Art Fabrique . Un contenitore di idee, una factory nata per l’ideazione, la realizzazione e la diffusione della cultura visiva. Nato da un’idea della fotografa concettuale Stefania Sammarro, è un progetto che vedrà la realizzazione, attraverso una rivista online, di una visione che appartiene a professionisti, giovani e talenti del territorio cosentino e calabrese che hanno scelto, dopo varie esperienze anche all’estero, di concepire una nuova forma di immagine e di cultura in Calabria. Il progetto Art Fabrique vuole essere un punto di riferimento per tutti i nuovi talenti del mondo della fotografia, della moda, del fashion designer e dello stylist che vogliono affermare le proprie capacità e il proprio lavoro, portandoli – attraverso la formazione con esperti, corsi, letture portfolio, eventi espositivi, scambi culturali – ad affermare e condividere la propria arte, in modo non convenzionale. Art Fabrique si presenta subito come un “site specific”, dove vengono elaborati e sviluppati progetti che mettono assieme l’arte contemporanea con il quotidiano di una casa abitata, in un intimo rapporto creativo. Gli editoriali che si organizzano al suo interno hanno carattere interattivo: aperte all’utilizzo di tutti i linguaggi visivi,
comprendono l’inserimento di attività performative, corsi di formazione, esposizioni, installazioni, mostre artistiche fotografiche, eventi legati alla moda, al design, con figure e promotori di riferimento. Offre servizi professionali e crea sinergie con altre realtà simili del mondo dell’immagine, legate al territorio regionale e nazionale. Le attività di Art Fabrique verranno condivise su una rivista online. Art Fabrique, con i suoi collaboratori e le sue rubriche, mira a creare un format nuovo per concepire l’immagine ma anche il modo di comunicare e fare arte, in modo diverso. La collaborazione tra vari partner, associazioni ed enti può essere il fil rouge che potrà spingere a realizzare eventi suggestivi e innovativi. Spazio come officina . Art Fabrique è aperto alle diverse espressioni e declinazioni dell’immagine contemporanea e non solo: una vera officina per chi si approccia per la prima volta a questo mondo, mentre per chi è già “esperto” offre ulteriori stimoli alla ricerca e alla crescita per sviluppare una propria visione. Una rivista, dunque, dedicata completamente all’arte, ella moda e alla fotografia, come non l’avete mai vista.
Art Fabrique nasce dal desiderio comune di creare a Cosenza un luogo dedicato alla fotografia concettuale, in riferimento principalmente alla moda, al reportage e a qualsiasi tipo di performance artistico, in cui trovare qualità accessibile, capace di evidenziare un riscontro con le altre realtà nazionali. Uno spazio per le personalità forti e innovatrici nel campo della makeup artist e del fashion designer. Un luogo fatto di confronto in cui visitare mostre, incontrare autori, sfogliare libri, ma soprattutto fare fotografia e farla bene, grazie a corsi e workshop per imparare, e a infrastrutture e
strumenti di qualità per fare. Incontri collaterali con esperti del settore, figure di grande eccellenza che abbracciano il settore dell’arte, del teatro e della moda. Abbiamo messo assieme forze, passione, competenze e tanta follia per creare qualcosa che fosse finalmente diverso nella nostra Calabria. La prima rivista ad abbracciare un settore privo della visibilità che merita. Ciò che contraddistingue la nostra realtà è la qualità, l’essere uno spazio vivo in cui respirare fotografia e innovazione a 360°, un luogo in cui lavorare e collaborare sentendosi a casa e liberi di esprimersi e andare oltre.
Rise Sale della Terra
In un incedere lento, ti accompagni al dolore in preda ad estasi mistiche al limite dell’umano, come in una processione di dannati si eleva il grido di una rinascita fino ad ora taciuta nel petto gonfio. Il dolore si prefigura come uno spirito antico, che si espande nel corpo ed emette i suoi bagliori stridenti: ogni ferita ricucita si schiude e gronda sangue e fiele. C’è bisogno di morire un po’ per mutare forma…La mente offuscata dai pensieri si abbandona a serafiche allucinazioni, che come gocce di rugiada si posano tra i sensi assopiti, illuminando umori e desideri segnati dal tempo passato. Le membra stanche non trovano ristoro nella notte più lunga, ti perdi nel sentiero oscuro del rammarico e ti spegni quando il cielo piange i suoi angeli profanati. Ti sento sibilare, come un serpente in catene ai piedi dell’Albero della Vita, pronto a tramutare il peccato in luce di salvezza. La terra umida è pronta ad accogliere il tuo ultimo vestito di pelle. Schiacciato dal peso della vita il tuo cuore non emette battito, gli occhi si spengono e le lacrime diventano cristalli che ricamano le tue gote scavate dal tempo. Quanta forza e desiderio hai seppellito dentro e fuori da te: hai creato una trincea di sogni svaniti. Li hai lasciati macerare al sole, stuprati dalle intemperie del tuo animo irrequieto e piano affondano nel terreno, come semi dimenticati. Al calare dell’Ultimo Sole si riaccende la speranza dai toni vermigli e violacei, come tumefazioni asettiche dell’io spezzato che riemergono sulla pelle e mostrano tutto il dolore del mondo. Ti vedo sorridere tra fiori di audacia sprezzante, avvolto in un’aura di autentica bellezza. Nella terra bruna le radici del tuo ego scalfito scendono in profondità e assorbono la linfa della rinascita. Esigi che la vita ti faccia dono della tua risurrezione: cercala tra le pieghe dei tuoi pensieri e nel nutrimento della tua anima, in una pelle più dolce della propria o nell’innocenza della tua arte trafugata. Mi lascio in eredità alla terra, per rinascere nell’erba e tra fiori che amo, se ancora mi vuoi, cercami sotto i tuoi piedi.
