Arte&Sensi Magazine

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Una giornata con Vittorio Sgarbi

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ART Business: intervista con Stefano Paradiso

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VETRINA IEAC: Virginia Vargas…

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A&GUSTO: Aesthetica da gustare: il cibo come linguaggio per veicolare bellezza

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Ricordi preziosi l’esperienza come valore fondamentale

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Sapore di cioccolato

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A&OLFATTO: Fragranza d’amore Perle di Bianca una nuova fragranza ispirata a un’affascinante figura femminile del passato, Bianca Cappello

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A&VISTA: LUIGI SASSU, ricordo di un uomo e di un artista

L’ARTE ATTORNO L’Alexander Museum Palaace Hotel di Pesaro, ovvero una “performance permanente” di Arte Contemporanea

Golosaria premia Bandirali, gelataio con la passione dell’arte

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Odorare l’Arte

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A&UDITO: Mina è l’Arte

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Viaggio nell’olimpo della liuteria A Cremona sulle tracce di Stradivari

Eleganti sinestesie Vittorio Martini: design, gusto e tradizione si incontrano Buon Compleanno AFI: 60° anniversario

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Il cibo che ci parla La valutazione uditiva di vino e cioccolato

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Una voce fuori dal coro

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Luxory&Design L’Arte del lusso

Tecnologia & lusso Per tutti ma non per molti

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A&TATTO: Un caffè con… ENZO FIORE giovane artista milanese e già uno degli esponenti più significativi nel panorama artistico italiano

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Il piacere di toccare

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Ritratti d’Arte: mi piaci un casino! Ovvero architettura e forma dell’Eros Dalla malafemmina alla femmina

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ARS&NIK

Arte&Moda Antonio Marras: l’arte addosso

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Arte & Sensi Trimestrale di Arte Cultura e Attualità Registrazione al Tribunale di Milano n. 560 del 29/09/2008 Iscrizione R.O.C. in fase di registrazione

Anno 1 - Numero 1 Dicembre 2008 Direttore Responsabile Andrea Diprè - andrea.dipre@artesensi.it Direttore generale Augusto Carrera - augusto.carrera@artesensi.it Direttore Editoriale Alessandra Lucherini - alessandra.lucherini@artesensi.it Caporedattore Roberto Bonin - roberto.bonin@artesensi.it Redazione Paola Piuri - paola.piuri@artesensi.it, Matteo Maiocchi matteo.maiocchi@artesensi.it, Luigi Berardi - luigi.berardi@artesensi.it, Fausto Garelli - fausto.garelli@artesensi.it Hanno Collaborato a questo numero: Gionata Agisti, Giovanni Bassi, Tato Crotti, Emanuela Crotti, Omar Campise, Annalisa Cavalieri, Paola Dei, Alessandra Lepri, Novella Milanesi, Roberta Schira, Natalia Sassu Style Lucy Vescovi - lucy.vescovi@artesensi.it Direttore Marketing e Pubblicità Rodolfo Arcanà - rodolfo.arcana@artesensi.it Direzione Commerciale Gabriella Antini Ufficio commerciale e vendite Giansanto Arcari, Paolo Paladin, Giacomo Rizzuto, Riccardo Rotoli, Luigi Bonotto, Lucia Marotta, Ambra Candida, Eleonora Amato, Milena Consonni, Maria Luisa Capocasale Redazioni Corso Sempione, 9 - 20154 Milano Via Marzale, 11 - 26013 Crema (CR) Progetto grafico Giorgio Gigante - Artheya Creativelab P.zza Stazione 3 - 22070 Luisago (CO) www.artheya-creativelab.it Stampa: GRAFICA EDITORIALE PRINTING srl Via Enrico Mattei, 106 - 40138 BOLOGNA T +39 051 4592900 F +39 051 4592122 sales@poligraficiprinting.it www.monrifgroup.net Editore La Felce IEAC srl www.ieac.it La riproduzione anche parziale e sotto qualsiasi forma del materiale contenuto, anche rielaborata e diffusa sottoforma elettronica, è espressamente vietata senza l’autorizzazione scritta dell’editore. Tutti i diritti sui testi, manoscritti, materiale grafico e fotografico sono di proprietà dell’editore.

www.artesensi.it - info@artesensi.it

La Felce Istituto Europeo d’Arte e Cultura S.r.l. Corso Sempione, 9 20145 Milano Tel. + 39 02 316595 Fax +39 02 34690215 email: info@ieac.it www.ieac.it



"DEDICATO" 80X80 cm Collage tecnica mista su alluminio

di Emanuela Crotti


Editoriale

di Alessandra Lucherini Direttore Editoriale

Fu circa un anno fa quando l’editore, Stefano Paradiso, mi chiese di sviluppare un nuovo progetto editoriale sul tema dell'Arte. Iniziai quindi a pensare intensamente a quale fosse stato il mio primo approccio con essa. L’Arte evocava in me non solo bellezza, ma anche sentimenti, sensazioni e forti emozioni. Pensai a tutte quelle sfumature emozionali che la sua fruizione suscita in ognuno di noi, all’Arte che ci circonda ogni giorno e non solo a quella esposta all'interno di musei e gallerie. Da sempre abbiamo considerato l’Arte come un mezzo e non come un fine ultimo; un modo attraverso il quale arricchire la vita quotidiana di ognuno di noi. Ebbene oggi questo nuovo progetto editoriale rappresenta l’evoluzione di questa visione, dove l’Arte diviene uno strumento per riappropriarsi della propria dimensione emozionale e sensoriale, assopita in un mondo sempre più veloce e meccanizzato, dove è rimasto poco spazio per i sentimenti. L’esigenza percepita non fu solo una nuova rivista che parlasse di Arte, ma di “Arte viva”, volta a nutrire l’anima del lettore. La mission è quella di avvicinare il pubblico all’Arte con un respiro sensoriale del mondo. Nasce così il nuovo trimestrale Arte&Sensi, un’innovativa e rivoluzionaria idea di “degustazione” di opere artistiche, attraverso un vero e proprio percorso multisensoriale che coinvolge in toto tutti e cinque i sensi: Arte non solo da vedere, quindi, ma da “vedere”, da “mangiare”, da “odorare”, da “sentire” e da “toccare”. Tra tante emozioni e sentimenti sicuramente, non conoscerete la noia. Un grazie di cuore all’editore che ha creduto fin dal principio in questo progetto e a tutti i collaboratori che si sono prodigati per realizzarlo. Cari lettori, a Voi auguro una buona lettura.

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Parola di

Diprè

Lo spessore del presente è la memoria, il ricordo, che può associare situazioni private e intime ad immagini ed eventi civili e collettivi, che sprofonda verso patrimoni ancestrali, o verso il limbo dell'infanzia; ma che può anche prospettarsi come oggettiva accentuazione della drammaticità e lucida chiarezza del presente, quasi il ricordo sia oggetto fra gli oggetti. Il presente si sostanzia del ricordo; perciò la memoria non è più un alibi contraddittorio al presente stesso, quanto una sorta di sua integrazione, di suo arricchimento: ed imminenza e ricordo, presente e lontano si compenetrano nel tessuto stesso del nostro consistere umano. Andrea Diprè

www.andreadipre.it

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Una giornata con

VITTORIO SGARBI di

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Paola Dei


Abbiamo incontrato a Milano il noto critico d'arte, costantemente diviso tra impegni professionali e politici come sindaco della cittadina siciliana di Salemi

Sono le ore 12:30 di giovedì 2 ottobre e a Palazzo Reale a Milano si inaugura la mostra "Da Canaletto a Tiepolo. Pittura Veneziana del Settecento mobili e porcellane della collezione Terruzzi", curata da Annalisa Scarpa. Un evento che vede coinvolta la Fondazione Terruzzi con la quale - come riferisce il Sindaco del capoluogo lombardo Letizia Moratti presente alla manifestazione - è previsto e auspicato un rapporto più stabile attraverso la proposta di Palazzo Citterio a Brera come uno dei luoghi di esposizione della grande collezione. In mezzo a quadri del vedutismo veneziano, alternati a mobili di grande pregio e straordinaria bellezza e unicità e a porcellane sia occidentali sia orientali, una signora si domanda: "Una bellissima mostra che il Sindaco ha voluto fortemente, ma è mancato l'Assessore Sgarbi, che quando racconta l'arte diviene complice di leggerezze meravigliose e ci porta dentro a mondi sconosciuti come se facessimo viaggi alle radici della nostra cultura". Sembra strano infatti non vederlo, soprattutto perché fu proprio Vittorio Sgarbi che nel 2006, con l'allora Ministro Francesco Rutelli, propose e mediò la possibilità di un Palazzo Storico per la Fondazione Terruzzi per preservarne il senso della bellezza. Ma, come se fosse stato evocato dalle parole e dalla memoria collettiva, arriva proprio lui, il Sindaco di Salemi in persona, e sembra risvegliare dal torpore il gruppo di persone deluse dalla sua assenza. Appena giunto all'interno dei saloni, Sgarbi inizia a parlare di

una "sensibilità domestica" presente nelle tele dimostrando, ancora una volta, di possedere la formula giusta per iniziare la gente ad amare l'arte. "Mediai con Rutelli, allora Ministro ai Beni Culturali e pensai a una esposizione a Palazzo Reale, che poi è stata fatta su mio consiglio anche se non curata da me in quanto formalmente non sono più Assessore, anche se poi in realtà lo sono ancora" tiene a sottolineare Sgarbi. "A Salemi esporrò presto dei quadri di Caravaggio e Rubens", continua poi il Sindaco della cittadina siciliana, divenuta in poco tempo uno dei luoghi in cui le case vanno a ruba dopo la proposta – dello stesso Sgarbi - di offrirle a un euro a chi si impegnerà a restaurale in due anni. Gli chiediamo dei quadri che è riuscito a far recuperare sventando una colossale truffa. "I ladri si erano rivolti a me per ottenere una patente di liceità delle opere: un Renoir e un Manet", ci spiega. "Resomi subito conto della falsità del Manet e della dubbia provenienza del Renoir, ho subito sporto denuncia por-

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tando a conoscenza dell'accaduto le autorità competenti". Torniamo sull'argomento Caravaggio mentre Sgarbi riceve una telefonata dal Museo di Villa Santa Giulia a Brescia dove è stato da poco nominato membro del neonato comitato scientifico insieme ad Alain Elkan e a Giorgio Cortenova. Sembra che, con molta probabilità, qui Sgarbi realizzerà una mostra sul giovane Caravaggio e i suoi antecedenti per la quale stava lavorando a Milano; si parla anche di una mostra su Matisse e del 2009 come anno del Futurismo per il quale Giordano Bruno Guerri curerà diverse iniziative. Il sindaco di Salemi, noto per la sua simpatia verso le provocazioni, si appresta anche a lanciare il suo nuovo libro, dal curioso titolo "Clausura a Milano e non solo. Da Suor Letizia a Salemi e ritorno", Edizioni Bompiani, con la collaborazione di Marta Bravi. "Presenterò il libro in cento Comuni della provincia a metà prezzo e tornerò a Milano come Assessore alla Cultura della Provincia" tiene a precisare non senza un'evidente vena ironico-polemica. "Oltre a libro quali sono i suoi progetti immediati?", gli chiediamo."Il 7 ottobre sarò a Tripoli durante il giorno della libertà per ricevere una onorificenza insieme a Giulio Andreotti e a Lamberto Dini. Ho ricevuto un invito da Hafed Gaddur ambasciatore libico in Italia per recarmi da Gheddafi, il quale mi annuncia che sarò insignito del titolo della grande onorificenza del Grande El-Fatah perché anni fa, in nome della libertà, ho

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violato l'embargo imposto dagli Stati Uniti. Saranno con me anche Pisanu e Andreotti, anch'essi insigniti dell'onorificenza". "E poi c'è il Museo della Mafia, il cui contenuto è però ancora tutto da valutare. Inoltre, il 15 ottobre a Salemi faremo una giornata sulla Legge Basaglia e interverrà Marco Pannella", aggiunge, preannunciando anche un'interessante iniziativa in corso di progettazione: una mostra sulla grande attrice Anna Magnani alla quale Venezia ha già fatto gli onori di casa con la mostra al Palazzo del Cinema. Il Sindaco di Salemi è eclettico e i suoi interessi spaziano in ogni settore della cultura e della vita, dotato di intelligenza mai scontata, capacità dialettica e incrollabile sicurezza è sempre in collegamento con il mondo esterno e ha un occhio acuto su tutto ciò che lo circonda. Intanto a Perugia fa il tutto pieno con la mostra che ha inaugurato a settembre: "Da Corot a Picasso. Da Fattori a De Pisis" di cui è anche curatore. Un'esposizione raffinata con un delicato allestimento a Palazzo Baldeschi al corso fino a gennaio 2009, "La più bella Mostra che si può vedere oggi in Italia è a Palazzo Baldeschi, un’occasione senza confronto per vedere grandi pittori italiani e grandi pittori internazionali", come lo stesso Sgarbi annuncia dalle emittenti radiofoniche nazionali. Non solo. In Umbria, a Tuoro sul Trasimeno (Perugia), Sgarbi ha in progetto con la sorella Elisabetta (Art Director Bompiani e


Direttore de La Milanesiana, ndr) una pubblicazione, Opera Omnia del filosofo Moretti Costanzi. Una riscoperta che è un vanto dell'Umbria alla quale prenderà parte anche il Sindaco di Venezia Massimo Cacciari. "…Non mi sento riconosciuto abbastanza in questa operazione che ho voluto fortemente", ha però affermato il noto critico durante la serata di presentazione. Dotato di un bagaglio di informazioni che lontano dall'essere solo erudizione sembra piuttosto rappresentare il know-how di chi è in cerca dell'eccellenza, fa poi un breve cenno alla mostra del Correggio da poco inaugurata a Parma di cui è membro del Comitato organizzatore, ribadendo ciò che sostenne in occasione della presentazione ufficiale: "E' sufficiente la sola frequentazione del Mantegna e Mantova, a giustificare l'impronta dell'antico nell'opera del Correggio". Intanto leggiamo in anteprima sul suo libro che ci appare come una apologia del suo carisma: "…la parte divertente dei rapporti amorosi è la ricerca della seduzione…". Gli chiediamo, allora: "Rimpianti o frustrazioni?" . "No, perché non ho mai avuto obiettivi o aspirazioni. Tutto nella mia vita succede per accadimenti del tutto casuali". "Pensa alla morte?". "Mai, però so che morirò a 84 anni. Lo ha predetto una volta una veggente a una mia ex fidanzata". La cosa un po' ci sorprende e, ribattiamo: "E lei ci crede?" "Sì, perché ha detto 84 e non 80, un numero preciso è sempre convincente". Nel testo troviamo inoltre anche autentiche chicche come: "...dentro la Moratti c'è uno Sgarbi ma c'è anche un Albertini. Il primo quando è in accordo con me nell'abbattimento del garage Podgora, il secondo quando fa qualcosa che è in contrasto con ciò in cui crede...". Non mancano poi riferimenti all'illuminazione del capoluogo lombardo: "…Milano è la città peggio illuminata del mondo, sotto un duplice aspetto: non c'è uniformità di lampadine e sono sbagliate le lampadine". In contemporanea alle mostre su Canaletto e Tiepolo a Milano vi è anche la premiazione del Concorso Italian Factory, la mostra premio per la giovane pittura italiana 2008, che è inserita nelle iniziative previste per la quarta Giornata del Contemporaneo, manifestazione organizzata da AMACI Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani – fissata per il 4 ottobre 2008. Qui il noto critico d'arte raggiunto da un suo ex collaboratore commenta, con la solita capacità dialettica di sempre le opere del vincitore della serata Desiderio Sanzi:

"Ho guardato i quadri esposti e il desiderio andava verso una visione femminile, poi invece il Desiderio è stato maschile. Ho apprezzato molto Nahoko Funabiki per la raffinatezza. Ha una mano finissima degna di segnalazione e poi è un'artista sofisticata". Gli chiediamo qualcosa su Ferragamo, nome legato alla mostra in corso alla Triennale di Milano e a quello di Fiamma per la quale è stata recentemente realizzata una serata con Mariangela Melato al Teatro della Pergola di Firenze a favore della ricerca sul cancro, alla quale Sgarbi ha preso parte: "La scarpa come sensibilità assoluta… La scarpa esalta la forma del corpo della donna, è un elemento che serve a dare una diversa misura e slancio al corpo. Senza la scarpa la bellezza è terrestre, mentre con la scarpa può essere anche celeste", asserisce il critico. Un'ultima curiosità: "Se in una vetrina di notte vede un paio di scarpe che le piacciono e il negozio è chiuso, cosa fa?". "Non guardo mai le vetrine e nessun oggetto può attrarre la mia curiosità", risponde divertito. "Mi piace solo quello che non esiste, che non si trova, ciò che esiste e che si trova di solito me lo regalano. Desidero invece tutto quello che non si può trovare come ad esempio un quadro d'autore". "Con una sola parola, o al massimo due, dia una definizione della vita". "La vita è movimento" e, mentre dice questo, sale in macchina alla volta di Perugia mentre sta preparando una mostra a Siena su Arte e Follia, nel Complesso di Santa Maria della Scala insieme alla Fondazione Mazzotta, un evento che sarà inaugurato a gennaio 2009 e del quale sentiremo senz'altro parlare.

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VISTA

ALIGI SASSU, ricordo di uomo ed artista LE PASSIONI DEL MAESTRO SASSU RIPERCORSE LUNGO IL FILO ROSSO DEI CINQUE SENSI di

Natalia Sassu

Sassu davanti alla scenografia per I vespri siciliani, Torino,1973

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A venirmi in mente sono l’affetto e la dolcezza che ha sempre saputo donare a me e agli altri, nonostante molti lo ricordino per un carattere duro e riservato. E' vero, ai più sembrava chiuso, impenetrabile, come se fosse costantemente concentrato su qualcosa che non lasciava trasparire in alcun modo. Spesso poteva sembrare difficile trovare il coraggio di allontanarlo dai suoi pensieri, ma in realtà Sassu era un uomo di grande umiltà e sensibilità, era disponibile e semplice, di una cultura, almeno per me, impressionante. Da sempre ho avuto la fortuna di vivere circondata dalla sua arte e l’occasione di vederlo all'opera: nello studio di Milano e in quello di Mallorca (Spagna), l'ho visto dipingere ed incidere, affrescare e scolpire, gioire per i successi e infuriarsi per le ingiustizie. Aligi Sassu è un artista che ha vissuto quasi interamente il XX Secolo, riuscendo a lasciare un segno nella pittura, nella scultura e nella ceramica. In un periodo così ampio, la sua Arte ha visto notevoli cambiamenti nello stile, nei temi, nell'uso delle forme e dei colori, a seconda dell'età, della sua maturazione artistica e dei tanti momenti storici e culturali che ha potuto osservare. In questo spazio il mio scopo non è però quello di celebrare la sua arte più conosciuta, come ad esempio i cavalli, gli uomini rossi, le tematiche mitologiche, i quadri storici; né intendo ripercorrere le varie fasi della sua arte come futurismo, primitivismo, gli anni di Corrente, realismo e via dicendo. Al contrario, voglio basarmi sul filo rosso dei cinque sensi per descrivere lati meno conosciuti di Sassu uomo e artista. Parlando di arte, il senso più ovvio è quello della VISTA, che desidero utilizzare per introdurre la grande passione di Sassu per la lettura. “Ho sempre letto, credo di essere nato leggendo. Leggevo di tutto e senza tre-

Quando penso ad Aligi Sassu a venirmi subito in mente non sono le sue grandi opere, i suoi celebri colori o le forme per cui è facilmente riconoscibile.

gua: saggistica e narrativa, autori classici e sconosciuti, riviste francesi e quotidiani italiani, talvolta del giorno prima. Ci scambiavamo libri in prestito, tra noi ragazzi, o andavamo a cercarli usati sulle bancarelle”. Così, nella sua autobiografia “Un grido di colore” del 1998, Sassu esterna il suo amore per la letteratura, di cui gli acrilici della Divina Commedia degli anni Ottanta sono l’esempio più noto, pubblicato ed esposto. A quest’opera Sassu dedica diversi stralci nel testo. "Raccontando Dante, vissi momenti di febbrile elaborazione e quasi mi persi in spazi di tempo fatti di riflessioni, di letture, di pensieri fissi; spazi nei quali maturava l'idea del dipinto, che a volte era un Inferno ben strano, fatto di rosa e di celesti, e a volte era un Paradiso in cui sembrava specchiarsi l'inutilità di tutto quanto l'uomo fa: un Paradiso che mi chiedeva di tradursi sulla carta come negazione della vita. In effetti Dante può anche essere l'espressione della nullità degli sforzi dell'uomo". L'impegno del Maestro nell'illustrazione di opere letterarie ha origine già con Mafarka il futurista di “Marinetti” degli anni Venti, seguito poi da “Promessi Sposi”, “Don Chisciotte” e “Decamerone”, solo per citarne alcuni. Allo stesso modo anche tutta la tematica mitologica deriva da questo amore di Sassu per la lettura. Quello che molti non sanno è che Sassu, oltre essere un appassionato lettore, era anche uno scrittore di intensissime poesie, in cui continuano a regnare colori, forme e forti emozioni. Una delle prime e più toccanti poesie risale al 1944. “Mia figlia” fu scritta in seguito alla tragica morte a soli tre anni della bambina del Maestro: “Bambola viva mio sangue / Che mi guardi tenera / Occhi di cielo muro al male / Lieve la terra mi fai / Nei tuoi occhi s’aprono i mondi / Non sfiora il sangue ancora / Il tuo cuore e chiudi / L’animo mio all’abisso”. Questi splendidi versi sono ben esplicativi del suo stile di scrittura incisivo, intenso e meditato, spesso di difficile interpretazione.

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La Divina Commedia, 1981 – 1986, (Inferno, IV canto)

Una poesia del 1987, Ricordando Maria Callas, dimostra come la passione di Sassu per la lettura e per la scrittura fosse affiancata da quella per la musica classica, legata al secondo senso che andiamo a considerare, quello dell’udito.Anche in questo caso non si parla solo di un interesse per così dire passivo, legato solo all’ascolto, bensì Sassu conciliò in più di una occasione quello che era un interesse personale per la lirica con il suo mestiere di pittore. L’artista riscosse grande successo nel proporre scene e costumi per grandi opere teatrali, tra le molte ricordiamo la Carmen e la Cavalleria Rusticana per l’Arena di Verona, i Vespri Siciliani per il Teatro Regio di Torino, La giara per La Scala di Milano e Amor Brujo per il Teatro Massimo di Palermo. Si tratta di una interpretazione tutta personale, dando così, attraverso forme e colori, una nuova vita non più solo un testo scritto, ma anche alla musica di celebri compositori. Il Maestro era legato da una forte amicizia al celebre chef Vincenzo Buonassisi che, insieme alla moglie Anna Pesenti, usava definire la loro cucina come un laboratorio sperimentale per nuove ricette inedite. In questo modo grandi artisti partecipavano con le loro creazioni culinarie ai nuovi ricettari, per quanto riguarda Sassu, curiosamente con un pollo ed un’ insalata di riso ai frutti di mare.

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Parlando del GUSTO, tocchiamo lati ancor più da intenditori dell’arte ma soprattutto della vita personale di Sassu. Molto più legata all’ambito artistico è la creazione dell’etichetta del 1992 per il Vino della Pace, prodotto ogni anno e da più di vent’anni dalla Vigna del Mondo, e che annualmente prevede la collaborazione di un artista, tra gli altri Pomodoro, Baj, Arman, Fiume e Manzù. In tema di vini, la collaborazione più duratura e significativa è quella con gli amici della Cantina Majolini di Brescia. I Cavalli innamorati di Sassu dominano il terreno di questa Cantina che nel 2002, con un gesto di affetto e amicizia, dedicò al Maestro il suo Franciacorta Pas Dosè millesimato 1998 riserva Aligi Sassu, ponendo in etichetta proprio i Cavalli innamorati e la scritta esplicativa: “La scultura è un’arte. Aligi Sassu ne è Maestro. A lui dedichiamo questo vino intransigente e puro, come opera d’arte della Natura, ottenuto per mezzo del sapiente e paziente lavoro dell’Uomo”. A questo legame tra Giorgio Majolini e Aligi Sassu, sono state dedicate sia una pubblicazione, ovvero un Quaderno della Cantina Majolini, e un’esposizione sulla tematica di Bacco presso L’Associazione Culturale Amici dell’Arte di Aligi Sassu che, a Besana Brianza (Milano), opera con lo scopo di promuovere e valorizzare l’arte del Maestro. Proprio in occasione della mostra di apertura dell’Associazione nel 2001, ovvero la prima mostra antologica di scultura del Maestro, diversi ristoranti di Besana Brianza dedicarono all’artista uno speciale menù, basato sui colori e i sapori preferiti da Sassu.

La vendemmia, 1997

Aligi Sassu con la figlia Maria Antonietta, Campodolcino, 1943

La scultura, appena citata, e la ceramica si ricollegano al senso del TATTO. “A un pittore la ceramica è congeniale, perché il pittore non si appaga di una forma senza colore, ma gli piace che la forma sia anche colorata: ed ecco perché io mi avvicinai alla scultura

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attraverso la ceramica". Con queste parole Sassu descrive il suo approccio alla tecnica in cui ha saputo nel tempo dimostrarsi un Maestro, un incontro intenso che risale al 1939 ma che ha avuto maggiore spazio e opportunità tra il 1947 e il 1955. Un’esperienza collegata alla terra ligure e in particolare ad Albissola (Savona), dove ebbe occasione di confrontarsi e collaborare con i più grandi artisti nazionali e internazionali del secolo scorso. Entrambe le forme artistiche sono state argomento di celebri esposizioni e cataloghi, oltre che di diverse pagine dell’autobiografia dell’artista. L’ultimo senso che resta ora da considerare è quello dell’OLFATTO, l’unico che dedicherò interamente al mio ricordo personale del Maestro. Avendo avuto la fortuna di vivere immersa nell’arte di Sassu, e avendo deciso di fare della storia dell’arte il mio mestiere, il suo ricordo è sempre vivo e spesso sollecitato dalla vista, una piacevole e voluta abitudine; un’abitudine condivisa e incoraggiata da mio padre Carlos Julio Sassu Suarez che da ormai più di vent’anni si dedica all’arte di Sassu, avendo iniziato al suo fianco e proseguendo nel suo lavoro dopo la sua morte nel 2000. A lui, oltre all’Associazione e a diversi progetti della Fondazione Sassu di Lugano (Svizzera), si deve l’Archivio Aligi Sassu, che prima di trasferirsi presso Carate Brianza (Milano), aveva sede proprio nello studio del Maestro. Anche per questo motivo mi è capitato di recente di sperimentare come l’olfatto sia il senso che suscita le reazioni più forti legate al ricordo di Sassu. In qualsiasi parte del mondo ci si trovi ed in qualsiasi contesto, l’odore dello studio di un artista, degli olii, delle tempere, della cera, dell’argilla da modellare provocano dei ricordi sorprendenti, inaspettati e per questo ancor più intensi.

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In questo breve percorso ho spesso ritenuto opportuno citare le parole di Aligi Sassu e partire da quelle per parlare di lui. Allo stesso modo voglio che sia lui a concludere questo testo, attraverso una sua poesia del 1974, Il giorno è finito, quasi immaginabile come uno dei suoi dipinti: Il blu profondo Il rosso dell’abisso Il giallo dell’aurora Il verde meridiano Melanconico azzurro della sera Il giorno è finito.

Aligi Sassu con la nipote Natalia Sassu Suarez, Milano, 1998


Aligi Sassu e suo figlio adottivo Carlos Julio Sassu Suarez in fonderia, 1989

Aligi Sassu (Milano 1912-Pollensa 2000). A soli 16 anni partecipa con due opere futuriste alla Biennale di Venezia del 1928 su invito di Filippo Tommaso Marinetti. Dall’inizio futurista passa a opere primitiviste e con i primi anni Trenta dà inizio al famoso ciclo degli Uomini Rossi. Aderisce al gruppo di Corrente e partecipa attivamente all’opposizione al regime tanto da venire arrestato nel 1937 per cospirazione politica. Uscito dal carcere, la sua condizione di sorvegliato speciale gli impedisce di continuare a partecipare attivamente alle vicende di Corrente. Aderisce poi al Realismo, celebri i cicli mitologici così come i cavalli. Si dedica anche a scultura e ceramica, creando anche notevoli opere pubbliche. di Natalia Sassu Aligi Sassu mentre modella la plastilina dell’opera Poseidone dona il cavallo ad Atene, 1996

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Dialogo IRREALE tra

Piersandro Coelli e Andrea Schubert (ovvero: parole immaginarie tra un pittore e il suo gallerista)

Schubert: Tu dipingi racconti Coelli: E tu me li esponi S: Cerco anche di venderli C: Certo, è il tuo mestiere S: Mentre io mi do da fare tu te ne stai in studio a dipingere C: Preferiresti fossi uno di quei pittori tutti marketing e manager di se stessi? S: No, ma esiste il glamour, devi apparire C: Più me ne sto da solo e in silenzio più riesco a fare qualcosa di buono S: Ma un pittore deve spiegare ciò che fa C: Mio Dio, no: sarebbe un parolaio. E poi per spiegare ci sei tu S: Ma spesso non è facile comprendere le storie che dipingi C: Quanto a questo forse non lo comprendo nemmeno io S: Perché è difficile spiegare la fantasia C: E più difficile ancora parlare del proprio cuore Tutto questo l’ho inventato. Ma so che, senza parlare, un gallerista e un pittore dovrebbero dirsi queste cose. Se sono entrambi seri. Come Schubert che dalla sua galleria di via Fontana 11 a Milano ha organizzato molte delle oltre 60 personali di Coelli. E Coelli, di contro, si è sempre limitato a dipingere perché: “Non so fare altro se non il mestiere più bello del mondo. E, soprattutto, il più libero”. Simonetta M. Rodinò

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L’opera digitale di Angelo de Francisco Mazzaccara, nasce ai primordi di questo nuovo millennio. Foto e video sono il tessuto su cui si articola questa sua nuova ricerca. Lasciata la tela e i colori ad olio che più non sanno esprimere il dinamismo della società contemporanea, il computer diviene la matrice che da vita a queste sue nuove opere; un mondo di variegate raffigurazioni che vanno dai ritratti, autoritratti, ai paesaggi urbani e marini .

ANGELO de FRANCISCO Intervistato da Angelo de Francisco

MAZZACCARA E infatti questi sono video e non lungometraggi o film , e in un video bisogna racchiudere e sintetizzare il pensiero che si sta esprimendo, proprio come nella poesia o nel sonetto rispetto al romanzo.”

De Francisco brucia i tempi della fotografia e dipinge con colori computerizzati. La macchina fotografica è solo un pretesto per catturare immagini ad alta risoluzione, che poi vengono immesse in una alchimia computerizzata da cui rinascono rielaborate e cariche di nuova vita. Computer e scanner quindi sono i nuovi strumenti con cui inizia a ricercare. Ben presto però de Francisco si accorge che l’immagine cosi come è raffigurata, anche se bella ed interessante, è però un’ immagine statica, bloccata come da un lampo di flash e cristallizzata. E’ vero che può essere stampata in dimensioni varie e tirature limitate, ma è anche vero che quelle immagini sono un susseguirsi di scatti con variabili di colore e di sfondi, con una infinità di giochi prospettici e di intrecci, e ci vorrebbero infinite pareti per esporle. Ecco allora la necessità di inserirle in un video, di creare un vero e proprio racconto di immagini accompagnato da parole e musica, per spiegare o meglio illustrare il divenire delle stesse.

E la musica che ruolo ha in tutto questo?

Nasce anche l’urgenza di esprimersi con i mezzi più semplici e alla portata di tutti, software, telecamera e videoregistratore; di creare da solo i propri video e le proprie musiche , perché “nella solitudine si riconoscono i propri pensieri”. Nel catalogo monografico che farà da cornice alla mostra di fine ottobre presso la Galleria Schubert di Milano, sono allegati due Dvd contenenti 18 video che vanno dal 2001 ad oggi. Video nei quali si ricerca un aggancio alla contemporaneità vista però attraverso una “deformazione” ottica data dal computer. Immagini reali, alterate dalla lente del poeta che cerca qualcosa al di là di ciò che si vede. “Suonata n...1 / 2 / 3...”, questo il titolo dato alla maggior parte di loro, in una sequenza temporale simile allo sfogliare di un diario in cui giorno dopo giorno si annotano riflessioni e spunti , pensieri e tracce da non perdere . Suonate dicevamo, ma perché questo titolo cosi musicale e di sapore classico?

Nascono i primi video “Immagini in dialogo”, “Città oltre l’Immagine”, “Suonata per Saddam”, “Città erotica”. Nasce in lui un nuovo desiderio di confrontarsi sulla scena del contemporaneo, dell’attualità, di quella vita che scorre tra guerre e conquiste scientifiche , tra fame, eros e speranze disattese e da ricomporre.

“Nel comporre al pianoforte digitale e poi al computer questi pezzi musicali intrecciati alle immagini video, sia per la durata dei video stessi che per quella audio, mi venne da considerarli delle suonate al pari di quelle classiche di Schubert, Beethoven, Chopin, Stravinsky, che appunto erano tali in raffronto alle più complesse Sinfonie.

“Io non sono un musicista e nemmeno un compositore; o forse si. La musica dapprima, all’inizio dei primi video quindi, l’ho composta al computer mescolando tracce-campione assemblate in modo caotico e il risultato, a dire di qualche critico , ha un fondo electro e tekno-house. Successivamente ho iniziato a suonare il pianoforte digitale con i suoi mille strumenti incorporati e traccia su traccia ho assemblato quei suoni e il risultato è quello che si può ascoltare. Quindi, immagini, suoni e pensieri che affiorano nei video, sono un corpo unico di una unica persona, vari aspetti di un problema visto da angolazioni differenti e questo mi ha affascinato ed interessato nel realizzare questi lavori; forse in me coesistono varie discipline come pittura , fotografia, musica, poesia, filosofia e il mezzo video mi da l’opportunità di esprimerle.” Fra tutte le arti che hai menzionato, non hai fatto nessun accenno alla scultura, come mai? “Beh, la scultura è un lavoro troppo lento e lungo. Mi sarebbe piaciuto scolpire il marmo, alla Michelangelo, non opere piccole, ma blocchi di tre o quattro metri cubi;


però, se non sei in una cava o non vivi nei pressi, è una cosa complicata. Poi ci sono i trasporti , gli ingombri. La pittura è più semplice e più rapida, occupa meno spazio, anche se le tele sono grandi, è più di getto. Anche le installazioni direi, sono cose per me un po’ complicate. Necessitano di vario personale, di spazi adeguati e poi vanno smontate e dove le metti?” Si vendono e chi le acquista sa già dove collocarle. “Si certo. Ma se non le vendi? Non voglio dire che sono un pessimista, ma per me lavorare da solo, senza chiedere niente a nessuno, è la cosa più salubre che un artista possa fare. Il successo non è dato dal fatto che tu venda o a quanto vendi, ma da ciò che fai e dal come lo fai; da ciò che sai imprimere nelle tue opere, dal discorso che ci sta dietro, dalla tua capacità di vedere oltre le cose che appaiono, di proporre un progetto di vita su nuovi presupposti, di essere insomma un "maître de pensée" per dirla alla francese. Poi l’arte diviene un divertimento, come la vita, se prima però hai saputo cogliere il senso della tua esistenza. Dipingere o essere artista, non è un lavoro, ma una missione e come tutte le missioni sono fatte con il cuore e con un forte credo: il credere che la nostra azione trasformerà il mondo, non saprei dirti come o quando, ma certo un giorno accadrà. Come in quelle canzoni di Luigi Tenco o Gino Paoli , due poeti del Novecento, che mi accompagnano nei momenti più bui, ma che mi sanno dare la forza della speranza e la volontà di lottare.” Perché citi due cantautori? “Perché quando lavoro la musica è sempre o quasi di sottofondo e mi penetra dentro per poi fuoriuscire con quello che tu vedi. Le parole sono dei messaggi che vengono lanciati nello spazio e tu devi saperli cogliere, altrimenti che senso avrebbe il parlare con la bocca e l’ascoltare con le orecchie? Siamo tutti dei profeti, perché siamo tutti parte di una stessa identità; c’è chi sa cogliere questa verità scritta in tutte le cose che ci circondano, e chi no; chi è più attento a cogliere l’insieme delle cose e chi più è distratto da un particolare da perdersi in quello senza riuscire a vedere tutto il resto. L’Arte ha questa funzione e l’artista è la sua antenna parabolica; poi ci sono i ricevitori tv ( i fruitori) che guardano e osservano o che cambiano canale; ma poco importa, perché noi continuiamo ad esistere e ad operare.

Siamo un po’ come le onde radio, che se ti sintonizzi su quella frequenza le capti, diversamente esistono lo stesso, debbono solo essere catturate con il ricevitore”. La mostra che farai , “Città oltre l’ immagine”, assieme a tutte quelle, chiamiamole così, fotografie che elabori, come nascono e come si inseriscono nel contesto contemporaneo urbano e non? “Ti parlavo del computer e della macchina fotografica, della possibilità di variare e trasformare l’ immagine. Una serie di scatti sulla città, in questo caso Milano dove vivo, e un desiderio di provare a giocare con quelle immagini, di assemblarle e sovrapporle, di colorarle e alterarle. La foto è solo un punto di partenza , tutto il resto è computer o meglio fantasia; quindi non mi definisco fotografo e non mi interessa esserlo, o meglio potrei dire che la fotografia si evolve perché evolve lo strumento; il resto è libertà creativa e interpretativa . ”Oltre l’immagine” è forse la migliore definizione che si possa dare a queste cose; poi il resto, l’interpretazione singola di ogni immagine, la lascio ai critici, cosi come per le prime immagini elaborate tra il 2000 e il 2001 con lo scanner, raccolte poi nel primo video “Immagini in Dialogo”, lascio agli altri interpretarle . Era il tempo in cui l’altro, il non occidentale, faceva sentire la sua voce, appariva di prepotenza sulla scena internazionale e in “Immagini in dialogo” volevo un po’ raccontare questo evento, questa contrapposizione tra i due mondi , tra i due modi diversi di essere. Accostare immagini differenti, per cercare una unione. Obiettivo utopico? Non direi, anche se la realtà sembra contraddirmi. Principi come la “nonviolenza” espresso nel video o la ricerca di quel “conosci te stesso”, di antico sapore socratico o più in là nel tempo verso oriente , dove nascono le filosofie di vita, si ritrovano nella serie dei ritratti-autoritratti. La fotografia è un frammento di realtà in cui ti riconosci e da cui puoi ripartire per creare le tue speranze. La fotografia mi risolve molti problemi tecnici legati alla raffigurazione e alla prospettiva e mi apre uno spazio infinto d’indagine sulle forme e i colori, su altre cose . La fotografia è una realtà che possiamo


manipolare meglio e più velocemente della realtà sociale in cui viviamo. Per questo, come un tempo si diceva, l’Arte è sempre all’avanguardia dei tempi, perché l’artista è sempre teso a ricercare il meglio nel suo lavoro e per estensione di questo concetto, a ricercare una forma migliore di vita”. E queste cosa sono? dissi interrompendo il suo fluire di pensieri e soffermandomi su una serie di cartelle piene di fotografie dai variopinti colori. “Sono prossime mostre, forse; alcune sono già in giro per il mondo; tipo queste sullo sport. Il Comitato Olimpico cinese me ne ha scelta una in occasione delle Olimpiadi 2008 da inserire in un giro di Musei esteri per poi essere esposta in modo permanente nel Museo di Pechino; il formato? due metri per uno e mezzo. Le altre sono pronte per una vera e propria mostra sullo sport, sul calcio o sulle arti marziali. Immagini della squadra di calcio dove gioca mio figlio, fatte durante i vari campionati. Poi come vedi, assemblate , sovrapposte, piene di colori , come le grida di tifo dei genitori che accompagnano sempre questi eventi. E sport diviene anche il mio operare con i pennelli del mouse , come a rivivere quegli eventi e a renderli immortali. Queste altre poi sulle arti marziali, le ho fatte proprio pensando alla Cina, al Kung Fu. Arti fatte da giovane, che mi hanno insegnato molto e qui ho cercato di trasmettere quello spirito energetico di cui sono intrise. Però i cinesi hanno scelto quella sul calcio (si vede che il calcio in Cina è più popolare delle antiche arti marziali). Comunque sono contento, perché quell’immagine “Vualà che tiro!”, questo il titolo, raffigura mio figlio in una fine partita di campionato dove un suo goal segnò la vittoria della squadra. Queste altre invece sono state fatte per una rassegna organizzata dalla regione Puglia, dal titolo “Le Porte del Mediterraneo”, nel mese di agosto. Anche per queste ho lavorato molto, come pure per queste altre sull’Ulivo e il Ciliegio, per cercare di dare un senso grafico a questi temi. Posso dire di essermi divertito nel farle, perché è sempre una sfida con se stessi, come quando a scuola si svolgeva un tema e si doveva cercare il più possibile di centrarlo, di non uscire dallo schema dato, per non avere un brutto voto. Ora che sono passati molti decenni da allora mi sembra di essere tornato indietro, nell’eseguire queste cose; però avverto una maturità nuova che prima non avevo, un senso di libertà datomi dalla possibilità di indagare su cose che forse non avrei mai pensato di fare, ma che mi vengono proposte come sfide. E qui nasce il divertimento, perché faccio qualcosa che mi piace e che mi piace molto. La parte più stressante di tutto questo invece, è l’organizzare una mostra , scegliere le opere, farle stampare, fare un catalogo (che poi devi sempre fare tu, seguire tu, perché solo tu sai che cosa vuoi esprimere con quella mostra). E poi ci sono i tempi che incalzano, le scadenze troppo vicine , i contrattempi, i documenti che mancano e via discorrendo. Insomma tutta quella parte da ragionieri e contabili, da burocrati, che non si addice al mio temperamento, ma che forse fanno parte di quel meccanismo che serve ad uscire dal proprio mondo per entrare in quello degli altri”. Prossime mostre oltre alla Cina, alla Puglia e a Milano? “Vediamo come va questa, nella capitale dell’economia europea, come risponde questa mia città, se risponde o se fa la gnorri. L’arte oggi non è più considerata come un tempo e forse non è neanche più considerata una sovrastruttura. Ma chi se ne frega. A me piace e quindi continuo a farla.

