Scrittura e materia infatti hanno qui medesime caratteristiche: spontaneità, organicità, precarietà, ripetizione, accumulo. Vengono alla mente quelle poche righe di uno dei primissimi documenti in volgare, un indovinello: “…nigro semen seminaba, alba pratalia araba..”. E quindi: cos’è che semina un seme nero e ara dei campi bianchi? Ovviamente il segno della scrittura: l’inchiostro è come un seme nero che verga i campi bianchi delle pagine di carta. Anche il lavoro di Paola Romano accosta la scrittura e il segno in un risultato che evoca la metafora del campo da arare, o della superficie lunare dove avvengono mille accadimenti e la materia si fa organo vivo e pulsante. I segni solcano tele e sculture come un aratro dissoda un campo per essere seminato, ne infioretta la superficie aprendola in centinaia di solchi e di accidenti, o meglio, come dicono i maestri calligrafi giapponesi, di incidenti controllati. Snodandosi in una dimensione dinamica e aperta il segno fuoriesce dal quadro e si allaccia all’ambiente ricomponendosi nelle sculture e ultimamente nelle installazioni, che giocano anche con l’impalpabilità del suono e la smaterializzazione della luce.
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Eppure nelle opere dell’artista il segno si fa scrittura, mai calligrafia, si organizza in catene e spirali che richiamano la struttura del DNA, il colore diviene emozione e sembra acquistare vita propria: grumoso, organico, elastico e persistente. In definitiva i lavori di Paola Romano respirano e mutano come un organismo vivente sulla cui pelle sta scritta la propria memoria genetica e su cui poggia la determinazione del suo futuro. Questa visione articolata trova nella serie degli ultimi monocromi bianchi, che scaturisce consequenzialmente dalle precedenti Lune, la sua dichiarazione più esplicita. Sono opere dal contorno geometrico regolare, per lo più rettangolari, al cui interno la tela si piega in venature, cordonature e evoluzioni che divelgono la struttura chiusa del bordo aprendo l’opera alla possibilità del divenire. Le pieghe impresse dall’artista sembrano assumere l’accidentalità del caso, richiamano le morfologie naturali della crosta planetaria e intaccano ogni sviluppo prevedibile descrivendo eccentriche evoluzioni, tragitti grafici che non si ripetono mai pur essendo dotati di una singolare armonia Le textures materiche che vibrano nelle sue opere, la pastosità diafana dei bianchi, così come la profondità assorbente del nero, le trame segniche che si sfaldano o si ricompattano in successione, sono tutti elementi che scandiscono la superficie pittorica in stratificazioni, campiture, solchi e rigagnoli sovrapposti che creano un gioco di movimento fatto non solo di trapassi cromatici e luminosi, ma soprattutto di quinte spaziali che a volte si aprono in profondità l’una sull’altra e altre volte sfaldano l’ordito segnico per annullarsi nel non-finito. La sua opera, impastata di colore, immagine, scrittura e memoria incarna tutti gli aspetti biologici della visione di un evento vivente, che l’arte sa preservare e trasmettere nella pienezza della sua vitalità.
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Paesaggi dall’immaginario
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affresco polimaterico su tela, cm 100x100
affresco polimaterico su tela, cm 100x100
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affresco polimaterico su tela, cm 100x100
affresco polimaterico su tela, cm 100x100
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affresco polimaterico su tela, cm 100x100
affresco polimaterico su tela, cm 100x100
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affresco polimaterico su tela, cm 80x90
affresco polimaterico su tela, cm 100x100
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affresco polimaterico su tela, cm 100x100
affresco polimaterico su tela, cm 100x100
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affresco polimaterico su tela, cm 100x70
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affresco polimaterico su tela, cm 100x150
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affresco polimaterico su tela, cm 80x120
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affresco polimaterico su tela, cm 100x150
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affresco polimaterico su tela, cm 100x150
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affresco polimaterico su tela, cm 100x150
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affresco polimaterico su tela, cm 100x120 46
affresco polimaterico su tela, cm 70x100
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dittico: affresco polimaterico su tela, cm 100x200
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affresco polimaterico su tela, cm 70x100 50
affresco polimaterico su tela, cm 100x120