L’essenza delle “dolci radici”
Sfogliare le pagine di Art Fabrique diventa un'esperienza percettiva e sensoriale, unica! Un viaggio spazio - temporale che catapulta l’osservatore in altri luoghi ed epoche…Sembra quasi di passare in rassegna vecchi album fotografici di famiglia. Carta impregnata d'aroma di Glycyrrhiza glabra, da annusare, da gustare, da ascoltare con gli occhi. Ogni foto racconta una storia, rievoca ataviche leggende… descrive: radici essiccate, rustiche e grezze, accatastate a mucchio, presso il “concio” di Casa Amarelli, storica fabbrica di liquirizia, ubicata a Rossano calabro, nell’alto Jonio cosentino. Immortalate, nelle fotografie di Stefania Sammarro, in arte Ania Lilith, giacciono lì, dinnanzi all’opificio, in un’ area deputata alla lavorazione ed alla produzione, in attesa di essere trasformate: sminuzzate, tritate, infuse nelle cosiddette “caffettiere”, prima di mutare forma e sostanza e divenire le famose gommose e vellutate liquirizie Amarelli, tagliate e confezionate in artistiche scatolette di alluminio, divenute oggetti da collezione. La “Mastra liquiriziaia” ha colto, nel fotogramma, l’attimo fuggente, il momento in cui la “Pasta Morizia” assume la giusta consistenza per le successive metamorfosi. Madame Amarelli , è distesa su un giaciglio di terra, culla e presagio del suo destino. È avvolta nei suoi eleganti, seducenti, lucidi e vellutati abiti neri, impregnati di un profumo che inebria le narici; è spettinata ed acconciata con rizomi che si mimetizzano e si fondono con e tra i suoi capelli. Effimera ed eterna… È lì in attesa di qualcuno o qualcosa che le permetta di iniziare un viaggio a ritroso nel tempo, sino alla forma primordiale. La fabbrica potrebbe trasformarla radicalmente, farle assumere altre sembianze, mutarne la propria essenza? Come una farfalla, per incantesimo, ritorna ad essere bruco, in un passaggio a ritroso, fino alla genesi, attraverso i quattro elementi. Le radici diventano aeree, riaffiorano dalla terra, come idee estirpate dal proprio humus, diventano ricordi e memoria, si intessono in trame che avvinghiano il corpo, vibrano nello spazio come saette, penetrano l’anima degli osservatori. Diventano matasse senza bandolo, fili di Arianna, telai di Penelope, trame di miti, leggende e fiabe…mai raccontate, voci mute, eco di suoni imprigionati nel tempo. La Liquirizia ovvero γλυκόρριζα, deriva etimologicamente dalle parole greche yλυχος e ρίζα ovvero “Radice dolce”. La pianta glycyrrhiza glabra, nasce spontaneamente in differenti paesi dell’area mediterranea: Italia (in particolare nel sud Italia, nella piana della Sibaritide), in Spagna, in Francia, in Turchia ed in Siria.
Dal “fusto liscio e dai fiori giallognoli” è un’ erbacea, perenne, rustica, appartenente alla famiglia delle fabacee (o Leguminose).
Dalle profonde radici della pianta ovvero dal rizoma della glycyrrhiza glabra si estrae il succo dal quale si produce la nera pasta di liquirizia, conosciuta per le mille proprietà benefiche e curative. L’ Enciclopedia Britannica definisce la «migliore qualità Liquirizia “is made in Calabria”, perché il microclima dell’area ionica esalta il contenuto di glicirrizina, glucoside, conferendole una gustosità particolare ed unica». La Liquirizia è conosciuta in tutto il mondo con diverse nomenclature; in Italia ogni regione la identifica con differenti denominazioni: in Piemonte Argolizia; in Lombardia Regolissia o Radis dolce; in Emilia Zizlat o Nigulezia; in Toscana, Regolizia; in Abruzzo Liquirizu e Rebulizia; in Campania Dionizio; in Basilicata Maurizia; in Puglia Licurizia; in Sicilia Niculizia; in Sardegna Gurigulizia ed Arregalizia; in tutta la Calabria è conosciuta come: Rigulizza, Riculigia, Riulizia; a Rossano nota come Pasta Morizia. Già dal 1500, fino ai giorni nostri, la famiglia Amarelli, si è contraddistinta, nella propria terra di Calabria, per la raccolta e la lavorazione della Regolizia. Da diversi secoli, da generazione in generazioni, il cognome Amarelli si è intrecciato con il più antico “concio” calabrese di liquirizia, ubicato a Rossano calabro, presso la frazione Sant’Angelo della cittadina bizantina. Dal latifondo al concio, impianto proto- industriale, fondato nel 1731. L’opificio, concepito, come luogo di lavoro, oggi è divenuto una vera e propria fabbrica di idee, un’ impresa culturale, un museo, uno spazio artistico, un luogo dove riemergono le radici profonde e sotterranee di un popolo, quello di Calabria, capace di estrarre, dallo stesso humus, gli antichi sapori ed il gusto rustico di altre epoche. I rizomi che un tempo si erano diramati nelle viscere del terreno, riaffiorano in superficie e generano nuove idee, divenendo metafore della vita, della storia, della fabbrica, dell’ impresa e della cultura. Nel 2001, grazie all'istituzionalizzazione del Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli”, allestito nella storica residenza di famiglia, con l’intento di ricostruire un percorso storico dell’impresa familiare e contrassegnare l’immagine di qualità di un prodotto, viene conferito il “Premio Guggenheim impresa & cultura”. Il sole 24 ore motiva il premio assegnato “Per il nuovo impegno di valorizzazione della cultura d'impresa, in una zona particolare del mezzogiorno legando una lunga storia di successo alle prospettive di sviluppo e coinvolgendo nei processi di crescita gli attori sociali locali”. Nell’aprile del 2004 le Poste italiane dedicano l’emissione speciale di un francobollo al Museo della liquirizia “Giorgio Amarelli”, a testimonianza dell’azione di promozione culturale ed economica operata dalla famiglia Amarelli in Calabria. Ad oggi sono diversi e meritatissimi i riconoscimenti assegnati ai singoli soggetti attuatori dell’impresa Amarelli. La fabbrica continua a produrre e distribuire liquirizia in tutto il mondo. Chiunque oggi riceva in dono uno scrigno di liquirizia, aprendolo, come Pandora, potrà ritrovarsi o perdersi nell’essenza delle dolci radici.
Che cosa è la bellezza?
Non esiste in realtà una definizione univoca di bellezza. Bello è qualcosa che attrae il nostro sguardo e cattura la nostra attenzione, suscitando in noi stupore, meraviglia e ammirazione, emozioni e sensazioni positive che ci fanno sentire immediatamente felici e appagati. Ogni popolo nel corso della storia, ha definito i propri canoni di bellezza secondo la propria cultura bello è per lo più “negli occhi di guarda” e quindi spesso la bellezza è puramente soggettiva. Ma esistono canoni di bellezza oggettiva, largamente condivisi, che ci portano a considerare qualcuno oggettivamente bello, canoni secondo i quali ogni giorno giudichiamo e veniamo giudicati da chi ci guarda ! In questo mondo così votato all’apparenza e al culto della bellezza, sentirsi sotto pressione per il nostro aspetto è cosa quotidiana, soprattutto quando i 20 anni sono ormai un lontano ricordo e la vita ha lasciato su di noi i suoi segni!!! Noi donne abbiamo sempre desiderato apparire belle e sentirci attraenti e seducenti ed io non trovo niente di sbagliato in questo! Sentirsi belle fa bene allo spirito e ci permette di affrontare la vita in modo più sicuro e positivo! Senza puntare a modelli di bellezza irraggiungibili e spesso irreali, tutte noi possiamo essere belle, fondamentale è CONOSCERSI! Dobbiamo conoscere il nostro viso e il nostro corpo, riconoscere i nostri punti di forza e i nostri difetti per poter esaltare i primi e camuffare gli altri. Spesso ci nascondiamo dietro la mancanza di tempo e alle spese legate alla bellezza, ma avere una bella pelle, un make-up curato, capelli sani e in ordine, un guardaroba adatto al nostro corpo e alla nostra età non è prerogativa delle donne dello spettacolo, è una cosa alla portata di tutti , bisogna solo un po' impegnarsi e VOLERSI BENE!!! Coccolarsi è prendersi cura del proprio aspetto aspirando alla bellezza non è mera vanità ma una vera terapia per lo spirito! Io ho 34 anni e 4 meravigliosi bambini che amo alla follia, ma sono e sarò sempre una Donna che ama sentirsi bella e stare bene in ogni occasione, ogni giorno, sempre! Una donna che si sente bella è una donna serena e più felice…una Donna felice è una Mamma migliore!!! Come dico sempre alle amiche che mi seguono… ALZATI,TRUCCATI, SORRIDI E AFFRONTA LA TUA GIORNATA! SIAMO DONNE, POSSIAMO TUTTO! Un bacio Cocò, Semplicemente Donna
fotografico dettagli.