Prossime mostre? Si certo, pensavo di andare ad esporre sulla Luna, ci starebbero bene in mezzo a quelle silenziose vallate. Poi su Marte nei suoi crateri rossi; poi in giro per le galassie a portare un po’ di questa ritagliata terra. Infine su questo pianeta piccolo piccolo che è anche la mia casa. Chissà che dopo tanto peregrinare ….. A parte gli scherzi, ho intenzione di ristampare un mio saggio uscito nel 1996, “La coscienza dell’Immagine. (psicoanalisi dell’Arte?)” uscito allora presso la casa editrice Nuovi Autori di Milano, che non ha avuto eco, ma che credo essere un lavoro di un certo rilievo, perlomeno perché è un artista che parla ed un uomo che progetta la propria vita in questo sistema planetario”... Mentre parlava, il mio sguardo vagava fra quelle immagini di città, fra quei ritagli di palazzi e strade, fra quei giocatori orientali e non, che si animavano di mille colori e su quelle foglie d’ulivo che parevano dipinti da non so quale pittore, ma che invece erano fotografie fotografate da un computer che troppo spesso usiamo per fare calcoli e tenerci promemoria , o per fare manifesti che ci inducano ad acquistare questo o quel prodotto. Quelle immagini erano un po’ tutto questo ma anche e soprattutto molto altro; quell altro che non vediamo ma che nascosto dentro di noi vuole mostrarsi. Lentamente percorrevo quel lungo corridoio alle cui pareti parevano essere dipinte quelle immagini e lentamente quelle immagini mi assorbivano, mi risucchiavano come sabbie mobili che attirano per invitarmi nel loro dentro, gole profonde di un incantesimo che stava per compiersi. Scesi per un lungo e largo scalone che pareva essere un ologramma dipinto o fotografato e mi ritrovai in un cortile di sapore medioevale. Un viavai di gente e bancarelle che alla luce della luna mercanteggiava oggetti di ogni tipo. “Venghino signori, venghino...” qualcuno vociferava; “Comperino, signori, comperino...”, qualcun altro gridava e nel frattempo la folla chi da una parte, chi dall’altra, si radunava in un ordine silenzioso. Io mi affrettai verso quel grande portone di ferro battuto intravisto dall’altra parte del cortile ed uscii. Le mura di quel castello, dipinto, fotografato, non saprei dire, mi mandava in confusione. Troppe immagini strane avevo visto; troppe immagini-non immagini si erano susseguite e il mio senso di orientamento si stava smarrendo. Incrociai un passante dall’aria furtiva e fattomi coraggio gli chiesi: “Mi scusi, mi sa dire che posto è questo e quel castello di chi è?” Con fare smarrito e un pò beffardo il viandante mi rispose: “Come? Ah si! Quella ? E’ parte delle Città Ritagliate. Non conosce? E’ dimora del principe ereditario …”… In lontananza nella notte , il mare turchese si rifletteva nella luna bianca e la luna si sagomava nei ritagli di automobili che scorrevano repentine lungo l’autostrada che mi avrebbe riportato a casa. Il mare giaceva silenzioso nel buio della sera. A tratti echeggiava l’infrangersi dei flutti sulla scogliera. Mi addormentai nel silenzio di tomba della mia stanza, che ora non aveva più pareti, ma prospettive infinite di una città oltre l’immagine.


CORRENTE 1938-1978-2008 Nel 1938 un Ernesto Treccani appena diciottenne, studente di ingegneria al Politecnico per desiderio del padre, fondò e diresse la rivista “Corrente di Vita Giovanile”, nata come foglio autonomo libero dalle direttive del GUF e bruscamente soppressa dalla censura dopo meno di tre anni di pubblicazioni, nel 1940. La rivista e il suo giovanissimo direttore seppero radunare in poco tempo quelli che diventeranno i nomi eccellenti della cultura dell'opposizione: tra i collaboratori di Corrente vi furono infatti Luciano Anceschi, Giulio Carlo Argan, Antonio Banfi, Piero Bigongiari, Luigi Comencini, Carlo Emilio Gadda, Alfonso Gatto, Alberto Lattuada, Enzo Paci, Vasco Pratolini, Salvatore Quasimodo, Luigi Rognoni, Umberto Saba, Giancarlo Vigorelli, Elio Vittorini. Attorno alle edizioni di “Corrente” e alle mostre organizzate dalla Bottega di Corrente, in via Spiga 9, si coaugularono quindi le nuove forze d’opposizione, culturale e politica. Al fine di incrementare lo studio di quel periodo di rinnovamento culturale e di far rivivere un movimento di idee e di responsabilità civile, in cui arte, letteratura, filosofia e politica concorressero a una visione critica del presente, Ernesto Treccani, con la collaborazione di Lidia De Grada Treccani e di artisti e intellettuali amici da sempre come Vittorio Sereni, Alberto Lattuada, Mario Spinella e Fulvio Papi, istituì a Milano, quarant’anni dopo, la Fondazione Corrente.

Gabriele Mucchi, Nudo con la crocetta olio su tela, 1938 Famiglia Mucchi, Milano

riato e viene riallestita l’importante mostra fotografica e documentaria Gli anni di Corrente, con la quale si inaugurò la Fondazione nel 1978. Viene inoltre presentata un'accurata selezione di opere degli anni 1938-1941, con dipinti e opere grafiche provenienti dalle Civiche Raccolte d'Arte di Milano e da collezioni private, di artiBruno Cassinari, Lavandaie tempera su supporto preparato per affresco, 1938 Collezione Boschi Di Stefano, Civiche Raccolte d’arte di Milano

Oggi la Fondazione Corrente è un centro culturale di notevole importanza, dotato di una biblioteca, di un archivio sonoro e di un archivio fotografico che documentano le manifestazioni tenutesi dal 1978 in poi, oltre che una sede espositiva per mostre temporanee. Fino al 17 dicembre ospita la mostra Corrente 1938-19782008, a cura di Fiorella Mattio, con la quale si ripercorre la storia del Movimento di Corrente e della Fondazione che ne ha continuato l’attività. Per l'occasione viene aperto al pubblico l'Archivio Ernesto Treccani, recentemente riordinato e inventa-

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sti quali Arnaldo Badodi, Renato Birolli, Bruno Cassinari, Piero Gauli, Giuseppe Migneco, Gabriele Mucchi, Giovanni Paganin, Aligi Sassu, Ernesto Treccani, Italo Valenti. Fra questi, si segnalano alcuni preziosi disegni dal carcere di Sassu, esposti per la prima volta al pubblico.

Per informazioni: Fondazione Corrente, via Carlo Porta 5, 20121 Milano tel/fax 026572627 info@fondazionecorrente.it www.fondazionecorrente.org Ingresso libero


SINISCALCOarte

Franz Von Stuck Luzifer, 1890

Marc Chagall Il fattore di Manilov, 1923-27

Odilon Redon Les Fleurs du Mal, 1890

Siniscalco Arte è una galleria d’arte moderna focalizzata sulla grafica del ‘900, con escursioni meditate verso il contemporaneo. Fondata nel Febbraio 2007, propone un ampio catalogo di opere storiche caratterizzate da un gusto ricercato e originale, suggerendo proposte artistiche in settori spesso trascurati dalle tendenze dominanti. Le opere disponibili spaziano dal simbolismo al post cubismo, dall’espressionismo alla grafica americana, dalla scuola di Parigi ai maestri del dopoguerra. Convinta del principio dell’accessibilità dell’arte, Siniscalco Arte dedica particolare attenzione al rapporto qualità/prezzo della propria offerta. Siniscalco Arte via Friuli, 34 - 20135 Milano tel e fax +39.02.55.19.99.58

www.siniscalcoarte.com

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UN AMORE LUNGO UNA VITA di

Roberto Bonin

Non a caso, abbiamo scelto questo titolo. Perché quello che caratterizza il rapporto tra il Maestro Giovanfrancesco Gonzaga e l'Arte è proprio l'Amore, quello vero, quello che arriva direttamente dal cuore Visitando la sua galleria d'arte di Milano abbiamo avuto la fortuna e il privilegio di poter respirare l'essenza di questo stretto legame e ne siamo rimasti affascinati e inebriati. Da tutte le sue opere trasuda passione; passione per tutto ciò che di bello la vita ci riserva, dalla natura alle bellezze del creato fino ad arrivare agli affetti più intimi. “Un amore infinito”, così lo ricorda infatti il figlio Roberto, sollecitato dalla classica domanda: “Ci può descrivere l'arte di suo padre”. Ed è proprio quello che ci aspettavamo di sentire, soprattutto dopo aver dato un primo e rapidissimo sguardo ai capolavori esposti. Veniamo subito attratti - quasi rapiti - dal fascino misterioso dell'olio su tela intitolato “Duello tra Sir Pelias e Sir Engamore sulla costa” che evoca in noi ricordi di epici combattimenti tra leggendari cavalieri medievali. Per un attimo lasciamo questo mondo per approdare in una dimensione parallela, scaturita direttamente dai romanzi di Chrétien de Troyes e dal ciclo bretone del Santo Graal. Le corazze, le spade, il nitrito dei cavalli e, in particolar modo, il chiaro di luna: tutto ci sembra così reale da poterlo veramente toccare con mano. Il nostro sguardo continua poi tra la magia delle opere esposte e a un tratto scorgiamo una piccola tela in cui, anche l'orrore della guerra, viene mitigato dalla dolcezza e dall'amore con cui il Maestro riesce a descrivere anche i momenti più

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Duello tra Sir Pelias e Sir Engamore sulla costa - olio su tela 80x90 cm

tristi della sua vita. Si tratta dei ricordi di quando partì volontario per la campagna di Russia con il Savoia Cavalleria: nello sguardo del soldato che mesto e stanco conduce il suo cavallo attraverso un campo innevato della steppa, c'è davvero tutto. Ci sono i morsi del freddo e della fame, ci sono le lacrime per i compagni caduti, c'è la malinconia per la lontananza da casa, ma anche l'orgoglio di appartenere a un glorioso esercito, la fierezza della certezza nella vittoria finale e, soprattutto, la dolcezza della simbiosi con il suo compagno a quattro zampe. Ed è proprio il cavallo il tema conduttore dell'opera e della vita di Gonzaga, un

rapporto che va oltre alla semplice fiducia per il fido destriero e che comprende sentimenti di ammirazione, amore e fratellanza. “Quello che più caratterizza l'arte di mio padre è la vitalità, la poesia, la dolcezza e l'amore per la natura”, aggiunge il figlio Roberto. Ed è proprio così. In ogni quadro su cui posiamo lo sguardo troviamo quella cura dei particolari e quell'armonia delle forme che solo un grande artista è in grado di cogliere e immortalare per sempre. E poi c'è il colore. Tonalità e sfumature che sono praticamente impossibili poter descrivere con semplici parole: bisogna vederle, toccarle e assaporarle per capi-


re realmente di cosa si sta parlando. Leggiamo una lettera del Maestro che riassume un pò la sua vita e verso la fine troviamo scritto: “Vorrei poter dare a ognuno colori pieni di luce il rosso, il rosa, l'azzurro, il verde cinabro, il blu di

sevre, il giallo, perché non torni il nero del quarto cavaliere”. Da far rabbrividire. E non si può far altro dinanzi a una così grande “anima” dell'era moderna. Scrive di lui Vittorio Sgarbi: “Se il disegno preparatorio è mirabile, il colore di que-

sto artista ha una regalità e una sensibilità che provengono da una percezione musicale della cromia, dove la tavolozza si esprime in improvvisi, in variazioni e in ritmi pulsanti”. Corsiero mitico sulle rive dell'Egeo olio su tela 70x90 cm

MAESTRO D'ARTE E DI VITA Raccontare in poche righe la vita di un artista straordinario è davvero difficile. Ma ci proveremo ugualmente. Di Giovanfrancesco Gonzaga, pittore e scultore, possiamo infatti dire che ha al suo attivo una lunga e prestigiosa carriera artistica che gli ha permesso di essere invitato alle più importanti rassegne d'arte ottenendo premi di rilievo, sia a livello nazionale sia a livello internazionale, tra cui l'Ambrogino d'Oro del Comune di Milano. Ma non è questo che vogliamo far emergere. Quello che più ci sta a cuore è la sua figura di uomo e di amante della vita. E, forse, la frase che più

lo può meglio rappresentare è proprio quella che ci ha suggerito il figlio Roberto: “Sapeva sempre cogliere e trasmettere a tutti la vera essenza della vita”. La Galleria d'arte “Il Salotto”, diretta dalla moglie del Maestro, situata in viale Umbria 53 a Milano (Tel. e Fax: 02.55195589 www.ilsalotto.it), è l'unica autorizzata a certificare e a rilasciare autentiche e perizie su quadri e opere del Maestro.

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Il paesaggismo di

Cornali

specchio dello stato d’animo dell’artista Mario Cornali, pittore bergamasco classe 1915, ha alle spalle un lungo ed intenso percorso creativo, costellato di personali e di collettive di interesse nazionale. Dotato di una formazione più da bottega che da accademia, Cornali è un artista prolifico, dalle prime decorazioni ed affreschi in alcune Chiese, alla prima personale del 1931, al prestigioso Premio Ulisse nel 2001.

Pregio di Cornali è l’aver tenuta viva la tradizione di una onestà verso la pittura, a cui si è sempre dedicato con professionalità e dedizione. Celebri i suoi paesaggi, in cui i colori, sapientemente dosati, riflettono gli stati d’animo dell’artista; coerente con la sua idea di arte, Cornali non ha mai abbandonato l’uso dell’en plein air, non per anacronismo, ma per onestà verso la pittura. La motivazione del prestigioso premio Ulisse ha descritto Cornali come un “infaticabile ricercatore”, da sempre attento alle variegate forme e ai colori della natura. Cornali ha saputo fondere nel suo percorso artistico la severa tradizione di Carrà con la vena angosciata di Sironi, giungendo ad un personalissimo risultato.

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Arturo BUSI

L’immagine oltre le parole

Raccontare un artista con le parole è cosa ardua. Lo è maggiormente tentare di concettualizzare l’opera di un artista come Arturo Busi. La sua arte è in mutamento e rottura continua, le sue suggestioni, ancestrali ed ataviche, colpiscono nel profondo ripercorrendo con gesti apparentemente semplici la storia della stessa comunicazione umana. Arturo Busi sente forti queste tensioni e ce le trasmette attraverso una non indottrinata sensibilità che esterna attraverso segni primordiali, colori terreni e celesti ed vocazioni siderali. Ma le parole non possono rendere un’immagine, come afferma lo stesso Maestro: “l’arte in genere, la pittura in particolare, mi sento di affermare che oltre la sfera del “vedere” sempre più evochi il “sentire”, fenomeno che non si può esprimere con parole e numeri.

www.arturobusi.it Nuovi luoghi di paesaggio 6 Olio su tela 80x100 cm

Luli Garini

...dal QUADRO al... … dall’esplosione di colore delle tele alla sinuosità delle forme dei sui magici fiori realizzati e dipinti a mano in foglia d’oro 22 carati...

Luli Garini via del Popolo, 6 - 27029 Vigevano (PV) Tel 0381 73456 - Cel. 339 4012964 luligarini@alice.it

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PITTI

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C'è quasi una contrapposizione fra il gesto e la superficie nella poetica informale di Pitti, della cui strumentazione il gesto è appunto un elemento di rilevante importanza: mentre la superficie è in certo modo il momento della passività contemplativa, il gesto è invece il momento dell'intervento attivo; quasi dalla traccia alla volontà di tracciare. Il gesto, in Pitti, è l'elemento emblematico dell'immediatezza, della precarietà figurale, dell'indeterminazione e al tempo stesso della partecipazione più stretta e avvolgente, più passionalmente accentuata. Il segno di questo artista traccia un percorso, configura un'immagine, scandaglia un nucleo quasi organico, imprime la traccia d'una materia. Ma ciò che accade di così straordinario in Pitti è proprio la trasformazione di quel gesto, sostanziato di raffiche di prelibatezze cromatiche e di gustosità papillari, in strumento di racconto, talchè il suo gesto da assoluto si fa relativo, si modula in tracciati fantastici. Andrea Diprè


ARRIVATO (punto interrogativo) 100 x 100 cm - 2008

FERITOIE 120 x 100 cm - 2008

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Giovan Francesco Gonzaga - “L’avamposto dei corazzieri” Olio su tela 70x50 (1999)

Michele Cascella - “Paesaggio toscano” Olio su tela 50x70 (anni ’70)

Salvatore Fiume - “Città sulla riva del mare” Olio su masonite 54x36 (1989)


Bruno Talpo

artista eclettico alla ricerca di una comunicazione antropologica Artista eclettico e perennemente orientato ad un raffinato work in progress, Bruno Talpo, è nato e lavora a Bergamo, dove ha insegnato a lungo materie plastiche al Liceo Artistico. La sua opera, che ha ricevuto importanti consensi all’estero (a San Paolo del Brasile e a Parigi), spazia dalla pittura alla scultura, dalla grafica, alla cosiddetta interarte (performances, multimedia, mail art). Mario Monteverdi lo ha denominato “ricercatore estetico” riferendosi alla sua costante ricerca per la sperimentazione. Da sempre legato alla sua città natale, nel 1977 ha presentato una mostra personale in omaggio a Donizetti, suo illustre concittadino, presso la Chambre de Commerce de Paris, riscuotendo notevole successo. Dotato di forte rigore culturale, Talpo è da sempre convinto che l’arte non sia una mera abilità tecnica, un abbozzare con mano, quanto un processo cognitivo che non può prescindere da una profonda riflessione critica. L’eclettismo di Bruno Talpo lo pone alla continua ricerca di ipotesi per i suoi progetti artistici, lui stesso afferma che “l’arte non è improvvisazione, ma uno strumento critico che abbraccia la totalità delle esperienze esistenziali ed artistiche” in cui l’uomo sta al centro dell’indagine. Il senso dell’arte di Talpo è l’antropologia culturale che la muove, in una incessante esplorazione degli strumenti espressivi e della coscienza esistenziale dell’uomo. Il supporto per Talpo è un elemento semiologico, il colore ha un valore simbolico, l’intera logica che emerge dalla sua opera indica una ricerca del significato, del senso dell’uomo.

L'arte e'.. "E' la parte più autentica del mio rapporto di comunicazione con la vita. La mia ricerca artistica è antropologica: è un viaggio intorno all'uomo del nostro tempo. Un'arte intesa come strumento critico, di conoscenza che abbraccia la totalità delle esperienze artistiche ed esistenziali. Si tratta di una ""poiein"", il ""fare"" arte basato sull'uso di più mezzi per vivere la ""trascendenza del quotidiano"" che rappresenta la fonte primaria della mia ispirazione."

VENEZIA, 2006 olio su tela, 40x110 cm

Nel caos attuale Bruno Talpo, artigiano ostinato del sublime, ha saputo superare l'angoscia millenaria per vivere la trascendenza del quotidiano. Il sublime nasce dall'ambizione semplice di una coerenza esistenziale.(Pierre Restany, presentazione della mostra antologica di Bruno Talpo, 1996, Ex Teatro Sociale, Bergamo)

Indirizzo Via Galgario, 4 Bergamo. Studio: Tel. 035-246873

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“IL MIO AMATO FERRO” A COLLOQUIO CON MIRTA CARROLI Il disegno, il ferro e il fuoco sono i tre elementi preponderanti nell’opera di Mirta Carroli, artista bolognese che vanta una lunghissima esperienza a livello nazionale e internazionale

Che cosa rappresenta per lei l'arte? “L'arte è la più grande espressione dell'uomo, un momento d'elezione e di grande livello in grado di rendere davvero sacra qualsiasi azione si intende compiere. La vera arte porta a toccare il massimo apice di conoscenza di noi stessi. Inoltre, l'arte è sempre stata un modo di vivere al meglio il proprio tempo, essendo basata soprattutto sulla riflessione dei temi e dei contesti attuali”.

E la sua arte da dove nasce? “Ogni artista si muove con delle idee e con dei filoni ben precisi e ben riconoscibili: io mi sono sempre ispirata ai miti e agli archetipi. Sono partita dagli archetipi della civiltà contadina e da quella cultura popolare che fa parte del bagaglio culturale di tutte le persone, per cercare di arrivare al seme di un linguaggio universale in cui tutti si possano riconoscere. Ultimamente ho affrontato ad esempio il discorso dei rilievi, partendo dagli archetipi legati al mito della madre terra”.

Più in particolare, cosa la caratterizza? “Amo profondamente il disegno perché è il riflesso preparatorio alla scultura. Condivido totalmente ciò che sosteneva Paul Valery: “Il disegno è la più ossessionante tentazione dell'intelletto”. E per me il disegno è proprio questo: un'ossessione, sia prima sia dopo la scultura, perché mi aiuta a trovare nuove ispirazioni e nuovi contenuti di vuoto”.

Contenuti di vuoto? Può spiegarci meglio? “Alcuni critici d’arte affermano che io lavoro molto sui riempimenti del vuoto. E in un certo senso è proprio così: io eseguo infatti soprattutto sculture di medie e grandi dimensioni rapportandomi con lo spazio e con il luogo in cui verranno collocate”.

ENERGEA - 2005 Acciaio INOX AISI 304 - 4.60 X 3.00 X 1.80 m Gea Grosseto Foto Ugo Mariani

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E per quanto riguarda i materiali con cui lavora? “Nella mia lunga carriera di artista ho utilizzato moltissimi materiali, ma il ferro - il mio amato ferro - è il materiale di elezione nella mia ricerca. E' un materiale che sento molto e che per me rappresenta un elemento assolutamente totalitario. Quando manipolo il ferro vengono investiti tutti i miei sensi: mi piace il suo profumo, la sua sensibilità e la sua duttilità. Con il ferro è possibile applicare il concetto del mettere e del levare nello stesso tempo ed è possibile tagliarlo, modellarlo e assemblarlo con estrema facilità e creatività. Il ferro, grazie all'elemento fuoco, che nella mia opera è fondamentale quasi come fosse un vero e proprio collaboratore, posso disegnarlo, tagliarlo, bucarlo, assemblarlo, fonderlo…”.

E' difficile fare l'artista oggi? “E' stato sempre difficile fare l'artista e, oggi più che mai, c'è il rischio di lavorare in solitudine, senza mai confrontarsi con gli altri. L'arte è soprattutto comunicazione, e al giorno d'oggi è assai difficile fare arrivare a tutti la propria opera e il proprio messaggio. Se è vero infatti che l'era informatica ha dato a tutti la possibilità di comunicare più in fretta, è altrettanto vero che è aumentato esponenzialmente il rischio di ricevere troppe informazioni senza la possibilità di discutere sui veri contenuti. Sempre più spesso ci si ferma troppo in superficie, senza cercare di approfondire e confrontarsi. L'arte va soppesata, discussa e soprattutto deve essere motivo di confronto”.

IL TEMPIO DELLE VOCI 1997 Refrattario sintetico cottorico - 4.50 x 4.50 x 14 m Brufa di Torgiano Foto Ugo Mariani MACINA 1999 Ferro 130 X 120 X 130 m Chiostro di S. Giovanni in Monte Università degli Studi di Bologna Foto Guido Piacentini

Il confronto è importante per un artista… "Il confronto è sempre stimolante, soprattutto per un artista che deve essere sempre in grado di rinnovarsi e avere a disposizione nuovi spunti e nuove idee, sia per sé sia per gli altri”.

Lei è un’artista molto affermata in ambito nazionale e internazionale, quali saranno i sui prossimi impegni? “Sono molti. Proprio in questi giorni, ad esempio, è in corso una mia personale a Firenze negli spazi della galleria Varart. Uno dei più importanti appuntamenti che mi vedrà protagonista sarà quello fissato per la prossima primavera quando verrà organizzata una mostra al Castello di Pergine (Trento) che durerà per tutta l'estate del 2009”.

L'ARTISTA Mirta Carroli è nata a Brisighella (Ravenna), vive e lavora a Bologna. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico si diploma all'Accademia di Belle Arti nel corso di Scultura. Nel 1999 le viene conferito il Premio Marconi per la scultura. Ha ricoperto la cattedra di Discipline Plastiche presso il Liceo Artistico " F. Arcangeli " di Bologna e attualmente è docente all’Accademia di Belle Arti bolognese. Ha iniziato a esporre nel 1984 con numerose mostre personali e collettive sia in Italia sia all'estero. Ha realizzato diverse sculture di grandi dimensioni per spazi pubblici all’aperto, come nel Chiostro di San Giovanni in Monte di Bologna, a Brufa di Torgiano (Perugia) e a Grosseto.

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L'artista viaggiatore

Da Gauguin a Klee, da Matisse a Ontani 22 febbraio - 21 giugno 2009

Il progetto di mostra dedicato a L'artista viaggiatore, curato da Claudio Spadoni e Tulliola Sparagni e promosso dal Comune di Ravenna, dall’Assessorato alla Cultura e dal Museo d'Arte della città, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, in programma nelle sale del Mar dal 22 febbraio al 21 giugno 2009, intende presentare i percorsi di alcuni dei più significativi artisti che, affascinati dal mito dell’esotico, hanno viaggiato e vissuto fuori dall'Europa. Gli artisti hanno portato a noi i ricordi, le esperienze e le emozioni dei loro viaggi. Come l’esploratore, da quelli letterari come Ulisse a quelli reali come Marco Polo e James Cook, anche l’artista partecipa alla mitologia del grande viaggiatore. La mostra vuole evocare le atmosfere dei quattro continenti Africa, Asia, America Latina e Oceania, attraverso gli occhi degli artisti europei, interessati ora agli splendidi panorami, dai deserti alle barriere coralline, ora alle popolazioni locali e ai loro costumi, ora alla magia dell’architettura orientale. Modelli storici di galeoni, antiche carte geografiche e mappamondi ci introducono nel percorso di mostra; il visitatore, attraverso le opere d’arte, inizia un viaggio che lo conduce al seguito di spedizioni diplomatiche nel Medio Oriente e nel Mediterraneo mediante il realismo ottocentesco di Caffi, Ussi e Pasini. Si passa poi, mediante il post-impressionismo di Gauguin, alle suggestioni polinesiane, e per mezzo dell’espressionismo dei tedeschi Nolde e Pechstein e del francese Matisse, più in generale all’Oceania. Il fascino del Nord Africa ci viene trasmesso da maestri come Kandinsky e la sua compagna Münter, Klee, Kokoschka e Dubuffet. Protagonisti dell’Informale come Tobey e Mathieu, con le loro derivazioni dal calligrafismo giapponese, ci conducono al continente asiatico, meta condivisa anche da artisti viaggiatori contemporanei come Mondino, Boetti e Ontani. sopra: Galileo Chini L’ora nostalgica sul Me Nam, 1912 in alto a destra:Jules Pierre Van Biesbroeck Danse sous la tente au désert, 1900 ca

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Museo d'Arte della città di Ravenna Via di Roma 13 - Ravenna Tel. 0544 482477 info@museocitta.ra.it www.museocitta.ra.it fino al 31 marzo: martedì - venerdì 9-18, sabato e domenica 9-19 dall’1 aprile: martedì-giovedì 9-18; venerdì 9-21; sabato e domenica 9-19 lunedì chiuso


SOGNI

di

TELA

L'arte pittorica di Ada Eva Verbena trae origine da un'intensa e fortunata pratica incisoria e calcografica e mostra la precisa volontà di trascendere il dato reale per portare alla luce, con immagini e sollecitazioni sensoriali, l'inconscio, il primordiale e l'origine.

Le sue visioni propongono infatti una natura in movimento, espressa in una dinamica di sogno e colore che conduce alla deformazione, alla metamorfosi, all'antropomorfismo e alla creazione di una nuova natura dominata da potenti fasci energetici così come sottolinea il critico Susanna Zatti. O, parafrasando alcuni stralci del discorso di Ferruccio Semeghini tenuto in occasione della presentazione della mostra “Fiore di Verbena” a Villa Ormond a Sanremo (Imperia), possono essere considerate come una “personalissima soluzione di compromesso tra metafisico ed espressionistico che costituiscono il fondamento stilistico per la rappresentazione del sogno e della dimensione onirica, che non è mai un incubo”. Scrive di lei il critico Stefano Fugazza: “...Le incisioni di Ada Eva Verbena non negano le loro affinità elettive con la grafica dell'espressionismo, pur alleggerita a vantaggio di inflessioni meno aspre, probabilmente derivanti dalla secessione meno rigida, da Klimt più che da Schiele, oppure, se si accolgono altri riferimenti, da Matisse più che da Munch. Ma tali echi restano

in lontananza, perché poi l'artista salvaguarda la sua originalità dedicandosi a un'inedita sintesi di segno e forma. Un segno che non riusciamo a definire: ora deciso, una marcata concentrazione di nero; ora più morbido, perfino capricciosamente arricciato. E le forme si accampano larghe, risolute a imporsi e dominare la composizione. Attraverso simili strumenti... prosegue nel suo viaggio nell'universo della femminilità... La creatura terrestre e divina prende possesso del mondo... Dietro le forme piene e possenti ci appare la dea che certi popoli antichi, i più vicini al mistero, veneravano al di sopra di tutto”.

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Vittorio Maria Di VISIONI MEDITERRANEE Nelle opere di Vittorio Maria Di Carlo è racchiusa tutta la magia e il fascino dell'Arte europea del Novecento e delle principali correnti artistiche che l'hanno caratterizzato, dal Cubismo al Neofigurativismo. Di Carlo ha saputo fare suo il genio creativo dei maggiori artisti del secolo passato, assimilandone lo stile e il gusto, arricchendolo poi della sua tecnica e della sua visione artistica. Ne è nato uno stile semplice, accattivante e suadente, ricco sia di modernità sia di classicismo, in cui la quotidianità e la naturalità dei luoghi e delle persone viene rappresentata in modo surreale. Scrive di lui Giuseppe De Vita: “Gli elementi delle sue composizioni si accumulano sulla tela conservando ognuno la sua essenza e la sua individualità, cristalizzandosi e dando come risultato un nuovo scenario tra il reale e l'onirico. Lo spettatore lo riconosce immediatamente come facente parte della propria anima come se fosse stato da sempre di fronte a un simile scenario”. Questa dimensione onirica dell'opera di Di Carlo è possibile apprezzarla - e assaporarla in tutta la sua eleganza e raffinatezza - in “Notturno” e in “Moonlight”, due opere in cui l'artista esprime la sua personale visione delle moderne città italiane, facendone risaltare il solo lato romantico e fiabesco. La stessa atmosfera è possibile apprezzarla anche in “New York” e in “Budapest”: tele in cui l'immaginario incontra il realismo e la quotidianità delle grandi metropoli mondiali, fatta di velocità, fermento e laboriosità, riacquistano prepotentemente il loro ruolo di protagoniste incontrastate dell'era moderna. Ma è nei volti umani che si può

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Tributo a Picasso - Olio e collage su tela - cm 100 x 50 a sinistra: Girlfriends - Olio e collage su tela - 50 x 70 cm

scorgere la reale vena poetica di Di Carlo; nei volti semplici e laboriosi dei “Pescatori” e della “Venditrice di uova” o nei lineamenti graziati di “Girlfriends”. Qui l'attento osservatore può scorgere infatti tutta la storia e le tradizioni della cultura mediterranea di cui l'autore è degno testimone. Se nei volti dei pescatori è possibile riconoscere i lineamenti affaticati e segnati dal tempo del protagonista del capolavoro immortale di Ernest Hemingway “Il Vecchio e il mare”, nelle forme schematizzate delle donne è possibile riconoscere la grazia e la dolcezza impacciata di una moderna Madame Bovary. Al contrario di queste due famosi personaggi letterari da sempre legati a sentimenti di nostalgia e malinconia, i quadri di Di Carlo trasmettono gioia; una gioia fatta di cose semplici e pure.


Carlo Persino la crudeltà della guerra raccontata dal “sommo” Picasso nell'opera magna “Guernica” riesce a essere per Di Carlo un'occasione per regalarci scorci di serenità e di pace. Nelle due tele “Omaggio a Picasso”, difatti, il Maestro va oltre un dovuto tributo al grande artista, e riesce – con invidiabile facilità e abilità – a esprimere nello stesso tempo amore, ammirazione e gratitudine.

Budapest Olio e collage su tela - 100 x 100 cm

sotto: Moonlight Olio e collage su tela - 70 x 70 cm

L’ARTISTA Vittorio Maria Di Carlo, pittore, è nato a San Marco in Lamis (Foggia) e attualmente vive e lavora a Milano. Dopo aver studiato presso l'Istituto Statale di Arte di Bari, si è diplomato in Pittura e Decorazione sotto la guida di Spizzico e di De Robertis. Ha al suo attivo numerose personali e collettive sia in Italia sia all'estero. Per informazioni visitare il sito

torio.com

www.dicarlovit-

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Stefano Paradiso e l’Art-Business Intervista con Stefano Paradiso, giovane presidente del Gruppo I.E.A.C., realtà consolidata di un’idea vincente

Come nasce “La Felce Istituto Europeo d’Arte e Cultura”, costola d’Adamo da cui nasce il Gruppo I.E.A.C.? L’esigenza di dare voce agli artisti emergenti da un lato e l’opportunità di raggiungere un pubblico variegato di appassionati, sono il fulcro dell’idea originaria che ha portato alla creazione de “La Felce”. Il mercato sul finire degli anni ’90 era pronto per recepire un tipo di impresa fondata su queste caratteristiche e, dopo una attenta e appropriata analisi, la scelta è arrivata di conseguenza.

Quando e perché diventa Gruppo I.E.A.C.? La ricerca di una propria dimensione ha impegnato vari anni di attività dell’Istituto che, solo dopo aver ottenuto consensi e consolidamento, ha creato una serie di sinergie che sono alla base della crescita, ma soprattutto, della diversificazione strategica operata nel corso degli ultimi anni. Non si tratta di semplici scelte commerciali rivedute e corrette alla luce dei movimenti di mercato, bensì di una reale crescita imprenditoriale. L’editoria, la Web-Tv ed il web in genere, il mezzo televisivo classico, hanno infine permesso di dare adito ad un movimento associativo che consente ai membri di usufruire, in via privilegiata, di avvenimenti e situazioni di assoluto rilievo legati alla propria passione. Tutto ciò è, e sarà sempre più reso possibile, dal coordinamento delle varie vocazioni del Gruppo I.E.A.C. e da una sempre più crescente centralità della fruizione multimediale dei contenuti che consentirà di raggiungere un numero sempre maggiore di utenti.

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A quale esempio del imprenditoriale si ispira?

mondo

L’unicità imprenditoriale che ci contraddistingue costituisce il segno distintivo delle nostre scelte, spesso alternative e mai in linea con le tendenze del momento, caratteristica che ha contraddistinto sino a questo momento la vita dell’Istituto. L’ispirazione per le attività non è mai derivata da un singolo modello. L’attenta osservazione dell’esperienza svolta dalle varie imprese che, con alterne fortune, nel corso degli anni hanno adito i mercati di riferimento dell’Istituto, ci ha permesso di individuare ed esaltare quegli elementi di novità e di rottura che ci hanno portato spesso ad atteggiamenti imprenditoriali che si potrebbero definire anticonformisti. Le ispirazioni sono venute da varie direzioni, quindi non è possibile individuare un modello di riferimento preciso.

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Oggi in Italia occuparsi di arte è un business senza passione o una passione senza business? La competitività e la professionalità raggiunte da coloro che si occupano di business in Italia è oggi molto elevata. Spesso però si tende a sacrificare la parte più emotiva e coinvolgente per mere questioni economiche. Nel campo dell’Arte la questione si sente maggiormente poiché l’oggetto stesso su cui si fonda la strategia commerciale è fonte di emozione e passione per la maggior parte delle persone coinvolte. Si può correre il rischio di non avere una giusta prospettiva, di tendere a sovrastimare o sottovalutare situazioni per mere ragioni soggettive, emotive o di contro, per ragioni di solo fatturato.

Dove intende arrivare e attraverso quali iniziative? Il futuro del Gruppo I.E.A.C. è teso in primis a migliorare i servizi che oggi riusciamo, in base all’organizzazione che vantiamo, ad offrire ai nostri collezionisti, in secondo luogo alla diversificazione delle attività per poter offrire all’utente finale quella fruizione multimediale di contenuti cui accennavo prima. In quest’ottica il Gruppo I.E.A.C. sarà sempre più attento e si farà promotore di eventi e performance, artistiche in senso stretto o inerenti altri contesti di più ampio respiro. Anche le iniziative editoriali avranno nuovo impulso con la realizzazione di nuovi progetti mentre il futuro prossimo ci vede fortemente impegnati nel potenziamento delle attività su Web e nel lancio di una Web-tv tematica. Di più, comprenderete, non posso dire. Grazie

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La Felce Istituto Europeo d’Arte e Cultura S.r.l. Corso Sempione, 9 20145 Milano Tel. + 39 02 316595 Fax +39 02 34690215 email: info@ieac.it www.ieac.it


Galleria Artisti IEAC

Virginia Vargas Virginia Vargas nasce a Montevideo (Uruguay) il 19 settembre 1972 da padre Uruguaiano e madre Italiana

Nel 1976 la famiglia decide di trasferirsi a Milano, a causa soprattutto del regime dittatoriale che, come ogni dittatura, vieta qualsiasi forma di espressione e libertà. Fin da piccola è chiara la predisposizione per il disegno, molto probabilmente doti acquisite dal padre, grafico e fotografo. Frequenta il liceo artistico “Umberto Boccioni”, con stage alla “Staff” di Milano, società collegata al gruppo Mondadori, nella quale apprende i primi rudimenti grafici. Al Politecnico di Milano, segue la facoltà di architettura con indirizzo restauro, frequentando anche corsi di scenografia. In questi anni continua ad eseguire disegni ed opere, a volte solo a titolo di pura passione personale, oppure in quanto commissionate per essere poi esposte in manifestazioni, in feste o incontri.

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L’attesa (Notte scura) - 2007 Olio su tela, 80x70 cm Pescatore in rosso - 2007 Olio su tela, 70x50 cm

Nel contempo si occupa della realizzazione delle linee di nuovi capi di abbigliamento per il negozio di famiglia “Manos del Uruguay”. Nel 2006 si decide a passare definitivamente alla carriera artistica e viene premiato immediatamente il suo talento. Il suo primo quadro ad olio, “Ponte cinese”, viene selezionato, tra più di 400 partecipanti, per essere esposto durante il premio di pittura “Carlo della Zorza” presso la galleria “Ponte Rosso” in Brera. Dal 2007 inizia la sua collaborazione artistica con l’Istituto “La Felce” che punta e crede nelle sue capacità, inizia a realizzare diverse opere ad olio su tela che riscuotono successo sul mercato. Lo stile pittorico di Virginia Vargas è l’integrazione con il linguaggio espressivo della fotografia, imprimere cioè l’essenza dello scatto su una tela.

