3 minute read
OTTANTA CANDELINE PER MERZARIO
di Danilo Castellarin
Tanti auguri ad Arturo Merzario che l’11 marzo taglierà il traguardo delle ottanta candeline. Schietto, passionale e diretto, ha affrontato le corse come la vita, sempre all’attacco. Memorabile la sua corsa a Le Mans 1973, l’ultima con la presenza uffciale della Scuderia che proprio quest’anno tornerà alla maratona francese.
Advertisement
Allora, cinquant’anni fa, c’erano le 312PB di Ickx-Redman, Reutemann-Schenken e Merzario-Pace e proprio lui, Arturo, doveva fare la lepre. «Scappa via subito», gli dissero, «così ti inseguono e fai arrostire le Matra 670B di Cevert-Beltoise, Jabouille-Jaussaud, Pescarolo-Larrousse e Depailler-Wollek».
Obbedì, scattò in testa dalla pole position, accumulando un notevole vantaggio. Poi, quando venne il turno di Pace, si ruppe il tubo della benzina e la Ferrari diventò una piscina, che impose una sosta ai box e la perdita del vantaggio faticosamente accumulato dal comasco. Eppure a fne gara, dopo 24 ore dannate, la numero 16 fu l’unica 312 a tagliare il traguardo, seconda assoluta dietro ai vincitori PescaroloLarrousse su Matra, altro che lepre da sacrifcare.
Tutto era cominciato quando suo padre Ugo, costruttore edile di Erba e Bellagio, aveva regalato due spider Alfa Romeo ai due fgli maschi. Su una delle due il fratello di Arturo trova la morte, giovanissimo, in un brutto incidente stradale.
Arturo il 14 ottobre 1962 si iscrive alla Coppa Fisa di Monza con la sua Alfa, quella che usava tutti i giorni, con hard top, autoradio e mangiadischi.
Da allora il “Fantino”, come lo chiamano per la sua magrezza, di partenze ne ha fatte quasi duemila, delle quali 57 nei Gran Premi iridati di F1, dal 1972 al 1979 con Ferrari, Iso, illiams, Copersucar, March, Shadow e Merzario oltre a molte gare (e vittorie) con l’Abarth sulla quale arrivò secondo nel 1969 nel Campionato Europeo della Montagna. Nel 1972, con una Ferrari 312PB, vince la Targa Florio in coppia con Sandro Munari e la 1000 Km di Spa con Brian Redman, contribuendo alla conquista del titolo mondiale del Cavallino. Sulle F1 di Maranello ha avuto la sfortuna di incappare nelle stagioni 1972 e 1973, anni in cui anche il grande Jackie Ickx, suo compagno di team, faticava parecchio e raccoglieva poco. Lui, Arturo, si consolò conquistando il Campionato Europeo Sport 2000 su Osella-Abarth e nel 1975, su Alfa Romeo 33, contribu alla vittoria Alfa nel Campionato Mondiale Marche, vincendo le gare di Digione, Monza, Enna, N rburgring e la Targa Florio in coppia con Nino Vaccarella. Nel 1976, al Nürburgring, nel GP di Germania, salvò la vita a Niki Lauda buttan- dosi nelle famme, all’attacco, come sempre. Gesto ancora più nobile perché proprio Lauda aveva preso il suo posto a Modena, un paio d’anni prima.
Durante un’intervista mi raccontò che Ferrari era machiavellico e bisognava stare molto attenti perché metteva uno contro l’altro col gioco del rovescio. Gli chiesi cos’era questo gioco. «Ora ti spiego», mi disse. E iniziò a raccontare…
«Lui arrivava da me, parlava col tono cordiale, la voce morbida e mi faceva spifferare quello che voleva. Solo che dopo, se io a lui dicevo bianco, lui girava la frittata e diceva agli altri che avevo detto nero. Così creava situa ioni i gran e tensione e con ittua it , sos etti, i f en e e trame invisibili che certo non giovavano alla serena gestione della squadra. Io ero più legato a Forghieri, questione di pelle. E chiesi al ‘Commenda’ di lavorare con Mauro. Così, prima nei prototipi e poi anche in F1, organizzarono due squadre distinte, una con Forghieri e io come pilota, coadiuvato da Carlos Pace, l’altra con Colombo e Caliri che preparavano la macchina di Ickx e Redman. Ai box poco ci mancava che tirassero su un muro. La tensione scoppiò alla Mille Km. del Nürburgring 1973. Ero in testa con la 312PB e mi misero per due volte il cartello ‘slow’ per cedere il posto a Ickx. o i aci itai ancora i i . ue giri a a fne mi ermai ai o , iantai la macchina e me ne tornai a casa. “Signori mi sono rotto i coglioni, non sono qui per giocare”, gli dissi. Gli occhiali di Forghieri si appannarono. Io me ne tornai in albergo, poi a casa. Ironia della sorte, all’ultimo giro, la 312 di Ickx-Redman si ritirò per noie tecniche e vinse la Matra. Una disfatta. Gli stava bene».
Come la prese Enzo Ferrari?
«Lo affrontai il giorno dopo, ancora su di giri, era un lunedì mattina. Gli dissi che io correvo per vincere e non per cedere il posto al ragazzino belga. Poi, visto che domenica dopo si correva il gran premio di Montecarlo, gli spiegai che se voleva appiedarmi doveva farlo subito perché io avevo altre offerte. Non era vero niente, ma avevo un diavolo per capello. Lui rimase muto e mi tranquillizzò, assicurandomi che la mia macchina per ontecar o era gi ronta. veva ca ito er ettamente che io e Forghieri eravamo sulla strada giusta e non gli sembrava vero di usarmi come ariete contro il clan Fiat. Era machiavellico il Vecchio. Perché se noi sbagliavamo, lui, Ferrari, poteva sempre dire alla Fiat: “Che volete, ho provato a lasciarli giocare, ma hanno pasticciato”. Se invece le cose andavano bene, il gioco tornava comodo a lui, perché dimostrava alla Fiat che a Modena si lavorava meglio che a Torino”».