Ci racconti un po’ il tuo background? Come sei diventata una stylist? Mi ci è voluto un po’ per comprendere che avrei voluto intraprendere il lavoro di stylist. Ricordo che fin da piccola ero affascinata dalla moda, dalle stoffe e dai colori, credo che la cosa che mi colpisse di più fosse la quantità di cose diverse che si possono realizzare partendo da un singolo pezzo di tessuto. Mi incantavo a guardare mia nonna che si cuciva gli abiti e con gli scampoli avanzati, mi divertivo ad assemblarli con spille da balia per creare vestiti. Crescendo ho avuto la possibilità e l’appoggio da parte dei miei genitori di poter coltivare ed approfondire questa mia passione, così mi sono trasferita a Roma dove mi sono laureata in Scienze della Moda e del Costume alla Sapienza, questo percorso formativo mi ha permesso di poter conoscere la Moda come fenomeno sociologico a partire dalle sue origini, ovvero da come il bisogno primario del coprirsi si sia tramutato in un bisogno attraverso il quale puoi esprimere quello che sei o quello che ti senti di essere. Questo mi ha fatto riflettere sul tipo di percorso che avrei voluto realizzare all’interno di questo grande sistema, ciò che so fare meglio è vestire un’ immagine, una sensazione e raccontarla in maniera visiva. Così ho frequentato un corso di specializzazione allo IED, in cui ho avuto la possibilità di essere formata da persone del settore e l’opportunità di poter vedere dal vivo come nasce tutto, dall’idea alla preparazione del moodboard, dall’allestimento del set
fino
alla
composizione
dei
Che cosa fa lo stylist esattamente? E come pensi questo lavoro sia cambiato negli ultimi anni? Il compito dello stylist è quello di raccontare una storia, una sensazione o un’emozione attraverso l’abito; è la persona che mette insieme i vari pezzi del puzzle: la scelta degli abiti, gli accessori, la modella, la location. Questa figura professionale lavora a stretto contatto con fotografi, designer, hair stylist e make up artist. Lo stylist è il collante di tutto, sicuramente con l’avvento di internet questo lavoro si è esteso, se prima era spesso interno alla rivista esclusivamente cartacea, con la nascita e la diffusione di magazine online sono aumentate le possibilità di farsi conoscere, ma d’altro canto l’era digitale ha creato ancora più confusione riguardo le figure fondamentali del settore e le loro mansioni. Quali sono i tratti distintivi che imprigioni nelle tue opere e che caratterizzano il tuo stile personale? Cerco l’eleganza in uno scatto, ricerco quello che è essenziale, infatti tendo a cercare un tipo di fotografia pulita, fatta di un intreccio di piccoli dettagli che insieme compongono il quadro finale, mi piace studiare quei dettagli per creare una sorta di blocco temporale. Ciò che si può notare dai miei lavori è un senso di ordine, sarà magari la contrapposizione al caos in cui vivo costantemente. Ciò che creo è un ponte tra le mie emozioni e l’idea di renderle palpabili attraverso un’atmosfera, una composizione dell’immagine che parte da dentro fino ad esternarsi e diventare stato d’animo impresso su fotografia. In questo caso, il rapporto con tutto il team è fondamentale, nei miei lavori ho sempre stabilito una buona intesa con i fotografi e ciò mi ha permesso di realizzare quello che intendevo esprimere.
Per te di cosa è fatta la bellezza nella moda? Da cosa trai ispirazione per i tuoi lavori? Sono costantemente alla ricerca di ispirazione, cerco di stare sempre attenta a ciò che mi circonda, questa può arrivare quanto meno te l’aspetti e non sempre è immediata, spesso bisogna metabolizzare il tutto per poi esprimerlo. Fortunatamente vivo a Roma, in una città che tiene costantemente attiva la mia curiosità e la mia voglia d’arte. D’altra parte, Roma, è tanto bella quanto caotica, ma a pensarci è proprio questo caos che mi permette di concentrarmi su ciò che per me è importante, alla fine tutto ha origine dal caos, no? Per ciò che riguarda la bellezza per me, è una questione prettamente soggettiva. Nella moda ancora di più, spesso tendiamo a confondere ciò che va di “moda” per qualcosa di assolutamente bello! Non sempre è così, anzi per la maggior parte delle volte si tratta del contrario. Per me la bellezza è una sensazione di meraviglia, di pace ed equilibrio interiore, che provi quando guardi un’immagine, o senti una canzone o tocchi un tessuto. Quali sono i tuoi punti di riferimento nella Moda e nello stile? In realtà, l’elenco degli artisti a cui faccio riferimento sarebbe lunghissimo e svariato: passa dai ritratti di Richard Avedon ai nudi provocatori di Helmut Newton, dagli abiti
minimalisti e complessi di Miyaki alla teatralità di quelli di Alexander McQueen o Gareth Pugh. Sono molta appassionata di fotografia e ultimamente mi diletto anche nel far foto, non di moda ma di ciò che mi ispira. Un riferimento fermo nel mio ideale di stile rimarrà sempre Franca Sozzani: in un momento in cui la moda sembrava statica e monotona, lei ha dato spazio ai giovani talenti, ha creduto in noi, ha raccontato visivamente la moda come nessuno aveva mai fatto prima. Oggi c’è molta confusione sui mestieri da intraprendere in questo ambito: Che consiglio daresti a chi vuole impegnarsi nella carriera di Fashion Stylist? Il buon gusto è fondamentale. E’ basilare studiare, come in ogni campo, il fatto che questo sia un lavoro creativo non giustifica la non preparazione, è importante conoscere il passato, ciò che è stato solo così si possono creare nuove idee. Bisogna armarsi di tanta pazienza, non bisogna avere fretta, è un lavoro che richiede molto tempo per crearsi la propria rete di conoscenze, per instaurare la fiducia con uffici stampa e designer o showroom. In ultimo mai perdere di vista l’obiettivo a cui si vuole protendere, questo dovrebbe essere un mantra per la vita di ogni giovane creativo.