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In bilico - 2007 Olio su tela, 80x100 cm

a destra: Ponte cinese - 2006 Olio su tela, 70x50 cm



GIOVANNI NICOLLI Eclettica, istintiva e sperimentale: sono questi gli aggettivi che più si addicono all'arte di Giovanni Nicolli

L'artista bondenese è solito infatti muoversi tra le forme seguendo l'istinto piuttosto che la ragione e a spaziare tra differenti stili e caratteri e con differenti materiali e tecniche di lavorazione. Da una primissima parentesi neocubista nata dall'incontro con Franco Patruno (direttore dell'Istituto di cultura casa Giorgio Cini di Ferrara, ndr) l'opera di Nicolli si è sempre più evoluta, arricchendosi di nuove componenti figurative e, soprattutto, della tridimensionalità della scultura. Nella sua arte è possibile identificare influenze di tutti gli stili oggi conosciuti, mischiati a una continua ricerca del nuovo e dell'insolito. L'itinerario artistico di Nicolli non conosce davvero limiti e la sua arte ha ormai sposato una filosofia di dinamica e movimento, in cui ogni opera rappresenta una corrente artistica a sé stante, totalmente indipendente da quelle che l'hanno preceduta o che la precederanno. Tela, carta, stoffa, cemento, garza e metallo; Nicolli utilizza i più diversi e impensabili materiali, allo scopo di trascinare l'osservatore nel suo viaggio personale alla ricerca dello stile che più si addice al suo modo di essere e di interpretare l'arte. Proprio da questa sua continua ricerca, nasce il titolo di una personale tenutasi nella sua Bondeno (Ferrara) nel 2000: “Svincoli”. Come sottolinea il curatore Angelo Andreotti, infatti: “Nel momento in cui ti sembra abbia affrontato un percorso riconoscibile, Nicolli si svincola mandando all'aria le categorie che faticosamente avevi preparato per lui”.

Senza Titolo - Proprietà Collezione Arienti di Arcore Carta su cartone resine colorate legno 140x100 cm

L'ARTISTA Giovanni Nicolli, classe 1949, vive e lavora a Bondeno (Ferrara). Ha al suo attivo numerose personali in tutta Italia.

Scultura Senza Tiolo Ferro 102x51x19 cm

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SOGNI di CARTA VELINA La particolare tecnica utilizzata da Alessandra Gloria Donelli è frutto di un lungo “percorso creativo” che, come ama definire la stessa artista, è espressione delle pulsioni, delle tensioni e delle esperienze accumulate in modo caotico durante la vita. L'evoluzione dell'artista è infatti passata per differenti momenti creativi che hanno visto avvicendarsi differenti temi ispiratori come esperienze di viaggi e tatuaggi di provenienza orientale e l'uso di diversi materiali come la pittura ad olio, l'acrilico e, infine, la carta velina. Spiral red 185 x 148 cm

Carp 183 x 146 cm

L’ARTISTA Alessandra Gloria Donelli, nata a Legnano nel 1977, vive e lavora a Milano. Si dedica alla pittura e all'arte figurativa parallelamente all’attività di decoratrice trompe l’oeil e restauratrice di pitture murali. Tra i lavori più importanti si ricordano il ripristino del

La tecnica utilizzata dall'artista milanese mira infatti a sfruttare appieno la trasparenza e l’imprevedibilità dei giochi di luce della carta velina, abbinando alla fantasia dei colori accesi il rigore del bianco e nero. Lo stile pittorico e decorativo della Donelli può definirsi per certi versi “istintivo” e “impulsivo”, mirato più a stupire e ad emozionare che a descrivere e raccontare. Turbinii di aria, acqua e fuoco, mescolati tra loro a formare disegni reali e surreali allo stesso tempo, il tutto gestito con una ricercatezza e una grazia delle forme di precisione quasi maniacale. Lo studio dei particolari è infatti quello che più caratterizza le opere dell’artista, e che ne esalta il gusto, l’ingegno e la progettualità.

cinema Odeon di Milano e la decorazione del Montecatone Reabilithation Institute in collaborazione con l'artista Danilo Alessandro Brutti. E' autrice di numerose restaurazioni di vecchie sedi

www.alessandradonelli.it info@alessandradonelli.it

Edison ed Enel; ha partecipato a una selezione di opere destinate all'Istituto Carlo Besta di Milano. Phoenix 185 x 148 cm

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La pittura di LUCE

Le opere di LeoNilde Carabba sono frutto di anni di studi ed esperimenti sulla rifrazione della luce, ed è proprio al buio e in negativo con la lampada di Wood che si possono meglio apprezzare lo stile la ricercatezza dei particolari. I suoi lavori sono basati infatti su una tecnica particolarmente innovativa che vede l’utilizzo di vinilici fluorescenti e fosforescenti e di microsfere di vetro, in grado di donare alle opere un aspetto dinamico e quasi irreale. Ed è proprio questa nuova dimensione, ricca di ombre e giochi di luce, che è in grado di trasportare l’osservatore in un mondo immaginario al cui cospetto è istintivo abbassare il tono della voce e lasciarsi catturare dal suo fascino e dal suo mistero.

Danzando attorno all’UNO

LeoNilde Carabba

L’EVOLUZIONE MULTIMEDIALE Le tecniche e le qualità pittoriche della Carabba sono riassunte in “Danzando attorno all’UNO” (2006), una grande opera composta da 32 pezzi ispirati ai quattro elementi Fuoco, Terra, Aria e

Ma quello che più caratterizza il lavoro degli ultimi anni è l’evoluzione cosiddet-

Acqua e da un pezzo centrale costituito

ce argentina Marcela Pavia e in previsione per il prossimo autunno a Milano.

da un labirinto da lei stessa definito “facile”, perché “se ti arrendi, seguire la Via è facile”. Dal continuo studio della luce e dei colori intrapreso dall’artista milanese sono nate anche opere dal particolare fascino “mistico” come “La ricerca del Daimon” (2008) e “Ispirato e dedicato a Fideal di Marcela Pavia” (2008) che saranno esposte al museo Liu Hai Su Museum di Shanghai (Cina) in una mostra che si inaugurerà il 28 novembre e durerà fino al 10 dicembre, organizzata dai Maestri di Brera (a cura di Rolando Bellini - catalogo Prearo, ndr).

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ta multimediale che culminerà nell’allestimento della scenografia per lo spettacolo “Limen”, progetto della compositri-

L’ARTISTA LeoNilde Carabba, artista di respiro

LE OPERE Le opere di LeoNilde Carabba nascondono una doppia anima. Oltre alla luce del giorno possono essere ammirate al buio e alla luce di Wood. All’osservatore sembra di scorgere due diverse opere , ma in realtà non è altro che la seconda anima dell’opera stessa e la dimensione immaginaria che l’artista vuole trasmettere.

internazionale, si è formata nella Milano artistica degli anni '60 a contatto i migliori artisti del suo tempo. Lucio Fontana stesso ha presentato una delle sue prime mostre. Nel corso della sua carriera ha lavorato in Italia, Nord Europa ed U.S.A. con riconoscimenti di alto livello. Hanno scritto di lei Pierre Restany, Rossana Bossaglia, Lorenza Trucchi, Donatella Airoldi, Jacques Collard, Alberto Veca ed altri. Fa parte del gruppo di artisti che ha progettato e decorato una stanza per l’Alexander Museum Palace Hotel di Pesaro.


'Herschel's Dream - Costellazioni e Cieli Stellati'

Dialogo interattivo fra le Arti: un work in progress verso l'Opera Totale. Aprile 2008 - D'ARS - Milano Installazione al soffitto di LeoNilde Carabba Musiche di Marcela Pavia Interventi di Luce di Marco Brianza Testo Critico di Alberto Veca

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Riflessi d’ARTE Oltre la realtà per comunicare

Vetrina per un sogno Tecnica mista su tela 50,2X70,2 cm

Compagni d’Ombra - 13/09/2004 Tecnica mista su tela 69,8X100 cm

Luigi De Gennaro vanta un’esperienza più che trentennale nel mondo dell’arte. L’artista inizia a formarsi artisticamente e umanamente negli anni Sessanta; subisce da subito l’influenza surrealista del Divino Dalì, ma non ne diviene mai banale adepto, bensì consapevole compagno di viaggio e d’indagine. Questa consapevolezza lo ha portato alla ricerca incessante di una personale dimensione, a volte metafisica, altre volte giocosa e divertita, di una realtà che andasse oltre, di una meta-idea che fosse sopra le cose. E non ha ancora smesso. Lo abbiamo incontrato nello suo studio di Cambiago (MI) dove ogni giorno, come un moderno alchimista, si reca per cercare di trovare la formula per comunicare universalmente il suo pensiero. Negli ultimi tempi, ci racconta, era assillato dalla necessità di esprimere un pensiero scaturito da anni di ricerca: il fruitore dell’opera d’arte è parte dell’opera stessa, in quanto l’ope-

ra è, e riflette, la sensibilità individuale di ognuno. Da qui nasce l’idea surreale di estremizzare questa visione, di creare opere d’arte irripetibili nel tempo e nello spazio, uniche e differenti per ciascun osservatore. Per rendere questa idea, il Maestro ha utilizzato un materiale che

muta in continuazione: lo specchio. Evocativo, suggeritore, ambiguo, permette fisicamente a ogni osservatore di fare parte dell’opera, di personalizzarla, di renderla dinamica, unica e differente a ogni esperienza visiva per il solo fatto di porvisi dinanzi.

E questo è valido per ognuno di noi, conoscitore o meno dell’arte Abbiamo sperimentato le sue opere, ne abbiamo goduto e fatto parte, e soprattutto siamo rimasti incantati dalla semplicità rivoluzionaria dell’idea di Luigi De Gennaro. Le opere del Maestro possono essere ammirate sul sito www.luigidegennaro.it, dove è possibile anche approfondire la conoscenza di questo instancabile ricercatore.

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Romano Cillì rappresenta la profonda crisi di identità dell’uomo contemporaneo

Romano Cillì, giovane e promettente artista nato a Tortona, ha intrapreso una ricerca artistica che lo vede legato ai concetti di consumismo e globalizzazione.

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Alunno dei maestri Pietro Bisio da Gerola e Xante Battaglia, dai quali ha appreso le basi del disegno e i segreti della pittura dal vero, Romano Cillì ha sviluppato una propria identità artistica alla perenne ricerca di espressioni contemporanee, dimostrata dall’utilizzo, nelle sue opere di materiali tecnologici quali telefoni cellulari, macchine fotografiche, Cd e telecamere. Artista poliedrico, Cillì ha maturato esperienze di pittura, scultura, tecniche incisorie, video art, persino scrittura di liriche e brevi racconti, dimostrando

con ironia, sentimento, sofferenza, pensiero, ma sempre e solo con la forza di un bambino». Le sue opere rappresentano, attraverso l’uso brutale del colore, la violenza della società contemporanea e la profonda crisi esistenziale in cui versa l’uomo, impotente di fronte all’incessante progredire della tecnologia. Attraverso una sua particolare tecnica denominata ”olio combusto”, Romano Cillì ridisegna la brutalità della società odier-

una continua e approfondita ricerca del significato profondo dell’arte. Egli stesso afferma che «l’arte è da sempre sinonimo di spontaneità, l’artista si lascia coinvolgere nelle problematiche del mondo che lo circondano, riflettendole nei propri lavori

na, nella quale cova il germe dell’insicurezza «dopo Lucio Fontana ogni atto di intervento sulla tela è esclusivamente un gesto terroristico…. Noi artisti contemporanei siamo paragonabili a cellule terroristiche impazzite».


LUIGI CIBRA Messaggi selenici La bella Selene 30 x 40 cm t.m. Arte (diurna) (notturna)

Selenica

Luigi Cibra, un artista che nasconde il suo messaggio nella luce. In effetti si potrebbe, esemplificando, definire in questo modo il suo lavoro. La sua opera si sviluppa su un duplice e contrapposto piano di lettura. Le opere dell’artista riproducono ciò che l’occhio percepisce, ciò che la sensibilità detta, ma il gesto artistico, ritenuto dall’occhio completo, cela il suo vero messaggio, la sua vera forza, nella luce. Solo nel buio emerge infatti, come in un’immagine fatata, il messaggio dell’artista. Quasi in una dimensione onirica ci viene a suggerire che spesso la nostra percezione è sviata da un unico piano di lettura, da un’eccesiva evidenza che nasconde la vera essenza delle cose. Sembra quasi che inviti al silenzio, a chiudere gli occhi e sognare.

www.luigicibra.com

La fantasia del colore e delle forme esplodono nell’opera

di Liviano

Ammirare un quadro di Liviano Valzelli significa immergersi nel colore, distribuito in una trama astratta che scompone le immagini in forme polivalenti. L’artista bresciano, che opera nel suo studio di Lumezzane Pieve, ha ottenuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale, grazie alla continua ricerca nelle sue opere di armonie cromatiche che danno ampi spazi interpretativi. L’opera artistica non va spiegata, ma deve essere sentita attraverso le emozioni con cui ci si pone davanti ad essa, ogni uomo fa uso della propria cultura e dei propri strumenti percettivi per tradurre il messaggio di ogni prodotto artistico. In questo senso, il cromatismo e l’intrico di forme e di spazi rendono l’opera di Liviano Valzelli portatrice di un significato intrinseco, che emerge prepotente dalla vitalità creativa dei suoi lavori.

Valzelli

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Gino Rocca Artista di notevole spessore ha partecipato a numerose rassegne d’arte e premiato più volte nel campo Nazionale e Internazionale. Premio Leonardo Da Vinci - Roma 1977 Premio Leonardo Da Vinci - Roma 1979 Premio Marc’Aurelio - Roma 1982 Premio S.Crispino - medaglia d’argento del Presidente della Repubblica Villa Baruchello Porto S.Elpidio 4/19 Ottobre 2003 Quasi la confessione di un sogno, la mostra proposta alla Galleria Dè Marchi di Bologna dal 3 al 16 novembre 2007, una ricerca coraggiosa e creativa che non ha mancato di stupire. “Con questa mia personale mostra, ho realizzato un sogno; riuscire a esporre opere che esulano dal mio stile pittorico, nonostante i successi ottenuti in questi ultimi anni. Piano piano ho maturato la consapevolezza che potevo esprimermi anche in modo diverso dal mio stile figurativo moderno. Con questa mostra “fuori tema” di opere che vanno dal 2000 al 2007, ho liberato, con mia grande gioia, un sogno dal cassetto.”

Abitazione e studio: via dei Carrettieri, 3 40134 Bologna Tel-fax 051435553 cell. 3498054323 ginorocca@email.it

www.ginorocca.it

Ongania Alberto Ongania Alberto é un'artista contemporaneo che ha aquisito le tecniche di disegno e pittura dei vecchi maestri combinandoli con il suo unico stile contemporaneo. Nato a Lecco il 29 Marzo del 1969, cresciuto ai piedi delle Prealpi Orobie. Fin dai primi anni della sua infanzia si é dilettato nel disegno e pittura. All'etá di 10 anni si è distinto vincendo un contesto pittorico sul tema di Varenna promosso dalla Pro Loco Varennese. Ha studiato affinando l'arte pittorica sotto la supervisione di rinomati pittori del Lecchese, riportando alla luce sepolte tecniche pittoriche che dal Quattrociento si sono sviluppate fin oltre il Noveciento. Attraverso le sue esperienze e viaggi in altri paesi combinando con studi di Filosofia sulla natura dell'essere sviluppando il suo modo espressivo che dal figurativo realista spazia attraverso un impressionismo d'effetto fino ad arrivare ad un surrrealismo immaginativo, dove l'essenza dello spirito trascende il finito della tela. La qualitá della comunicazione che é l'essenza dell'arte, trasmette l'emozione ed i sentimenti conferendo vita e personalitá all'opera. L'espressione ritrattistica rimane sempre il suo forte, ove conferisce la vita del personaggio nel ritratto. I suoi lavori hanno continuato ad esser popolari nelle ultime decadi, possono essere trovati in collezioni private in Europa e Stati Uniti

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L'ARTE dai MILLE VOLTI di

Roberto Bonin

Il lungo e complesso percorso artistico di Susanna Viale può mettere veramente in difficoltà anche il più esperto e quotato critico d'arte. La sua Arte è caratterizzata da differenti periodi e stili che presentano ognuno una propria identità, quasi fossero stati concepiti da tre differenti persone. Eclettica, poliedrica e cittadina del mondo, Susanna Viale riversa la sua grandissima energia vitale nelle sue opere e, da qui, all'attento osservatore che viene letteralmente preso per mano

e condotto in un lungo e interminabile viaggio verso terre lontane e mondi sconosciuti. “L'Arte è qualcosa di profondo, un vissuto interiore da trasmettere agli altri”, spiega infatti la Viale, confermando la chiara e ferma volontà di comunicare direttamente con il pubblico attraverso le sue opere, condividendo con esso tutti ciò che di più buono c'è nel proprio animo di persona e di artista. Ed è proprio così. In qualsiasi suo lavoro sono contenuti stralci della sua vita, delle sue esperienze, dei suoi sentimenti e dei suoi ricordi, tutti raccontati attraverso l'occhio vigile e attento del reporter a cui nulla sfugge, neppure il più piccolo particolare. E senza cadere nella noiosa retorica ed eliminando inutili e superflui fronzoli e ornamenti.

DALL'ANTROPOLOGIA ALL'ESOTERISMO Il cammino artistico di Susanna Viale non conosce sosta e si arricchisce continuamente di nuovi spunti e nuovi soggetti che l'artista utilizza per addentrarsi in nuove forme di arte e di comunicazione. Arte figurativa, astratta, installazioni, disegni, incisioni e sculture; la Viale è in grado di utilizzare qualsiasi mezzo per catturare l'attenzione dell'osservatore e farlo partecipe dei suoi stati d'animo e della sua dimensione artistica. Scrive di lei Sergio Albano: “Inquadrare le variazioni pittoriche e quindi artistiche di Susanna Viale è impossibile, poiché essa spazia con disinvoltura da un espressionismo barocco al geometrismo onirico, dal metafisico al surreale. Dipinge su tutto con la stessa gioia di fare colore e di trinciare segni barocchi con gran-

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de libertà e autenticità”. Dai suoi continui viaggi intorno al globo, la Viale ha saputo cogliere l'essenza di numerose comunità e gruppi etnici, facendo sue le tradizioni, gli usi e i costumi, e immortalandoli per sempre nelle tele con spatola e pennello. Nei volti e nei corpi delle persone raffigurate sono racchiuse la storia, le gioie e i drammi che è difficile - quasi impossibile - non poter condividere e assumersi in prima persona. E non stiamo parlando di persone con posizioni o incarichi sociali altisonanti, ma della gente comune, quella abituata a piangere e a sudare per poter vivere o, in alcuni casi, sopravvivere. E, nonostante tutto, quello che traspare dai dipinti è gioia e serenità, quella coinvolgente e contagiosa.


Le stesse emozioni e sensazioni, l'artista le riporta anche nei nudi realizzati con tecnica a spatola, molti dei quali caratterizzati da un intrigante ed elegante colore viola che, in barba a falsi pregiudizi e preconcetti, è in grado di trasmettere pace e serenità. Nei “Sensi e la pelle”, i due nudi maschile e femminile sono avvolti in un abbraccio carico di erotismo, in grado di coinvolgere chiunque si fermi a osservarlo - anche solo per un istante - e a inondarlo di amore e sensualità. Nella più recente fase del suo lavoro, quella simbolica ed esoterica, l'artista tocca invece la massima espressività della sua arte, dimostrando tutto il grado di maturazione accumulato in anni e anni di continuo studio e sperimentazione. Nelle due opere “Resurrezione” e “Il Giudizio”, sono ad esempio raffigurati due importanti momenti del Nuovo e Vecchio Testamento, in tutto il loro romanticismo e in tutta la loro potenza. Dalle figure del Cristo Risorto e dell'Angelo delle Trombe apocalittiche si sprigiona una forza impetuosa in grado di infondere un chiaro e forte messaggio di speranza.

a destra: Il giudizio sotto: I sensi la pelle

ARTISTA A 360° Susanna Viale è nata a Torino il 4 giugno 1959. Ha frequentato il liceo artistico e l'Accademia Albertina di Belle Arti e ha successivamente conseguito il diploma di Infermiera Professionale e Assistente Sanitario e la Laurea in Scienze Politiche indirizzo Sociale. Attualmente lavora come funzionario in Regione Piemonte. E' allieva del Maestro Sergio Albano dal 1994 e, a partire dal 1985, ha partecipato a numerose mostre di pittura collettive e personali in Italia e all'estero. Susanna Viale è anche un'attiva organizzatrice di importanti eventi culturali di richiamo internazionale: ultima, in ordine cronologico, la mostra fotografica “Abu Simbel: il salvataggio dei Templi”, in programma a Roma dal 15 al 26 maggio 2009 nella splendida cornice del Tempio di Adriano. Attualmente è impegnata nella realizzazione delle illustrazioni e del mazzo di carte dei tarocchi allegate all’ultimo libro di Maurizio Cusani sui Tarocchi. La sua galleria personale, che sarà operativa a partire dalla prossima primavera, è situata a Pino Torinese (Torino).

Per comunicare con l'artista: vialesusanna@libero.it cell. 339.2784844.

www.vialesusanna.com

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TONY STELLINI ANTONELLA STELLINI Via Stanga, 2 - 37139 VERONA 335.323788

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RICCARDO FOCACCI

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L'INTERIOR DESIGN nel DNA UNA PARTNERSHIP DI SUCCESSO

Da quasi 40 anni è al servizio dell'Architettura e dell'Interior Design. Lo Studio Villani di Lovoleto di Granarolo dell'Emilia (Bologna) inizia infatti la sua attività nel 1969, specializzandosi nei settori della grafica, della progettazione edilizia, del design di interni e dell'arredamento di negozi, hall, sale campionarie, uffici, residenze, sistemi di arredo per franchising e ambientazioni. Molti sono i servizi messi attualmente a disposizione dallo studio che comprendono tutte le singole fasi di lavorazione, a partire dalla progettazione fino alla conclusione del lavoro. In particolare, il design d'interni, vero fiore all'occhiello dello studio bolognese, è in grado di venire incontro a tutte le esigenze, anche le più problematiche apportando quel giusto tocco di stile ed eleganza in grado di fare davvero la differenza.

Lo Studio Villani ha recentemente acquisito l'autorizzazione per la distribuzione e la vendita dei complementi di arredo in porcellana prodotti dalla più antica manifattura d'Europa: la Staatliche Porzellan Manufaktur Meissen GmbH, fondata nel castello di Albrechtsburg a Meissen nel lontano 1710. Per meglio identificare i manufatti di Meissen sono state utilizzate le spade incrociate dello stemma dell'Elettorato di Sassonia; l'inconfondibile marchio viene dipinto a mano in color blu cobalto sullo strato sottosmalto ancora poroso dopo la prima cottura. Attualmente la manifattura produce circa 180 mila oggetti, ma l'archivio delle forme contiene circa 200 mila modelli di tutti i periodi. Dalla stretta collaborazione con lo studio bolognese, che ha permesso alla manifattura di personalizzare i prodotti nell'ottica delle esigenze dei committenti finali, sono nati nuovi progetti di Interior Design che prevedono l'utilizzo di pannelli, statuine ed elementi in porcellana bianca o decorata. Di questa nuova linea fanno parte un caminetto, un mobile da toeletta, una cassettiera e una serie di lampade da tavolo. In particolare, la cassettiera a sette cassetti è dotata di un vano apribile che si trasforma in appoggio caratterizzato da un quadro in porcellana dipinta con i motivi più vari del repertorio degli artisti di Meissen o con disegni su richiesta.

Per ulteriori informazioni: Tel. 051.6021433 www.villanistudio.it info@villanistudio.it

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R.E.M.I.D.A. R.E.M.I.D.A. assume l’onere di un simbolismo ancestrale, per ridare alla prosa dei giorni il suo sogno antico: la qualità che infrange il dominio della quantità, la nobiltà che accusa l’omologazione, la gratuità del bello che smentisce la riduzione dell’essere a merce. R.E.M.I.D.A. torna ad ascoltare l’appello accorato della terra, che implora di essere liberata dall’esilio della tecnica e restituita alla interrotta avventura filosofale.E, di nuovo, il sacro e il profano tornano a parlare una sola lingua. L’altezza non più inarrivabile, torna ad offrirsi al tatto come un tempo, quando l’effige del dio si lasciava decifrare nella dolcezza del seno o nel profilo appena intravisto del viandante, nella sagoma lunare emersa dall’ombra, altera e benedicente. E seguendo la parabola della luce che si fa carne e storia, siamo strappati all’insensato del sempre e del mai, e si torna ad avere direzione e sentiero, in salita. Valter Binaghi

"Ho scelto la materia come poetica identificandola con la terra: non certo come potrebbe farlo uno scultore o un pittore e tanto meno come la mia materia, ma come un partner che mi risponda con segni suoi". Nanni Valentini

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RITA PAGANELLI IL PIACERE DELLO SGUARDO

ritapaganelli@alice.it

L'attività di illustratrice di Rita Paganelli traspare anche nella sua produzione pittorica: la quotidianità è rappresentata come momento relazionale problematico tra persone e/o ambiente e lascia spazio al disegno, usato per arricchire di dettagli e conferire un senso di decorazione all’insieme. L’osservatore segue ipnotizzato i percorsi illogici degli oggetti e li interpreta come indizi per ricostruire quel che è successo e anticiparne gli sviluppi: ma il “fermo-immagine” proietta impenetrabile il proprio enigma irrisolto. La galleria dei giovani personaggi dai movimenti impacciati e dai comportamenti bizzarri è accompagnata da presenze animali, necessità formale e narrativa che funge da voce fuori campo a commento più o meno ironico del dramma rappresentato. Scrive di lei Luca Torelli: “Gli spazi, i colori, le composizioni sottolineano l'angoscia, il precario equilibrio dell'uomo contemporaneo e rivelano il desiderio di trovare in spazi definiti una chiarezza e un limite dove concentrare l'attenzione. Le prospettive sono date dalla successione di piani paralleli, il volume è riprodotto nella bidimensionalità della superficie. L'innaturalezza degli spazi, dei corpi deformati e dei colori stessi crea un'atmosfera irreale, onirica, immobile. Ogni azione è cristallizzata nel suo divenire per prolungarne l'emozione e lasciare dubbi sull'esito finale. Il tempo si concentra così nell'inquietudine di un istante, simbolo di dubbio e tormento per l'incerto futuro umano”.

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MARIA CRISTINA

CASANOVA Quando l’arte si fa donna

Nella sua arte sono contenute la sua indole e la sua personalità. Potrebbe sembrare una banalità o una frase scontata, ma nel caso di Maria Cristina Casanova non vi è niente di più vero. E lo si percepisce dallo sguardo delle tre leggendarie donne bibliche Giuditta, Erodiade e Salomè, scelte dall'artista allo scopo di “ridefinire l'immaginario collettivo, a partire da una riflessione sull'immaginario maschile”. In questi volti, l'autrice scorge la paura-angoscia-attrazione che il sesso maschile prova nei riguardi della potenza del sesso femminile; un sentimento primordiale e universale, mai abbastanza indagato, che impregna sotterraneamente, oscuramente, anche la nostra cultura attuale, come è stato svelato a più riprese dal pensiero femminile degli ultimi decenni. Non solo. Nel gioco a tre, autore, quadro, spettatore, spettatore, quadro, autore, le opere della Casanova hanno una proprietà coinvolgente davvero senza pari, in special modo se a parteciparvi sono donne. La sua vena ispiratrice sembra nascere da una personalissima percezione della realtà in cui la qualità dell'emozione appare legata a una torbida inquietudine esistenziale e dove la ricerca delle forme e dei particolari scaturisce da un'interpretazione onirica del mondo reale e del mondo desiderato dall'artista stessa.

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“Cio che è, è ciò che si vuole” verrebbe da pensare dinanzi a uno dei suoi lavori. Lo spettatore viene infatti immediatamente catturato dalle sfumature di colore e dal senso del movimento che esse trasmettono. Ne è un tipico esempio proprio “La danza di Salomé in dieci quadri” in cui la danza “omicida” viene riprodotta realmente in tutta la sua crudele e malvagia sensualità. La reazione che si ha alla vista di quest'opera non è infatti quella di un tradizionale nudo in cui il soggetto e l'oggetto del desiderio è il mero corpo femminile, ma quella di una visione surreale in grado di trasportare lo spettatore all'interno del vero e proprio fatto storico. Non si esagera di certo se, a seguire attentamente quei movimenti dolci e provocanti, ci si ritrova per incanto ad assistere in prima persona alla tragica notte che portò al martirio del Battista. E, nonostante la crudeltà degli eventi, se ne rimane ugualmente affascinati e inebriati, totalmente conquistati dalla leggerezza e dalla leggiadria di quel corpo. Lo scopo assassino di quei movimenti passa totalmente in secondo piano e la donna perfida e tentatrice diviene invece simbolo di pace, amore e serenità.

LA LIBERAZIONE “I quadri di Cristina Casanova sono spazi per una battaglia la cui meta è la liberazione. Una liberazione da fantasie e fantasmi prigionieri nei labirinti scuri della memoria, prigionieri vendicativi che colpiscono quasi a tradimento”, ha scritto di lei Nicoletta Vignoli. E proprio di liberazione che si deve parlare, descrivendo l'opera della Casanova, contraddistinta com'è da un mix ragionato di dolcezza, semplicità e ribellione. Risulta infatti assai difficile poterne dare un giudizio oggettivo: ogni qualvolta se ne analizzano i particolari, le opere stesse assumono caratteri e particolarità continuamente diverse, passando da differenti stili e differenti influenze artistiche. Ciò che sembra semplice e lineare può diventare d'un tratto macchinoso e sofisticato e ciò che può sembrare inizialmente di difficile comprensione può rivelarsi all'improvviso chiaro e nitido agli occhi dell'attento osservatore. L'arte viene per cui utilizzata come vero e proprio strumento di liberazione per la Casanova, come una sorta di valvola di sfogo in grado di esternare i propri equilibri e disagi interiori che, sia ben inteso, ha come unico scopo il trasmettere tutto ciò che di buono e geniale c'è nel cuore e nella mente dell'artista.

L'ARTISTA Maria Cristina Casanova, ferrarese di nascita, vive e lavora a Bologna. Si è formata presso il Liceo Artistico e l'Accademia di Belle Arti di Bologna, dove in seguito è stata docente di Figura Disegnata per oltre vent'anni. Ha all'attivo numerose personali e collettive a livello sia nazionale sia internazionale, e ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti. Per ulteriori informazioni:

www.mariacristinacasanova.com Dalla trilogia GIUDITTA-SALOME’-DALILA: Danza di Salomè in dieci quadri (particolare)

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ANTONIO DE MARTINO “Le luci del marciapiede”

Che l’arte sia una risposta alla propria contemporaneità ce lo conferma costantemente l’ingombrante e quotidiana presenza delle sequenze di un secolo appena trascorso che sembrano ancora formarne i motivi. L’artista vi aggiunge l’eccitato sfolgorio dei sensi, i pulviscoli della memoria e le affabulanti invenzioni della metafora. Non sempre ma almeno spesso sono questi gli ingredienti adatti ancora a fornirci stupore ed emozione. In Antonio De Martino queste qualità convivono con la bruciante materialità dell’esistenza che è stata carica di eventi cruciali e tribolati ma anche motivo di continua trasformazione. Ora è un vagante sognatore di città come un tempo era stato uno stanziale grillo parlante di campagna. E’ per ciò che nel suo lavoro alberi e marciapiedi convivono come se fossero parte di una foresta metropolitana.

Entrambi avvolti da una crosta cementizia ma nello stesso tempo carichi di frutti abbaglianti, di scompaginanti manifestazioni dell’essere. Luci allora, materializzate con sfolgoranti miraggi, luci della città, scavata dal caso e dal sogno, accompagnano questi eventi dove memoria ed accidente si mescolano senza alcuna prevenzione. Piero Cavellini

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L’ARTE attorno di

Alessandra Lepri

L’Alexander Museum Palace Hotel di Pesaro, ovvero una “performancepermanente” di Arte Contemporanea

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L’

Arte figurativa troppo spesso è vissuta con un atteggiamento accademico, frutto dell’inveterato ossequio della tradizione scolastica verso le opere, vissute come intoccabili e distanti dalla vita di tutti i giorni. Negli ultimi anni si sta tuttavia assistendo a un progressivo superamento di questa sorta di “feticismo” museale, e ci si approccia al mondo dell’arte con più naturalezza. Il merito di avere incuriosito e avvicinato il grande pubblico all’Arte va a certi critici che traducono con un linguaggio più comprensibile l’esegesi delle opere e a veri e propri “Mecenate” dei nostri tempi, che permettono di vivere,

anche se solo per una notte, un contatto ravvicinato con la grande Arte. Il Conte Alessandro-Ferruccio Marcucci Pinoli di Valfesina, proprietario e anima creativa dell’originale albergo, ha fuso mirabilmente la provenienza dal settore alberghiero (è titolare della catena Vip Hotels) con la grande passione per l’Arte Contemporanea. Il risultato è una struttura ricettiva che trascende la sua pura funzionalità per diventare una galleria, uno strumento polifonico che racconta il genio dei grandi interpreti delle arti figurative e permette all’ospite di vivere un’esperienza unica a contatto diretto con l’arte.

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L’hotel, frutto di un’opera di vigoroso restyling strutturale, si sviluppa su nove piani e si affaccia direttamente sul mare. E’ come una immensa tela bianca e neutra (pavimenti e muri sono rigorosamente bianchi) sulla quale artisti di fama internazionale o grandi talenti emergenti, hanno posto la loro firma, realizzando le camere e le sale. Per quattro anni l’hotel è stato un laboratorio di creatività a più mani che ha coinvolto pittori, fotografi, scultori come Sandro Chia, Antonio Ricci, Arnaldo Pomodoro, Mimmo Paladino, solo per citarne alcuni. Sessantatre le camere, microcosmi di arte uniti in un’unica struttura. I corridoi sono come gallerie, le porte chiuse come quadri che riportano, oltre al numero, il nome dell’artista e dell’opera, e sono esse stesse decorate, dando già un’anticipazio-

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ne dell’allestimento. Nel piano seminterrato, la cosiddetta “sala degli specchi” è allestito un grande spazio per le mostre temporanee ed eventi, oltre alla vendita delle opere d’arte in esposizione e delle pubblicazioni firmate dallo stesso proprietario, Alessandro “Nani” (per gli amici) Marcucci Pinoli. L’hotel realizza il sogno di rendere l’arte fruibile a tutti, e di renderla disciplina “applicata” e non soltanto fine a se stessa, così come la Storia l’ha stigmatizzata troppo a lungo. Ecco perché durante il primo anno di vita dell’Hotel, è stato istituito un premio “Sanzio è Raffaello”, che si propone di divenire appuntamento annuale, dedicato ai creativi che realizzano oggetti che possano essere vissuti quotidianamente, liberando così dal


limbo delle arti minori settori ad alto tasso di creatività come la moda, l’arredamento, etc… Gli artisti che hanno concorso a creare questa originale struttura sono stati selezionati e segnalati da importanti personalità del mondo dell’artecome Vittorio Sgarbi, Philippe Daverio, Marisa Vescovo, Armando Ginesi, Achille Bonito Oliva. Il committente non ha posto limiti alla creatività e alle tecniche, ha assegnato le stanze, lasciando trasformare non solo le pareti, ma anche gli arredi, i bagni, le luci. Altro aspetto innovativo la modalità di prenotazione. Attraverso il sito internet l’ospite può visionare solo le porte e scegliere la camera o addirittura vivere l’esperienza provare più stanze.

Alexander Museum Palace Hotel Viale Trieste 20, Pesaro tel 0721 34.441 / 64750 fax 0721 30.550 e mail: alexandermuseum@viphotels.it

www.alexander-museum.it

www.viphotels.it

www.nani-faivivere.it

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Bruno Pessotto …le più recenti esperienze dell’artista sembrano privilegiare rappresentazioni formali più essenziali ed espressive sfruttando la tecnica del bassorilievo dipinto.

Nei nudi femminili, insieme ad una resa formale plastica e realistica, seppure talvolta appena accennata nei dettagli principali, si intuisce anche un desiderio di smaterializzazione della forma stessa e della sua sensualità, nel tentativo di recuperare un archetipo ideale di vita costituito da valori autentici e puri. Quello che più persuade ed affascina in questi bassorilievi dipinti è l’estrema armonizzazione di forma e colore, un fascino alchemico capace di interpretare gli abissi più cupi come le luminosità più estreme. E in questo - va detto – Pessotto è stato geniale. L’attrazione irresistibile è determinata dalla profondità dei blu su cui si staglia il lucore diafono dei corpi femminili, capaci di captare il silenzio ed invitare alla contemplazione. Il fruitore coglie nella plasticità di queste forme un anelito incessante alla vita, agli affetti, alla memoria di sé. Rispetto ai precedenti lavori, legati in maniera più diretta ai ricordi della propria Treviso e ai continui riflussi mnemonici, questi bassorilievi sembrano voler costituire una sintesi, rappresentazione ultima perfetta e compiuta - di un lungo percorso interiore che l’artista ha saputo vivere, soffrire, maturare e trasporre in una dimensione nuova, più pacata e serena. Lucia Majer

Sintesi - 1995 Bassorilievo dipinto 50 x 60 cm La mia estate - 1995 Olio su tela, 100 x 100 cm

Bruno Pessotto Via Gasparotto, 101 - 21100 Varese Via Cairoli, 15 - 21100 Varese Tel. 0332-285597


Galleria Schubert

La Galleria Schubert fu fondata da Alberto Schubert e sua moglie Adele Lilloni nel 1967. La prima sede fu posta in via Cerva a Milano, ma nel 1970 una seconda sede venne aperta in via Montenapoleone, seguita da una terza sede a Lugano, Svizzera, in società con Eligio Boni.

In questo periodo le gallerie erano solite organizzare mostre di grandi maestri della scena artistica italiana. L'esposizione delle sculture eseguite da Giorgio de Chirico è l'esempio di questa politica.

Dal 1987 ad oggi, la galleria è diretta dal figlio Andrea Schubert, con un rinnovato interesse per l'arte contemporanea e la scena internazionale. Un particolare interesse si è focalizzato sull'arte orientale, specialmente giapponese e sulla ricerca dei confini tra arte e design. Nel 2000 la galleria si è trasferita da via Montenapoleone nella sua locale sede di via Fontana.

Marisa Pezzoli

L’alfabeto come esigenza estetica

In Marisa Pezzoli, più che in altri artisti, è evidente la spiccata ricerca di un’espressione esteticamente prevalente. Tale ricerca è a tal punto dominante che il gesto artistico si è codificato sino a divenire esso stesso simbolo significante, alfabeto. È una ricerca lunga e sofferta che non trae banalmente origine da studi effettuati su i vari alfabeti delle lingue conosciute, bensì segue un mero ideale estetico che ha portato l’artista a individuare stilemi ed elevarli a significato. In una società dove la comunicazione e la ricerca dell’armonia estetica è ormai valore acquisito e predominante, Marisa Pezzoli si pone come interprete di una realtà che non può più essere raccontata con aride lettere e numeri.

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HABITAT alfabeto dell'artista 2006 50x70 cm collage carta jap su cartoncino

www.marisapezzoli.it


LA SINDONE PARTENOPEA La sensazione di solitudine è la componente specifica del nostro tempo attuale. La comprensione della solitudine appartiene invece a coloro che l’hanno realizzata attraverso le espansioni dell’anima ai confini della ragione dimostrabile. Cosa ci occorre dunque per dare un senso ad ogni genere di occasione ? Non possiamo fare altro che immergerci in un oceano di conflittualità ed imparare a galleggiare, a fluttuare, riscoprendo in noi la forma che più ci rappresenta perché propria. Ho lasciato così i pensieri scorrere e alle analisi accarezzarli senza ansia. Essere artisti ha un significato incomprensibile per coloro che non sperimentano le influenze estetiche che aggravano le raffigurazioni immaginarie al loro nascere. Conoscere la propria gamma cromatica emotiva in alcuni casi rende insopportabile la consapevolezza della conoscenza, che essendo propria, non permette alibi. Così nasce un’opera, così è nata “La Sindone Partenopea”, in un momento di profonda osservazione dello Spazio-Tempo in cui ho scelto di agire. Essere e non essere danzano in me come entità tangibili che trascinano la

mia esistenza nel suo attuale ciclo biologico. Essere e non essere vogliono oggi riscoprire le orme di passaggi indispensabili alla ragione finale. Libero è il significato dell’opera stessa che lascia incontaminata la sua silenziosa dimora, quale unico vero scopo: ricordare! Lo scontro epocale determina una voragine cognitiva che permette la nascita di una nuova corrente vibrazionale, generata dalla fusione di geni sparsi nell’etere, pronti a germogliare nella memoria collettiva. Dall’Uno ai molti per ritornare all’Uno. Il tracciato ancestrale non lascia fraintendimenti. I miti riemergono per riconquistare la loro posizione primaria, in un perfetto equilibrio di estasi armonica a creare nuove occasioni di sviluppo. Cogliere le opportunità vuol dire essere e non essere partecipi al Grande Progetto, abbandonate le tensioni ostacolanti, per brindare all’unica vera coppa che l’architetto Divino ci porge nutrendoci d’Amore.