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affresco polimaterico su tela, cm 80x120 52
affresco polimaterico su tela, cm 80x120
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affresco polimaterico su tela, cm 80x120
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affresco polimaterico su tela, cm 80x120
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Installazione, 54. Mostra Internazionale d’Arte, la Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Arsenale Luna in plexiglass, polveri, limatura di ferro, cristalli, smalti, Ø cm 250
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“La Terra”, smalto su tavola, Ø cm 150
Intervista a Paola Romano Marzia Spatafora
La luna è il motivo ricorrente delle tue opere, come nasce questa idea? Sarebbe triste se ogni idea avesse un perché di fondo. Ogni tanto è meraviglioso affidarsi alla spontaneità o addirittura a un percorso apparentemente casuale che non è altro che un incontro con il tuo subconscio. Capita in certi giorni di aprire gli occhi e di stupirsi, esattamente come fanno i bambini di fronte alle novità. Dopo magari ci si accorge che sono solamente prese di coscienza diverse di ciò che già si conosce. A quel punto senti nascere all’improvviso una sensazione di appartenenza, una sintonia e un’affinità così potenti da apparire come la soluzione ad ogni quesito. Non è un’idea che sono in grado di spiegare, sinceramente spero che rimarrà anche per me un mistero, una magia. La luna rappresenta la femminilità, questo aspetto ha condizionato la tua scelta? La luna mi affascina per il suo essere e per l’immaginario comune che crea. Appare sempre diversa ma alla fine è sempre lei. Esattamente come l’anima, è in grado di scomparire e apparire in forme e colori diversi, di allontanarsi o avvicinarsi. Rappresenta la coscienza di ogni individuo e di conseguenza la vita. Una vita fatta di passioni, gioie e dolori che si manifesta sempre in modi diversi, anche se come sfondo c’è sempre l’uomo. Si va quindi ben oltre il concetto di maschile e femminile dato che alla fine entrambi convergono in qualcosa di più assoluto e universale. La tua arte si muove tra pittura e scultura, cosa pensi che ti rappresenti di più? Pittura e scultura sono strumenti e linguaggi diversi, utili per rappresentare una stessa realtà che, nel mio caso, è un sentimento che non saprei esprimere in altro modo. È come la differenza tra un ritratto fotografico e uno dipinto: mezzi diversi, punti di osservazione diversi di uno stesso oggetto. Esistono così tanti linguaggi nell’arte che l’unica cosa che so è che non vedo l’ora di impararne sempre di nuovi perché ciò che più mi rappresenta è il desiderio di poter rendere tangibile un’esperienza emotiva e vorrei farlo con tutti gli strumenti che l’arte mette a disposizione.
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Le tue opere hanno una consistenza materica, misteriosa e affascinante. Ci vuoi rivelare il tuo segreto? Non posso. Non perché voglio tenerlo per me ma perché lo sto ancora cercando dentro di me. Il vero segreto è quello di non cercare spiegazioni a tutti e costi. Molto meglio investire le nostre energie per trovare la forza di saper vivere ogni sensazione in modo naturale, istintivo. In fondo tutto l’esistente si carica di senso solo nel momento in cui lo accettiamo per quello che è. Il segreto. Forse, non c’è, forse è solo tutto scritto e a noi non resta che imparare a leggere. Sei stata scelta per partecipare alla Biennale da un grande personaggio della cultura italiana come il Prof. Giovanni Puglisi, come te lo spieghi? Non me lo spiego. Per me è stato una vera sorpresa, un vero onore. Ha visto le mie opere qualche anno fa a Palermo durante l’esposizione di Palazzo Ziino. Chissà quanti altri artisti avrà conosciuto nel frattempo, eppure lui si è ricordato di me e mi ha scelta per la Biennale. Ancora mi emoziono al solo pensiero. Non ho spiegazioni da poter offrire, solo un ringraziamento sincero. Tu sei una persona molto sensibile ed emotiva, cosa provi ad essere presente a Venezia alla Biennale? Davvero sono alla Biennale di Venezia? Non era quindi un meraviglioso sogno, è proprio vero allora! All’Arsenale hai portato un’installazione di grandi dimensioni, addirittura si può entrare dentro la tua luna: hai pensato di far partecipare pure il pubblico alla tua gioia? La gioia diventa tale solo nel momento in cui hai qualcuno con cui condividerla. Si può entrare dentro la luna ma non si tratta né di un giro turistico né di un parco giochi: è piuttosto l’opportunità di rendersi conto di come possa essere percepita la nostra realtà rovesciando le prospettive. Un invito a comprendere come il nostro Io possa diventare sia uno che molteplice: per farlo basta solo frantumare l’idea del nostro apparire perché mai corrisponderà alla percezione che l’altro ha sul Sé.