Quando hai deciso di diventare stilista? Che significa per te “Fare Moda”? Non c’è stato in realtà un momento preciso nella mia vita in cui ho deciso di diventare stilista: ho sempre avvertito l’esigenza di dare forma alle mie idee, di qualsiasi natura artistica esse fossero (che si trattasse di pittura, fotografia,architettura o design) da quando giovanissima frequentavo l’Accademia di Architettura in Svizzera. Ho sempre pensato al “fare moda” come ad un processo creativo, che mi ha dato la possibilità di mettere insieme tutta l’esperienza e il bagaglio culturale accumulato negli anni. “Fare moda” come possibilità di sperimentare e guardare all’arte, alla musica e alla storia del costume, che considero importanti fonti d’ispirazione da cui ricavare suggestioni da reinterpretare poi nelle mie creazioni. Questo significa saper fare moda oggi: scavare nell’arte e citarla in dettagli fatti di stoffa. Qual è l’aspetto del tuo lavoro che più ti piace? Ci sono tantissimi aspetti del mio lavoro che adoro, ma ciò che mi piace di più è che mi dia la possibilità di entrare in contatto con grandi artisti e condividere con loro idee ed importanti progetti. La soddisfazione più gratificante ottenuta grazie al tuo mestiere? La gratificazione più importante è sapere di aver trasmesso delle emozioni! Non c’è nulla di più gratificante nel sapere di aver emozionato qualcuno, non c’è felicità più grande nel proprio lavoro di questa sensazione, ovvero tramutare le idee in realtà tangibili.
Quali sono i tessuti che utilizzi maggiormente? E soprattutto qual è il tessuto che più ti rappresenta? Sono un’amante dei tessuti orientali ricamati, in cui tradizione ed artigianato si fondono alla perfezione. Sono affascinata dalle loro texture, dai colori e dalla luminosità che emanano. Se dovessi scegliere un tessuto che potrebbe rappresentarmi sarebbe sicuramente di foggia orientale. Credi che la Moda sia Arte? Quali sono i tuoi riferimenti estetici e culturali? La moda è arte! Questo per me è un dato di fatto. Ho sempre scolpita nei miei pensieri una frase iconica di Coco Chanel, che credo possa rappresentare per noi giovani designer un monito importantissimo: «la moda non è qualcosa che esiste solo negli abiti. La moda è nel cielo, nella strada, la moda ha a che fare con le idee, il nostro modo di vivere». I miei riferimenti estetici oscillano dalla storia del costume fino ad arrivare a contesti relativamente moderni. Tra i tanti artisti che influenzano il mio operato, annovero “l’architetto della moda” Gianfranco Ferrè che mi ha indottrinato verso la sua filosofia «la moda come logica,metodo,sistema», grazie alla quale ho imparato che questa, così come l’architettura, celebra e vive di proporzioni. Dall’ammirazione quasi rigorosa per Ferrè, la mia creatività ha spesso volto lo sguardo a modelli di riferimento più frizzanti e giocondi come John Galliano, il “designer flamboyant” come lo definisce Vogue Italia. L’artista Galliano ha rappresentato per me una grande fonte d’ispirazione : dal suo eccesso baroccheggiante, fino all’esuberanza contenuta nelle sue creazioni e al suo geniale
eclettismo. Tutta la moda evocata da John Galliano è arte allo stato puro avvolta su corpo. I miei riferimenti culturali derivano per lo più dalla Storia del Costume: mi affascina la sontuosità e la ricercatezza dei costumi in voga alla corte di Versailles. Guardo con stupore al desiderio di “cose nuove e sorprendenti” scaturite nel periodo Rococò, che trovarono la massima espressione nell’audace e rivoluzionaria musa e regina della moda Maria Antonietta e della sua sarta Rose Bertin, considerata ancora oggi la prima couturière della storia del Costume. Potrei continuare all’infinito, citando nomi e personalità che hanno fatto la Storia della Moda, ma mi limiterò a citare la mia fonte d’ispirazione massima ovvero l’eccelso Christian Dior, che con il suo New Look ha cambiato per sempre il concetto di moda e femminilità. Le forme rotonde e soffici,la gonna a tulipano e la vita stretta: vere e proprie “innovazioni
riprese dal passato”, simbolo di trasgressione del momento. Ho sempre amato come Dior ha saputo insegnarci la classe, prima attraverso la donna e la posa e successivamente attraverso l’abito. Il suo inconfondibile gusto che diventa eleganza, l’attitudine e il carisma sono come un incantesimo per me. Inoltre, credo che Christian Dior rappresenti un po’ per tutti i designer e gli addetti ai lavori un “Grande Sacerdote della Moda”, degno di essere citato e osannato in perpetuo. Che consigli daresti ai giovani stilisti emergenti che vorrebbero entrare a far parte del mondo della moda? Sperimentare…sperimentare e ancora sperimentare! Il mio consiglio è di esprimere se stessi, rendendo la moda fruibile: una sorta di valore aggiunto a chi la indossa, un modo per esprimere la propria personalità in ogni sua sfaccettatura.
Una storia lunga venti anni, disseminata di successi e grandi soddisfazioni umane e professionali. La New Style è una realtà viva e propositiva che pulsa nel cuore di Cosenza e fa vibrare tutto il sud Italia. Una storia che parla di impegno, ricerca, passione e sacrifici. È nato tutto venti anni fa dall’idea di Franca Trozzo che ha voluto dare alla città bruzia e ai giovani l’opportunità di poter seguire percorsi di formazione nel campo della moda che fossero di qualità e che desse ai giovani talenti del territorio la possibilità di crearsi un futuro lavorativo in un ambito che per tanti sembra irraggiungibile . La formula magica per realizzare questo sogno è stata mettere insieme la passione, il talento, docenti di alta qualità, un metodo unico brevettato e un insegnamento rivolto a raggiungere la piena competenza nel settore artistico –creativo prescelto. Classi a numero chiuso , permette ad ogni allievo di apprendere al meglio, di sviluppare le proprie capacità nel pieno rispetto della propria individualità
È il talento che fa la differenza, ma con una formazione adeguata si sviluppa la creatività e la tecnica, ed infatti l’80% dei diplomati dell’Accademia New Style trova lavoro in proprio o presso atelier e aziende di settore . Fare moda al sud per l’Accademia New Style significa riuscire ad offrire una risorsa al panorama nazionale e non solo del settore: sempre sensibile alle attività che si svolgono nel territorio l’Accademia New Style risponde all’esigenza di bello e creatività che contraddistingue questo mondo. Non solo la New Style è stata premiata – ricevendo, tra gli altri, il riconoscimento Miglior Accademia nel 2006 – ma anche la sua direttrice e fondatrice Franca Trozzo ha ottenuto importanti riconoscimenti, promotrice di Brevetto che unitamente al testo didattico vengono utilizzati per lo svolgimento dei corsi nella stessa Accademia, una donna dalla forte personalità che l’ha portata ad essere eletta vice presidente della
Camera Moda Calabria in carica fino al 2013, ricopre ancora oggi il ruolo di vice presidente nella sezione moda alla Confartigianato Impresa di Cosenza , ha ricevuto il premio Maestra d’Arte nel 2016 ad Amantea. Solo qualche mese fa saliva sul palco a ritirare il premio: “Genio femminile di Calabria”, assegnatole dal CIF “ per La promozione dell’imprenditorialità femminile e del genio creativo calabrese nel panorama internazionale” .Tanti i successi che hanno costellato questi anni di New Style: sono gli allievi ad aver portato in alto il nome di questa realtà. Indimenticabile la partecipazione di due diplomate alla Pechino Fashion Week in rappresentanza dell’Italia. Incoraggianti le classificazioni in contest
nazionali. Primi posti a Firenze, Salerno, partecipazioni dietro le quinte delle più prestigiose passerelle, come Alta Roma. Interessanti i workshop internazionali, gli scambi culturali, le visite alle fiere di settore, gli stage svolti dai suoi allievi in grandi case di moda per citarne qualcuna Valentino fashion group, Roberto Cavalli, La Perla ed altri ,molti i progetti di costume che hanno visto coinvolti i ragazzi per le opere e i musical ( La bella e la Bestia, Il RE Leone, S.Francesco di Paola etc..) Fortemente coinvolta sul territorio l’Accademia New Style riceve complimenti e soddisfazioni ad ogni evento che la vede protagonista .