Raffaella Corcione Sandoval presenta l’opera Mercoledì 14 dicembre 2005 Salerno Complesso monumentale di San Pietro a Corte foto: Sindone Partenopea

Annunciazione 50x50 cm - tecnica mista, texstil-digitale, 2008

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RENATO MAMBOR

Ultimo Giorno acrilico su tela

Diceva qualcuno, Friedrich Schiller per chi ama la precisione, che ogni artista è figlio del proprio tempo: guai a lui però se ne diventa anche discepolo. Il concetto è semplice, e chissà quante altre volte lo avrete sentito. Creare arte è una straordinaria sensibilità che permette di anticipare i tempi, di guardare al futuro. Proprio per questa impagabile dote è difficile che chi la fa venga capito subito, d’altronde non siamo tutti artisti, purtroppo. Così l’Impressionismo ha dovuto aspettare anni prima di essere apprezzato, allo stesso modo Picasso: giusto il tempo che “la gente comune” lo raggiungesse e lo capisse. Renato Mambor parlava di globalizzazione già negli anni ’60. Non alla Naomi Klein, perché si è sempre ben guardato dal predicare cosa è giusto e cosa sbagliato, piuttosto si è sempre

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Ventaglio acrilico su tela

preoccupato di mettere in luce le situazioni del mondo, magari anche con tagliente ironia. Chi è Renato Mambor? Facciamo al contrario, iniziamo dal dire chi non è. Quando si parla di lui infatti è facile cadere in un fastidioso equivoco: se un giorno doveste trovarvi di fronte a qualche saccente critico che vi colloca Mambor nell’ambito della Pop-Art italiana non credetegli, o almeno fatelo per metà. Già perché è indiscutibilmente la verità affermare che abbia geograficamente e temporalmente fatto parte della Pop Art; è innegabile che abbia diviso lo studio con Tano Festa; è storia che fosse a contatto con gli artisti di Piazza del Popolo e che abbia fatto tesoro della loro dolce influenza. Tutte affermazioni inconfutabili. Tre indizi in questo caso non sono però sufficienti

per avere una prova. Mambor infatti è andato al di là, non si è fermato alla serialità dettata dall’ondata mass-mediatica del tempo. Per capirci meglio prendiamo in esame la serie che più lo caratterizza, l’Uomo Statistico: ritroviamo la serialità tipo Campbell Soup, la protagonista però diviene la coscienza umana. La forte personalità di ognuno di noi che resiste al tentativo di omologazione, ecco perché i timbri: un timbro, anche se non lo vuoi, non sarà mai del tutto uguale a un altro, ci saranno sempre piccole macchie di inchiostro diverse l’una dall’altra, sfaccettature che si traducono nella speranza insita in un uomo che, pur essendo ormai privato della sua personalità esteriore e quindi trasformato in una sagoma, riesce comunque a uscire fuori, lottare, vivere.

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a destra: Naufragio con spettatori acrilico su tela

Protettori colorati con uomo grigio acrilico su tela

Parole doverose se si vuol ben comprendere il concetto cardine della pittura filosofica di Renato Mambor: la neofigurazione concettuale. Mambor si riappropria dell’individualità rubata dalla Pop per avvicinarsi, nella seconda metà degli anni Sessanta, al concettualismo del grande Germano Celant e di conseguenza a Pistoletto e Boetti. In questo viaggio non si dimentica di mettere in valigia la sua matrice Pop, però preferisce coniugare, ed ecco che diventa unico, la figurazione con la concettualità dell’ astrattismo: non lo aveva mai fatto nessuno, ecco il primo neoconcettuale figurativo della storia. E quelle che un tempo erano geniali intuizioni ora sono delle solide realtà, il Mambor di oggi, più maturo, passa dalla perspicacia alla

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piena coscienza della cose e dell’uomo. Non a caso si tratta di un autore che gode della incondizionata stima e fiducia di uno dei critici più famosi del nostro tempo, Achille Bonito Oliva: «Senza dubbio Mambor conserva all’artista un ruolo, quello laico di un portatore sano di una conoscenza, portatrice a sua volta di consapevolezza. Non esiste in Renato Mambor il mito della bellezza piuttosto quello dell’intelligenza sensibile del pubblico, presupposto su cui poggia la didattica creativa dell’artista romano. Tale didattica sembra presupporre una frontalità indispensabile per l’insegnamento. Ma Mambor, supportato dalla coscienza metalinguistica di posizione di lateralità dell’artista verso il mondo, utilizza tale presunta frontalità come pure convenzione dello sguardo, posizione retorica di una contemplazione del prodotto artistico. […] Insomma Mambor appare quale fondatore di una Scuola d’obbligo che vuole alfabetizzare il corpo sociale creando dinamiche di apprendimento più che paralisi contemplativa». Probabilmente è questa una delle spiegazioni per cui Renato Mambor è stato uno dei pochi artisti italiani invitati a esporre



Posizioni Fisiologighe acrilico su tela

alla 52° Biennale di Venezia. Le sue sagome sono state ammirate e apprezzate dal mondo intero, non dimentichiamo tra l’altro che nelle sue opere spesso e volentieri troviamo rappresentata la sua stessa immagine. Non perché sia un artista vanesio, attenzione. Il discorso è molto più sottile e affascinante. In un mondo in cui conta più l’apparenza che la sostanza, dove tanti parlano a sproposito spacciando competenze che non hanno, Mambor con umiltà preferisce invece parlare della persona che conosce meglio, amica e nemica allo stesso tempo: sé stesso. E

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poi, diciamocelo, le vere persone di cultura non sono quelle che vogliono apparire a tutti i costi, autoreferenziandosi e urlando la propria conoscenza sui temi più disparati. Chi della conoscenza è davvero depositario è colui il quale con pacatezza è in grado di ricercare e sperimentare, magari sulla propria persona. Ecco il piglio del vero genio.


Innaffiare - acrilico su tela Spogliarsi - acrilico su tela

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ALESSANDRO DALBUONO

Il FASCINO ARTISTICO della MATEMATICA Quella di Alessandro Dalbuono è un'Arte che parte da lontano e che significa evoluzione nel senso pieno del termine. Dalbuono si è infatti ispirato ai lavori del celebre astrattista Piet Mondrian per rielaborarli e reinterpretarli secondo una propria logica di tipo matematico, basata soprattutto sull'uso dei tre colori primari e sull'unione di più materiali. Simmetria, tridimensionalità e ordine logico sono infatti i tre elementi che più caratterizzano l'Arte di Dalbuono, tutti e tre utilizzati – in modo metodico e sapiente - come giusta contrapposizione alla crisi di identità e valori che caratterizza la società del terzo millennio. Il filo, che nell'opera dell'artista bolognese

Per informazioni: 335.6549852 alessandro.dalbuono@alice.it

assume un ruolo assolutamente dominante, riesce a esprimere al meglio i concetti di tridimensionalità, secondo uno schema predefinito in cui la perfezione dei particolari non è dettata solo dalle semplici regole della geometria piana, ma da una continua ricerca e sperimentazione. Cerchi, quadrati, coni e linee rette, sono assemblati tra loro in modo sincrono e armonico a formare un insieme in cui la precisione maniacale della matematica viene sostituita dall'aspetto metafisico e creativo. Anche la scelta dei materiali, apparentemente casuale, è al contrario studiata fin nei minimi particolari in cui ogni singolo pezzo rappresenta un preciso tassello di un grande disegno in cui l'opera d'Arte ne è solo il compimento finale.

L'ARTISTA Alessandro Dalbuono, artista e artigiano, è nato a Bologna nel 1972. Ha frequentato l’Istituto Statale d’ Arte di Bologna, conseguendo i diplomi di Maestro d’ Arte e di disegnatore di architettura e di interni. E’ stato allievo del prof. Luigi Enzo Mattei, artista e scultore di fama internazionale. Ha preso parte a numerose esposizioni personali e collettive, sia in Italia sia all’estero, e ha conseguito numerosi premi, anche a livello internazionale.

La sua attività si sviluppa in vari settori: dai complementi di arredo personalizzati all’oggettistica artigianale in stile classico e stile contemporaneo, e dalla pittura per porcellana, per ceramica e per lastre di vetro a quella per tessuti.

www.bauhausreedition.com

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Trevisan International Art

Trevisan International Art è un gruppo di artisti quotati appositamente scelti fin dal 2003 sia per esporne i loro lavori a Ferrara, presso il Castello Estense, e, in occasione di vari eventi, in altre città italiane, sia per favorirne gli scambi fornendo loro una rete interattiva. Oltre ad essere una crescente e forte rete di comunicazione tra artisti provenienti da molti paesi e da svariate culture, Trevisan International Art è un incontro di menti dove il mio impegno di curatrice mira a promuovere la condivisione di esperienze e di idee anche a livello internazionale. La forza di questa iniziativa risiede nella diversità di carattere, di sensibilità e di talento fra i singoli artisti che, ciascuno con una propria ben distinta individualità ma tutti con una profonda intensità, hanno la possibilità di relazionarsi reciprocamente attraverso la varietà dei linguaggi espressivi e gli scambi dei diversi backgrounds culturali. Dal momento che sta avanzando una domanda di esposizione anche in altri Paesi, una tale rete internazionale di comunicazione e di corrispondenza acquisterà sempre maggior rilievo mentre Trevisan International Art giocherà un importante ruolo nel continuare a mantenere inalterata l’alta qualità e l’integrità delle future esposizioni.

Keith Morant, Spirit of Travel Mixed media on canvas, 91 x 91 cm

Anthony Buczko, Ruby Nexus Acrylic on watercolor paper, 11" x 10 3/4"

Fran Mc Cann, And on He Played Oil on canvas, 24" x 20"

TREVISAN INTERNATIONAL ART Corso Porta Reno, 17 44100 Ferrara

www.trevisan-international-art.com

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Là dove c’era il gioco Nel secolo scorso vi si giocava alla pelota. oggi quello stesso sferisterio, nel cuore di milano, ospita eventi di ogni tipo, anche internazionali, inserito com’è nel circuito della moda e del fuorisalone. Dal nome evocativo, la pelota ha conservato la propria identità, restituendo alla città il giusto mix tra storia e modernità Sulla mappa di Milano, tra i luoghi storici del centro, la Pelota rappresenta un esemplare modello di recupero architettonico. A due passi da Corso Garibaldi, tra Brera e il triangolo della moda, la location è stata inaugurata nel 1947 e ha animato, per tanti anni, il tempo libero degli amanti del gioco della pelota, da cui prende il nome. Tre anni di lavori di restauro, iniziati nel 1998, hanno riportato questa struttura al suo originario splendore, senza snaturarne gli elementi, ma nel pieno rispetto della sua destinazione. Nel giro di poco tempo, la location è entrata nel ‘circolo degli eventi’ e oggi è una delle più richieste, soprattutto perché in grado di coniugare il prestigio della zona alla disponibilità di spazi ampi e polifunzionali.

Lo sport, di origini basche, che vedeva due squadre sfidarsi lanciando contro un muro una palla di caucciù (pelota, appunto), attraverso un particolare tipo di racchetta in vimini, richiedeva una struttura dal soffitto alto, dagli spazi ampi, senza barriere architettoniche, ma con una tribuna che permettesse agli scommettitori di assistere alle partite. Quando, nel 1997, cinquant’anni dopo la sua apertura, Silvano Gerani, presidente Gilmar Divisione Industria (nota per il suo marchio Iceberg) acquistò lo sferisterio, decise di sottoporre la location a un ‘restauro conservativo’. Il nome stesso, per esteso, ‘Pelota Jai Alai’, significa ‘Gioco Allegro’ e ne rivela l’origine. “L’intervento di recupero - spiega Ilaria Cipolla, responsabile vendite - ha riportato all’antico splendore il tempio dello sport basco, mantenendone tutte le caratteristiche. L’atrio con il bancone per le scommesse (oggi utilizzato come bar, ndr) e le gradinate per gli spettatori, conservano così il profumo della storia. Perfino il vecchio grande totalizzatore delle scommesse, croce e delizia di migliaia di giocatori, è stato recuperato. Nell’attuale versione, rivivono anche il soffitto del terreno di gioco, dall’altezza vertiginosa e dalle curve singolari, e le originarie piastrelle a mosaico sulle pareti. Sono nuovi, invece i rivestimenti in acciaio delle travi che attraversano tutto lo spazio della Pelota e gli oggetti luminosi ideati dall’inglese Mark Newson, uno dei più acclamati designer degli ultimi anni”. Dopo la rimozione del controsoffitto, inoltre, è stato deciso di lasciare a vista il tetto originale e per correggere i difetti acustici causati dalle dimensioni e dalla forma quale si presentava nella prima metà del secolo dello sferisterio, le pareti sono state trattate con scorso, le dotazioni sono altamente tecnologiche e materiale fonoassorbente. Gilmar Divisione Industria ha restaurato la struttura con lo scopo di restituire alla città un logo per mostre e concerti, eventi e feste, capace di vivere tutto l’anno e non solo nelle stagioni della moda”. I 1.200 metri quadri della Pelota hanno una capacità di 1.200 persone e ospitano una media di 40 eventi nel corso dei dodici mesi, tra sfilate di moda, conferenze stampa, presentazioni, cene di gala, riunioni aziendali, concerti, esposizioni e altro ancora. Naturalmente, viste le dimensioni, la location è adatta soprattutto a eventi dai grandi numeri. La zona catering e le due aree bar, inoltre, essendo sopraelevate rispetto a quello che era il campo da gioco, alle spalle delle gradinate, offrono una visuale completa dello spazio e consentono lo svolgimento contemporaneo e separato del buffet e del momento istituzionale. Se a colpo d’occhio lo sferisterio è rimasto tale e predisposte per diversi tipi di allestimento, mentre i rivestimenti, le finiture di pregio e gli arredi rivelano una spiccata attenzione estetica e ne fanno un luogo esclusivo e avanguardistico al tempo stesso. Di forte impatto è anche il colore bianco che domina gli interni, lasciando ampio spazio all’immaginazione e alla personalizzazione della location.

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VIRGILIO VAIRO:

PASTA di NUVOLE al SERVIZIO del MARE di

Roberto Bonin

Quasi tutti abbiamo visitato almeno una volta una località balneare del litorale adriatico e quasi tutti siamo rimasti affascinati dai trabucchi, caratteristiche costruzioni in legno, assai simili a palafitte, che ospitano un particolare sistema di pesca con la rete. Fissandoli, tutti noi ne abbiamo invidiato la loro posizione di “silenziosi guardiani del mare”, sempre a stretto contatto con quel gigante blu a cui tutti, ma proprio tutti, almeno una volta nella vita abbiamo donato il cuore. Virgilio Vairo ha saputo fare di meglio: non solo ha legato indelebilmente i suoi sentimenti alle onde e ai flutti del mare della sua terra d'origine, il Gargano, ma ha saputo immortalare per sempre il ricordo della magia e del fascino di queste opere dell'uomo che, altro non sono, che grandi mani protese verso le profondità di quell'immenso mistero azzurro. Ammirare un trabucco di Vairo è un po' come avvicinare una conchiglia all'orecchio per ascoltare i sussulti del mare: i colori e le sfumature di verde e azzurro utilizzate dal Maestro hanno davvero la capacità di trasportare l'osservatore su una spiaggia immaginaria il cui silenzio è rotto solo dal rumore della tranquilla monotonia del moto ondoso e dove il lavoro frenetico di marinai e pescatori è trasformato in contagiosa energia vitale. Nell'opera di Vairo sono evidenti le influenze delle due correnti figurativista e astrattista che vengono sapientemente utilizzate dall'artista come strumenti per un continuo studio sulla prospettiva e sullo sviluppo dell'aspetto surreale e metafisico dei soggetti rappresentati. “Il quadro deve partire più dall'idea che dall'oggetto fine a se stesso”, sottolinea lo stesso autore. “L'arte è la vita e al centro della mia opera c'è la mia mediterraneità”.

in alto: Trabucco olio su tela 2005, 120x90 cm a sinistra: Trabucco olio su tavola 2002, 40x50 cm


UNA STORIA DI LUCE “La mia è una storia di luce tra figurazione e astrazione”, dice di se stesso Virgilio Vairo. “Un critico ha scritto che le mie opere sembrano dipinte con pasta di nuvole. Ed è proprio questo che caratterizza l'evoluzione della mia Arte: le mie opere sono infatti costruzioni che meritano di essere dipinte nelle nuvole, al fine di dar loro il giusto slancio spirituale”. L'evoluzione di Vairo infatti lo ha portato ad attraversare differenti momenti artistici, sempre però con la propensione verso l'astratto e la metafisica. In quest'ottica, semplici paesaggi urbani diventano un'occasione di studio geometrico che va ben al di là del lato prettamente matematico del termine, ma che comprende al suo interno sogno e sentimento. Nulla nell'astrattismo di Vairo è lasciato al caso, ma è frutto di un sapiente intreccio tra razionalità e immaginazione, in cui entrambi gli aspetti vengono tra loro miscelati in dosi perfettamente eguali. Nonostante questa perfezione di intenti, le opere del Maestro sono comunque in grado di lasciare all'osservatore la massima libertà di interpretazione; interpretazione che, però, non riesce a discostarsi di molto dai contenuti forti e coinvolgenti che Vairo è capace di trasmettere. Le sue visioni e le sue sensazioni sono davvero contagiose e capaci di trascinare l'osservatore all'interno del suo personale universo parallelo fatto di luce, ombre e pasta di nuvole. Geometrie urbane olio su tela 2008, 30x20 cm

L'ARTISTA Virgilio Vairo è nato a Manfredonia (Foggia). Nel 1961 si è trasferito a Como. Risiede attualmente a Casnate con Bernate dove vive e lavora. Ha all'attivo numerose personali e mostre collettive in Italia, Svizzera, Germania e Stati Uniti. Sue opere figurano in collezioni pubbliche e private in Italia e all'estero. Ha partecipato e partecipa su invito ad importanti rassegne nazionali e internazionali, conseguendo premi e riconoscimenti. Hanno parlato e scritto di lui autorevoli critici d'arte di livello locale, regionale, nazionale e internazionale ed è più volte apparso sulla stampa locale, nazionale ed estera.

Per ulteriori informazioni: tel. 031.564361 cell. 328.9129074 virgilio.vairo@libero.it Duomo romanico olio su cartone 2004, 30x20 cm

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SIMONA SKIRA

HALCION

Collage carte pressate - tessuto giapponese - cristalli e resine.

simona.schira@fastwebnet.it



Fotogrammi ridotti ad icona conferiscono all’opera di MARCIANO una

gioiosa monumentalità Le opere di Antonio Marciano, giovane artista di Saronno, si distinguono per una particolare tecnica, l’utilizzo dei chiodini, tipico gioco per bambini, prodotto da Quercetti, disposti in modo da formare immagini, che inebriano di colore e di forme chi li ammira. In realtà, l’uso di questi oggetti generalmente destinati ai bambini nasconde una realtà molto complessa. Le immagini sono costruite lentamente punto dopo punto, colore dopo colore, per restituire loro un’idea scomposta; il senso dell’opera dell’artista è dunque molto più articolato di quanto possa sembrare ad un primo sguardo. Not For Children under 3 years, la sua ultima mostra personale, allestita presso lo Spazio Zero di Gallarate, ribadisce questi concetti, le figure rappresentate sulle tavole dei chiodini sono spezzate, i luoghi e le persone che hanno popolato l’infanzia dell’artista si ripropongono, vengono fotografati, ampliati e scomposti. Marciano fotografa l’esperienza del momento e la riproduce scomponendola in innumerevoli punti fino a trasformarla completamente. Del resto Marciano, fin dall’inizio del suo percorso artistico ha rivestito di importanza i semplici oggetti quotidiani grazie all’uso della foglia d’oro, elevandoli a soggetti di grande pregio, come le icone bizantine.

www.antoniomarciano.com Hopper Sono io il più forte

Il bacio

Chiara e Cristiano


Virginio Mazzoleni Ferracini Lidia Viviani ebbe a definire Virginio Mazzoleni Ferracini un artista dal cromatismo incandescente che trovava sfogo in composizioni quasi magmatiche; don Giulio Gabanelli affermò che più che un pittore sembra un fonditore uscito da una fornace, tipo la mitica officina di Festo, con la padronanza del fuoco che trasforma nei suoi colori. Se mai così calzante potessero essere queste definizioni dell’arte pittorica del Virginio Mazzoleni Ferracini, in tempi non troppo lontani, ora siamo testimoni sia di una evoluzione cromatica della sua tavolozza che della sua stessa forma espressiva. Forte di una esperienza tecnica, egli ha saputo smaterializzare la sostanza dei colori in trasparenze che infondono delicatezza pur mantenendo forte il carattere dei loro timbri e il marchio delle tinte. Colui che si avvicina alle opere di questo artista, coglie ancora oggi nella fusione dei suoi colori una mirabile armonia; le forme si dilatano, si spezzano e si scompongono, come avvolte da uno strano turbinio, per nuovamente unirsi e riformarsi. Ma non solo; Virginio Mazzoleni Ferracini in veste di guida invisibile, con delicatezza, indica la strada ad una lettura del dipinto nella quale fantasia e creatività, sia dell’autore che dell’osservatore, non sono penalizzate. Il mondo di Virginio Mazzoleni Ferracini traspare così in autentiche pagine di sensazioni e percezioni che, come ha scritto Gino Trabini coinvolge i sensi; può eccitare o deprimere, può provocare gioia o angoscia. nel quale, ancora i colori ne sono i veri protagonisti. Diego Gimondi

Via Crucis, stazione VIII (Incontro di Gesù con le pie donne) Smalto su truciolato - 70x100 cm

L’ARTISTA L’artista risiede a San Paolo d’Argon (Bg). Le sue opere sono esposte in permanenza presso le sale del Circolo Artistico Pietro Maria Ronzoni di Sedrina (Bg), tutte le terze domeniche del mese.

Abitazione e studio: via Vittorio Alfieri, 25 San Paolo d’Argon (Bg). Cellulare 3482688436. Circolo Artistico Pietro Maria Ronzoni: Sedrina (Bg), via Sedrina Alta 1a.

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Arte monumentale firmata BELLETTINI L'arte scultorea monumentale di Giovanni Bellettini si caratterizza per la bellezza e la purezza delle forme in grado di donare un marcato ed evidente arricchimento spirituale. All'attenzione dell'osservatore s'impongono le composizioni eleganti e luminose in legno, acciaio, marmo o pezzi di marmo rosso e nero. Davanti alle sue sculture, si ha il sentimento dello spazio, perché la maggior parte delle opere agevolano il dialogo con lo spazio, soprattutto con la storia e la geografia della città di Imola, nella regione di Nord-Ovest dell'Emilia Romagna, la cui natura non viene né copiata né riprodotta, ma rimaneggiata, da una prospettiva artistica propria, il cui risultato è un climato spirituale in mezzo al quale vive e lavora. Jacob Marza

“Penso che il primo atto sia per lo scultore quello di mettersi in dialogo con la materia”, ha dichiarato l'artista fananese in un'intervista. “Prima di ogni altra cosa, devo chiedere alla materia se è in grado di interpretarla... ...Perché ogni materia ha un'anima, un colore, una vita: occorre rispettarle”.

L'ARTISTA Giovanni Bellettini, nativo di Fanano (Modena), vive e lavora a Imola (Bologna). Ha partecipato a mostre, manifestazioni e simposi,soprattutto in Italia, dove ha presentato con successo il frutto del suo lavoro (tra le altre, si ricordano le esposizioni di Bologna, Carrara, Castellanza, Certaldo, Dozza, Erba, Faenza, Ferrara, Fanano, Gemona, Legnano, Minucciano, Nanto, Pavullo nel Frignano, Reggiolo, Sersina, Teulada, Venturina, Villa Palladiana di Poiana Maggiore, Reggia di caserta, LinzAustria, Ciuj-Napoca Romania)

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Lorenzo Alagio

“Artista Border Line”

Un artista che seleziona con rigore le sue opere. Presente in diverse collezioni pubbliche e private, definito dalla critica un artista “border line”, per la sua capacità di interagire con gli elementi

La sua produzione evoca voli psichici dell’anima. Sviluppa i temi più disparati della nostra vita quotidiana, concentrando l’attenzione sui particolari sensibili, che vengono percepiti inconsciamente dallo spettatore. Spiazza, con i suoi controsensi, con la sua falsa ironia, che non dispensa verità, ma rimanda in una terra di nessuno. Lascia la libertà di scegliere ed adattare la visione in rapporto alla nostra sensibilità, ma si ritrova sempre in lui qualcosa di familiare, che risiede nel profondo di ognuno. E’ qui, che l’artista evoca il domani come quesito dell’essere oggi. Le sue opere sembrano produzioni seriali dell’uomo langhiano di “Metropolis”. Uomo, che nella società contemporanea, come in quella industriale, è portato a nascondere le proprie emozioni e paure, dentro il sistema. La terra che contorna le sue opere, terra che solitamente copre e nasconde la decomposizione dei rifiuti interiori, si apre come in un video sull’inconscio.

Presentando immagini a volte iperrealistiche, a volte offuscate. Emblematica l’opera del castello di carbone “anima1”, che appare incandescente nella realtà, ma magicamente incontaminato nel suo riflesso psichico. Oppure nell“assassino nell’arte”, tratto dal capolavoro “La resurrezione” di Piero Della Francesca, indica l’esigenza sociale di riscatto di un’ideale passando attraverso un’azione cruenta, come in un processo rivoluzionario. Giordano Gardelli

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LYDIA LORENZI “La mia attività artistica è essenzialmente il luogo di una naturale, spontanea predisposizione alla creatività, un luogo dove procedere, dialogare, testimoniare in un gesto di innovazione - anche conflittuale - del presente”

Il percorso evolutivo dell’arte di Lydia Lorenzi è governato da una logica inventiva ed espressiva che, pur procedendo per intuizioni improvvise e geniali accensioni della mente, ha tuttavia una consequenzialità rigorosa. In esso si legge una lunga e coerente devozione all’arte, e l’espressione di una personalità creativa assolutamente riconoscibile d’istinto e tuttavia sfuggente ai tentativi di definizione. Guitar 2004 Per Lydia l’arte in genere è un accadere continuo e l’opera non è che un frammento di questo processo: essere artista è un altro modo di vivere, una maniera diversa di abitare lo spazio e di muoversi nel tempo. L’impiego di materiali diversi (che siano mezzi tradizionali piuttosto che ardesia, pietre dure o cristalli), la sicurezza delle ragioni formali, l’esattezza minuziosa dell’impaginazione spaziale rivelano che il pathos espressionistico delle prime opere si è cristallizzato senza residuo in una tessitura squisita e definitiva, fatta di ritmi sottili, ma dipanati, colori rari eppure consenzienti, in una eleganza spontanea di esecuzione.

Rosso contrabbasso 2003

L'ARTISTA Lydia Lorenzi, scultrice, pittrice e grafica, vive a Ranica, Bergamo. E' stata docente di figura e pittura e Art Director del bimestrale di informazione artistica Telexart. Ha realizzato mostre personali e collettive in diverse città europee ed extraeuropee. Dal 2000 è membro attivo de l’A.I.A.P. de l’UNESCO, Monaco. e-mail: lydia.lorenzi@tin.it

Blu sommerso 2007

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STUDIO ARTIST’SERVICE: A FIANCO DELL’ARTISTA, PER AMORE DELL’ARTE

Sembrava che fosse stato detto tutto nel mondo dell’arte. Non è così. Infatti nel caleidoscopio delle sinergie che creano il mondo artistico e lo portano a compimento, manca puntualmente un tassello: il contratto tra la creatività dell’autore e la sua finalità commerciale. Anche artisti affermati risentono di questo tassello mancante. Perché chi vive per l’arte spesso non riesce a districarsi nella giungla dei rapporti, degli ostacoli, dei problemi organizzativi che si frappongono tra l’opera e il suo successo.

Un supporto concreto fino alla presentazione dell’opera al pubblico Matilde Amadi Calini, amante dell’arte e buona conoscitrice dell’ambiente, crea Studio Artist’ Service, l’agenzia che copre a 360° l’azione di comunicazione che si accompagna alla nasci-

ta e alla crescita di un talento, offrendo un pacchetto tutto compreso di servizi, come la preparazione del materiale informativo, l’organizzazione di mostre personali e collettive, la gestione dei contatti con la stampa specializzata, il contatto con i critici d’arte, la realizzazione di un book fotografico ad hoc fino al vernissage, momento importante per la vita di un artista.

Una visibilità a livello internazionale Con il portale artist’service.it l’agenzia si pone come punto di riferimento per l’artista, il gallerista e il pubblico interessato al mondo dell’arte, fornendo news costantemente aggiornate e schede con i profili e le informazioni dettagliate sugli artisti rappresentati, sulle mostre e sugli eventi a livello nazionale e internazionali. In sintesi questa agenzia di servizi colma il divario tra la creatività pura e le contingenze oggettive che da sempre affliggono l’artista.

Laura Adami e lo staff di Studio Artist' Service

Lo SPAZIO GUICCIARDINI della PROVINCIA DI MILANO in collaborazione con STUDIO ARTIST’ SERVICE e MILANO ARTE presenta: Mostra collettiva di pittura e scultura Spazio GUICCIARDINI

5x5 Fuoristrada dal 21 Gennaio al 13 Febbraio 2009 Milano, via Guicciardini 6 Artisti in Mostra: Clelia Cortemiglia Francesco Barbato Loredana Raciti Pierfrancesco Mastroberti Vittorio Emanuele. A cura di: Carlo Adelio Galimberti

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TUBERTINI

L'ESSENZA dei PARTICOLARI Il fascino romantico e decadente delle facciate e dei tetti delle case o dei portici del centro cittadino passa spesso inosservato ai più

Non è però il caso del Maestro Tubertini, capace di cogliere – con estrema sapienza e innata raffinatezza – la poesia e la dolcezza di questi particolari.Scrive infatti di lui il giornalista Giorgio Ruggeri: “Dobbiamo essere grati ad artisti che, come Tubertini, sanno mettere in luce ciò che la gente distratta neppure sospetta”. Ed è proprio questo che contraddistingue l'Arte di Tubertini: il gusto nel saper cogliere i piccoli scorci di quotidianità e nel saperli descrivere e “raccontare” con invidiabile grazia e sensibilità. La grande capacità di Tubertini sta nel riuscire a vedere ciò che altri non vedono, mettendo a nudo un mondo parallelo in cui i tetti e le volte degli archi della sua Bologna riescono a prendere vita e testimoniare le gioie e i

L'ARTISTA

dolori di centinaia d'anni di vita vissuta. Nelle sue opere non

Bologna, città in cui è nato. La sua prima personale risale al 1983 sotto la guida del Maestro Franco Farina, allora Direttore

ci sono quindi semplici ambientazioni cittadine, ma il cuore pulsante della città, quello fatto dalla gente comune che in queste strade ha lavorato, si è riposata, ha riso, ha pianto, ha esultato o si è disperata. Tubertini ne è silenzioso testimone, quasi fosse uno storico incaricato di condurre l'osservatore in un viaggio attraverso il tempo e lo spazio alla ricerca dell'amore, dei sentimenti e delle sensazioni di migliaia e migliaia di volti anonimi chiusi nella loro gioia o nel loro dolore.

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Roberto Roversi ha saputo magistralmente cogliere queste delicate sfumature dell'arte di Tubertini e ne ha scritto: “I quadri maggiori di Tubertini potrei anche leggerli come pagine manoscritte di un volume. Essi non si limitano a voler apparire, essere visibili, ma scavano per cercare di decifrare il borbottio immane e misterioso della vita; anche quando la vita sembra essersi rifugiata o timidamente annidata sopra i tetti come un gatto in attesa”.

Raffaele Tubertini, laureato in Scienze Agrarie, vive e lavora a

delle Gallerie civiche d'arte moderna di Ferrara. Sue opere si trovano in gallerie pubbliche e collezioni private. Nel corso degli anni ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui, recentemente, la Medaglia di bronzo al Premio Firenze 2007.



MITI e LEGGENDE d'OLTREOCEANO Potrebbe sembrare arte Naif, ma non lo è. L'opera di Ubelly Guerrero Martinez è ben altro, mista a colori e trasparenze di difficile collocazione. I suoi quadri sono vere e proprie testimonianze di una cultura e di una civiltà lontana nel tempo e nello spazio; una cultura talmente grande e fastosa che è persino difficile raccontarla attraverso miti o leggende da tramandare di padre in figlio. Solo un dipinto può farlo; un dipinto che, non solo sappia immortalare per sempre i luoghi, le persone o gli animali, ma che sappia trasmettere la magia del momento e il fascino dei particolari. Ubelly Guerrero Martinez è riuscita in tutto questo, disegnando, e attualizzando, il glorioso passato della sua terra d'origine, la Colombia, e la contagiosa voglia di vivere della civiltà Chibcha. Basta fissare, anche per un solo istante, una delle sue opere, per essere trascinati a migliaia di chilometri di distanza e a migliaia di anni dai giorni nostri, al di là dell'Oceano, nelle foreste del Sud America al tempo delle civiltà precolombiane. Niente è lasciato all'immaginazione dell'osservatore: tutti i cinque sensi vengono infatti stimolati a far riassaporare i suoni, i profumi e i colori di particolari momenti in cui il sacro e il divino non sembrano più mete irraggiungibili. Tutto sembra reale, tanto da poterlo toccare con mano e potersi così bagnare le

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punta delle dita con le gocce di rugiada che scorrono sulle foglie, lasciarsi piacevolmente solleticare i palmi delle mani con il manto vellutato del muschio del sottobosco o subire il dolce frastuono del richiamo di animali selvaggi o del ruggito di belve feroci. “I miei dipinti sono un indivisibile cordone ombelicale che mi lega alla mia terra d'origine, alla sua natura incontaminata e al suo folclore”, dice l'Artista, parlando della sua opera. E lo dice non senza un velo di commozione, facendo trasparire un grande amore per il Paese che ha lasciato e un grande rispetto per quello in cui si trova. “Nei miei quadri è contenuta anche la cultura contadina italiana e quella della Romagna in cui vivo”, sottolinea infatti la Guerrero, dimostrando come la sua Arte non è altro che un ponte immaginario tra le due culture e tra ciò che è sogno e ciò che è realtà.

UBELLY GUERRERO MARTINEZ Ubelly Guerrero Martinez, pittrice autodidatta e scrittrice, è nata a Victoria Caldas (Colombia) e vive attualmente a Bagna-cavallo (Ravenna). A Medelin ha frequentato dapprima una scuola pubblicitaria e, in seguito, un corso privato di disegno che l'ha aiutata a migliorare la propria tecnica esecutiva. Ha all'attivo numerose mostre personali e collettive e ha ricevuto numerosi riconoscimenti sia a livello nazionale sia internazionale. Tra le sue opere letterarie si ricordano: “Al di là dell'oceano”, “I sacerdoti del primo impero” e “I giorni felici di Campo Alegre”. a sinistra: Lo Zipa venne ricoperto di polvere

in alto: Il riposo di Huitaca


Salvatore GIRGENTI

Potremmo presentarvi

Salvatore Girgenti illustrandovi la sua sapienza pittorica, magari vaticinando circa l’influenza di questo o quel movimento nella sua Arte, o magnificando la singolarità della sua biografia e formazione, ma così potremmo parlarvi di mille altri artisti

2007 - Mareggiata o olio su tela - 80 x 60 cm

Salvatore Girgenti merita di più, merita l’emozione che ci ha regalato la sua Arte. E proprio in questa maniera che vogliamo presentarvi il Maestro, tentando di trasmettervi un pizzico di quello che abbiamo respirato osservando il suo lavoro. Come facciamo spesso quando incontriamo un artista che non conosciamo, abbiamo cominciato ad osservare le tele

2007 - Paesaggio 1 olio su tela - 80 x 60 cm

senza voler sapere nulla circa l’autore. E così abbiamo fatto anche questa volta. Le osservavamo, curiosi, avidi, e più guardavamo quelle tele, più ci sorprendevamo colpiti dalla potenza degli accostamenti cromatici, dalla vigoria del gesto artistico, mai indeciso, sempre energico, potente, intenso. Osservavamo quei paesaggi e la nostra mente vagava. Nel nostro metaforico viaggio ci siamo ritrovati a Vigata ed abbiamo riconosciuto d’un tratto le emozioni che ci pervadevano. Il Maestro con la sua sensibilità ha evocato nel nostro spirito i profumi, i suoni, il gusto di una terra fiera e vera come solo quella siciliana sa esserlo. Tali emozioni, così vivide, le avevamo provate un’altra volta, e precisamente la prima volta che abbiamo letto l’altro grande cantore della sua terra che è Andrea Camilleri. In questo stato d’animo abbiamo toccato le tele 2005 - Mareggiata o olio su tela - 60 x 80 cm

ed abbiamo percepito la ruvidezza della materia, materia che è stata lavorata, pensata, sofferta e resa a noi con impeto dopo un lungo travaglio, come terra arata e fertile. È stata una vera emozione che ha coinvolto tutti i nostri sensi… Avremmo ancora molto da dire, ma le parole hanno un limite. Non vogliamo rubare spazio all’Arte con cui si esprime Salvatore Girgenti. Invitiamo quindi i lettori a visitare il ben curato ed elegante sito del Maestro all’indirizzo www.salvatoregirgenti.it. Potrete leggerne la biografia e le critiche, ed ammirare l’evoluzione della sua produzione artistica.


BELTRAMELLI

Nella foto è ripresa una porzione dello Studio Beltramelli Commercialisti in Bologna oggetto di un rilevante intervento di ristrutturazione in un prestigioso palazzo storico nel centro di Bologna. Particolarmente caratteristica è la sala fotografata caratterizzata da volta in mattoni antichi sabbiati e trattati. L’intervento denota come sia possibile un connubio di un ambiente storico con il tecnicismo degli impianti e delle moderne strutture informatiche impiegate in un ambiente di lavoro moderno e razionale. Lo studio occupa tre piani dell’edificio del 500 collegato da ascensore interno per circa 1000 mq.

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Titolare dello studio è il dr. Mario Alberto Beltramelli che rilevò nel 1979 lo studio fondato fin dal 1952 trasferendo l’originale sede di via Clavature (sempre in pieno centro storico) nell’attuale più ampia di Via Castiglione (Palazzo Spada). Lo studio ha accesso oltre che da Via Castiglione anche da Via De’ Poeti e da Vicolo dell’Orto. Nello studio hanno anche sede la società fiduciaria Audit and Trust s.r.l. e la società di revisione Audit Group s.r.l. entrambe autorizzate alle rispettive attività con specifici Decreti Ministeriali ed operano esclusivamente nei confronti di clienti dello studio. Per lo studio opera altresì una società di

consulenza contabile ed amministrativa Accounting Group s.r.l. Nello studio collaborano con il titolare diversi colleghi e collaboratori. L’attività principale è la consulenza di diritto commerciale e tributario in particolare nell’ambito di operazioni straordinarie, acquisizioni e passaggi generazionali. Negli ultimi anni nell’ambito di tali operazioni è stata sviluppata l’attività di consulenza in materia di trust.

Dott. Mario Alberto Beltramelli Studio Beltramelli Tel. 051/238878 fax 051/268979


Lo studio de’ poeti Lo Studio De' Poeti è nato nel giugno del 2006 dalla collaborazione di alcuni soci, a Bologna in Via Castiglione n.25, al piano terra di Palazzo Spada, un immobile di pregio del '500 luogo ideale per trovare bellezza e salute, situato su due piani riflette un'atmosfera accogliente in ogni suo ambiente. La filosofia di fondo è quella di un'alta qualità del servizio per la cura del corpo e del viso per una clientela esigente. La vera bellezza e il vero benessere non possono che essere manifestazioni di equilibrio e armonia. I trattamenti sono svariati e all'avanguardia eseguiti sia manualmente sfruttando tecniche antiche e tradizionali, quali il massaggio ayurvedico, la riflessologia plantare, sia avvalendosi di apparecchiature tra le più innovative quali il massaggio endodermico, il trattamento alla luce pulsata per l'epilazione definitiva e il photoringiovanimento. Molta attenzione ai trattamenti corpo eseguiti con prodottti termali quali fanghi, per il viso tecniche di esfoliazione profonda e

importanti linee di alta cosmesi. Nel centro si pratica la disciplina Pilates da Joseph Hubert Pilates nato in Germania nel 1880, ideò un metodo di ginnastica ideale e completa. Le sue conoscenze gli diedero la possibilità di creare un'unica forma di ginnastica per il corpo e la mente che portano armonia ed equilibrio. Il segreto di questa disciplina sta nella completezza delle tecniche di respirazione coordinazione stretching e tonificazione. Grazie agli esercizi eseguiti con le attrezzature utilizzate nel centro, che si avvalgono dellle tecnologie moderne, il corpo assume una postura corretta e naturale. Nel centro è presente "Space Trainer" la pedana oscillante e vibrante che produce effetti incredibili sul corpo attivando il metabolismo basale ottenendo una maggiore combustione dei lipidi e riducendo gli strati adiposi sottocutanei.