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Vittorio Sgarbi
C’è una matrice prevalente nell’ultima produzione artistica di Paola Romano, una matrice che è stata definita di “arte concettuale”, in termini che possono essere corretti dal punto di vista etimologico, certamente meno se riferiti al lessico della critica d’arte così come storicamente si è codificato fino ai nostri giorni. Nel suo celebre “Ultime tendenze dell’arte d’oggi”, edizione 1984, Gillo Dorfles dice che per “concettuale” dobbiamo intendere un’arte “basata sopra un ritorno all’elemento conoscitivo, ideologico, gnoseologico, come base dell’opera o dell’operazione artistica, e come tale è spesso an-oggettuale, ossia rifiuta la riduzione a oggetto mercificabile.” Già da questa prima definizione, si capisce che essa sarebbe difficilmente applicabile agli ultimi lavori della Romano, che sono fortemente “oggettuali” – sono sintesi di forma, materia, gesto – e implicano per essi una percezione sensoriale e intellettuale strettamente determinata dalla natura fisica delle opere, autonoma da qualsiasi “elemento conoscitivo, ideologico, gnoseologico” che a essa volesse sovrapporsi. Se comunque le parole di Dorfles non ci risultassero ancora risolutive, e potrebbe esserlo se non si avesse in mente come gli artisti abbiano messo in pratica la nozione generale da lui desunta nella definizione appena riferita, pensiamo a come agivano alcuni dei più rappresentativi artisti “concettuali”. Pensiamo, per esempio, a Joseph Kosuth, forse l’artista che con più proprietà di qualunque altro è stato ritenuto “concettuale”. Cosa proponeva Kosuth? Di fare un’ “investigazione”, come la chiamava, che superasse la tradizionale necessità per la quale l’arte doveva darsi come un fatto estetico. L’arte, per Kosuth, è riflessione mentale, un’informazione su cui meditare, da offrire al pubblico senza ricorrere a una forma ricercata. L’arte deve essere un linguaggio puro nel quale contano solo i meccanismi comunicativi che vengono attivati e la sostanza di ciò che si afferma, non il modo più o meno bello in cui ci si esprime. Così alcune delle opere più note di Kosuth sono costituite da una sedia, una sua fotografia e una sua definizione tratta dal dizionario, oppure da scritte estratte dai testi di Freud. Niente dipinti, niente oggetti che valgono per sé stessi, solo pretesti che rimandano a riflessioni a priori. Se l’americano Kosuth è considerato il massimo esponente del Concettualismo puro, il tedesco Joseph Beuys lo è per un versante più implicato con l’oggettualità dell’arte, ma sempre in un modo che rifiuta il ricorso al tradizionale quadro da cavalletto. Beuys si esprimeva attraverso oggetti di ready made, poveri, consumati, deteriorabili (il burro, per esempio), ricavati dalle abitudini materiali di tutti i giorni. Beuys si esprimeva anche attraverso performance, happenings, esi81
bizioni del proprio corpo e di quello altrui con i quali intendeva comunicare messaggi di valore extra-artistico, riguardanti la politica, l’ecologia, il bisogno di contrapporre la componente spirituale dell’uomo alla mercificazione del sistema capitalistico. Cosa ha a che fare l’arte più recente di Paola Romano con il Concettualismo di Kosuth o di Beuys? Niente, direi, e per fortuna. E’ evidente che quando per essa si usa il termine “concettuale” lo si intende alla lettera (“arte che non vuole rappresentare cose già esistenti, ma esprimere concetti”), avvicinandosi a significati che in altro modo potrebbero essere sfiorati da definizioni come “arte anti-mimetica” – dove la mimèsis è ovviamente la classica imitazione della natura – o “arte astratta”. Direi, anzi, che rispetto alla direzione storica del Concettualismo, segnata da esperienze fondamentali come quelle di Kosuth e di Beuys, quello della Romano sia paradossalmente un “anti-Concettualismo”. Nel senso che propone una rinnovata idea del Concettualismo, impossessandosi perfino della sua terminologia, come se avesse constatato il sostanziale fallimento di quello an-ogettuale, anti-estetico, anti-mercificante dei tempi di Kosuth e Beuys. La teoria di quel Concettualismo è rimasta bella e suggestiva, per quanto massimalista e tirannica nel sostenere la morte dell’arte così come è stata intesa da tremila anni a questa parte, ma gli effetti previsti dalle sue operazioni sono stati totalmente vanificati. Kosuth e Beuys sono diventati fenomeni del mercato artistico, ultrapagati; le loro opere, o anche le semplici documentazioni fotografiche di certe performance, che dovevano negare l’esteticità dell’arte, sono diventati feticci