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LINO TAGLIAPIETRA

Magia incandescente

Dal fuoco nascono opere straordinarie, forme sinuose dai mille colori. Lino Tagliapietra, Maestro muranese del vetro, è riconosciuto nel mondo come il più grande artefice vivente. Un talento inimitabile e fecondo, che spazia tra memoria, magia, tradizione, sperimentazione e capacità di trasferire cuore, tecnica e cultura in una materia emozionante e sublime.

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di Jean Blanchaert fotografie di Russell Johnson

Da più di mille anni, Fondamenta Vetrai, la strada principale di Murano, quella che costeggia il canale, il Rio dei Vetrai, è abituata a destarsi verso le cinque di mattina. A svegliarla sono i passi dei lavoratori del vetro: garzonetti, garzoni, serventini, serventi, aiuto maestri e Maestri. Camminano leggeri e veloci verso le fornaci dove troveranno il vetro preparato dall’omo de note. Camminano con lo stesso passo degli uomini della corrida, dei banderilleros, dei picadores, dei toreri-matadores quando, a Ronda, in Andalusia, in Spagna, percorrono Calle Virgen de la Paz, diretti alla Plaza de Toros. Anche lì sono le cinque, ma de la tarde. Garcia Lorca ne sapeva qualcosa. Ormai, quasi tutte le arti sono state invase da computer e da robot che riescono a progettare e, in alcuni casi, addirittura a realizzare in 3D opere in tessuto, in legno, in marmo e così via. Questo, col magma bollente del vetro, non è possibile. Il fiume incandescente che esce dalla fornace tiene lontani gli intrusi, come il fuoco i leoni o come i leoni gli uomini. Quando Dio ha creato il mondo non c’erano spettatori. Forse qualche angelo preesistente, ma l’ingresso era severamente vietato ai non addetti ai lavori. Anche a quelli non ancora creati. Fare vetro, a Murano, è un rito ermetico, magico, non somiglia al far vetro delle altre parti del mondo. Senza movimenti sincronici, memorizzati all’infinito, appresi sin da bambino, Maurizio Pollini non avrebbe potuto diventare il sommo pianista che è stato, che è e che sarà. Lo stesso si può dire per Klaus Dibiasi, Giorgio e Tania Cagnotto, i nostri grandi tuffatori. I gesti magici che li hanno portati così in alto, li hanno introiettati in tenera età. Questo discorso vale anche per Lino Tagliapietra, il più grande dei maestri vetrai, diventato un artista conosciuto nei cinque continenti. Fossimo in Giappone, sarebbe un “Tesoro Vivente”. Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte gli ha conferito, nel 2018, il Premio MAM – Maestro d’Arte e Mestiere. Con i suoi sedici quarti di “muranesità”, Lino Tagliapietra è un autentico muranese. Appena finita la Seconda guerra mondiale, nel 1945, a 11 anni, Lino, come la maggior parte dei bambini dell’isola, viene mandato in vetreria. Per i ragazzi d’allora, specialmente per quelli affascinati dagli incantesimi che quest’incredibile materiale suscita, si tratta di un misto fra lavoro e gioco. A furia di lavorare giocosamente, prima dai Toso Maciarea, poi vicino al grande Archimede Seguso, Lino si ritrova, ventenne, già Maestro. Padroneggia tutte le complesse tecniche tradizionali e comincia a sperimentare anche strade nuove. Per fare un paragone musicale, pensiamo a Niccolò Paganini e a Franz Liszt, che sono stati sia esecutori, sia compositori. Il violino ha trascinato Paganini a scrivere partiture incredibili, autentiche sfide per la testa e per le mani. Per Franz Liszt, è stato lo stesso. Soltanto lui, allora, ispirato dal suo pianoforte, riusciva a suonare alla perfezione le sue musiche. Quando guardate i filmati di Lino Tagliapietra in fornace, togliete l’audio e ascoltate i Capricci di Paganini per violino solo oppure la Rapsodia Ungherese di Liszt: sono la colonna sonora del suo lavoro. A Murano, quasi sempre, gli artisti si rivolgono ai Maestri affinché traducano in vetro le loro idee. Maestro e artista devono entrare in una sorta di comunicazione telepatica. Qui il caso è diverso: l’artista Lino Tagliapietra, dopo averci pensato a volte per notti intere, si rivolge all’artigiano Lino Tagliapietra per esprimere un concetto in tre dimensioni. I due, Lino e Lino, prendono appunti direttamente in vetro e spesso questi appunti sono lavori finiti, realizzazione di un sogno che sembrava impossibile. Dalla seconda metà degli anni Settanta, Lino Tagliapietra comincia a girare il mondo proprio come fanno i grandi concertisti. È amato in tutti e cinque i continenti. Ha dato e ha preso: ha estasiato il pubblico con le dimostrazioni della sua maestria, ma è sempre ripartito portando con sé l’anima culturale di ogni paese che, nelle sue mille differenze, si è di volta in volta riversata in ogni sua nuova opera. «Nell’avventura americana, se all’inizio sono stato io a insegnare a Dale Chihuly, poi è stato lui che ha insegnato a me. A Pilchuck, nella scuola di vetro da lui fondata a Seattle, ho avuto anche la bella sorpresa di trovare un mercato che sostiene i giovani.» Nello stemma araldico di Lino Tagliapietra scriverei: professionalità, coraggio, generosità. Nei primi trent’anni di attività, ha la fortuna di vedere all’opera grandi maestri come Mario Grasso, Ottone ed Egidio Ferro, Ovidio Nason, Aldo Bon e di robar co’ l’ocio i segreti di fornasa di questi sommi artisti, che neppure pensavano di esserlo. Dopo aver realizzato migliaia di pezzi per altri, alla fine degli anni Settanta, Lino Tagliapietra ha spiccato il volo. A 45 anni si è esposto al giudizio del pubblico ed è stato subito osannato. Oggi, più di quarant’anni dopo, la forza fisica non è più la stessa, ma i serventi che ha saputo educare, che lui considera «un prolungamento del mio braccio destro e del mio braccio sinistro,» si fanno carico della parte più faticosa del lavoro consentendogli di rincorrere ancora oggi i suoi sogni e, come Michelangelo, di regalarci anche in tarda età opere eccelse. •

Dinosaur, 2011. Opera iconica realizzata con la tecnica di multipli incalmi a canne multicolori, inversione del punto di soffiatura e infine molatura con le tecniche del battuto e dell’inciso per accentuarne l’effetto grafico.

Endeavor, 2009. Altra opera iconica, conosciuta in tutto il mondo, esposta in musei e collezioni private sia come opera singola sia come installazione. Il processo di lavorazione è di grande complessità tecnica: il pezzo viene soffiato, tagliato e infine molato.

Asola, 2004. Vetro soffiato con l’uso di canne multistratificate al fine di ottenere l’effetto di un’asola, da cui deriva il nome dell'opera.

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