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NONANTOLA ABBAZIA L’edificio originario, di cui restano poche tracce, venne fondato per volere di Astolfo, re dei Longobardi, nel lontano 751 d.C. La posizione prescelta era strategicamente efficace dal momento che queste terre erano al confine tra il dominio longobardo e la giurisdizione bizantina della Pentapoli. La direzione materiale e spirituale della basilica e dell’annesso monastero fu affidata dal re al cognato Astolfo il quale seppe dare vita ad un ricco cenobio capace di accogliere un gran numero di monaci che le fonti ricordano in numero superiore a mille. Questi, in ossequio alla regola benedettina, si impegnarono nell’esercizio costante della preghiera e di diverse attività tra le quali una di somma importanza: la scrittura di codici, anche miniati, e di documenti. L’insieme di tali manufatti costituì l’antico nucleo della biblioteca e dell’archivio abbaziale. La chiesa attuale, interamente realizzata in mattoni, è databile attorno alla prima parte del XII secolo, dal momento che nel 1117 un terribile terremoto, che investì tutta l’area padana, causò ingenti danni all’edificio preesistente: di esso resta ancora memoria nell’iscrizione che corre sull’architrave posto a coronamento del grande portale di ingresso alla chiesa. Questa fu poi profondamente alterata nel XV secolo e, dopo avere subito notevoli modifiche strutturali durante i secoli XVII e XVIII, venne ripristinata in forme romaniche tra il 1913 e il 1917 secondo i criteri dell'epoca. La facciata si mostra caratterizzata da semicolonne e alleggerita da lesene, è coronata da archetti pensili che ne profilano tutto il coronamento. Un’elegante bifora dà luce alla navata centrale. Il protiro, tipica struttura dell’architettura romanica, domina la facciata. Retto da due colonne su leoni stilofori, incornicia lo splendido portale, autentico capolavoro attribuito alla scuola di Wiligelmo, autore dei rilievi della facciata del Duomo di Modena (1099). Lo stipite sinistro riporta sei formelle relative ai momenti salienti della fondazione dell'Abbazia ad alla traslazione delle reliquie dei Santi nel monastero, in quello

Abbazia Facciata: Facciata della Basilica realizzata dopo l’incendio del 1117 che ne devastò le coperture. E’ in mattoni, caratterizzata da lesene e da una forte prevalenza dei pieni sui vuoti. E’ alleggerita da una bifora centrale e dall’elegante portale con protiro. Costituisce un tipico esempio di Romanico padano.

destro sono raccontate storie dell'infanzia di Cristo. L'interno degli stipiti si mostra finemente scolpito con un fregio a tralcio abitato in cui trovano posto uomini e creature fantastiche: è questa una vivace ed efficace rappresentazione di quella “selva oscura” fatta di tentazioni e pericoli in cui è tanto facile smarrirsi che sarà ricordata dal Sommo poeta all’inizio della sua Divina Commedia. Sopra l'architrave, la lunetta che assembla diverse lastre con le immagini di Cristo in trono ed i simboli degli Evangelisti. L'interno è, nel suo insieme, solenne ed austero così come si conviene ad una chiesa monastica. I possenti pilastri della navata centrale scandiscono lo spazio in cui spicca il presbite-

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rio soprelevato dove l'altare maggiore ancora oggi custodisce le reliquie di San Silvestro, cui la basilica è dedicata. Di singolare suggestione è la cripta: qui una vera e propria “selva” di 64 colonne circonda un altro altare dove riposano le reliquie di S. Anselmo abate fondatore e di altri cinque Santi. All’esterno, costeggiando il lato sud della basilica, si ha modo di godere dello straordinario silenzio che caratterizza il giardino interno dove un tempo era ubicato il chiostro dei monaci. Di qui si giunge alle absidi che rivelano, nella loro altezza vertiginosa e nella loro maestosità, una evidente dipendenza dalla grande tradizione architettonica di epoca ottoniana. La loro severa eleganza è segnata dalle lesene che reggono arcatelle cieche, dagli archetti pensili, dalla bifora, speculare a quella della facciata, dai tondi entro cui un tempo erano murati i bacili bizantini di ceramica invetriata, ora esposti nelle sale interne del Museo Abbaziale.

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Abbazia, Cripta: La cripta è una delle più grandi d’Europa. E’ caratterizzata da una serie di volte a crociera sostenute da 64 colonne con relativi capitelli in pietra. Costituisce la parte più antica del corpo basilicale. Abbazia, Lunetta del Portale: L’ampio portale centrale della facciata mostra questa ricca lunetta decorata in pietra con le immagini di Cristo Pantocratore, di due Angeli e dei simboli degli Evangelisti.


IL PALAZZO ABBAZIALE A destra della facciata della Basilica si trova il Palazzo Abbaziale. L'edificio attuale rispecchia la ristrutturazione settecentesca che vi collocò il Seminario. Tutto il piano terreno conserva, sotto l'intonaco, ampi tratti dell'edificio medievale, evidente nel bel portale gotico e nell'androne retrostante. Oggi il palazzo ospita l'Archivio, la Biblioteca ed il Museo Benedettino Nonantolano e Diocesano di Arte Sacra. L’Archivio è situato al primo piano. Il suo cuore sono le oltre 4.500 pergamene che documentano l’età più antica dell’Abbazia e delle località che ne dipendevano. 131 documenti sono precedenti al Mille, e costituiscono un passaggio obbligato per gli studiosi di storia altomedievale italiana ed europea. Fra questi si annoverano i diplomi di Carlo Magno e di Federico Barbarossa, oltre a quelli di gran parte degli imperatori e dei papi, insieme alle chartae di Matilde di Canossa e dei suoi antenati. Di grande rilievo sono anche i Libri di amministrazione, che documentano la storia economica del monastero e delle sue proprietà tra XIII e XVIII secolo e anche fino al primo ‘900. La Biblioteca dell'Abbazia fu fondata dal primo abate Sant'Anselmo e fu affiancata da uno Scriptorium fin dal suo primo secolo di vita. Ancora verso la fine del XV secolo contava 259 codici, dei quali 90 circa oggi riconosciuti, tre soli dei quali ancora nell'Abbazia. L'attuale biblioteca, che si è arricchita nel tempo, comprende 20.000 volumi circa, 16 incunaboli e 174 cinquecentine. La volontà di rendere sempre più accessibili i beni culturali dell'Abbazia e, al tempo stesso, di garantirne la conservazione, ha spinto ad avviare già da alcuni anni un programma di informatizzazione basato sull'acquisizione delle immagini e l'inventariazione

Museo Benedettino Nonantolano, Tesoro Abbaziale, Graduale: Il codice è datato alla seconda metà dell’XI secolo. Qui è mostrata la parte anteriore della Legatura che conserva una formella di avorio decorata con un albero dal ricco e variegato corredo di foglie.


Abbazia, Portale, stipite (particolare): Gli stipiti del portale di scuola wiligelmica sono decorati con un tralcio di vite abitato da uomini ed animali mostruosi e fantastici. La loro realizzazione rivela un altissima finezza esecutiva. Abbazia, Portale, stipite (particolare): La formella rappresenta il momento della fondazione della Basilica realizzata del monaco Anselmo, santo e fondatore, che reca in mano la regola di San Benedetto seguita dai monaci del cenobio nonantolano.

Museo Benedettino Nonantolano, Tesoro Abbaziale, Cassettina d’avorio: Il manufatto è in legno e rivestito completamente di listelli di avorio lavorati a traforo e taluni pigmentati con colore rosso. Risale all’XI secolo e proviene probabilmente dall’area renana, grande produttrice di avori in età medioevale. La cassettina è stata utilizzata come contenitore per reliquie.

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informatica delle pergamene appartenenti all'Archivio Abbaziale, la ricostruzione virtuale dell'antica biblioteca medioevale e la catalogazione informatica del settore moderno e contemporaneo. Al secondo piano del Palazzo si trova il Museo nato nel 1999 dall'esigenza di dare un'adeguata collocazione ai manufatti artistici d'alto valore che sono parte essenziale del patrimonio abbaziale e diocesano e di consentirne una adeguata conservazione. Tra le attività promosse al fine di diffondere la conoscenza di questo ricco patrimonio anche tra le generazioni più giovani risulta di particolare interesse il Laboratorio Didattico intitolato La fabbrica del Codice che fornisce ai ragazzi delle scuole le conoscenze di base sul processo produttivo del codice manoscritto medievale nelle sue fasi costruttive e sull'utilizzo della scrittura antica (Minuscola carolina). Per quanto riguarda l’allestimento, la sezione nonantolana del Museo espone un'ampia scelta di pergamene dell'Archivio Abbaziale, tra le quali quelle recanti i monogrammi dell'imperatore Carlo Magno e della contessa Matilde di Canossa. Nelle prime sale campeggiano, inoltre, il grande Polittico con Maestà e Santi realizzato da Michele di Matteo Lambertini di scuola bolognese, unitamente alla Pala dell'Ascensione attribuita al “Maestro dagli occhi spalancati” di scuola ferrarese. A queste grandi tavole si aggiunge, di più modeste dimensioni, ma non per questo di inferiore bellezza, la Croce lignea dipinta da Zanobi Strozzi, allievo prediletto di Beato Angelico (opere tutte del XV secolo). A conferma degli stretti rapporti culturali intrattenuti dall’Abbazia con la vicina e culturalmente fervida città di Bologna è il grande dipinto su tela raffigurante San Carlo Borromeo di Ludovico Carracci (1613-1616). Ciò che rende, poi, davvero suggestiva questa visita è il nucleo più antico della raccolta costituito dal Tesoro dell' Abbazia. Grazie ad esso è ancora oggi possibile intuire quella che fu la ricchezza, la devozione ed il prestigio che caratterizzarono questo cenobio durante il Medioevo. Accanto a Cassette porta reliquie di argento sbalzato o avorio traforato e intarsiato che confermano chiari influssi artistici provenienti dall’Oltralpe, oltre ai due codici, il Cantatorium e l’Evangelistarium, dalle legature impreziosite da pietre dure, argento dorato e formelle di avorio vi è l’Acta Sanctorum che fornisce utilissime informazioni relative alla vita e alle opere dei Santi nonantolani. La centralità religiosa e politica di Nonantola appare poi evidente nella presenza di tre Stauroteche (reliquiari della Vera Croce) e di tessuti antichi assai rari che sono giunti fino ai nostri giorni. L’insigne reliquiario della Santa Croce, risalente al X-XI secolo, costituisce un vero tesoro di fede e d'arte cristiana


orientale. Ornato da rari smalti cloisonnés e da reliquie minori della Terra Santa, esso conferma gli stretti rapporti culturali che questo monastero ed i suoi abati seppero intrattenere con la grande capitale d’Oriente.

Abbazia Absidi: Le tre possenti absidi giganteggiano all’interno del cortile abbaziale e rammentano le proporzioni delle grandi cattedrali nord europee, quali Spira e Hildesheim (Germania). Sono ravvivate da piccole e strombate finestre e da inserti di pietra. Un tempo il coronamento ospitava, come decoro, bacini in terracotta invetriata e colorata di manifattura bizantina, alcuni dei quali sono ora conservati presso il Museo Benedettino Nonantolano.

Abbazia Interno: Veduta delle tre navate interne dell’Abbazia, caratterizzate da possenti ed alti pilastri realizzati anch’essi come le murature in mattone rosso. La navata centrale, più alta e più grande, termina con una scalinata che conduce all’altare maggiore sopraelevato come era in uso prima della Riforma Tridentina.

Straordinario ritrovamento di antichi tessuti, la cui datazione oscilla tra l’VIII ed il IX secolo per i più antichi e i secoli XIXII per i più recenti, avvenuto nel corso della campagna di inventariazione condotta dalle catalogatrici della Diocesi di Modena per cura della Conferenza Episcopale Italiana. In tale frangente è stato, infatti, rinvenuto un rarissimo sciamito color porpora ed oro decorato con ampie rote racchiudenti aquile imperiali confezionato, in origine, come piviale, e poi utilizzato per avvolgere i resti mortali di San Silvestro Papa nell’arca funebre, divenendo in tale modo “reliquia per contatto”. Alla sua intrinseca preziosità data dai materiali, dai pigmenti usati per tingerlo, dall’apparato iconografico che lo caratterizzano, si aggiunge il fatto che, fino ad oggi, sono stati rinvenuti solamente altri tre tessuti analoghi, tutti di datazione posteriore: il così detto Sudario di San Germano conservato ad Auxerre, la seta sargia del vescovo Ermanno del Museo Diocesano di Bressanone e un frammento di sciamito bizantino conservato presso il Museo del Bargello di Firenze. Oltre a questo è stato ritrovato un altro sciamito di colore verde ricamato in oro e blu con leoni, cervi e lepri, in cui è possibile ravvisare un’affinità con il manto di Ruggero II (XII secolo), di probabile manifattura palermitana di XI-XII secolo. I due reperti tessili sono stati oggetto di pulitura e restauro, mentre altri piccoli frammenti sono in attesa di studio dopo il necessario intervento conservativo. Questi rinvenimenti offrono, a motivo della loro antichità e delle loro ipotizzate provenienze, un’ulteriore conferma della centralità del ruolo rivestito da Nonantola nelle dinamiche culturali medioevali tra i grandi centri italiani, europei e Costantinopoli.

Per questo motivo il Museo intende dare ad essi l’adeguato risalto mediante la realizzazione di una serie di eventi volti a catalizzare l’attenzione non solo degli esperti del settore, ma anche del grande pubblico. Fra questi si anticipa la Mostra che si terrà nell’Aprile prossimo in cui verrà realizzato un nuovo allestimento dell’intero Tesoro abbaziale comprendente tutti i reperti ritrovati. Seguiranno conferenze e pubblicazioni atte a divulgare le modalità del ritrovamento, dell’intervento di restauro e ad approfondire lo studio di questi manufatti che costituiscono una autentica rarità nel panorama artistico mondiale. Dott.ssa Giovanna Caselgrandi Coordinatrice Scientifica Museo Benedettino Nonantolano Museo Benedettino Nonantolano, Tesoro Abbaziale, Sciamito con Aquile: il tessuto risale all’VIII-IX secolo e mostra il motivo imperiale dell’aquila entro grandi rote. Il fondo è colore porpora, mentre i decori sono realizzati in oro, giallo, verde, blu, azzurro e bianco. Attualmente sottoposto a restauro, sarà esposto in Museo nella primavera prossima.

ORARI DI APERTURA DEL MUSEO • MARTEDÌ - SABATO: 9,00 -12,30 / 15,00-18,30 (la biglietteria chiude mezz'ora prima) • DOMENICA e FESTIVI: 15,00-18,00 • LUNEDÌ CHIUSO • 24-25, 31 Dicembre; 1, 6 Gennaio; Pasqua; 1-31 Agosto CHIUSO Qualora si voglia effettuare la visita con guida si consiglia la prenotazione telefonica (059/549025)

BIGLIETTI • INTERO: € 3,00 • RIDOTTO: € 1,50 insegnanti, studenti, adulti sopra 65 anni, soci Touring Club, ICOM, AMEI • GRATUITO: sacerdoti e religiosi di tutte le Chiese Cristiane, disabili e accompagnatori, insegnanti con scolaresche, militari paesi UE, bambini entro 6 anni, guide e giornalisti muniti di tesserino

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Storie di Successo GUSTO

AESTHETICA da Gustare: il cibo come linguaggio per veicolare Bellezza

di

Roberta Schira

Sarà anche vero che l' estetica è un settore della filosofia che si occupa di riconoscere e indagare il bello naturale e artistico, ma non dimentichiamo il suo significato originario. ′ ′ Deriva da αισθανοµαι che significa sentire, avvertire una percezione attraverso sensazioni. Riconoscere quindi il suo etimo, in quanto categoria della conoscenza relativa all'uso dei sensi, ci avvicina inevitabilmente al mondo del cibo. Mai come in questa accezione il termine estetica si attaglia all'universo cucina. E per una volta non ci comporteremo come quei tronfi e boriosi critici gastronomici che fanno tremare i cuochi in odore di promozioni, no. Per una volta nell'avvicinarci a un piatto sovvertiamo l'ordine stabilito dal buonsenso, priorità che ho sempre rispettato: prima Buono e poi Bello. Per una volta facciamo il contrario: prima Bello e poi Buono. Proust ci invita a non «sottovivere» i nostri sensi a non sottovalutarli. Ecco un esercizio che ci riconcilia con essi: avvicinarci a un cibo bello e buono. Esteticamente buono, come questi quattro piatti. Consiglio di procedere così: osservateli, leggeteli tra le righe, toccateli, annusateli. Ho scelto piatti/ opere che vanno molto al di là del mondo gustativo perché forieri di un ventaglio completo di esperienze sensoriali, perché coinvolgono vista, udito, tatto, olfatto e solo per ultimo il gusto. L'ultimo ma primario, perchè conferisce senso a tutta l'operazione. E infine, dopo averli decodificati, dopo aver imparato la loro lezione di Bellezza, distruggeteli, mangiateli, sopprimeteli. Come è scritto per all'arte culinaria. Come conviene a tutte le forme di arte effimera.

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Ho scelto questi cibi come pregustazioni del Bello per arrivare al Buono. Per giocare ancora una volta con il cibo e le sue mille sembianze, noi, da questa parte del mondo che possiamo farlo. Tutto può servire a combattere il pericoloso scadimento dell’alimentazione verso la gastro-anomia, ossia la perdita dei valori culinari come l' appiattimento e la pigrizia del gusto Quei valori che passano attraverso la riconoscibilità degli ingredienti e la paternità di un prodotto. Ho scelto questi cibi perché sono Belli e Buoni. Non solo nel senso che sono gradevoli al palato, ma nel senso che appartengono a quel tipo di esperienza che rende migliore chi la vive.


Foto di Giovanni Panarotto

L'uovo di Knam Quando la cucina è armonia di forme Who: re dei pasticceri e non solo. Artista bavarese a tutto tondo, Ernst Knam riesce a coniugare la meticolosità teutonica alla più briosa creatività mediterranea. E' uno dei più bravi e famosi pasticceri italiani, chef, proprietario di catering, autore di libri e di una linea di coltelli. Tutto ciò che esce dalle sue mani esprime la sua weltanschauung con ironia e talento. Vedi i cioccolatini ispirati al kamasutra o il martelletto da lui creato con Berti esclusivamente per rompere le uova di cioccolato. Inspiration:ispirato al famoso gioielliere Peter Carl Fabergé questo uovo di Knam è un dolce da re, anzi da zar, sensuale e dannunziano, ma più raffinato e colto. Come un gioiello bizantino. L'uovo è la forma perfetta, è la quintessenza della morbidezza, la ricetta contro la spigolosità della vita, la cura per le asperità del quotidiano. L'uovo è simbolo di vita di là dal tempo e dalle convenzioni. La perfezione per lui passa attraverso la freschezza, di gusto e pensiero. Attraverso la purezza, di forme e sapori. What: l'uovo è fatto di cioccolato fondente Messico varietà criollo 72%. In quelle di Fabergé la sorpresa consisteva in uccellini meccanici con melodia, perle rare, cammei e miniature, in quelle di Knam ci potete nascondere ciò che volete. Anche se credo che a sorprendersi saranno soprattutto le papille gustative. Percorre l'uovo in tutta la sua estensione come una saetta, come un brivido, un mosaico in foglia d'oro 24 carati. Where : nel suo negozio L’Antica arte del dolce in via Anfossi e, da poco in via De Amicis, entrambi a Milano e Otium a Torino.

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L'Uovo e l'Asparago Quando la cucina è scultura. Who: Filippo Gozzoli il promettente executive chef insediatosi nel più raffinato, esclusivo e lussuoso hotel di Milano, il Park Hyatt. Questo giovane di origine cremonese porta l'imprintig culinario di Enoteca Pinchiorri, 'Harry's Bar e Le Gavroche di Londra e ancora Eden e De Russie di Roma: scusate se è poco. E' un perfezionista, alla perenne e maniacale ricerca dell'ingrediente migliore e, una volta trovato, della tecnica migliore per valorizzarlo. Ha saputo rivalutare le frattaglie inserendole in carta e precorrendo i tempi e le tendenze dell'alta cucina internazionale. Inspiration: l'idea nasce dalla passione per un artista, Giò Pomodoro e precisamente da una sua scultura mobile in vetroresina " Il giroscopio" ( 1987/90). Si tratta di una sorta di macchina composta di una ruota in rotazione intorno al suo asse. Uomo dalle radici mediterranee, Filippo sa ispirarsi ai sapori del mondo alla ricerca della perfezione, la sua perfezione: esprimere la complessità della sua filosofia cucinaria in maniera semplice.

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What: il piatto è composto di una gelatina di asparagi, che ricorda la base del giroscopio con al centro un uovo cotto a bassa temperatura che rappresenta il perno del piatto/scultura. Le punte di asparago adagiate regalano movimento e ariosità, frastagliando la base. Gli spicchi di cipolla rossa creano contrasto cromatico ricordando i bagliori rossastri del rame. E infine, l'albume fritto, una sorta di corpo che dà verticalità al piatto e armonizza i volumi. Where: al ristorante centrale dell'Hotel Park Hyatt in via Tommaso Grossi, 1 a Milano.Tel. 02 8821 1234


Il sushi e i fiori

Quando la cucina è anche spettacolo Who: Daniel Facien, lo chef trentino di nascita e bergamasco d'adozione. Sostenitore della cucina molecolare di stampo adrianeggiante, più chimico che manipolatore, più alchimista che mero esecutore. La perfezione culinaria per lui è da ricercarsi nell'assoluta complementarità di tradizione e tecnologia. Inspiration: questo piatto è ispirato alla cultura orientale, si chiama "Il sushi e i fiori", io lo ribattezzerei ikebana-sushi o meglio cambierei quel termine tanto usurato in "Gambero in sfoglia di patata fiorita". Niente di più ovvio del classico abbinamento pesce crudo/ riso? E' vero, ma aggiungere fiori eduli e schiuma di molluschi rinnova e rigenera : ecco dove risiede la scintilla di creatività. E' un piatto elegante e femminile che ricorda un corpo flessuoso avvolto nella seta di un kimono. What : si tratta di un gambero rosso di Sicilia sgusciato e aperto, leggermente battuto e poi farcito con riso basmati bollito, precedentemente condito con aceto di riso e soia. Intorno al gambero crudo è stata avvolta una sfoglia di patata semi cruda nella quale sono stati imprigionati foglie e petali di fiori commestibili. Sulla base del piatto una schiuma di molluschi con al centro un cucchiaino di caviale belga iraniano. Where: Anteprima Ristorante & Show Cooking – via Fratelli Kennedy, 12- Chiuduno ( Bg). Tel 035 836 10 30. Carlo Pierato Anteprima Ristorante & Show Cooking Tel. 035 836 10 30 - Fax 035 838 139 www.ristoranteanteprima.it • info@ristoranteanteprima.it

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IQuando Crostacei di Sadler la cucina è equilibrio. Who: Claudio Sadler, chef pluristellato e severo interprete dell'equilibrio di forme e sapori. Osannato dagli esteti del palato e snobbato dai giornalisti che non gli perdonano di voler essere anche imprenditore. Cerca la perfezione nell'Armonia vera, quella che trascende mode ed effetti speciali a favore di un minimalismo del gusto conquistato con disciplina e costanza. Plasmato dal rigore dell'estetica orientale ( ha aperto un ristorante a Pechino) sa cogliere con ironia i mille significati del cibo. Che dire di un uomo che ha creato un piatto come : Chupa Chupa di foie gras, croccante al pistacchio con cioccolato bianco e fichi confit? Inspiration: Chi più di lui merita di essere ospitato in una rivista d' arte e sensualità? Sadler è un appassionato di arte moderna e da dieci anni collabora con la Fondazione Giorgio Marconi.

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Significa che i suoi ristoranti sono stati e sono tuttora vere e proprie gallerie d'arte, significa cenare osservando le opere di Man Ray, Mimmo Rotella, Enrico Baj, Sonya Delonay, Lucio Del Pezzo, per esempio. Claudio ha imparato a riconoscere il Bello negli anni e lo trasfonde nel Buono dei suoi piatti. La sua è una cucina designer: studia i piatti nei loro equilibri a tavolino prima di passare ai fornelli. What: è un piatto storico ancora richiestissimo: la Padellata di crostacei con crema di broccoletti con patata liquida al limone. Qui esprime al meglio la sua passione morbosa per i crostacei. Il fondo nero ormai adottato anche in cucina fa spiccare le pennellate di sapore/colore come su una tavolozza. Where: da Sadler - Via Ascanio sforza, 77 - Milano Tel. 02.58104451



RICORDI PREZIOSI

l'esperienza come valore fondamentale di

Augusto Carrera

IL BLANCO Tavolo 130 x 130 cm - collage tecnica mista

Ieri sera ho fatto un viaggio. E’ stato un viaggio nella memoria, attraverso le sensazioni. È iniziato come nascono la maggior parte dei viaggi memorabili, per caso. La mia direttrice editoriale, Alessandra Lucherini, mi ha chiamato e mi ha proposto di accompagnarla all’incontro con un’artista. Alessandra mi conosce bene, sa quanto io ami incontrare personalità creative. Ci siamo quindi mossi alla volta di Crema, verso la dimora

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di Emanuela Crotti. Eravamo attesi, abbiamo preso un caffè e subito siamo stati condotti nel suo laboratorio. Emanuela umanamente mi ha colpito subito, ma quello che avrei provato da lì a qualche momento, non è paragonabile. Entrare nello studio di un artista per me è sempre un’esperienza unica, è come entrare nella tenda dello sciamano, colui che possiede formule magiche e vede cose invisibili ai più. Rimango


GINGER Console 130 x 50 cm - collage tecnica mista

sempre intimorito e affascinato da quest’esperienza. Questa volta sono stato anche rapito: la magia mi ha portato lontano, in un altro tempo, in un altro spazio, in un’altra esperienza. Sono entrato guardandomi intorno. Non c’erano quadri, non vedevo sculture. Nella stanza c’erano solo quelli che all’apparenza sembravano due semplici tavoli, uno bianco, l’altro nero. Mi sono avvicinato, ho osservato il piano, e ho visto. Dinanzi a me avevo una storia: una raccolta di amore, di tempo, di gioco, di vita. Come l’ambra ha catturato e perpetuato il volo della farfalla, Emanuela Crotti ha reso eterno il ricordo e il sentimento ad esso legato. In un piano dello spessore di 5 centimetri l’artista ha composto un puzzle recuperando e disponendo oggetti che parlano della sua vita, che le sono stati cari, che sono parte di lei da

sempre, e ha cristallizzato tutto nella resina epossidica. Osservavo, riflettevo e mi perdevo in mille pensieri, in mille suggestioni. Attraverso la sua esperienza Emanuela ha individuato gli archetipi che rappresentano la stessa esperienza umana, la materia intangibile di cui ognuno di noi è costituto. Nelle sue opere ho trovato l’amore in ogni sua forma, l’amore fisico, carnale, ideale, fatto di cuori e di corpi. Ho osservato il tempo eterno e incongruo come un orologio senza lancette sa essere, o effimero, come i quadranti sparsi intorno ad uno scheletro. Ho gustato la vita attraverso il cibo, colorato, dolce, piccante, non solo nutrimento ma gioia di vivere e piacere di stare insieme, di condividere. E ancora il gioco, la nostra infanzia, le perle rubate alla mamma, le conchiglie raccolte nei giorni spensierati.

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Mi sono emozionato, lo sono ancora adesso. Più osservavo quelle composizioni, più coglievo particolari che mi sorprendevano per la loro forza evocativa. La stessa decisione di utilizzare l’opera come piano di un tavolo l’ho trovata carica di un forte connotato simbolico. Il piano di un tavolo è lo spazio su cui si mangia, si scrive una lettera, si lavora, si studia, intorno al quale ci si riunisce. Attraverso le sue suggestioni Emanuela è come se ci suggerisse che queste attività sono possibili e possono essere svolte adeguatamente solo se c’è una base. Metaforicamente, sembra dire, ognuno di noi costruisce, lavora, si migliora, si nutre, ama sulla base delle proprie esperienze, sulla base della propria cultura umana, base dalla quale ogni cosa parte e ritorna. Ho ringraziato Emanuela Crotti e ho cercato, forse un po’ goffamente, di esprimerle la mia ammirazione. Più tardi, rimasto solo, ancora assorbito dalle suggestioni delle opere che avevo potuto ammirare, ho sentito forte il bisogno di fermarmi, fermarmi ad ascoltare le mie sensazioni, la mia storia, le mie origini… “Ciao mamma, come stai?”

Per informazioni: manucrotti@wooow.it

Particolare gambe tavoli Foto di Cristina Fiorentini

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Arte&Sensi Promotion

Un sorriso dalla Tecnica al Risultato

L’impianto iuxta-endosseo osteointegrato, evoluzione dello iuxtaosseo, è un impianto odontoiatrico che supera quasi tutti i limiti ossei Scopo di una metodica medica è che la maggior parte dei pazienti ne possa trarre giovamento, pertanto si può affermare che la ricerca implantologica condotta dall’équipe del San Babila Day Hospital di Milano ha centrato lo scopo, mettendo a punto un impianto che dà piena sicurezza di risultato e che è applicabile nella quasi totalità dei casi: questo è l’ impianto iuxta-endosseo osteointegrato, che circonda l’osso aderendo perfettamente invece di penetrarlo e quindi è praticabile anche nei casi in cui l’osso sia sottile, basso, o vuoto per la presenza di estesi seni mascellari. Quest’ impianto si applica sull’osso duro delle corticali, ed è realizzato in modo che la struttura palatale interna e la vestibolare esterna, in contrapposizione tra di loro, scaricano le forze di masticazione su ampie zone ossee, quindi atte a resistere alle notevoli forze dislocanti prodotte dai denti antagonisti. Quando si decide per uno iuxta-endosseo osteointegrato ? In tutti i casi in cui gli endossei (viti) non possono essere eseguiti: creste ossee basse, sottili e seni mascellari molto estesi. In questo tipo di impianto l’operatore non ha bisogno di fresare l’osso, ma deve soltanto applicare l’impianto sulla cresta ossea. Quindi, minore difficoltà operatoria. L’impianto va preparato su misura per ogni paziente. Programmato e realizzato sul modello stereolitografico da una TAC multislice 64, si applica sull’osso in poco tempo. L’impianto iuxta-endosseo osteointegrato dà la possibilità di impiantare la quasi totalità di quei casi che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità di ricevere una protesi fissa. Altro vantaggio dello iuxta-endosseo osteointegrato è che nelle zone posteriori del mascellare superiore la struttura dell’impianto imita la divaricazione delle tre radici dei molari superiori, atte a resistere alle forze compressive e dislo-

canti prodotte dai denti antagonisti della mandibola. Quindi: 1) non fresaggio dell’osso; 2) possibilità di impiantare qualsiasi tipo d’osso, anche il più sottile e distrutto; 3) uso immediato dell’impianto. Queste caratteristiche lo rendono di facile applicazione e perciò sicuro sia per l’operatore che per il paziente. Inoltre, al momento dell’applicazione sull’osso, viene ricoperto da una sostanza biologica che, trasformandosi in osso del paziente in 3-4 mesi, lo blocca stabilizzandolo definitivamente. Quindi, oltre che iuxtaosseo, diventa anche endosseo osteointegrato. Da qui la definizione di iuxtaendosseo osteointegrato. L’aumento di spessore dell’osso migliora anche l’estetica della bocca. Quanti denti può sostituire questo impianto? Da due denti fino ad un’ intera arcata. L’ impianto può anche essere eseguito in combinazione con gli endossei ( viti ), quando una zona ossea ha la possibilità dell’inserimento delle viti mentre un’altra ha l’osso distrutto.

San Babila Day Hospital Via Stoppani, 36 - 20129 Milano Tel. 02 2046941

Via Oglio, 9 - 00198 Roma Tel. 06 8546472

www.sanbabiladayhospital.it Numero Verde 800168990


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SAPORE di CIOCCOLATO di

Paola Dei


a sinistra: Bacio - Gustav Klimt sotto: Il bacio - Francesco Hayez

Chi di noi non ha mai gustato ad occhi chiusi la punta delle dita intrise di cioccolato? Chi non ha mai sentito in vivo -e non in vitro- gli effetti benefici del "Cibo degli Déi"? Chi non ha mai scoperto una leggera complicità con il peccato nell'atto "criminoso" di gustare il contenuto di un barattolo di Nutella con la sola compagnia di una situazione afrodisiaca? Questo cibo immortalato nell'Olimpo e per anni ritenuto responsabile di diverse patologie, troverebbe di certo una sua succulenta collocazione anche ne "La cucina del dottor Freud", buona e gustosa lettura di James Hillman e Charles Boer, nella quale troviamo - tra le tante: La cena primaria, Il prandium interruptum, La salsa narciso, Il fragolone inconsce, Lo stufato nevrotico ossia Il tegame onnipotente... a questi potremo aggiungere un Es bavarese al cioccolato. Cibo osannato e poi denigrato il cioccolato negli anni 70 aveva perso molta della sua fama. Oggi per fortuna i luoghi comuni circa la sua pericolosità che sembrava andare a braccetto con la sua peccaminosità, sono stati sfatati ed anzi persino i nutrizionisti ne consigliano l'uso quotidiano, raccomandandone soltanto il non abuso. Quale espressione artistica poteva eguagliare la dolcezza di questo alimento se non una dolce commedia che inizia in una

notte ventosa in una piccola comunità di provincia dove tutti sembrano avvolti in sterotipi e prigionie metaforiche che non permettono una leggera espressione di sé. Parliamo di Chocolat, un Film con attori di grande livello -tra i quali ricordiamo Juliette Binoche nelle vesti di Vianne - che ci conduce per mano nelle atmosfere che rilassano gli sfinteri dell'anima e sconvolgono i punti cardinali della cultura repressiva realizzando una felice alchimia fra la buona chimica del cibo e quella dei commensali grazie ad una sorta di sesto senso che Vianne sembra possedere per intuire le debolezze di ognuno e consigliare la pralina giusta per ogni desiderio. Non ci vuole molto a far si che il suo negozio diventi in poco tempo il più frequentato. Ognuno può trovare momentaneo rimedio alle proprie difficoltà ma, come in tutte le favole che si rispettano anche in questa è presente l'ostacolo che si materializza nella figura del Sindaco, un aristocratico Conte che non

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sopportando tutto questo ben di Dio, come è tipico delle persone intrise di rigidezze che nascondono desideri repressi, tenta di boicottare il negozio chiamando a raccolta tutta la popolazione benpensante nel tentativo di convincerla della peccaminosità del negozio. In questo clima di ostilità giunge nel paese Roux, uno zingaro musicista che decide di stare dalla parte di Vianne. Ma il colpo di scena più afrodisiaco del Film commedia lo si

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gusta quando il Sindaco lascia i suoi freni inibitori e si concede una abbuffata di cioccolato, una guduria dei sensi che da sofferta diviene sempre più liberatoria e piacevole. Il mattino dopo Vianne, che non sembra affatto sorpresa dell'accaduto lo aiuta ad alzarsi e andare via ma…. in chiesa padre Henry tiene l'omelia senza leggere discorsi già scritti, il paese festeggia, . il sindaco è cambiato, e con lui tutti gli altri sono più allegri e disponibili.


Vianne però, così come è giunta insieme alla figlioletta, nelle vesti di terapeuta del cioccolato o cioccolato terapeuta, decide di rimettersi in movimento per altre destinazioni e per portare un po' di leggerezza laddove l'angustia e la tristezza repressiva sembrano farla da padrone. E come dimenticare un'altra forma d'arte che si estrinseca nel cioccolato con i famosi Baci Perugina, felice incrocio di arte culinaria, arte poetica e metafora di baci altrettanto famosi racchiusi nella letteratura, nella musica, nell'arte. "Un bacio..un bacio ancora..un altro bacio. Nella tragedia di Shakespeare e nel grande melodramma verdiano Otello e Desdemona suggellano il loro amore nei momenti più salienti proprio con i baci che evocano di volta in volta sapori dolci o amari, passionali e appassionati. Ma anche nella favola di Biancaneve e i sette nani è il bacio del principe che riporta in vita la piccola protagonista avvelenata dalla matrigna con una mela al sapor di tradimento. Sapori che danno la vita e sapori che danno la morte e come poteva non essere così dal momento che anche Freud, il padre della psicoanalisi ha unito amore e morte, eros e thanatos, principio di piacere e principio di realtà. Ma ancora suggellati da sapori principeschi sono i baci delle favole; in ogni favola che si rispetti è il bacio che riporta alle sembianze di Principe rospi incalliti. Altri esempi figurativi di antichi baci li troviamo nelle sculture ellenistiche o romane fino ad arrivare all'abbraccio voluttuoso che allaccia due amanti su un fianco dell'Ara Grimani che appare come una delle espressioni più convincenti del bacio tanto da far sbiancare Rodin nelle sue più avvinghiate immagini del suo rapporto con Camille Claudel. C'è poi il bacio di Klimt e quelli di Hayez fino ad arrivare a quello suggellato da Constantin Brancusi immortalato nella pietra. Anche la cinematografia si è sbizzarrita con i baci più o meno voluttuosi, più o meno appassionati ma condensati in un bacio storico e ineguagliato nella sua unione di capriccio e eros, tradimento e amore, pianto e riso, dolore e riscatto, è quello di Via col vento. Insomma il cioccolato porta lontano, diviene il pretesto per unire arte e psicoanalisi, cibo e sensi e sicuramente appare oltremodo giusto affermare che chi non ha vissuto una esperienza di cioccolatoterapia non ha ancora superato i tabù che

ha incontrato Vianne nel piccolo paesino di Provincia. E nella voluttà dei sapori come dimenticare quello di pura arte culinaria della Bavarese Perfect Love, raccontatoci da Vazquez Montalban (che non è il Commissario Montalbano al sapor di mare della Sicilia), la malizia di questa variante di dessert consiste nel chiodo di garofano, spezia mitica a cui sono state attribuite proprietà di ogni tipo proprio perché si tratta di un chiodo inutile. Una curiosità è sapere che Eva Braun preparava bavaresi al suo Hitler e se le mangiavano in silenzio per non distrarsi dal fragore dei bombardamenti, eppure non gliele aromatizzò mai con il chiodo di garofano perché Hitler riteneva che questa spezia fosse di una razza inferiore. E come dimenticare il sapore della mela di Eva, dolce tentazione raccontataci da Albrecht Durer nell'omonimo dipinto: Eva, aroma di peccaminosa castità che riconduce alla nascita della specie. Ma tornando alla storia dell'arte ed ai baci, troviamo poi il bacio di Klimt e quelli di Hayez fino ad arrivare a quello suggellato da Constantin Brancusi immortalato nella pietra o a quello di Henri De Toulouse-Lautrec custodito in una collezione privata francese. Anche la cinematografia si è sbizzarrita con i baci più o meno voluttuosi, più o meno appassionati ma condensati in un unico bacio storico e ineguagliato nella sua unione di capricciosità ed eros, tradimento e amore, pianto e riso, dolore e riscatto, parliamo del bacio fra Rossella O'Hara e l'affascinante Rhett Butler di Via col vento. Insomma il cioccolato porta lontano, diviene il pretesto per unire arte e psicoanalisi, cibo e sensi e sicuramente appare oltremodo giusto affermare che chi non ha vissuto una esperienza di cioccolatoterapia non ha ancora superato i tabù che ha incontrato Vianne nel piccolo paesino di Provincia e non si è lasciato accarezzare e coccolare come un pigro gatto di casa dal gusto inafferrabile e tentatore di questa siesta sanguigna e afrodisiaca dal sapore sottile che lascia sempre traccia di sé stesso.