ammiratissimi, guardati nei musei pubblici e nelle collezioni private come se fossero la Gioconda. Il mercato ha vinto sulla rivoluzione, in fondo con buona soddisfazione anche di Kosuth e Beuys che si sono presto piegati alle sue lusinghe. Ha vinto una concezione dell’arte, borghese quanto si voglia, per la quale gli uomini attribuiscono al gusto estetico un’importanza notevolissima nei loro costumi e intendono ancora riconoscerlo in oggetti particolari, finalizzati a scopi estetici, segnati come un’impronta dallo spirito di chi li ha creati. Se è questo è stato l’esito della battaglia, ha ragione Paola Romano a proporre un “Neo-Concettualismo” che recuperi il piacere di ciò che il Concettualismo storico voleva negare. Ritornando, per prima cosa, all’arte come “oggettivazione” necessaria, espressione individuale che può stabilire una comunicazione di idee e di sentimenti solo se si materializza in qualcosa di facilmente inquadrabile dai nostri sensi, gli occhi in primo luogo, ma anche gli altri che possano concorrere alla determinazione di una percezione sinestetica, come il tatto. Molte opere della Romano chiederebbero di essere toccate come fossero scritte in codice Braille, perché il passaggio dei polpastrelli lungo certe rugosità a intervalli variati o regolari, lungo certi improvvisi accumuli o diradamenti di materia, aggiungerebbe sensazioni emotive che completerebbero quelle avvertite dagli occhi, arricchendole notevolmente. Potrebbe perfino permettersi di capovolgere i tradizionali termini con cui le pitture
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vengono percepite dai sensi, Paola Romano, proponendo che certi suoi dipinti venissero prima toccati e poi visti, aumentando progressivamente l’intensità della luce nel luogo dove fossero esposti. Sarebbe interessante verificare le reazioni di chi percepisce le opere in questo modo, e quanto queste reazioni si differenzino da quelle derivate dalla semplice visione a luce piena. Al di là di questo possibile esperimento, è chiaro che l’arte della Romano abbia sorvolato l’abituale divisione disciplinare fra pittura e scultura, ma non certo secondo l’indirizzo rivoluzionario promosso dal primo Concettualismo. Lo ha fatto, semmai, ricorrendo alla lezione delle esperienze storiche che dal punto di vista filologico sono certamente le più adatte a ricostruire la sua matrice ispirativa, l’Astrattismo e soprattutto l’Informale. Proprio all’Informale, rivissuto dalla Romano in un modo comunque assai personale, con la forza proveniente da una disposizione intimistica che all’imitazione e al riferimento colto preferisce la freschezza della propria immaginazione, farei risalire la coscienza con cui l’artista trova nella fisicità del gesto pittorico il livello attraverso cui far giungere a sintesi gli elementi fondamentali della sua arte: la materia, il colore e il segno. Tutto si offre come una meditata combinazione alchemica, come flusso variabilissimo nelle sue possibili manifestazioni, ma sempre facendo affidamento a una concezione spirituale, forse spiritualistica dell’espressione artistica. Perché l’arte non è solo il modo con cui l’anima di un’artista cerca di comunicare le proprie sensazioni a altre anime, anche le più sottili e inesprimibili, anche le più sconosciute a sé stessi, ma è anche il modo con cui esse, a loro volta, riconoscono di far parte di una grande anima mundi, contenente tutta l’energia spirituale disponibile nell’universo. Un mare in cui, ricordando Leopardi, è dolce naufragare, quando si ha la possibilità di farlo. Dalla Personale del Museo degli Strumenti Musicali, Roma 2006
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Biografia
Paola Romano nasce a Monterotondo il 17 Settembre del 1950. Pittrice e scultrice si forma a Roma, dove vive e lavora. Dopo gi studi Al Rufa, Accademia di Belle Arti di Roma, negli anni ‘90 segue una propria ricerca sulla figurazione gestuale. Conclusa da diversi anni la stagione di ricerca figurativa, l’artista attraversa un periodo strettamente aniconico per approdare, intorno al 2000, ad una pittura di matrice informale dominata dall’utilizzo della materia, che si lascia maneggiare fino a fondersi, offrendo sensazioni tattili quasi tridimensionali. La tela è quindi il campo in cui si consuma l’incontro-scontro tra la materia, il bianco e il nero, il rosso e l’oro. E’ il teatro di un contrasto. Nelle opere della Romano ogni elemento nasce da una sorta di processo di sedimentazione del pigmento e degli altri materiali utilizzati. Paola Romano espone in numerose collettive con un grande consenso. A