Gabriella Santelli, 24 anni di Cerisano La moda è l'espressione della propria personalità, di un carattere, di un modo di vivere, di pensare è il riflesso di un'epoca, di una società, di uno stato d'animo. La moda è religione, è passione, è sacrificio, è conoscenza del passato, è sperimentazione. La moda è soggettiva. E così come in natura anche nella moda nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, per essere reinventata seguendo comunque un criterio. La moda siamo noi.
Guenda Lucà, 22 anni, Mammola (RC) Il mondo della moda mi riempie, mi da modo di vedere concretizzata un'idea che a parole non ho mai modo di fare intendere completamente. Vedere materico il frutto della mia immaginazione è qualcosa di impagabile. Questo è ancor più soddisfacente quando viene considerato, apprezzato e magari motivo di vittoria in un concorso o evento a cui partecipo. Ogni mia sfilata è una grande emozione, ciò che faccio sfilare in passerella non sono soli semplici abiti, sono i miei sogni.
INTERNATIONAL FASHION WEEK. L’ALTA MODA E’ DI CASA IN CALABRIA
Continua con grande partecipazione di pubblico l’International Fashion Week, la rassegna di alta moda di scena al teatro “Cilea” (Rc), che ospita storiche maison e nuove realtà creative del settore. Una seconda edizione dal sapore internazionale, alla quale hanno preso parte ospiti del settore di caratura mondiale. Dopo il consueto red carpet, la presidente della Camera nazionale Giovani fashion designer, Alessandra Giulivo, ha dato inizio alla seconda e ultima serata di sfilate. Ad aprire il défile, i capi di Martin Alvarez, illustre fashion
designer
internazionale,
protagonista nelle più importanti sfilate in Europa e non solo, da Milano a Parigi. Il maestro della materia plasmata su manichino, in queste sue creazioni è partito da elementi geometrici per dare vita ad abiti tunica con fodere a contrasto, wrap dress lunghi, scivolati, camicie di organza tridimensionali color ciclamino, verde foresta, che diventano tuniche rosa polvere con pannelli di pizzo chantilly, quasi cardinalizi. Lo spirito della donna di charme riemerge, così, indomito. L’eccellenza Made in Italy è stata rappresentata da Gerardo Sacco. Sulla passerella spazio ai suoi gioielli fatti a mano, dallo stile eclettico e multiforme, interamente pensati, disegnati e realizzati nel laboratorio-bottega del maestro orafo. Per la categoria Fashion designer, Francesco Lorenti ha portato sulla passerella l'antica tradizione della tessitura al telaio a mano e i colori come blu, beige e rosso. Abiti pensati per giovani donne con una vita mondana intensissima sono stati disegnati per la collezione Enrica BV che ha portato nel foyer del “Cilea”, insieme allo spirito della festa, capi diversi e per tutte le occasioni al servizio di una donna esuberante ma femminile. Altra ambientazione e altre sensazioni quelle offerte da Arianna Laterza: colori e sfumature variabili in un'atmosfera surreale accolgono e abbracciano il corpo.
I tessuti, leggeri e delicati, si muovono nel tempo e nello spazio evocando la dolce spettacolarità di un'aurora boreale. Dopo è stata la volta della “new generation” dei fashion designer. Sulla passerella si sono susseguire le fresche creazioni di Daniela Latella, Valentina Poltronieri, Vincenzo Meli, Sara Galtieri, Piera Catena, Giuseppina Di Bartolo e Cristina Romeo. Tre nomi, invece, per la scuola di Moda e Design per la formazione professionale Accademia New Style di Cosenza che prepara i giovani ad accedere a vari settori, dall’industriale all’artistico-creativo, formando diverse figure del comparto tessile. Sono quelli di Valentina Romeo, Francesca Maccarone, Ilaria Lia.
Anche nella seconda serata, all’interno della rassegna, sono stati consegnati i Gold Muse Award ai personaggi e alle realtà della moda e dell’arte che si sono distinti nel mondo della moda, dell’arte e del cinema. Una di queste è Cangiari, il primo marchio di moda eco-etica di fascia alta in Italia. Un’eccellenza tutta calabrese che ha ottenuto fama internazionale, attraverso l’artigianalità dei suoi prodotti: i suoi tessuti prodotti al telaio a mano, con materiali e colorazioni biologiche, sono il frutto dell’unione tra l'antica tradizione della tessitura calabrese - di origine grecanica e bizantina - e ricerca e innovazione. Tra i premiati, la celebre e brillante fashion manager romana Gabriella Chiarappa, ideatrice del format più glamour d’Italia “Le Salon de la mode”. Una giovane top manager che può vantare un’esperienza decennale nel campo della formazione in senso generale e del fashion luxury system. Con il suo talento e il suo temperamento artistico è arrivata alla guida di grandi aziende nazionali ed internazionali. Golden Muse Award anche alla Aegyptia Milano Makeup, la linea di trucco professionale BCM, presente in Europa, Asia e Medio Oriente. La linea è utilizzata in produzioni televisive, cinematografiche e teatrali, nelle sfilate di Alta Moda e sui set fotografici. In altre parole, Aegyptia è la migliore risposta per tutti coloro che chiedono un trucco professionale di alto livello. Altro riconoscimento per Massimiliano Cavaleri, giornalista, direttore artistico, presentatore e scrittore. In particolare, è direttore artistico di Mare Festival Salina – Premio Massimo Troisi, kermesse con madrina Maria Grazia Cucinotta. In cinque edizioni ha ospitato attori del calibro di Matt Dillon, Sergio Castellitto, Serena Autieri, Giorgio Pasotti, Ezio Greggio, Giovanni Veronesi, Enzo Decaro, Margaret Mazzantini, Valeria Solarino e tantissimi altri. Inoltre, è l’ideatore del premio nazionale Madama assegnato ogni anno a personalità italiane della moda. Anche la seconda serata si conclude nel segno del successo firmato Camera Nazionale Giovani Fashion Designer. Un team vincente guidato dalla presidente Alessandra Giulivo, dal direttore generale Dario Caminiti e dal presidente onorario Giuseppe Fata, che ha saputo ricostruire a Reggio Calabria le atmosfere dell’alta moda internazionale. Fondamentale il lavoro di tutto lo staff della Camera, dall’hair style Salvatore Clemensi all’Aegyptia Milano Makeup, che tramite l’Accademia Ame Aura Mediterranea ha curato le acconciature ed il trucco di tutti i protagonisti dell’evento.