Auguste Rodin - Il Bacio

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Premiata da Golosaria la Gelateria di Mauro Bandirali, gelataio con la passione per l’arte di

Novella Milanesi

Dall’8 al 10 novembre si è tenuta, nell’elegante cornice dell’Hotel & Convention Center Melià di Milano, la terza edizione di Golosaria, rassegna di cultura e gusto, promossa da Club di Papillon, che accende i riflettori sui migliori produttori artigianali d’Italia, selezionati dal libro “Il Golosario” del critico enogastronomico Paolo Massobrio. Le numerose eccellenze gastronomiche di cui il nostro paese è ricco si sono date appuntamento per presentare i pregiati prodotti del made in Italy; sono stati premiati: le botteghe del gusto, le enoteche, le gelaterie, le pasticcerie, le panetterie, le

macellerie, i caffè storici, le botteghe del formaggio, la civiltà contadina, la trattoria italiana, le pizzerie, i locali a più facce, i ristoranti di charme, le grandi famiglie del gusto, le migliori tavole dell’anno. Nel settore delle gelaterie ha ottenuto un prestigioso riconoscimento la Gelateria Bandirali di Crema, premiata tra le cinque gelaterie migliori d’Italia, (insieme al bar gelateria Lurisia di Mondovì, la gelateria Riva Reno di Verona, Bianco Gelateria di Ravenna e la gelateria Ercole di Pizzo Calabro), merito del gusto inconfondibile proposto da un artista gelataio come Mauro Bandirali. L’appellativo di artista si addice bene a Bandirali, è noto a molti infatti il suo interesse per l’arte, a tal punto da averlo ribattezzato gelataio mecenate, grazie alle sponsorizzazioni che hanno promosso negli ultimi anni il restauro di opere d’arte presenti nella sua amata città, come il Martirio di San Bartolomeo del Barbelli, la Madonna nera e gli affreschi della Chiesa di San Giovanni a Crema, oltre ad una ricca opera di promozione di concerti e di incontri culturali sotto il segno dell’arte. Visibilmente emozionato, il gelataio con la passione per l’arte ha ritirato il prestigioso riconoscimento, che sancisce l’eccellenza del suo gelato, frutto della passione e dell’attenzione per la qualità delle materie prime utilizzate. Come ha ricordato Paolo Massobrio, «il Golosario ha il compito di segnalare quello che di buono e di gustoso c’è nel nostro paese, quella microeconomia che entra nei cuori delle città e che le rende turistiche».



L'ARTE INCONTRA LA CUCINA

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Guai a definirlo un semplice ristorante. Ma Maison è molto di più: una vera e propria galleria d'arte completa di cucina in cui i cinque sensi vengono continuamente stimolati da esperienze uniche e irripetibili. Non appena varcata la soglia del suo ingresso, Ma Maison propone infatti un’escursione tra i sensi partendo dal gusto, soddisfatto da piatti tradizionali della cucina francese come le soupe o le tartare, frutto dell'esperienza e della creatività dello chef transalpino Anita Oggionì. Si prosegue poi con l'olfatto sedotto da candele profumate e oggetti affini e quindi si passa al tatto, intrigato da piccoli manufatti creati con materiali preziosi particolarmente gradevoli al contatto con la pelle. Un piacevole e rilassante sottofondo musicale pervade invece l'udito dei visitatori inondandolo di suoni ricercati e raffinati, in grado di evocare nell'ascoltatore dolci ricordi e una progressiva sensazione di benessere. Ma ciò che meglio caratterizza questo poliedrico scenario sensoriale è la stimolazione della vista, cullata dalle opere d’arte esposte negli spazi contenute all'interno del locale; spazi che ospitano continuamente mostre personali e collettive di artisti contemporanei, oltre a raccolte di gioielli rari da collezione.

UN ANGOLO DI PROVENZA IN VERSILIA La Provenza e la Versilia: due terre accomunate dal binomio “fascino e raffinatezza”, dove paesaggi incantevoli e natura incontaminata si sposano a culture e tradizioni vecchie di migliaia di anni. Ma Maison è in grado di offrire tutto questo: una piccola porzione di Provenza inserita nel cuore della Versilia, nella sua capitale storica Pietrasanta (Lucca), nel centralissimo vicolo San Biagio. Lo stile provenzale con cui è stato concepito richiama infatti alla memoria la raffinatezza degli scenari d'Oltralpe, unendo alla semplicità della cultura contadina toscana la regalità e l'eleganza delle popolazioni del Sud della Francia. Non più ricerca spasmodica - e ormai nettamente superata della nouvelle cuisine, ma piatti semplici e di gradimento immediato in grado di accontentare tutti i palati, da quelli più semplici a quelli più sofisticati ed esigenti.

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OLFATTO

Fragranza d’amore di

Alessandra Lepri

Perle di Bianca, una nuova fragranza ispirata a un’affascinante figura femminile del passato, Bianca Cappello

Perle di Bianca profumo

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Villa la Tana

T

utto inizia con un sogno. Simone Cosac Naify, imprenditrice brasiliana titolare di una casa editrice di libri d’arte, approda a Firenze e si trasferisce a Villa la Tana, autentico gioiello architettonico che domina le verdi colline di Bagno a Ripoli, una delle residenze di Bianca Cappello, controversa figura femminile, amante e moglie di Francesco I De’ Medici. Simone vede in sogno Bianca, e per questo decide di rendere omaggio alla celebre nobildonna innamorata delle perle, dedicandole una preziosa fragranza. La realizzazione viene affidata a un pool qualificato di profumieri, ai quali chiede di ricreare un profumo che evochi le essenze dell’epoca rinascimentale , e sia capace di regalare emozioni olfattive uniche e riconoscibili. Nasce così Perle di Bianca, una

fragranza che nel nome rende omaggio a Bianca Cappello, raccontando la sua predilezione per le perle, per gli aromi del bel giardino che dall’alto guarda la città di Firenze e per le essenze preziose, nelle quali è vivo il ricordo della Venezia che ha lasciato adolescente, la Venezia alle porte dell’Oriente che aveva portato nell’Occidente spezie, profumi e tessuti rari e pregiati. La fragranza non si propone come una riproduzione filologica dei profumi antichi, si manifesta invece fin dal primo esordio nella sua natura romantica e struggente, come l’anima dell’eroina a cui è ispirata. Gli aromi che la compongono, rigorosamente naturali e di eccellente qualità, sono quelli degli orti botanici fiorentini, il Gelsomino dei giardini, i Fiori di Arancio delle limonaie, la Mora, molto diffusa in Toscana, l’Ambra. Inoltre com-

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prende materie prime pregiate come la Mirra e l’Iris, il floreale cipriato per eccellenza, una delle fragranze più amate nel periodo rinascimentale a Firenze. La grande originalità della fragranza dunque non è tanto nelle note che la compongono, ma nella loro originale e insolita orchestrazione, che conquista fin dal primo “assaggio”. La sequenza tipica della piramide olfattiva è completamente rovesciata, dal momento che svela già nell’esordio le calde note del fondo.

Il gioiello di Bianca Un’inebriante trasgressione, ispirata al carattere volitivo e deciso di Bianca, che conduce nel cuore della fragranza, armonioso e persistente, intenso come la passione, ma anche dolce e al tempo stesso speziato. Tenace come la passione. Il raffinato scrigno che contiene la fragranza è un flacone dalla linea pulita ed essenziale, in cui i motivi decorativi sono giocati sulle trasparenze e sui delicati fregi argentati che decorano il cristallo trasparente. Il fregio-simbolo della fragranza, che ritorna anche nella scatola, è un raffinato disegno astratto curvilineo in cui è idealmente incastonata una perla. L’Atelier di Perle di Bianca rivive appunto nella Villa la Tana, dove in una delle stanze che si affacciano sul giardino, è allestita la show room. Ma il continuo spirito di ricerca di Simone, l’anima creativa del progetto, si sta già misurando con l’estensione di una linea di prodotti sofisticati ed essenziali, caratterizzati dalla stessa fragranza, per la casa e la persona.

Bianca Cappello ritratta da Alessandro Allori

Piramide olfattiva

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Odorare l'arte di

Paola Dei

Bacco - Caravaggio

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La Mietitura - Vincent van Gogh

E' possibile odorare l'arte? Se si considera una qualsiasi lista di vini o vendemmie, ci accorgeremo che non ci sarà alcun modo per comunicarne il profumo se non per metafora. La metafora in questo senso, dato che stiamo parlando proprio di sensi, è anche l'unico modo per poter esprimere certe forme artistiche e per renderle più incisive. Molti sono gli artisti che hanno trasmesso un suono con il colore o un sapore con il suono o addirittura la sensazione impalpabile eppure concreta del tatto attraverso dipinti di ineguagliabile bellezza. Partendo da questo presupposto allo stesso modo in cui Akira Kurosawa cercò di raccontare Il sogno di un uomo...per tutti i sognatori, cercherò di raccontare la Metafora di un odore per tutti coloro che vogliono esperire le sensazioni più impalpabili dell'arte. Entrare dentro ad un quadro di Vincent Van Gogh e lasciarsi coinvolgere e travolgere dagli odori diviene come vivere l'esperienza di un campo di girasoli in piena stagione mentre il colore diviene il medium che ci accompagna nella bellezza di un Mondo ancora tutto da svelare. Van Gogh, il pittore che ha dato un senso ad un nuovo modo di fare pittura dal momento che secondo una mia personale interpretazione, con lui nella Storia dell'Arte è segnato un passaggio fondamentale che stravolgerà la normale visione di questa disciplina dando origine alla moderna Arte Terapia (Paola Dei- 2004 www.psiconline.it Sezione Gi speciali). Da quel momento, infatti, non si cercherà più di dipingere ciò che accade all'esterno ma piuttosto l'effetto che l'esterno ha sul-

l'interno. Gli effetti quindi delle diverse modalità di percepire il mondo. Un odore il suo che ci porta in mezzo a vissuti che non hanno e non avranno mai la possibilità di essere pensati e tanto meno espressi con il linguaggio verbale e che trovano una più libera espressione invece attraverso il medium artistico e l'uso del colore, il quale spesso offre la chiave per l'ingresso a questo Mondo. Odore di mistero, di assenzio e insieme odore di Iris, di grano, di distese interminabili di campi molto diverso dall'odore di vino, di sudore, di frutti rossi, pieni e luminosi ma sempre accompagnati da ombre minacciose e intense, che ci giunge dalle tele di Michelangelo Merisi detto Il Caravaggio, il pittore che visse una estenuante fuga da se stesso più che dalle numerose condanne che segnarono i vari momenti della sua vita.

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Schiavo Morente - Michelangelo Buonarroti

Irascibile, iroso, insofferente alle critiche, univa sacro e profano, vita e morte, dolcezza e violenza, ombra e luce, come nessun altro pittore nella storia dell'arte ha saputo fare, obbedendo a degli impulsi molto lontani dalla sola rappresentazione della realtĂ naturale. In lui la lacerazione, la dissociazione interna, i contrasti, le eterne contraddizioni, la bellezza e l'oscenitĂ , i Santi e le prostitute sembrano costituire la fiamma di una creativitĂ che lo portava ad un dispendio di energie fisiche e psichiche inimmaginabile come se, come afferma A. Carotenuto a proposito di creativitĂ , il demone della creativitĂ si fosse impossessato della sua coscienza facendolo inserire tra i cosiddetti "pittori maledetti". Entrare nei suoi dipinti, esperirne gli odori diviene come conoscere e riconoscere Dioniso e Pan che si manifestano come archetipi nelle sembianze di un volto e di un nome in maniera prepotente. Dei perduti, simboli per definizione di contrasti, di eccessi, di mezzogiorno e mezzanotte, di alba e tramonto e ancora di vita e morte. Un odore altrettanto forte di polvere di marmo, di corpi denudati da ipocrisie e menzogne quotidiane per l'ultimo artista che incontriamo e che ci conduce alla Cappella Sistina. Michelangelo Buonarroti, il padre di giganti di pietra che hanno affascinato per secoli interi critici d'arte, artisti e gente comune e che raccontando il Giudizio Universale ci parla della sua ferita narcisistica e attraverso la rappresentazione dei volti e delle storie splendidamente narrate all'interno della Cappella Sistina, ci mostra la sua ira. Nel dipinto che rappresenta la Cacciata dal Paradiso Terrestre, con le mani di Adamo e di Dio che si separano e che sono divenute una icona in ogni parte del Mondo, ci mostra la solitudine di un genio o, come ci dice Gombrich, tutta la solitudine del Mondo che si allontana da Dio per entrare nelle passioni terrene. Michelangelo, al quale, mentre lavorava per completare la Cappella Sistina, fu fatta

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Da Michelangelo Studio per testa della Leda e della notte

presente la grande abbondanza di nudi, e lui per tutta risposta ne aggiunse un'altro in mezzo alle fiamme dell'inferno che assomigliava al cardinale che gli aveva fatto la critica. Michelangelo che mentre denuda i suoi personaggi, che in un periodo storico furono coperti nelle parti intime da drappeggi rosso porpora, denuda la sua anima e, attraverso la potenza dei gesti, le straordinarie espressioni dei volti e le posture splendidamente realistiche dei corpi, ci racconta la sua ira. Un ira derivata da una grossa ferita narcisistica e da un vissuto abbandonico precoce che mai egli riuscirà a placare pur avendo trovato un mezzo straordinario per esprimerla ed esorcizzarla: la sua arte. Contrariamente a Van Gogh, Michelangelo Buonarroti, sosterrà la sua ombra e vivrà a lungo, senza mai placare però il senso di solitudine ed isolamento che caratterizza tutte le menti più eccelse. Ciò che ci dovrebbe far riflettere in un periodo storico che ha fatto della prevaricazione e del vedere l'altro come una potenziale vittima da distruggere strumenti vincenti, è la presa d'atto che a rendere grandi questi artisti è stata proprio la loro parte fragile, odore e traccia sincera di una umanità sempre più in estinzione

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Eleganti Sinestesie di

Alessandra Lepri

Vittorio Martini, quando design, gusto e tradizione si incontrano

Quando il Cavalier Martini fondò nel lontano nel 1866 un’azienda di produzione di articoli tecnici da disegno e strumenti nautici, ebbe l’intuizione che lasciare, nel senso anche letterale del termine, “un segno” tangibile e definito del proprio modus operandi, sarebbe stato la carta vincente. Nel corso degli anni, grazie al supporto tecnico all’avanguardia e la ricerca del bello in tutte le sue espressioni, Vittorio Martini ha esteso il raggio di azione alla progettazione di articoli rivolti ai professionisti, creando collezioni tematiche per lo studio e l’ufficio: prodotti eccellenti per la scrittura, accessori in pelle, oggettistica da tavolo, raffinati prodotti in carta. L’attitudine alla perfezione, scritta nel suo DNA (Vittorio Martini è storicamente marchio di culto presso architetti e disegnatori nell’ambito degli strumenti di precisione) ha fatto avvicinare l’azienda all’universo dell’arte, della cultura e della creatività a tutto tondo. Gli oggetti si sono fatti più attraenti, giocosi e ironici, senza perdere di vista la pura funzionalità. Regalano piacere durante l’utilizzo.

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Dalla tradizione artigianale e da questa filosofia positiva l’apertura verso orizzonti stilisti inediti e originali. Oltre alla incessante ricerca e sperimentazione di materiali innovativi come il perspex, l’alluminio, o naturali come la pelle, il cuoio, il caucciù e il legno, le contaminazioni ardite e armoniose avvicinano progressivamente gli oggetti al sacro universo dell’arte. Sono questi i prioncipî guida che hanno portato alla creazione di una linea che opera una golosa e divertente sinestesia fra design e sapore, la collezione di prodotti “Verde Olivo”, nata per assaporare, in tutti i sensi, le cose belle. Dedicata alla pianta millenaria, antico simbolo di vittoria (nell’Antica Grecia i migliori atleti venivano cinti da una corona di foglie di ulivo, ndr) ed emblema della “mediterraneità” la linea di prodotti, caratterizzati da costruzione rigorosamente artigianale, fatta di oggetti per lo studio e l’ufficio, cosmetici e naturalmente l’oro verde a cui è dedicata, l’olio extra-vergine di

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oliva. Un complesso di creazioni diverse accomunate dalla qualità assoluta e dal colore, vitaminico e positivo, il “verde olivo” appunto. Le proprietà dell’olio extravergine di oliva sono ampiamente riconosciute. A livello dermatologico, grazie alla presenza degli acidi grassi, delle vitamine e dei minerali, allevia gli arrossamenti, previene le desquamazioni, oltre a nutrire e idratare la pelle rendendola luminosa e morbida. Da qui la linea di prodotti cosmetici naturali a base di olio di oliva. Gli oli extravergine “per la tavola” della linea incarnano la selezione eccellente italiana, provengono dalle regioni vocate a questo segmento di produzione, Toscana, Sicilia, Puglia e Liguria. Il rigore della selezione è stato premiato dall'assegnazione dell'Oscar per la Cortesia e Qualità dalla guida Il Gambero Rosso sia nel 2007 che nel 2008.


Verso il Surrealismo Il celebre quadro di Magritte del 1934 “ Scacchiera surrealista” ha ispirato l’ultima linea nata in casa Vittorio Martini, ideata e curata nei contenuti e nei testi che accompagnano ogni singolo prodotto dalla scrittrice bolognese Terry Zanetti. “La scacchiera rappresenta anche la nostra storia, la nostra strada. La scacchiera è la scelta fatta o la casualità. La scacchiera simboleggia l’incastro magico col destino. Così, una tessera della scacchiera, o nel nostro caso una X47 “Community”, la nuova agenda del 2009, diventa l’icona simbolica di un tragitto scandito dal tempo, da emozioni, percezioni e messaggi che lasciano traccia…Scacco al solitario, uno scaramantico scacco alla solitudine di tutti i cuori. Vi sono due forme di solitudine. Quella magica ed indispensabile che porta a cercare nel silenzio preziosi spazi dell’anima, dove comprendere la vera dimensione della vita. Ma vi è una forma di solitudine che costringe le persone al buio dei sentimenti, al non scambio emotivo, al non sorriso. Questa solitudine va energicamente combattuta e, a questa, occorre dare scacco…incontrandosi.”

© VM Italia s.r.l.

www.vittoriomartini.it

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UDITO

MINA è l’ARTE di

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Tato Crotti e Giovanni Bassi


1958- Mina con renzo Donzelli chitarrista degli Happy Boys

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ual è il rapporto di Mina con l’arte? Facile, Mina è l’arte. Quella musicale, ma non solo. Ci sono persone che esprimono arte in ogni momento della loro vita: per il lavoro che fanno, per come si pongono, nel modo di vestire, parlare, pensare. Mina Mazzini, fin da piccola, respirava arte. Se ne era accorta la nonna Menela accompagnandola al pianoforte quando aveva tre anni. Se ne erano accorte le amiche, affascinate dal suo modo di anticipare le mode, o Ermanna, la parrucchiera della madre Gina, spiazzata, ogni volta, da richieste tanto originali. Oggi, probabilmente, sarebbe considerato normale, ma a metà degli anni Cinquanta… Anche il suo istruttore di nuoto aveva compreso il suo talento. Eccola allora, sedicenne, in vasca, diventare campionessa provinciale di nuoto. Insomma, quella ragazza, esuberante ed estroversa, trasformava in arte tutto ciò che faceva. Una predestinata, che avrebbe certamente raggiunto punte di eccellenza in qualche campo. Ci è riuscita nella musica, diventando nel volgere di pochi mesi, la più grande cantante italiana esportando le sue canzoni in tutto il pianeta. Quanta arte c’è nella musica di Mina? La risposta l’hanno dipinta come in quadro due protagonisti della musica italiana che ho incontrato e intervistato: Gino Paoli e Andrea Mingardi. Paoli racconta, ricordando un concetto espresso al settimanale “ Chi” nel 2002: << Nel 1960 Giulio Repetti, che poi sarebbe diventato Mogol, lavorava alla Ricordi ed era convinto che io fossi un autore più che un cantante. Mi portava in giro a far ascoltare le mie canzoni. Quando incontrai Mina scelse Il cielo in una stanza. Fui colpito da lei perché era una vera forza della natura, come il fiume Po della sua Cremona.

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Il suo modo di cantare era assolutamente istintivo, non era sofisticata come sembra. Mina è capace di fare sua qualsiasi canzone interpreti, di trasformarla in qualcosa di completamente diverso da ciò che persino l’autore aveva immaginato>>. Capito, quanta arte c’è dentro la Tigre? Andrea Mingardi, una delle voci nel panorama italiano che più si avvicinano al blues americano, ha inciso, poco tempo fa, un brano con lei. Alla domanda: cosa ha significato per te cantare con un artista tanto celebre? Mingardi ha risposto:<< Cantare con Mina è come palleggiare con Maradona! Siamo di fronte all’arte pura…>> Che dire di più? Madre natura può donarci il talento, ma non basta. Si può diventare persino famosi. Non è sufficiente. Per rimanere nel firmamento dei grandissimi serve qualcosa di più: l’arte. Caravaggio nella pittura, Bernini nella scultura, Wagner nella musica… Quanti altri, nel loro tempo, avevano talento? Quanti pittori, scultori, musicisti hanno trascorso la loro vita lavorando grazie alle loro grandi capacità, ma sono stati “oscurati” dai veri grandi artisti? Probabilmente molti. L’immortalità, però, è il destino di pochi. Così è stato per Mina Mazzini, la Tigre di Cremona. Una cantante inimitabile che nel ‘900 ha lasciato il segno della sua arte. Che quando ha deciso di scomparire dalle scene ha aumentato la sua fama, diventando, inequivocabilmente, un mito.

Tato Crotti e Giovanni Bassi MINA PRIMA DI MINA Rizzoli

30 settembre 1959 - Mina canta sull'elefante al Circo Togni

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Muoversi nel BELLO ogni giorno

...Roversi, scale per PASSIONE...

Roversi S.R.L. nasce dallo sviluppo di Tekno Scale di Roversi che, sin dalla fine degli anni Ottanta, si occupava della commercializzazione di scale per interni. Oggi la Roversi crea, realizza ed offre al cliente le proprie scale, ma la storia e il perché di questa azienda non si riflettono unicamente nelle tappe cronologiche. Ha senso parlarne solo in funzione di un movimento dell’anima, all'interno del quale ogni realizzazione è il particolare di un unico progetto creativo. Ogni geometria, ogni dettaglio sono espressione e sintesi della crescita professionale di Giuseppe Roversi, sono la memoria del suo lavoro, il prolungamento delle sua autentica passione, la sua immaginazione plasmata dagli spazi e dall'anima delle case dei suoi clienti. Una scala non è solo una parte dell’arredamento. Riflette uno stile di vita, un modo di vivere la casa. La scala è un collegamento, una soglia di passaggio da un ambiente ad un altro. Salire e scendere le scale è un gesto quotidiano, spesso inconsapevole e necessario. Questo piccolo rito di passaggio deve dunque poter essere piacevole, facile, agevole e sicuro. Solidità e leggerezza, armonia e funzionalità non sono concetti antitetici e inconciliabili. In ogni nostra creazione questi si fondono in un equilibrio di forme, colori e materiali. Le nostre guide sono l'idea del bello e la volontà di soddisfare i desideri e le necessità di chi si affida a noi. “Importante è la continua ricerca di nuove idee. Importante è perfezionare ogni esecuzione…fondamentali sono la modestia e la semplicità, da sempre le armi infallibili dei costruttori”

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Forse è la nostalgia tipica del nostro tempo. La nostalgia di un tocco che, pur giungendo in profondità, rispetti l'integrità dell'individuo. La nostalgia di un tocco delicato, ma risuona nel calore e nella cura di sé, che dissolve le tensioni accumulate durante la giornata. Anche solo per una volta o, se vuoi anche di più, concediti una pausa o un percorso da Natura & Mente. Un bagno di vapore con fieno del Trentino , depurativo e rilassante un tarttamento ai tre sali drenante. Un trattamento al Sangiovese antiage e rigenerante viso corpo, o veri e propri percorsi rimodellanti dimagranti o, perchè no, un massaggio rilassante al viso o al corpo. Cogli l'attimo...

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BUON COMPLEANNO AFI

Franco Donato, Segretario Generale AFI

Sessant'anni dopo. Era il 1° ottobre del 1948 quando sette importanti aziende del settore musicale si riunirono per continuare l'opera – interrotta a causa dello scoppio del secondo conflitto mondiale - della ex “Federazione Internazionale dell'Industria Fonografica”, fondata 15 anni prima a Roma. Nasceva così l'AFI, l'Associazione dei Fonografici Italiani, il gruppo aderente a Confindustria che rappresenta attualmente oltre 180 aziende del settore videofonografico. L'Associazione, nata con lo scopo di tutelare e promuovere gli interessi collettivi dell’industria del settore musicale, collabora attivamente con la SIAE al controllo del mercato discografico in funzione anti-pirateria ed è membro fondatore della FIPI, la Federazione Internazionale dei Produttori Indipendenti.

Delle sue attività e dell'importanza di questo storico anniversario ne abbiamo parlato con Franco Donato, attuale Segretario Generale di AFI.

Dottor Donato, AFI ha compiuto 60 anni. Quali sono le attività che svolge attualmente in difesa della musica italiana? “A livello sindacale cerchiamo di proteggere l'industria musicale allo scopo da assicurare una degna sopravvivenza di tutto il settore. Cerchiamo anche di correggere Leggi esistenti o di formulare delle nuove normative in materia di musica: ad esempio, attualmente stiamo cercando di armonizzare molte importanti situazioni a livello europeo al fine di proteggere sempre la

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musica in rete e individuare i pirati. Stiamo cercando anche di estendere il discorso della proprietà del master in modo da portarla fino a 95 anni come negli Stati Uniti. Infine, cerchiamo di spingere le radio e i mass media a far passare quanta più musica italiana possibile, soprattutto se prodotta da giovani artisti”.

Come è cambiata la musica italiana negli ultimi anni? “Negli ultimi 25 anni la musica italiana è cambiata tantissimo. Circa 30 anni fa sono arrivate nel nostro Paese le più importanti multinazionali e hanno iniziato a immettere sul mercato i primi prodotti internazionali, iniziando a fare concorrenza ai nostri produttori. Da allora, le stesse multinazionali hanno iniziato ad aprire filiali dirette e, negli anni Ottanta, hanno iniziato anche a organizzarsi a livello distributivo conquistandosi la leadership di mercato. Ma attualmente si sta vivendo un'inversione di tendenza e sembra proprio essere arrivato il momento magico per gli indipendenti e per i produttori italiani, aiutati anche dall'evoluzione tecnologica”.

E, quindi, quale sarà il probabile futuro della nostra musica? “La musica italiana può tornare davvero a essere leader. Ma è un futuro che deve essere riconquistato con l'aggiornamento, sia a livello produttivo sia a livello distributivo. E sarà un futuro dettato soprattutto dalla tecnologia”.

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La musica online è una minaccia o un'opportunità?

Cosa vi augurate per il futuro?

“E' sicuramente una grande opportunità. E lo dimostrano i primi risultati positivi che vedono primeggiare la musica italiana”.

“Che l'AFI continui ad avere una lunga vita nonostante tutti i cambiamenti che vi saranno in futuro nel campo musicale”.


“Più SPAZIO alla MUSICA ITALIANA” Intervista a Luigi Barion, Presidente di AFI Associazione Fonografici Italiani

I GIOVANI E LA MUSICA ONLINE In occasione del sessantesimo anniversario di AFI, l'Associazione dei Fonografici ha voluto

Quali obiettivi si è prefissato per il suo mandato?

affrontare in modo più approfondito l'attuale

“Purtroppo l'attuale scenario è abbastanza difficile e complicato a causa soprattutto della crisi del mercato discografico. In particolare la situazione della discografia italiana è seriamente minacciata da diversi fattori, primo tra tutti la mancanza di visibilità per gli artisti dei produttori indipendenti. A tal fine, stiamo cercando di mettere a punto degli accordi con altre Associazioni di categoria, al fine di proporre Leggi che tutelino maggiormente la musica italiana e, in particolare, quella prodotta dalle etichette indipendenti”.

rapporto tra i giovani italiani e la musica onli-

E in questo scenario, qual è l'attuale situazione della musica italiana rispetto a quella proveniente dall'estero?

compresa tra i 14 e i 35 anni (selezionato in

“L'Italia è da sempre uno dei maggiori esportatori di musica al mondo e lo è ancora in questo momento. Non a caso, l'Italia vanta numerosi artisti che riscuotono grande successo anche all'estero. Sempre più spesso, però, la musica italiana sembra essere messa in disparte rispetto a quella internazionale: proprio per questo ci vorrebbe, ora più che mai, un impegno più concreto da parte del mondo politico in difesa degli artisti di casa nostra”.

ne, al fine di appurare in modo preciso e accurato le modalità di fruizione della musica digitale e la reale entità del fenomeno pirateria. La rilevazione è stata affidata alla società C.I.E.R.RE (Centro Internazionale di Economia, Ricerca e Relazioni) di Rende (Cosenza) che ha utilizzato un metodo di elaborazione dei dati basato sull'utilizzo del software statistico SPSS. A un campione di 800-1.000 giovani di età

modalità randomizzata e stratificato per aree geografiche e per fasce d'età) è stato sottoposto un apposito questionario contenente dieci quesiti riguardanti il loro personale rapporto con la musica e, in particolare, con quella reperibile tramite Internet. “Questa iniziativa non è mirata solo a una diagnosi del mercato musicale, ma anche a offrire degli elementi di terapia al sempre più dilagante fenomeno della pirateria. L'obiettivo finale è quello di trasformarla in un importante evento annuale da cui trarre periodicamen-

Come vede, quindi, il futuro della musica italiana?

te delle soluzioni efficaci ai problemi legati

“Il futuro è senz'altro positivo. Anche in vista delle nuove tecnologie utilizzate che possono aiutare molto i nostri artisti, soprattutto quelli più giovani”.

alla diffusione della musica in rete”, spiega

Allude a Internet e alla musica digitale?

“Molti sono stati gli elementi interessanti

“Certo. Entrambi sono delle grandi opportunità, sempre però se utilizzati in modo legale e non piratesco. Il futuro, anzi il presente, sono sicuramente digitali”.

emersi dalla nostra rilevazione”, continua Rio.

Raffaele Rio, Presidente di C.I.E.R.RE.

“Ad esempio, abbiamo appurato che uno degli elementi in grado di alimentare la pirateria è la scarsa conoscenza dei reali costi della musica legale in rete, a 0,99 centesimi a brano”.

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SUONI

METROPOLITANI La ribellione giovanile unita all'amore per i suoni e per i colori. Così si può descrivere l'Arte di Thomas Berra, giovanissimo street artist milanese. Nelle sue opere sono contenute infatti sia la vitalità sia il grido dei giovani delle periferie italiane, il tutto avvolto nelle nuove nuove forme di arte metropolitana che contraddistinguono il nuovo millennio e contraddistinto da un viaggio immaginario nell’astrattismo e nella Pop art, che grazie all’utilizzo di differenti tecniche pittoriche, prendono vita in tutte le loro forme ed espressioni. La sua Arte, fatta delle luci e delle ombre delle metropoli del terzo millennio, si è arricchita del volto di miti indiscussi della musica moderna come Elvis Presley, Jim Morrison e Jimi Hendrix, attraverso il quale l'Artista ha visto non solo dei profeti della cultura metropolitana post-moderna ma dei veri e propri portavoce dell'irrequietezza giovanile. Nei suoi quadri è presente l'influenza dei più svariati stili e cor-

renti artistiche, riconoscibili non tanto dai particolari o dalle differenti tecniche pittoriche, ma dall'effetto di insieme che ne traspare. L'opera di Thomas Berra può essere considerata come una miscela di astrattismo, surrealismo, impressionismo, cubismo e pop art. Il tutto realizzato con uno stile pittorico del tutto istintivo e, per certi versi, elementare. “Tutto va bene per dipingere e ogni mezzo può essere quello giusto. Per definizione, non esistono regole fisse nel percorso dell'arte”, ha dichiarato lo stesso autore nel corso di una recente intervista. Ed è proprio questo che caratterizza la sua Arte; Berra non conosce infatti regole e schemi preconcetti: tutto scaturisce direttamente dal proprio modo di vedere il mondo attraverso i suoi sentimenti e dal suo ego più interiore, nel perfetto stile del “genio ribelle”, proprio come fu per le leggende del rock da lui raccontate. Scrive di lui la giornalista Maria Grazia Rosa Rosso: “Con i suoi quadri si percorre un ipotetico viaggio nella vita di personaggi o di sogni sempre con un fondamento reale, razionale e di ricordi. I ricordi spaziano dall’infanzia alle situazioni piacevoli ed alle circostanze critiche che accomunano la vita di tutti. In queste composizioni i sentimenti, l’animo poetico e la concezione astratta della vita hanno il sopravvento. Il disegno molto curato nei tratti fondamentali dei contorni è reso volutamente essenziale al fine di una rapida lettura da parte dello spettatore e ad una successiva riflessione che porta inevitabilmente alla ricerca della soluzione, una sorta d’indovinello o una competizione fra l’artista e lo spettatore. La caratteristica di queste opere, oltre a essere pregevoli nella fattura e nella resa finale richiamano labirinti immaginari, figure stilizzate, frutto di un tratto interrotto: il particolare accostamento cromatico sembra richiamare un impressionismo di tipo visivo, psichedelico. Il tratto sinuoso e morbido ripercorre temi ancestrali, storie emotive di percorso psicanalitico inconscio e forse complesso”. Jimmy Hendrix, 2004 Decollage e acrilico su tela 73x85

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Riders on the Storm, 2004 Decollage e acrilico su tela 105x105

THOMAS BERRA Thomas Berra è nato a Desio (Milano) nel 1986. Dipinge da quando ha cinque anni, oggi frequenta l’Accademia di Brera a Milano. Dal 2005 ad oggi ha partecipato a numerose esposizioni fra personali e collettive, da Milano a Parigi, Roma, Napoli, Venezia, Como, Reggio Emilia e Bologna. Di queste si ricorda la Cow Parade Milano 2007 con la mucca “C’è confusione nei pascoli”; a Roma con la grande esposizione personale di quaranta opere; a Trento la prestigiosa esposizione collettiva sul tema “Peccati del III millennio” nel Palazzo della Regione; a novembre 2007 alla Mostra itinerante “Il treno dell’arte” che ha toccato 22 città d’Italia; nel dicembre scorso ha partecipato alla Christmas City Park con l’albero di Natale La Città nell’albero. Nello scorso maggio, ha organizzato la rassegna intitolata “Sold-Out. Urban art & Recycling Style”. E’ presente su volumi d’arte, cataloghi personali, filmato in DVD e dai suoi dipinti sono nate due copertine di libri. Per maggiori informazioni: www.thomasberra.it

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L'IMMAGINAZIONE SIMMETRICA Le pittosculture di Gianfranco De Palos possono essere riassunte con un'unica e semplice frase: “La perfezione dell'immaginario”.

La perfezione e l'armonia con cui vengono concepite e realizzate sono difatti il concretizzarsi del suo pensiero e della sua vena artistica e creativa. Le sue opere vanno al di là del semplice astrattismo post-moderno fine a se stesso, e rappresentano un vero e proprio strumento per mezzo del quale l'autore utilizza la simmetria e la linearità delle forme per comunicare all'osservatore la sua interiorità e la sua personale percezione del reale attraverso i cinque sensi. Oltre che guardate e toccate, le sue opere possono essere infatti anche ascoltate: la visione lineare è in grado di evocare nell'ascoltatore la linearità e la geometria delle scale armoniche e delle note musicali. Scrive di lui Giorgio Seveso all'interno del libro “Luci del Bauhaus”: “Le immagini di De Palos giungono sempre per misteriose vie della percezione, a richiamare la nostra sensibilità attivando misteriosi, sepolti codici di riconoscimento, meccanismi di simpatia visiva che entrano in risonanza con il riguardante per i ritmi di volta in volta concitati o distesi, lineari od ondulatori, caldi o freddi”. Gli stessi concetti vengono anche espressi da Domenico Cara in una recente critica all'opera di De Palos: “Dai grovigli del reale, Gianfranco De Palos scova l'invisibile e lo traduce nel proprio immaginario simmetrico”. Il binomio “simmetria e immaginazione”, nella sua complessa semplicità, assume dunque la valenza di minimo comune denominatore nelle opere di De Palos; una simmetria che costringe l'osservatore a ragionare e a calarsi in prima persona nella dimensione immaginaria dell'artista stesso. Si tratta per cui di un'Arte dinamica, capace di plasmarsi sulle diverse esigenze dell'osservatore e contribuire ad arricchire la dimensione artistica di chi la osserva.

UN ARTISTA COMPLETO Nato a Roma nel 1942, Gianfranco De Palos ha frequentato la scuola degli artefici di Brera avendo come maestro lo scultore Ettore Calvelli e ha svolto l'attività di ceramista nel laboratorio del maestro Tay. Pittore e scultore, è un artista completo e le

a sinistra: Teorema Divino Acrilico su legno - 45x41cm

sopra: Verso la Voce Acrilico su legno - 99x124 cm

sotto: Accordi dell'Eternita Acrilico su legno - 99x124 cm

sue opere sono presenti in importanti musei di arte contemporanea, sia italiani sia stranieri. Vine e lavora a Sesto San Giovanni, in provincia di Milano. Gianfranco De Palos Fa parte del gruppo ARTE DELLA LUCE con Salvador Presta, Giuliana De Marchi e Angelo Mari.

DE PALOS GIANFRANCO Via Morganti, 54 Sesto S.Giovanni (MI) Tel. 02-39662311 Cell.346-1320210

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VIAGGIO nell'Olimpo della liuteria A Cremona sulle tracce di Antonio Stradivari di

Gionata Agisti

Cremona - Probabilmente non c'è appassionato di strumenti ad arco che si sia perso l'edizione 2008 di Liuteria in Festival, ospitata nella città lombarda che può vantare il più grande liutaio di tutti i tempi, Antonio Stradivari. Nel caso, però, non vi dovete preoccupare troppo: prima di tutto perché ci siamo stati per voi e poi perché la Fondazione Stradivari, curatrice della rassegna, ha già in programma per i prossimi due anni altrettante mostre, dedicate rispettivamente a un altro grande liutaio come Carlo Bergonzi e agli epigoni della gloriosa scuola cremonese. Il viaggio nell'Olimpo della Liuteria ha avuto inizio nelle sale del '700 del Museo Civico Ala Ponzone, dove 25 violini e 3 violoncelli - firmati Stradivari, Bergonzi e Guarneri del Gesù - hanno accolto i visitatori tra il 27 settembre e il 19 ottobre. 25 capolavori realizzati tra il 1730 e il 1750, mai esposti prima d'ora e in ottimo stato di conservazione, appartenenti a musei, fondazioni e privati di ogni parte del mondo, come ci ha spiegato Christopher Reuning, liutaio di Boston e responsabile del comitato scientifico del Festival.

Stradivari, Antonio Cremona, 1734 Scottish University

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Il presidente della Fondazione Paolo Bodini

E' a lui e alle sue relazioni che si deve il merito di aver portato a Cremona il meglio dell'arte liutaria, consentendo per la prima volta agli studiosi un confronto dal vivo, che nemmeno i più fortunati di loro avevano avuto finora il privilegio di fare. E non è tutto. Gli strumenti in mostra non sono stati soltanto una gioia per gli occhi - preziosissimi oggetti da ammirare in teche super protette e inaccessibili - ma in audizioni appositamente programmate hanno concesso all'orecchio del pubblico l'incanto delle note custodite da secoli tra le loro corde. Una magia che si è ripetuta anche il 19 ottobre, nell'evento conclusivo dell'edizione annuale, andato in scena nella sala San Domenico del museo Ala Ponzone e affidato a una prestigiosa orchestra del territorio, la Valerio Boldi, diretta dal maestro Erik Lundberg. L'ensemble si è esibito in tre brani di musicisti contemporanei: Benjamin Britten, Gustav Holst e Jan Van Der Roost, utilizzando alcuni strumenti costruiti da celebri maestri liutai della Scuola, tra cui un Giuseppe Ornati del 1926. Quest'anno, infatti, l'edizione di Liuteria in Festival coincideva con il 70° anniversario della Scuola Internazionale di Liuteria e, per celebrarne degnamente l'anniversario, la Fondazione Stradivari non ha badato a spese. Ospite d'eccezione, il prestigioso Fine Arts Quartet di Chicago, gruppo cameristico tra i più affermati a livello mondiale, che del Festival ha invece avuto l'onore di aprire le danze. Il quartetto è rimasto in città per tutto il periodo della mostra e ha tenuto una Masterclass internazionale, rivolta a un gruppo selezionato di allievi. Non c'è altro da dire, un autentico successo e il senatore Paolo Bodini, presidente della Fondazione Stradivari, ci tiene a sottolineare un ulteriore incremento di presenze rispetto alle scorse edizioni.

