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DALLA PELLICCIA ALLA TUTA IGNIFUGA

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SONO DISPONIBILI

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Chi segue la Formula 1 ricorda sicuramente le drammatiche immagini dell’uscita di pista di Romain Grosjean nel GP del Bahrain del 2020 con la sua monoposto che si infila nel guard-rail e prende fuoco. Il pilota è uscito dalla vettura praticamente illeso e ciò non si può considerare un caso, ma il frutto di una costante ricerca in materia di sicurezza nelle gare automobilistiche. Tra gli elementi più importanti ricade sicuramente l’abbigliamento, che ha seguito - e a volte anticipato - l’evoluzione tecnica della sicurezza in pista e nelle altre competizioni.

Ai tempi dei pionieri dell’automobilismo, l’abbigliamento era in funzione del clima e della comodità. Nei mesi invernali gli automobilisti indossavano folte pellicce e mantelli impermeabili, mentre in estate più pratici giubbotti in pelle o in tessuto, abbinati a pantaloni alla zuava, considerati all’epoca un must dell’abbigliamento sportivo.

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I piloti avevano poi il vezzo dell’eleganza e molto spesso sotto i giubbotti indossavano la camicia e la cravatta e un cardigan. Solo il meccanico che sedeva a fianco aveva una tuta. Accessori indispensabili, la cufetta in cuoio e gli occhialoni per ripararsi dalla polvere e dai fumi. Negli anni Venti anche i piloti iniziano a utilizzare la tuta, la stessa dei meccanici, considerata molto pratica. La indossavano però sopra un abbigliamento più formale, che continuava a comprendere in molti casi anche la cravatta. I caschi continuavano invece a essere in pelle. Per vedere i primi caschi rigidi occorre attendere il secondo dopoguerra. In questo periodo l’abbigliamento utilizzato in gara è quanto mai ete- rogeneo. Molti piloti da Gran Premio indossano maglioncini sportivi in cardigan, d’estate con le maniche corte. Alla 1000 Miglia è l’eleganza a vincere, soprattutto sulle auto coperte. Giannino Marzotto era famoso per i suoi impeccabili completi che indossava in gara, imitato da molti altri piloti non professionisti. Il pericolo del fuoco non è ancora preso in considerazione. Occorre dire che le auto da competizione non avevano nemmeno le cinture di sicurezza. Alla fine degli anni Cinquanta le prime tute in cotoni trattati in bagni di cloruro di calcio: hanno un accenno di resistenza alle fiamme, ma vengono utilizzate solo dai piloti di Formula 1, di alcune monoposto e delle Sport, poiché la loro efcacia si perde con il primo lavaggio.

Si deve a un americano, Bill Simpson, uno dei passi più importanti nella storia delle tute ignifughe. Appena diciottenne si frattura entrambe le braccia guidando un dragster e l’episodio segna la sua vita, poiché decide di migliorare la sicurezza dei piloti di questa specialità. Su suggerimento di uno zio militare, inventa la frenata con il paracadute e la cosa ha successo e Simpson ne inizia la produzione insieme ad altri accessori per dragster. Ma non basta. Un altro dei pericoli è il fuoco e Simpson si rivolge alla NASA per capire quali tessuti possano contrastarlo. Nascono le prime tute in tessuto metallico, ma la svolta è nel 1967, con la Dupont che produce il tessuto Nomex, con una buona resistenza al fuoco. Nelle prime tute viene raccomandato di utilizzare diversi strati di questo tessuto per garantire maggiore sicurezza. Le tute hanno un involucro esterno a più strati e un sottotuta in maglina. Contemporaneamente nascono altri accessori come il sottocasco e le calze ignifughe. Nello stesso anno il tragico incidente di Lorenzo Bandini al GP di Montecarlo induce la Federazione a prendere in considerazione la sicurezza in seguito alle polemiche scaturite. Vengono studiati i circuiti e, in secondo piano, l’abbigliamento dei piloti e la sicurezza delle monoposto. Ricordiamo che all’epoca le cinture di sicurezza non erano obbligatorie. Nelle altre specialità il problema non si pone nemmeno. Nei rally si corre con abbigliamento casual, con una certa tendenza a certi vezzi come le giacche e le cravatte, mentre in salita sono i cardigan a prevalere. Negli anni Settanta si assiste a una serie continua di miglioramenti. In Francia Stand-21 lavora su tessuti contenenti amianto e altri materiali ignifughi, mentre in Italia Linea Sport propone le sue tute in Fpt (Fire Proof Textile), un tessuto prodotto su licenza Legler contenente lana, fibra di vetro e materiali artificiali che carbonizza dopo 20’’ di esposizione al fuoco. Abbinata con un sottotuta ignifugo viene omologata per l’uso anche in Formula 1.

In massima formula il fuoco è il pericolo maggiore. L’incidente di Niki Lauda nel 1976 ripropone il problema della sicurezza, anche se c’è la consapevolezza che comunque la tuta ha fatto il suo dovere, salvando la vita al pilota. La ricerca nel campo dei tessuti ignifughi non si ferma. DuPont presenta nel’77 il Nomex III, evoluzione ottenuta aggiungendo una percentuale di Kevlar alla precedente formulazione.

Fino al 1976 i rally non avevano vissuto grandi tragedie legate al fuoco, ma l’incidente di Mauro Pregliasco nel quale perse la vita il suo navigatore Angelo Garzoglio, portò alla ribalta il problema della sicurezza nelle altre specialità dell’automobilismo. Fino ad allora i piloti di rally si vestivano in alcuni casi con tute ma, soprattutto nei mesi caldi, correvano addirittura in t-shirt e pantaloni corti. Le tute diventano così un elemento comune a tutte le specialità e con il Nomex III si aprono nuovi orizzonti.

Nel 1977 in Italia due giovani piloti, Enrico Glorioso e Nello Parisi, studiano una tuta innovativa. Il padre di Parisi è un imprenditore che opera nel settore dell’abbigliamento per i vigili del fuoco e la combinazione del Nomex III con altre tecniche di costruzione permette la realizzazione di una tuta che supera gli 11” di resistenza al fuoco. Il collaudo dimostrativo è svolto dallo stesso Enrico Glorioso. Il risultato è stato ottenuto con la sola tuta, senza il sottotuta e pertanto viene omologata per le competizioni senza la necessità di indossarlo.

L’obbligo di utilizzare l’abbigliamento ignifugo anche nei rally permette alla SPARCO (l’azienda fondata nel frattempo da Glorioso e Parisi) di espandersi rapidamente producendo anche altri accessori per il motorsport.

Negli anni le tute sono ulteriormente migliorate, soprattutto a livello di peso e di vestibilità, garantendo ai piloti oltre alla sicurezza un buon confort.

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