Mine . Oltre la fotografia La fotografia come forma d’arte contemporanea
Tutti i luoghi, nessun luogo. Il concetto di Mine è legato al concetto di “me stesso”, di “Io”, all’esterno, ma inteso anche come luogo da abitare, all’ospitalità e all’arte. Una casa gallery intesa come punto di riferimento, ma aperta a qualsiasi forma di contaminazione tra luogo privato e linguaggi artistici contemporanei: abitazioni, appartamenti privati, laboratori, atelier, teatri, biblioteche; diversi possono essere gli ambienti, legati da un unico obiettivo, quello di favorire e dare forma all’arte contemporanea nelle sue più varie forme espressive. Un luogo d’incontro e di scambio tra professionisti e appassionati, un centro di formazione per fotografi a tutti i livelli, un laboratorio progettuale continuo e aperto alla creatività individuale e di gruppo, uno spazio per l’organizzazione di mostre ed eventi. Amatori e fotografi professionisti possono contare su un ampio ventaglio di attività: mostre, concorsi,
didattica, laboratori e numerose iniziative dedicate a tutte le fasce d’età. Mine mira a creare corsi di formazione che coinvolgeranno docenti di fotografia, creando dei workshop di vario genere. Mine, attraverso la selezione del gruppo internazionale di Flickr , vuole creare un dialogo tra i nuovi talenti che si esprimono attraverso la fotografia, non più come semplici esecutori dell’immagine e del reale. L’arte del narrare attraverso le fotografie, lo Storytelling sta alla base del progetto di Mine che vuole formare professionisti con capacità trasversali che siano in grado di creare e pubblicare contenuti narrativi a forte vocazione visiva attraverso gli strumenti della fotografia, del video, della grafica e dei new media, sia nel settore dello street photography, del reportage, dell’urban-landscape e nella fotografia di moda.
Flickr Selection
(Christoph Hofbauer - Winona's bed)
Flickr Selection
(Christoph Hofbauer - Untitled)
Giuseppe Lo Schivo “In Principio”
Diverse volte mi sono occupato “dell’esperienza” Wind Sculptures dell’artista e fotografo Giuseppe Lo Schiavo, spostando l’attenzione su diverse coordinate nel tentativo di offrire in ogni lettura critica diverse percezioni di comprensione, di un progetto importante che sta riscuotendo un successo internazionale. Ciò mi ha condotto ad approcciarmi con diversa sensibilità, nel tentativo, non so se riuscito fino in fondo, di fornire al lettore un racconto che diventasse anche antropologico senza penalizzare la poesia, che, come ho già avuto modo di scrivere, si trasforma in creatività, curiosità, diventa rilettura e codificazione del confine sottile tra ragione ed inclinazione, tra presenza ed assenza, tra compromesso perenne fra il tempo dell’uomo e la speranza della natura, che vivono e fanno parte dei lavori di questa serie di fotografie. Definizioni, letture critiche che hanno ragione di esistere, ma che confinavano ogni volta il progetto “Wind Sculptures” in uno status fortemente intriso dalla forza dell’immagine, e di conseguenza della materia. In poche parole idea e materia da una parte, strumento e azione dall’altra. Dove tutto appare come il risultato di una forte creatività che fa i conti con una sensibilità estrema e raffinata, dove l’effimero viene abbandonato in favore della concretezza del pensiero, che recupera l’immagine più vera. Si compie così in ogni scatto fotografico, anche in quelli che poi vengono esclusi dall’artista, quell’epifania dell’immagine che diventa conoscenza e consapevolezza della forza insita nella materia che diventa reale, vera non più perché materia concreta ma concetto che prende forma. Esperienze di sperimentazione come quella di “fluid Memories”, la grande installazione di 300 metri quadrati, realizzata a Bologna nell’ottobre 2016, mi impongono una rilettura che conferma ciò che è stato scritto, ma ne evidenzia alcuni nuovi aspetti, dettati da una maggiore consapevolezza e attenzione verso il limite di un rapporto di cui non avevo fino ad oggi mai parlato: il rapporto duale tra uomo e natura e principalmente dall’oggettività che ne deriva. Per utilizzare le parole del biologo e filosofo cileno Humberto Romesín Maturana “tutto ciò che è detto è detto da un osservatore ad un altro che può essere lo stesso.” Sulla base di questa considerazione è costruita tutta la nostra esperienza poiché, utilizzando sempre le parole di Maturana “non vediamo lo «spazio» del mondo ma viviamo il nostro campo visivo; non vediamo i «colori» del mondo ma viviamo il nostro spazio cromatico.” A tutti sarà capitato di chiedersi in che modo nella nostra esperienza percepiamo la luce, i colori. Tutti siamo detentori di pensiero e quindi di fantasia. Per questo motivo è giusto parlare di “esperienza” legata al progetto “Wind Sculptures”. La possibilità che questa esperienza possa essere in continua evoluzione è la chiave di lettura strutturale da comprendere e dalla quale bisogna iniziare. L’esperienza è il principio di tutto. È il principio tra la nostra presenza, le nostre azioni e come esse appaiono in relazione al rapporto duale tra uomo e natura. Come, per esempio, se ci trovassimo ad analizzare il rapporto duale tra una mamma e il suo bambino. Mi spiego meglio: l’azione di Giuseppe Lo Schiavo di utilizzare la metallina termica per annullare una riconoscibile fisicità diventa elemento di rottura a favore di una riconversione dell’immagine che ci permette una visione diversa del mondo che ci circonda. Fino ad oggi ho affrontato ogni lettura critica ponendomi davanti l’atto dell’artista, oppure nel caso di “Fluid Memories” accanto.