Presidente, quest'anno, per la prima volta, la rassegna ha accettato la sfida delle tre settimane. Scommessa vinta? “Davvero un grandissimo risultato e un bilancio più che positivo. Abbiamo raggiunto circa 5mila presenze, si tratta di numeri molto significativi per una mostra di settore e altrettanto difficili da raggiungere. Certo, da parte nostra c'è stato un notevole sforzo finanziario per riuscire a portare a Cremona alcuni dei più straordinari violini del mondo ma devo dire che ne è valsa la pena. L'attenzione della stampa specializzata e l'affluenza del pubblico l'hanno ampiamente dimostrato.”

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Gian Paolo Roffi: ARTE TOTALE Gian Paolo Roffi presenta la “Poesia totale”, una forma artistica che abbraccia a 360° tutte le forme di poesia disponibili e per mezzo della quale un artista si può dire veramente “completo”

Qual è stata la sua formazione artistica? “La mia formazione è stata principalmente di tipo letterario. Ho iniziato il mio percorso artistico come scrittore di poesia e come autore di spettacoli musicali. Successivamente ho collaborato con la rivista “Tam Tam” e con il suo direttore Adriano Spatola, il teorico della Poesia totale”.

Cosa si intende per Poesia totale? “E’ una forma d’arte che comprende al suo interno la poesia lineare, sonora e visiva”.

Parliamo della poesia sonora… “E’ una forma espressiva nella quale viene esaltato il suono della parola poetica e la voce viene utilizzata come vero e proprio strumento musicale. Dopo averla praticata da solo, da circa un anno abbiamo formato un gruppo, il “Jazz Poetry Quartet”, composto da voce, sax, basso e batteria”.

E per quanto riguarda l’arte visiva? “Nella poesia visiva si trovano parole e immagini che devono essere percepite sinesteticamente, come un tutto unico. L’opera viene realizzata in modo che l’immagine non sia l’illustrazione della parte linguistica e le parole non siano la didascalia delle immagini”.

Quale tecnica e quali materiali utilizza? “La mia tecnica prevede l’utilizzo del collage, dell’assemblaggio, della tecnica mista. Per quanto riguarda il collage impiego materiali di tipo iconico e linguistico. La parte iconica è presa dai mass-media, soprattutto da riviste di fotografia, ecologia, viaggi, o da giornali di attualità e cronaca. La parte linguistica è invece composta da pseudotesti che alludono al linguaggio pur essendo privi di significato, oppure da parole o microtesti in diverse lingue.

Ulteriori materiali appartengono sempre al mondo della comunicazione: recentemente ho utilizzato ad esempio delle maschere africane, intese come strumenti comunicativi di una cultura di tipo orale, che vengono accostati a vecchi caratteri tipografici in legno, appartenenti invece a una cultura di tipo scritto. Nella realizzazione dei “Violini assenti” sono stati usati i ritagli del liutaio. L’opera vuole qui rappresentare il rapporto fra realtà e linguaggio: il violino è assente, ma il suo spazio vuoto viene invaso dal linguaggio che ne ricrea la presenza”.

L’ARTISTA Gian Paolo Roffi (1943) vive e lavora a Bologna. Artista multimediale, ha partecipato a rassegne ed esposizioni in molti paesi del mondo. Le sue opere visuali sono esposte in alcuni musei italiani di Arte contemporanea.

In alto: il “Jazz Poetry Quartet” nello Studio “Segni & Segni” e-mail: gp.roffi@libero.it

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Il cibo che ci parla La valutazione uditiva di vino e cioccolato

T

ra i cinque sensi, ovvero vista, olfatto, gusto, tatto e udito, ve n’è uno che viene costantemente trascurato al fine della degustazione dei cibi e delle bevande. Per quanto riguarda, ad esempio, il vino vengono esclusivamente effettuati un esame visivo, uno olfattivo (diretto ed in retrolfazione dopo la deglutizione) e uno gustativo, che comprende anche la valutazione delle sensazione tattili provocate dalla bevanda all’interno della bocca. Il tutto ignorando, completamente, il senso dell’udito. A questo proposito si dice che il cosiddetto “cin cin”, ovvero il classico tintinnio dovuto all’urto dei bicchieri, che solitamente accompagna il brindisi, sia nato proprio per dare piacere anche a questo senso. Durante il brindisi, infatti, la vista, il gusto, l’olfatto ed il tatto, inteso, in questo caso, oltre che come sensazione tattile al palato anche come il contatto dei polpastrelli con il calice, sono già splendidamente appagati. In

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di

Davide Oltolini

realtà l’udito, seppur non preso in considerazione da sommelier ed esperti, può fornirci numerose e dettagliate notizie sulla bevanda che stiamo valutando. Il suono prodotto dal vino durante la mescita è indicativo del livello di fluidità dello stesso, ovvero della sua consistenza e struttura, parametri di grande importanza per la sua valutazione qualitativa. Alcuni studi comportamentali rivelerebbero, tra l’altro, che il suono del liquido che cade nel bicchiere, avrebbe, almeno a livello inconscio, anche effetti di stimolazione erotica, in particolare per le donne. Si dice che alcune “case” produttrici di distillati, per i propri prodotti più pregiati, utilizzerebbero bottiglie con il collo dalla forma studiata proprio per migliorare anche l’effetto sonoro. La stessa sonorità dei calici, indotta dall’urto dei bicchieri nel brindisi varia, non solo al variare della quantità di liquido contenuto, ma anche in riferimento alla tipologia del vino stes-


so, a seconda che questo sia fermo, frizzante o spumantizzato. Per quanto riguarda il “perlage” di spumanti e champagne il gradevole suono delle bollicine che fa da cornice alla loro mescita non è altro che il risultato della somma di molti lievi scoppiettii di singole bolle che si combinano sino a creare il segnale acustico. Il tempo tra esplosione e durata risulta variabile e la sequenza è quella di un processo a valanga, proprio come nei terremoti, nelle esplosioni solari e negli smottamenti di terreno. Non dimentichiamo, poi, che l’udito, quando la tecnologia non era ancora imperante, risultava protagonista in cantina anche durante le fasi di vinificazione. I curiosi aspetti uditivi dell’analisi organolettica coinvolgono, però, molti altri prodotti quali, ad esempio, il cioccolato, scientificamente definito Theobroma cacao. Tra le varie fasi di valutazione del cosiddetto “cibo degli Dei”, oltre ai classici esame visivo, olfattivo, gustativo e retrolfattivo, assume grande importanza anche l’esame tattile propriamente detto, effettuato sfiorando il cioccolato con le dita ed, appunto, l’esame uditivo. Quest’ultimo esame, che per la valutazione del cioccolato viene impiegato abbastanza frequentemente, è, invece, completamente ignorato

al fine dell’analisi qualitativa di gran parte degli altri alimenti presenti sul mercato. La valutazione uditiva consiste, essenzialmente, nello spezzare una tavoletta di prodotto prestando un’estrema attenzione al suono che da questa rottura viene originato. Tale suono nel cioccolato di qualità, a differenza di alcuni prodotti di livello non elevato, si evidenzia "secco", e ben definito. Questa sonorità oltre a variare considerevolmente in base alla qualità del cioccolato stesso, varierà anche in funzione della sua principale peculiarità, ovvero l’appartenenza alla tipologia fondente od a quella al latte. In realtà il ventaglio delle tipologie è più vasto e comprende cioccolato fondente comune, cioccolato fondente, cioccolato fondente finissimo (o superiore), cioccolato fondente extra, cioccolato al latte, cioccolato al latte finissimo (o superiore) e cioccolato bianco. Ognuna di queste, in sede di rottura, presenterà un suono dalle caratteristiche, almeno in linea di massima, leggermente differenti, ma che, per le tavolette di “alto livello”, sarà costantemente caratterizzato dal fatto di essere particolarmente “netto”. Il termine con cui viene tecnicamente definita dagli esperti tale sonorità del cioccolato è “snap”.

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Leonardo lo schiaccia noci che scaccia i pensieri Mostra permanente “LEONARDO DA VINCI: I LUOGHI, GLI STUDI, LE MACCHINE” Centro Culturale per la ricerca delle tracce di LEONARDO in Lombardia dell’Associazione “LA CITTA’ IDEALE”

È il nome del simpatico oggetto che non è solo uno schiaccianoci divertente ed efficace ma è anche un soprammobile o un piacevole ed elegante giuoco che stimola la fantasia di chi lo usa. Istruzioni e filmati al sito: www.alefdesign.net/schiaccianoci.html

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Una voce fuori dal coro di

Una nobile forma d’arte musicale rimane spesso sconosciuta al pubblico più giovane che preferisce le forme artistiche più vicine alle mode ed alle tendenze di oggi. Ma la lirica, tra ristrettezze economiche e scenari moderni, rimane croce e delizia di una società che cambia.

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Omar Campise

Della lirica ne avevo sentito parlare. Fin da ragazzo volevo capire cosa si celava dietro quelle scenografie straordinarie, cosa animava la recita con gli acuti in gola degli attori vestiti come un tempo che non c’è più e attorniati da schiere di violini e viole. Non era solo una curiosità. Forse la voglia di conoscere un mondo che dista anni luce dalle mode del momento e dai costumi di chi, come me, continua a definirsi giovani. Poi un giorno mi ci hanno portato, quasi per forza. E da quel momento è diventata una forma di dipendenza “idea-


le” e ogni tanto ci devo tornare. Anche se il teatro lirico non riesce, molte volte, a coinvolgere i giovani ed è visto come qualcosa per intenditori o habituè più che come una forma artistica e musicale di nobile ispirazione. Le forme artistiche che sopravvivono in mezzo alle nuove generazioni, anche grazie alla creatività giovanile, rimangono la pittura e le tanti arti visive che tendono a monopolizzare il panorama culturale mentre la forma più aulica, quella della lirica, è sempre in rosso. Non solo da un punto di vista finanziario ma anche da quello della partecipazione dei ragazzi alle opere. I teatri, o meglio le Fondazioni liriche, in Italia ormai sono frequentate appassionatamente da attenti melomani e da una folta schiera di ragazzi non più giovani. L’altra sera mi è capitato di assistere ad una frizzante commedia buffa del primo Donizetti: Don Pasquale. Una vivace e fresca opera comica che tra l’inganno, che fa da comune denominatore alla gran parte delle opere liriche e l’ideale amoroso di ispirazione romantica, ha fatto divertire e trattenere un bellissimo teatro con un cast di attori Internazionali. Ma di ventenni o poco più neanche l’ombra, solo qualche figlio in grande compagnia. Quando penso al patrimonio culturale che abbiamo e che potrebbe essere condiviso tra le generazioni mi chiedo: perché in Italia la lirica è dimenticata e rifuggita dai giovani? E’ forse una questione economica o c’è anche dietro un sistema culturale e valoriale da rinforzare e rivitalizzare? Di certo lo stato economico delle fondazioni liriche che riversano in rosso da alcuni anni, vivendo prettamente di fondi pubblici ritagliati e di sponsorizzazioni private, non aiuta a rendere accessibili gli ingressi alle rosse platee. Teatri come il San Carlo di Napoli che da poco ha ritrovato auge, luoghi come la grande Arena (quella di Verona) che ha dichiarato in una notte di mezza estate un buco da venti milioni di euro o santuari come la Scala (dove il disavanzo di quattro milioni è stato ripianato interamente dai privati) continuano a soffrire la crisi di un sistema che forse andrebbe ripensato. Bisogna chiedersi se la lirica deve rimanere legata principalmente allo Stato e continuare a vivere “d’arte e d’amor” o invece trovare una modalità per produrre non solo cultura ma anche valore (economico). E se “pubblica” deve rimanere poi bisognerà accettarne anche i risvolti: l’estrema varietà della programmazione, la dispersione di risorse, i cachet da capogiro degli attori, la mancanza di margini ed un conseguente incremento dei costi e dei prezzi dei biglietti. Di certo 50, 80, 100 euro per un posto ad un prima sono una cifra impegnativa che per un giovane diventa spesso proibitiva.

Valorizzare il territorio e fare sistema con le politiche territoriali è la via intrapresa da alcune Fondazioni che hanno prodotto eventi nazionali con un grande successo. Come per il Verdi Festival di Parma 2008 che facendo leva su una logica di cultura, tradizione e territorio ha portato a Parma dieci repliche di Rigoletto (con un superbo Leo Nucci) ed una nuova e storica Giovanna d’Arco sotto la giovane direzione di Gabriele La Via con un pubblico delle grandi occasioni ma anche giovani e curiosi. Altro esempio di virtuosità il festival Puccini. Quest’estate con l’inaugurazione del gran Teatro all’aperto di Torre del Lago (più di duemila posti nella splendida laguna verde che si affaccia sul mare della Versilia, culla ispiratrice di Giacomo Puccini) la Fondazione Festival Pucciniano ha rilanciato a prezzi ragionevoli l’immagine e la voce del grande Maestro onorato da centinaia di appassionati dove i giovani rappresentavano, insieme agli stranieri, una parte rilevante del pubblico. Ma un'altra condizione è necessaria per sbloccare la crisi delle vocazioni giovanili al teatro lirico. Se la lirica è cultura il richiamo all’arte ed al bel canto dei più giovani è anche una questione di education. Le istituzioni scolastiche, quelle culturali, gli enti lirici e le Associazioni musicali dovrebbero rivolgersi ai ragazzi in modo da coinvolgerli al melodramma, alla melodia e alla storia della musica investendo nella loro crescita culturale anche attraverso proiezioni gratuite, ticket “verdi” e guide all’ascolto su misura. In questa direzione si stanno muovendo alcuni teatri più piccoli ma in crescita, come il Ponchielli di Cremona, che con il progetto “Per fare l’opera” porta gli alunni delle medie in mezzo ai palchi a scuola di opera in orario scolastico. Direttore artistico e regista spiegano come si crea un’opera, la trama e la realizzazione delle scene. Poi con un ticket agevolato e biglietti ridotti si arriva a vedere ad una prima di Turandot decine di ragazzi curiosi di scoprire il mistero del principe ignoto. E se la televisione, internet, la crisi finanziaria ed il Grande Fratello non ci aiutano, non accontentiamoci di suonare una musica rara conosciuta solo ai melomani. Se i giovani parlano la lingua dei messaggini delle chat e si guardano attraverso le webcam non lasciamoli soli in balia delle apparenze. Non facciamoli fuggire come l’ora di Tosca. Crediamo in loro anche se non è conveniente. Provochiamoli, sproniamoli, facciamoli cantare. Anche se quella rimane spesso una voce fuori dal coro.

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Per tutti ma non per molti di

Roberto Bonin

L'avvento dell'era informatica ha contagiato anche il mondo del lusso. E televisori, telefonini e lettori MP3 si vestono di oro, diamanti e rubini

“C'è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti”, era solito ripetere Henry Ford. Ed è così che è sempre stato e che dovrebbe sempre essere. Eppure, esistono apparecchi tecnologici che sono dedicati a solo pochi eletti, agli amanti di quel lusso sfrenato degno di veri e propri nababbi. Stiamo parlando di tutti quei prodotti che all'anima hi-tech affiancano una livrea esterna formata da materiali preziosi o pregiati, tanto da mettere da parte la loro natura di prodotti tecnologici e farli annoverare solo e unicamente tra i gioielli di alta scuola orafa. Ce n'è davvero per tutti i gusti: dai televisori a schermo piatto tempestati di diamanti o rubini ai telefoni cellulari griffati, fino ad arrivare ai lettori MP3 con involucro esterno in oro zecchino. Diamanti e rubini incastonati nelle cornici di televisori a cristalli

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liquidi sono la scelta adottata dall'italiana Keymat Industrie per la sua linea di TV Full HD Yalos Atelier con diagonale da 40 pollici. Ben tre edizioni dell'IFA, la grande fiera internazionale di elettronica di consumo di Berlino, sono state infatti illuminate dalla luce proveniente dalle pietre preziose degli apparecchi televisivi prodotti dall'azienda campana, prima con i diamanti del modello Diamonds e poi con i rubini del modello Ruby Rain. Il modello Yalos Diamonds (valore: 100 mila euro), considerato il televisore più lussuoso al mondo, possiede 20 carati di diamanti che tempestano il frontale in vetro temperato, mentre il Ruby Rain (valore: 75 mila euro), disegnato dal noto designer giapponese Takahide Sano, prevede invece la presenza di 155 rubini con tre differenti carature, per un totale di 20 carati, collocati uno per uno in castoni di oro rosso.


PRADA Phone by LG

Yalos Atelier - Ruby Rain

Della stessa linea e della stessa eleganza, anche le altre varianti: Jazzy con zaffiri, Atoll con smeraldi, Dolly e Ultraviolet con ametiste, e ancora con rubini Red Dragon e Vampire. Rimanendo sempre in tema di televisori a schermo piatto, anche se dal valore commerciale piĂš contenuto, vale la pena di ricordare anche la scelta adottata qualche tempo fa dalla tedesca Loewe, con l'edizione limitata di 1.000 esemplari tempestati di cristalli Swarovski del TV LCD da 32 pollici Individual, o dalla giapponese Panasonic con la produzione di un televisore al plasma con 3.000 cristalli della casa di gioielli austriaca.

Sempre il tocco di classe firmato Swarovski, inoltre, compare anche nella linea di accessori audio video e di periferiche informatiche della linea Active Crystals di Philips, nella porta e nella scocca del frigorifero Premium Touch di Gorenje (in questo modello sono ben 7.000 i cristalli incastonati, ndr), nel modello di fotocamera digitale reflex K-m di Pentax e nella calcolatrice Casio Swarovski Calculator. Non si può lasciare però il mondo delle pietre preziose senza fare un piccolo cenno alla linea di notebook Ego Diamond, creata da Rodrigo Otazu e Laurent De Beer, che comprende tre differenti modelli, del valore commerciale compreso tra i 10 mila e i 25 mila euro, forniti di diamanti e incastonature in oro. Si passa quindi alle importanti griffe che hanno interessato soprattutto il mondo della telefonia cellulare con importanti nomi della moda mondiale come Armani (Samsung SGH

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Moon

P520), Prada (LG KE850 e LG KF900), Dolce & Gabbana (Motorola RAZR V3i), Versace (Samsung e500) e Christian Dior (Model Labs My Dior). A questi si sono poi aggiunti nel tempo anche le firme del mondo dello sport e, in particolare, delle corse come ad esempio Ferrari o Ducati. Ma griffe a parte, i prodotti veramente per “pochi intimi” sono quelli realizzati in oro massiccio. Ne è un esempio il piccolo lettore MP3 i.Beat Organix Gold della tedesca TrekStor, realizzato in oro a 18 carati a 750/1000, adornati da 63 diamanti da un carato e con una catena impreziosita da una pietra acquamarina. O, ancora, i due modelli di mouse ottici realizzati dall'azienda svizzera Pat Says Now con la parte superiore placcata in oro giallo o bianco a 18 carati e con 59 piccoli diamanti incastonati sul dorso, dal prezzo proibitivo di oltre 18 mila euro. Per finire con la linea di drive esterni Prestigio ricoperti in oro 23 carati, la tastiera Kirameki Pure Gold realizzata dagli artigiani giapponesi dello Wazakura Studios con un'unica foglia

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Brezze

d'oro purissimo, o, ultimo ma non meno importante, l'iPod più costoso e lussuoso del mondo: si tratta di un modello di iPod Shuffle realizzato dall'orafo norvegese Tjomas Heyerdahl, caratterizzato dalla presenza di ben 430 diamanti per un totale di 4,30 carati.

Chissà poi che frigoriferi, congelatori, lavatrici o lavastoviglie non possano diventare in un prossimo futuro anche delle possibili tele per pittori, scultori e incisori? A giudicare dalle più recenti creazioni della coreana LG Electronics impreziosite dalle decorazioni floreali dell'artista asiatica Ha Sang-rim, sembra proprio che questo futuro non sia poi così tanto lontano nel tempo.



L’ARTE del LUSSO Apre a Brescia l’atelier Luxury & Design e la casa si trasforma nel regno del Lusso metropolitano

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di

Annalisa Cavaleri


Da oggi chi ama il Lusso ha una tappa obbligata: l’atelier Luxury & Design di Brescia. Nella cornice evocativa di una Chiesetta sconsacrata del Milleduecento, piccola perla storica nel cuore antico della città, prende vita questo atelier, magico scrigno dove potrete trovare tutto ciò che desiderate per trasformare la Vostra casa nel regno del Lusso metropolitano. Un nuovo significato dell’ “abitare contemporaneo” che concepisce la casa come un luogo fatato e al tempo stesso capace di adattarsi alle esigenze della vita moderna. Da Luxury & Design il Lusso diventa sinonimo di potere, segno distintivo di una personalità ispirata alla raffinatezza, alla classe e al buon gusto. Ad accompagnarvi nel viaggio verso la Vostra casa dei sogni saranno Pierluigi Prandini e Stefano Zulian, due interior designers dalle sensibilità complementari, capaci di una forza creativa unica. Pierluigi ama il Lusso sfarzoso, un po’ barocco, i diamanti e tutto ciò che luccica e riflette la luce scomponendola in un pulviscolo di colori. Stefano, invece, ha una concezione di Lusso più semplice, minimal ed essenziale. Insieme riescono ad interpretare e realizzare i Vostri desideri, creando ambienti da vivere, dove la mente si riposa e il cuore si sente davvero a casa. «La nostra idea di Lusso è quella di uno sfarzo metropolitano, dal sapore internazionale: un abitare ispirato al fascino, alla classe, all’eleganza e alla raffinatezza - spiegano Pierluigi e Stefano -. Sappiamo che gli oggetti e i complementi d’arredo che scegliamo per i nostri clienti verranno tramandati nel tempo, di padre in figlio, come un dono prezioso che racconta una storia e riverbera la personalità di colui che l’ha posseduto. Proprio come accadeva nelle famiglie nobili e regali del Settecento e dell’Ottocento. Una parte della nostra collezione è composta da pezzi unici, che abbiamo scoperto nei nostri viaggi, un’altra dalle linee Home delle più importanti Case di moda internazionali. Nel nostro atelier portiamo solo ciò che ci ha sfiorato il cuore con un’emozione, perché sappiamo che la stessa emozione verrà poi trasmessa inalterata ai nostri clienti. Il nostro obiettivo è riuscire a creare, per ciascuna delle persone che si rivolgono a noi, un ambiente da vivere che sia perfetto in ogni dettaglio, come un raffinato abito sartoriale su misura. Non imponiamo mai le nostre scelte d’arredo, ma intraprendiamo con il cliente un percorso di complicità, per scoprire insieme la vera essenza dei Suoi sogni e della Sua personalità. La nostra casa deve essere lo specchio del nostro animo e deve adattarsi alle nostre esigenze di vita. Circondarsi di bellezza è un anelito e un desiderio che ogni uomo racchiude nel profondo del suo cuore. Per noi il Lusso è l’Arte di domani»

Dettagli di Stile

Da Luxury & Design il Lusso si trasforma in Arte, l’interior design diventa home couture. Entrare in questo atelier significa immergersi in un’emozione che solo il Lusso più puro può dare. Venite a sfiorare con le Vostre i mani morbidi tessuti pregiati, l’oggettistica smaltata in oro zecchino e platino, i lampadari in cristallo Swarovski, i vetri di Murano, le porcellane antiche dipinte a mano, i quadri e le sculture d’autore, le voluttuose coperte in volpe e cincillà e, naturalmente, tutte le collezioni Home dei marchi più prestigiosi. Non mancano preziosi complementi d’arredo come divani, poltrone, chaise longue, tavoli, sedie, cristallerie, letti, comodini, librerie e lampade. Se amate il Lusso questo atelier diventerà il Vostro nuovo “luogo del cuore”: da Luxury & Design l’emozione del Lusso supera i confini del tempo.

LUXURY & DESIGN Via delle Battaglie, 36 25122 - Brescia Tel. 030.2403343 Fax 030.2899549 www.luxury-design.it

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TATTO

Un caffè con…Enzo Fiore di

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Alessandra Lucherini


Giovane artista milanese e già uno degli esponenti più significativi nel panorama artistico italiano A: …quante zollette Enzo? E: Una grazie, A: Io lo bevo amaro, amo il sapore del caffè, evoca in me sensazioni ed emozioni vissute nei luoghi dove nasce. Ma credo tu mi capisca. Oggi ammirando i tuoi lavori, la scelta dei materiali, mi sei sembrato molto legato alla natura, in simbiosi direi… E: E’ così Alessandra. Nei miei lavori, l'utilizzo di elementi naturali, foglie e radici, o di elementi che sono in stretta relazione con essi terra, sabbia, pietre ed inglobati in una materia tenace e trasparente, la resina epossidica, nasce dal bisogno di realizzare opere "organiche", come se fossero attraversate dalla vita. A: E’ molto interessante come riesci a trasformare semplici materiali della natura in opere d’arte che emozionano, che hanno uno straordinario potere di suggestione, a tal punto che osservandole sembrano sospese tra la vita e la morte, come riesci? E: Creo uno spiazzamento continuo tra l’armonia e la fluidità delle forme e la loro realizzazione, ottenuto attraverso l’utilizzo di materiali “ostili”. Tutto deve brulicare, muoversi. Una continua tensione le attraversa le mie opere. Nelle sculture il sistema arterioso, i muscoli, la pelle sembrano pietrificati in un punto di mezzo tra la vita e la morte. Il mondo animale e il mondo vegetale si incontrano in un unico essere che riassume le caratteristiche di entrambi e che sembra sul punto di potersi muovere. A: Le tue opere, da una certa distanza appaiono come “dipinte”, tutte queste foglie, queste radici, apparentemente sembrano così fragili, umide da percepirne l’odore... Ti confesso che non sono riuscita a resistere alla tentazione di toccarle… E: Alessandra, è proprio quello che cerco di evocare nel fruitore perché abbia una più penetrante comprensione dell’opera che

Attimo dopo II Tecnica mista su tela, 2008 200x250 cm

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Archivio - Dalì Tecnica mista su tela, 2007 160x120 cm

gli sta davanti. Tutto deve sembrare apparentemente semplice e funzionale e solo ad un esame più attento ci si deve rendere conto dell'estrema difficoltà e anche dell'estrema varietà con cui i vari elementi sono articolati. A: Nella serie dei ritratti “L’archivio Iconografico”, dedicato ai grandi personaggi del passato e del nostro presente, ho percepito qualcosa che va oltre la celebrazione di questi geni… E: La serie sui ritratti è stata concepita come un'enciclopedica archiviazione "in progress" dei più importanti personaggi della cultura,

Frida Tecnica mista su tela, 2008 225x175 cm

in particolare artisti, che vanno dal 1800 ai giorni nostri. Questi volti, il cui sguardo è rivolto implacabilmente sullo spettatore e composti da una moltitudine di elementi naturali, devono apparire sul punto di sgretolarsi in una lenta autodemolizione. Ho lavorato molto sulle icone fondamentali dell'arte del 20° secolo (Warhol, Picasso, Bacon) cercano di sviscerarne l'anima e portandole ad un livello il più umano possibile, senza pormi il problema di farle apparire più fragili di quanto comunemente non si possa pensare.

Benvenuta Tecnica mista, 2006 110x80x40 cm

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Ecce Homo Tecnica mista h 180 cm

Ecce Homo, particolare

Il destino di tutti questi personaggi, alcuni dei quali grandissimi, è celato nella materia in cui sono realizzati. Il destino che è poi di tutti gli esseri viventi, nati dalla terra sarà inevitabile ritornarci. A: Bene Enzo, il nostro caffè è finito, come la bella giornata che abbiamo trascorso insieme. Ti ringrazio per avermi dato la possibilità di ammirare le tue opere. Ti porgo un’ultima domanda: ma chi non ha la fortuna di conoscerti, dove può ammirare il tuo lavoro? E: La mia galleria di riferimento è la Galleria Contini di Venezia e Cortina D'Ampezzo, www.continiarte.com A: A presto, spero, per un altro caffè.

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Attesa Stampa Lambda su alluminio, 2006 130x70 cm


IL MUSEO DIFFUSO “G. GORNI”

DI NUVOLATO DI QUISTELLO - MANTOVA Il Museo "G.Gorni", aperto nel maggio 2006, raccoglie le opere più significative dell’artista : disegni, dipinti, incisioni e soprattutto sculture. Esse raccontano, con taglio cronologico, l’articolata evoluzione artistica della produzione gorniana ed offrono le emozioni di tutti i percorsi culturali e tecnici sperimentati e vissuti dal maestro. La Fondazione G.Gorni, nata nel 2007, intende tutelare, valorizzare e diffondere questo patrimonio, inserendolo nei circuiti di promozione turistico/culturale di tutto l’Oltrepo di Mantova e, più ampiamente, farlo riconoscere come punto di riferimento dell’arte mantovana e italiana del Novecento. Il fascino dell’arte gorniana emerge soprattutto nelle sue sculture: è la rappresentazione della realtà della Bassa, di un mondo contadino, ora sostituito, ma non completamente scomparso, rivelato nei suoi gesti quotidiani, con personalissima sensibilità espressiva. Il territorio della Bassa porta anche altri segni di Gorni. Si tratta di architetture pubbliche e private, realizzate con mattoni faccia a vista, ordinati secondo un’intenzione ad effetto chiaroscurale che rende dinamiche le superfici e crea una complessiva percezione di movimento ed originalità oltre che di compattezza. E poi si incontrano le opere parietali, realizzate a graffito e malte policrome sui muri delle case di Nuvolato e della zona. Sono inquadrature in cui il contenuto sociale e l’intento narrativo descrivono con grande effica-

cia espressiva i gesti di vita della borgata e le attività di quel mondo di contadini sempre presente nel percorso di Gorni. Lo stesso edificio che ospita il Museo, che risale al 1930, è stato realizzato su progetto di G. Gorni. Un tempo utilizzata come sede scolastica , questa struttura,ora, continua ad essere, nell’ambito di una consapevole continuità, un importante occasione di promozione culturale. La visita al Museo è un tuffo nella storia e nell’arte del Novecento.

FONDAZIONE " Giuseppe Gorni " Nuvolato di Quistello Via Europa, 58 Tel. 0376 627241 - 347 5214714 ufficiocultura@comune.quistello.mn.it

in alto: sede del Museo particolare: Attesa 1945

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Il piacere

di TOCCARE di

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Roberta Schira


Cosa c'è di più stuzzicante che avvertire sulla propria pelle l'aderenza della seta e del cachemire? Nulla, questi due materiali ci offrono la più squisita esperienza sensoriale legata al tatto. In fondo, sentirseli addosso, indossarli come se fossero una seconda pelle è l'unico modo per portarli con disinvoltura. Il piacere di toccare. Lo stilista bresciano Luca Roda conosce questo piacere ed è per questo che punta su materiali di alta qualità, plasmati dal suo estro di uomo curioso del mondo. In fondo c'è solo un dettaglio che impedisce di definire Luca Roda un perfetto dandy : il suo senso pratico. Il resto lo possiede già. E' proprio il pragmatismo e lo spirito imprenditoriale che lo hanno trasformato da rappresentante di moda a stilista di successo internazionale. Incarna il più puro dandismo e nello stesso tempo l'essenza della brescianità. Lui è il portavoce del nuovo dandismo italiano, quello che si ispira alla moda inglese di inizio Ottocento, quello che vestirebbe oggi Oscar Wilde se fosse tra noi. L'ultima collezione infatti parte da queste basi e si chiama "I' m a Lord" evocando i canoni estetici dell'upper class inglese e riconciliandoli con le esigenze dell' uomo di oggi. Di 280.000 cravatte l’anno, tutte rigorosamente confezionate e cucite a mano, il 70% sono esportate dal Lago di Garda in tutto il mondo: Londra, Tokyo, Milano, Roma, Monaco, Parigi, New York, Los Angeles. Chi le indossa? Politici titolati, capi di Stato e di governo, imprenditori, manager, intellettuali e star dello spettacolo: Bush, Koizumi, Schroeder, Fini, Bertinotti, Busi e Dustin

Hoffman, per esempio. Chi ama le cravatte Roda non le porta per obbligo sociale o per mero sfoggio narcisistico, chi sceglie un capo Roda riconosce il valore simbolico di un accessorio. Lo considera un modo, un altro importante sistema per manifestare la propria personalità. Anche gli incontentabili, gli esigenti, i maniacali potranno trovare tra le decine di fantasie e le centinaia di sfumature di colore esattamente quella che stanno cercando. Quella che incarna la precisa emozione che vogliono esprimere nell' istante che la indossano. Lo stesso caldo al cuore si prova avvolgendosi nelle sue sciarpe. Sono in cachemire tessute su telaio a quattro lacci tinto in filo secondo un'antica tradizione del 1200, mentre il filato è prodotto dalla migliore selezione di fibre provenienti dalla Mongolia. E che dire dell'esperienza tattile quotidiana a contatto dei bottoni? Sono in madreperla australiana per le camicie e di corno per i capispalla, mentre i gemelli riproducono stemmi di nobili casati. La scivolosità della seta. Il filo di seta oggi arriva dall'Oriente già ritorto e lavorato e viene tinto in Italia in un secondo momento. I capi Roda li trovate in decine di negozi in tutto il mondo, nello show room in via della Spiga e prossimamente in un nuovo negozio a Forte dei Marmi. Se volete sapere di più sulla personalità questo scoppiettante stilista visitate il suo sito ( www.lucaroda.it ) ma fatelo con la disposizione di chi si prepara a giocare intraprendendo un viaggio avventuroso.

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Fondazione

"Biblioteca Morcelli-Pinacoteca Repossi" È nel 1966 che, con DPR n. 624, nasce la Fondazione "Biblioteca MorcelliPinacoteca Repossi", così denominata in ricordo dei fondatori della biblioteca e della pinacoteca: Stefano Antonio Morcelli (1737-1821) gesuita, insigne classicista e antichista, prevosto di Chiari e Pietro Bartolomeo Repossi (17761854) avvocato e professore di lettere. La Fondazione rappresenta la sintesi della storia culturale clarense ed amministra museo e biblioteca storica della città di Chiari. La Biblioteca Morcelliana, aperta al pubblico fin dal 1822, si è costituita attorno al lascito di Morcelli (1817) a beneficio della “gioventù studiosa di Chiari”. Arricchitasi nel tempo, grazie a

donazioni private e pubbliche, la Morcelliana consta attualmente di circa 70.000 volumi a stampa, tra cui 56 incunaboli, migliaia di cinquecentine e di edizioni dei secoli XVII-XVIII. Impreziosiscono la raccolta manoscritti, pergamene, archivi pubblici e privati dei secoli XIII-XX. Nel 1854 l’avvocato Repossi lascia alla Biblioteca Morcelliana la sua ricca collezione d’arte: è l’origine dell’attuale museo. Oggi, sempre grazie a donazioni private e pubbliche, la Pinacoteca Repossi conserva un prestigioso patrimonio artistico-culturale. Le opere sono esposte secondo percorsi tematici: il sacro (secc. XV-XX, tra cui un Ecce Homo

attribuito a Tiziano), i ritratti (secc. XVIIIXX), i paesaggi (secc. XVII-XX), i pittori e gli scultori clarensi (secc. XVIII-XX), i contemporanei. Notevole la raccolta di stampe di altissimo pregio artistico, di autori come Pollaiolo, Dürer, Mantegna, Schongauer, Rembrandt...: una sala appositamente allestita permette l’esposizione, a rotazione, delle stampe. La gipsoteca, l’auditorium, i laboratori didattici, le numerose sale per esposizioni temporanee, i cortili per eventi all’aperto e i depositi completano lo spazio museale.

La sede della Fondazone "Biblioteca Morcelli-Pinacoteca Repossi" si trova in Via Bernardino Varisco, 9 - 25032 Chiari (Bs). Per maggiori informazioni e contatti si può visitare il sito web www.morcellirepossi.it, E.mail: fondmorcellirepossi@libero.it, Tel e Fax: 030/7000730. L’ingresso è libero e gratuito negli orari di apertura: Lunedì 10-13:00, Martedì – Sabato 10-13:00/14-18:00, Mercoledì – Giovedì 9-13:00, Venerdì 10-13:00. Domenica e giorni festivi solo su appuntamento.

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FAUSTO DE MARINIS:

il pittore dei Sogni

Immaginiamo di catturare un sogno e imprigionarlo per sempre all'interno di un pennello; e con questo pennello iniziare a dipingere i nostri sogni e quelli degli altri. Sarebbe un po' come dar vita a dei “sogni dei sogni”, ossia a una rappresentazione metafisica di immagini surreali che, pur non non avendo nulla a che fare con la realtà di tutti i giorni, contengono al loro interno un legame indelebile e indivisibile con il vissuto e le speranze di chi le ha create. Tutto questo traspare dall'Arte di Fausto De Marinis, artista capace – attraverso le sue opere - di sognare e far sognare. L'abilità del Maestro nel descrivere i soggetti non dal loro esterno, ma dal loro interno, facendone risaltare la loro vera essenza e la loro vera natura, rende le sue opere davvero coinvolgenti, capaci di catturare l'attenzione anche del più disinteressato osservatore, costringendolo a fermarsi a riflettere. I viaggi e i miti, temi assai ricorrenti nell'opera di De Marinis, vengono utilizzati in tutto il loro carattere affascinante e misterioso, in cui le forme dei disegni e le sfumature di colore sono studiati fin nei minimi particolari proprio allo scopo di guidare l'osservatore in una dimensione parallela fatta di sogno e realtà.

A la Puerta de Toledo

Scrive di lui Nicola Micieli: “De Marinis si muove nella dimensione virtuale della mente, infrangendo ogni barriera spazio-temporale, vanificando le distinzioni empiriche tra la materia e l'immateriale, tra la realtà e il sogno, tra il qui della condizione esistenziale, con il suo carico di contrastanti necessità, e l'altrove della prefigurazione metafisica che schiude il regno della sconfinata libertà”.

L'ARTISTA Fausto De Marinis, nasce ad Harar (Etiopia) nel 1938 da famiglia abruzzese. Attualmente vive e lavora a Illasi in provincia di Verona. Comincia a dipingere nel 1953 e, dopo essersi diplomato geometra all'Istituto Tecnico “T. Acerbo” di Pescara, si dedica a studi artistici. Dopo aver frequentato il terzo anno di Liceo Artistico, sempre a Pescara, si trasferisce prima a Roma e poi a Parigi dove frequenta il corso di pittura al Beaux-Arts. Ha all'attivo numerose mostre personali e collettive sia in Italia sia all'estero; nel 1981 ha realizzato, a Enna, il murale più grande d'Europa (“Le due dee”) su una parete tufacea di 720 mq utilizzando resine, acrilici rinforzati al quarzo, legno e piombo.

La casa dei folletti

Per informazioni: Tel: 045.6520008 www.faustodemarinis.it fausto@isegoria.it

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JEANNINE LOAN ARTISTA, DESIGNER

“Simonetta” 2008 Nudo femminile. Dimensione: 119,5 x 104,5 cm. Tecnica, carboncino su carta bianca

L’artista ha allestito la sua prima mostra personale in Italia al Circolo Artistico di Bologna in Luglio 2005 a cura di Monica Miretti, critico d’Arte. Jeannine Loan, francese, con una formazione all’Accademia delle Belle Arti di Toulouse, si confronta da molti anni con le sue passioni nel paese d’adozione, l’Italia. Da sempre è stata portata ad incontrare un destino incentrato nella ricerca di una “scrittura del corpo” e di tutto quello che lo circonda. In parallelo ad un lavoro sull’analisi del corpo che l’artista ritrae esclusivamente dal vero , alla realizzazione di accessori per il mondo della moda e dopo il successo del concorso internazionale di gioielli The Tahitian Pearl Trophy, oggi si propone a fianco a maestri gioiellieri d’eccellenza, ad una nuova sfida, l’alta gioielleria. Utilizzando il linguaggio dell’arte contemporanea, i corpi e i gioielli dell’artista prendono vita in un racconto di emozioni teso ad indagare l’essenza dell’essere. Privi di riferimenti spazio-temporale, i giochi di luce ed ombra con il dinamismo del segno asciutto ed essenziale sottolineno movimenti e volteggi inaspettati.