partire dal 2004, con una serie di mostre personali, si afferma in maniera prorompente nel panorama artistico italiano ed internazionale. Oggi le sue opere sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private (alcune tra le sue opere sono esposte stabilmente presso la Fondazione Magna Carta e le Sale Urbaniane della Città del Vaticano) e sono sempre più richierste da istituzioni museali europee ed internazionali. Negli ultimi anni Paola Romano ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il “Premio internazionale Arcaista” (Taequinia, 2007), “Approdi d’autore” (Ischia 2007), “Premio Roma 2009”. In un unico giorno le 35 tele-sculture dell’artista sono state esposte presso la Pontificia Università Urbaniana. L’artista, ha già esposto presso il Museo degli Strumenti Musicali di Roma, riscuotendo un grande successo di critica. Ha in agenda diverse mostre personali in Italia e all’estero. Ad Hong Kong ha esposto le proprie opere presso il “Cultural Center” Teatro dell’Opera nell’ambito di una manifestazione organizzata per valorizzare il talento italiano. In tale occasione è stata rappresentata l’“Aida” di Giuseppe Verdi: una prova, quindi di come l’opera della Romano sia stata considerata rappresentativa dell’arte italiana contemporanea. Quattro tele sono state richieste da Pupi Avati per il film “La cena per farli conoscere”. “La prima cosa che colpisce della tecnica di Paola Romano - sostiene Giuseppe Di Giacomo, docente di Estetica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma - è la commistione di colore e materia: si tratta infatti di una pittura materica che si serve di un’eterogeneità di materiali. L’artista predilige gli smalti mescolati con sabbia e metalli e i colori bianco, nero, giallo e rosso: insomma per la Romano dipingere significa entrare nella materia e nel colore esplorandone tutte le possibilità e dando vita al suo obiettivo dichiarato, il movimento”. Si tratta di un’arte informale che antepone all’esigenza di estenare un’immagine quella di comunicare la difficoltà del vivere umano, la mancanza di certezze, il desiderio di spiegazioni più profonde. Tutto ciò, unito ad un forte impatto visivo, rende le tele della Romano non solo suggestive ma anche concettuali. 105
Pensieri illuminati
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Equilibri astrali
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Mostre Personali
2012 Equilibri astrali, Roma - Complesso Monumentale
Emozioni plastiche, Hong kong - Cultural center
Dal cosmo al caos, Roma - Palazzo Taverna
Dal cosmo al caos, Città del Vaticano
Pontificia Università Urbaniana
Esperienze estetiche, Roma - Galleria dei leoni
di S. Andrea al Quirinale, Sale dei Dioscuri
2011 Biennale di Venezia - Padiglione Italia 2010 Plenilunio fantastico, Brescia - Arttime 2009 Plenilunio fantastico, Palermo - Palazzo Ziino
2006 Opere, Monterotondo - Palazzo Orsini
Nove lune Novilunio, Roma - Bloomsbury Auction
Esperienze estetiche, Roma - Museo Nazionale
Plenilunio fantastico, Cherasco - Palazzo Salmatoris
degli Strumenti Musicali
Vitarte, Viterbo
2008 Quarta fase emozioni plastiche, Napoli
Castel dell’Ovo
Quarta fase emozioni plastiche, Roma
Museo degli Strumenti Musicali
Universi plastici, Tarquinia - Palazzo comunale
Universi plastici, Roma - Galleria l’Indicatore
Vitarte, Viterbo
2007 Ricci Ensemble, Roma - Palazzo Donarelli
Bari - Spazio Nessun dorma
Vitarte, Viterbo
2005 Roma - Galleria dei leoni 2004 Roma - Galleria dei leoni
Roma - Galleria Lancellotti
2003 Roma - Galleria Lancellotti 2002 Roma - Galleria Lancellotti 2001 Roma - Galleria Lancellotti 2000 Roma - Galleria Lancellotti 123
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Mostre Collettive
2008 Confronti, Catania - Sala del Palazzo Comunale
2003 Roma - Torretta Valadier
Natale 1223, Isernia - Galleria Comunale Castelpizzuto
Le donne in pittura, Roma - Galleria l’Indicatore
Confinamenti, Roma - Castel Sant’Angelo
2007 Legami e legami, Savona - Castel Cambiaso Ischia - Palazzo Comunale
Natività, Roma - Museo Venanzio Crocetti
Tarquinia - Palazzo Comunale
Spoleto - Festival dei Due Mondi
Natività, Roma - Museo Venanzio Crocetti
Collezioni permanenti Città del Vaticano Sale Urbaniane - Musei Vaticani Roma - Fondazione Magna Carta
2006 Spoleto - Festival dei Due Mondi
Natività, Roma - Museo Venanzio Crocetti
Roma - Torretta Valadier
2005 Spoleto - Festival dei Due Mondi
Natività, Roma - Museo Venanzio Crocetti
Roma - Torretta Valadier
2004 Roma - Torretta Valadier
Spoleto - Festival dei Due Mondi
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