È tempo di provare a dare una lettura critica attraverso alcune nuove percezioni e suggestioni, che non significa sostituzione dell’artista ma semplicemente ruotando il punto di vista di 360 gradi. Immaginando di condividere in modo silenzioso e non invasivo non solo lo spazio dell’opera d’arte, ma anche lo spazio d’azione dell’artista. Senza alcun dubbio, la metallina diventa un grembo che si genera dalla creatività artistica, fecondato però dall’esperienza oggettiva dello spazio in cui Giuseppe Lo Schiavo decide di “venire al mondo”. La metallina diventa pelle ma anche respiro. Atto imprescindibile che lega corpo e materia, ciò che potremmo definire concettualmente reale e ciò che diventa finzione. Ingegno e natura. La memoria si salda in un abbraccio creativo che viene catturato in una frazione di secondi per essere consegnato all’immobilità dell’immagine fotografica. Il tempo si annulla. Il ricordo ne resta imprigionato. All’apparenza violenza, incoscienza, nella realtà il semplice tentativo di esserne avvolti, circondati, assediati dalla natura e nello stesso tempo udirne la passione, accorgersi di subirne per certi versi persino la protezione, senza sottomettersi ed arrendersi all’istinto di sopravvivenza. Né vittima, né carnefice. Semplicemente aver coscienza di farne parte. In parole semplici veniamo concepiti. Non c’è più solo l’esigenza da parte dell’artista di riarmonizzarsi con ciò che ci circonda, ma cresce la volontà di ritrovare il legame con quel cordone ombelicale che ci trasmette la nostra primordiale identità, con cui siamo chiamati a fare i conti nella nostra crescita e nella nostra vita. L’artista sceglie l’azione e compie attraverso la presenza della macchina fotografica “quell’inseminazione artificiale” poiché i protagonisti sono in tre: ciò che la nostra percezione ci presenta come natura e il nostro campo d’azione; l’artista con il movimento che diventa scelta, gesto; la macchina fotografica che partorisce quell’immagine. Dando vita però a un pensiero reale, portatore sano di conoscenze ed intuizioni. Giuseppe Lo Schiavo non fabbrica artificialmente emozioni si limita a riconvertirle. A presentarci ciò che esiste ma non riusciamo a riconoscere e a vivere. Diventa il legame, il medium capace di legarci e regalarci contatti. Ogni fotografia andrebbe idealmente rivoltata, vista dal di dentro, osservata come si stesse vedendo un film in 3d!!! Oppure, meglio ancora una ecografia in 3d. Bisognerebbe cioè riuscire a divincolarsi dall’immagine ideale, dalla sua materia per tentare di ascoltarne la coscienza. Diventare materia stessa, osservare ed essere osservati. I lavori fotografici ci appaiono come il risultato dell’immagine del vento che da fluida, grazie alla metallina termica diventa scultura, sostanza concreta non solo alla vista, ma anche al tatto. In realtà quella fibra industriale, va oltre, diventa filamento genetico, apparentemente senza volontà, ma per le ragioni espresse in questo testo, l’artista attraverso ogni singolo scatto fotografico, realizza quella mappatura ereditaria che ci rende tutti figli di “una società umana, - e di - un'umanità sociale” tanto cara a Karl Paul Polanyi filosofo e sociologo, ma anche economista e antropologo. L’esperienza Wind Sculptures ci racconta della capacità di un dialogo muto, forse taciuto, dove per nascere bisogna prima di tutto dichiararsi al mondo. Giuseppe riesce in questa alleanza rinunciando nell’atto stesso della creazione del risultato artistico alla sua immagine, per diventare tutt'uno con lo spazio e con il tempo dove si compie questa intesa; con quelle forze generatrici che plasmate dal vento genetico modellano la nostra identità, il nostro “io” per sempre. Bisognerebbe arrivati a questo punto chiedersi cosa intendiamo con l’espressione “per sempre”, ma questa è un’altra storia. Dott. Roberto Sottile Critico d’Arte e Curatore
Interplay Autore: Giuseppina Irene Groccia Tecnica: Digitale su tela Misura: 70x100
Arte contemporanea e Calabria un binomio apparentemente difficile da capire, ma in realtà quella che ormai viene statisticamente definita la regione più povera d’Italia con un tasso di disoccupazione giovanile che supere il 58,7% è una terra culturalmente ricca. Una ricchezza che purtroppo non produce tanto “PIL” pur generando un mercato di scambio culturale competitivo. Dall’esperienza delle Residenze artistiche Cosenza – BoCS Art, passando per l’attività culturale del Castello Svevo di Cosenza, all’attrattiva del MAB Museo all’aperto Bilotti su corso Mazzini, alla presenza della Galleria Nazionale che presso Palazzo Arnone custodisce capolavori assoluti da Mattia Preti a Boccioni, da Luca Giordano ad Emilio Greco, senza dimenticare il Museo dei Brettii e degli Enotri, il MAM Museo Arti e Mestieri della provincia di Cosenza, il tutto affiancato da una solida attività privata come dalla Galleria il Triangolo alla Galleria Ellebi, lo spazio Tecne Cube e tanti altri luoghi che offrono una proposta culturale e artistica di notevole spessore per la città di Cosenza e non solo. Ma in questa vasta area urbana anche il ruolo della vicina Rende con la presenza dell’Università della Calabria gioca una parte fondamentale nella crescita culturale di questa regione. Dal Museo del Presente con una programmazione di mostre temporanee di fotografia, pittura e scultura, e spazi permanenti dove trovano spazio opere di Marasco, Benedetto, Boccioni offre al pubblico tanta qualità mista ad una sperimentazione di livello. Nel Borgo antico di Rende invece tra i capolavori di Mattia Preti, Solimena, Pascaletti, il pittore fiammingo Dirck Hendricksz custoditi nel museo civico presso Palazzo Zagarese, con la presenza del MAON Museo d’Arte dell’Otto e Novecento diretto dal critico d’arte Tonino Sicoli in questi anni vasta e di caratura internazionale è stata la proposta culturale con mostre dei grandi nomi della storia dell’arte da Umberto Boccioni ad Alberto Burri, Mimmo Rotella, e tante altre mostre che hanno indagato con un taglio di ricerca del tutto innovativa l’esperienza del Futurismo, del primo e secondo Novecento Italiano,