“QUANTIQUE” Collana in oro bianco con perle di Tahiti nere e diamanti con il suo supporto, premiata al concorso di gioielli Tahitian Pearl Trophy. Tema: “il canto delle stelle”. Realizzata con la collaborazione di Lab Of Feel

Atelier Via Sicilia, 9 Osteria Grande (BO) Tel.: +39 (0)51 6958491 E.Mail: jhal_loan@virgilio.it

Silvia Guberti

Dimora del vuoto Dimora del vuoto è il titolo che Silvia Guberti ha ideato in dialogo con le poesie di Emily Dickinson in occasione del Festival della Filosofia di Modena: un intreccio figurato da un fiore di loto, con cartigli intrecciati e foglie-contenitori scolpite che evocano l’armonia voluta dai giardini Zen. Silvia Guberti nasce a Modena nel 1944 e si è formata presso il locale Istituto d’Arte “A. Venturi” Dopo la prima mostra alla Sala di cultura di Modena (1972), Silvia Guberti ha esposto al Palazzo dei Diamanti di Ferrara (1975), al Museum Modern Kunst di Vienna (1985), alla Casa Malaparte di Capri (1992), alla Palazzina dei Giardini di Modena (1998) e, più di recente, a Monaco di Baviera, Milano, Reggio Emilia (2006) e al Castello di Formigine (2007).

Oggi vive e lavora a Casinalbo (MO) Tel. 059510393


foto di William Fornaciari

G.P.M. - Gruppo Produzione Moda Intimo e Mare 22100 COMO • Via del lavoro, 5 Tel: 031507165 - Fax: 031507223 info@gpmintimoemare.it

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EMOZIONI di PORCELLANA Era il 1953 quando Juan, José e Vicente Lladrò, tre fratelli spagnoli accomunati dall'amore per l'arte, fondarono un piccolo atelier a Valencia (Spagna). Nasceva così uno dei più importanti brand al mondo in materia di opere in porcellana e di alto artigianato: la Lladrò.

THE LOVER II

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E proprio la passione e il sentimento con cui i tre fondatori hanno dato vita a quello che inizialmente sembrava solo un grande sogno continua ad accompagnare, anche oggi, l'attività della multinazionale spagnola. “E' proprio questo il segreto del successo di Lladrò” conferma infatti Damiano Semeraro, Direttore di Lladrò Italia. “Negli anni passati tutto si è sviluppato attorno a opere che ricordavano momenti particolari della vita, legati soprattutto a emozioni o sentimenti. Le nostre porcellane non sono infatti fine a se stesse, ma vogliono sempre comunicare qualcosa”. Accanto alla tradizione, però, Lladrò ha sempre anche affiancato una continua innovazione e una ragionata diversificazione delle proprie linee di prodotto; basti pensare che all'interno della casa madre opera uno staff composto da venti scultori, tutti impegnati nella ricerca di nuovi stili e nuove tecniche di lavorazione. “Siamo costantemente impegnati nella ricerca di soggetti più attuali che possano meglio raccontare i tempi che stiamo vivendo”, sottolinea infatti Semeraro, confermando la volontà dell'azienda di coinvolgere anche il pubblico più giovane, attraverso un'attiva collaborazione con artisti e designer di fama internazionale come ad esempio il tedesco Bodo Sperlein, lo studio valenciano CuldeSac o i britannici Committee. E proprio da queste importanti collaborazioni sono nate le più recenti linee di prodotto, tutte caratterizzate dall'impronta creativa e fantasiosa degli autori, a partire dalla struttura portante dell'opera fino ad arrivare ai più minimi particolari; particolari che portano dentro di sé dei messaggi assai ricchi di contenuto. “Accanto a queste nuove linee di prodotti continuiamo ugualmente a concentrarci anche sulle produzioni più tradizionali”, tiene comunque a precisare Semeraro. “Le gamme di design occupano attualmente circa il 30-40% della nostra produzione. Una delle nostre maggiori caratteristiche è sempre stata quella di affiancare al fascino e all'eleganza dello stile tradizionale la dinamicità e la tecnologia dello stile moderno”.


Opere d’ARTE da VEDERE e DA SENTIRE

Damiano Semeraro - Direttore di LLADRò ITALIA

“Le nostre sculture sono belle da vedere e belle da sentire e tenere in mano”, ha precisato il Direttore di Lladrò Italia, mettendo in evidenza la reale fattura delle porcellane; fattura che è possibile percepire solo ed esclusivamente con il tatto e con la vista diretta delle opere. Quello che rende i prodotti di Lladrò davvero esclusivi e originali è infatti la loro raffinatezza che li rende quasi incompatibili con una produzione di tipo industriale: ogni opera sembra veramente unica e quasi impossibile da replicare. Lo si percepisce dalle sfumature traslucide dei colori o dalla superficie setosa e vellutata dei materiali con cui sono realizzate. Non si parla quindi di semplici figure in porcellana o di noiosi e anonimi complementi d'arredo, ma di vere e proprie opere, capaci di contribuire alla quotidianità della casa e della famiglia, indipendentemente dal fatto che in essa siano presenti o meno collezionisti o appassionati del genere. La collezione Naturofantastic è composta ad esempio da una serie di creazioni in porcellana bianca, decorata da cromie del grigio, del verde e dell'azzurro in grado di creare sfumature e tonalità che rafforzano l'aspetto onirico degli elementi vegetali e marini, scaturiti dall'immaginazione degli artisti che l'hanno concepita.

Come tutte le creazioni dei laboratori Lladrò, anche questa linea è frutto di un laborioso processo artistico, dai primi bozzetti alla cottura ad alte temperature, realizzato da mani esperte che lavorano sotto la supervisione della stessa famiglia Lladrò. “Nella mia vita – sia privata sia professionale - ho sempre respirato aria di arte, pur essendo un semplice spettatore e non un vero e proprio appassionato”, sostiene Damiano Semeraro parlando del suo personale rapporto con l'arte. “L'impegno continuo di Lladrò nella ricerca della perfezione nelle proprie creazioni ha però fatto crescere in me l'amore e la passione per i particolari e per il bello”.

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Una continua RICERCA ed EVOLUZIONE Lladrò è da sempre sinonimo di amore per l'arte e per la tradizione, ma anche attenzione per il nuovo e per il moderno. “Il mercato è alla ricerca di qualcosa di diverso”, spiega a tal proposito Damiano Semeraro. “C'è molto interesse nelle nuove linee di prodotto e in un cambiamento generazionale che sia finalizzato soprattutto alla creazione di un qualcosa che sia alternativo al classico”. E su queste precise esigenze del pubblico più giovane, sono nate proprio le linee sviluppate in collaborazione con i più famosi designer. Di questa linea fa parte la collezione “The Fantasy”, realizzata in collaborazione con Jaime Hayòn, che si compone di sei differenti serie di prodotti, tutti accomunati dalla magia dell'inatteso e dalla natura ludica e fantastica che caratterizza da sempre lo stile del famoso designer spagnolo. La serie “The Lover I, II & III” esprime ad esempio l'equilibrio ideale nell'amore messo in evidenza da una figura dalla posa elegante e rilassata che spicca per stile e classe. Per questa collezione sono stati creati delle nuovissime colorazioni, più pure, che sono state messe in evidenza con il rosso del cuore e delle scarpe (disegnate per il marchio spagnolo Camper, ndr), con il turchese e i blu delle originali basi ottagonali. Di particolare impatto visivo ed emozionale, anche la serie “Conversation vase”, rappresentata da vasi ispirati alle grandi creazioni del XX secolo. In questo oggetto, più che la funzionalità, spicca l'espressività ottenuta attraverso la decorazione e la forza trasmessa dai quattro volti che comunicano tra loro e che raccontano una storia di fantasia, magia e splendore. Naturo Fantastic

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Per un SORRISO di SPERANZA Lladrò ha sempre avuto un occhio di riguardo per le attività benefiche e, nel corso degli anni, ha collaborato attivamente con numerose organizzazioni umanitarie di livello internazionale, come ad esempio l'Unicef, per le quali ha realizzato delle speciali creazioni il cui intero ricavato ha potuto sostenere importanti iniziative in tutto il mondo. Dal 2006 Lladrò collabora attivamente con Operation Smile, organizzazione umanitaria internazionale, presieduta in Italia da Santo Versace, il cui obiettivo è correggere con interventi di chirurgia plastica ricostruttiva le gravi malformazioni del volto di migliaia di bambini in oltre 50 Paesi poveri del mondo e in via di sviluppo. La collaborazione tra Lladrò e Operation Smile è finalizzata all'organizzazione di diverse iniziative per la raccolta di fondi destinati ai tanti bambini che sono ancora in attesa di un sorriso. Nei quasi tre anni trascorsi, le attività realizzate insieme hanno consentito di raccogliere oltre 350 mila dollari e operare moltissimi bambini in Kenya e in altri Paesi africani. Proprio allo scopo di continuare a sostenere le iniziative di Operation Smile, Lladrò ha realizzato una speciale opera (reperibile in alcuni selezionati negozi Lladrò presenti sull'intero territorio italiano o nel sito di Operation Smile) dal costo di circa 300 euro, attraverso il quale il pubblico avrà la possibilità di contribuire attivamente alle attività umanitarie di Operation Smile nel mondo. “Crediamo molto in questa nuova operazione e ci auguriamo di riuscire a eguagliare, e magari anche a superare, gli ottimi risultati raggiunti con le scorse attività realizzate in passato“, ha sottolineato il Direttore di Lladrò Italia Damiano Semeraro. “Nella Fondazione Operation Smile abbiamo trovato un partner ideale per poter esprimere al meglio lo spirito umanitario e solidale che contraddistingue da sempre la nostra azienda. Sapere poi di avere contribuito a cambiare la vita anche di un solo essere umano e di aver restituito il sorriso a un bambino non può che premiare ulteriormente il nostro lavoro”.

Per ulteriori informazioni, è possibile visitare i siti web www.lladro.com e www.operationsmile.it o contattare il servizio clienti Lladrò al numero verde 800.463.920.

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RICCARDO FOCACCI

www.riccardofocacci.com Gallarate (VA)

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Nato nel 1973 a Seregno, vive e lavora a Milano. Nonostante gli studi e il lavoro lo portino ad intraprendere un percorso completamente diverso da quello artistico, la passione per il disegno e la pittura torna a riaffiorare prepotentemente intorno ai 30 anni. Inizia così un'attività di ricerca e sviluppo di un proprio stile, inizialmente tramite la pittura a freddo su terracotta.Gli oggetti vengono scomposti e suddivisi in aree di colore nette e definite, talvolta valorizzate con decorazioni a rilievo: applicazioni di microsfere in vetro o lavorazioni in carta. Il percorso è nettamente indirizzato verso la realizzazione di opere astratte, inizialmente decise e marcate nelle linee, ora più morbide, arrotondate, rivolte alla ricerca di un'armoniosità del disegno. Cerchi, linee ed incastri sono alla base di tutte le opere, pezzi unici artigianali irriproducibili nelle stesse caratteristiche. Opere in cui il colore si presta a definire le forme, il vetro regala brillantezza e la carta gioca con improvvisi motivi a rilievo. Ai vasi si affiancano lampade e pannelli decorativi, dipinti su legno, in una collezione che l'artista ha denominato d'shapes.

Danilo Riva

d’shapes | Laboratorio e show-room di Danilo Riva Via Paracelso 6 – 20129 Milano Tel / Fax 02/36511054 - Cell. 348/0085307 danilo.riva@dshapes.com

www.dshapes.com

SAVERIO BARBARO

www.saveriobarbaro.it

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SEVERGNINI La sartoria Severgnini è situata in pieno centro di milano a due passi da pz. Duomo.E’ specializzata nella sartoria e nella camicieria su misura da uomo,di alta qualità, con capi capaci di valorizzarle esigenze di chi vuole vestire con eleganza e attenzione,tutta italiana ,nella ricerca delle stoffe migliori,selezionate tra i piu’ prestigiosi lanifici e cotonifici Italiani e Inglesi. Severgnini si rivolge a una clientela che ha precise esigenze di qualità e professionalità; per questo offre un servizio accurato e celere , entro 15 gg lavorativi con consegne in tutto il mondo.

SEVERGNINI Via Cappellari 3 • 20121 MILANO • tel. 02 861220 • email:fransev@tiscali.it


www.severgninisumisura.it


ANTONIO NOIA

antonio.noia@fastwebnet.it Tel. 051.6264241 Cell. 339.4886405 Bologna La mia ricerca segnica indaga la natura come risorsa progettuale … lo scatto fotografico afferra l’istante, il segno intenzionato a grafite pronto a trascrivere l’emozione…

INSTALLAZIONE: “Segno Natura” - Fotodisegno su tela 230 x 150 cm - Covone di Grano 150 x 170 cm

LE TROTTOLE: racconti I/CONICI a cura di Valerio Dehò Caterina Arcuri

Giulio De Mitri

Vincenzo De Simone

Gaetano Grillo

Vittorio Mascalchi

15 dicembre 2008 - 31 gennaio 2009 dal lunedì al venerdì 15,00 - 19,00 GRUPPO LEONARDO Società di Ingegneria S.r.l. Via P. Bonafede 15/a Bologna

Antonio Noia


Tiziana Benzi

Studio restauro conservazione tessile

I tessili antichi sono da considerarsi delle opere d’arte di rilevante importanza nell’ambito storico artistico Italiano. Arazzi, tessuti antichi, tappeti, abiti sacri e profani, preziosi ricami, tappezzerie antiche ancor oggi sono presenti nei palazzi storici e non solo. Benzi Tiziana, dal 1997, si specializza nel restauro di Arazzi, tappeti e tessuti antichi e con particolare dedizione, allestisce il proprio laboratorio con attrezzature speciali studiate appositamente per la salvaguardia di queste vere e proprie opere

d’ arte. Le varie fasi lavorative, lo studio dell’opera, la spolveratura, il lavaggio il restauro e le documentazioni di fine lavori, vengono eseguite con scrupolosa precisione. Tale settore comprende anche le catalogazione, gli immagazzinaggi, gli allestimenti, ma soprattutto la parte di manutenzione, che permette agli oggetti di valore, in un pessimo stato di conservazione di sopravvivere prima di arrivare al vero e proprio intervento di restauro.

I materiali utilizzati per il restauro sono esclusivamente di tipo naturale (lana, seta, cotone e lino), per rispettare a pieno le antiche lavorazioni.

Strada alla Volpara di Roncaglia, 63 29010 Fraz. Roncaglia - PIACENZA (PC) Cell. +39 338 2056206 E.mail: tiziana.benzi@libero.it

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ANTONIO MARRAS: l’arte addosso di

Alessandra Lepri

Boutique Milano

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Definirlo stilista è riduttivo, anche se è uno dei grandi maestri di stile, quelli che lasciano il segno, che non imitano mai nessuno, semmai inducono il mercato a prendere spunto dalle loro innovazioni.

N

ell’era del mercato che cannibalizza le idee e le piega ai capricci del “dio denaro” Antonio Marras è l’ultimo e unico poeta della moda, originale, struggente, colto, antico e contemporaneo, tenacemente se stesso. La sua inconfondibile mano in ogni creazione, negli allestimenti delle sfilate, nelle cartelle stampa, negli inviti, nelle scenografie. Marras è fra gli stilisti italiani che hanno varcato i confini del mondo, tanto che oltre alle linee che portano il suo nome è entrato alla corte di Bernard Arnault come direttore artistico della storica Maison Kenzo. Proprio lui, così legato alle tradizioni della sua terra, la Sardegna, alla quale rende omaggio senza mai cadere nelle ovvietà etniche o folkloriche, oggi è uno degli stilisti internazionali più acclamati e apprezzati dalla critica internazionale. Dalla Sardegna l’essenza della cultura, le atmosfere rarefatte, il carattere schivo e caparbio, le tradizioni più antiche e autentiche, che non scivolano mai nei facili stilemi dell’artigianato venduto ai turisti in vacanza. La Sardegna di Marras è nei tessuti maschili, nei ricami, nelle tecniche, filtrata da una creatività assoluta che trascende le regole e le tendenze della moda. Lo stilista, nato ad Alghero, figlio di imprenditori dell’abbigliamento, inizia a esprimere la sua creatività, supportata dalle competenze apprese in famiglia, disegnando collezioni prêt-àporter alla fine degli anni Ottanta per il marchio “Piano Piano Dolce Carlotta”, per approdare finalmente nel 1996 alle sfilate di Alta Moda a Roma, firmando col proprio nome, con una collezione in cui sono forti le radici culturali della Sardegna, l’attitudine sartoriale, l’amore per i tessuti tradizionali, per l’aspetto vissuto dei capi, per le contaminazioni fra antico e moderno, per i contrasti fra maschile e femminile, espressi dall’accostamento ardito dei gessati con i pizzi ricamati. L’espressione più pura della sua vena creativa. La consacrazione definitiva nell’Olimpo della moda tuttavia avviene a Milano, sulle passerelle del prêt-à-porter nel 1999, con una collezione dedicata alla scrittrice Annemarie Schwarzenbach. Ogni collezione ha una vita propria, si ispira a personaggi della memoria, della letteratura o della storia. Dalla prima apparizione in passerella i successi nel campo della moda si affiancano ai riconoscimenti in campo artistico, e oltre alle sfilate, che dal 2002 si estendono anche alla moda maschile, il designer intraprende sodalizi con esponenti della cultura per dar vita a iniziative culturali e artistiche di grande contenuto, come il progetto Trama Doppia, nella sua Alghero, in cui ogni anno si confronta con un artista.

sopra: Abito Ippolita per Sogno di Ronconi “Sogno di una notte di mezza estate”

Dal desiderio di cimentarsi nell’arte, in particolare sul palcoscenico del teatro, la collaborazione con un grande regista, Luca Ronconi, per il quale ha creato i costumi del “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare che il regista Luca Ronconi, in scena al Teatro Strehler di Milano dallo scorso ottobre. E’ stata proprio l’opera più fantasiosa del drammaturgo a stimolare la vena creativa di Marras, che racconta di avere voluto ricreare l’atmosfera surreale e fantastica del sogno, un sogno che ha sempre inseguito, mediante i tessuti stracciati, intarsiati, decorati, mossi da ruches e ricami luccicanti con cui ha vestito le creature mitologiche e fiabesche dell’opera.

Easy Daily Wear L’ultima novità è la seconda linea di Antonio Marras, I’M Isola Marras, un total look che si avvicina a un pubblico più ampio, mantenendo intatta l’identità della filosofia della prima linea. La collezione, che elegge il denim come tessuto principe, è fantasiosa e briosa, contraddistinta da un logo divertente, il piccolo cane dello stilista, Pepeddu, la mascotte dell’atelier di Alghero. La linea è prodotta e commercializzata da Interfashion del Gruppo Stefanel e distribuita nei multibrand di tutto il mondo.

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B & B a casa dell’Antiquario Nel cuore del centro storico, a due passi dalla Basilica di Giulio Romano e all'importante complesso monastico Polironiano, il B&B a casa dell'Antiquario, accoglie i graditi ospiti in una elegante casa Liberty completamente ristrutturata. L'arredamento è curato direttamente dalla Galleria Antiquaria Zanini, dove la preziosità degli arredi, rigorosamente antichi, è armonizzata con gusto e ricerca agli elementi moderni.

Via Battisti 10 San Benedetto Po - Mantova tel. 0376 614680 info@bebacasadellantiquario.it www.bebacasadellantiquario.it

Le stanze a disposizione degli ospiti dedicate ai personaggi importanti che hanno segnato la storia di Polirone, sono: una matrimoniale o doppia, e due Junior suite con possibilità del terzo letto. Tutte le camere sono dotate di TV, aria condizionata, accesso ad internet con Wireless, cassaforte. Ogni stanza, ha il suo bagno privato con asciugacapelli, teli bagno, salviette, e prodotti per l'igiene personale. La prima colazione,con prodotti tipici, viene servita all’interno di una suggestiva sala, nel periodo invernale, mentre nel periodo estivo viene proposta nel chiostro esterno in giardino, così da ricreare un ambiente sereno e suggestivo per iniziare al meglio la giornata . A piano terra, vicino all'elegante ingresso, si trova una stanza di lettura, fornita di una cospicua libreria. I graditi ospiti, su richiesta, potranno essere accompagnati in una visita guidata alla Galleria Antiquaria Zanini e all’importante complesso mo-nastico.

Galleria Antiquaria Zanini Dl 06 al 31 dicembre 2008 EVENTO IN GALLERIA dal titolo:

“CAPOLAVORI NARRANTI”

Uno stretto connubio tra Arte e Letteratura

La voglia di vivere a contatto col passato, così legata al gusto e al senso della memoria, è un valore per noi intramontabile. Da anni si assiste alla riscoperta di sentimento che testimonia il bisogno di circondarsi di opere d’arte. Interessarsi all’ “Antiquo” e divenire, poi, collezionisti, è quindi l’evolversi naturale di una passione, che induce da anni la nostra galleria a selezionare, restaurare, istruire e tramandare i valori più pregnanti del passato, cercando di trasmettere alla gente la stessa nostra gioia per l’arte. L’opera deve collocarsi davanti al nostro sguardo ed esigere il privilegio di un’attenzione destinata a rilevare l’emozione della sua bellezza e ad esaltare il tempo evocatore della sua qualità estetica. Riteniamo, perciò, di proporre ad appassionati, studiosi e storici, un modo nuovo per guardare alla nostra storia.

Via Virgilio 7 San Benedetto Po - Mantova tel. 0376 615326 antichitazanini@yahoo.it www.galleria-antiquariazanini.it

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BIGIAI BACKGROUND:

LA TRADIZIONE COME INNOVAZIONE In origine il nome BIGIAI appartiene al fandatore, Viviani Luigi, che nel 1945 apre a Manerbio (Brescia) un piccolo negozio di tessuti chiamandolo con questo nome Nel 1960 il figlio Fulvio eredita l'attività paterna, amplifica i locali inserendo il pret à porter, e ne rende famoso il marchio. Nel 1987 questo marchio passa dalle sue mani a quelle degli attuali proprietari, il figlio Luigi "Gigi" e la figlia Laura, che aggiungono al nome BIGIAI, il sostantivo BACKGROUND in onore al nonno fondatore e alla tradizione di famiglia. Nasce cosi nella stessa location, riprogettata da Enzo de Cotiis secondo uno stile tuttora contemporaneo, l'attuale attivita la cui immagine Ë comunque in continua evoluzione diretta alla realizzazione dell' ambiente giusto per far meglio "vivere" i capi esposti.

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Il negozio è infatti una piccola "miniera" tra un laboratorio e una galleria d'arte, le vetrine sono istallazioni ideate dal proprietario, Luigi "Gigi" Viviani, e nascono dalla sua esperienza ventennale di vetrinista per note aziende d'abbigliamento del nord Italia e di stylist per diversi progetti in ambito artistico.

La filosofia del negozio è quella di valorizzare l'individuo e la sua personalità senza a tutti i costi seguire il trend del momento. Alle collezioni di Vivienne Westwood, Raf Simons, Dirk Bikkembergs, Patrizia Pepe si affiancano anche articoli esclusivi, creati artigianalmente dal proprietario e visibili sul sito bigiai.com. Pezzi unici "home made", accessori e abiti vintage riciclati o assemblati secondo quella sensibilità artistica che trova nella fusione degli stili il proprio costante rinnovamento.

Bigiai Background via Mazzini 63 Manerbio (Brescia) tel. 0309380138

www.bigiai.com

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Mi piaci un casino! Ovvero architettura e forma dell'Eros. Dalla malafemmina alla femmina di

Paola Dei

Con il titolo: A me mi piace un casino! si è aperta a Milano fino a dicembre presso la Galleria Crazy Art, una Mostra che ha l'intento di festeggiare i 50 anni della Legge Merlini, la quale determinò la chiusura delle case di tolleranza. In quella che fu una delle zone dove le signorine aspettavano i clienti, è stata allestita da Giancarlo Ramponi, una vera casa di tolleranza più volgarmente detta casino e non quello metaforico bensì quello reale, chiamato anche "maison" del piacere quando si voleva dare un tocco di raffinatezza al luogo che ricordava fantastiche guepière e modelle di Plaiboy e Penthouse. Un ambiente che disegna una topografia piena di figure e memorie nelle quali il sogno, l'immaginazione e l'emozione ci conducono non solo dentro alle stanze ma anche dentro alle situazioni, al significato ed al senso del luogo fino a giungere alla percezione di essere in ciò che ci circonda e riuscire a dare forma all'Eros ed alla seduzione grazie anche alle suggestive foto di Gigliola Di Piazza che è riuscita ad esprimere non soltanto l'esteriorità ma anche gli odori, gli umori e le sensazioni. Entrare in queste stanze metaforiche e reali richiede coraggio, perché le nuove "idee" che scaturiscono possono anche distruggere gli abiti mentali ai quali siamo abituati, che forse abbiamo ereditato senza averli mai acquistati noi stessi, oppure possono rafforzare una forma pensiero che avevamo in mente da sempre. Importante è andare intorno, veramente intorno alle cose, per comprenderle, soprat-

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tutto in un momento in cui tanto si discute della famigerata possibilità di riaprire le case chiuse. Ma andiamo ora ad analizzare cosa caratterizzava questi ambienti senza pregiudizi e con la mente aperta a scoprire nuove forme pensiero e nuove architetture dell'Eros. Intanto osserviamo il primo abito mentale che si estrinseca nel momento in cui entriamo nell'ingresso dal quale si accede alle cosiddette case di tolleranza dove è esposto il tariffario. In proposito occorre ricordare che la frase: "il tempo è denaro" mai è stata così densa di significato come in questi luoghi. Si impiega infatti un lasso di tempo molto maggiore per fare l'amore con qualcuno verso cui si ha un rapporto di stima e/o affetto di quanto se ne impiega per fare sesso con una persona che viene pagata per tale servizio. In questo tipo di transazione entra in gioco solo il denaro e l'uomo è consapevole che non ci sono implicazioni sentimentali (ogni eccezione conferma la regola). Il secondo abito mentale che andiamo ad analizzare riguarda invece il gusto della novità, è un dato di fatto che l'uomo tendenzialmente si eccita molto più rapidamente con un nuovo rapporto di quanto non accada con una donna che conosce bene. Oltre a questo nel terzo abito mentale troviamo il fascino del luogo che da alcova di piacere si trasformava in status sociale adeguandosi alle possibilità del cliente. La stanza per i militari e per il popolo, ricostruita anche in


Foto di Francesca Vieceli-Kikapress

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Mostra, era secca, spoglia, essenziale, come se il contenitore dovesse rispecchiare e accendere fuochi idonei alle possibilità mentre l'architettura diveniva funzionale alla categoria. In contrasto a questa alcova, quella per i clienti danarosi, di stile decadente, con abbondanza di rosso, di carta da parati damascata, di sofà, di cornici dorate, di luci a forma di corpi femminili. Non è il gusto che caratterizza l'architettura di questa stanza ma l'abbondanza dove il piacere sembra sposarsi all'architettura d'interni e traspare la possibilità di fuochi molto più grandi che aumentano ancora nella stanza di stile Dannunziano. Una delizia di piumini, cianfrusaglie e oggetti di ogni tipo per quella che è stata definita la professione più vecchia del Mondo ricostruiti con dovizia di particolari nella collezione storica di Antonio Belletti, amateur, raccoglitore e rappresentante della Goliardia. C'è poi la stanza per il voyeur che poteva assistere nascosto dietro un finto specchio e infine la sala ginecologica, dove le signorine venivano periodicamente visitate con grande dovizia. Ecco che l'anima dei luoghi irrompe in tutta la sua potenza e nelle narici si insinuano gli odori di vecchie foto che mostrano il candore di signorine che ricordano molte delle protagoniste delle canzoni di De Andrè laddove esse erano le uniche a mantenere la loro innocenza, nelle orecchie si avvertono suoni di grammofoni e basta affidarsi all'intuizione per percepire le stanze abitate ed immaginare i protagonisti che le abitavano. C'era il signore in bombetta, il militare, il voyer, il marito annoiato ed il ragazzo alla sua prima esperienza di iniziazione, come

Foto di Gigliola Di Piazza

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voleva la tradizione di certe epoche. Per un attimo in mezzo ai colori ed agli odori decadenti degli ambienti la mente va a Lussuria il Film che ha ricevuto il leone D'Oro alla 64° Mostra d'Arte cinematografica di Venezia ma anche ad une pellicola di Chabrol, il regista francese che, sempre in Mostra lo stesso anno presentò: La fille coupèe en deux, due pellicole che come fili rossi segnano il passaggio dalle case di tolleranza alla seduzione, da via del Campo di Genova con De Andrè alla Malafemmina di Napoli con Totò, per giungere poi a due seduttrici d'eccellenza: Marilin Monroe e Valeria Marini. Due icone di femminilità vissute in momenti diversi ma capaci entrambe di sconvolgere l'immaginario dell'Universo maschile. È passato molto tempo da quando Luigi Settembrini proponeva un'incursione nell'Universo dei bisogni femminili in maniera ironica ed istruttiva cercando di entrare nell'architettura mentale di varie categorie di femmina. Con quel pizzico di disincanto dissacratorio che non guasta dispensava consigli a chi decideva di conquistare un esemplare della fauna femminile. Suggerimenti non standardizzati ma adatti ad ogni tipo di donna. Agli uomini non restava che l'imbarazzo della scelta dopo aver letto i divertenti epiloghi che si proponevano così: Frivola: regalarle un diamante ( a dire il vero questo approccio funziona con tutte le categorie), Casalinga: cucinare per lei, Coniglietta: cospargersi di costoso profumo francese, Ninfomane: spogliarsi senza preavviso, completamente nudi, Timida: sospirare frequentemente, Velleitaria: dedicarle una poesia, Suora: regalarle un crocefisso, Amante della musica: intonarle: "donna non vidi mai simile a questa" guardandola con intenzione, Intellettuale: invitarla a ballare, Cagionevole: fingere frequenti giramenti di testa, Punk: togliersi platealmente un orecchino (messo ad arte precedentemente) dal lobo destro, Feticista: regalarle un paio di giarrettiere usate, Sensitiva: scoppiare in singhiozzi o meglio ancora svenire, Conscia, matura equilibrata: regalarle una Edizione delle affinità elettive.

Adesso questi suggerimenti vengono totalmente ignorati dal genere maschile mentre le donne che una volta erano contese si trovano oggi in mezzo alla spietata legge della domanda e dell'offerta. Ma negli anni quali sono stati i canoni della seduzione, cosa hanno mantenuto ed in che cosa si sono modificati? Per fare questo osserviamo l'architettura, lo stile e la struttura di due seduttrici del nostro secolo: Marilyn Monroe e Valeria Marini. Lo faremo in maniera ironica e giocosa anche se su Marilyn si è scritto tanto e detto forse anche di più. In questo contesto osserveremo soltanto le caratteristiche principali comparandole a quelle di una seduttrice più moderna e meno sofferta. Cosa c'è di uguale in loro e cosa differisce il loro stile di approccio con il Mondo. Uno sguardo mai troppo invadente ma quasi evasivo caratterizzava Marilyn, miope dalla nascita e per questo più affascinante di quanto lo avrebbe potuto essere se la sua vista fosse stata molto acuta, ma anche lo sguardo di Valeria non è mai troppo invadente e scrutatore bensì leggero, quasi a posarsi sulle cose con evasività anche se a volte a lungo, tale da annullare le difese di chi le osserva e tranquillizzarlo. Entrambe un po' bambine un po' bombe sexy, a metà fra lo svampito e l'erotico con capelli platino sui quali entrambe facevano e fanno scivolare le mani in una maniera talmente abile da farlo sembrare il primo gesto della seduzione. Bionde come simbolo della donna angelicata ma anche della vichinga che tanto piace ai maschi latini. Bionde ma calde, con la lacrima giusta al momento giusto (più per Marilyn) ed il sorriso contagioso (più per Valeria). Labbra invitanti per la prima, turgide per la seconda. Mai troppo impegnative con i discorsi e mai troppo contorte per un uomo, ma capaci di alleggerire qualsiasi umore e rendersi complici di leggerezze straordinarie.

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La voce doveva e deve adattarsi al corpo e al personaggio ed in entrambe questo avveniva ed avviene, poi le curve ed il gioco del nascondere e scoprire forse più sottile in Marilyn che scopriva meno e più evidente in Valeria che scopre di più. Fianchi larghi e vita sottile, il simbolo della femminilità e poi l'aria a vamp con abiti che si diversificavano e si diversificano da quelli di ogni altra donna.

C'erano e ci sono poi i tacchi a spillo e l'arrendevolezza che traspariva e traspare dal loro modo di fare. Capaci entrambe di lottare come tigri per difendere il loro amore (più Marilyn) ed il loro uomo (più Valeria). E mentre dalle uguaglianze stiamo arrivando lentamente alle diversità ecco che ci appare evidente la maggior autodistruttività di Marilyn, che non riuscì mai a sentirsi amata da un uomo, è stata invece molto più amata Valeria. Più emotiva e passionale rispetto a Valeria, Marilyn toccava livelli di leggerezza ed insieme di sofferenza che l'hanno poi condotta alla morte e se l'arte della prima era amare e morire, l'arte della seconda è amare e vivere. Recentemente Valeria è tornata a difendere Vittorio Cecchi Gori in maniera davvero ammirevole spendendosi per farlo uscire dal carcere.. Di Marilyn invece ricordiamo una preghiera scritta per lei dal sacerdote delle dive: "Signore in un Mondo inquinato dal peccato e dalla distruttività non giudicare colpevole una piccola commessa di periferia che sognava di essere una star. Era affamata d'affetto e le offrirono tranquillanti, contro la tristezza di non esser santa le consigliarono la psicoanalisi, le sue storie d'amore erano un bacio ad occhi chiusi e se li apre ci si accorge che è solo la scena di un Film!".

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Foto di Gigliola Di Piazza





Seguo da ormai vari anni, sempre più coinvolto, la ricerca espressiva di Nadia Fanzaga, affidata non solo al segno pittorico ma anche alla musica, da pianista. E non cessa mai di stupirmi la sua capacità di riunire nella sua bella persona due mondi così diversi eppure così complementari, fin dai tempi del sincretismo cromatico e musicale di Scriabin. La pittura di Nadia Fanzaga, affascinata da un certo surrealismo di ascendenza daliana e magrittiana, sembra aver visitato i Padri per tradirli in una contaminazione transavanguardista che si gioca fra erotismo nei fiori e nella natura dell’americana Georgia O’Keeffe e la ricerca di nuovi spazi dell’artista francese Luise Bourgeois. E’ la misteriosa e possente presenza di Eros, la divinità che ispirava la più grande poetessa della classicità, Saffo, a reggere il pennello della Fanzaga, in un’autoesplorazione della carne femminile che si fa anelito al mitico ricongiungimento unitario e originario nell’androgino, di cui ci parla nei suoi

La metà mancante di

Nadia Fanzaga

modi poetici Platone, nel “Simposio”. I sessi, dice il sommo filosofo, erano in origine tre e tutti doppi: maschile-femminile, femminile-femminile, e maschilemaschile. Zeus li divise ed essi furono condannati a cercare la metà mancante per tutta la vita. Così ai miei occhi appaiono le tenerissime carni femminili

LIGHT & POWER Costruzione forni elettrici modulari a carica dall’alto in mattoni per la cottura della ceramica e la fusione del vetro. I nostri forni sono componibili, cioè in base alla necessità del momento è possibile aumentare o diminuire la capacità interna aggiungendo o togliendo una o due prolunghe. Prodotto a norme europee vigenti.

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delle ultime opere della Fanzaga, spesso replicate con dolore e strazio neanche tanto contenuto dai volti severi ed afflitti. Manca a quei corpi la pace della ritrovata armonia originaria cui paiono aspirare tutti nella ricerca della metà mancante, donna o uomo che sia. Ma è proprio da quella riposata unità mancante che nasce la pallida forza dei colori, la gamma delle linee, quasi tutte curve e concentriche, la tensione a un monocromatismo che pare frenare la diversità dei colori per amalgamarli in un impossibile sforzo: quello di farsi solo luce, appena bagnata dalla diversità delle forme.

OMSAGRO, 2004 Olio su velluto, cm 100x100

GIAN REVERBERI

ARCHITETTO, PITTORE, SCULTORE, GRAFICO

GIAN REVERBERI Residenza e studio a Fidenza - PR Via Marconi 4/b Tel. 0524 - 524661 email: gian.reverberi@tele2.it www.gianreverberi.it



LA NUOVA “ARTE SINCRETICA” NUOVI MOVIMENTI ARTISTICI CONTEMPORANEI

L’Opera NEOSINCRETICA di ANGELO MAZZOLENI “...un nuovo percorso di ricerca artistica-sperimentale, un viaggio interiore attraverso il tempo e lo spazio, alla ricerca delle nostre origini e del senso profondo del nostro presente”. Fondato nel 2004 dal maestro Angelo Mazzoleni, il nuovo movimento artistico, si caratterizza per un’ esplorazione, a vasto raggio, delle dimensioni dell’essere e della vita attraverso i mutamenti storici, nel confronto continuo ed a volte critico, coi valori della nostra società globalizzata. Una complessa operazione artistica di recupero e rielaborazione moderna di linguaggi espressi dall’ arte nelle varie epoche e dalle diverse culture umane per rapportarle al nostro tempo: una sincresi originale del linguaggio universale dell’umanità attraverso il tempo e lo spazio. Le linee di fondo della nuova arte sincretica, enunciati nel relativo manifesto, si concretizzano in Mazzoleni in un intenso ed inedito percorso artistico attraverso tre periodi principali: il sincretismo storico, contemporaneo e spirituale.

Alcune opere neo-sincretiche di Angelo Mazzoleni

Barbara

Approfondimenti, opere e manifesto sul sito: WWW.ANGELOMAZZOLENI.COM mazzoleniangelo@libero.it www.artebergamo.com Tel: +39 3473503238

"Sono Barbara, nata il 27 Marzo del 1983 a Milano; mi sono diplomata all'Accademia di Belle Arti di Brera di Milano in Decorazione.

Fogliazza

I miei lavori si basano principalmente su tematiche riguardanti la natura, il rapporto uomo-natura, nella contemporaneità, la ricerca e la ripresa del rapporto con la natura. Mi piace lavorare principalmente con matite, pastelli a olio con tecniche miste, ma soprattutto attraverso la fotografia; realizzo foto sviluppate da me, come queste per esempio, nelle quali ho dato una visione dall'interno all'esterno di ciò che ognuno può vedere dalla propria finestra, un'immagine fissa, ferma che guardiamo ogni giorno, che è lì contornata dalla cornice della finestra; l'immagine è sempre quella, cambiano solo le stagioni, il tempo, il giorno, la notte. La finestra può essere ciò da cui possiamo contemplare, ciò da cui possiamo sognare e immaginare, vedere e sbirciare ciò che ci troviamo di fronte, fuori, il mondo esterno. Questo della finestra è un soggetto che mi prende molto, che mi affascina, che mi incuriosisce per svariati motivi e sopra il quale sto realizzando diversi lavori."

Barbara Fogliazza Via Marcantonio dal re 6 tel. 02 39265443 - cell. 3333935250 babi.foglia@libero.it


Antonia Dusman

DusmanArt è uno studio di progettazione e realizzazione di dipinti a trompe l’oeil e decorazioni per interni ed esterni.

Marocco Arazzo dipinto ad olio su tela - 205 x 305 cm

Le mie

Antonia Dusman titolare dello studio inizia per gioco a studiare pittura con il pittore e scultore Mario Diego Urbani già nel 1997, e in parallelo apprende le tecniche di decorazione presso alcuni laboratori milanesi. Oggi è diplomata in “Pittura decorativa e Trompe l’oeil” titolo conseguito a pieni voti presso un prestigioso istituto francese. Artista aperta a varie forme espressive, coniuga la conoscenza di tecniche italiane a quelle francesi ed ogni progetto, dettato sempre dal bisogno e dal gusto della clientela, è diretto al soddisfacimento della stessa committenza. Ogni dipinto o oggetto prende forma da un’attenta ricerca degli spazi e degli ambienti, si modifica e si plasma fino a raggiungere la sua identità di oggetto unico e per-

PORCELLANE

Le decorazioni su porcellana sono eseguite con la tecnica “Terzo Fuoco “ ed ogni pezzo è unico ed irripetibile. Una passione nata dopo aver sperimentato altre tecniche : olio, acrilico, carboncino, china, pittura su stoffa e vetro. Dopo aver seguito dei corsi di aggiornamento con insegnanti internazionali del calibro di Sthephen Hayes, Turid Wassenius e Grethe Salemslokk sono giunto ad un mio stile personale che si evolve continuamente. Quello che si dice : “ avere il colore nel sangue”.

Le porcellane di Luigi Pelosi Via l.Contratti, 5 25029 Verolavecchia - Brescia Tel. 030 - 9362175

sonale. Le decorazioni a foglia d’oro si arricchiscono dei volumi creati ad olio, gli affreschi e i mosaici dipinti a trompe l’oeil nulla hanno da invidiare ai veri, così come l’imitazione dei marmi, legni e pietre dure, trovano collocazione in ambienti che diventano così personalizzati, eleganti e di pregio.

Antonia Dusman DusmanArt Via gobetti 8 20090 Buccinasco (MI) Tel: 339 6030264 Mail: info@dusman-art.it

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