dagli anni venti agli anni settanta del novecento. In questo borgo antico scrigno di tante chiese restaurate e restituite ad antica bellezza trova anche ubicazione il Museo Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona che ospita centinaia di opere d’arte contemporanea con opere di Pietro Ruffo, Andy Warhol, Mimmo Rotella, Anna Paparatti, Giuseppe Gallo, Jannis Kounellis, Bruno Ceccobelli, Tommaso Cascella solo per citarne alcuni. Ma più in generale spostandoci dall’area cosentina è obbligatorio fare riferimento all’attività del Museo MARCA di Catanzaro all’importante attività con mostre di respiro internazionale ma anche l’apertura alle nuove generazioni di artisti calabresi che hanno già maturato importanti esperienze nazionali ed internazionali; e ancora nella stessa città di Catanzaro il ruolo fondamentale dell’Accademia di Belle Arti come punto nevralgico per la formazione di una generazione di artisti che hanno deciso di scommettere nella propria terra e di formarsi “in casa” senza per queste ragioni sentire il peso di un provincialismo che ormai grazie alla capacità di viaggiare e di spostarsi con molta più facilità è pressoché annullata a favore di una condivisione e di uno scambio culturale vivo e molto intenso. Così come luogo importante è il Parco della Biodiversità di Catanzaro con installazioni di artisti internazionali del calibro di Dennis Oppenheim, Tony Cragg, Jan Fabre, Mimmo Paladino solo per citarne alcuni. A questa attività importante va ricordato il lavoro svolto dalla Galleria Arte Spazio della famiglia Verrino, una galleria che attraverso una importante collezione privata costruita in quarant’anni rappresenta un punto di riferimento rilevante. Restando nella provincia di Catanzaro l’esperienza appena avviata del MABOS Museo d’Arte del Bosco della Sila da parte dell’imprenditore Mario Talarico, in località Sorbo San Basile, è la prova di una regione che ha voglia e desidera “consumare” cultura ma principalmente produrla non semplicemente importarla. Ma la Calabria dell’arte contemporanea non finisce qui! Come non citare il Museo d’Arte Contemporanea Limen di Vibo Valentia; e poi ancora Il MuSaBa, realizzato dagli artisti Nik Spatari e Hiske Maas, un parco d'arte sito a Mammola nella provincia di Reggio Calabria; e per restare in riva allo stretto l’importante collezione del Palazzo della Cultura Pasquino Curpi di Reggio Calabria con opere di inestimabile valore: da Fontana a De Chirico, Dalì e tanti altri capolavori confiscati alla criminalità organizzata, inseriti in uno spazio che ospita oltre 200 artisti contemporanei in esposizione permanente e spazi da utilizzare per mostre temporanee. La Calabria, in questo mio brevissimo, e lacunoso, excursus è terra ricca di tradizioni che attraverso i suoi 409 municipi
ha dato vita ad un percorso artistico culturale di notevole spessore, basti pensare alla rete dei musei civici delle pinacoteche con opere di inestimabile valore e alle case museo della realtà contadina che segnano un percorso artistico e culturale davvero unico nel suo genere. Accanto a questa tradizione artistica il sistema dell’arte contemporaneo che è sicuramente una rete più vasta rispetto alla realtà che ho presentato, capace di proporre importanti iniziative ma incapace, purtroppo, di riuscire a fare rete. Il limite di questa nostra terra sta tutto qui. Nell’incapacità da parte di alcune istituzioni pubbliche e private di fare rete, di attivare cioè quei meccanismi che innescano la possibilità di competere con i grandi centri culturali europei che riescono a costruire relazioni locali ed internazionali attingendo a finanziamenti europei capaci di smuovere quel prodotto interno lordo e dare sostegno a chi di cultura e di arte contemporanea prova a vivere. Il Panorama calabrese non è un panorama desolante tutt’altro; la Calabria è un territorio fertile capace di mettersi in gioco, ma ingessato da alcuni meccanismi che andrebbero scardinati. La nostra regione è quasi priva di grandi investitori privati e complesso diventa il dialogo con gli enti pubblici che vivono in una continua emergenza, e spesso si sa, ciò comporta una certa apatica riluttanza verso la sperimentazione culturale artistica contemporanea. Il risultato spesso è un grande calderone di attività di qualità che vengono fuse a discutibili attività al limite della distinzione sottile che intercorre tra cultura e tempo libero. Alla base del mio ragionamento, che forse attirerà critiche, c’è la convinzione che a tutti è necessario offrire la possibilità del tempo libero, del tempo dello svago e della “ricreazione”, ma la cultura e l’arte, e nello specifico l’arte contemporanea non è uno strumento che deve abbassarsi, scendere di livello, con l’obiettivo di raggiungere tutti. Alla “cultura” come momento di crescita devono poter accedere tutti con la consapevolezza che forse non tutti riusciranno a capirne il motivo e l’esigenza, ma ciò non deve mai abbassare il livello, o demoralizzare, perché a tutti sarà capitato di ascoltare qualcuno che conosciamo dire “ma questo lo posso fare anche io”.
Rivelazione - acrilico su tela - 100x70cm La fuga - acrilico su tela - 100x100cm Di Brunella Patitucci
Nulla è piÚ inabitabile di un posto dove siamo stati felici.
Cosenza di Francesco Ciardullo
Grazie a:
Un regalo per gli sposi
Il concorso ha avuto inizio il 16 gennaio, giorno successivo alla chiusura del TUSPOSA EXPO Gennaio 2017, tenutosi dal 12 al 15 presso il padiglione Luc.Mar. nella z.i. di Rende, e si è rivolto a tutte le coppie di futuri sposi che avevano visitato la Expo e che avrebbero, successivamente, fatto visita alle aziende che avevano esposto in fiera, a cui avevamo fornito i tagliandi utili alla partecipazione al concorso. Se le coppie avessero richiesto solo un preventivo, avrebbero ricevuto 1 tagliando; se avessero finalizzato l’acquisto, 10 tagliandi; se avessero presentato una terza persona che avrebbe poi finalizzato, 5 tagliandi. Ogni coppia poteva raccogliere un max. di 50 tagliandi. La raccolta dei tagliandi è terminata il 16 maggio. Per convalidare la partecipazione all’estrazione,
era necessario compilare il form apposito disponibile sulla pagina del concorso sul sito www.tusposaexpo.com e inviarlo via e-mail all’indirizzo indicato. L’estrazione si è tenuta presso la Casa delle Culture in corso Telesio a Cosenza, al termine di una breve conferenza stampa in cui sono state date delle anticipazioni riguardo alla nuova edizione della Expo, che si terrà dal 19 al 22 Ottobre 2017. La coppia estratta è formata da Isotta Nicotera e Luigi Capizzano, che hanno vinto il tetto massimo stabilito, ossia € 3.000,00.
Spaghetti Caravan
Un giorno come gli altri, 5 ragazzi seduti a tavola davanti un piatto di spaghetti, decidono di cambiare le sorti delle proprie vite. Il loro sogno è di creare una compagnia fatta da amici, per vivere l’esperienza di collaborare insieme sotto un unico nome. È così che nasce, quasi per gioco, la compagnia “Spaghetti Caravan” 5 ragazzi, provenienti dal sud Italia: Sicilia, Calabria e Puglia, uniti dalla passione per il circo contemporaneo e per l’arte in tutte le sue forme, insieme per creare qualcosa di veramente unico. Presentano spettacoli che variano dalla giocoleria comica, all’equilibrismo estremo, i ritmi incalzanti del tip tap si mescolano alle spumeggianti gag di clown strampalati, acqua e fuoco si alternano ricercando contaminazioni artistiche sempre nuove. La compagnia è composta da: Maria Dolores & Ciccio Panza In Arte ‘’Compagnia Fuoco&Clownerie’’ clown e performers di giocoleria e fuoco Frànse e Valèrie In Arte ‘’Circo Riccio Equilibristi Squilibrati’’ clown e performers di equilibrismo e acrobatica Anna Saragaglia In Arte ‘’L' Annina’’ Tap performer e one woman show con canto, trasformismo e clowneri